Carisma

Fonti Pietro

1 - Introduzione
2 - Dono di grazia
3 - Carisma e fondatori
4 - Carismi e gerarchia: false contrapposizioni e culto della personalità
5 - Riscoperta del carisma, radicalità evangelica: parole sante esposte a gravi mistificazioni
6 - Rinnovarsi nel segno del carisma per rigenerare le forze della Chiesa
7 - L'apostolato teodoretiano: agire con umiltà per il trionfo della verità
8 - Le nuove frontiere dell'evangelizzazione
9 - La confusione generata dalle mezze verità
10 - Il ritorno alla verità "tutta intera"
11 - La verità "tutta intera" ha bisogno di Catechisti integralmente cristiani
12 - Fra Leopoldo: il cofondatore
13 - I quattro pilastri del carisma dell'Unione Catechisti
14 - La sfida del modernismo
15 - Primo annunzio della Passione
16 - La sfida della Croce e il ruolo dell'Unione Catechisti
17 - La catechesi: tra "iniziazione" alla vita cristiana e tradizione lasalliana
18 - Il ruolo degli Istituti secolari
19 - La parola a Fr. Teodoreto
20 - "Zelo per la salvezza del prossimo"
21 - Apostolato catechistico
22 - Aspetti particolari della catechesi
23 - La tradizione lasalliana: doti richieste ai catechisti
24 - Doti intellettuali: "scienza" e "didattica"
25 - Doti morali o interne: amore, prudenza e pietà
26 - Doti esterne: gravità, imperturbabilità, autorità, esempio
27 - L'Unione ed il carisma della fraternità: "un cuor solo, un' anima sola"
28 - La parola a Fr. Teodoreto
29 - Aspetti particolari della fraternità
30 - La fraternità interna assicura l'espansione esterna
31 - La secolarità

1 - Introduzione

A giudizio di Fr. Teodoreto l'Unione Catechisti presenta due tratti caratteristici: l'integrità della vita religiosa nel mondo ( stare in mezzo al mondo separandosi dallo spirito del mondo ) e, allo stesso tempo ma senza alcuna contraddizione, la "pieghevolezza", cioè la tollerante flessibilità, nell'adattare i mezzi di santificazione alle diverse condizioni sociali dei suoi membri.

Attraverso la consacrazione e l'osservanza dei voti di obbedienza, castità e povertà, l'Istituto intende mirare all'attuazione del terzo grado di carità: adeguarsi in tutto all'intenzione divina non solo evitando ciò che la contrasta, ma sottoscrivendo, attraverso una opportuna Regola, sia i precetti che i consigli evangelici.

Si tratta quindi non solo di obbedire a Dio, ma di compiacerlo in tutto.

Da questo punto di vista i consacrati ricevono un grande sostegno dal "carisma di fondazione" che anima l'Istituto e pervade tutti coloro che decidono di aderire esteriormente ed interiormente al progetto di vita proposto da Fr. Teodoreto; in special modo i membri possono trarre grande giovamento da un aspetto particolare di questo carisma, la "carità fraterna", che unisce tutti i membri in un "cuor solo" e supplisce all'assenza di vita comunitaria, promovendo un vero spirito di famiglia.

Per quanto riguarda l'apostolato, l'Istituto promuove la penetrazione del catechismo in ogni "ambiente sociale" ( vedi catechesi e secolarità ) e la diffusione dell'Adorazione a Gesù Crocefisso con la relativa opera di riparazione ( spiritualità del Crocifisso mediata dal Diario di Fra Leopoldo Maria Musso ): questa forma di apostolato è un mezzo per salvare il mondo pur continuando a rimanere in esso, per restaurare con la parola e l'esempio il magistero della Chiesa nelle famiglie e nelle professioni, per trasformare ogni azione quotidiana in un "fermento" di vita cristiana, in analogia all'azione del lievito nella pasta.

Più propriamente i fini dell'Unione sono i seguenti:

"L'Unione ha per iscopo la santificazione nel mondo dei propri membri e l'apostolato catechistico e sociale.

I catechisti congregati si propongono la perfezione religiosa ( vita integralmente cristiana ) praticando nel mondo i consigli evangelici e le opere di apostolato proprie dell'Unione.

I catechisti per corrispondere pienamente alla loro vocazione devono

1°) attendere seriamente con l'aiuto della grazia di Dio, alla propria santificazione osservando fedelmente i voti di povertà, di castità ed obbedienza, secondo le Regole e le le Costituzioni

2°) riparare le offese che si fanno a Dio

3°) dedicarsi con santo zelo alla salvezza del prossimo."

L'attuazione di questi fini è strettamente legata alla collaborazione dello Spirito Santo, ai suoi "doni di grazia".

Nella storia della Chiesa accanto a carismi straordinari, come il dono delle lingue, hanno operato nei fondatori e negli Istituti da essi avviati, dei carismi più "ordinari" che tuttavia hanno caratterizzato in maniera profonda la vita e l'espansione della Chiesa.

Riscoprire questi carismi, in un certo qual modo, significa recuperare il senso profondo di determinate scelte di vita e riattivare stimoli e motivazioni che col tempo possono via, via affievolirsi.

2 - Dono di grazia

Carisma letteralmente significa "dono di grazia".

Il termine si trova solo nelle lettere del Nuovo Testamento: 16 volte in San Paolo, una volta in San Pietro.

I primi traduttori dell'Antico Testamento, in qualche occasione, usarono questo termine per denotare l'intervento dello Spirito Santo ( Sir 7,33; Sir 38,30; Sal 31,22 ).

Tuttavia, il concetto di carisma è entrato prepotentemente nelle categorie della teologia cristiana grazie all'Apostolo delle genti che, con la sua dottrina sublime e semplice allo stesso tempo, ha individuato ben venti carismi differenti.

Abbiamo così il carisma dell'apostolato, della profezia, della guarigione ecc., tutti doni "particolari" che investendo singole persone o comunità permettono la costruzione del Corpo Mistico di Cristo.

Pur essendo il primo e forse il massimo teorizzatore dell'azione carismatica, San Paolo è molto attento a frenare gli entusiasmi velleitari o i vaneggiamenti pseudomistici, cosciente com'è della delicatezza dell'argomento: è vero infatti che lo Spirito soffia dove vuole, ma è anche vero d'altro canto che l'immaginazione umana spesso veicola le suggestioni diaboliche.

L'appropriazione indebita dei carismi da parte di personaggi malati di protagonismo o di bieco fanatismo, indigna San Paolo che condanna con durezza queste estremizzazioni.

Dice infatti "Se parlassi …, avessi …, conoscessi …, possedessi …, distribuissi, ma fossi senza amore, sarei un bronzo echeggiante … io sarei nulla e … niente mi gioverebbe" ( 1 Cor 13,1-3 ).

Tuttavia, pur discriminando con cura le suggestioni dai doni dello Spirito, grazie al criterio dell'amore vivificante, San Paolo non esita a sottolineare l'importanza di certi interventi celesti che vanno messi doverosamente in luce ed assecondati al fine di tenere viva la fiamma della fede.

Non si può rifiutare l'aiuto del Signore perché altrimenti si prosciugherebbe il fiume della grazia che alimenta, sostenta e protegge la Chiesa di Cristo.

Dunque, in quanto pastore, l'Apostolo di Tarso si preoccupa di usare attenzione in entrambi i sensi di marcia: sia per quanto riguarda i travisamenti e i fraintendimenti di chi confonde il dono di grazia con l'autoesaltazione personale, sia, nel senso opposto, per quanto concerne coloro che non riconoscono o sottovalutano la presenza vivificante dello Spirito nelle membra del Corpo Mistico.

Pur possedendo una mente ed uno stile espressivo lucidi e chiarificatori ( secondo gli stilemi classici della "scienza" biblicamente intesa ) San Paolo rifiuta costantemente ogni pedante classificazione e speculazione dottrinaria: in questo rivela la vena autentica della sua cultura "soprannaturale".

Apre la mente agli ignoranti, avvicina le menti più rozze ai misteri sublimi di Dio e pur mantenendo questo stile "divulgativo" riesce a tenere il confronto ( insieme all'Evangelista Giovanni ) coi massimi pensatori dell'umanità.

Forse san Paolo, da questo punto di vista rappresenta il modello del catechista in quanto "vive" nella carne il catechismo cattolico, lo annuncia "cattolicamente" ( ossia "universalmente" ) a tutte le genti, spiegando con coraggio agli scettici la "soprannaturalità" della buona novella ed alle persone troppo suggestionabili ed emotive il "realismo" del Cristianesimo.

Qui, forse, risiede il suo esemplare equilibrio di apostolo delle fede, che tanto, ancora oggi, può insegnarci: scandalizzare i sapienti col Mistero della Croce e riportare coi piedi per terra fanatici e creduloni.

Quando il Cielo si svuota di Dio il mondo si riempie di idoli, dicono i francescani: ed il mondo anche oggi, come ai tempi di san Paolo, è vittima di idoli differenti nella forma ma assai simili nel contenuto.

La gente del popolo frequenta maghi e fattucchiere, le persone dotte ed istruite si affidano ai verdetti dei cosiddetti "maghi della finanza", tuttavia la sostanza di questa pseudoreligione materialista rimane inalterata e nessuna specializzazione universitaria può abbattere il vitello d'oro che allontana il cuore dell'uomo dalla grazia di Dio e dai suoi carismi.

Quindi prima di affrontare il tema dei carismi bisogna chiedersi se e quanti idoli abitano il cuore dei moderni apostoli laici.

Forse il primo dilemma discriminante è il rapporto col cosiddetto "spirito del mondo": bisogna cioè cercare di capire fin dove arriva il nostro attaccamento al Corpo Antimistico, se così possiamo dire, della dimensione terrena.

Se entriamo a far parte attiva delle logiche perverse del Mondo le nostre forze fisiche e intellettive vengono in un certo senso risucchiate in un altro organismo che assorbe e distoglie le nostre capacità convogliandole lontano da quella mistica alleanza che ci lega a Cristo.

I falsi "bersagli" che ci attraggono lontano dal centro cosmico della storia, cioè dal Dio fatto uomo, sono appunto quegli "idoli" che generazione dopo generazione vanno affollando il Pantheon della modernità.

Nell'antichità gli stessi vescovi incoraggiavano i pagani a distruggere materialmente i falsi dei che costellavano le campagne dell'Impero Romano: perfino San Massimo vescovo di Torino si era impegnato a sradicare questi culti superstiziosi.

Oggi gli idoli si occultano nei nostri cuori e la separazione dalle loro lusinghe costa immensi sacrifici: non ci deve stupire, dunque, se molti avvertono la carenza o la labilità dei carismi nell'età moderna arrivando a qualificare tale dono come un privilegio esclusivo delle prime generazioni di Cristiani.

Nel corso del Concilio Vaticano II, ad esempio, il Cardinal Ruffilli sosteneva che "I carismi abbondavano all'inizio della Chiesa, ma poi, a poco a poco, diminuirono talmente da scomparire quasi …" .

3 - Carisma e fondatori

Qualche definizione

Bisogna innanzitutto fare un po' di chiarezza visto che la figura del fondatore, attraverso il recente recupero della dimensione carismatica, può andare soggetta a interpretazione spesso fuorvianti.

Come già evidenziato in merito alla natura del Bene che ogni iniziativa religiosa intende promuovere, anche in questa occasione ci premuriamo di precisare che la fondazione di un istituto religioso non è un fatto ordinario o banale, ma possiede sempre una "sacralità" che la rende in qualche modo eccezionale e preziosa.

Per quanti istituti si fondino, questi, grandi o piccoli che siano, non potranno mai essere assimilati ai comuni sodalizi umani poiché nascono, anche se in modo indiretto, dall'azione dello Spirito Santo.

Strumento vitale di questo intervento divino è il fondatore dell'istituto, ossia la figura in cui confluiscono e da cui si dipartono i doni della grazia.

Un fondatore riceve innanzitutto il "carisma dei fondatori" che è un' "esperienza dello Spirito", implicante lo sviluppo di particolari capacità e attitudini funzionali allo sviluppo e alla crescita del Corpo Mistico di Cristo.

Peraltro, l'espressione "carisma dei fondatori" necessita di una distinzione connotativa: il "carisma di fondatore" ( che non è trasmissibile ) è il dono che genericamente abilita una persona a dar vita ad una nuovo sodalizio religioso, il "carisma del fondatore" è, invece, il dono particolare che permette alla stessa persona di vivere e far vivere il mistero di Cristo secondo modalità e impostazioni peculiari, favorendo l'intervento in particolari settori della vita religiosa e sociale.

Il "carisma del fondatore" non è riproducibile sic e simpliciter, tuttavia i discepoli dotati di una particolare sensibilità possono sintonizzarsi meglio di altri con lo "spirito" ( carattere, intenzioni e aspirazioni profonde ) del proprio maestro-fondatore e mettere a fuoco in modo più fedele il cosiddetto "carisma di fondazione" in cui consiste, una volta per sempre, la fondamentale matrice genetica di un dato istituto.

Più propriamente il "carisma di fondazione" è il dono di grazia che accomuna, soprattutto nei primi anni di vita dell'istituto, fondatore e discepoli, mentre il "carisma dell'istituto" racchiude l'identità e la spiritualità che nei secoli viene custodita, arricchita e sviluppata da una data famiglia religiosa.

4 - Carismi e gerarchia: false contrapposizioni e culto della personalità 

A prescindere, comunque, dalle varie distinzioni teoretiche, è opportuno chiarire un fatto: la recente riscoperta dei carismi e la conseguente "ermeneutica" ( interpretazione ) del "carisma di fondazione" relativo alle varie congregazioni e associazioni cattoliche, non implica in alcun modo una contrapposizione gerarchia-carismi.

La gerarchia fissa e regolamenta gli ambiti operativi degli istituti in vista della crescita organica del Corpo Mistico; essa non intende sclerotizzare il soffio dello Spirito con la burocrazia, ma custodirlo nella sua purezza.

Del resto, per lo stesso San Paolo, anche l'arte di "governare" può nascere da un particolare carisma.

Perciò il ritorno al "carisma di fondazione" non vuole e non deve essere un atto di "liberalizzazione" o "emancipazione" rispetto a presunte forzature dogmatiche o disciplinari: esso, al contrario, mira a focalizzare in maniera chiara e distinta la "molla" originaria di un dato istituto, in modo tale che quest'ultimo possa riprendere, con slancio e zelo maggiori, la strada aperta dal fondatore.

Sia ben chiaro: ritrovare la sorgente carismatica dell'istituto non significa neanche divinizzare la figura del fondatore.

Tutti i doni di grazia provengono solo ed esclusivamente dallo Spirito Santo, ogni altra attribuzione comporta pericolose devianze verso interpretazioni laiciste che sempre più spesso perdono di vista il legame sacramentale che unisce l'ordine naturale e soprannaturale del Creato.

È difficile descrivere, anzi persino elencare, in quanti modi diversi le persone consacrate realizzino, mediante l'apostolato, il loro amore verso la Chiesa.

Esso è sempre nato da quel dono particolare dei vostri Fondatori, che, ricevuto da Dio e approvato dalla Chiesa, è divenuto un carisma per l'intera comunità.

Quel dono corrisponde alle diverse necessità della Chiesa e del mondo nei singoli momenti della storia, e a sua volta si prolunga e si consolida nella vita delle comunità religiose come uno degli elementi duraturi della vita e dell'Apostolato della Chiesa.

È molto importante rivalutare la soprannaturale interazione che lega Spirito Santo, gerarchia e fondatori, visto che ogni associazione umana è sempre esposta al pericoloso fascino incantatore dei falsi profeti.

In tempi molto recenti un alto prelato cattolico, pur dotato di innegabili doni spirituali e di un vasto seguito in tutto il mondo, ha deciso di affiliarsi ad una setta anticristiana.

Il fatto non deve stupire. Già Gesù aveva messo in guardia i detentori dei carismi: "Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore abbiamo profetato e … compiuto molti miracoli nel tuo nome … Io però dichiarerò loro: allontanatevi da me operatori d'iniquità" ( Mt 7,22-23 ).

È facile restare ammaliati dalla presenza scenica dei capi "carismatici".

Molti regimi totalitari hanno sfruttato questa debolezza umana, "rubando il cuore" ai seguaci di Cristo.

Quando, nell'ambito di un'associazione religiosa, il ritratto del fondatore supera in appariscenza e visibilità l'effigie del Crocifisso, significa che nelle menti degli associati qualcosa è stato frainteso.

Tutto passa per Cristo e ritorna in Cristo che è Dio: di fronte alla sua figura anche il più grande dei santi diventa polvere.

L'esaltazione smodata della personalità del fondatore nasconde spesso il desiderio di oscurare la divinità di Cristo: eppure su di essa si fonda la grandezza della fede cattolica.

Se lo scopo degli apostoli si fosse ridotto ad un modesto "facciamo del bene per onorare la memoria di un maestro ebreo condannato a morte", forse potremmo dire che ben più hanno fatto, a favore dell'umanità, i luminari della scienza medica.

Allo stesso modo se, nell'ambito di un gruppo religioso, si agisse solo per il gusto di emulare le gesta di un grande benefattore, sicuramente si potrebbe parlare di azione meritoria, ma, anche nella migliore delle ipotesi, nulla potrebbe distinguere il catechista od il missionario dagli operatori che in Africa o in Sud America lavorano per conto delle fondazioni intitolate a noti miliardari europei ed americani.

5 - Riscoperta del carisma, radicalità evangelica: parole sante esposte a gravi mistificazioni

Dunque il fondatore, il suo istituto, il suo carisma sono solo "strumenti" attraverso i quali lo Spirito Santo scorre nelle membra vive del Corpo Mistico: una personalizzazione esasperata od un adattamento di comodo ai capricci dei tempi non farebbe che "sterilizzare" la fecondità dell'azione carismatica.

Molti osservatori giudicano con disprezzo le "forme" antiche che, a giudizio di alcuni cattolici controcorrente, sarebbero richieste dalla fedeltà al carisma dei fondatori: in verità se da una parte è pur vero che le "forme" troppo rigoriste possono deprimere le nuove vocazioni è anche vero, d'altro canto, che la tanto conclamata "radicalità evangelica", implicita ad ogni ripresa del carisma originario, esige, proprio in quanto scandalosamente radicale, oneri non indifferenti.

Si parla spesso dell'inadeguatezza delle antiche Regole monastiche rispetto ai canoni della modernità: ma tale forma di vita era già considerata terribilmente inadeguata nel V secolo dopo Cristo!

Basta leggere gli scritti degli autori pagani del Tardo Impero che consideravano il monachesimo come il frutto di una vera e propria perversione mentale.

Insomma, bisogna decidersi sulla natura profonda ( e non solo intellettual-politica ) di espressioni come "radicalità" evangelica.

Se non si è radicali nella dimensione spirituale e nel conseguente stile di vita ( che in un modo od in un altro pretende anche dei "rigori" formali ) che razza di cristiani siamo?

Non sarà forse la paura del mondo, piuttosto che il desiderio di comprensione e di dialogo, a spingere tanti osservatori a guardare con un sorriso di compassione e malcelato disprezzo le asprezze interiori ed esteriori cui si sottoposero e si sottopongono gli atleti di Cristo?

Fratel Teodoreto era uno di questi, la sua vita lo dimostra: un lavoro privo di gratificazioni economiche ed avanzamenti, tanta preghiera e anche una severa ascesi fatta di digiuni, silenzio e lunghe veglie.

Chi si sofferma sulle esigenze dell'oggi, dell'attualità, della modernità ( che del resto nel giro di pochi anni invecchiano in modo penoso: pensiamo alle indigestioni ideologiche degli anni '70 e alla libellistica cristiano-rivoluzionaria di quegli anni ) corre "il rischio di considerare normativo lo spirito del gruppo nel momento in cui se ne fa la lettura, senza verificare l'indispensabile fedeltà alle proprie origini e ponendo così le premesse per una continua mutazione d'identità".

Ma come è noto, ciò che muta sempre nella forma e nella sostanza non lascia tracce, bensì solo ombre vacue.

Il mondo invece, da sempre, cerca in Dio, la "certezza", la "fine delle inquietudini", "la vita oltre la morte", "la speranza oltre il dolore".

Cosa intendeva offrire fr. Teodoreto al mondo col suo Istituto?

I beni od il Bene, le ombre del benessere o la luce di Cristo, la conoscenza del mondo o l'esperienza di Dio?

Per interpretare il senso di un carisma relativo ad un Istituto laico, ovvero "immerso" operativamente nel mondo, bisogna partire da questi interrogativi che ci riportano alla natura "eccezionale" dello stesso carisma, visto come indirizzo suggerito dallo Spirito Santo e non come strategia d'azione ispirata dai sondaggi sociologici e dalle riviste di management aziendale.

