Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se si possa trovare una ragione plausibile delle cerimonie riguardanti i sacrifici

In Psalm. 39; In Is., c. 1; In Ioan., c. 1, lect. 14

Pare che non si possa trovare una ragione plausibile delle cerimonie riguardanti i sacrifici [ cf. Lv, passim ].

Infatti:

1. Le cose che venivano offerte nei sacrifici erano quelle necessarie al sostentamento della vita umana, ossia alcuni tipi di animali e di pani.

Ora, Dio non ha bisogno di tale sostentamento, secondo l'espressione dei Salmi [ Sal 50,13 ]: « Mangerò forse la carne dei tori, berrò forse il sangue dei capri? ».

Quindi non era conveniente che venissero offerti a Dio tali sacrifici.

2. Venivano offerti in sacrificio a Dio soltanto tre generi di animali quadrupedi, e cioè i bovini, gli ovini e le capre; fra gli uccelli invece, d'ordinario, le tortore e le colombe; per la guarigione poi della lebbra venivano offerti dei passeri.

Ora, ci sono molti animali più nobili di questi.

Poiché dunque a Dio va offerto quanto c'è di meglio, sembra che non si dovessero offrire in sacrificio a Dio soltanto questi animali.

3. L'uomo ha ricevuto da Dio il dominio sui pesci, oltre a quello sui volatili e sulle bestie.

Quindi non c'era motivo di escludere i pesci dal sacrificio a Dio.

4. Le tortore e le colombe sono indifferenti in certe prescrizioni di sacrifici.

Quindi doveva essere indifferente anche scegliere tra piccioncini e tortorelle.

5. Dio è l'autore della vita non solo degli uomini, ma anche degli animali, come ricorda la Genesi [ Gen 1,20ss ].

Ma la morte è il contrario della vita.

Perciò non si dovevano offrire a Dio animali morti, ma vivi.

Specialmente se pensiamo all'ammonimento dell'Apostolo [ Rm 12,1 ] di « offrire i nostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio ».

6. Se a Dio gli animali non venivano offerti se non uccisi, sembra che dovesse essere indifferente la maniera della loro uccisione.

Quindi è inutile che si determini la maniera dell'immolazione, specialmente a proposito degli uccelli, come appare nel Levitico [ Lv 1,15s ].

7. Ogni difetto dell'animale è un passo verso la corruzione e la morte.

Se quindi a Dio si dovevano offrire animali uccisi, non c'era bisogno di proibire l'offerta di un animale imperfetto, cioè zoppo, cieco o in altro modo difettoso.

8. Chi offre a Dio dei sacrifici deve parteciparne, secondo l'espressione dell'Apostolo [ 1 Cor 10,18 ]: « Quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse in comunione con l'altare? ».

Perciò non era giusta la norma di sottrarre agli offerenti certe parti delle vittime, cioè il sangue e il grasso, il petto e la spalla destra.

9. Gli olocausti erano offerti in onore di Dio, come lo erano le ostie pacifiche e quelle per il peccato.

Ora, nessun animale di sesso femminile veniva offerto a Dio in olocausto; e tuttavia si facevano olocausti sia di quadrupedi che di uccelli.

Quindi l'offerta di animali femmine quali ostie pacifiche e per il peccato era irragionevole; come era irragionevole l'esclusione dei volatili dalle ostie pacifiche.

10. Tutte le vittime pacifiche appartengono a un unico genere.

Perciò non si doveva prescrivere, come fa il Levitico [ Lv 7,15s ], questa differenza: che di alcune non si potessero mangiare le carni il giorno dopo, mentre di altre si potevano.

11. Tutti i peccati concordano nel fatto che allontanano da Dio.

Quindi per tutti i peccati ci doveva essere un unico genere di sacrifici, per ottenere la riconciliazione con Dio.

