La perfezione della giustizia dell'uomo

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Agostino ai santi fratelli e Vescovi Eutropio e Paolo

1.1 - Agostino si propone di rispondere punto per punto alle contestazione di Celestio

La Carità vostra, tanto grande e tanto santa da esser perfino dilettevole servirla nei comandi, mi ha chiesto di rispondere alle Definizioni che vanno sotto il nome di Celestio.

Così almeno è scritto sulla cartella che mi avete consegnata: Definizioni attribuite a Celestio.

Tale soprascritta non credo sia di lui, ma di coloro che hanno portato il manoscritto dalla Sicilia.

Celestio, a sentir dire, non si trovava là, ma nell'isola c'erano molti che andavano sciorinando le medesime opinioni, ingannati e ingannatori nello stesso tempo, ( 2 Tm 3,13 ) come si esprime l'Apostolo.

Che tuttavia queste opinioni vengano dalla dottrina di Celestio o da quella di certi suoi seguaci lo possiamo congetturare anche noi.

Infatti nemmeno queste brevi Definizioni o meglio argomentazioni, si distaccano dal suo stile.

L'ho potuto riscontrare in un'altra opera di cui consta che egli è l'autore, e non senza ragione cotesti fratelli che le hanno portate sentirono dire in Sicilia, io penso, che proprio lui ha insegnato o scritto tali errori.

Sarebbe certamente mio desiderio, se mi fosse possibile, obbedire così alla vostra fraterna benevolenza da rispondere anch'io con la medesima brevità.

Ma se non riferisco anche i passi a cui rispondo, chi potrà giudicare della qualità della mia risposta?

Farò comunque di tutto perché, con l'aiuto anche delle vostre preghiere presso la misericordia del Signore, le mie parole non oltrepassino i limiti della necessità.

2.1 - La prima contestazione di Celestio: il peccato si può evitare o no?

Scrive costui: Prima di tutto, a chi nega che l'uomo può esser senza peccato si domandi che cosa sia il peccato in genere: se qualcosa di evitabile o qualcosa di inevitabile.

Se qualcosa di inevitabile, non è peccato; se qualcosa di evitabile, può un uomo essere senza il peccato che si può evitare.

Infatti non c'è nessuna ragione o giustizia che consenta minimamente di chiamare peccato ciò che non si può in nessun modo evitare; Noi rispondiamo che si può evitare il peccato, se la natura viziata è risanata dalla grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,25 )

In tanto essa non è sana in quanto o non vede per cecità ciò che si deve fare o non l'adempie per debilità, atteso che la carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne ( Gal 5,17 ), sicché l'uomo non fa quello che
vorrebbe.

2.2 - La seconda contestazione: peccare è necessario o libero?

Scrive costui: Si deve chiedere ancora se il peccato dipenda da volontà o da necessità.

Se dipende da necessità, non è peccato; se dipende da volontà, si può evitare.

Noi rispondiamo come sopra, e per essere risanati invochiamo colui al quale si dice nel salmo: Liberami dalle mie necessità. ( Sal 25,17 )

2.3 - La terza contestazione: peccare è naturale o contingente?

Scrive costui: Si deve chiedere di nuovo se il peccato sia naturale o accidentale.

Se è naturale, non è peccato; se è accidentale, può anche mancare, e ciò che può mancare è evitabile e poiché si può evitare l'uomo può essere senza ciò che è evitabile.

Si risponde che il peccato non è naturale; ma alla natura, specialmente a quella viziata e a causa della quale siamo diventati per natura meritevoli d'ira, ( Ef 2,3 ) è insufficiente per non peccare l'arbitrio della volontà, se la natura non è sanata e aiutata dalla grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,25 )

2.4 - La quarta contestazione: il peccato è un atto o una sostanza?

Scrive costui: Si deve chiedere ancora se il peccato sia un'azione o una sostanza.

Se è una sostanza, bisogna che abbia un creatore, e se si dice che ha un creatore sembrerà subito che al di fuori di Dio si ammetta un altro creatore di una qualche sostanza.

