Summa Teologica - III

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Battesimo e cresima

( III. qq. 66-72 )

1 - I sacramenti dell'iniziazione cristiana hanno richiamato l'interesse di tutte le discipline ecclesiastiche in questi ultimi cento anni, soprattutto in occasione e in seguito al Concilio Vaticano Il, così da offrire una bibliografia inesauribile e per tutti i gusti.

Se ne sono interessati gli studiosi di Sacra Scrittura, di diritto canonico, di storia ecclesiastica, di liturgia, di pastorale e soprattutto di teologia dogmatica, sollecitati in tanti modi dall'indagine positiva e dalle attuali contingenze.

L'interesse principale è stato rivolto al battesimo, che è considerato giustamente il prototipo dei sacramenti; anche la cresima però ha attirato lo sguardo di molti, specialmente di coloro che sono più sensibili ai problemi pastorali che vi si riallacciano.

Non c'è nulla di nuovo nel fatto che il battesimo venga considerato come il sacramento tipo; perché così esso era stato presentato alle prime generazioni cristiane, cristallizzandosi in quella formula del Simbolo Niceno-Costantinopolitano « Confesso un solo battesimo per la remissione dei peccati ».

Formula che amplificava quella più antica del Simbolo Apostolico: « Credo … la remissione dei peccati ».

- Nello spiegare quest'ultimo simbolo S. Tommaso non fa che esporre brevemente tutta la catechesi cristiana relativa ai sette sacramenti ( In Symbolum Apost., art. 10 ).

E nel commentare quel testo paolino, « Unus Dominus, una fides, unum baptisma » [ Ephes. 4,5 ], trova che i sacramenti sono come le insegne della Chiesa, da cui essa si riconosce in maniera inconfondibile.

Ma « tra codeste insegne la prima è il battesimo, che è la porta di tutti gli altri sacramenti » ( Ephes., e. 4, lect. 2, n. 199 ).

I Caratteristiche redazionali del trattato.

2 - Data questa priorità incontestabile de] battesimo almeno in ordine genetico, non c'è da meravigliarsi che i teologi scolastici anteriori all'Aquinate abbiano abbozzato la teoria generale sui sacramenti proprio nel trattare di questo primo mezzo indispensabile di salvezza.

Ma di questo abbiamo già parlato nella nostra introduzione al trattato precedente.

Ci siamo però dispensati dal sottolineare la facilità che un'impresa del genere presentava, rimettendoci alla cultura e alla intelligenza dei nostri lettori.

Essi comprenderanno facilmente che nel caso del battesimo è evidente l'istituzione divina, la determinazione della materia e della forma, la santificazione della materia stessa fatta da Cristo una volta per sempre nella solenne teofania che accompagnò il suo battesimo, il simbolismo del sacramento secondo l'indiscutibile spiegazione paolina, la sua efficacia quale mezzo di salvezza e di grazia, il carattere indelebile che lascia nell'anima.

L'impresa sarebbe stata invece enormemente più difficile nel caso della cresima, per non parlare di altri sacramenti.

Comunque, avendo il nostro Autore preparato il terreno ai singoli sacramenti con un trattato generale su di essi, ha semplificato molto la stessa trattazione del battesimo.

La cresima poi è stata ridotta a una sola questione.

Perciò chi cercasse nell'esposizione dell'Aquinate una monografia completa sui sacramenti dell'iniziazione cristiana, resterebbe deluso; perché in questa materia l'erudizione storica, liturgica e disciplinare di un buon manuale moderno è certamente superiore a quello della Somma Teologica.

Chi invece ha il desiderio di approfondire i problemi teologici, e di afferrare i legami intimi che uniscono tra loro i vari aspetti del dogma, non rimpiangerà davvero il tempo impiegato nella lettura di questi brevi trattati che mirano all'essenziale senza indulgere alla casistica.

- Però sarebbe del tutto errato credere che l'esposizione tomistica si limiti a spaziare nel generico e nell'astratto.

Da grande teologo S. Tommaso ha perfetta coscienza di trattare elementi vitali e concreti della prassi quotidiana del cristianesimo.

Perciò la pratica sacramentaria della Chiesa è da un lato il suo punto di partenza, e dall'altro lato è il suo punto di riferimento e di arrivo.

In pochi trattati il Santo cita con tanta insistenza i testi del diritto canonico come nelle questioni che siamo per esaminare.

Dobbiamo solo rammaricarci che egli abbia avuto a disposizione una base positiva troppo angusta, quale era possibile nella seconda metà del secolo XIII, nell'impostare la riflessione teologica sui vari argomenti.

