Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se la verginità sia illecita

In 3 Sent., d. 26, q. 1, a. 2; d. 33, q. 3, a. 2, ad 1, 2; C. G., III, c. 136; De Malo, q. 15, a. 2, ad 13; De Virt., q. 1, a. 13, ad 6; In 2 Ethic., lect. 2

Pare che la verginità sia illecita.

Infatti:

1. Tutto ciò che è contrario alla legge naturale è illecito.

Ma come c'è un precetto di legge naturale per la conservazione dell'individuo, secondo le parole della Genesi [ Gen 2,16 ]: « Mangia il frutto di qualunque albero del paradiso », così c'è anche un precetto di legge naturale per la conservazione della specie [ Gen 1,28 ]: « Crescete e moltiplicatevi, riempite la terra ».

Come dunque peccherebbe contro il bene dell'individuo chi si astenesse da qualsiasi cibo, così pecca chi si astiene del tutto dall'atto della generazione, poiché agisce contro il bene della specie.

2. Ogni agire che si allontana dal giusto mezzo è qualcosa di peccaminoso.

Ma la verginità si allontana dal giusto mezzo astenendosi da tutti i piaceri venerei: dice infatti il Filosofo [ Ethic. 2,2 ] che « chi gusta tutti i piaceri senza fare eccezioni è un intemperante, però chi li fugge tutti è un rozzo e un insensibile ».

Quindi la verginità è qualcosa di peccaminoso.

3. Il castigo non è dovuto che al peccato.

Ma presso gli antichi venivano puniti per legge quelli che rimanevano celibi per tutta la vita, come dice Valerio Massimo [ Dictorum factorumque memorab. 2,9 ].

Per cui, come riferisce S. Agostino [ De vera relig. 3 ], « si dice che Platone abbia offerto un sacrificio per cancellare come se fosse un peccato la sua perpetua continenza ».

Quindi la verginità è un peccato.

In contrario:

Nessun peccato può essere oggetto di consiglio.

Ma la verginità è oggetto di consiglio, come si rileva dalle parole di S. Paolo [ 1 Cor 7,25 ]: « Quanto alle vergini non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio ».

Quindi la verginità non è qualcosa di illecito.

Dimostrazione:

Un atto umano è peccaminoso se viene compiuto trascurando la retta ragione.

E la retta ragione esige che si usino i mezzi nella misura proporzionata al fine.

Ora, i beni dell'uomo sono di tre specie, come nota Aristotele [ Ethic. 1,8 ]: i primi consistono nei beni esterni, quali ad es. le ricchezze, i secondi sono i beni del corpo e i terzi quelli dell'anima, tra i quali i beni della vita contemplativa sono superiori a quelli della vita attiva, stando all'insegnamento del Filosofo [ Ethic. 10,7 ] e alle parole del Signore [ Lc 10,42 ]: « Maria si è scelta la parte migliore ».

Ma di tutti questi beni quelli esterni sono ordinati ai beni del corpo, quelli del corpo ai beni dell'anima e finalmente quelli propri della vita attiva a quelli della vita contemplativa.

Perciò la rettitudine della ragione esige che si usino i beni esterni nella misura richiesta dal corpo: e così si dica degli altri beni.

Se quindi uno si astenesse dal possedere certe cose, che pure sarebbe bene possedere, per favorire la salute del corpo, o anche la contemplazione della verità, ciò non sarebbe peccaminoso, ma conforme alla retta ragione.

E similmente è conforme alla retta ragione che uno si astenga dai piaceri del corpo per attendere più liberamente alla contemplazione della verità.

Ora, la verginità consacrata si astiene da tutti i piaceri venerei per attendere più liberamente alla contemplazione di Dio, secondo le parole dell'Apostolo [ 1 Cor 7,34 ]: « La donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito ».

Per cui la verginità non è qualcosa di peccaminoso, ma anzi di lodevole.

Analisi delle obiezioni:

1. Il precetto, come si è visto sopra [ q. 44, a.1; q. 100, a. 5, ad 1; q. 122, a. 1 ] ha natura di cosa doverosa.

Ora, una cosa può essere doverosa in due modi.

Primo, come dovere dell'individuo: e questo dovere non può essere trascurato senza peccato.

Secondo, come dovere della società.

E a compiere questo dovere non è tenuto ciascun membro della società: poiché molte sono le funzioni necessarie per la società che il singolo non può adempiere, ma che sono assolte dalla collettività con la divisione dei compiti.

- Così dunque il precetto di legge naturale relativo al cibo deve essere soddisfatto da ciascuno: altrimenti non si potrebbe conservare l'individuo.

Invece il precetto relativo alla generazione riguarda tutta la società umana: la quale esige non soltanto la propagazione materiale, ma anche il progresso spirituale.

Quindi viene efficacemente provveduto alla società umana se, mentre alcuni attendono alla generazione, altri, astenendosi da essa, attendono alla contemplazione delle cose di Dio, per il decoro e la salvezza di tutto il genere umano.

Come anche nell'esercito alcuni soldati custodiscono l'accampamento, altri portano le bandiere e altri combattono con la spada: tutte cose necessarie per la moltitudine, ma che tuttavia uno non può compiere da solo.

2. Chi si astiene da tutti i piaceri contro la retta ragione, aborrendoli per se stessi, è rozzo e insensibile.

Ma chi è vergine non si astiene da tutti i piaceri, bensì dai soli piaceri venerei; e se ne astiene, come si è visto [ nel corpo ], secondo la retta ragione.

Il giusto mezzo poi non va determinato materialmente, ma razionalmente, come nota il Filosofo [ Ethic. 2,6 ].

Infatti del magnanimo si dice [ Ethic. 4,3 ] che « la sua grandezza lo porta all'estremo; ma poiché tale estremo è ciò che è richiesto, rimane nel giusto mezzo ».

3. Le leggi sono date per i casi più comuni.

Ora, presso gli antichi era un caso raro che uno per la contemplazione della verità si astenesse da tutti i piaceri venerei: e si legge che l'abbia fatto solo Platone.

Perciò egli fece quel sacrificio non perché ritenesse di aver fatto un peccato, ma « cedendo alla falsa opinione dei suoi concittadini », come fa notare nello stesso luogo S. Agostino.

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