Ma se è un'empietà dir questo, sarà necessario riconoscere che ogni peccato è un'azione e non una sostanza.

Se dunque è un'azione, anzi proprio perché è veramente un'azione, si può evitare.

Noi rispondiamo che senza dubbio il peccato si dice ed è un'azione, non una sostanza.

Ma anche lo zoppicare è similmente nel corpo un'azione e non una sostanza, perché sostanza è il piede stesso o il corpo o l'uomo che zoppica per un piede viziato.

E tuttavia non può l'uomo fare a meno di zoppicare, se non ha il piede risanato.

Ciò può avvenire anche nell'interno dell'uomo, ma con la grazia di Dio, per Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,25 )

Evidentemente il vizio stesso per cui l'uomo zoppica non è né il piede né il corpo né l'uomo né lo stesso zoppicare, che certamente manca quando l'uomo non cammina, pur essendo insito in lui un vizio che lo fa zoppicare quando cammina.

Cerchi dunque che nome dare a tale vizio: se lo vuol chiamare sostanza o azione o piuttosto deterioramento d'una sostanza che rende deforme la sua azione.

Così pure nell'interno dell'uomo l'anima è sostanza, la rapina è azione, l'avarizia è vizio, ossia un deterioramento che rende cattivo l'animo, anche quando non compie nessuna azione per contentare la sua avarizia, anche quando sente intimarsi: Non desiderare ( Es 20,17 ) e vitupera se stesso, e tuttavia rimane avaro; ma per mezzo della fede si rinnova, cioè si risana, di giorno in giorno, ( 2 Cor 4,16 ) né tuttavia lo può senza la grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,25 )

3.5 - La quinta contestazione: l'uomo ha il dovere di non peccare?

Scrive costui: C'è da chiedere ancora se l'uomo abbia il dovere d'esser senza peccato.

Certamente ne ha il dovere. Se deve, può; se non può, nemmeno dunque deve.

E se l'uomo non dev'esser senza peccato, dev'esser dunque con il peccato, e non sarà più peccato se risulterà necessario.

Oppure, se questo è assurdo anche solo a dirsi, bisognerà riconoscere che l'uomo dev'esser senza peccato, e si conclude così che l'uomo non deve altro che quello che può.

Si risponde con la medesima similitudine con la quale abbiamo già risposto più sopra.

Quando infatti vediamo uno zoppo che può esser guarito, certo diciamo giustamente: Quest'uomo non deve più zoppicare e se deve può.

Né tuttavia lo può appena lo vuole, ma lo potrà dopo che sia stato guarito dalle cure prestategli e la medicina abbia aiutato la sua volontà.

Lo stesso avviene nell'interno dell'uomo riguardo al peccato, che è come uno zoppicare, per mezzo della grazia di colui che non è venuto a chiamare i giusti, bensì i peccatori, perché non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. ( Mt 9,12-13 )

3.6 - La sesta contestazione: il precetto di non peccare è possibile per l'uomo?

Scrive costui: Si deve chiedere ancora se sia comandato all'uomo d'esser senza peccato.

Infatti o non può e non gli è comandato, o proprio perché gli è comandato può.

Come si potrebbe infatti comandare ciò che fosse assolutamente impossibile?

Si risponde che con precisa intenzionalità si comanda all'uomo di camminare bene, perché, quando s'accorge di non poterlo, cerchi la medicina con cui sanare lo zoppicare del peccato nel suo interno, e la medicina è la grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,25 )

3.7 - La settima contestazione: Dio vuole che l'uomo sia senza peccato?

Scrive costui: Un'altra domanda che si deve fare è se Dio vuole che l'uomo sia senza peccato.

Certamente Dio lo vuole e certamente l'uomo lo può.

Chi infatti sarebbe tanto pazzo da dubitare che si possa compiere quanto si sa con certezza voluto da Dio?

Si risponde: Se Dio non voleva che l'uomo fosse senza peccato, non mandava il suo Figlio senza peccato a risanare gli uomini dai peccati.

