Summa Teologica - I-II

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Articolo 11 - Se sia giusto distinguere altri precetti morali della legge oltre al decalogo

Supra, a. 3

Pare che non sia conveniente distinguere altri precetti morali della legge oltre al decalogo.

Infatti:

1. Il Signore [ Mt 22,40 ] insegna che dai due comandamenti della carità dipende tutta la legge e i profeti.

Ma questi due precetti vengono spiegati dai dieci precetti del decalogo.

Quindi non è necessario che vi siano altri precetti morali.

2. I precetti morali, come si è visto [ q. 99, aa. 3 ss. ], sono distinti da quelli giudiziali e cerimoniali.

Ma le determinazioni dei precetti morali più universali appartengono ai precetti giudiziali e cerimoniali; e d'altra parte i precetti universali sono inclusi nel decalogo, o sono da esso presupposti.

Quindi non era necessario dare altri precetti morali oltre al decalogo.

3. I precetti morali riguardano, come si è detto [ a. 2 ], gli atti di tutte le virtù.

Se quindi nella legge si danno, oltre al decalogo, dei precetti morali riguardanti la religione, la liberalità, la misericordia e la castità, non dovevano mancare dei precetti riguardanti le altre virtù, cioè la fortezza, la sobrietà, ecc.

Invece questi mancano.

Quindi non sono ben descritti nella legge gli altri precetti morali fuori del decalogo.

In contrario:

Nei Salmi [ Sal 19,8 ] si afferma: « La legge del Signore è perfetta, rinfranca l'anima ».

Ora, l'uomo si perfeziona e la sua anima si rinfranca anche mediante le altre norme morali aggiunte al decalogo.

Quindi spetta alla legge prescrivere anche altri precetti morali.

Dimostrazione:

Come si è notato sopra [ q. 99, aa. 3 ss. ], i precetti giudiziali e cerimoniali hanno forza solo in base alla loro istituzione: prima infatti si potevano fare le cose in una maniera o nell'altra.

Invece i precetti morali hanno vigore in base al dettame stesso della ragione naturale, anche se non vengono mai sanciti dalla legge.

Ed essi sono di tre categorie.

Alcuni sono evidentissimi, e quindi non hanno bisogno di essere enunciati: come i precetti dell'amore di Dio e del prossimo, di cui sopra [ a. 3; a. 4, ad 1 ] si è detto che sono come il fine dei precetti; perciò nei loro riguardi nessuno può sbagliarsi nel giudicare.

Altri invece sono più determinati, ma hanno una motivazione che qualsiasi persona, anche del volgo, può scorgere subito con facilità.

Tuttavia essi hanno bisogno di essere enunciati, perché in alcuni casi può capitare un pervertimento dell'umano giudizio: e questi sono i precetti del decalogo.

Ce ne sono infine altri la cui ragione non è perspicua per tutti, ma solo per i sapienti: e questi sono i precetti morali aggiunti al decalogo, e che Dio comunicò al popolo per mezzo di Mosè e di Aronne.

Essendo però le nozioni evidenti come altrettanti princìpi per la conoscenza di quanto non è evidente, questi precetti morali aggiunti si riallacciano ai comandamenti del decalogo come altrettanti corollari.

Infatti nel primo comandamento del decalogo si proibisce il culto degli altri dèi: ad esso dunque si aggiungono altri precetti che proibiscono quanto era ordinato al culto degli idoli [ Dt 18,10s ]: « Non si trovi in mezzo a te chi immola, facendoli passare per il fuoco, il suo figlio o la sua figlia; né chi esercita la divinazione, o il sortilegio, o l'augurio, o la magia, né chi consulti gli spiriti o gli indovini, né chi interroghi i morti ».

- Il secondo comandamento invece proibisce lo spergiuro.

Ma vi si aggiunge la proibizione della bestemmia [ Lv 24,15s ] e la proibizione di false dottrine [ Dt 13 ].

- Al terzo comandamento sono poi aggiunte tutte le norme cerimoniali.

- Al quarto, relativo ai doveri verso i genitori, viene aggiunto il comandamento di rispettare i vecchi [ Lv 19,32 ]: « Alzati davanti a chi ha i capelli bianchi, onora la persona del vecchio », e in genere tutti i precetti che raccomandano sia il rispetto verso i superiori che la beneficenza verso gli uguali o gli inferiori.

Al quinto comandamento, che proibisce l'omicidio, si aggiunge la proibizione dell'odio e di qualsiasi violenza contro il prossimo [ Lv 19,16 ]: « Non coopererai alla morte del tuo prossimo »; e così pure la proibizione dell'odio fraterno [ Lv 19,17 ]: « Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello ».

- Al sesto comandamento, che proibisce l'adulterio, sono aggiunti quelli che proibiscono il meretricio [ Dt 23,18 ]: « Non vi sarà meretrice tra le figlie di Israele, né alcun uomo dedito alla prostituzione sacra tra i figli d'Israele », e i vizi contro natura [ Lv 18,22ss ]: « Non avrai relazioni con un uomo come se fosse una donna; non ti abbrutirai con alcuna bestia ».

- Al settimo comandamento, che proibisce il furto, si aggiunge la proibizione dell'usura [ Dt 23,20 ]: « Non farai a un tuo fratello prestiti a interesse »; la proibizione della frode [ Dt 25,13 ]: « Non avrai nel tuo sacco due pesi diversi », e in generale tutti i precetti che proibiscono la calunnia e la rapina.

- All'ottavo comandamento, che proibisce la falsa testimonianza, si aggiunge la proibizione del falso giudizio [ Es 23,2 ]: « Non seguirai la maggioranza per agire male ( … ) e per falsare la giustizia », la proibizione della menzogna [ Es 23,7 ]: « Ti terrai lontano da parola menzognera » e della maldicenza [ Lv 19,16 ]: « Non essere denigratore e mormoratore in mezzo al popolo ».

- Agli altri due precetti infine non si fanno delle aggiunte poiché essi proibiscono in generale tutti i cattivi desideri.

Analisi delle obiezioni:

1. I dieci comandamenti sono ordinati all'amore di Dio e del prossimo secondo una ragione evidente di debito, mentre gli altri precetti lo sono secondo una ragione più nascosta.

2. I precetti cerimoniali e giudiziali determinano i precetti del decalogo in forza della loro istituzione, e non in forza dell'istinto di natura, come invece i precetti morali complementari.

3. I precetti della legge sono ordinati, come si è detto [ q. 90, a. 2 ], al bene comune.

Poiché dunque le virtù sociali riguardano direttamente il bene comune, e così pure la castità, in quanto l'atto della generazione è ordinato al bene comune della specie, ne segue che tali virtù sono oggetto diretto sia dei comandamenti del decalogo che di quelli complementari.

Tuttavia non manca per gli atti di fortezza un precetto che i sacerdoti a nome dei capitani dovevano ripetere esortando alla battaglia affrontata per il bene comune [ Dt 20,3 ]: « Non temete, non vi smarrite ».

E così anche la proibizione degli atti di gola è affidata all'ammonizione paterna, essendo in contrasto col bene domestico: per cui la legge mette in bocca ai genitori questi lamenti [ Dt 21,20 ]: « Questo nostro figlio è testardo e ribelle; non vuole obbedire alla nostra voce, è uno sfrenato e un bevitore ».

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