3 - Anche nella redazione di questi trattati sul battesimo e sulla cresima l'Aquinate è ricorso al simbolismo dei numeri, come facevano gli artisti suoi contemporanei nelle loro opere, lasciandolo indovinare al lettore attento e sagace.

La divisione che più colpisce a prima vista è l'articolazione delle questioni chiave: le qq. 66 e 68 abbracciano dodici articoli.

Lo stesso sarà per la q. 72 dedicata al sacramento della cresima.

Ora, basta una conoscenza superficiale della dottrina cattolica per ricordare il simbolismo del numero dodici, trovandolo in pari tempo indicatissimo per i sacramenti della iniziazione cristiana.

Dodici erano i Patriarchi del popolo d'Israele, dodici gli Apostoli del Signore che costituiscono il primo nucleo del nuovo e perenne popolo di Dio.

Né va dimenticato che dodici sono gli articoli fondamentali della fede, compendiati nel Simbolo.

Forse non sembrerà altrettanto evidente il simbolismo del numero sei, presente nella divisione generale del trattato sul battesimo; ma non è affatto da escludersi.

Si sa che il sei sta a indicare l'opera della creazione ( si pensi ai sei giorni del Genesi ).

Ora, il battesimo porta a una « nuova creazione », come si esprime S. Paolo ( cfr. 2 Cor 5,17; Gal 6,15 ), mediante l'infusione della grazia.

E « l'infusione della grazia », commenta l'Aquinate, « est quaedam creatio »: « quia qui gratia carent nihil sunt » ( 2 Cor, c. 5, lect. 4, n. 192 ).

Evidentissimo poi è il simbolismo del cinquanta che è il numero complessivo degli articoli del trattato.

Così l'Aquinate lo spiega nel suo commento incompiuto al Libro dei Salmi: « Questo è il numero del giubileo, come si legge nel Levitico [ Lv 25,10ss ], in cui si faceva il condono di tutti i debiti.

Perciò questo numero ben si addice a questo Salmo [ Sal 51 ], in cui si chiede la piena remissione dei peccati » ( In Ps. 50,1 ).

È evidente che codesto numero si addice in modo anche più perfetto al battesimo in cui abbiamo non solo la remissione dei peccati, ma la condonazione di ogni pena dovuta per essi ( cfr. q. 69, a. 2 ).

4 - Quest'aspetto redazionale del trattato tomistico è del tutto ignoto agli antichi e ai moderni commentatori della Somma, preoccupati dei problemi di sostanza, ossia di contenuto.

Esso è ignorato persino dal celebre Domenico Soto [ 1494-1560 ], che ci ha lasciato il più ampio commento alla parte sacramentaria dell'Opera, con un titolo piuttosto confusionario: In Quartum - quem vacant - Sententiarum Commentana.

Sembra all'esterno un commento alle Sentenze e invece si tratta di un commento alla Somma Teologica.

- Di questa enorme esposizione ci siamo serviti con una certa abbondanza, perché in essa abbiamo l'eco più genuina della problematica caratteristica del Concilio Tridentino.

Infatti non va dimenticato che D. Soto fu il teologo più autorevole di quel consesso negli anni 1545-1547, cioè nelle sessioni più impegnative sulla giustificazione e sui sacramenti.

II Fonti e luoghi paralleli.

5 - Abbiamo già accennato al Corpus Juris Canonici quale fonte del trattato che c'interessa: potremmo anche precisare che i testi esaminati sono esattamente nel Decreto di Graziano.

Ripetiamo che si tratta dì una fonte molto importante; ma non si deve credere che qui il canonista abbia preso la mano al teologo.

Prima ancora che ai canoni, i quali offrivano le norme precise della disciplina sacramentaria, l'Autore ha rivolto la sua attenzione alla sacra Scrittura, soprattutto al nuovo Testamento.

Se volessimo notare qualche preferenza dovremmo affermare senz'altro che essa viene accordata alle epistole paoline e al Vangelo di S. Giovanni.

Attraverso il pensiero dei Santi Padri S. Tommaso cerca di ricostruire la prassi primigenia della Chiesa sia per il battesimo che per la cresima.

Tutto sommato però egli non risale oltre S. Agostino e S. Ambrogio, S. Girolamo e S. Giovanni Crisostomo, cioè non oltre la seconda metà del secolo IV.

Anzi, nella stessa interpretazione di codesti Padri, si sentì autorizzato a servirsi di un autore che credeva sinceramente molto più antico, cioè dello Pseudo-Dionigi.

Costui ai suoi occhi rappresentava l'immediata tradizione apostolica.

Sappiamo invece che codesto ignoto teologo del secolo VI giustifica a suo modo una prassi più recente.