Ciò avviene in coloro che credono e che mediante la rinnovazione dell'interno dell'uomo progrediscono di giorno in giorno ( 2 Cor 4,16 ) finché la giustizia diventi perfetta come sanità completa.

3.8 - L'ottava contestazione: può l'uomo essere quello che Dio non vuole che sia?

Scrive costui: Di nuovo si deve chiedere in che condizione Dio voglia l'uomo: se con il peccato o senza peccato.

Certamente non vuole che l'uomo sia con il peccato.

Si rifletta quanto sia grande questa così empia bestemmia d'affermare che l'uomo può essere con il peccato, mentre Dio non lo vuole così, e di negare che l'uomo può esser senza peccato, mentre Dio lo vuole così.

Come se Dio avesse creato qualcuno proprio perché potesse essere quello che Dio non vuole e non potesse essere quello che Dio vuole ed esistesse così più contro la volontà di Dio che secondo la sua volontà.

Abbiamo già dato sopra la risposta: ma vedo di dover aggiungere che nella speranza noi siamo stati salvati.

Ora, ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo?

Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza. ( Rm 8,24-25 )

Allora dunque ci sarà pienezza di giustizia quando ci sarà pienezza di sanità, allora ci sarà pienezza di sanità quando ci sarà pienezza di carità, perché pieno compimento della legge è la carità; ( Rm 13,10 ) ma allora ci sarà pienezza di carità quando vedremo Dio così com'egli è. ( 1 Gv 3,2 )

Non ci sarà infatti più nulla da aggiungere all'amore quando la fede sarà giunta alla visione.

4.9 - La nona contestazione: la libertà umana è più incline a peccare che a non peccare?

Scrive costui: Si deve porre un'altra domanda su che cosa faccia essere l'uomo con il peccato: se una necessità di natura o se una libertà dell'arbitrio.

Se una necessità di natura, l'uomo è esente da colpa; se una libertà dell'arbitrio, domandiamoci da chi l'uomo abbia ricevuto la stessa libertà dell'arbitrio.

Senza dubbio da Dio. Ora, quello che Dio ha dato è sicuramente buono: non si può negare.

Ma come dunque risulterebbe buono, se fosse incline più al male che al bene?

Ed è più incline al male che al bene il libero arbitrio, se per esso l'uomo può essere con il peccato e non può esser senza peccato.

Si risponde: per libertà d'arbitrio accadde che l'uomo fosse con il peccato, ma ormai la viziosità dovuta e seguita al castigo ha cambiato la libertà in una necessità.

Perciò la fede grida a Dio: Salvami dalle mie necessità. ( Sal 25,17 )

Noi, posti sotto queste necessità, o non possiamo capire quello che vogliamo, o vogliamo fare quello che abbiamo capito ma non possiamo farlo.

Infatti anche la stessa libertà è una promessa che viene ai credenti dal Liberatore.

Se il Figlio vi farà liberi, dice Gesù, sarete liberi davvero. ( Gv 8,36 )

La ragione è che, quando la volontà fu vinta dal vizio in cui cadde, la natura perse la libertà.

Per questo un altro testo della Scrittura dice: Uno è schiavo di ciò che l'ha vinto. ( 2 Pt 2,19 )

Come dunque il medico non è necessario ai sani, ma ai malati, ( Mt 9,12 ) così il liberatore non è necessario ai liberi, ma agli schiavi, cosicché con il suo Liberatore si congratula la libertà dicendo: Hai salvato l'anima mia dalle sue necessità. ( Sal 31,8 )

È la stessa sanità infatti ad essere la vera libertà, e la libertà non si sarebbe perduta se la volontà fosse rimasta buona.

Poiché invece la volontà peccò, nell'uomo che peccò insorse la dura necessità di avere il peccato dentro di sé, finché si guarisca tutta l'infermità e si riceva tanta libertà che in essa sia, com'è necessario, immutabile la volontà di vivere felicemente, unita alla necessità volontaria e felice di vivere anche santamente e di non peccare mai più.

4.10 - La decima contestazione: l'uomo è cattivo?