12. Gli animali offerti in sacrificio erano offerti tutti allo stesso modo, cioè uccisi.

Non era quindi giusto che i prodotti della terra venissero offerti invece in diverse maniere: ora infatti si offrivano le spighe, ora la farina, ora il pane, cotto secondo i casi nel forno, in padella o sulla graticola.

13. È un dovere riconoscere che tutte le cose di cui facciamo uso vengono da Dio.

Perciò non era conveniente limitarsi a offrire a Dio, oltre agli animali, soltanto il pane, il vino, l'olio, l'incenso e il sale.

14. I sacrifici materiali devono esprimere il sacrificio interiore del cuore, col quale l'uomo offre a Dio il suo spirito.

Ora, il sacrificio interiore ha più della dolcezza del miele che del pizzicore del sale: infatti nella Scrittura [ Sir 24,27 ] si legge: « Il ricordo di me è più dolce del miele ».

Quindi non era ragionevole proibire nei sacrifici il miele e il lievito, che pure rendono il pane più saporito, mentre si comandava di usare il sale, che ha un sapore pungente, e l'incenso, che è amaro.

Quindi le prescrizioni riguardanti le cerimonie dei sacrifici non avevano una motivazione ragionevole.

In contrario:

Nel Levitico [ Lv 1,13 ] si legge: « Il sacerdote offrirà il tutto e lo brucerà sull'altare, profumo soave per il Signore ».

Siccome però leggiamo nella Scrittura [ Sap 7,28 ] che « Dio non ama se non chi vive con la sapienza » - dal che risulta che quanto è accetto a Dio è fatto con sapienza -, ne segue che le accennate cerimonie dei sacrifici erano sagge, avendo le loro cause ragionevoli.

Dimostrazione:

Abbiamo già spiegato [ a. prec. ] sopra che le cerimonie dell'antica legge avevano una duplice causalità: una secondo il loro significato letterale, cioè in quanto erano ordinate al culto di Dio, l'altra invece nell'ordine figurale o mistico, in quanto cioè queste cerimonie erano ordinate a prefigurare Cristo.

Ora, dall'una e dall'altra parte è possibile stabilire la causa delle cerimonie riguardanti i sacrifici.

Considerando infatti quei sacrifici come ordinati al culto di Dio si può riscontrare una duplice causa.

Innanzitutto osservando che essi erano fatti per rappresentare l'ordinamento dell'anima a Dio, che si voleva sollecitare in chi offriva il sacrificio.

Ora, il retto ordinamento dell'anima a Dio implica il riconoscimento da parte dell'uomo che quanto egli possiede viene da Dio come dal primo principio, e che egli deve ordinare a Dio come al suo ultimo fine tutte le cose.

E ciò veniva rappresentato nelle offerte e nei sacrifici, per il fatto che l'uomo offriva in onore di Dio le cose proprie, riconoscendo di averle ricevute da lui, secondo le parole di Davide [ 1 Cr 29,14 ]: « Tutto proviene da te; noi, dopo averlo ricevuto dalla tua mano, te l'abbiamo ridato ».

Quindi nell'offrire i sacrifici l'uomo protestava che Dio era il primo principio e l'ultimo fine della creazione, al quale si dovevano riferire tutte le cose.

E poiché il retto ordine dell'anima verso la divinità esige che non si riconosca altra causa prima dell'universo all'infuori di Dio, e che non si ponga in altre cose il proprio fine, si comandava nella legge [ Es 22,19 ] di non offrire sacrifici altro che a Dio: « Colui che offre un sacrificio agli dèi, oltre al solo Signore, sarà votato allo sterminio ».

Così dunque si possono spiegare le cerimonie suddette in un'altra maniera, cioè in base al fatto che erano dei mezzi per distogliere dai sacrifici degli idoli.

Infatti i precetti relativi ai sacrifici non furono dati agli ebrei se non dopo la loro caduta nell'idolatria, con l'adorazione del vitello d'oro: come per dire che tali sacrifici furono istituiti perché il popolo, già portato a simili immolazioni, preferisse farle a Dio piuttosto che agli idoli.