Per quanto riguarda la teologia sacramentaria dei Padri orientali, oltre alle opere di Dionigi, l'Aquinate ha avuto a sua disposizione il De Fide Orthodoxa di S. Giovanni Damasceno.

Ed è proprio da codesti autori che egli ha imparato a sottolineare l'aspetto « illuminante » del battesimo ( cfr. q. 66, a. 1, arg. 1 et ad 1; a. 3, arg. 1 ).

Di tutti gli scrittori posteriori al Mille vengono citati soltanto Ugo di S. Vittore e Pietro Lombardo, delle cui opere certamente l'Autore si è servito più abbondantemente di quanto non risulti dai testi.

Abbastanza frequenti invece sono le citazioni di Rabano Mauro [ 776-856 ], ai cui brani esegetici S. Tommaso si era rivolto così spesso nella compilazione della Catena Aurea.

Se ai nomi già fatti, e a quelli impliciti nel Decreto di Graziano o nei Padri ricordati, aggiungiamo S. Beda, S. Gregorio Magno e S. Isidoro di Siviglia, abbiamo esaurito il repertorio.

- Si deve però notare che l'Autore della Somma trascura del tutto i nomi dei contemporanei, che pure sono presenti con la loro problematica.

Egli cioè si comporta seguendo un criterìo opposto a quello dei teologi del nostro secolo, e precisamente dell'epoca post-conciliare i quali sono preoccupati d'infarcire i loro scritti con le citazioni degli autori più recenti, trascurando del tutto, o quasi, gli autori più antichi.

6 - È un vero peccato che l'Aquinate non abbia pensato di allegare un testo interessantissimo di Origene, che pure egli mostra di conoscere perfettamente a proposito del battesimo dei bambini.

Quest'ultimo, come è noto, fu posto in discussione più volte nel corso dei secoli; e Origene fu tra i primi a vedere un accenno, in favore della prassi antichissima vigente nella Chiesa, nell'episodio evangelico della benedizione dei fanciulli [ Mt 19,13-15 ]: « Discipuli lesu, priusquam discant rationem iustitiae, reprehendunt eos qui pueros et infantes offerunt Christo.

Dominus autem exhortatur diseipulos suos condescendere utilitatibus puerorum.

Hoc ergo attendere debemus, ne per aestimationem sapientiae excellentioris, comptemnaflìùs, quasi magni, pusillos Ecclesiae, prohibentes pueros venire ad Iesum » ( ORIG., Expos. in Matth., c. 19 ).

Ma al tempo dell'Aquinate il problema non era discusso; perciò S. Tommaso preferì servirsi di un testo così incisivo per una vera polemica allora vivissima, circa l'opportunità o meno di accogliere i giovanissimi nella vita religiosa ( cfr. Quodl. 3 q. 5, a. 1; 4, q. 12, a. 1 ).

7 - I luoghi paralleli principali delle questioni discusse nel trattato non vanno ricercate nelle Quaestiones Quodlibetales, pur avendo codesti brani una grande importanza per comprendere l'atmosfera culturale in cui si muove l'Autore della Somma.

Abbiamo così la riprova che nel secolo XIII era più discusso il problema se si dovessero abbandonare alla volontà dei genitori infedeli, o ebrei, i bambini nati sotto i principi cristiani, piuttosto che quello di ritardare il battesimo ai bimbi, nati da famiglie cristiane ( cfr. Quodl. 2, q. 4, a. 2 ).

Alcuni problemi particolari trovano ottimi spunti illustrativi nelle questioni disputate.

È difficile trovare, p. es., in tutte le opere dell'Aquinate un testo più chiaro intorno alle implicanze in materia sacramentaria della tesi pelagiana, che consiste nel negare l'esistenza del peccato originale e la sua trasmissione per via di generazione, di quello che riscontriamo in De Malo, q. 4, a. 1.

È un testo che merita di essere raccomandato oggi alla meditazione di molti teologi.

Se però vogliamo studiare l'evoluzione storica del pensiero tomistico, o per lo meno il travaglio letterario che ne ha preparato la sintesi definitiva, dobbiamo rifarci al Commentarium In 4 Libros Sententiarum.

Pietro Lombardo aveva dedicato ai due sacramenti dell'iniziazione cristiana le prime sette distinzioni del quarto libro.

Quindi è abbastanza facile localizzare la prima redazione dei due trattati che c'interessano nel Commento dell'Aquinate: In 4 Sent., dd. 1-7.