Scrive costui: Dio dunque fece buono l'uomo e oltre a farlo buono gli comandò pure di fare il bene.

Quanto sarebbe grande la nostra empietà, se dicessimo che l'uomo è cattivo, mentre non è stato fatto cattivo né gli è stato comandato di fare il male, se gli negassimo la possibilità d'essere buono, mentre è stato fatto buono e gli è stato comandato di fare il bene!

Noi rispondiamo: Proprio dunque perché non è stato l'uomo da se stesso, ma è Dio che ha fatto buono l'uomo, non è l'uomo che si rifà buono da se stesso, ma è Dio che lo rifà buono, se collabora con Dio mediante il volere, il credere, il pregare, liberandolo dal male che ha fatto a sé da se stesso.

Ciò poi avviene se, con la grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore, ( Rm 7,25 ) l'uomo si rinnova nella sua anima di giorno in giorno ( 2 Cor 4,16 ) così da meritare di risorgere con il suo corpo nell'ultimo giorno non alla pena, ma alla vita eterna.

5.11 - L'undicesima contestazione: può l'uomo osservare i divieti e i precetti di Dio?

Scrive costui: Si deve chiedere ancora in quanti modi si commetta il peccato.

In due, credo: o facendo le azioni che sono proibite o non facendo le azioni che sono comandate.

Ora, si possono evitare tutte le azioni proibite così come si possono compiere tutte le azioni comandate.

Invano infatti si proibirebbe o si comanderebbe ciò che fosse inevitabile o fosse irrealizzabile.

E come negheremo allora che l'uomo possa esser senza peccato, quando bisogna necessariamente dire che può ed evitare le azioni proibite e compiere le azioni comandate?

Si risponde: i precetti divini nelle Scritture sante sono così numerosi che sarebbe troppo laborioso ricordarli tutti.

Ma il Signore, che portò a compimento la parola di Dio sulla terra con pienezza e rapidità, ( Rm 9,28 ) disse che la Legge e i Profeti si riducono a due precetti, così da farci capire che quant'altro è stato comandato da Dio sfocia in questi due precetti e deve riferirsi ad essi: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua mente, ( Dt 6,5; Mt 22,37 ) e: Amerai il prossimo tuo come te stesso.

Da questi due comandamenti, disse, dipende tutta la Legge e i Profeti. ( Mt 22,39-40; Lv 19,18 )

Quanto perciò la legge di Dio ci proibisce di fare e quanto ci comanda di fare, ce lo proibisce e ce lo comanda perché noi adempiamo questi due precetti.

E forse tutte le proibizioni stanno nel divieto: Non desiderare, ( Es 20,17 ) e tutte le prescrizioni stanno nel comando: Amerai. ( Dt 6,5 )

Perciò anche l'apostolo Paolo ha ristretto brevemente ambedue le norme in un suo testo.

È proibitiva la norma: Non conformatevi alla mentalità di questo secolo; è prescrittiva invece la norma: Ma trasformatevi rinnovando la vostra mente. ( Rm 12,2 )

La prima norma concerne il non desiderare, l'altra l'amare, la prima la continenza, l'altra la giustizia, la prima l'allontanarsi dal male, l'altra fare il bene.

Infatti non desiderando deponiamo l'uomo vecchio e amando ci rivestiamo dell'uomo nuovo.

Ma è vero sia che nessuno può esser continente se Dio non glielo concede, ( Sap 8,21 ) sia che l'amore di Dio non si riversa nei nostri cuori da noi stessi, bensì per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 )

Tutto questo poi avviene ogni giorno di più in coloro che progrediscono nel volere, nel credere, nel pregare e, dimentichi del passato, si protendono verso il futuro. ( Fil 3,14 )

Questo è infatti lo scopo per cui la legge stessa comanda: quando l'uomo si trova insufficiente ad osservare tali precetti, non s'impenni per tumida superbia, ma nella sua fatica ricorra alla grazia, e così avverrà che la legge nella sua veste di pedagogo lo condurrà attraverso il timore all'amore del Cristo. ( Gal 3,24 )

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