Rito della Penitenza

II. La riconciliazione dei penitenti nella vita della Chiesa

3. La Chiesa è santa, ma bisognosa sempre di purificazione

Cristo "ha amato la Chiesa, e ha dato se stesso per lei, per renderla santa" ( Ef 5,25-26 ), e l'ha unita a sé come sua sposa; ( Cf Ap 19,7 ) e poiché essa è il suo Corpo e la sua pienezza, Cristo la riempie dei suoi doni divini, ( Cf Ef 1,22-23; LG 7 ) e per mezzo di essa comunica a tutti gli uomini la sua verità e la sua grazia.

Le membra però della Chiesa sono esposte alla tentazione, e spesso cadono miseramente in peccato.

E pertanto, "mentre Cristo "santo, innocente, senza macchia" ( Eb 7,26 ), non conobbe il peccato ( 2 Cor 5,21 ), e venne a espiare i soli peccati del popolo ( cf Eb 2,17 ), la Chiesa, che comprende nel suo seno i peccatori, che è santa, ma bisognosa sempre di purificazione, mai tralascia di far penitenza e di rinnovarsi". ( LG 8 )

4. La penitenza nella vita e nella liturgia della Chiesa

In molti e diversi modi il popolo di Dio fa questa continua penitenza e si esercita in essa.

Prendendo parte, con la sopportazione delle sue prove, alle sofferenze di Cristo, ( 1 Pt 4,13 ) compiendo opere di misericordia e di carità, ( Cf 1 Pt 4,8 ) e intensificando sempre più, di giorno in giorno, la sua conversione, secondo il Vangelo di Cristo, diventa segno nel mondo di come ci si converte a Dio.

Tutto questo la Chiesa lo esprime nella sua vita e lo celebra nella sua liturgia, quando i fedeli si professano peccatori, e implorano il perdono di Dio e dei fratelli, come si fa nelle celebrazioni penitenziali, nella proclamazione della parola di Dio, nella preghiera, negli elementi penitenziali della celebrazione eucaristica. ( Cf Conc. trid., sess. XIV, Doctr. de sacramento Paenitentiae )

Nel sacramento poi della Penitenza, i fedeli "ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui, e insieme si riconciliano con la Chiesa, che è stata ferita dal loro peccato, ma che mediante la carità, l'esempio e la preghiera coopera alla loro conversione". ( LG 11 )

5. Riconciliazione con Dio e con la Chiesa

Il peccato è offesa fatta a Dio e rottura dell'amicizia con lui; scopo quindi della penitenza è essenzialmente quello di riaccendere in noi l'amore di Dio e di riportarci pienamente a lui. ( Paolo VI, Cost. ap. Paenitemini, 17-2-1966; cf LG 11 )

Il peccatore che, mosso dalla grazia di Dio misericordioso, intraprende il cammino della penitenza, fa ritorno al Padre che "per primo ci ha amati" ( 1 Gv 4,19 ), a Cristo, che per noi ha dato se stesso, ( Cf Gal 2,20; Ef 5,25 ) e allo Spirito Santo, che in abbondanza è stato effuso su di noi. ( Cf Tt 3,6 )

Ma "per un arcano e misericordioso mistero della divina Provvidenza, gli uomini sono uniti fra di loro da uno stretto rapporto soprannaturale, in forza del quale il peccato di uno solo reca danno a tutti, e a tutti porta beneficio la santità del singolo", ( Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, n. 4, 1-1-1967; cf Pio XII, Lett. enc. Mystici corporis, 29-6-1943 ) e così la penitenza ha sempre come effetto la riconciliazione anche con i fratelli, che a causa del peccato sempre hanno subito un danno.

Non di rado, anzi, gli uomini si collegano nel commettere ingiustizia; è giusto quindi che siano solidali anche nel far penitenza; liberati così dal peccato per la grazia di Cristo, potranno essere nel mondo, insieme con tutti gli uomini di buona volontà, operatori di giustizia e di pace.

6. Il sacramento della Penitenza e le sue parti

Il discepolo di Cristo che, mosso dallo Spirito Santo, dopo il peccato si accosta al sacramento della Penitenza, deve anzitutto convertirsi di tutto cuore a Dio.

Questa intima conversione del cuore, che comprende la contrizione del peccato e il proposito di una vita nuova, il peccatore la esprime mediante la confessione fatta alla Chiesa, la debita soddisfazione, e l'emendamento di vita.

E Dio accorda la remissione dei peccati per mezzo della Chiesa, che agisce attraverso il ministero dei sacerdoti. ( Cf conc. trid., sess. XIV, Doctr. de sacramento Paenitentiae, cap. 3 )

a) Contrizione

Tra gli atti del penitente, occupa il primo posto la contrizione, che è "il dolore e la detestazione del peccato commesso, con il proposito di non più peccare". ( Ibid. cap. 4 )

E infatti "al regno di Cristo noi possiamo giungere soltanto con la metànoia, cioè con quel cambiamento intimo e radicale, per effetto del quale l'uomo comincia a pensare, a giudicare e a riordinare la sua vita, mosso dalla santità e dalla bontà di Dio, come si è manifestata ed è stata a noi data in pienezza nel Figlio suo" ( cf Eb 1,2; Col 1,19 e passim; Ef 1,23 e passim; Paolo VI, Cost. ap. Paenitemini ).