Abbiamo però già detto, e sarà bene ripeterlo, che tra le maglie di codeste pericopi lombardiane, l'Aquinate ha trovato il modo d'inserire a sprazzi il primo abbozzo del suo trattato sul De sacramentis in communi.

Accanto ai veri trattati sul battesimo e sulla cresima che riscontriamo nelle Sentenze e nella Somma Teologica, le altre opere non offrono che brevissimi compendi: nel 4 Gontra Gentiles i due soli capitoli 59 e 60, negli opuscoli De articulis fidei et de Ecclesiae Sacramentis ed In Symbolum Apostolorum [ art. 10 ] troviamo ripetute quasi letteralmente le stesse cose.

Tuttavia anche codesti compendi servono a precisare il pensiero dell'Autore, perché certe connessioni della materia sacramentaria con gli altri dogmi vengono sottintesi dall'esposizione analitica dei trattati e posti in evidenza nei compendi.

Altri luoghi paralleli da ricordare sono i commenti che S. Tommaso ha fatto alle lettere di S. Paolo, nonché ai Vangeli di S. Giovanni e di S. Matteo.

Chi ha la pazienza di ricercare l'illustrazione tomistica dei passi più impegnativi in proposito, troverà ancora qualche cosa da apprendere, nonostante i progressi fatti dagli studi moderni in campo biblico: avrà la percezione esatta di risalire alle fonti attraverso il fiume maestoso della tradizione cristiana.

Qua e là si potrà anche notare qualche zona d'ombra; ma nel complesso siamo costretti ad accettare un'esegesi la quale non si esaurisce nell'analisi filologica del singolo testo, ma si concretizza nell'apporto e nella consonanza di tutto il dato rivelato.

Ma se la sintesi dottrinale accompagna l'Aquinate anche nell'esposizione dei testi biblici, essa è allo stato puro nella sua Opera principale.

Cosicché quest'ultima rimane il punto di riferimento decisivo nella soluzione di qualsiasi problema esegetico, qualora si presentasse nella lettura dei commenti ricordati.

III Il Battesimo quale « sacramentum fidei ».

8 - I sacramenti costituiscono una delle funzioni più importanti e determinanti nella vita della Chiesa.

Basti ricordare in proposito quanto dice la costituzione dogmatica Lumen Gentium, che fa derivare principalmente da essi l'intima struttura sacerdotale della Chiesa stessa: « L'indole sacra e organica della comunità sacerdotale viene attuata per mezzo dei sacramenti e delle virtù.

I fedeli, incorporati nella Chiesa col battesimo, sono destinati al culto della religione cristiana dal carattere, ed essendo rigenerati quali figli di Dio, sono tenuti a professare pubblicamente la fede ricevuta da Dio mediante la Chiesa [ cfr. Summa Theol., III, q. 63, a. 2 ].

Col sacramento della Confermazione vengono vincolati più perfettamente alla Chiesa, sono arricchiti di una speciale forza dello Spirito Santo, e in questo modo sono più strettamente obbligati a diffondere e a difendere con la parola e con l'opera la fede come veri testimoni di Cristo [ cfr. q. 65, a. 3; q. 72, aa. 1, 5 ].

Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita cristiana, offrono a Dio la Vittima divina e se stessi con Essa … » ( Lumen Gent., n. 11 ).

- Perciò non c'è da meravigliarsi che ad ogni crisi di moralità e di ortodossia i sacramenti vengano ad essere oggetto, o di profanazione, o di contestazione.

9 - La crisi più grave che si sia prodotta in materia è stata come è risaputo, quella protestante nel secolo XVI.

E purtroppo non si può dire che sia stata superata nei secoli successivi, fuori della Chiesa Cattolica, arroccatasi saldamente sulle posizioni del Concilio Tridentino.

Codesta crisi non risparmiò neppure i sacramenti dell'iniziazione cristiana ( battesimo, cresima, Eucarestia ).

La cresima fu senz'altro degradata al rango di semplice cerimonia parenetica e commemorativa; mentre il battesimo veniva difeso energicamente da Lutero contro la logica implacabile delle sue stesse idee innovatrici e rivoluzionarie, accolte con entusiasmo dagli anabattisti capeggiati dal Mùnzer [ 1490-1525 ].

Questi ultimi non davano nessun valore al battesimo amministrato ai neonati, perché incapaci di un atto personale di fede; e quindi ribattezzavano gli adulti che entravano nelle loro file.

Nel 1943 è entrato in quest'ordine di idee anche il celebre teologo luterano K. Barth, provocando accese discussioni tra i teologi riformati, alcuni dei quali hanno approfittato di queste polemiche per prendere piena coscienza delle ragioni profonde nelle quali è ancorata l'antichissima prassi della Chiesa cattolica.