Si legge perciò in Geremia [ Ger 7,22 ]: « In verità io non parlai né diedi comandi sull'olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire dal paese d'Egitto ».

Ma fra tutti i doni che Dio ha fatto al genere umano dopo il peccato, il principale è quello di aver dato il Figlio suo, secondo le parole evangeliche [ Gv 3,16 ]: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna ».

Quindi il sacrificio più grande è quello nel quale Cristo « ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore », come dice S. Paolo [ Ef 5,2 ].

E così tutti gli altri sacrifici dell'antica legge venivano offerti per raffigurare questo unico e principale sacrificio, che ne era il coronamento e la perfezione.

L'Apostolo infatti afferma che il sacerdote dell'antica legge « offriva molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati.

Cristo invece offrì un solo sacrificio una volta per sempre » [ Eb 10,11s ].

E poiché il valore rappresentativo di una figura viene desunto dalla realtà raffigurata, conseguentemente le ragioni dei sacrifici figurali dell'antica legge vanno desunte dal vero sacrificio di Cristo.

Analisi delle obiezioni:

1. Dio voleva che gli si offrissero questi sacrifici non per le offerte medesime, quasi che avesse bisogno di tali cose: infatti in Isaia [ Is 1,11 ] si legge: « Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco ».

Voleva invece queste offerte per i motivi già detti: e cioè sia per distogliere dall'idolatria, sia per indicare il dovuto ordine dell'anima umana verso Dio, sia anche per rappresentare il mistero della redenzione compiuta da Cristo.

2. Rispetto a tutti e tre i motivi indicati si trova una ragione per spiegare come mai venivano offerti a Dio in sacrificio questi e non altri animali.

Primo, per stornare dall'idolatria.

Poiché tutti gli altri animali erano offerti ai loro dèi dagli idolatri, o da essi erano usati per fare dei malefici: inoltre presso gli egiziani, con i quali gli ebrei erano vissuti, era cosa abominevole uccidere gli animali ricordati, che quindi non erano offerti in sacrificio agli dèi: perciò si dice nell'Esodo [ Es 8,22 ]: « Quello che noi sacrifichiamo al Signore nostro Dio è abominio per gli egiziani ».

Questi infatti adoravano le pecore e veneravano i capretti, poiché i demoni apparivano sotto tali sembianze; e si servivano dei buoi per l'agricoltura, che consideravano cosa sacra.

Secondo, le offerte suddette erano indicate per ricordare l'ordinamento dell'anima a Dio.

E ciò per due motivi.

Primo, perché questi animali sono quelli che più servono al sostentamento della vita umana: e inoltre sono quelli più mondi, avendo il nutrimento più pulito.

Invece gli altri animali o sono selvatici, e quindi d'ordinario non sono fatti per l'uso dell'uomo, oppure, se domestici, hanno un nutrimento immondo, come il maiale e la gallina.

A Dio invece non si può offrire se non quanto è puro.

In particolare poi si offrivano quei volatili perché erano abbondanti nella terra promessa.

- Secondo, perché l'immolazione di tali animali stava a indicare la purezza dell'anima.

Infatti, secondo la Glossa [ ord. su Lv 1, di Isid. ], « noi offriamo un vitello quando vinciamo la superbia della carne, un agnello quando freniamo i moti irrazionali, un capretto quando superiamo l'impudicizia, una tortora quando custodiamo la carità e pani azimi quando banchettiamo negli azimi della sincerità ».

È poi evidente che nella colomba è indicata la carità e la semplicità dell'anima.

Terzo, l'offerta dei suddetti animali era adatta per figurare Cristo.

Poiché la medesima Glossa afferma che « Cristo veniva offerto nel vitello per indicare la virtù della croce, nell'agnello per l'innocenza, nel capro per il principato, nel capretto per la somiglianza della carne del peccato.