Dipende da questa contrizione del cuore la verità della penitenza.

La conversione infatti deve coinvolgere l'uomo nel suo intimo, così da rischiarare sempre più il suo spirito e renderlo ogni giorno più conforme al Cristo.

b) Confessione

Fa parte del sacramento della Penitenza la confessione delle colpe, che proviene dalla vera conoscenza di se stesso e dalla contrizione per i peccati commessi.

Però sia l'esame accurato della propria coscienza, che l'accusa esterna, si devono fare alla luce della misericordia di Dio.

La confessione poi esige nel penitente la volontà di aprire il cuore al ministro di Dio, e nel ministro di Dio la formulazione di un giudizio spirituale, con il quale, in forza del potere delle chiavi di rimettere o di ritenere i peccati, egli pronunzia, in persona Christi, la sentenza. ( Cf conc. trio., sess. XIV, Doctr. de sacramento Paenitentiae, cap. 5 )

c) Soddisfazione

La vera conversione diventa piena e completa con la soddisfazione per le colpe commesse, l'emendamento della vita e la riparazione dei danni arrecati. ( Ibid. cap. 8; Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrìna, nn. 2-3 )

Il genere e la portata della soddisfazione si devono commisurare a ogni singolo penitente, in modo che ognuno ripari nel settore in cui ha mancato, e curi il suo male con una medicina efficace.

È quindi necessario che la pena sia davvero un rimedio del peccato e trasformi in qualche modo la vita.

Così il penitente "dimentico del passato" ( Fil 3,13 ), s'inserisce con nuovo impegno nel mistero della salvezza e si predispone al futuro che lo attende.

d) Assoluzione

Al peccatore, che nella confessione sacramentale manifesta al ministro della Chiesa la sua conversione, Dio concede il suo perdono con il segno dell'assoluzione; il sacramento della Penitenza risulta così completo di tutte le sue parti.

Dio vuole infatti servirsi di segni sensibili per conferirci la salvezza, e rinnovare l'alleanza infranta: tutto rientra in quell'economia divina che ha portato alla manifestazione visibile della bontà di Dio, nostro Salvatore, e del suo amore per noi. ( Cf Tt 3,4-5 )

Quindi per mezzo del sacramento della Penitenza il Padre accoglie il figlio pentito che fa ritorno a lui, Cristo si pone sulle spalle la pecora smarrita per riportarla all'ovile, e lo Spirito Santo santifica nuovamente il suo tempio o intensifica in esso la sua presenza; ne è segno la rinnovata e più fervente partecipazione alla mensa del Signore, nella gioia grande del convito che la Chiesa di Dio imbandisce per festeggiare il ritorno del figlio lontano. ( Cf Lc 15,7.10.32 )

7. Necessità e utilità di questo sacramento

Come diversa e molteplice è la ferita causata dal peccato nella vita dei singoli e della comunità, così diverso è il rimedio che la penitenza arreca.

Coloro che, commettendo un peccato grave, hanno interrotto la comunione d'amore con Dio, con il sacramento della Penitenza riottengono la vita perduta.

E coloro che commettono peccati veniali, e fanno così la quotidiana esperienza della loro debolezza, con la ripetuta celebrazione della penitenza riprendono forza e vigore per proseguire il cammino verso la piena libertà dei figli di Dio.

a) Per beneficiare del rimedio salutare del sacramento della Penitenza, il fedele deve confessare al sacerdote, secondo la disposizione di Dio misericordioso, tutti e singoli i peccati gravi che, con l'esame di coscienza, ha presenti alla memoria. ( Cf conc. trid., sess. XIV, Canones de sacramento Paenitentiae. cc. 7- 8 )

b) Ma anche per i peccati veniali è molto utile il ricorso assiduo e frequente a questo sacramento.

Non si tratta infatti di una semplice ripetizione rituale né di una sorta di esercizio psicologico: è invece un costante e rinnovato impegno di affinare la grazia del Battesimo, perché, mentre portiamo nel nostro corpo la mortificazione, di Cristo Gesù, sempre più si manifesti in noi la sua vita. ( Cf 2 Cor 4,10 )

In queste confessioni, l'accusa dei peccati veniali deve essere per i penitenti occasione e stimolo a conformarsi più intimamente a Cristo, e a rendersi sempre più docili alla voce dello Spirito.

E con tanta maggior verità questo sacramento di salvezza influirà efficacemente sui fedeli, quanto più allargherà la sua azione a tutta la loro vita, e li spingerà ad essere sempre più generosi nel servizio di Dio e dei fratelli.

È quindi sempre un atto della Chiesa la celebrazione di questo sacramento; con esso, la Chiesa proclama la sua fede, rende grazie a Dio per la libertà con cui Cristo ci ha liberati, ( Cf Gal 4,31 ) offre la sua vita come sacrificio spirituale a lode della gloria di Dio e intanto affretta il passo incontro a Cristo Signore.

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