Summa Teologica - I-II

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Articolo 7 - Se la dignità dei doni segua l'enumerazione di Isaia

In Is., c. 11

Pare che la dignità dei doni non coincida con l'enumerazione di Isaia [ Is 11,2s ].

Infatti:

1. Il principale tra i doni deve essere quello che Dio più richiede dall'uomo.

Ora, Dio richiede dall'uomo soprattutto il timore, poiché sta scritto [ Dt 10,12 ]: « Ora, Israele, che cosa ti chiede il Signore tuo Dio se non che tu tema il Signore tuo Dio? »; e altrove [ Ml 1,6 ]: « Se io sono il padrone, dov'è il timore di me? ».

Perciò il timore, che è enumerato per ultimo, non è l'infimo, ma il primo dei doni.

2. La pietà si presenta come un bene universale: infatti l'Apostolo [ 1 Tm 4,8 ] ha scritto che « la pietà è utile a tutto ».

Ora, un bene universale va preferito ai beni particolari.

Quindi la pietà, elencata al penultimo posto, è il più grande dei doni.

3. La scienza perfeziona il giudizio dell'uomo, mentre il consiglio fa parte della ricerca.

Ma il giudizio è superiore alla ricerca.

Quindi la scienza è un dono superiore al consiglio; e invece è enumerata dopo di esso.

4. La fortezza spetta a una potenza appetitiva; la scienza, invece, alla ragione.

Ma la ragione è più nobile delle potenze appetitive.

Quindi la scienza è un dono superiore alla fortezza, che però viene prima nell'enumerazione.

Perciò la dignità dei doni non è secondo l'ordine della loro enumerazione.

In contrario:

S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 1,4.11 ] ha scritto: « A me sembra che la settiforme operazione dello Spirito Santo, di cui parla Isaia, corrisponda a questi gradi e a queste sentenze » ( di cui si parla in S. Matteo [ Mt 5,3ss ] ); « ma c'è una differenza nell'ordine.

Infatti in Isaia l'enumerazione comincia dai gradi superiori, qui invece dagli inferiori ».

Dimostrazione:

La dignità di un dono può essere considerata sotto due aspetti: primo, assolutamente parlando [ simpliciter ], cioè in rapporto al proprio atto in quanto deriva dai suoi princìpi; secondo, in senso relativo [ secundum quid ], cioè in rapporto alla sua materia.

Se parliamo dunque della dignità dei doni in senso assoluto, allora troviamo che il criterio per un loro raffronto è identico a quello stabilito per le virtù: poiché i doni predispongono l'uomo a tutti gli atti delle facoltà dell'anima ai quali predispongono le virtù, come sopra [ a. 4 ] si è detto.

Per cui, come le virtù intellettuali vengono prima delle virtù morali, e tra le stesse virtù intellettuali quelle contemplative vengono prima di quelle attive, ossia la sapienza, l'intelletto e la scienza prima della prudenza e dell'arte - in modo però che la sapienza preceda l'intelletto, e l'intelletto la scienza, come la prudenza e la synesis precedono l'eubulìa -, così anche tra i doni la sapienza e l'intelletto, la scienza e il consiglio vengono prima della pietà, della fortezza e del timore.

E tra questi ultimi la pietà va preferita alla fortezza, e la fortezza al timore; come la giustizia va preferita alla fortezza, e la fortezza alla temperanza.

In rapporto invece alla materia la fortezza e il consiglio vengono prima della scienza e della pietà: poiché la fortezza e il consiglio intervengono nelle cose ardue, mentre la pietà, e anche la scienza, nelle cose comuni.

- Perciò la dignità dei doni corrisponde all'ordine dell'enumerazione: in parte secondo un ordine assoluto, in base al quale la sapienza e l'intelletto vengono prima di tutti, e in parte secondo un ordine di materia, in base al quale il consiglio e la fortezza vengono preferiti alla scienza e alla pietà.

Analisi delle obiezioni:

1. Il timore viene massimamente richiesto in quanto preludio alla perfezione dei doni, poiché « l'inizio della sapienza è il timore del Signore » [ Sal 111,10; Sir 1,12 ], e non perché è superiore agli altri.

Infatti in ordine genetico viene prima l'abbandono del male, determinato secondo i Proverbi [ Pr 16,6 ] dal timore, che il compimento del bene, dovuto agli altri doni.

2. L'Apostolo non confronta la pietà con tutti i doni di Dio, ma solo con « l'esercizio fisico », di cui afferma che « è utile a poco ».

3. Sebbene la scienza sia preferibile al consiglio quanto al giudizio, tuttavia il consiglio va preferito quanto alla materia: infatti il consiglio non ha luogo che nelle cose ardue, come nota Aristotele [ Ethic. 3,3 ], mentre il giudizio della scienza ha luogo in tutte le cose.

4. I doni direttivi, che appartengono alla ragione, sono superiori ai doni esecutivi se vengono considerati in rapporto ai loro atti in quanto promanano dalle potenze: infatti la ragione è superiore alle potenze appetitive, come chi comanda è superiore a chi è comandato.

Rispetto però alla materia il consiglio sta alla fortezza come l'elemento direttivo, e così la scienza alla pietà: e questo perché il consiglio e la fortezza hanno luogo soltanto nelle cose ardue, mentre la scienza e la pietà anche in quelle ordinarie.

Perciò il consiglio, abbinato alla fortezza a motivo della materia, viene enumerato prima della scienza e della pietà.

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