Nella tortora e nella colomba veniva poi indicata l'unione delle due nature »; oppure nella tortora era rappresentata la castità e nella colomba la carità.

« Nel fiore di farina veniva infine prefigurato il lavacro dei credenti mediante l'acqua del battesimo ».

3. I pesci, vivendo nell'acqua, sono più estranei all'uomo di tutti gli altri animali, che vivono come lui nell'aria.

Inoltre i pesci muoiono subito, appena estratti dall'acqua: quindi non potevano essere offerti nel tempio come gli altri animali.

4. Nelle tortore i piccoli valgono meno degli animali adulti, mentre nelle colombe è il contrario.

Per questo dunque, come scrive Mosè Maimonide [ Dux neutr. 3,46 ], viene comandato di offrire tortore e piccioncini: poiché a Dio vanno attribuite le cose migliori.

5. Gli animali offerti in sacrificio venivano uccisi perché è in tale condizione che essi servono all'uomo, avendoli Dio dati all'umanità come cibo.

E per lo stesso motivo venivano anche bruciati: perché il fuoco li prepara a essere usati dall'uomo.

Inoltre l'uccisione degli animali stava a indicare la distruzione dei peccati, e faceva anche comprendere che, essendo gli uomini degni di morte per i loro peccati, quegli animali venivano uccisi come in loro sostituzione, per esprimere l'espiazione dei peccati.

Infine l'uccisione di tali animali prefigurava la morte di Cristo.

6. Il modo di uccidere gli animali immolati era determinato dalla legge per evitare quei modi con cui gli idolatri immolavano agli idoli le loro vittime.

- Oppure, come nota Mosè Maimonide [ l. cit., c. 49 ], « la legge ha scelto un tipo di uccisione che facesse meno soffrire gli animali ».

E ciò per escludere ogni crudeltà nei sacrificanti, e lo scempio degli animali uccisi.

7. Gli animali difettosi sono deprezzati anche presso gli uomini: perciò era proibito di offrirli in sacrificio a Dio.

E per lo stesso motivo era proibito di « offrire nella casa del Signore la mercede del meretricio, o il prezzo di un cane » [ Dt 23,19 ].

E così non dovevano offrirsi gli animali prima del settimo giorno: poiché tali esseri erano quasi abortivi e non ancora pienamente costituiti, data la loro gracilità.

8. Vi erano tre generi di sacrifici.

Il primo, interamente bruciato, era detto olocausto, che suona tutto bruciato.

Tale sacrificio veniva infatti offerto a Dio come uno speciale omaggio alla sua maestà, e come un atto di amore per la sua bontà: e corrispondeva allo stato dei perfetti, che abbracciano la pratica dei consigli [ evangelici ].

Esso perciò veniva bruciato affinché tutta la vittima sotto forma di vapore salisse in alto, in modo da esprimere che tutto l'uomo, e quanto egli possiede, è soggetto al dominio di Dio e deve essere a lui offerto.

Viene poi il sacrificio per il peccato, che era offerto a Dio per la necessaria remissione del peccato: e corrispondeva allo stato dei penitenti, che cercano la remissione dei peccati.

Esso veniva diviso in due parti: infatti una [ parte offerta ] veniva bruciata, mentre l'altra era lasciata al sacerdote; e ciò per indicare che l'espiazione dei peccati è compiuta da Dio mediante il ministero dei sacerdoti.

Si eccettuava però il sacrificio offerto per i peccati di tutto il popolo, o del sacerdote in particolare: allora infatti si bruciava tutto.

Poiché non doveva essere lasciato in uso dei sacerdoti quanto era offerto per i loro peccati, affinché non rimanesse in loro scoria alcuna di peccato.