Tutto questo può sembrare scomodo per coloro che credono di vedere nella frase "lo Spirito soffia dover vuole" la scappatoia ideale atta a giustificare ogni forma di attualizzazione desacralizzante dell'apostolato sociale, tuttavia bisogna riportare il "sacro" al centro dell'azione ecclesiale e far ripartire da lì il sistema nervoso che collega gli istituti religiosi e secolari al cuore e alla mente di Cristo: in caso contrario avremmo il trionfo dell'ambiguità e del cristianesimo formato televisivo, che favorisce l'audience, ma rende il sale evangelico insipido e quindi inservibile.

6 - Rinnovarsi nel segno del carisma per rigenerare le forze della Chiesa

Quando un organismo va incontro ad una certa debilitazione, i medici prescrivono un'energica cura ricostituente al fine di riportare gli organi vitali al pieno della loro funzionalità.

Pur con tutti i distinguo del caso, questa immagine può essere applicata agli istituti cattolici sorti sull'onda della controffensiva apostolica che la Chiesa Cattolica lanciò tra il 1850 ed il 1950.

Chiunque abbia assistito un malato può verificare il senso della nostra metafora: se un muscolo od un arto resta per troppo tempo inerte, dapprima si indebolisce, quindi si atrofizza e infine, se anche la circolazione sanguigna smette di irrorarlo, scivola fatalmente in una letale necrosi.

Se la Chiesa trascura la sua vocazione missionaria e catechistica - come sembra emergere dalle considerazioni preoccupate di autorevolissimi osservatori - prima o poi questa attitudine si estinguerà e l'insieme dei credenti ne soffrirà: le chiese ripiegate su se stesse, infatti, si ammalano facilmente di vecchiaia ( pensiamo alle agonizzanti chiese scandinave ).

Se la Chiesa vuole avanzare nel suo cammino superando le pastoie delle ideologie, dei conflitti generazionali, del falso umanesimo deve ritrovare il "gusto" di scandalizzare il mondo con l'annuncio di Cristo.

Non si tratta di assecondare o di conversare amabilmente col mondo, ma di proporgli la terapia di Cristo.

Il mondo poi è libero di fare quello che vuole: può insultarci, deriderci, condannarci, la cosa è ininfluente.

Ciò che conta, agli occhi di Dio, è la disponibilità, da parte nostra, a proclamare la buona novella, a prescindere dai giudizi della gente.

Nel nostro contesto storico, il senso della fondazione di un istituto di catechisti secolari può essere questo: risanare le corde vocali della Chiesa infiammate da anni di tempeste ideologiche.

La Chiesa non può parlare sottovoce.

Deve emergere dal marasma dei chiacchiericci mondani, scandendo a chiare lettere la Parola di Cristo: "Io sono la via, la verità, la vita".

Dunque fondare un istituto significa partecipare all'azione vivificante, costruttiva e, se è il caso, ricostruttiva dello Spirito Santo, azione che urge proprio laddove il tessuto connettivo della Chiesa rischia di sfaldarsi e di deperire.

Svincolarsi dai "doveri crocifiggenti" del carisma, umanizzandoli in maniera eccessiva o elevandoli a categoria metafisica imprecisata, imprecisabile e quindi suscettibile di mille interpretazioni diverse è il modo più rapido per perdere il sostegno della grazia.

Anche qualora fosse costituita da astrofisici e ingegneri nucleari, la comunità dei laici consacrati non deve mai perdere di vista "l'innesto" nella vite di Cristo.

Questo aggancio metafisico, garantito da preghiere e sacramenti, non può essere ignorato: tutti gli sforzi del fondatore svanirebbero come neve al sole, l'istituto perderebbe la linfa spirituale del proprio agire quotidiano.

Sarebbe una forma larvata di autoestinzione, di suicidio programmato.

Riscoprire il carisma di fondazione significa, quindi, rivalutare, non sminuire, le responsabilità inerenti al "trattato di cooperazione alla grazia" sottoscritto al momento della consacrazione: "Gli istituti secolari, pur non essendo istituti religiosi, tuttavia comportano una vera e completa professione dei consigli evangelici nel secolo, riconosciuta dalla Chiesa.

Tale professione agli uomini e alle donne, ai laici ed ai chierici che vivono nel secolo conferisce una consacrazione".

Il nuovo Codice di diritto canonico aggiunge: "L'istituto secolare è un istituto di vita consacrata in cui i fedeli, vivendo nel mondo, tendono alla perfezione della carità e si impegnano per procurare la santificazione del mondo, soprattutto operando all'interno di esso".

Qui non si fa nessun riferimento specifico all'Unione Catechisti, eppure già emerge in maniera nettissima il tema della testimonianza e della santificazione.

Se, quindi, a queste indicazioni generiche aggiungiamo i fattori che più genuinamente contraddistinguono il carisma dell'Unione Catechisti, riusciamo a farci un'idea delle finalità complessive che devono animare l'Istituto.

Nello specifico i fondatori di istituti secolari operano secondo due prospettive che si integrano piuttosto che escludersi: una divina, tesa a collocare il sodalizio proprio laddove urge una rivitalizzazione spirituale del tessuto ecclesiale; un'altra umana, volta a trovare le modalità tecniche e contingenti con cui realizzare, nella dimensione secolare, quest'opera di vivificazione ed espansione ecclesiale.

Gli istituti non sono atolli corallini dispersi nell'Oceano delle opportunità umane.

Sono carne e sangue del Corpo Mistico: se un regno è diviso in se stesso - dice Gesù - non può reggersi ( Mc 3,24 ).

Oggi sono di moda le autonomie di gestione: l'istituto dei laici consacrati, tuttavia, non ha nulla da spartire con gli enti statali che sempre più spesso vengono svincolati dal controllo dello Stato.

Il suo rapporto con la Chiesa e la gerarchia è di natura diversa.

L'amministrazione di uno Stato col tempo può degradarsi, viceversa Cristo non invecchia, in Lui Verità e Vita coincidono ieri, oggi, sempre: solo le idee degli uomini invecchiano e si trasformano in modi spesso penosamente strumentali e opportunistici.

Se il carisma viene a coincidere con le idee degli uomini, l'istituto è destinato, nel suo spasmodico e artificioso pseudo-rinnovamento, a cadere vittima del proprio narcisismo, proprio come quelle vecchie signore che per quante operazioni estetiche facciano, non possono nascondere il loro penoso stato di deperimento.

L'autentica azione di "rinnovamento carismatico" viene solo da Dio ed è sacramentale, cattolica, unificante: è, insomma, il re-innesto nella vite del Cristo ( Gv 15,5 ).

Guai a scordarlo!

7 - L'apostolato teodoretiano: agire con umiltà per il trionfo della verità

La Chiesa deve arrivare dappertutto.

Abbiamo già avuto modo di esaminare i doni particolari che hanno caratterizzato l'opera di Fr. Teodoreto: la speciale attitudine alla meditazione, la spiccata capacità di affascinare i cuori dei giovani con la "irradiazione" interiore derivante dalla preghiera, l'uso fecondo dell'umiltà che gli permetteva di "introdursi come un cuneo nella massa" ed in genere in tutti gli ambienti ostili o indifferenti al messaggio cristiano.

Il tutto si traduceva in un apostolato teso, come si può ricavare dalle considerazioni sue e dei suoi allievi, ad impressionare i cuori dei giovani col proprio "stile di vita" per acuire in essi la sete di Dio.

Col passare degli anni il "carisma del fondatore" ha inciso profondamente sul "carisma di fondazione" e sul "carisma dell'istituto" che plasma e dirige, in modo misterioso, ogni nuovo associato.

Una cosa non molto dissimile, fatte le debite proporzioni e distinzioni, si verificò agli albori della Chiesa.

Con la Pentecoste la Chiesa, ultimata la predicazione di Cristo, diventa a sua volta missionaria.

1) "Sarete miei testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi della terra" ( At 1,8 ).

Lo Spirito Santo dapprima, grazie a Cristo, santifica gli apostoli e poi li sospinge e li sostiene nella loro azione evangelizzatrice.

Grazie alla sua fiamma inestinguibile i dodici parleranno con coraggio e coerenza morale ai popoli della terra, senza venir meno al loro mandato neanche di fronte al ricatto, alla tortura, alla morte.

Non si inchineranno servilmente ossequiosi di fronte ai potenti della terra, non si lasceranno andare alla facile demagogia dei capipopolo.

In questa fortissimo equilibrio interiore scorgiamo il sintomo di una innata "rettitudine" teologica e operativa che solo "l'innesto" nella vite di Cristo può assicurare.

Questa uniformità nella "rettitudine" dottrinaria e apostolica è il segno profondo della cattolicità ecclesiale: la chiesa è cattolica in quanto "ordinata al tutto"

2) Si rivolge a tutti, opera in tutte le dimensioni mondane, ma in particolar modo è integralmente conformata, a Roma come a Honolulu, nel I come nel III Millennio, in ogni ordine di tempo e luogo, alla fede nella divinità-umanità di Cristo morto sulla Croce e risorto per offrire agli uomini una nuova, e più sublime, possibilità di salvezza.

Questa conformità "universale", indipendentemente dai luoghi e dai tempi, ai dogmi della fede ci rende cattolici e ci impegna a diffondere siffatta "cattolicità" in nuovi luoghi ed in nuovi tempi.

Ci sono infatti nel mondo e nella storia periferie e zone d'ombra che, lungo il cammino della Chiesa, restano lontani o forzatamente esclusi dall'azione vivificante della buona novella.

Contesti, cioè, dove la Parola di Cristo viene progressivamente dimenticata o sottovalutata preferendole slogan come progresso, benessere, rivoluzione.

Oggi ne raccogliamo i frutti amari: crisi della famiglia, violenza adolescenziale, nichilismo esistenziale ecc.

8 - Le nuove frontiere dell'evangelizzazione

All'inizio del secolo scorso lo Spirito incominciò a soffiare su una landa desolata e arida ( almeno per la fede ): le periferie operaie delle grandi città.

Qui i valori della famiglia, della fede, della dignità umana ereditata dalla precedente civiltà contadina, andavano lentamente, generazione dopo generazione, usurandosi.

Qui occorreva, con urgenza, reimpiantare l'albero della vita, ovvero la Croce di Cristo, proprio perché la stessa vita cristiana è, nella sua più profonda essenza, una comunicazione del Figlio e del suo Spirito che può essere estesa agli uomini solo attraverso il mistero della Croce.

Questa comunicazione prosegue nel tempo attraverso l'azione santificante della Chiesa e ci collega alla vita del Corpo Mistico in tre modi: in modo costitutivo attraverso l'azione dei sacramenti, in modo conoscitivo attraverso la catechesi, in modo redentivo attraverso la liberazione dalla schiavitù del peccato.

Ci sono tuttavia contesti e situazioni nelle quali la comunicazione dello Spirito di Dio al mondo diventa, per il singolo sacerdote, un' impresa improba.

Nascono così le congregazioni religiose, modello ed esempio "incarnato" di perfezione religiosa: queste si insediano anche nelle grandi città creando scuole, ospedali, ricoveri per diseredati e via dicendo.

Tuttavia alcuni ambienti continuano a sfuggire sistematicamente all'apostolato di tali congregazioni: sono ambienti legati al mondo operaio, ad un certo tipo di professionalità tecniche, alle masse coinvolte nei grandi processi di industrializzazione.

Qui il seme della buona novella incontra le pietre e i rovi dell'indifferentismo religioso, del modernismo, delle ideologie materialiste, degli equivoci relativi al progresso ed alla presunta emancipazione dalle superstizioni.

Si tratta di un mondo non sfacciatamente ostile al Vangelo, ma che tuttavia deriva le sue convinzioni dai messaggi subliminali che, a partire dai moderni mezzi di comunicazione, infettano le nuove generazioni, sottintendendo la pretesa impotenza della Chiesa a migliorare la condizione umana.

9 - La confusione generata dalle mezze verità

Nelle menti di tanti, di troppi risuonano le parole irriverenti dei critici biblici di fine '800: Cristo annunciò il Regno, ma venne la Chiesa.

All'interno della stessa comunità cattolica sono in tanti a dare per scontata ( quasi fosse un segreto di pulcinella da mantenere tale per i poveri ignoranti ) l'inconsistenza effettuale dei sacramenti, delle guarigioni operate da Cristo, degli esorcismi, quasi fosse un grande fardello "mitologico" da cui urge liberarsi.

Perfino in tempi recenti, intervenendo in margine ad un discorso del Papa tenuto in occasione della festa del Corpus Domini, un'esponente del volontariato cattolico ha sostenuto la necessità di liberarsi di questo retaggio mitologico, che la moderna antropologia ha spiegato essere una proiezione di antichi riti sacrificali.

Teorie davvero poco originali, che ritroviamo anche nella polemologia pagana di 2000 anni fa, quando i cristiani venivano accusati di praticare il cannibalismo.

Nulla di nuovo sotto il sole: peccato che questi pensieri non espressi, quasi non si volesse ferire la altrui credulità, da un po' di tempo abbiano cominciato ad albergare anche nelle menti dei dotti cattolici.

Di qui l'urgenza di una nuova catechesi fatta dai semplici, per i semplici, in modo scandalosamente chiaro: "sono cristiano e credo nella resurrezione dei morti, nel dogma della Presenza Reale di Cristo nell'Ostia consacrata, nel potere salvifico che emana dalle Piaghe di Cristo, nella inabitazione dello Spirito Santo ecc.".

E la sociologia, e la pedagogia, e l'attualizzazione del messaggio cristiano?

Saremo forse un po' drastici, ma a nostro avviso il Pane di vita è sempre Pane.

Lo possiamo presentare in un ostensorio d'oro contornato da gemme e pietre preziose ( come piaceva fare ai nostri avi ignari delle forme estetiche "politicamente corrette" ), lo possiamo nascondere in rozzi contenitori frutto di artigianato più o meno etnico, come piace fare agli alfieri della inculturazione rispettosa delle diversità, ma la sostanza non cambia: parlando dell'oggetto dell'adorazione eucaristica il Catechista, con la licenza media o col master di Harvard, dovrà sempre e comunque spiegare, a chi gliene chiede conto, "quello è il Corpo di Cristo".

Che lo dica discorrendo coi bambini dell'oratorio, od ai partecipanti di un convegno di cosmologia, il concetto non cambia.

Anzi più è diretta la spiegazione meglio è: in questo modo si sgombra subito il terreno dagli equivoci dei pensieri non detti.

Quante volte sentiamo dire: sono cattolico, però sull'aborto ho le mie idee … sono cattolico, ma non praticante … sono cattolico, però considero il diavolo un simbolo … sono cattolico, ma considero le missioni una forma di intrusione culturale.

Spiace dirlo, tuttavia certi cattolici dimezzati in molti casi sono più dannosi degli atei dichiarati, proprio perché rendono il sale evangelico insipido e quindi inservibile.

10 - Il ritorno alla verità "tutta intera"

Il ruolo giocato dall'umiltà nell'apostolato dei Catechisti promosso da Fratel Teodoreto, forse nasce proprio da queste "frasi non dette, ma pensate" che galleggiano sul fondo limaccioso di tante coscienze cristiane.

Chiesa sì, Dio no; Cristo sì, Chiesa no; Dio sì, Cristo no ecc.

Il Catechista deve essere umile innanzitutto di fronte alle verità della Fede: chi presuntuosamente annacqua o svaluta gli articoli di fede, in nome dei quali si sono immolati tanti martiri, forse non si rende conto di giocare con cose di una grandezza insospettata, che solo l'umiltà di mente e di cuore permette di sperimentare.

"Tutti i Catechisti devono amare e "praticare l'umiltà di cuore" per rimanere nella verità …" ( Quad. 3°, pag. 23 )

L'aridità burocratica di tanti moderni trattati di teologia richiama alla mente due fatti: la mancanza di chiarezza ( in contrasto con l'evangelico: "sia il vostro parlare si, si no, no" ) e l'evidente assenza dell'esperienza mistica.

L'umiltà teodoretiana è l'antitesi di questo approccio alla fede: nel Fratello la fede diventa "sanguigna" ( per usare un'espressione di La Salle ) e soprattutto limpida, cristallina ed è con queste caratteristiche che il Fratello pretende che venga trasmessa alle nuove generazioni e diffusa nei nuovi contesti che la Storia via, via ci presenta.

Le modalità adottate dal Fratello per tornare alla verità tutta intera, non potevano non onorare due capisaldi della tradizione lasalliana: l'insegnamento del catechismo e la chiarezza dell'insegnamento.

I membri dell'Unione da lui fondata si chiameranno infatti Catechisti, e combatteranno prima di tutto l'ignoranza religiosa:

"Dite ai Catechisti che non vi è apostolato migliore di quello del catechismo specie ai piccoli e ai poveri in questi tempi di grande ignoranza religiosa" ( Sua Santità Pio XII al Fratel Teodoreto nell'udienza dell'8 ottobre 1942 ).

"L'ignoranza religiosa, conseguenza di una formazione cristiana insufficiente … lascia lo spirito umano abbandonato a se stesso, portato ad accogliere l'errore … è il secolo della confusione"

Urge un'opera di chiarificazione che viene a coincidere col momento attivo della missione catechistica.

Fr. Teodoreto per rendere meglio il senso della sua proposta cita San Tommaso: "Contemplare la verità è bene; comunicarla alle anime è meglio ancora. Rischiarare è meglio che non brillare" .

In un mondo offuscato dai fumi del modernismo, dell'ideologia, della falsa scienza i Catechisti sono chiamati a fare opera di chiarezza: le loro Regole richiamano concetti come "direzione chiara", "trasmissione integrale" .

In questo senso lo studio deve essere accurato e soprattutto conforme agli insegnamenti di Santa Madre Chiesa, perciò Fr. Teodoreto incoraggia i suoi ragazzi ad ottenere l'abilitazione all'insegnamento della Religione cattolica.

"Oltre l'esame di abilitazione all'insegnamento nelle scuole di grado elementare si esortano i professi a prendere almeno l'attestato di secondo grado"

Tuttavia prima di "rischiarare" le anime con un'esposizione limpida e rigorosa della dottrina cristiana, occorre forgiare dei Catechisti che sappiano incarnarla.

Ai giovani che entrano nell'Unione dopo aver dimostrato di possedere le nozioni fondamentali del Catechismo, Fr. Teodoreto propone, così, un ulteriore percorso di maturazione spirituale.

Si tratta cioè di avviare un "progresso nella carità" interiore, non più solo intellettuale, che permetta al secolare consacrato di santificare il prossimo, santificando se stesso.

Il Venerabile dai suoi "insegnanti" non pretende solo l'esposizione chiara e integrale del Catechismo, ma anche la capacità di viverlo in maniera altrettanto chiara, integrale e quindi esemplare.

11 - La verità "tutta intera" ha bisogno di Catechisti integralmente cristiani

Questo percorso ascetico che conduce il catechista dal "predicare" al "permeare" , fa riferimento a due modelli: uno teorico e l'altro sperimentale.

Il primo è riportato nel cosiddetto Quaderno 3°, il secondo è rappresentato dalla vita esemplare dello stesso Fr. Leopoldo.

Chi decide di intraprendere questo progetto di vita deve sottoscrivere, attraverso la consacrazione, una sorta di patto con lo Spirito Santo: le Regole e le Costituzioni dell'Unione Catechisti giudicate, per l'appunto, come il "trattato di cooperazione alla grazia".

L'adesione perfetta e compiuta alle Regole ( attraverso uno sforzo che all'inizio è soprattutto volontaristico ) permettono all'"uomo nuovo" di nascere e di irrobustire, attraverso l'ascesi, la propria "tempra d'anima" per strappare altre anime allo "spirito del mondo".

Lo zelo per la salvezza del prossimo, che alimenta l'apostolato cristiano, consiste infatti nel "ritirare le anime dal male" .

Come si può notare, tutta la missione catechistica, viene radicalmente "sburocratizzata" attraverso un approccio, al problema dell'evangelizzazione, che è squisitamente spirituale.

Tuttavia il distacco dallo "spirito del mondo" e la nascita dell'"uomo nuovo" sono fenomeni dolorosi, che si realizzano mediante il "martirio costante" nel "terribile quotidiano".

Questa fase cruciale non è sostenibile se non ricorrendo alla spiritualità del Crocifisso, alle sue consolazioni, alle sue motivazioni.

Ed è qui che, provvidenzialmente, si inserisce Fra Leopoldo e la sua Adorazione al Crocifisso.

A questo punto il Catechista, dopo essersi opportunamente "perfezionato" nel "progresso della carità" è in grado, specialmente se in unione con altre anime adoranti, di esercitare una santa "irradiazione" ( l'espressione è di Fr. Teodoreto ) sulle anime erranti favorendo, così, il loro ritorno alla Casa del Padre.

L'alleanza delle anime adoranti, impegnate a ritirare le anime dal male, riceve tuttavia un enorme tesoro di grazie qualora il suo fondatore decida di trasformarsi in "ostia vivente", di "immolarsi" completamente al sacrificio cooperante con Cristo: è il caso di Fr. Teodoreto che viene invitato da Gesù ad abbandonarsi come "corpo morto", ossia a praticare l'annullamento totale della propria volontà.

