Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se lo stato informe della materia abbia preceduto in ordine di tempo la sua « formazione »

Infra, q. 69, a. 1; q. 74, a. 2; In 2 Sent., d. 12, q. 1, a. 4; De Pot., q. 4, a. 1

Pare che che lo stato informe della materia abbia preceduto, in ordine di tempo, la sua « formazione ».

Infatti:

1. Sta scritto [ Gen 1,2 ]: « La terra era informe e deserta », oppure, secondo un'altra versione [ LXX ], « era invisibile e disordinata », le quali parole per S. Agostino [ Conf. 12,12; De Gen. ad litt. 2,11.24 ] indicherebbero lo stato informe della materia.

Ci fu quindi un tempo nel quale la materia, prima di essere « formata », era informe.

2. La natura, nel suo operare, imita l'operazione di Dio come la causa seconda imita la causa prima.

Ma nelle operazioni della natura noi vediamo che lo stato informe precede, in ordine di tempo, la « formazione ».

Lo stesso dunque avverrà nell'operazione di Dio.

3. La materia è superiore all'accidente, essendo parte della sostanza.

Ma Dio può far sì che l'accidente esista senza il suo soggetto sostanziale, come accade nel sacramento dell'altare.

Egli poté dunque far sì che la materia esistesse senza la forma.

In contrario:

1. L'imperfezione dell'effetto attesta l'imperfezione della causa agente.

Ora, Dio è un agente perfettissimo, secondo quanto è scritto [ Dt 32,4 ]: « Perfetta è l'opera sua ».

Quindi l'opera della sua creazione non fu mai informe.

2. La formazione del creato materiale fu fatta mediante l'opera della distinzione, a cui si oppone la confusione, come lo stato informe si oppone alla « formazione ».

Se dunque in ordine di tempo lo stato informe precedette la « formazione » della materia, ne segue che da principio si ebbe quella confusione del creato materiale che gli antichi chiamarono caos.

Dimostrazione:

Su questo punto le opinioni dei Santi [ Dottor i] divergono tra loro.

S. Agostino [ Conf. 12,29; De Gen. ad litt. 1,15.29 ] pensa che lo stato informe della materia corporea abbia preceduto la sua « formazione » non in ordine di tempo, ma solo di origine, cioè di natura.

Altri, come S. Basilio [ In Hexaem. hom. 2 ], S. Ambrogio [ In Hexaem. 1, cc. 7,8 ] e il Crisostomo [ In Gen. hom. 2 ], stanno per una precedenza di tempo.

Ora, sebbene tali opinioni sembrino contraddirsi, tuttavia la divergenza è piccola, dato che S. Agostino per stato informe intende una cosa diversa dagli altri.

Secondo lui infatti lo stato informe della materia indica la mancanza di qualsiasi forma.

E così è impossibile ammettere che questa informità abbia avuto una precedenza di tempo tanto sulla sua « formazione », quanto sulla sua « distinzione ».

Se parliamo della « formazione », è chiaro.

Se infatti la materia informe ebbe una precedenza di esistenza nel tempo, vuol dire che ebbe un'esistenza attuale, come esige la creazione, dato che il termine della creazione è l'ente in atto: ora, ciò che è atto, è forma.

Il dire dunque che una materia è esistita in precedenza senza forma è come affermare un ente in atto senza atto: cosa contraddittoria.

- Né si può dire che essa ebbe prima una forma comune e che poi le sopraggiunsero forme diverse, dalle quali sarebbero derivate le differenze.

Si ricadrebbe così, infatti, nell'opinione degli antichi filosofi Naturalisti [ cf. Phys. 1, cc. 4,8 ], i quali ritenevano che la materia prima fosse un corpo in atto, cioè il fuoco, l'aria, l'acqua, o qualcosa di intermedio.

Dal che seguiva che il divenire [ cioè il formarsi di nuove sostanze ] non sarebbe stato altro che un processo di alterazione.

Se infatti quella forma precedente dava un essere perfetto nel genere della sostanza e faceva sì che esistesse di fatto questa entità particolare, ne veniva di conseguenza che la nuova forma non poteva causare un nuovo ente attuale, ma una modificazione di un'entità già esistente, come si addice a una forma accidentale: per cui le forme seguenti non sarebbero state altro che forme accidentali, le quali non danno luogo a una generazione [ sostanziale ], ma ad alterazioni [ accidentali ].

Bisogna perciò dire che la materia prima non fu creata del tutto priva di forma, e nemmeno rivestita di una forma comune, ma di forme distinte.

Per conseguenza, se nello stato informe della materia si vogliono vedere le condizioni della materia prima, che per se stessa non ha forma alcuna, dobbiamo dire che quella informità non ha preceduto la sua « formazione » o distinzione in ordine di tempo ma, come vuole S. Agostino, soltanto in ordine di origine o di natura, allo stesso modo in cui la potenza precede l'atto, e la parte precede il tutto.

Per altri Santi [ Dottori ] invece lo stato informe non esclude ogni forma, ma soltanto quella formosità e bellezza che ora risalta nelle creature materiali.

E sotto questo aspetto affermano che lo stato informe della creatura corporea precedette nel tempo la sua formazione, e così concordano in parte con S. Agostino, mentre in parte ne discordano, come vedremo in seguito [ q. 69, a. 1; q. 74, a. 2 ].

Ritornando ora al testo della Genesi [ Gen 1,2 ], possiamo ritenere che il creato materiale venisse denominato informe perché gli mancavano tre abbellimenti.

Mancava l'abbellimento della luce a tutta quella massa trasparente che si chiama cielo.