Ci sono invece dei teologi cattolici i quali hanno subito il contraccolpo di queste discussioni in una maniera davvero strana.

M. Hurley, p. es., si domanda: « Che cosa possono imparare i cattolici dalla controversia sul battesimo dei bambini? ».

Ed ecco la sconcertante risposta: « Perciò in definitiva il teologo cattolico può apprendere dall'intera controversia che il battesimo dei bambini è ancora una prassi che attende una giustificazione teologica » ( in Concilium, 1967, IV, p. 36 ).

Ciò significa respingere le giustificazioni che sono state date dai SS. Padri, dai teologi e dal magistero ecclesiastico; significa sfidare alla brava le stesse scomuniche del Concilio Tridentino, che ha ribadito così l'insegnamento della tradizione apostolica circa il peccato originale, da cui i bambini non sono affatto immuni, e dal quale scaturisce la necessità del battesimo per loro e per tutti ( cfr. DENZ.-S., 1514 ).

Si tratta insomma di una teologia fatta a dispetto delle sue fonti.

A noi sembra che i cattolici dalle discussioni dei protestanti in materia debbano imparare innanzi tutto a ringraziare Dio benedetto, il quale con il magistero ecclesiastico ci libera dall'incertezza e dal caos delle dispute interminabili.

Poiché se l'ultimo criterio di certezza dovesse dipendere dai teologi di professione, dai professori d'università, la fede sarebbe spenta da secoli.

10 - Inoltre dobbiamo ringraziare Dio anche della componente tomistica del pensiero teologico cattolico, la quale ci mette al sicuro da certe impostazioni radicali, senza possibilità di soluzione.

K. Barth, e prima di lui gli Anabbattisti, hanno ragione da vendere nell'affermare che il battesimo va concepito come « sacramento della fede ».

S. Tommaso stesso insegna espressamente che il battesimo merita per antonomasia codesta denominazione ( cfr. q. 66, a. 1, ad 1; q. 70, a. 1 ).

Ma egli non pretende di ridurre la fede al solo atto cosciente soggettivo: poiché esistono anche le virtù, cioè gli abiti operativi, a prescindere dall'esercizio di esse.

Un cristiano rimane « fedele », ha cioè la fede, anche quando dorme o quando è in coma.

E niente impedisce che lo Spirito Santo possa così produrre per infusione la virtù della fede in un bimbo assai prima che la sua anima prorompa in un atto.

Tutto questo è evidente per un buon teologo agostiniano-tomista; ma chi non ha mai avuto il desiderio, il tempo e il modo di meditare il De Habitibus ( I-II, qq. 49-70 ) è portato a vedere in queste virtù infuse un espediente piuttosto ingenuo; senza capire l'enorme ingenuità di un simile giudizio.

Del resto anche sull'infusione delle virtù teologali si è pronunziato il magistero solenne della Chiesa ( cfr. DENZ.-S., 1530 ).

Ma per accettarlo è necessario non respingere a priori la psicologia tradizionale, come se si trattasse della mitologia greca, latina, o cinese.

Del resto lo stesso K. Barth non dovrebbe essere alieno dal comprendere la ragione fondamentale che S. Tommaso porta nel giustificare l'infusione delle virtù teologali: « Esse servono a disporre l'uomo a un fine che supera la capacità della natura umana, e cioè all'ultima e perfetta beatitudine

E poiché gli abiti devono essere proporzionati alla cosa cui dispongono, è necessario che gli abiti i quali dispongono al fine suddetto siano superiori alla capacità della natura umana.

Perciò codesti abiti non possono trovarsi nell'uomo che pei un'in fusione da parte di Dio: come è per tutte le virtù nell'ordine della grazia » ( I-II q. 51, a. 4 ).

Posta l'infusione da parte di Dio sia delle virtù teologali come di tutto l'altro corredo di ordine soprannaturale, ci si do manda perché la sola fede dovrebbe essere esclusa dal mistero che avvolge la vita dei neofito, e reclamare una sperimentalità che non si richiede per il resto.

Anzi dello stesso atto di fede che la Chiesa richiede dall'adulto come disposizione autentica alla recezione fruttuosa del battesimo si può avere solo una certezza morale infatti anche codesto atto quando è sincero, è un fatto misterioso.

Soprannaturale dovuto all'intervento invisibile e incontrollabile di Dio.

Qui è proprio il caso di applicare le parole dette da Cristo a Nicodemo: « Spiritus ubi vult spirat sed nescis unde veniat aut quo vadat; sic est omnis qui natus est ex Spiritu » ( Gv 3,8 ) ….

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