E inoltre sarebbe venuta a mancare la soddisfazione per il peccato: se infatti coloro che sacrificavano per il peccato avessero tratto beneficio da ciò che offrivano, era come se non avessero offerto nulla.

Vi era poi un terzo tipo di sacrificio chiamato ostia pacifica, che veniva offerto a Dio come ringraziamento, oppure per la salvezza e la prosperità degli offerenti, cioè per un dovere connesso a un beneficio ricevuto o da ricevere: e tale sacrificio rispondeva allo stato dei proficenti, [ cioè di coloro che progrediscono ] nell'osservanza dei comandamenti.

E questa offerta era divisa in tre parti: la prima veniva bruciata a onore di Dio, la seconda serviva ai sacerdoti, la terza veniva mangiata dagli offerenti; e ciò per indicare che la salvezza dell'uomo procede da Dio sotto la direzione dei suoi ministri, e con la cooperazione di coloro che si salvano.

Ora, generalmente si osservava questa prassi: il sangue e il grasso non venivano ceduti né ai sacerdoti né agli offerenti, ma il sangue veniva sparso sugli orli dell'altare a onore di Dio; il grasso invece veniva bruciato sul fuoco.

E la prima ragione di questo fatto era di escludere l'idolatria.

Infatti gli idolatri bevevano il sangue delle vittime e ne mangiavano il grasso, secondo l'espressione del Deuteronomio [ Dt 32,38 ]: « Quelli che mangiavano il grasso dei loro sacrifici, che bevevano il vino delle loro libazioni ».

La seconda ragione invece parte dall'intento di moralizzare la vita umana.

Veniva infatti proibito di cibarsi del sangue perché tutti sentissero orrore di spargere il sangue umano: per cui è detto [ Gen 9,4s ]: « Non mangerete la carne con la sua vita, cioè il suo sangue.

Del sangue vostro anzi, ossia della vostra vita, io domanderò conto ».

Era proibito poi di mangiare il grasso per evitare la dissolutezza: infatti in Ezechiele [ Ez 34,3 ] si legge: « Voi ammazzate le pecore più grasse ».

- La terza ragione poi è desunta dal rispetto verso Dio.

Poiché il sangue è la cosa più necessaria alla vita, tanto che si dice che l'anima è nel sangue [ cf. Lv 17,11.14 ]; il grasso poi mostra l'abbondanza del nutrimento.

Quindi, per confessare che da Dio viene la nostra vita e l'abbondanza di ogni bene, si spargeva il sangue e si bruciava il grasso in onore di Dio.

- La quarta ragione infine sta nel fatto che ciò prefigurava lo spargimento del sangue di Cristo, e l'abbondanza della sua carità, che lo spinse a offrirsi a Dio per noi.

Nelle ostie pacifiche veniva poi ceduto al sacerdote il petto e la spalla destra per evitare quel tipo di divinazione che prende il nome di spatulamanzia: poiché si divinava osservando la spalla delle vittime, o l'osso [ lo sterno ] del petto.

E così queste parti venivano tolte agli offerenti.

- Ciò stava poi anche a significare che al sacerdote era necessaria, per istruire il popolo, la sapienza del cuore, indicata dal petto, che ne è la custodia, e per sostenerne le debolezze la fortezza, indicata dalla spalla destra.

9. L'olocausto era il sacrificio più perfetto, per cui non si offriva in olocausto altro che il maschio, essendo la femmina un animale imperfetto.

Invece l'offerta delle tortore e delle colombe era permessa per la povertà degli offerenti, che non potevano offrire animali superiori.

E poiché le ostie pacifiche erano offerte gratuitamente, e nessuno era costretto a offrirle se non spontaneamente, tali volatili non erano ammessi, ma venivano offerti solo come ostie per il peccato, che erano prescritte in date circostanze.

Inoltre tali uccelli per l'altezza del loro volo si addicono alla perfezione dell'olocausto; e si addicono anche al sacrificio per il peccato, poiché il loro canto è un gemito.