Quindi leggiamo che « le tenebre ricoprivano l'abisso ».

Alla terra invece mancava una duplice bellezza.

La prima è quella che le viene dall'essere emersa dalle acque: perciò si dice che la terra era informe, oppure invisibile, non potendosi essa mostrare visibilmente a causa delle acque che la ricoprivano da ogni parte.

L'altra bellezza le viene dall'essere adornata di erbe e di piante: perciò si legge che era « deserta » o « disordinata », cioè non adornata, secondo un'altra versione.

Avendo dunque [ l'autore sacro ] parlato prima di due nature create, che sono il cielo e la terra, descrive l'informità del cielo con le parole: « Le tenebre ricoprivano l'abisso », includendo anche l'aria sotto la parola cielo; descrive invece l'informità della terra con le parole: « La terra era informe e deserta ».

Analisi delle obiezioni:

1. Nel passo riportato S. Agostino [ l. cit. nell'ob.; Contra Manich. 1,7.8 ] prende la parola terra in senso diverso dagli altri Santi [ Dottori ].

Egli pensa infatti che i termini terra e acqua significhino qui la materia prima, dato che Mosè non poteva indicarla espressamente a un popolo rozzo, ma solo fare uso di immagini tolte da cose note.

Quindi egli adopera più di una figura, chiamandola non soltanto acqua o soltanto terra, per evitare l'errore che la materia prima fosse confusa realmente con la terra o con l'acqua.

Tuttavia essa ha una rassomiglianza con la terra in quanto questa sottostà alle forme, e con l'acqua in quanto quest'ultima è adatta a essere modellata in forme diverse.

Allora la terra verrebbe detta « informe e deserta », oppure « invisibile e disordinata » perché la materia viene a essere conosciuta [ solo ] mediante la forma ( e ciò è tanto vero che, se considerata in se stessa, può essere detta invisibile o vuota ), e la sua potenzialità viene colmata dalla forma ( per la qual cosa anche Platone dice che la materia è un luogo ).

- Per altri Santi [ Dottori ] invece la terra significherebbe l'elemento stesso [ detto terra ] che, come si è visto [ nel corpo ], avrebbe avuto secondo loro una certa « informità ».

2. La natura produce l'effetto in atto traendolo dall'ente in potenza: quindi è necessario che, nella sua attività, la potenza preceda l'atto, in ordine di tempo, e lo stato informe preceda la formazione.

Ma Dio produce l'ente in atto dal nulla.

Può dunque produrre sull'istante la cosa perfetta, appunto per la grandezza della sua virtù.

3. Siccome l'accidente è una forma, sarà pure un atto, mentre la materia, per quanto sta in essa, non è che un ente potenziale.

E allora vi sarà maggiore ripugnanza ad ammettere una materia in atto senza la forma che un accidente senza un soggetto [ che lo sostenti ].

1. [S. c.]. Quanto al primo argomento in contrario si osservi che se per gli altri Santi Dottori l'informità della materia ha avuto una precedenza di tempo rispetto alla sua formazione, ciò non derivò dall'impotenza di Dio, ma dalla sua sapienza, affinché si conservasse un certo ordine nella disposizione delle cose, facendole passare dall'imperfezione alla perfezione.

2. [S. c.]. È da notare che alcuni filosofi Naturalisti antichi ammisero una confusione [ iniziale negli elementi cosmici ] che escludeva qualsiasi distinzione, fatta eccezione per il solo intelletto che, secondo Anassagora [ cf. Phys. 1,4; 8,1 ], era distinto e fuori dei corpi.

Ma la Scrittura [ Gen 1,1s ] pone più di una distinzione che precede l'opera stessa della distinzione [ fra gli esseri creati ].

La prima è quella del cielo e della terra ( e qui troviamo una distinzione che riguarda anche la materia, come vedremo poi [ a. 3; q. 68, a. 1, ad 1 ] ).

Infatti il testo dice: « In principio Dio creò il cielo e la terra ».

- Si ha poi una distinzione degli elementi quanto alle loro forme.

Infatti si ricordano la terra e l'acqua, ma non l'aria e il fuoco, che a un popolo rozzo come quello a cui parlava Mosè non potevano parere corpi materiali, come invece la terra e l'acqua.

Platone [ Timaeus 7 ] invece aveva voluto vedere indicata l'aria nelle parole: lo spirito del Signore ( poiché l'aria è detta anche spirito) ; e così il fuoco lo trovò nella parola cielo, che per lui aveva una natura ignea, come riferisce S. Agostino [ De civ. Dei 8,11 ].

Per conto suo Mosè Maimonide [ Dux neutr. 2,30 ], che in altri punti concorda con Platone, pensa che il fuoco sia significato dalle tenebre in quanto ché, a suo giudizio, quando il fuoco sta nella sua sfera non dà luce.

Ci pare però più giusto quanto è stato detto sopra: poiché l'espressione spirito del Signore è usata dalla Scrittura soltanto per indicare lo Spirito Santo; il quale, a norma del testo, « aleggiava sulle acque » non in senso materiale, ma al modo stesso in cui la volontà dell'artefice aleggia sulla materia che vuole trasformare.

- La terza distinzione è accennata nella diversità del luogo, poiché la terra stava sotto le acque, che la rendevano invisibile, mentre l'aria, che fa da supporto alle tenebre, viene indicata al di sopra delle acque nelle parole: « Le tenebre ricoprivano l'abisso ».

Vedremo poi in seguito [ q. 69 ] ciò che restava da distinguere.

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