In tutta questa vicenda quali sono i carismi particolari che guidano il Fratello?

Prima di tutto un'eccezionale disposizione alla preghiera, in particolare alla meditazione, che lo rendeva acutissimo nell'individuare pregi e difetti della vita interiore dei propri allievi: sapeva discernere al volo, senza futili domande, il comportamento "tutto esteriore" dei finti devoti, da chi invece aveva "pregato grosso come un braccio"; riusciva inoltre a imprimere nei cuori la sicurezza nell'efficacia delle preghiere ben fatte.

Un altro dono particolare consisteva in un particolare ascendente ( noi diremmo "magnetismo, lui diceva "irradiazione" ) che, promanando da modi, gesti e atteggiamenti quotidiani, impressionava i cuori dei giovani acuendo in essi la sete di Dio: celebri i suoi straordinari stati di raccoglimento o i colloqui con cui "riusciva a farti sentire qualcuno anche se non eri nessuno".

I Confratelli ammiravano, poi in lui, l'invidiabile naturalezza con cui osservava l'obbedienza lasalliana, incarnando la Regola dei Fratelli col massimo rigore, ma senza innaturali forzature, ovvero senza far pesare la sua virtù.

Infine merita una menzione speciale la sua particolare attitudine, mediata dall'umiltà evangelica, ad "introdursi come un cuneo nella massa" dei cuori indifferenti.

12 - Fra Leopoldo: il cofondatore

Fin da quando, nel 1894, Luigi Musso si rimette "interamente, anima e corpo, in Gesù Crocifisso" si delinea un percorso spirituale che, inevitabilmente, porterà il cuoco di Terruggia a quella forma di "donazione integrale" che Fr. Teodoreto addita come modello di vita autenticamente cristiana.

Dopo la miracolosa guarigione del 1899, la vocazione alla Croce di Luigi si rafforza e si consolida.

Una volta entrato nell'Ordine dei Frati Minori ( 1900 ), davanti ad un Crocifisso utilizzato per l'Adorazione del Venerdì Santo, il novello Fra Leopoldo concepisce, su ispirazione dello Spirito Santo, la preghiera alle Cinque Piaghe che, insieme all'icona dell'anima abbracciata al Crocifisso ( suggeritagli da una visione ), costituisce il manifesto di uno stile di vita improntato alla filosofia della rinuncia, della riparazione e del sacrificio coooperante con Cristo per la salvezza del mondo.

Questi elementi, dopo l'incontro con Fr. Teodoreto entreranno a pieno titolo a far parte del patrimonio spirituale della pia Unione.

Evidentemente, il frate, in maniera più o meno consapevole, aveva iniziato un percorso di conversione che culminerà nel "mestiere di perfezione" attuato ( anche attraverso le misteriose "pene interne" ) nella cella del convento di san Tommaso.

Questa purificazione, ottenuta dalla condivisione delle pene di Cristo, anticipa, in un certo senso, l'espiazione del Purgatorio, ed è accompagnata da una precisa e costante manifestazione mistica: la ricezione della "voci" di Gesù e di Maria.

Gesù promette di elargire molteplici grazie ( condonando quegli inevitabili flagelli che costituiscono la medicina estrema contro la perdizione delle anime ) in cambio della pratica diffusa dell'Adorazione ( 25 novembre 1908 ); il frate, dal canto suo, collega immediatamente il culto del Crocifisso alla difesa dell'ortodossia cattolica, allora minacciata dagli attacchi del fronte modernista.

Addirittura, la pratica della Devozione diviene una sorta di "prova del nove" in grado di smascherare gli affiliati al modernismo ( che come è noto si nascondevano in seno alla Gerarchia, ricorrendo alla dissimulazione ): i religiosi che, opponendosi alle sollecitazioni dei superiori, si fossero rifiutati di recitarla, avrebbero indirettamente palesato un grave pregiudizio antidevozionale.

Questi fatti comprovano, se ce ne fosse bisogno, la cattolicità del carisma di Fra Leopoldo.

Le indicazioni di Gesù, dopo l'incontro con Fr. Teodoreto, si fanno più precise e circostanziate, obbligando il frate, che pure si sente inadeguato a tale compito, a rubare molte ore al sonno per trascriverle: del resto il francescano, fin dal lontano 1° settembre 1908, è stato nominato "Segretario" del Crocifisso.

Nel corso delle trascrizioni, le inevitabili incomprensioni, scoraggiamenti e timori ( derivanti dalla occasionale "mestizia" di Cristo ), vengono superati grazie all'aiuto della Vergine che collabora all'illuminazione del frate, elargendogli il dono della purezza.

Quest'opera di sostegno favorirà anche l'ascesi culminando nella promessa: "ti faccio tutto spirituale" ( 1730,1 ).

Il disegno provvidenziale si dipana a poco, a poco.

Dapprima, Gesù manifesta la volontà di far estendere la Devozione in tutto il mondo: dopo un primo tentativo fallito la preghiera ottiene l'approvazione ecclesiastica ( 25 settembre 1906 ).

Nel novembre 1907 inizia la pubblicazione del testo e dell'icona raffigurante l'anima abbracciata al Crocifisso.

In seguito, N.S. incoraggia apertamente Fr. Teodoreto ad avviare il progetto della pia Unione: "Ai piedi dell'altare ore 9 23 aprile 1913: dirai al fratello Teodoreto che faccia ciò che ha in mente … abbia fede in tutto ciò che Gesù gli farà sentire".

Questa direttiva, che sancisce la compartecipazione del francescano alla fondazione dell'Istituto, nasce da una serie di coincidenze molto significative.

Il Fratello, grazie ad una terziaria francescana, entra in possesso di una copia della Devozione nel novembre del 1911.

Nel 1912, col permesso del Fratel assistente Louis de Poissy, diffonde tra i Confratelli la recita della preghiera, ottenendo alcune grazie in ordine specialmente al riconoscimento statale degli esami sostenuti presso le scuole elementari di via delle Rosine.

Il 25 ottobre 1912 il Fratello decide di incontrare personalmente l'estensore della Devozione: "È davanti a quel Crocifisso ( quello della Chiesa di S. Francesco ) che sentii una voce interna ingiungermi dolcemente di recarmi nel convento dei Padri francescani della Chiesa di san Tommaso, dove avrei trovato un cero Fra Leopoldo a me ignoto … suonato, infatti, il campanello, venne ad aprire Fra Leopoldo stesso, il quale disse: "Oh è tempo che l'attendevo!" ( Biografia di Fr. Leone pag. 214 ).

La natura provvidenziale di questo incontro è abbastanza evidente: tra i due religiosi si sviluppa, quasi subito, una fortissima intesa spirituale, che segna in maniera incisiva ed innegabile le origini della pia Unione.

Da una parte, Fr. Leopoldo diventa, per espressa volontà di Fr. Teodoreto, il patrocinatore spirituale ed il consulente mistico dell'Opera destinata a diffondere nel mondo l'Adorazione al Crocifisso; dall'altra, Fr. Teodoreto si sottomette e si fa discepolo del francescano, in quanto ogni colloquio col frate, risulta, a giudizio del Venerabile, tanto fruttuoso quanto un corso mensile di esercizi spirituali.

Non si può davvero parlare di suggestione reciproca: il Fratello, infatti, è sempre stato molto prevenuto nei confronti dei falsi entusiasmi mistici.

Basta rileggersi i "Pensieri sulle Regole" per capirlo.

No: in verità, un'altra volontà stava guidando i suoi passi.

"Due umili che si fondono e vanno cercando la volontà dell'unico Maestro Gesù Cristo.

Così l'Unione nasce sui solidi fondamenti dell'obbedienza e mette radici nell'amore a Gesù Crocifisso" ( P. Maccono, p. 115 ).

Quale apporto fornisce al "giovane" discepolo di Vinchio, l'umile frate cuoco?

Innanzitutto il carisma della semplicità e dell'umiltà che, secondo la tradizione monastica, costituisce la premessa indispensabile di ogni percorso di conversione.

L'umiliazione spezza il cuore di pietra e lo apre all'incontro col Creatore: bisogna che il discepolo affronti prima di tutto il proprio "nulla".

"O Signore, mio Dio, Tu sei potente e io non sono capace a nulla!"

"Non cercar a indagare più in là, perché non ci arrivi; ma nel fare la volontà del tuo Signore arrivi a tutto"( 306,1 ).

In questo senso il confronto col teologo Bracco può risultare molto istruttivo e richiama alla mente la vicenda di un noto "santo catechista" che, tanto per restare nel campo della formazione religiosa, operò con metodi piuttosto affini a quelli sopra enunciati: stiamo parlando del curato d'Ars, modello sublime di evangelica semplicità intellettuale e grandissima forza interiore.

Un secondo apporto fondamentale, come si evince dalla citazione sopra riportata, risale a quella che Fr. Teodoreto, sul Bollettino dell'Unione, definisce "donazione integrale", ovvero l'assecondare in maniera radicale, senza esitazioni né timori, le sollecitazioni della grazia che derivano dalla pratica dell'umiltà evangelica.

Questo abbandono totale in Cristo è la massima forma dell'autentico "coraggio" cristiano esaltato da Papa Giovanni Paolo II ( "abbiate coraggio, aprite le porte a Cristo" ).

Questa disposizione alla donazione integrale del sé, si incarnerà in un preciso comando celeste: Soggiunse Gesù: "Dirai al Fratello Teodoreto da parte di Me Gesù, padrone di tutti i santi e delle santificazioni, che se si sente di fare il sacrificio di tenersi come corpo morto, questo sarebbe il compimento della sua santificazione!"( IV, 2036,4 )

Questa esortazione alla "morte ascetica" verrà poi corrisposta, dopo la morte di Fra Leopoldo, seguendo il metodo di san Giovanni della Croce.

Un terzo elemento fondamentale che Fr. Teodoreto apprende dal frate di Terruggia è la tensione ( poi estesa a tutta l'Unione ) a "rialzare la Croce" in mezzo al mondo per riavvicinare le anime erranti al cuore di Cristo.

Questo ritrovamento del centro in Cristo, inteso come baricentro storico e cosmico dell'Universo, deve animare ogni incontro di preghiera e ogni intervento sociale della pia Unione.

Grazie a quest'opera di "ricordo" e "ritorno" in Dio, che si alimenta nella meditazione del Mistero della Croce e nella contemplazione delle Cinque Piaghe, le scuole professionali, le Messe dei Poveri e tutte le altre iniziative e collaborazioni avviate da e in nome di Fr. Teodoreto, si trasformano nei mezzi ideali per la promozione della "nuova e santa generazione da Dio voluta".

"Gesù mio misericordioso, solleva il mondo tutto, affinché la potenza Tua lo tiri tutto al tuo Divin Cuore da riformarlo divinamente col mezzo della Croce tua SS.ma". ( IV, 1628,2 )

L'Unione si inserisce, quindi, in un grande progetto di riforma morale, i cui effetti influenzeranno positivamente l'intera società.

Tuttavia ci sono delle condizioni da rispettare, quali: il totale abbandono in Cristo del Fondatore e dei Catechisti, una preventiva "semina spirituale" consistente nella diffusione dell'Adorazione, la promozione della spiritualità del Crocifisso.

Senza il rispetto di questa scala delle priorità ( dalla cella del nostro cuore al mondo, non viceversa ) il sodalizio dei Catechisti viene a perdere le coordinate della sua missione.

In quest'ottica, Fra Leopoldo e Fr. Teodoreto si "immolano" per trasmettere i benefici del sacrificio cooperante alla "nuova e santa generazione": il primo "vivifica il mondo attuale" praticando il "mestiere di perfezione" e sostenendo le misteriose "pene interne" che col sostegno di Maria, "spiritualizzano" il suo essere; il secondo rafforza e irrobustisce l'esile pianticella dell'Istituto attuando la "morte ascetica" ispiratagli dal Detto 2036,4.

In entrambi i casi, la contemplazione del Crocifisso ( caratterizzata dai frutti della proverbiale "intimità" leopoldina: "tu pensi a me, Io penso a te" ) e l'azione quotidiana vissuta come sacrificio cooperante con Cristo ( i cui effetti benefici sono magnificamente descritti da Suor M. E. ) fanno capo ad un carisma con cui Fra Leopoldo marchia a fuoco le origini dell'Unione Catechisti.

Ad un livello più prettamente personale i doni di grazia che caratterizzano il francescano sono due: una inesausta tensione ad abbandonarsi totalmente in Dio, senza mezze misure, al costo di apparire ridicolo o di essere emarginato; la grandissima fecondità dei suoi colloqui personali ( paragonati addirittura agli Esercizi spirituali ) che sapevano infondere nei cuori dei suoi interlocutori pace interiore, coraggio e consolazione.

Le qualità rigeneranti di quegli incontri erano apprezzate da uomini delle condizioni più diverse ( professori, studenti, poveri e ricchi ) e denotavano una spiccata sensibilità interiore, qualità questa, assai richiesta alle guide spirituali.

13 - I quattro pilastri del carisma dell'Unione Catechisti

La spiritualità del Crocifisso: pregare e riparare per "rialzare la Croce" in mezzo al mondo

Inquadramento generale

Fatte queste debite premesse, possiamo passare ad analizzare più in particolare gli aspetti salienti del carisma dell'istituto fondato da Fr. Teodoreto.

Il primo pilastro dell'Unione è senza dubbio costituito dalla spiritualità del Crocifisso, che diviene, anche grazie alla mediazione di Fra Leopoldo, l'aspetto connotativo più caratteristico dell'associazione.

La spiritualità del Crocifisso si fonda sul "Mistero della Croce" in base al quale la morte origina la vita.

Per la verità tutto il Vangelo si fonda su questi paradossi: la rinunzia dà il possesso, il dolore dà la gioia, l'umiliazione dà la gloria.

La vita integralmente cristiana consiste nell'imitazione di Cristo, ma affinché Cristo viva in noi ( S. Paolo ), è necessario morire a se stessi.

L'"uomo nuovo" deve uccidere l'"uomo vecchio".

Per far questo l'ascetica negativa distrugge le catene del piacere, mentre l'ascetica positiva incatena la nostra volontà a quella di Cristo.

Non guardiamo più le cose dal nostro punto di vista, bensì da quello divino: perciò passiamo dall'introversione dell'egoismo umano ( cupidigia ), all'estroversione dell'amore divino ( carità ).

Ma la carità di Dio, oltre che disinteressata, è infinita: conformarci ad essa significa passare progressivamente ( "progresso nella carità" ) dalla rinuncia, al sacrificio, all'immolazione, all'annientamento, alla morte.

Questa tensione eternamente insoddisfatta a donarsi, storicamente, si è espressa nella sua forma più alta, sulla Croce, grazie all'uomo che più di tutti si è conformato alla volontà divina: Gesù di Nazareth.

La Croce rappresenta l'amore elevato alla massima potenza: morendo su di essa l'uomo-Dio non solo si è sacrificato per donarci la salvezza, ma ci ha inviato lo Spirito Santo.

I santi infiammati dal Paràclito, a loro volta, arrivano a desiderare la sofferenza proprio per imitare Cristo e scontare le espiazioni dovute che l'umanità rifiuta.

Perciò l'assimilazione integrale a Cristo viene premiata col sigillo delle stigmate ( vedi san Francesco ) spingendo molti uomini pii a considerare la spiritualità del Crocifisso e quindi l'oblazione a Cristo dei nostri sacrifici come l'ideale perfetto dell'amore cristiano, che, anche costo di soffrire ingiustamente, si conforma alla volontà di Dio senza chiedere nulla in cambio.

14 - La sfida del modernismo

Il paradosso della Croce torna d'attualità nella Torino del 1914 ( anno del primo ritiro spirituale dell'Unione ) come un'esigenza fortissima di ritorno alla sorgente della salvezza, minacciata, tra le altre cose, dalla terribile aggressione dottrinaria che in quegli anni la Chiesa dovette affrontare.

Il modernismo "sintesi di tutte le eresie" è la forma ambigua e sfuggente assunta sotto il Pontificato di Pio X dallo "spirito dell'89" che, insinuandosi nelle gerarchie della Chiesa e utilizzando la dissimulazione già nota alle eresie protestanti ( pensiamo al socinianesimo ), mirava a far implodere l'impalcatura dogmatica sui si reggeva e si regge la dottrina della Chiesa.

I modernisti ebbero gioco facile a presentarsi come studiosi incompresi, come i martiri e insieme i precursori di una nuova cristianità.

In verità essi furono consapevoli operatori di menzogna: una menzogna dolce, suadente, ammiccante, ma pur sempre una menzogna.

Essi, in primis, mirarono a separare la dimensione del "sacro" dalla Chiesa gerarchica, sostenendo che la prima era frutto di un'esperienza assolutamente soggettiva e quindi "sciolta" dal Corpo Mistico della Chiesa: in verità così facendo si relativizzava l'esperienza del sacro e quindi di Dio, trasformandola in un fatto intimo, personale, capriccioso.

Ancora una volta veniva minato "l'innesto" del credente nella vite del Cristo.

Questo perché si presupponeva che fosse il soggetto a provare con le proprie forze l'esperienza non meglio definita dell'"Infinito", in cui bene o male venivano fatte confluire le grandi divinità di tutte le religioni tradizionali.

In verità la migliore tradizione mistica spiega che nell'esperienza di Dio, dell'unico vero Dio cristiano, l'azione del soggetto è secondaria rispetto all'iniziativa del suo Creatore, in quanto è semmai il Signore ( un Dio unico per tutti e non modificabile a piacimento ) a svelarsi a chi lo cerca.

Il cristiano non può pensare di crearsi un Dio a propria immagine e somiglianza e di sperimentarlo secondo le proprie preferenze: è vero il contrario.

Dio mette alla prova la fede dell'uomo lasciandolo, talvolta, nella più completa desolazione ( vedi san Giovanni della Croce ), solo quando la fede supera questa prova tremenda, che è anche e soprattutto croce, Egli decide finalmente di svelarsi all'anima così duramente provata, infondendo consolazioni soprannaturali.

I modernisti, insomma, separando l'esperienza individuale del "sacro" dalla "sacralità" del Corpo Mistico di Cristo - che storicamente si incarna nell'univoca coralità della Chiesa Universale - tentarono di scardinare il vincolo soprannaturale che, mediante l'amministrazione dei sacramenti, legava Cristo ai Vescovi e questi al popolo dei fedeli: si interrompeva così l'irrorazione dello Spirito Santo nelle membra del Corpo Mistico.

Questa personalizzazione intimistica del "sacro" generava una sorta di sentimentalismo pseudo-mistico ( si pensi a certe poesie del Pascoli e alle interpretazioni romantiche del Cristianesimo primitivo ) che per la sua leggiadra levità appariva come l'esatta antitesi dell'austera e gravosa mistica della Croce.

Quest'ultima, del resto, costituiva, agli occhi dell'algido pensiero positivista e scientista ( allora acriticamente accettato come la soluzione definitiva alla sofferenza umana ), unitamente al tomismo e alla mariologia, l'aspetto culturale più irritante e primitivo della Chiesa Cattolica.

I modernisti infatti preferivano di gran lunga esaltare l'aspetto "ottimistico", palingenetico della fede, ossia la presunta promessa di un Regno salvifico in grado di risolvere presto e senza tanti sforzi tutti i problemi dell'umanità.

Paradossalmente, quindi, anche se ancora oggi molti neo-modernisti continuano a sfruttare il tema dell'esperienza di Dio per introdurre germi di divisione all'interno della Chiesa, è proprio la ricerca sofferta sulla propria pelle del Dio-persona, attuata attraverso la mistica della Croce, a costituire il baluardo inespugnabile della cristianità.

In questo modo, quello che sembrava essere il grimaldello ideale per scassinare il forziere della Fede, diventa invece l'arma con cui combattere l'inedia e l'anemia di una certa fede modernamente intesa.

Un'anemia la cui causa non risiede nella burocratizzazione della Chiesa che molti rinfacciano alla gerarchia cattolica, quanto semmai nella relativizzazione della dimensione del "sacro": col pretesto di liberare la Chiesa dal peso del Sant'Uffizio, infatti, i modernisti hanno rinnegato l'assolutezza del punto di vista divino, per sposare il "ragionamento degli uomini" condannato da Cristo.

Una volta sottratta all'illuminata vigilanza del successore di Pietro, la vita dello spirito è stata arbitrariamente ricacciata nella soggettività e nel capriccio dell'individuo.

Dal Cielo alla terra ( antitomismo = negazione della metafisica ), da Dio all'uomo ( immanentismo = Dio è immanente all'uomo ), dall'Assoluto al volubile ( evoluzionismo = i dogmi sono frutto di circostanze storiche ): queste sono le tre principali devianze imputabili a Buonaiuti e compagni.

Tutte e tre comportano "il ragionare secondo gli uomini" che nel Vangelo indica il rifiuto del Sacrificio, del Calvario, della Croce.

