Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se l'atto del peccato derivi da Dio

In 2 Sent., d. 37, q. 2, a. 2; De Malo, q. 3, a. 2

Pare che l'atto del peccato non derivi da Dio.

Infatti:

1. S. Agostino [ De perf. iust. 2 ] scrive che « l'atto del peccato non è una realtà [ res ] ».

Invece tutto ciò che viene da Dio è una realtà.

Quindi l'atto del peccato non deriva da Dio.

2. Si dice che un uomo è causa del peccato solo perché ne causa l'atto: poiché per il resto, al dire di Dionigi [ De div. nom. 4 ], « nessuno agisce cercando il male ».

Ora Dio, come si è detto [ a. prec. ], non è causa del peccato.

Quindi non è neppure causa dell'atto del peccato.

3. Secondo quanto detto in precedenza [ q. 18, a. 5 ], certi atti sono cattivi e peccaminosi nella loro specie.

Ora, chi è causa di una cosa, è causa di ciò che ad essa si addice secondo la sua specie.

Se quindi Dio fosse causa dell'atto del peccato verrebbe a essere causa del peccato.

Ma ciò è falso, come si è dimostrato [ a. prec. ].

Quindi Dio non è causa dell'atto del peccato.

In contrario:

L'atto del peccato è un moto del libero arbitrio.

Ora, come insegna S. Agostino [ De Trin. 3,4.10 ], « la volontà di Dio è la causa di ogni mozione ».

Quindi la volontà di Dio è la causa dell'atto del peccato.

Dimostrazione:

L'atto del peccato è un ente, ed è un atto; e sotto questi due aspetti deve a Dio la sua esistenza.

Ogni ente infatti, in qualsiasi modo esista, deve derivare dal primo ente, come è dimostrato da Dionigi [ De div. nom. 5 ].

Parimenti ogni azione è causata da una realtà esistente in atto, poiché agisce solo ciò che è in atto; e d'altra parte ogni ente in atto fa risalire la sua causalità al primo atto, cioè a Dio, che è atto in forza della propria essenza.

Per cui rimane che Dio è la causa di tutte le azione in quanto tali.

Tuttavia il peccato sta a indicare un ente e un'azione con annesso un difetto.

Ora, tale difetto dipende da una causa creata, cioè dal libero arbitrio in quanto decade dall'ordine del primo agente, cioè di Dio.

Perciò tale difetto non risale causalmente a Dio, ma al libero arbitrio: come il difetto dello zoppicare risale alla gamba storpiata, e non alla facoltà di locomozione, dalla quale tuttavia viene causato quanto c'è di mozione nello zoppicare.

E sotto questo aspetto Dio è causa dell'atto del peccato, ma non del peccato: poiché non è causa del fatto che tale azione sia accompagnata da un difetto.

Analisi delle obiezioni:

1. S. Agostino in quel testo denomina realtà [ res ] la sostanza, che è realtà in senso assoluto.

In questo senso infatti l'atto del peccato non è una realtà.

2. Alla causalità dell'uomo non si riporta soltanto l'atto, ma anche il difetto di esso: poiché egli non sta sottomesso a chi di dovere, sebbene non sia questo il suo intento principale.

Perciò l'uomo è causa del peccato.

Invece Dio è causa dell'atto senza esserlo in alcun modo dei difetti che lo accompagnano.

Egli quindi non è causa del peccato.

3. Come si è visto in precedenza [ q. 18, a. 5, ad 2; q. 54, a. 3, ad 2 ], gli atti e gli abiti non ricevono la specie dalla privazione, che invece costituisce la ragione del male, ma da un oggetto al quale è connessa tale privazione.

Perciò il difetto, di cui neghiamo la derivazione da Dio, appartiene alla specie dell'atto come di riflesso, e non come una differenza specifica.

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