Summa Teologica - III

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Articolo 3 - Se alle immagini di Cristo sia dovuto il culto di latria

Infra, a. 4; a. 5, ad 2; II-II, q. 81, a. 3, ad 3; q. 94, a. 2, ad 1; In 3 Sent., d. 9, q. 1, a. 2, sol. 2

Pare che alle immagini di Cristo non sia dovuto il culto di latria.

Infatti:

1. Nell'Esodo [ Es 20,4 ] si legge: « Non ti farai idolo né immagine alcuna ».

Ma non si può prestare culto alcuno contro il divieto di Dio.

Quindi alle immagini di Cristo non si deve il culto di latria.

2. Non dobbiamo partecipare alle opere dei gentili, come ricorda l'Apostolo [ Ef 5,11 ].

Ma i gentili sono incolpati principalmente del fatto che « hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine dell'uomo corruttibile » [ Rm 1,23 ].

Quindi l'immagine di Cristo non va adorata con culto di latria.

3. A Cristo è dovuto il culto di latria per la sua divinità, non per la sua umanità.

Ma all'immagine della divinità impressa nella sua anima razionale non è dovuto il culto di latria.

Quindi molto meno all'immagine materiale che rappresenta l'umanità dello stesso Cristo.

4. Nel culto divino si deve praticare solo ciò che fu istituito da Dio, tanto che anche l'Apostolo [ 1 Cor 11,23 ] nel tramandare la dottrina sul sacrificio della Chiesa scrive: « Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso ».

Ma nella Scrittura non si trova alcuna tradizione sul culto delle immagini.

Quindi le immagini di Cristo non vanno adorate con culto di latria.

In contrario:

Il Damasceno [ De fide orth. 4,16 ] cita queste parole di S. Basilio: « L'onore reso all'immagine si indirizza al prototipo », cioè all'esemplare.

Ma l'esemplare, cioè Cristo, merita il culto di latria.

Quindi anche la sua immagine.

Dimostrazione:

Come dice il Filosofo [ De mem. et rim. 1 ], due sono i moti dell'anima verso l'immagine: il primo verso l'immagine come cosa a sé stante, il secondo verso l'immagine come rappresentazione di un'altra cosa.

Ora, tra i moti suddetti c'è questa differenza: che il primo è un moto distinto da quello che si volge alla cosa rappresentata, mentre il secondo si identifica con tale moto.

Perciò bisogna dire che a un'immagine di Cristo in quanto è una cosa a sé stante, p. es. una scultura in legno o una pittura, non si deve nessun culto, poiché questo spetta solo a una natura razionale.

Quindi ad essa va tributato un culto solo in quanto è un'immagine.

E così è identico il culto verso Cristo e verso la sua immagine.

Poiché dunque a Cristo va tributato il culto di latria, anche alle sue immagini si deve il medesimo culto.

Analisi delle obiezioni:

1. Quel divieto non proibisce di fare qualunque scultura o immagine, ma di farle a scopo di culto, per cui si aggiunge [ Es 20,5 ]: « Non adorerai tali cose né servirai ad esse ».

Siccome dunque, stando a quanto si è detto [ nel corpo ], è identico il moto verso l'immagine e verso la cosa rappresentata, ne viene che l'adorazione delle immagini è proibita come quella delle cose che esse rappresentano.

Per cui nel testo citato viene proibita l'adorazione delle immagini che i gentili facevano per il culto delle loro divinità, ossia dei demoni; si premette infatti [ Es 20,3 ]: « Non avrai altri dèi di fronte a me ».

Del Dio vero poi, essendo esso incorporeo, non si poteva fare alcuna immagine materiale, poiché come dice il Damasceno [ l. cit. ] « è cosa sommamente stolta ed empia raffigurare ciò che è divino ».

Ma poiché nel nuovo Testamento Dio si è incarnato, può essere adorato nella sua immagine corporea.

2. L'Apostolo proibisce di partecipare alle « opere infruttuose » dei pagani, ma non proibisce di partecipare a quelle utili.

Ora, l'adorazione delle immagini è da ritenersi un'opera infruttuosa per due motivi.

Primo, perché alcuni tra i pagani adoravano le immagini stesse come cose a sé stanti, credendo che in esse ci fosse qualcosa di divino a causa dei responsi che i demoni davano per mezzo di esse, e di altri simili prodigi.

Secondo, per le cose che rappresentavano: infatti tali immagini rappresentavano delle creature, alle quali essi prestavano un culto di latria.

Noi invece onoriamo con culto di latria le immagini di Cristo, che è vero Dio, e non per le immagini stesse, ma per la realtà che raffigurano, come si è detto [ nel corpo ].

3. La creatura razionale è per se stessa suscettibile di culto.

Se dunque a una creatura razionale quale immagine di Dio si prestasse un culto di latria, ciò potrebbe essere occasione di errore, poiché l'adorazione potrebbe fermarsi all'uomo come cosa a sé stante, senza raggiungere Dio, di cui esso è l'immagine.

Ciò invece non può accadere con un'immagine scolpita o dipinta su una materia insensibile.

4. Gli Apostoli, per una familiare assistenza dello Spirito Santo, tramandarono alle Chiese l'osservanza di alcuni usi che non sono riferiti nei loro scritti, ma sono contenuti nella pratica della Chiesa conservata dalla successione ininterrotta dei fedeli.

Per cui lo stesso Apostolo [ 2 Ts 2,15 ] raccomanda: « State saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese, sia dalla nostra parola », cioè oralmente, « sia dalla nostra lettera », cioè per iscritto.

E nell'insieme di queste tradizioni c'è l'adorazione delle immagini di Cristo.

Si dice infatti che S. Luca stesso abbia dipinto un'immagine di Cristo, che si trova a Roma.

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