15 - Primo annunzio della Passione

E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare.

Gesù faceva questo discorso apertamente.

Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo.

Ma egli, voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: "Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". ( Mc 8,31-33 )

Riportare la Croce al centro della vita significa, così, restaurare l'equilibrio originario: Dio sta al centro, il soggetto alla periferia: in mezzo c'è la "via crucis" tracciata da Cristo, il "martirio bianco" della croce quotidiana che permette di tornare al Padre.

In quest'ottica cristocentrica l'aspetto più ostico della fede cristiana, rispetto alla moderna secolarizzazione, è costituito proprio dall'esperienza "vitale" e "personale" della conversione.

La sequela di Cristo esige che i misteri e i precetti del Vangelo siano interiorizzati e realizzati nella "pienezza" della vita contemplativa e attiva.

Anche per la tanto detestata Gerarchia, non è sufficiente, come qualcuno maliziosamente vuole far credere, un'adesione formale ai dogmi della Chiesa, alle festività comandate o ai pronunciamenti ex cathedra del Sommo Pontefice.

Occorre molto, molto di più: è necessario assimilare il proprio stile di vita a quello di Gesù Cristo.

Attraverso la preghiera ( "pregate sempre" ) questa assimilazione lentamente deve investire tutti i tempi ed i modi del nostro agire quotidiano al punto da "cristianizzare" le nostre intenzioni più profonde, che devono diventare "rette" ossia scevre da secondi fini e dirette solo ed esclusivamente a compiacere la volontà di Dio, proprio come fece, a costo della vita, lo stesso Gesù Cristo.

Questa è l'autentica esperienzialità predicata da Santa Romana Chiesa, ai tempi di san Pietro, come oggi: altro che "burocratizzazione" della fede!

16 - La sfida della Croce e il ruolo dell'Unione Catechisti

In questo senso l'esperienza mistica, che nella figura del Crocifisso contempla il "morire al mondo, per rinascere in Cristo", diventa un mezzo essenziale per restaurare la Fede in tutti i contesti secolarizzati dalle moderne ideologie ( marxismo, liberismo, nichilismo, esistenzialismo ecc. ).

Questa progressiva conformazione all'uomo-Dio, spinta fino alle estreme conseguenze ( qui risiede il vero significato della "radicalità evangelica" ), trova il suo manifesto, ideale e reale allo stesso tempo, nella morte in croce di Gesù: dono ultimo ed estremo, ma soprattutto totalmente gratuito, di un Dio umiliatosi fino a soffrire come e più di un uomo.

Umiltà e gratuità nella spiritualità del Crocifisso sono strettamente connesse: la prima nelle sue varie gradazioni porta, infatti, alla perfetta carità che ama e soffre senza chiedere nulla in cambio e questa a sua volta comporta, in maniera implicita, la fioritura di tutte le altre virtù.

Il santo che più di tutti fece della pratica delle virtù assimilative al Cristo la propria causa di vita, ossia San Francesco, fu premiato non a caso con le stigmate, vero sigillo mistico della conformazione integrale ( e non solo intellettiva ) alla volontà di Dio.

La Croce stessa rivestiva per il santo di Assisi un valore altissimo in termini di significanza simbolica e mistica.

Era per lui il simbolo più autentico e immediato della propria santificazione.

In Fra Leopoldo ( francescano anch'egli ) questa visione risorge vigorosamente attraverso l'Adorazione a Gesù Crocifisso, la preghiera nella quale la conformazione alla volontà di Dio, e la pratica delle virtù assimilative ( progresso nella virtù ) diventano più che un pio proposito, un vero imperativo categorico.

Sulla impellenza e centralità di questo comando spirituale si fonda il tema del "rialzare la Croce" e del "ritorno al centro" che tanta valenza assumono nei Diari leopoldini, al punto da diventare delle priorità assolute in grado di reinnescare un processo mondiale di rigenerazione spirituale ( "la nuova generazione santa" ).

La spiritualità del Crocifisso riporta il Sangue di Cristo nelle arterie della vita sociale: irrorando, col calore dello Spirito Santo, le forme gelide del consorzio umano, essa libera le relazioni umane dalla morsa mortifera dell'anemia materialista e nichilista.

È un'opera terapeutica che richiede grandi medici e ospedali molto attrezzati, ossia uomini santi e istituti cattolici divinamente ispirati.

È il caso dell'Unione Catechisti.

Peraltro per la santificazione dei singoli membri, Fr. Teodoreto, si affida all'intercessione della Vergine Maria, modello compiuto di umiltà e abbandono in Dio ( "piena di grazia" Lc 1,28 ).

Non è infatti proprio Lei a proporre a fra Leopoldo un drastico processo di "spiritualizzazione" che lo renda degno della missione affidatagli dal Figlio?

Maria diventa così la preziosa collaboratrice di un percorso di redenzione il quale prima che esteriore ( conversione del mondo, intrusione nel secolo rumoroso ), deve essere interiore ( purificazione del cuore, raccoglimento nel deserto del silenzio ): in questo modo la "vivificazione" della società, sarà prima preceduta dalla "spiritualizzazione" dei Catechisti ( si veda anche il Quad. 3° di Fr. Teodoreto e la lotta contro la "materializzazione dei sentimenti" ).

"Leopoldo, Io ti faccio tutto spirituale!" -: Maria SSma, detti suoi. ( Vol. IV, 1730,1 )

Accanto alla necessità di "rialzare la Croce" per combattere lo spaesamento morale dei nostri giorni, occorre, secondo il Diario di Fra Leopoldo, fare opera di riparazione contro lo "sfacelo" del mondo.

Il pericolo che incombe sulla società, infatti, è dato dalla progressiva "scomposizione" delle intenzioni dell'uomo dal Cuore di Cristo, quotidianamente oltraggiato dagli "uomini ingrati".

L'uomo ingrato è colui che allontana dal mondo la grazia di Dio: è il prete modernista o neo-modernista che distoglie i giovani dalla preghiera e svaluta l'efficacia dei sacramenti, è lo scienziato che fomenta l'agnosticismo, è il governante che favorisce la secolarizzazione.

In questo modo si mina l'integrità e la vitalità della Chiesa.

La preghiera e la penitenza riparatrice ( secondo le modalità ben descritte da Pio XI nell'Enciclica " Miserentissimus Redemptor " ) permettono di cicatrizzare queste ferite.

Per riassimilare il cuore dell'umanità a quello di Cristo è necessario assumersi una parte di quell'espiazione che deriva dall'eccesso di offese sacrileghe, dimostrando così a Gesù l'intenzione di portare non solo la propria Croce, ma anche quella degli uomini ingrati: questo atteggiamento attira sul mondo la misericordia divina allontanando i flagelli.

"Leopoldo … devi soffrire" ( II, 479,4 ) "Leopoldo … ripara per la voragine di tanti peccati e deformità" ( III, 1317 ).

17 - La catechesi: tra "iniziazione" alla vita cristiana e tradizione lasalliana

Inquadramento generale

La catechesi ( lett. "istruzione a voce" ) costituisce uno dei ministeri principali della Chiesa.

Recita infatti il Vangelo: "Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura." ( Mc 16,15 ).

Il Catechismo Cattolico si preoccupa di definire in maniera molto precisa la natura e gli scopi di questa missione: "La catechesi è un'educazione della fede dei fanciulli, dei giovani e degli adulti, la quale comprende in special modo un insegnamento della dottrina cristiana, generalmente dato in modo organico e sistematico, al fine di iniziarli alla pienezza della vita cristiana" .

Il momento personale è connesso a quello ecclesiale.

"La catechesi è "intimamente legata a tutta la vita della Chiesa.

Non soltanto l'estensione geografica e l'aumento numerico, ma anche e più ancora, la crescita interiore della Chiesa, la sua corrispondenza al disegno divino, dipendono essenzialmente da essa.

I periodi di rinnovamento della Chiesa sono anche i tempi forti della catechesi" .

Questo discorso vale soprattutto per il Magistero Pontificio ed i successori degli Apostoli.

Peraltro, come insegna la " Christifideles laici ", esso può e deve essere applicato, in modi e tempi adeguati, anche ai laici "praticanti", secondo una prospettiva d'azione che trova le sue radici nel Vangelo ed in Papa Gregorio Magno: "La vigna è il mondo intero ( Mt 13,38 ), che dev'essere trasformato secondo il disegno di Dio in vista dell'avvento definitivo del Regno di Dio. … "

Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: "andate anche voi nella mia vigna" " ( Mt 20,3-4 ).

… L'appello del Signore Gesù "Andate anche voi nella mia vigna " non cessa di risuonare da quel lontano giorno nel corso della storia: è rivolto a ogni uomo che viene in questo mondo.

Ai nostri tempi, nella rinnovata effusione dello Spirito pentecostale avvenuta con il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha maturato una più viva coscienza della sua natura missionaria e ha riascoltato la voce del suo Signore che la manda nel mondo come " sacramento universale di salvezza ".

Andate anche voi. La chiamata non riguarda soltanto i Pastori, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, ma si estende a tutti: anche i fedeli laici sono personalmente chiamati dal Signore, dal quale ricevono una missione per la Chiesa e per il mondo.

Lo ricorda S. Gregorio Magno che, predicando al popolo, così commenta la parabola degli operai della vigna: " Guardate al vostro modo di vivere, fratelli carissimi, e verificate se siete già operai del Signore.

Ciascuno valuti quello che fa e consideri se lavora nella vigna del Signore ".

Questo è il campo affidato alla cosiddetta "vocazione laicale comune": ad un livello più alto, come vedremo dopo, si situano gli Istituti secolari ( laici con "vocazioni particolari" ).

Per adesso, comunque, affronteremo il discorso in termini più generali.

Orbene, in cosa consiste il disegno divino che coinvolge indifferentemente Gerarchia e laicato cristiano?

Fr. Teodoreto, ispirandosi alla seconda richiesta del Padre Nostro ( la preghiera che fonda, insieme al Credo, il Catechismo Cattolico ), si esprime in maniera cristallina: "estendere il Regno di Dio nelle anime".

Peraltro, come accennato, la corrispondenza a tale disegno, implica lo sviluppo della fede impiantata col Battesimo e la crescita dell'"uomo nuovo" annunciata da san Paolo: quest'ultima, tuttavia, non può realizzarsi, senza un'educazione in grado di condurre lo Spirito Santo a fecondare il "germe" divino che si nasconde dentro di noi.

Questa potenzialità latente, questa "matrice divina" ( dignità e unicità della persona, "immagine" di Dio inibita dal peccato ), si manifesterà appieno nella resurrezione, ma qui, su questa terra, può cominciare ad essere coltivata proprio grazie alla catechesi, la cui importanza è rilevabile dal fatto che essa, anticamente, precedeva perfino l'imposizione del battesimo.

L'"iniziazione alla pienezza della vita cristiana" non è quindi una missione elitaria, ma un "servizio" teso ad innescare la maturazione spirituale dell'individuo che, senza l'"imprinting" dell'istruzione catechetica, stenta a decollare.

La linfa vivificante dello Spirito Santo ( fatti salvi i Sacramenti amministrati dai sacerdoti ) giunge a noi attraverso un'opportuna educazione alla preghiera, altro pilastro fondamentale del vigente Catechismo Cattolico ( vedi parte quarta: "la preghiera cristiana" ).

Preghiera intesa non tanto come meccanica cantilena, bensì come un atteggiamento di totale abbandono e fiducia in Dio.

Essa, infatti, consente ai tralci di rimanere innestati nella vite del Cristo.

Insegnare a pregare - pensiamo alla recita del Credo insegnata ai bambini - diventa così un aspetto fondamentale della catechesi ed una garanzia affinché la Chiesa continui a portare frutto ( Gv 15,5-8 ).

"Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio" ( 1 Pt 4,10 ) …

Ma il piano eterno di Dio si rivela a ciascuno di noi solo nello sviluppo storico della nostra vita e delle sue vicende, e pertanto solo gradualmente: in un certo senso, di giorno in giorno.

Ora per poter scoprire la concreta volontà del Signore sulla nostra vita sono sempre indispensabili l'ascolto pronto e docile della parola di Dio e della Chiesa, la preghiera filiale e costante, il riferimento a una saggia e amorevole guida spirituale …

Nella vita di ciascun fedele laico ci sono poi momenti particolarmente significativi e decisivi per discernere la chiamata di Dio e per accogliere la missione da Lui affidata: tra questi ci sono i momenti dell'adolescenza e della giovinezza ….

Non si tratta, comunque, soltanto di sapere quello che Dio vuole da noi, da ciascuno di noi nelle varie situazioni della vita.

Occorre fare quello che Dio vuole: così ci ricorda la parola di Maria, la Madre di Gesù, rivolta ai servi di Cana: "Fate quello che vi dirà" ( Gv 2,5 ).

E per agire in fedeltà alla volontà di Dio occorre essere capaci e rendersi sempre più capaci.

Certo, con la grazia del Signore, che non manca mai, come dice San Leone Magno: "Darà il vigore Colui che conferì la dignità!" ( 210 ); ma anche con la libera e responsabile collaborazione di ciascuno di noi.

Questo discorso - rinvigorire con un'opportuna educazione alla preghiera la dignità originaria dell'uomo - si applica tanto al singolo individuo, quanto alla comunità ecclesiale e, in un secondo tempo, può avere enormi ricadute sulla società.

In questo modo, il bieco nozionismo catechetico, tanto disprezzato dal pensiero progressista, viene sublimato e giustificato dalla cosiddetta "catechesi della vita nuova".

Questa dapprima illumina la funzione fortificante dello Spirito Santo ( CCC 1697,1; vedi anche "dare vigore alla dignità" ) e poi spiega come "i beni spirituali" così fecondati e rinvigoriti possano passare dal singolo al Corpo Mistico ( CCC 1697,8 ), permettendo lo sviluppo della Chiesa secondo il disegno di Dio.

Ed ecco che passiamo dagli impegni del laicato comune, alle vocazioni particolari.

18 - Il ruolo degli Istituti secolari

Tra i due livelli della "catechesi della vita nuova" ( momento interiore e momento comunitario ) si è inserita, come visto, la cesura modernista che separa l'esperienza religiosa personale dal Corpo Mistico.

In questo snodo strategico il ruolo degli Istituti secolari è fondamentale e mira a combattere i frutti di tale improvvida cesura ( agnosticismo, secolarismo, indifferentismo ), costruendo delle teste di ponte tra Chiesa e mondo secolarizzato onde rafforzare con maggiore consapevolezza ( rispetto al comune laico praticante ) il legame che unisce il "bisogno religioso" individuale ( tuttora diffusissimo ), alla relativa risposta sacramentale e dottrinaria custodita dalla Tradizione cattolica.

Una grande, impegnativa e magnifica impresa è affidata alla Chiesa: quella di una nuova evangelizzazione, di cui il mondo attuale ha immenso bisogno.

I fedeli laici devono sentirsi parte viva e responsabile di quest'impresa, chiamati come sono ad annunciare e a vivere il Vangelo nel servizio ai valori e alle esigenze della persona e della società. …

Nell'alveo d'una vocazione laicale "comune" ( cfr. inizio del capitolo ndr. ) fioriscono vocazioni laicali "particolari".

In questo ambito possiamo ricordare anche l'esperienza spirituale che è maturata recentemente nella Chiesa con il fiorire di diverse forme di Istituti secolari …

Anche i gruppi, le associazioni e i movimenti hanno un loro posto nella formazione dei fedeli laici: hanno, infatti, la possibilità, ciascuno con i propri metodi, di offrire una formazione profondamente inserita nella stessa esperienza di vita apostolica, come pure hanno l'opportunità di integrare, concretizzare e specificare la formazione che i loro aderenti ricevono da altre persone e comunità.

Come non pensare alla persistente diffusione dell'indifferentismo religioso e dell'ateismo nelle sue più diverse forme, in particolare nella forma, oggi forse più diffusa, del secolarismo?

Inebriato dalle prodigiose conquiste di un inarrestabile sviluppo scientifico-tecnico e soprattutto affascinato dalla più antica e sempre nuova tentazione, quella di voler diventare come Dio ( Gen 3,5 ) mediante l'uso d'una libertà senza limiti, l'uomo taglia le radici religiose che sono nel suo cuore: dimentica Dio, lo ritiene senza significato per la propria esistenza, lo rifiuta ponendosi in adorazione dei più diversi "idoli".

È veramente grave il fenomeno attuale del secolarismo: non riguarda solo i singoli, ma in qualche modo intere comunità, come già rilevava il Concilio: "Moltitudini crescenti praticamente si staccano dalla religione".

Più volte io stesso ho ricordato il fenomeno della scristianizzazione che colpisce i popoli cristiani di vecchia data e che reclama, senza alcuna dilazione, una nuova evangelizzazione.

Insomma, la catechesi ed i laici consacrati che la promuovono nelle zone culturalmente ostili, sono "essenziali" alla sopravvivenza della cristianità e costituiscono attualmente un'"esigenza" fondamentale della nuova evangelizzazione annunciata da Giovanni Paolo II.

Essi, infatti, come ponti lanciati oltre la palude dell'indifferenza, impediscono alla Chiesa di perdere i contatti col mondo e al mondo di perdere i contatti con la Chiesa.

Ecco perché i periodi di rinnovamento ( "nuova evangelizzazione dei popoli cristiani" ) della Chiesa cattolica coincidono con i tempi forti della catechesi.

Solo così, cioè "agganciando" il mondo per portarlo alla Chiesa e non viceversa, il "depositum fidei" strenuamente difeso, per venti lunghi secoli, da Santa Romana Chiesa, può uscire dai forzieri del Sant'Uffizio - ingiustamente detestati dai modernisti - con la sicurezza di "estendere il Regno di Dio nelle anime".

Ogni strumento alternativo, come il dialogo invece dell'annuncio, i sacerdoti secolarizzati invece dei laici consacrati, l'ideologia del sincretismo religioso invece dell'iniziazione al Mistero della Croce, accentuerebbe, piuttosto che risolvere, la crisi religiosa dell'uomo moderno.

19 - La parola a Fr. Teodoreto

L'aspetto carismatico della catechesi è intimamente collegato allo zelo per la salvezza delle anime.

Fr. Teodoreto identifica questo zelo con uno sforzo teso a "ritirare le anime dal male" in cui, delineando i passaggi dell'eredità apostolica ( Cristo, apostoli, pontefici, vescovi, parroci, laici autorizzati ), il Fratello individua una vera e propria "missione divina".

Inoltre, a suo giudizio, il laico impegnato nella catechesi ha delle priorità da rispettare:

1) fare apostolato in regioni o ambienti abbandonati dai Pastori o comunque secolarizzati

2) stabilire una forte consequenzialità tra l'atto del "predicare" alle coscienze con le parole e quello di "permeare" gli ambienti col proprio stile di vita esemplare

3) diffondere ed effondere l'amore di Dio ( vedi Diario di Fra Leopoldo "se gli uomini conoscessero il pregio dell'amore di Dio" e l'"irradiazione" santificante esposta nel Quaderno 3°)

4) "imprimere" ( cfr. la teoria profana dell'imprinting ) la comune appartenenza al Corpo Mistico col ricorso a immagini e metafore di tipo "familiare" - Dio è Padre, la Chiesa è Madre, noi siamo figli - in modo da fondare l'adesione alla Chiesa sull'amore filiale e la santa letizia, invece che sul precetto legalistico

5) Illuminare in profondità il "senso" mistico della tradizione cattolica ( nel caso specifico, le festività ), per trascendere la grettezza del nozionismo ( non solo e non tanto cosa bisogna fare, ma anche e soprattutto perché lo si fa )

6) Assimilare con uno sforzo di elaborazione ( gli antichi monaci, a proposito dei Salmi, dicevano "ruminare" ) i punti salienti del Catechismo ed esemplificarli sotto forma di immagini o sentenze di provata efficacia, attraverso la redazione di un personale "zibaldone" ( "succo e sangue nostro" ) creato appositamente per evitare una esposizione meccanica e astratta della Fede.

20 - "Zelo per la salvezza del prossimo"

Consiste essenzialmente, in pratica, nell'aiutare le anime ad unirsi a Dio il più possibile nella carità, cioè nel ritirarle dal male, nel portarle al bene, e così si prosegue la missione redentrice di N.S. Gesù Cristo, facendo fruttificare le sue parole coll'insegnamento della " dottrina del catechismo cattolico mostrandola viva, operante, adeguata ad ogni stato, condizione, o ambiente sociale " ( Reg. e Cost. art. 3 ).

Così si continuano le fatiche e le sofferenze di Gesù, Gli si da una nuova nascita e una nuova vita nelle anime, si diventa docili strumenti dello Spirito Santo, imitatori della SS. Vergine come corredentrice e continuatori dell'opera degli Apostoli.

"Dite ai Catechisti che non vi è apostolato migliore di quello del catechismo specie ai piccoli e ai poveri in questi tempi di grande ignoranza religiosa" ( Sua Santità Pio XII al Fratel Teodoreto nell'udienza dell'8 ottobre 1942 ).