10. Fra tutti i sacrifici il principale era l'olocausto: poiché veniva bruciato interamente a onore di Dio, e nessuna parte veniva mangiata.

Al secondo posto, per santità, c'era il sacrificio per il peccato, che veniva mangiato solo nell'atrio dai sacerdoti, e soltanto nel giorno dell'immolazione.

Al terzo posto poi c'erano le ostie pacifiche di ringraziamento, che venivano mangiate il giorno stesso, ma in qualsiasi luogo di Gerusalemme.

Al quarto posto infine troviamo le ostie pacifiche connesse con un voto, le cui carni potevano essere mangiate anche il giorno dopo.

E la ragione di quest'ordine è il fatto che l'uomo si trova obbligato nei riguardi di Dio prima di tutto per la sua maestà; secondo, per l'offesa commessa; terzo, per i benefici ricevuti; quarto, per quelli sperati.

11. Come si è spiegato in precedenza [ q. 73, a. 10 ], i peccati diventano più gravi secondo lo stato di chi pecca.

E così la vittima prescritta per il peccato del sacerdote e del principe è diversa da quella imposta a una persona privata.

« Si deve però notare », scrive Mosè Maimonide [ l. cit., c. 46 ], « che quanto più grave era il peccato, tanto più vile era la specie dell'animale da offrire per esso.

Perciò la capra, che è l'animale più vile, era offerta per il peccato di idolatria, che è quello più grave; invece per l'ignoranza del sacerdote era offerto un vitello, e per la negligenza del principe un capretto ».

12. La legge, nel prescrivere i sacrifici, volle provvedere alla povertà degli offerenti: in modo che chi non arrivava a possedere un quadrupede offrisse almeno un volatile; e chi non arrivava a questo offrisse il pane; e se uno non aveva il pane, offrisse almeno farina o spighe.

La causa di ciò nell'ordine figurale sta invece nel fatto che il pane significa Cristo, che è « il pane vivo », come dice il Vangelo [ Gv 6,41.51 ].

E questo, durante lo stato della legge di natura, era come nella spiga, nella fede dei patriarchi; era come fior di farina nella dottrina della legge e dei profeti; era come pane formato dopo l'incarnazione: cotto al fuoco, cioè formato dallo Spirito Santo nel forno dell'utero verginale; che fu anche cotto nella casseruola per le fatiche sostenute nel mondo, e sulla croce fu quasi arrostito come su una graticola.

13. I prodotti della terra di cui l'uomo si serve, o sono cibi: e di essi veniva offerto il pane.

O sono bevande: e di esse veniva offerto il vino.

O sono condimenti: e di questi si offriva l'olio e il sale.

O sono medicine: e tra queste si offriva l'incenso, che è aromatico e corroborante.

Inoltre il pane figura la carne di Cristo, e il vino il sangue da cui siamo stati redenti; l'olio rappresenta la grazia di Cristo; il sale la scienza; l'incenso la devozione.

14. Nei divini sacrifici non si offriva il miele sia perché esso era usato nei sacrifici idolatrici, sia per evitare ogni dolcezza e voluttà carnale in coloro che intendono sacrificare a Dio.

- Invece il lievito non lo si offriva per escludere la corruzione.

E forse era anch'esso in uso nei sacrifici degli idoli.

Il sale invece veniva offerto perché impedisce la corruzione e la putredine: infatti i sacrifici fatti a Dio devono essere incorrotti.

E anche perché il sale significa la discrezione della sapienza, nonché la mortificazione della carne.

L'incenso infine veniva offerto per indicare la devozione interiore necessaria negli offerenti; e anche per indicare l'odore della buona fama: infatti l'incenso è viscoso e odoroso.

E poiché il sacrificio della gelosia non nasceva dalla devozione, ma dal sospetto, in esso non si offriva l'incenso [ Nm 5,15 ].

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