Necessità per le anime le quali sono deboli, abbandonate, tentate.

Dopo il peccato originale, le anime sono in se stesse fragili, ignoranti, esposte alla violenza delle passioni, alle seduzioni del mondo, alla tentazione e in gran pericolo di perdersi.

L'azione del male che si riscontra in ogni tempo, sembra, attualmente, più universale e sistematica, e perciò il pericolo è più grave.

Necessità per la nostra vocazione, perché Dio ci ha chiamati per questo e conta su di noi ….

L'Unione, avendo per fine l'apostolato catechistico e lo spirito di zelo come suo proprio, deve tendere all'esercizio della più grande carità e perciò occuparsi da per tutto e sempre alla salvezza del prossimo.

La sua forma speciale le permette un apostolato più permeante e più vario di quello assegnato ad altre istituzioni. …

Il Catechista, per vocazione e scelta divina, deve rimanere egli pure in mezzo al mondo, a contatto e in conformità del suo ambiente provvidenziale, accettando di tutto cuore questo modo di partecipazione alla Redenzione con tutte le conseguenze facili o difficili e compiendola con semplicità, naturalezza, discrezione, gioia e distacco da se stesso, sapendo di fare così la volontà di Dio e applicandovi perciò tutte le risorse e tutte le attività della sua carità.

21 - Apostolato catechistico

Lo scopo loro è di fare catechismo dove mancano i catechisti.

Nei loro catechismi cercheranno di:

a) diffondere uno spirito di amor di Dio e di santa letizia;

b) sviluppare l'amore alla Chiesa, al Papa e alla famiglia;

c) indirizzare i giovani all'Azione Cattolica.

Per Apostoli s'intendono i primi dodici con S. Mattia in sostituzione di Giuda, più S. Paolo, S. Barnaba e i loro successori cioè i Vescovi.

La grande missione di istruire tutte le genti è stata affidata ad essi.

L'istruzione religiosa spetta quindi di diritto ai Vescovi, i quali delegano i Sacerdoti, specialmente i Parroci.

I laici fanno il catechismo in quanto ne ricevono l'autorizzazione, quindi ciò che essi fanno in tale missione si può dire "Apostolato" perché compiono l'opera degli Apostoli e dei loro Successori cioè con la loro autorizzazione e il loro mandato.

È vero che tale autorizzazione è implicita quando un Parroco dice a una persona: "Venga a far catechismo".

Però si va estendendo il concetto che non chiunque possa fare catechismo, ma solo coloro che sono stati riconosciuti idonei dopo apposito esame e ne hanno l'autorizzazione.

L'apostolato è una missione divina.

Catechismo significa "insegnamento a viva voce" e Catecumeno indica chi ascolta l'insegnamento della religione e si prepara a ricevere il battesimo.

Ai nostri tempi non c'è quasi più la preparazione dei catecumeni al battesimo perché si battezzano gli infanti, ma c'è la preparazione alla prima confessione, alla prima comunione, alla Cresima, alla vita cristiana in genere.

I Catechisti non devono invadere il campo altrui, ma devono coltivare specialmente il terreno abbandonato e andare dove il Parroco non ha aiuto, ha bisogno di essere coadiuvato e non vi sono persone dedicate a tale missione.

Aspetti della didattica catechistica dei catechisti

1) Diffondere uno spirito di amor di Dio e di santa letizia.

- C'è l'amor proprio che è superbia, radice di tutti i mali e va combattuto costantemente.

I. C'è l'amor necessario che è amor di Dio per il proprio tornaconto, per il premio, il Paradiso; è l'amor filiale che deve soprattutto essere sviluppato perché Dio merita tutte le nostre premure, tutta la nostra obbedienza prescindendo da qualunque vantaggio personale e dobbiamo evitare assolutamente tutto ciò che potrebbe disgustare il Cuore di Dio nostro Padre; facendo perno sull'amor filiale i Catechisti devono andare più in su e arrivare all'amor celestiale.

II. Santa letizia. Amare e servire Dio deve essere un piacere più che un dovere.

I Catechisti faranno comprendere con l'esempio e con le parole che questa è la vera letizia e una gioia che si può avere su questa terra.

Bisogna evitare tutto ciò che può produrre nei giovani l'impressione che il catechismo sia una cosa uggiosa, pesante, né lasciare mai associare l'idea di noia agli esercizi in Cappella.

Nelle lezioni di catechismo bisogna essere discreti e quando gli alunni sono stanchi variare l'insegnamento: sarà un canto, un bel fatto che sollevi in modo da togliere la sensazione di peso, di tedio.

La lezione al catechismo deve essere cosa seria, ma amabile.

2) Inculcare l'amore alla S. Chiesa.

Si deve imprimere nella mente degli alunni che siamo membri di una grande famiglia spirituale, la Chiesa Cattolica della quale Padre invisibile è Dio, Padre visibile il Papa, mamma è la Madonna, fratelli e sorelle sono tutti gli uomini e donne battezzati, mensa è la Comunione dove viene offerto Gesù stesso nostro cibo spirituale, nostro Fratello primogenito, nostro Amico, nostro Redentore e Sposo dell'anima nostra; focolare è l'amore, la carità che deve stringere tutti.

Bisogna pian piano, abituare gli allievi a queste idee, parlare delle vittorie della Chiesa, dei suoi trionfi, delle sue gioie, delle sue pene, dei suoi fiori più belli specialmente i santi fanciulli, i santi adolescenti, i martiri, i missionari.

3) Amore alla famiglia.

Non lasciar passare nessuna festa senza che sia preparata: per esempio, il Natale, l'Epifania, e dire che cosa significa; farne l'esposizione storica, dirne il valore dogmatico, il significato ascetico spirituale.

Che al Natale dobbiamo far nascere Gesù nei nostri cuori ove deve trovare il caldo d'un amore ardente.

Inculcare un grande rispetto e una pronta obbedienza ai genitori come rappresentanti di Dio e una grande carità con i fratelli e le sorelle.

4) Indirizzare i giovani all'Azione Cattolica.

Noi aiutiamo i Parroci, ma la nostra Istituzione è alla dipendenza dei Vescovi e quindi è interparrocchiale o superparrocchiale perciò i Catechisti devono stare agli ordini dei propri Superiori i quali possono trasferirli da una località a un'altra.

Conviene anche favorire lo sviluppo delle Congregazioni della Dottrina Cristiana, dove ci sono, come nella Lombardia senza però legarvisi.

È necessario formarsi pian piano un così detto zibaldone di catechismo.

È abbastanza comodo dovendo preparare una lezione, ricorrere a un libro in cui ci sono fatti paragoni, sentenze, ma è qualcosa di appiccicaticcio.

Non è trasformato in succo e sangue nostro.

Se invece pian piano e senza fretta ci saremo fatto questo nostro zibaldone, riportando su dei fogli ciò che altre volte ci ha colpito e avremo materia viva per la lezione.

Non si dovrebbe mai leggere senza penna o lapis in mano.

Quando troviamo un fatto, una sentenza, un paragone che ci piace e diciamo: "E quando mi venisse l'occasione andrebbe bene che mi ricordassi di questo fatto, di questa sentenza, ma dove andrò poi a pescarlo?".

Prendiamo un foglietto volante, mettiamo un capitolo al foglio: Dio - Esistenza - oppure: Legge - o altro e copiamo il fatto.

Un' altra volta troviamo un bellissimo aneddoto p. es. sulla misericordia: Ah! com'è bello questo per incoraggiare chi si trovasse abbattuto" e copiamo anche questo fatto.

Sarà una sentenza di un Santo, una bella similitudine, prendiamo un foglietto e mettiamo lì quel fatto e quando avremo un po' di tempo e avremo accumulati molti di questi foglietti li riordineremo mettendoli per ordine alfabetico.

Dopo il noviziato converrà continuare studi sulla liturgia sulla storia ecclesiastica e su altre discipline religiose.

22 - Aspetti particolari della catechesi

Il Catechismo, recita la " Catechesi tradendae", è un'"iniziazione" alla Rivelazione che Dio ha fatto di se stesso ( in Gesù Cristo ).

Questa iniziazione ha tre modalità di sviluppo: studio, insegnamento e testimonianza.

- È studio "serio e sistematico" in quanto ogni iniziazione pretende maestri rigorosamente preparati e non ammette la limitatezza delle "esperienze private" esaltate dal neo-modernismo: "questi Catechisti laici, infatti, devono essere accuratamente formati a quel che è, se non un ministero formalmente istituito, una funzione di grandissimo rilievo nella Chiesa.

Ora, una tale formazione ci sollecita ad organizzare dei Centri ed Istituti appropriati, che siano assiduamente seguiti dai Vescovi." .

- I Catechisti del SS. Crocifisso, in particolare, secondo le particolari direttive esposte nei Diari di Fra Leopoldo e sottoscritte da Fr. Teodoreto, devono impegnarsi nello studio del "libro della vita", ossia del Crocifisso.

Contemplazione e meditazione del "Mistero della Croce", difatti, possono meglio illuminare di "senso" le fredde nozioni dottrinarie.

Non solo: nell'ottica di Fr. Teodoreto la "crescita dell'uomo nuovo" è strettamente legata alla dinamica "amore-conoscenza": se l'aspetto carismatico della fraternità si esplica nel terzo grado di carità ( che ci rende compiutamente fratelli di Cristo ), quello catechistico, pur non essendo altrettanto sublime, deve guardare sempre al terzo grado di perfezione conoscitiva, che consiste nella conoscenza intuitiva di Dio ( visio beatifica ).

Così facendo la conoscenza di Dio, che trova nell'icona dell'anima abbracciata al Crocifisso una rappresentazione esemplare, stimola l'amore per Gesù e quindi il sacro "zelo per la salvezza delle anime".

Ho mandato a dire ai giovani studenti di S. Giuseppe, se vogliono finire bene i loro giorni della carriera mortale aprino il libro della vita, cioè il Crocifisso e stiano sicuri; con questa guida troveranno l'eterna salute. ( Vol. V, 366 )

- È insegnamento in quanto la Chiesa, nel suo processo di crescita, non può iniziare il popolo alla Divina Rivelazione confidando semplicemente nell'"interpretazione personale" della Bibbia, tanto lodata dai Protestanti.

La Chiesa, se vuole onorare il comando conferito da Cristo a San Pietro ed agli Apostoli - "Simone io ho pregato per te e tu … conferma i tuoi fratelli ( Lc 22,32 ) …

Andate ed ammaestrate tutte le nazioni" ( Mt 28,19 ) - deve fornire una spiegazione univoca, universalmente valida e confermata dallo Spirito Santo ( attraverso il Magistero Pontificio e la Tradizione ) delle verità di fede.

In quest'opera di educazione religiosa fondata sull'unicità e perennità del "depositum fidei", opera che spesso si scontra con un mondo sempre più complesso e pluralista, i laici consacrati assumono un ruolo piuttosto importante: coi mezzi più flessibili che sono loro propri, essi sono chiamati ad eliminare la carenza di formazione religiosa che, in seno alle famiglie, colpisce giovani e adolescenti.

Indirettamente, il catechista laico viene a compensare il vuoto di valori che ha incrinato la cellula fondamentale della società ( divorzio, coppie di fatto, violenza domestica ).

Ogni mezzo è buono per "incunearsi" nelle pieghe oscure della irreligiosità familiare, sebbene sia sempre necessario "convogliare" tutti i canali catechetici, che sono offerti dall'età contemporanea, in un'unica confessione di fede.

Forme d'apostolato nuove, molteplici e proteiformi ( stampa, mass-media, convegni culturali, pellegrinaggi ), ma sempre "ut unum sint": questa flessibilità multiforme nei modi, ma univoca negli intenti, questa attitudine ad insinuarsi in molteplici situazioni, senza perdere l'ancoraggio all'unica Chiesa è tipica dei laici consacrati.

Più in particolare, i contesti ideali dell'insegnamento catechistico sono essenzialmente tre: famiglia, parrocchia e scuola.

Giovanni Paolo II, tuttavia, contro i passati travisamenti e le ingiustificate svalutazioni, ha ribadito il ruolo centrale e strategico esercitato dalle parrocchie: "la parrocchia resta il luogo privilegiato della Catechesi" .

- Fr. Leopoldo inquadra poi l'insegnamento catechistico della pia Unione in uno sforzo più consapevole e mirato, poiché teso a costituire una "nuova e santa generazione" in grado di "vivificare", mediante la spiritualità del Crocifisso, l'umanità soffocata e isterilita dal "deserto" dell' indifferentismo religioso.

"se così continuerete a lavorare per la salvezza delle anime, a insegnare coll'esempio, a insegnare al mondo l'amore a Gesù Crocifisso; e il mio Divin Figlio vi darà l'eterna ricompensa!" -: detti di Maria SS.ma coll'obbligo di segnarli." ( IV, 1906,1 )

Cantate, glorificate il Signore Iddio, o giovani, abbiate venerazione per i vostri saggi maestri che con tanta bontà e pazienza cercano coll'aiuto di Dio e la buona volontà d'infondere nel vostro giovane intelletto i germi per diventare uomini dabbene, saggi, buoni secondo il cuore di Dio da formare la nuova e santa generazione da Dio voluta; e nel vostro cuore bello l'apprendere le lezioni di religione porterà la letizia, il gaudio e la gioia dello spirito!

Siate studiosi e fate progresso nella virtù fondata sull'amore di Dio e anche del prossimo! ( IV, 2017,3 )

- È testimonianza in quanto l'aspetto mistico più profondo della catechesi comporta l'intervento dello Spirito Santo che opera per "trasformare i discepoli in testimoni di Cristo" .

Qui si situa il fondamentale passaggio tra l'atto del "predicare" e quello del "permeare": "predicare Gesù Crocifisso con l'esempio e la parola, in modo da permeare di spirito cristiano la società in cui viviamo" .

Dopo lo studio e l'insegnamento che, previa l'autorizzazione del Vescovo, rendono il catechista "discepolo" di Cristo, nel senso evangelico del termine, la "docilità attiva" alle mozioni dello Spirito Santo ( ottenuta attraverso la pratica dell'umiltà ed un'intensa vita di preghiera ) conferisce al nunzio della fede la forza necessaria ad incarnare le verità professate.

Questa prova di coerenza costituisce un preciso "dovere", in base al quale "Il cristiano deve rendere testimonianza della sua fede e della sua speranza con tutta la sua vita ( GS 2 )" ; "Il Vangelo deve essere proclamato non solo a parole, ma anche e in primo luogo mediante una vita ad esso coerente: la testimonianza di vita autenticamente cristiana è il primo mezzo di evangelizzazione ".

- Più specificatamente i Catechisti della Pia Unione sono chiamati all'obbligo della testimonianza in quei particolari ambiti sociali che si rivelano piuttosto refrattari alla spiritualità del Crocifisso.

Intendiamo far riferimento al mondo della scuola, della formazione professionale, delle professionalità tecniche, delle grandi periferie metropolitane ecc.

L'intrusione in questi ambienti può talvolta risultare ardua se non penosa ( pensiamo alla vicenda esistenziale di Paolo Pio Perazzo il "santo ferroviere" ).

La Conferenza Episcopale Italiana in merito si è espressa con parole che sembrano fatte apposta per incoraggiare i Catechisti a proseguire sulla strada intrapresa: "Essi ( gli operatori della pastorale sociale ndr. ), infatti, devono essere preparati per … sperimentare anche la Croce … in mezzo alle difficoltà attuali … Dio insegna … il valore, l'importanza, la centralità della Croce di Gesù Cristo.

Infatti, l'annuncio e il dono del Vangelo nel mondo sociale, economico e politico incontrano molti rifiuti di natura … culturale" .

A maggior ragione, la rivalutazione del "Mistero della Croce" che ricaviamo dal Diario di Fra Leopoldo può risultare molto illuminante.

E amorevolmente ( Gesù ndr. ) ci presenta la Croce, invitando le anime innocenti per riformare il mondo col mezzo della Croce ( IV, 1632,2 )

23 - La tradizione lasalliana: doti richieste ai catechisti

Oltre a ciò, però, la catechesi dell'Unione, essendo stata ispirata da un Fratello delle Sc. Cristiane, risente in maniera profonda della tradizione lasalliana che ha sempre fatto dell'annuncio evangelico una "priorità" assoluta , rispetto al pur encomiabile impegno nell'ambito dell'istruzione ordinaria.

Fr. Teodoreto attestò più volte, dinanzi ai suoi "discepoli", l'importanza assunta dalla figura di San Giovanni Battista La Salle nel campo della catechesi: S.Giov. B. La Salle, protettore dei catechisti, considerarlo come nostro padre spirituale per lo zelo catechistico e l'umiltà.

Quando l'Unione incomincia a muovere i primi passi, proprio a Torino, Fr. Norberto f.s.c., pubblica un "Manuale di Pedagogia per l'Insegnamento della Religione", in cui afferma di voler esporre un metodo d'insegnamento che segua le orme "di celebri educatori, e in special modo dell'educatore santo, G. B. La Salle".

Ebbene, la prima raccomandazione desunta dalla sua Dichiarazione introduttiva, suona così: "è assioma riconosciuto che, in qualsiasi insegnamento, in tanto otterrà efficacia l'insegnante, in quanto ci avrà messo del suo, della sua vita, del suo affetto, conforme all'oraziane "Se vuoi commuovere me, devi prima sentir dolore in te stesso" …

Dobbiamo fare in modo che … il fluido divino si immedesimi in noi …

Benedica Iddio l'opera nostra e faccia sì che essa abbia a contribuire al tanto sospirato rinnovamento sociale, educando le menti e i cuori …"

In queste parole si avverte chiaramente un'affinità con quel carisma specifico del Fondatore che noi, unendo un'espressione estratta dal Quaderno 3° e un acutissimo giudizio riportato nella biografia di Fr. Leone, abbiamo definito come la capacità di impressionare i cuori - con una personale, sofferta ed "invidiabile" vita di preghiera - per acuire negli altri la sete di Dio.

Per la verità, la suddetta Dichiarazione introduttiva, richiama un altro fatto essenziale, in cui traspare il carisma specifico di Fr. Leopoldo, ossia la convinzione che ogni "rinnovamento sociale" debba fondarsi su una preventiva "educazione dei cuori".

Una volta delineato il quadro generale in cui si muove l'apostolato catechistico, Fr. Norberto passa in rassegna le "doti" ( che in qualche caso possono divenire doni di grazia ricevuti al momento della consacrazione ) che San Giovanni Battista la Salle amava "vedere in ogni maestro di gioventù".

24 - Doti intellettuali: "scienza" e "didattica"

La scienza, in questo caso, consiste nella preparazione dottrinaria, ma si ricollega ad alcune disposizioni particolari.

Prima di tutto la "chiarezza" che ci permette di spiegare con "ordine", "sicurezza", "autorità" e "precisione" "il senso dei dogmi cattolici".

L'ordine permette alle menti sprovvedute di inquadrare gli argomenti in modo organico, di fissare una mappa mentale della fede ( Genesi-Apocalisse; Creazione-Giudizio; nascita-rinascita ); la sicurezza dell'insegnamento crea negli allievi un sentimento di fiducia e rispetto che va a tutto vantaggio del Catechista, accrescendo, di riflesso, il valore degli argomenti trattati; l'autorità deve conformarsi ( fatte le dovute proporzioni ) all'"autorità docente" con cui Gesù, a detta del Vangelo, istruiva le folle su mandato del Padre, proprio perché il Catechista non parla a titolo personale, ma ( grazie all'autorizzazione del Vescovo ) a nome della Chiesa; la precisione terminologica impedisce di travisare i contenuti della fede in modo tale che, ad esempio, il Regno di Dio non venga confuso con un'istituzione politica.

Le verità della fede devono essere chiare a noi stessi, affinché possano essere chiarite agli altri.

Noi abbiamo già accennato alla nostalgia per l'antica "chiarezza" denunciata da alcuni studiosi cattolici e come essa assuma agli occhi ( spirituali ) di Fr. Leopoldo una valenza mistica, in quanto affine all'illuminazione dello Spirito Santo.

È quindi opportuno pregare per comprendere il "senso" dei dogmi ( "senso" la cui importanza è infinitamente superiore al nozionismo teologico ), dopo di che occorre "spezzare il pane ai più piccoli", ovvero semplificare le formulazioni dottrinarie senza per questo privarle di "dignità, chiarezza e precisione": "È dover vostro, dice il Santo Fondatore De la Salle ai suoi Religiosi, di salire ogni giorno a Dio con l'orazione, per imparare da Lui ciò che dovete insegnare ai vostri alunni: ma poi è necessario che ridiscendiate ad essi, associandovi al grado del loro sviluppo intellettuale per istruirli come Iddio si sarà compiaciuto di ispirarvi"

La didattica, di per sé, è lo studio dei metodi d'insegnamento, ovvero il saper insegnare.

In riferimento alla catechesi implica soprattutto la capacità di trasmettere il tesoro della dottrina.

La cosa non è per nulla scontata.

Chi possiede il dono della didattica è in grado di comunicare con identica efficacia all'adulto come al bambino, al ricco come al povero, ai pochi come ai molti.

San Paolo ci fornisce una sorprendente interpretazione dei carismi, quando dice di preferire questo dono "ordinario", al dono "eccezionale" delle lingue: "in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue"( 1 Cor 14,19 ).

Ma non basta "saper comunicare", occorre pure tener desta l'attenzione di chi ascolta, percependo i cali di concentrazione, verificando continuamente se emittente e ricevente del messaggio sono in sintonia.

Fr. Norberto, dopo aver enunciato disposizioni e sensibilità particolari, ricorda l'importanza di strumenti umili, come programmi e verifiche, che, se applicati con sistematicità e perseveranza, garantiscono effetti di lunga durata.

Viene suggerita, infine, la conoscenza della psicologia del fanciullo che permette di far emergere carenze nascoste o qualità poco sfruttate.

Questo non significa cadere nell'errore tipicamente moderno di confondere psicologia e "introspezione dei cuori", un dono questo, a sentire le testimonianze dei Confratelli, molto presente in Fr. Teodoreto e certamente auspicabile per tutti i Catechisti.

25 - Doti morali o interne: amore, prudenza e pietà

L'amore per i catechizzandi, dice Fr. Norberto, è la migliore premessa ad ogni opera di apostolato autenticamente cristiana.

Del resto se non si ama l'oggetto del proprio lavoro i risultati scarseggiano.

I fanciulli, grazie ad una sensibilità ancora intatta, avvertono subito questa forma di affetto, che non è semplice simpatia, e "ne rimangono conquistati".

Anche in questo caso, come spesso accade leggendo gli scritti di e su Fr. Teodoreto, entra in gioco quella particolare "corrispondenza di menti e di cuori" che dovrebbe qualificare ogni relazione tra educatore ed educato.

Sentendosi amati e stimati dal catechista, i giovani imparano ad apprezzare e a cercare la carità del buon Dio.

È scientificamente provato che l'amore della madre favorisce lo sviluppo psicofisico del neonato: analogamente il catechista che, imitando il regnante Pontefice, dimostra un sincero attaccamento alle gioie e ai dolori dei giovani, riesce a stabilire con essi un canale di comunicazione privilegiato, facendo attecchire il germe della "vita nuova".

"Bisogna però che questo amore sia soprannaturale, sia carità di Dio diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo" , l'unica Presenza, come dice San Paolo, che ha libero accesso nell'animo dei veri consacrati.

Nel corso dei nostri periodici esami di coscienza, la genuinità di questa affezione sarà riconoscibile grazie a precisi sintomi: svilupperemo, infatti, una naturale, paterna apprensione per i poveri, per i meno dotati, per gli emarginati, per coloro, insomma, che, teoricamente, dovrebbero rendere odioso il mestiere dell'insegnante.

"Noi seminiamo Dio darà l'accrescimento …

Il cuore umano deve essere trattato così se vogliamo trarne qualche bene" .

Semina spirituale ( Fr. Leopoldo ), educazione del cuore ( Fr. Teodoreto e, tra gli altri, Leonardo Murialdo ), bene autentico tratto dal cuore puro ( G. Cesone ): sono tutte idee presenti nel carisma di fondazione, che, alle origini dell'Istituto, lega e accomuna misticamente fondatore, cofondatore e discepoli della pia Unione.

Infine, chi ama realmente Dio, aggiunge Fr. Norberto, non può non trasmettere ai giovani un sano buon umore, che peraltro ben si concilia con fermezza, riserbo e dignità.

Cristo aveva un portamento estremamente dignitoso e composto, pure attirava a sé frotte di fanciulli: chi ha orecchie per intendere intenda.

La prudenza è essenziale per quanto attiene alle spiegazioni riguardanti peccati veniali e mortali, Inferno e Paradiso.

Non è certo l'orrore, il sentimento migliore con cui introdurre i fanciulli alle verità della fede.

Anticamente i dipinti sul giudizio universale, pieni di immagini truculenti e spaventevoli, venivano considerati un ottimo deterrente psicologico.

In verità, come dice san Bernardo, la paura della dannazione è il meno nobile tra gli stimoli alla conversione.

Un grande equilibrio è richiesto anche nell'esposizione della morale evangelica, quando bisogna distinguere ciò che è di precetto, da ciò che è di consiglio ( pensiamo alle più comuni pratiche ascetiche come digiuno, veglie ecc. ).

Anche i campi in cui la Chiesa evita di suscitare inutili morbosità ( ad es. la demonologia o le interpretazioni dell'Apocalisse ) esigono tatto e circospezione.

Per farci un'idea delle conseguenze che una certa imprudenza verbale può avere sulle menti acerbe degli adolescenti, possiamo menzionare il clima di esaltazione collettiva fomentato dai tanti predicatori protestanti che affollano le televisioni americane.

Se confrontiamo il loro modo sensazionalistico e, spesso, apocalittico di proporre i sacri testi, con lo stile espositivo di Fr. Teodoreto, ci renderemo conto di come da una parte si cerchi di allevare una schiera di mitomani psicologicamente fragili e facilmente manipolabili e dall'altra una "nuova e santa generazione" di uomini equilibrati e consapevoli.

La pietà "è utile a tutti, ma particolarmente è necessaria al Catechista.

Infatti altra è la scienza che si acquista con lo studio sui libri, altra quella che si attinge dal seno di Dio stesso col mezzo di esercizi di pietà, soprattutto con la santa meditazione".

Qui emergono notevoli affinità coi detti di Fr. Leopoldo, specie laddove il frate esorta allo studio del "libro della vita" inteso come Crocifisso; in genere, poi, le parole di Fr. Norberto ben si conciliano con la figura di Fr. Teodoreto e la sua l'intensissima vita di preghiera che non si placava neanche nelle ore di riposo: pensiamo alle giaculatoria notturna "vieni Gesù".

Peraltro Fr. Norberto non si limita a qualche labile raccomandazione sui doveri della pietà, ma insiste con caparbietà sull'argomento, suscitando in noi una certa soddisfazione, visto il grande rilievo che, commentando gli scritti di Fra Leopoldo e Fr. Teodoreto, abbiamo dato alla forte valenza esperienziale del loro rapporto con Dio: "Questa scienza sperimentale di Dio e delle cose divine, deve il Catechista aver di mira sopra tutto; questa deve studiarsi di comunicare in tutti i modi ai suoi alunni, per educarli davvero e santificarli …

Se è pio e zelante è facilmente ascoltato; poiché tra il cuore di lui e i cuori innocenti dei fanciulli, si stabilisce una misteriosa e segreta affinità, per la quale Catechista e alunni si indovinano e intendono.

Allora … egli è davvero il buon pastore inviato da Dio" .

Non sappiamo se Fr. Norberto fosse o meno a conoscenza dell'apporto spirituale fornito da Fr. Leopoldo all'Unione Catechisti o della santa "irradiazione" che tanta parte svolgeva nell'apostolato di Fr. Teodoreto: certo è che le parole suddette descrivono in maniera esemplare quella speciale propedeutica all'insegnamento che il Fondatore andava cercando durante la lunga frequentazione di Fr. Leopoldo; inoltre forniscono nuove conferme circa la natura squisitamente mistica dell'ascendente che il Venerabile si sforzava di esercitare sui giovani allievi.

26 - Doti esterne: gravità, imperturbabilità, autorità, esempio

La gravità è un modo di porsi, di presentarsi e atteggiarsi improntato alla compostezza.

È insomma il contrario di quello che oggi chiameremmo comportamento nevrotico.

Essa rispecchia all'esterno un interiore equilibrio che aborre le manifestazioni troppo marcate: movimenti convulsi, urla, volgarità, rozzezza, sarcasmo ecc.

L'imperturbabilità consiste, invece, nella capacità di mantenere la calma in qualsiasi situazione, evitando il panico, l'allarmismo eccessivo, le reazioni spropositate.

La "gravità" del portamento deriva dall'imperturbabilità del cuore, la quale, a sua volta, è imparentata con l'umiltà evangelica ( principio, per la tradizione monastica, di ogni percorso di conversione ) che ci rende impassibili di fronte alle offese subite, senza per questo perdere la sensibilità necessaria a com-patire il prossimo.

L'imperturbabilità implica padronanza di sé e un certo distacco da tutto ciò che può condizionare il nostro umore ( successi, insuccessi, simpatie, antipatie, elogi, affronti ecc. ).

Pensiamo ad esempio all'atteggiamento tenuto da Fr. Teodoreto riguardo alla sfortunata vicenda di Villa Nicolas.

Nell'insegnamento queste doti si manifestano soprattutto nel linguaggio che deve essere sobrio, ben compenetrato, ponderato, mai condizionato dai capricci dell'umore o da uno stile prolisso, melodrammatico, eccessivamente studiato.

La "verità" che sgorga da un cuore puro non cambia colore a seconda delle circostanze e rifugge le pose teatrali o cattedratiche.

G. Battista La Salle esalta inoltre l'autorità, quel particolare ascendente, che imprime rispetto e soggezione specialmente laddove ( vedi i fanciulli ) non si può ancora far appello a ragione e giudizio.

Essa non nasce dalla minaccia o dalla prestanza fisica, dice Fr. Norberto, ma da un carattere sempre ugualmente sottomesso alla ragione e alla Fede, fermo nei propositi, equilibrato nei giudizi, duro con i superbi, clemente con i deboli.

Quando le pulsioni innate sono sottoposte al controllo della ragione l'uomo comanda a se stesso ( la pratica dell'ascesi ha anche questo fine ): solo a tale condizione si può esercitare l'autorità sul prossimo con la certezza di non cadere nell'arbitrio.

L'esempio è l'influenza esercitata non solo col contegno esteriore, ma con tutta la condotta di vita "in classe, in chiesa e fuori".

Quando il catechista diventa una presenza "forte" nel panorama esistenziale del giovane e riesce a supplire alla eventuale carenza di adeguati modelli familiari, egli, davvero può facilitare il passaggio alla maturità, momento questo molto critico, e che in tutte le civiltà ha sempre richiesto l'intervento di un vero e proprio "iniziatore".

La memoria degli adolescenti è molto più recettiva di quella adulta.

Lo stesso vale per l'anima: se l'esempio è avvincente gli allievi più reattivi assorbono senza sforzo gli "anticorpi" dello zelo lasalliano: in questo modo anche gli indecisi, per una sorta di reciproca emulazione, vengono invogliati all'imitazione di Cristo.

L'esempio dei martiri, il sangue da loro versato, la testimonianza da loro offerta è ancora oggi molto feconda per la Chiesa.

Nel martirio del "terribile quotidiano" ai Catechisti è richiesta un'esemplarità di vita capace di far fruttificare i germogli delle nuove generazioni.

Comunque, tutte le doti finora esaminate nulla potrebbero se non coordinate in modo soprannaturale da un grande supervisore.

Il Catechista infatti è il "rappresentante visibile, il cooperatore" dello Spirito Santo che "illumina e purifica" le anime innocenti in vista dell'unione eterna.

In questo senso "catechizzare più che un'opera nostra è un'opera divina" ( Fr. Teodoreto parla di "missione divina" ).

"È vero - conclude Fr. Norberto - a causa del peccato la grazia è perduta, il Tempio di Dio profanato e lo Spirito Santo non vi abita più" ma è anche vero che la virtù della Fede, se opportunamente alimentata dai Catechisti può germogliare, produrre frutti di penitenza e attirare nuovamente il Divino Ospite.

Questa interessantissima rivalutazione del Catechista, visto come restauratore dello Spirito nell'anima del catechizzando, spiega meglio la funzione essenziale di quella "iniziazione alla Rivelazione che Dio fa di se stesso", in cui consiste per l'appunto la Catechesi e ci permette di interpretare correttamente quell'"incontro col Creatore" che segna l'inizio del percorso di conversione delineato da Fr. Teodoreto nel suo Quaderno 3°.

In effetti questa raccolta di "Pensieri sulle Regole e Costituzioni" intende forse rappresentare un secondo livello di catechesi da proporre ai giovani della pia Unione.

Essi sarebbero chiamati ad un seconda "iniziazione" ( la consacrazione ): se l'adolescente con l'aiuto del catechista deve coltivare il seme della fede impiantato dallo Spirito Santo col Battesimo ed essere "iniziato" alla pienezza della vita cristiana , il giovane discepolo di Fr. Teodoreto è invitato a "stabilizzare" la presenza dell'Ospite Divino per essere "iniziato" al sacrificio cooperante con Cristo ( che è poi il vero traguardo della "vita nuova" ).

L'insegnamento catechistico rappresenta innanzitutto una grande responsabilità per quanti sono chiamati a praticarlo.

Da esso, in un certo senso, dipende il futuro della Chiesa, in quanto l'approccio alla Fede dei nuovi membri che via via rinnovano, nei secoli, il Corpo Mistico dipende in gran parte dagli "stampi" mentali adoperati per formare i catechizzandi.

Come il cervello dei pulcini appena nati resta "impressionato", in modo permanente, dalla prima figura scorta nel periodo immediatamente successivo alla nascita, allo stesso modo il primo approccio alla Fede, mediato per l'appunto dai Catechisti, può determinare in modo decisivo il modo di rapportarsi con Dio.

Come viene presentato il rapporto uomo-Dio dai catechisti contemporanei?

È un rapporto fatto solo di parole e di gesti, di pretese e preoccupazioni umane, ovvero un rapporto fondato sulla soprannaturalità dei sacramenti e sulla purificazione del cuore?

Anche Gian Battista La Salle attribuiva un'enorme importanza al momento "forte" della catechesi, quello, cioè, in cui si passava dalla comunicazione teorico-conoscitiva della verità di fede, alla sua attuazione sacramentale.

"Essi - dice il santo, riferendosi agli Apostoli - non si contentavano di insegnare loro gli argomenti speculativi, ma avevano una cura meravigliosa di portarli alla pratica di essi. … si può facilmente dedurre che la principale cura che avevano gli apostoli, dopo aver istruito i primi fedeli, era di far loro ricevere i Sacramenti, di riunirli in Assemblea per la preghiera comune e di portarli a vivere lo spirito del Cristianesimo"

il curatore della traduzione italiana di queste righe aggiunge: "la catechesi dei Fratelli non deve essere nozionistica, ma deve condurre e aiutare, attraverso un insegnamento convinto, ad acquistare lo spirito del Cristianesimo".

E forse anche lo Spirito Santo. Ossia, come già detto altrove, il miglior modo per conoscere il Cristianesimo e per essere nelle condizioni ideali affinché Dio illumini almeno in parte alla nostra ignoranza, consiste non tanto nello studio della dottrina quanto nella sua messa in pratica attraverso i sacramenti, la preghiera e la vita di tutti i giorni.

Questo catechismo "vivificato" e nutrito dalla pratica dei sacramenti, oggigiorno è un po' in disarmo, in quanto l'attenzione di molti educatori è più rivolta alla tipologia delle tecniche pedagogiche.

In questo modo il valore della Parola viene ad essere inflazionato dalle parole e dalle teorie umane, perdendo così il "mordente" divino.

E questo è un vero peccato, un inutile spreco di sapienza ed energie.

"Non dovete accontentarvi - dice G.B. La Salle - di insegnare ai vostri discepoli i misteri e le verità della nostra santa religione, dovete anche presentare loro le principali virtù cristiane e mettere una cura particolare per invogliarli a praticarle …

Insinuate loro la semplicità e l'umiltà, raccomandate tanto dal Signore nel suo Vangelo" .

Ma a La Salle non sfugge neanche l'elemento carismatico che è connesso a chi sceglie di dedicarsi alla catechesi: "E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune, cioè per l'utilità della Chiesa.

A uno viene concesso dallo Spirito il dono di parlare con sapienza; ad un altro il dono della fede per mezzo dello stesso Spirito.

Non dovete dubitare che sia un grande dono di Dio la grazia che vi ha fatto dandovi la capacità di istruire i fanciulli, di annunziare loro la buona novella e di educarli nello spirito della religione …

Ascoltate ancora San Paolo il quale vuole che ognuno consideri quelli che annunciano il Vangelo come ministri del Vangelo che scrivono … non con inchiostro ma con lo Spirito di Dio vivente; non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne che sono i cuori dei fanciulli …

Dovete anche far vedere alla Chiesa quale affetto avete per lei e che intendete darle le prove del vostro zelo, perché è per la Chiesa ( che è il corpo di Gesù ) che lavorate, perché siete stati nominati ministri per l'ordine che Dio vi ha dato di diffondere tra di loro la sua parola ".

In poche righe il santo francese collega il carisma della catechesi alla coralità di questa azione svolta nel quadro organico di un unico Corpo Mistico per citare, infine, il tema fondamentale dell'educazione del cuore.

Qui davvero riposano tre elementi cardine della missione intrapresa da Fr. Teodoreto.

In questo senso la catechesi tedoretiana, il cui speciale carisma anima l'istituto dedicato al SS. Crocifisso, ha una forte impronta lasalliana, anche se, come già facemmo notare, la priorità data alla formazione interiore trova validi riscontri negli insegnamenti dei santi sociali torinesi.

27 - L'Unione ed il carisma della fraternità: "un cuor solo, un' anima sola"

Inquadramento generale

La fraternità è il sigillo degli autentici seguaci di Cristo ( Gv 13,34,35 ).

Il Concilio Vaticano II la considera un "dovere" della vocazione cristiana.

Essa non è un semplice sentimento di naturale filantropia, ma l'applicazione di uno speciale comandamento di Gesù "amerai il tuo prossimo come te stesso" ( Mt 22,36-40 ).

In queste parole si incarna il mistero stesso della Chiesa che è la comunità universale dei fratelli in Cristo, figli dello stesso Padre.

Secondo San Paolo Cristo è il primogenito di molti fratelli che si definiscono tali in quanto "compartecipi" della stessa fede ( Rm 8,29 ) e "cooperatori" del ministero dell'evangelizzazione ( Rm 16,3 ).

La fonte della fraternità cristiana è Dio Padre, la sua metà è la comunione trinitaria.

Se scegliamo di farci fratelli in Cristo ( adesione alla fede ), Egli, mediante i Sacramenti, effonde su di noi lo Spirito che ci rende figli ( adottivi ) del Padre e ci riunisce nella comunione della Chiesa ( 1 Cor 12-13 ).

Nella fraternità cristiana si manifesta in maniera imperfetta e limitata la comunione d'amore esistente nella SS. Trinità.

Nella Chiesa la fraternità in Cristo è la garanzia contro ogni forma di discordia interna, è la disposizione, come dice Tertulliano, a morire gli uni per gli altri.

Nella vita religiosa la fraternità è un servizio reciproco ( Pacomio ) che, secondo la spiritualità monastica si sviluppa a due livelli, uno interno ( fraternità come esempio riuscito di vita comunitaria cristianamente integrale, in contrasto con rapporti umani laicali fondati sull'interesse ) ed uno esterno ( sostegno ai fratelli laici abbandonati dai Pastori e dalla fede ).

Negli Istituti secolari, afferma la " Provida Mater ", l'inserimento di nuovi membri deve avvenire attraverso "un vincolo stabile, mutuo e pieno" che deve essere ben precisato da Regolamenti e Costituzioni: questo vincolo va visto soprattutto, precisa il Codice di Diritto Canonico, come una partecipazione attiva alla vita dell'Istituto.

In questo senso, la fraternità deve essere alimentata con preghiere, ritiri, esercizi spirituali ed un continuo e fruttuoso scambio di informazioni e formazione il cui scopo è proprio quello di ovviare all'assenza di una vita comunitaria.

28 - La parola a Fr. Teodoreto

L'aspetto carismatico della fraternità è intimamente collegato a quello della carità fraterna.

Nelle Regole del 1933, Fr. Teodoreto, rifacendosi agli scritti di Sant'Ignazio, definisce alcuni punti essenziali alla corretta interpretazione della carità fraterna.

Avremo così:

1) Il compatimento e l'aiuto reciproco nelle avversità e nelle malattie

2) il legame esistente tra voto di povertà, comunanza di beni e soccorso vicendevole

3) le priorità e i diritti di precedenza nell'aiuto materiale ( prima la famiglia, poi i poveri, infine l'Istituto )

4) l'obbligo della correzione fraterna

5) la carità fraterna evangelicamente intesa come "segno" di riconoscimento dei veri cristiani

6) la carità fraterna intesa come conformità di cuori e "cattolicità" di pensiero ( piena adesione all'ortodossia cattolica )

7) l'attitudine a ragionare per la comune, non per la privata, utilità

8) l'aspirazione a formare, con i confratelli, un cuor solo ed un'anima sola, per estendere al mondo il fuoco di Cristo: la carità fraterna da associativa diventa sociale, ma secondo un preciso ordine

9) l'attitudine a calarsi nella mentalità di chi non possiede più nulla di proprio, come ai tempi dei primi Cristiani ( vedi Fra Leopoldo )

10) Questa mutua e perfetta Carità fraterna è un dovere così sacro ed essenziale per i Catechisti che senza l'adempimento coscienzioso di esso la loro Congregazione perderebbe il suo scopo.

Che questo dovere sia veramente importante e meritevole di particolari spiegazioni, risulta chiaramente dalle parole: "Grande carità fraterna, reciproca assistenza" scritte da Fra Leopoldo per la Congregazione, il 29 agosto 1908; dall'origine della "Preghiera per ottenere la carità fraterna" recitata dai Catechisti in ogni adunanza, e dalle Costituzioni ( Art. 12,5 ) che obbligano ogni Catechista a "sforzarsi di progredire ogni giorno nella pratica di una sincera Carità fraterna, di stabilire nell'Unione la più perfetta concordia, il compatimento e l'aiuto reciproco, specialmente nelle avversità e nelle malattie".

11) Il dovere, tra i Catechisti Congregati, di mettere in comune i beni che loro rimangono in più di un onesto necessario, è richiesto dalla Carità fraterna e dal Voto di Povertà proprio della loro Congregazione.

Essi non potrebbero mai dire con sincerità di amarsi l'un l'altro, se tra loro, che formano in Gesù Cristo un solo Corpo, rimanessero senza soccorso quelli che si trovano in necessità, perché non venne offerto da chi poteva darlo.

Si può pensare alla propria vecchiaia e, anche se non si dice, è sottinteso che si deve anche pensare ai propri familiari: questo è un dovere per chi ha parenti stretti come papà, mamma, fratelli, sorelle, tanto più se sono nel bisogno, questo passa avanti a qualunque altra cosa.

Poi chi ha mezzi può dare a chi non ha e poi anche all'Unione per i fini dell'apostolato Catechistico.

Inoltre ci possono essere dei Confratelli nella necessità e sebbene l'Unione non sia una società di mutuo soccorso, tuttavia anche la carità deve essere ordinata e bisogna dare prima ai più prossimi: la nostra famiglia materiale e quella spirituale.

Ci sono persone unite a noi secondo Dio, secondo la grazia: se una si trovasse in necessità sarebbe cosa buona, fraterna, delicata il soccorrerla.

La correzione fraterna è un dovere di carità comune a tutti i cristiani.

Ma nel mondo la pratica di tale dovere è ostacolata dall'amor proprio che non può soffrire di essere corretto dagli altri e dal fatto che la prudenza e la carità mancano, d'ordinario, per correggere gli altri; avverrebbe pure di fare tale correzione senza buon risultato …

Questo dovere della reciproca correzione contiene tre cose:

1º - Essere contenti di ricevere riprensioni e avvisi dagli altri.

È una conseguenza del desiderio che si deve avere della propria perfezione.

Questo sentimento e desiderio di essere corretti, se è ben impresso nel nostro cuore, ci preserva da un gran numero di colpe e ci fa praticare grandi virtù.

2º - Contribuire alla correzione degli altri.

Ci vuole in questo molta prudenza, discrezione e carità ….

3º - Farsi conoscere reciprocamente gli uni gli altri al Superiore.

Questo modo di compiere il dovere della correzione fraterna è più ordinario e richiede meno precauzioni nelle società religiose nelle quali il governo è affatto paterno; basta epurare bene le proprie intenzioni e non dir nulla che non sia conforme a verità …

Ogni Catechista deve ricordarsi che, sebbene egli non sia incaricato di esaminare con cura la condotta dei suoi Confratelli, è però tenuto d'avvertire i Superiori dei difetti che avrà scorto in essi, specialmente quando tali difetti sono alquanto considerevoli e possano avere cattive conseguenze; questo è un carico della sua coscienza.

Se egli vi manca, opera contro la carità che deve avere per il Corpo e per tutti quelli che compongono la Congregazione; indica ben poco zelo per la gloria di Dio.

Ognuno applichi a se stesso queste parole della Sacra Scrittura: " Il Signore ha ordinato a ciascuno di aver cura del prossimo suo".

Si deve insistere specialmente sulla carità fraterna e sull'unione degli spiriti e dei cuori; si deve insistere di più perché è il segno principale dal quale il nostro Divin Maestro vuole che si riconoscano i suoi discepoli: "In questo riconosceranno che voi siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri".

È da questo che dipende principalmente il bene della Congregazione; ed è una cosa che, potendo facilmente essere intaccata, a causa della differenza dei caratteri e dei sentimenti, ha bisogno di essere rianimata quando essa s'indebolisce, richiamata alla sua purezza quando s'infiltra qualche difetto, mantenuta perché non si perda, incoraggiata, perfezionata anche quando è nel suo fervore …

Le esortazioni particolari sono un mezzo del quale dobbiamo fare grande uso nella nostra Congregazione perché esse ci procurano il vantaggio di riunirci e che può supplire alla mancanza degli altri aiuti dati dalla vita comune.

San Francesco Saverio per dimostrare la sua intima unione e carità verso i suoi Confratelli, prima di partire per le Indie aveva raccolto le loro firme e le portava sopra di sé in una specie di reliquiario.

Per dimostrare la nostra unione e la nostra carità verso i nostri Confratelli facciamo in modo che in qualunque luogo e in qualunque circostanza trovino in noi la più grande cordialità e tutti i soccorsi che sarà in nostro potere di dare.

Abbiamo tutti gli stessi sentimenti, secondo l'avviso di S. Paolo e, per quanto sarà possibile, esprimiamoli nello stesso modo: non si tolleri dunque mai che vi sia tra noi opinioni diverse nella dottrina, , sia in parole nelle predicazioni o nelle lezioni pubbliche, sia per iscritto nei libri, che non potranno essere pubblicati senza l'approvazione e il consenso del Padre Generale.

Di più, bisogna evitare, per quanto è possibile, nella condotta degli affari, la diversità di parere, che è ordinariamente la madre della discordia e la nemica dell'unione dei cuori.

Infine, si deve conservare con gran cura questa unione e questa conformità di sentimenti, senza tollerare nulla che le si opponga, affinché essendo uniti assieme col vincolo della carità fraterna tutti possono occuparsi più facilmente e più efficacemente al servizio di Dio e alla salvezza della anime.

Bisogna avere la massima cura dell'unione e della mutua conformità degli spiriti e dei cuori, e non soffrir nulla tra noi, che vi sia contrario.

Questo deve essere l'oggetto principale della vigilanza dei Superiori; tocca loro di prevenire tutto ciò che potrebbe portare qualche ferita alla carità fraterna: e appena essi scorgeranno nei loro inferiori qualche raffreddamento o qualche divisione di spirito, essi non dovranno nulla trascurare per troncare il corso di un sì gran male e apportarvi un pronto rimedio …

Qui non si tratta precisamente di quella carità generale che noi dobbiamo a tutti gli uomini, ma più particolarmente di quella che noi dobbiamo esercitare gli uni verso gli altri, come essendo membri d'una stessa Congregazione, tutti dediti al servizio di Dio e del prossimo sotto il Vessillo di Gesù Cristo Nostro Signore.

Non c'è dubbio che tale obbligo sia tanto più stretto quanto più è intimo e sacro il vincolo che ci unisce gli uni agli altri e quanto più gravi sarebbero le conseguenze della nostra negligenza su tale punto.

È dunque, per ciascuno di noi, un dovere particolare di fare tutto quello che dipende da sé per conservare tra noi la carità fraterna e per impedire tutto ciò che potrebbe turbarlo in qualsiasi modo.

Rendersi scambievolmente ogni dovere di carità; non dire nulla , non fare nulla che possa essere di pregiudizio agli altri o che possa urtarli: ecco ciò che noi dobbiamo sempre procurare di proporci nelle relazioni coi nostri Confratelli.

E siccome l'amor proprio, l'interesse personale e tutte le passioni che ne derivano non ci permetterebbero di essere fedeli a tale risoluzione noi dobbiamo applicarci particolarmente ad acquistare la rinuncia a noi stessi, l'umiltà, la dolcezza, e il lavoro per estirpare dai nostri cuori il vizio opposto a tali virtù.

Un mezzo universale ed efficacissimo per arrivare a soffocare in germe ogni specie di dissensione è l'uniformità nei sentimenti e nei discorsi: "Procuriamo di avere gli stessi sentimenti e di esprimerli nello stesso modo"

"Abbiate tutti gli stessi sentimenti" ( 2 Cor 13,11 ).

Ma è soprattutto dalla carità fraterna e dagli effetti che essa produce, che noi conosceremo se il nostro amore per Iddio è quale deve essere.

Ecco ciò che dice S. Paolo ai primi cristiani: "Rendete compiuto il mio gaudio con essere concordi, con avere la stessa carità, una sola anima, uno stesso sentimento: nulla ( fate ) per picca o per vana gloria: ma per umiltà l'uno creda l'altro a se superiore.

Ognuno faccia attenzione non a quello che torni bene per lui, ma a quello che torni bene per altri. Si abbiano tra di voi gli stessi sentimenti che ( furono ) in Gesù Cristo" ( Fil 2,2-5 ).

Dobbiamo fare dominare nei nostri cuori la legge della carità seguendo gli insegnamenti di Gesù Cristo e i suoi esempi.

E perciò sopportare con carità i difetti altrui, riflettendo che per quanta diligenza mettiamo per non far dispiacere, noi siamo sempre di peso per gli altri; sovente, senza volerlo, noi li facciamo soffrire, molto più di quello che possiamo immaginare; evitiamo almeno di farlo con avvertenza; contiamo per nulla le pene che gli altri ci fanno, consideriamole invece come un guadagno e come un nuovo motivo di esercitare verso di essi la carità; riteniamo come grave la minima pena e il minimo dispiacere che noi possiamo dare agli altri.

"È così - ci dice l'Apostolo - che noi adempiamo la legge di Gesù Cristo" ossia la legge della carità che Egli chiama per eccellenza: "suo precetto".

Questa legge della carità deve fare di tutti quelli che sono uniti in una stessa Congregazione, un cuore e un'anima sola.

Ma il fuoco acceso da tale carità in noi, deve essere universale cioè estendersi a tutti gli uomini e partecipare alle qualità della carità che bruciano nel Cuore di Gesù e di Maria SS.

Ma questa carità reciproca e perfetta che noi non possiamo avere indifferentemente con ogni sorta di persone, noi dobbiamo esercitarla costantemente gli uni verso gli altri nella nostra Congregazione; noi dobbiamo avere un cuor solo e un'anima sola.

Se la comunità dei beni era l'effetto della carità dei primi Cristiani, e che senza tale comunità le altre prove di affetto sarebbero state insufficienti, la stessa causa deve produrre tra noi gli stessi effetti.

Se noi siamo uniti dallo stesso amore fraterno, se noi desideriamo di dare prove efficaci di tale amore, è necessario che ciascuno di noi non consideri più come suo ciò che possiede e che tutte le cose siano comuni tra noi.

Se ciò non si può fare come lo facevano i primi Cristiani si faccia in qualche modo che si avvicini e che dia presso a poco gli stessi risultati.

Tra i capisaldi dei Detti trascritti da Fra Leopoldo, spicca innanzitutto, l'esigenza di riavvicinare al Cuore di Cristo le anime sviate dai sacerdoti non più fiduciosi nell'efficacia dei sacramenti.

In questa tensione al ritorno ( in cui si situa anche il senso profondo della riscoperta del carisma di fondazione, inteso come "matrice originaria" impressa dallo Spirito Santo ) l'azione delle anime adoranti unite dalla devozione alla Croce deve essere più che mai concorde, compatta e legata alla comunione dei santi.

Questo tema è molto importante e trova in Fr. Leopoldo un instancabile fautore con i continui richiami alle "catene", che legano le anime oranti al Cuore di Cristo, ovvero ai "nodi" e ai "patti" ( come direbbe San Francesco ) che uniscono gli uomini di Dio ai confratelli e quindi al Corpo Mistico.

29 - Aspetti particolari della fraternità

Questa intesa profonda ha una triplice dimensione: sociale, ecclesiale e d'Istituto.

La dimensione sociale richiede:

I) una partecipazione sentita ai dolori e alle gioie del prossimo, una condivisione di speranze e disfatte, che lenisce il male di vivere ed è anche il prologo di ogni opera di conversione

II) un cooperazione attiva e consapevole alla soluzione dei problemi concreti e quindi anche alla salvezza del mondo; questo "sentirsi parte di un tutto" che soffre e gioisce senza tregua, può anche indicare una modalità interiore e passiva ( non solo superficiale e pragmatica ) di avvertire i gravi problemi sociali che affliggono l'umanità ( pensiamo all'apprensione mostrata da Fr. Leopoldo per le vittime della Grande Guerra e per i giovani corrotti dai vizi della soldataglia )

E finalmente siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili; ( 1 Pt 3,8 )

- La fraternità così intesa è un modo di "com-patire" che porta a condividere dapprima i problemi del singolo e quindi quelli dell'intera comunità.

Implica un sincero sentimento di disagio per tutte quelle situazioni che in un modo o nell'altro allontanano, vuoi per malizia vuoi per ignoranza religiosa, i "mondani" dalle fede in Cristo.

Questa apprensione fraterna per l'anima errante che ha perduto la fede o che rischia di perderla, se viene dal profondo del cuore, se nasce da una genuino com-patimento per il destino ultraterreno del prossimo, può infiammare di zelo l'azione di apostolato e garantire così una partecipazione attiva alla salvezza del mondo.

La fraternità nella dimensione sociale ha però anche un altissimo valore esemplificativo: il mondo ci guarda, verrebbe da dire.

Di fronte ai gravi problemi sociali ( disoccupazione, degrado, emarginazione, povertà ) lo stile d'intervento adottato, se cioè ci prendiamo carico personalmente dei problemi o se preferiamo delegarli a terzi, dice molto delle nostre qualità interiori.

I Catechisti, considerata la loro vocazione, sono chiamati a manifestare in modo edificante questo spirito di fraternità in molteplici ambienti: in famiglia, sui luoghi di lavoro, in politica, nelle associazioni culturali ecc..

La loro specifica missione li porta a privilegiare alcune categorie come i giovani ( Casa di Carità ) e i poveri ( Messa del Povero ).

Di fronte alla dilagante "debolezza" spirituale che colpisce le nuove generazioni inducendo una preoccupante fragilità psichica ed emotiva, il Catechista, come un maturo e saggio fratello maggiore, deve imparare a guardare ai giovani non tanto come ad estranei ignoranti e corrotti, bensì come a fratelli minori nel senso più familiare del termine: il Padre, prima o poi, proprio come a Caino, ci chiederà conto di questi "congiunti" ed ogni omissione o scandalo consumato o tollerato a loro danno ci sarà imputato a colpa.

La dimensione ecclesiale richiede:

I) una vita cristiana vissuta ( più che pensata ) in comunione coi santi, coi defunti e col Corpo Mistico della Chiesa.

II) un'azione perenne dello Spirito Santo

Tutti aspetti ben presenti nei Diari di Fra Leopoldo e che ci permettono di inquadrare in maniera organica, l'azione corale che, indipendentemente dai contesti storici e geografici, viene svolta, attraverso la pratica assidua di Sacramenti e consigli evangelici, dai consacrati di tutti gli Istituti.

Questo legame divino è costantemente consolidato dall'azione dello Spirito Santo, che, come già accennato, consente alla Chiesa di mantenersi nel solco della tradizione e della rettitudine dottrinaria: l'adesione alla cattolicità infatti non è solo un fatto formale, ma implica un attaccamento del cuore agli articoli della fede che deve essere spontaneo, sincero, generoso.

In caso contrario si minerebbe la compattezza del Corpo Mistico.

In proposito San Francesco si esprime in questi termini: "Tutti i frati … vivano e parlino cattolicamente.

Se qualcuno poi a parole o a fatti si allontanerà dalla fede e dalla vita cattolica e non se ne sarà emendato, sia espulso totalmente dalla nostra fraternità".

In quel "cattolicamente" risiede un aspetto fondamentale della fraternità intesa non tanto come passiva e automatica conformità ai dettami della Gerarchia, quanto, semmai, come una comunione fraterna di sentimenti ed intenzioni profonde che devono costituire il quotidiano assenso, non solo proclamato, ma anche e soprattutto pensato, all'azione ecclesiale.

In quest'ottica il nemico della fraternità è il protagonismo di tanti teologi che pensano di poter rifondare la Chiesa ( e magari la propria immagine pubblica ) con il ricorso a religioni create su misura del mondo, della modernità, del benessere personale ecc.

Nulla di più sbagliato: non è il Verbo che si deve adattare alle opinioni dell'uomo, ma è l'uomo che deve sforzarsi di divenire fratello di Cristo e figlio adottivo del Padre, sotto la guida di quello stesso Spirito Santo che illumina i Pontefici e i Fondatori degli Istituti.

Se la nostra fraternità si ispira invece ai principi dell'umanesimo agnostico, siamo liberissimi di condividerla con i più rispettabili scienziati, luminari e Premi Nobel della Terra, ma al di fuori del Corpo Mistico della Chiesa.

Questo è l'insegnamento che, pur nascendo da un contesto storico precedente all'epoca delle "fratellanze ideologiche", possiamo ricavare dalle parole dure ma limpidissime di San Francesco.

Tanto per essere chiari: la fraternità massonica promossa dalla Rivoluzione Francese non ha nulla da spartire con quella evocata dal Patrono d'Italia ed implicita al sostantivo "Unione" cui fa riferimento l'istituto fondato da Fr. Teodoreto.

Più volte anzi la Chiesa ha preso le distanze dalle interpretazioni laiciste della fraternità che sono sorte in seno alle sette rivoluzionarie e che spesso applicano curiosi criteri selettivi implicanti l'esclusione dal sodalizio umano ora di intere classi sociali, ora delle gerarchie della Chiesa, ora, addirittura, di intere nazioni considerate "nemiche del progresso".

Queste distinzioni le faceva già Leone XIII a proposito del Terz'Ordine francescano, che, a sua volta, denuncia qualche affinità con gli istituti laici: Perciò non senza motivo abbiamo approfittato di questa occasione per ripetere ciò che altrove dichiarammo: è necessario propagare e proteggere con cura il Terzo Ordine dei Francescani di cui recentemente, con prudenza, mitigammo la regola.

Come infatti è stato stabilito dal suo autore, questa è la sua ragione d'essere: chiamare gli uomini alla imitazione di Gesù Cristo, all'amore per la Chiesa, alla pratica di tutte le virtù cristiane; perciò può essere molto adatto ad eliminare il contagio di inique associazioni.

Si rinnovi pertanto e cresca di giorno in giorno questo santo sodalizio, da cui ci si possono aspettare molti frutti e soprattutto il più prezioso, quello cioè che gli animi siano condotti a libertà, alla fraternità, alla uguaglianza di fronte alla legge: non quali i Massoni assurdamente concepiscono, ma quali Gesù Cristo donò al genere umano e Francesco seguì.

Anche il noto scrittore russo Alexander Solzenitzin ha messo in luce l'aspetto forzato ed ipocrita di un certo modo di intendere la fraternità universale: la vera fraternità non può essere costruita da disposizioni sociali, è di ordine spirituale.

I Catechisti sono chiamati a vivere la dimensione ecclesiale della fraternità soprattutto in relazione alle problematiche affrontate dal Papa e dai Vescovi, i successori degli Apostoli.

Si pensi all'affetto fraterno mostrato da Fr. Leopoldo nei confronti di San Pio X ( cfr. l'immagine dei due leoni che si confortano a vicenda I,182,6 - 229,5 - 212,2 ) e alla grande apprensione manifestata per tutti i sacerdoti modernisti in crisi di vocazione.

Anche i problemi affrontati dai missionari nel mondo ( inculturazione religiosa, difficoltà relative alla esplicazione dei Misteri della Fede, concorrenza delle sette ecc. ) devono essere vissuti come parte integrante di una responsabilità comune.

Infine la preliminare coesione interna alla Chiesa ed il successivo dialogo ecumenico esterno ad essa vanno recepiti come i momenti "forti" di uno spirito di fraternità che rendendo compatta la Chiesa al suo interno le permette di affrontare senza timore le sfide provenienti dalle Chiese scismatiche ( si pensi ai recenti tentativi di aprire un dialogo col Patriarcato di Mosca ), dalle nuove sette ( che proliferano in America Latina ), dai tradizionalisti scomunicati ( pensiamo al movimento di Mons. Lefebvre ) ecc.

La dimensione d'Istituto richiede

I) un proficuo rapporto di collaborazione e condivisione tra i singoli Catechisti ed una felice intesa tra il singolo Catechista e l'Istituto stesso

II) la condivisione, allargata al mondo esterno, dei contributi culturali e spirituali arrecati da ciascun membro

III) lo zelo costante e febbrile di ogni Catechista ( mai interrotto da rancori o discordie ) per la crescita dell'Istituto nel suo complesso sia in termini umani, che in termini di "progresso nella carità" ( come diceva Fra Leopoldo ).

- Ad un livello ordinario la fraternità cristiana è un modo di relazionarsi al prossimo, derivante direttamente dal rapporto di figliolanza che, dopo il Battesimo, noi veniamo ad instaurare con Dio.

Paternità divina e Fraternità cristiana sono le principali manifestazioni dell'Amore puro, gratuito, incontaminato: entrambe queste forme di amore conducono, infine, attraverso la preghiera, all'unione con Dio.

Anche se può apparire pedante e ripetitiva la nostra osservazione, va tuttavia osservato che i rapporti Figliolanza ( o Paternità a seconda dei punti di vista ), Fraternità, Incorporazione nel Corpo Mistico della Chiesa e Unione con Dio, che pure così spesso vengono messi in relazione, sono assolutamente impensabili senza l'intervento della grazia.

Fratello significava nell'ebraismo del tempo di Gesù colui che professava la stessa religione ebraica.

Si chiamava fratello anche il proselito e colui che faceva parte di uno stesso gruppo rabbinico.

Invece, prossimo era chiunque viveva in Israele senza essere israelita.

Per Gesù, fratelli sono i suoi discepoli, quelli che fanno la volontà del Padre, i poveri e i bisognosi.

La nuova fraternità cristiana deriva, evidentemente, dalla paternità di Dio, comunicata da Cristo nello Spirito.

I cristiani sono tutti fratelli nella fede, perché Gesù si è fatto nostro fratello.

In sintesi: i rapporti dei cristiani, fin dalla più remota antichità, sono rapporti di fratelli in forza di una fraternità spirituale che supera la fraternità naturale: " Uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli " ( Mt 23,8 ).

Le dinamiche spiegate qua sopra, grazie al carisma di fondazione, possono e devono svilupparsi tra i Catechisti in forma esemplare, in modo da costituire motivo di edificazione ed attrazione per tutti i credenti in balia di legami umani ( partiti, fazioni, clientele ) latori di connivenze e omertà svianti e distruttive, in quanto marchiate dallo "spirito del mondo", piuttosto che dallo Spirito di Dio.

Da che mondo è mondo il successo di un gruppo dipende dalla sua coesione interna, dal desiderio di mostrare il proprio valore sul campo, da una certa fierezza di appartenenza.

Sono tutti elementi presenti nei cosiddetti corpi militari d'elite che il più delle volte costituiscono l'ossatura portante dei grandi eserciti.

Accanto alla truppa "ordinaria", numerosa ma appesantita da una certa burocratizzazione e da una generale fiacchezza di carattere, spiccano i reparti scelti che sono intimamente motivati ad attaccare per vincere, anche perché favoriti da un solidissimo cameratismo interno: chiunque sa di poter far affidamento sul compagno, in caso di pericolo.

Sarebbe auspicabile che un analogo spirito di virile solidarietà e di volitiva operosità regnasse anche in tutte quelle comunità religiose impegnate in prima linea in quella grande controffensiva cattolica che il regnante Pontefice chiama "nuova evangelizzazione".

Non appaia forzato il collegamento da noi evidenziato tra fraternità ed unione delle anime adoranti in Dio.

Esso costituisce un caposaldo della spiritualità monastica: facendoci "fratelli" del prossimo bisognoso, noi diventiamo fratelli di Cristo e, quindi, figli adottivi del Padre, condizione essenziale all'unione con Dio.

Unione che a sua volta, prima di giungere alle vette mistiche raggiunte da Fra Leopoldo, deve fondarsi innanzitutto sulla concordia delle anime "incatenate", con la preghiera continua, al cuore di Cristo.

Anche lo spirito di fraternità, perfino quando viene applicato ai soli rapporti umani, non consiste semplicemente nel reciproco rispetto o in qualche energica stretta di mano.

Esso va oltre i comuni convenevoli e si manifesta nel com-patimento evangelicamente inteso, che invoglia il cristiano a spartire col "fratello" in difficoltà il peso di sofferenze e amarezze.

Tuttavia, come emerge anche dalla spiritualità francescana, la fraternità esige talvolta uno sforzo ancora maggiore: l'aiutarsi reciprocamente a non cadere in peccato.

Di più: l'aiutarsi reciprocamente a risalire la china della colpa e del fallimento.

Sebbene con sfumature e tonalità diverse, questo spirito di condivisione auspicato per la vita interna dell'Istituto secolare, si poteva trovare anche nelle comunità dei primi monaci, quando il confratello più anziano consolava il novizio caduto vittima del peccato, aiutandolo a portare il peso della colpa e della penitenza.

L'anziano, cioè, assumeva personalmente una parte delle penitenze inflitte al giovane, accompagnandolo, un passo alla volta, lungo il percorso dell'espiazione, in modo da incoraggiarlo nei momenti di sconforto e spronarlo in quelli di accidia.

I Catechisti sono chiamati a vivere la dimensione d'Istituto della fraternità condividendo le situazioni personali dei singoli membri ( rapporti familiari, lavoro, salute, vecchiaia ecc. ).

Solo uno spirito di genuina fraternità permetteva ai primi Cristiani di confidarsi a vicenda le proprie pene e di aiutare, senza inutili clamori, i fratelli più deboli a superare le difficoltà della vita, se non addirittura a sostenere il martirio; nello stesso spirito, come detto, agivano gli anziani delle prime comunità monastiche ( anche se le alleanze strette con i novizi inesperti erano volte a lottare contro i demoni, più che a sopportare le persecuzioni degli uomini ).

Forse è proprio questo "farsi forza a vicenda" che Fr. Teodoreto attende dai suoi discepoli.

Il fatto emerge chiaramente dalla biografia di Fra Leopoldo, dove il Fratello dedica un intero capitolo al tema della fraternità, intitolandolo significativamente "non simpatia, ma carità fraterna".

In esso viene messa in luce la speciale qualità dell'amicizia che anima i Catechisti, i quali devono sentirsi chiamati ad entrare nell'Unione non tanto per compiacere amici e conoscenti o per ritrovarsi e condividere opinioni comuni ( come vecchi compagni di bevute che si riuniscono in circolo per darsi ragione a vicenda e sparlare dei comuni nemici ), quanto semmai per partecipare con tutta l'anima, la mente ed il cuore ad un comune progetto di vita.

Come per San Francesco, anche qui, l'alternativa per chi non accetta l'elevatezza di questo spirito di collaborazione è l'espulsione: "Non cooperare nella via del Signore solo per simpatia …

Altrimenti, per costoro, l'Unione sarebbe solo un ritrovo …

Venuti a conoscenza dei Superiori, costoro siano espulsi, perché portano il regno delle discordie".

Purtroppo tutte le comunità sono esposte al morbo della discordia ( pensiamo alle lotte intestine alla Chiesa, al tempo degli antipapi ): chiunque brami uno spicchio di potere, crea spesso delle "clientele" di simpatizzanti allo scopo di esercitare pressioni e ottenere favori; purtroppo questo è l'inizio di pericolose diatribe interne, tra le varie correnti, con strascichi inevitabili di rancori e vendette.

"Io porgo un comandamento ai figli della Pia Unione, quello cioè di mantenersi in buona e santa armonia tra loro, di non addolorarmi con discordie e malumori; di compatirsi fra di loro e tenersi umili dinanzi a me.

Chi fa questo, è vero figlio di Dio.

… Dirai chiaramente al Fratello Teodoreto di far recitare questo precetto in forma di preghiera … e di ricordare che questi ordini vengono direttamente dal Signore"

Nacque così la "Preghiera per ottenere la carità fraterna" che costituisce in un certo senso il midollo della fraternità catechistica e che, tra l'altro, richiama ancora una volta, secondo l'insegnamento del Diario leopoldino, la centralità della prima virtù teologale.

"Signore Gesù Crocifisso, che vi sacrificaste per gli uomini, mentre essi vi tradivano, vi abbandonavano, vi insultavano, e che dalla Croce pregaste per i vostri crocifissori, concedete, per il preziosissimo vostro sangue, a tutti noi, Catechisti e Aggregati dell'Unione Vostra e di Maria Santissima Immacolata, di obbedire con sempre maggior perfezione al precetto vostro della fraterna carità, di vivere in perfetta concordia, di compatirci vicendevolmente e mantenerci in profonda e costante umiltà dinanzi a voi, che col Padre e con lo Spirito santo vivete e regnate nei secoli dei secoli".

Da notare come emerga chiaramente l'invito a "com-patirsi vicendevolmente" ossia a dividere e a condividere, in piena adesione alla spiritualità del Crocifisso, le difficoltà e i pesi che la vita giorno dopo giorno presenta.

La fraterna carità perciò nasce dall'umiltà del Catechista e dal Sacrificio della Croce ( per il preziosissimo vostro sangue ), quindi comporta una sorta di distribuzione e condivisione delle sofferenze che cementano il reciproco affiatamento e infine, come detto, porta ad "unirsi per unire" secondo il sublime modello di unità d'amore che la SS. Trinità rappresenta ( voi che col Padre e con lo Spirito Santo vivete e regnate nei secoli ).

30 - La fraternità interna assicura l'espansione esterna

Nell'Istituto secolare la fraternità cristiana fondata sul Battesimo, subisce con la consacrazione, una forte accentuazione che è ben espressa nella massima "un cuor solo, un'anima sola".

Questa sublime corrispondenza di anime e cuori ad un comune progetto di vita, permette di usufruire dei benefici del "carisma di fondazione": essa non si manifesta in termini quantitativi, come nelle adunate oceaniche di mussoliniana memoria - la presenza infatti non implica la condivisione - ma nella qualità mistica di colloqui, incontri e scambi di vedute ( pensiamo ai ritiri spirituali organizzati da Fr. Teodoreto, rispetto ai quali, altre analoghe iniziative apparivano come noiose riunioni sindacali ).

La fraternità che, su impulso del carisma di fondazione, deve svilupparsi all'interno dell'Istituto ad un livello mondano è semplice solidarietà fraterna, ma ad un livello più alto è la sintonia, il sodalizio mistico che le anime adoranti stringono per attirare i cuori indifferenti alla Croce di Cristo.

Se appartenenza e spirito di corpo spesso stimolano l'uomo ad agire con più determinazione, allora è necessario che i Catechisti del Crocifisso avvertano, tutti insieme, con una generale consonanza di menti e di cuori, l'orgoglio di essere stati destinati ad una missione tanto ardua quanto nobile: "rialzare la Croce" in mezzo al mondo.

Questo legittima fierezza non va svalutata, in quanto permette di agire in maniera più zelante e consapevole e sospinge gli associati a desiderare vivamente l'espansione e la crescita della propria comunità.

Ecco perché dietro alla solidarietà fra associati e al legittimo attaccamento all'Unione intesa come semplice ente cattolico, si nasconde una fraternità ed un'unione "spiritualmente" intesa che rende il tutto infinitamente più speciale rispetto ai comuni consorzi umani.

31 - La secolarità

Inquadramento generale

Un altro aspetto del carisma dell'Istituto è costituito dalla secolarità.

La Chiesa in proposito si è espressa in maniera molto chiara.

"La secolarità - recita il Dizionario teologico - è il carattere specifico, in cui risiede la sua ( dell'Istituto secolare ndr. ) particolare ragione d'essere.

Il Codice di Diritto Canonico abbonda di questa idea.

Afferma che gli istituti secolari aspirano alla perfezione della carità, vivendo in tutta la loro radicalità le esigenze evangeliche nel mondo, nelle situazioni ordinarie.

… l'impegno di cooperare alla salvezza del mondo deve realizzarsi soprattutto operando all'interno di esso come un fermento."

La dottrina sociale della Chiesa che indirizza ogni intervento cattolico nel "secolo" prende avvio dalla fede.

Ma la fede è sviluppata dalla catechesi.

L'aspetto carismatico della secolarità, quindi, dipende da quello della catechesi.

Non vogliamo adesso addentrarci nello specifico della dottrina sociale: basti sapere che essa s'impone all'attenzione di chi combatte, come dice Fr. Teodoreto, il "secolo della confusione".

Se la Chiesa internamente è minacciata dalle mezze verità moderniste ( Dio sì, Chiesa no ecc. ), esternamente la società è sviata da pervertimenti non più teologici, ma antropologici.

Uomo, lavoro e politica hanno perso il proprio inquadramento cristiano.

Il totalitarismo non riconosce la trascendente dignità dell'uomo ( vedi "matrice divina", immagine di Dio ), il capitalismo non riconosce la funzione etica del lavoro ( strumento di redenzione, non di sfruttamento ), l'applicazione corrente del potere non riconosce alla politica la sua natura di "servizio", bensì la considera una volontà di potenza slegata dall'etica ( cfr. Machiavelli ).

Di fronte a questo vasto "errore antropologico" l'operato dei sacerdoti è insufficiente, perciò "attraverso i laici … la Chiesa diventa presente e operante nelle famiglie, nelle fabbriche, negli uffici, nelle istituzioni civili e sociali" .

Il compito del laico consacrato: insinuarsi nel mondo per inceppare i meccanismi dell'iniquità

I secolari consacrati sono chiamati a scatenare nella società delle dinamiche che in modo più o meno diretto riportino gli indifferenti ai piedi della Croce: si tratterebbe, cioè, di "mettere in atto tutte le possibilità evangeliche nascoste, ma già presenti e operanti nella realtà del mondo".

Questa affermazione è molto meno banale di quanto sembri: filosofi, sociologi e pensatori di ogni risma ci hanno più volte erudito sui meccanismi predefiniti della società, che portano ai conflitti di classe, al disagio sociale, all'emarginazione ecc.

Si è sostenuto, con un certo fatalismo, la presunta "ingiustizia strutturale" del "sistema" che non potrebbe essere debellata se non ricorrendo ad un rovesciamento radicale, e magari violento, del "sistema" stesso.

In verità - e gli Istituti secolari sono li a dimostrarlo - è possibile compiere un'opera di redenzione sociale pacifica, operando all'interno di quegli stessi meccanismi - professionali, economici, produttivi - in cui tante volte vengono superficialmente individuate le origini del male.

La vita non è fatta di strutture, ma di uomini: chi converte il cuore dell'uomo, indirettamente raddrizza le storture della società.

Questo è il vero messaggio sociale del Cristianesimo: Gesù non incoraggia i discepoli a disconoscere l'autorità di Pilato od Erode, ma a liberare gli uomini dalla schiavitù del peccato.

Il male morale precede, non segue, il male sociale: il benessere diffuso non genera conversioni, così come la tessera di partito non ci rende automaticamente "amici dei poveri".

Occorre un altro genere di bene, un bene che sgorga dal cuore purificato: ovvero il Bene quotidianamente operato con intenzione retta, il Bene che costringe il nostro, non l'altrui, portafoglio a sgonfiarsi, il Bene che ci coinvolge in prima persona, senza comode mediazioni, il Bene che guarda negli occhi il prossimo bisognoso, non anonime masse di miserabili, vedendovi riflesso il volto di Cristo.

Solo così si può, come dice Fr. Teodoreto, operare nel mondo, lavorare in contesti e con strumenti mondani, senza restare invischiati nelle passioni degli uomini e quindi contaminati dallo "spirito del mondo".

Il laico consacrato porta con sé, nel cuore dell'indifferenza e dell'anonimato della civiltà postindustriale, un Dio-persona che interpella direttamente ogni uomo chiamandolo per nome.

In questo mondo reso anemico da codici e classificazioni sempre più spersonalizzanti, una consacrazione di questo genere è anche un modo per ribadire l'unicità e l'irripetibilità della persona: non "risorsa umana", dunque, ma creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio.

Il laico consacrato, da questo punto di vista, deve brillare per il suo santo anticonformismo, in un secolo sempre più appiattito sui luoghi comuni del "pensiero debole" e della falsa tolleranza.

Egli, quando necessario, deve avere il coraggio di gridare il suo NO proprio laddove risulta meno vantaggioso esporsi ( pensiamo ai medici obiettori di coscienza che boicottano la pratica dell'aborto ).

È facile infatti predicare bene davanti ad una platea di cattolici più o meno praticanti: un po' meno reagire al malcostume e all'immoralità diffusa da colleghi e superiori sul luogo di lavoro.

Proprio lì l'associato dell'istituto secolare è chiamato a invertire le dinamiche perverse del laicismo, ad inceppare i meccanismi di ricatto che corrompono la società, a innescare, dove possibile, un riflusso della grazia divina e quindi la lenta erosione delle cosiddette "strutture di peccato".

Recentemente il Pontefice ha richiamato l'attenzione su due categorie professionali molto esposte alle degenerazioni materialiste e neopagane: sono i medici e gli operatori turistici.

Per la verità avrebbe potuto parlare anche di produttori televisivi e proprietari di discoteche: dal nostro punto di vista il nocciolo del discorso è un altro.

Chi deve sentirsi interpellato in prima persona, dagli ammonimenti che la Chiesa rivolge la mondo del lavoro?

Non c'è dubbio: i laici consacrati che per obbligo d'ufficio sono costretti ad interagire con queste categorie professionali "a rischio".

In questa prospettiva, il loro ruolo è davvero strategico, e non solo in termini metaforici.

Essi hanno la possibilità di introdursi "fisicamente" in certi ambienti, di rilevare in modo più preciso i termini del problema, di esporlo in maniera "professionale" ai Pastori della Chiesa, di discutere, con cognizione di causa, le modalità di intervento e di recupero. E non è davvero poco!

Si tratta cioè di concentrare e dirigere tutte le attività profane che in un modo o nell'altro ci vedono protagonisti, alla maggior gloria di Dio.

Professioni, contatti personali, frequentazioni, interventi di carattere politico, amministrativo, culturale sono solo "mezzi" mediante i quali il laico consacrato ha la possibilità di "condire" il mondo col sale del cristianesimo, e questo sapore deve conquistare e avvincere, senza inutili pressioni o pedanterie, colleghi, amici, familiari.

Questa modalità "accentuata" di vivere il Sacramento della Cresima, permette a chi ci sta accanto di "gustare", grazie al nostro stile di vita, il senso risolutivo della "buona novella", di esserne conquistato ma non oppresso, in modo tale da vedervi un qualcosa di "davvero speciale", ovvero un barlume di insospettata e sorprendente saggezza in grado di illuminare con la luce della speranza il grigiore di una vita sovente prodiga di disillusioni e false promesse.

La questione fondamentale che oggi dobbiamo porci è la seguente: quale ruolo può giocare la secolarità consacrata nell'ambito della "nuova evangelizzazione" annunciata da Giovani Paolo II?

Leggendo gli interventi di alcuni autorevoli esponenti della Gerarchia si avverte l'urgenza di riportare, in un mondo confuso da mille ideologie e felicità artificiali, il gusto autentico del sacro, del divino: La sequela di Cristo ha una meta molto più alta: assimilarsi a Cristo, e cioè arrivare all'unione con Dio.

Una tale parola suona forse strana nell'orecchio dell'uomo moderno.

Ma in realtà abbiamo tutti la sete dell'infinito: di una libertà infinita, di una felicità senza limite.

Tutta la storia delle rivoluzioni degli ultimi due secoli si spiega solo così.

La droga si spiega solo così.

L'uomo non si accontenta di soluzioni sotto il livello della divinizzazione.

Ma tutte le strade offerte dal "serpente" ( Gen 3,5 ), cioè dalla sapienza mondana, falliscono.

L'unica strada è la comunione con Cristo, realizzabile nella vita sacramentale.

Sequela di Cristo non è un argomento di moralità, ma un tema "misterico" - un insieme di azione divina e di risposta nostra.

Da questo punto di vista la posizione degli istituti secolari è davvero favorevole.

Il Papa infatti non può, a causa della sua posizione, entrare in una scuola pubblica o in qualche fabbrica e veicolare, giorno dopo giorno, qualche messaggio "forte" sulla famiglia o sulla società cristiana.

E anche se per assurdo potesse farlo, gli astanti si irrigidirebbero, assumendo toni di finta accondiscendenza.

È la situazione che, in altri contesti, incontrano religiosi e sacerdoti nel corso del loro apostolato: manca loro la possibilità di un'azione continua e prolungata e il privilegio di non essere considerati, in certi ambienti, dei perfetti "estranei".

Al contrario ai Catechisti del Crocifisso è concessa la possibilità di aggirarsi "indisturbati", come nulla fosse, in luoghi di lavoro lontani anni luce, spiritualmente parlando, dalla parrocchia più vicina.

Pensiamo a certi ambienti imprenditoriali tutti concentrati sull'obiettivo del massimo profitto.

Ebbene, persino qui, nei confronti di un collega-amico in difficoltà, il secolare consacrato può offrire soluzioni inaspettate ponendosi come "traghettatore" della Fede.

Così facendo, giorno dopo giorno, goccia dopo goccia, "la nuova generazione santa" intravista da Fr. Leopoldo può davvero diventare la protagonista incontrastata della "nuova evangelizzazione" promossa da Giovanni Paolo II.