Buono

Dizionario

1) Che possiede umanità, sensibilità d'animo, capacità di affetti

2) Esprime riconoscimento o apprezzamento dal punto di vista morale o sul piano della qualità


Buon pastore

Nell'Antico Testamento Dio è presentato come pastore che ama il suo gregge, Israele ( Ez 34; Sal 23 ).

Si tratta di un'immagine che acquista la sua immediata eloquenza ed efficacia proprio all'interno di una società in larga misura di pastori.

In Giovanni 10,11.14 Gesù si presenta come il "buon pastore" che offre la vita per le sue pecore e instaura con esse un rapporto di conoscenza unico, radicato nel rapporto che lui stesso ha con Dio Padre.

* * *

Il Cristo vivente si rivela dunque come "Io sono", e specifica:

"Io sono il pane della vita" ( Gv 6,35 );

"Io sono la luce del mondo" ( Gv 8,12 );

"Io sono la porta delle pecore" ( Gv 10,7 );

"Io sono la resurrezione e la vita" ( Gv 11,25 );

"Io sono la via, la verità e la vita" ( Gv 14,6 );

"Io sono la vite" ( Gv 15,5 ).

"Io sono il pastore buono e bello" ( Gv 10,11 ), riassumendo in sé l'immagine di tutti i pastori donati da Dio al suo popolo ( Mosè, David, i profeti ), ma anche l'immagine di Dio stesso, invocato e lodato come "Pastore di Israele" ( Sal 80,2), dei credenti in lui.

Gesù aveva evocato più volte l'immagine del pastore e del gregge da lui pascolato ( cf. Mt 9,36; Mt 10,6; Mt 15,24, ecc. ), ma ora con questa rivelazione parla di se stesso, si proclama Messia e Inviato da Dio per condurre l'umanità alla vita piena, "venuto perché tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" ( Gv 10,10 ).

Il buon pastore è l'opposto del pastore salariato, che fa questo mestiere solo perché pagato, che guarda alla ricompensa per il lavoro, ma che in verità non ama le pecore: queste non gli appartengono, non sono destinatarie del suo amore e non contano nulla per lui.

Lo dimostra il fatto che, quando arriva il lupo, egli abbandona le pecore e fugge via: vuole salvare se stesso, non le pecore a lui affidate!

Chi è il pastore mercenario o salariato?

È un funzionario, è colui che svolge il compito per il salario che riceve o semplicemente perché l'essere pastore è ritenuto un onore che gli provoca riconoscimento e gli dona anche gloria.

Ma lo si deve dire: il pastore salariato è facilmente riconoscibile nel quotidiano, perché sta lontano dalle pecore e non le ama.

A lui basta governarle!

Al contrario, l'amore del buon pastore per le sue pecore causa addirittura il suo esporre, il suo deporre la vita per la loro salvezza.

Non solo egli spende la vita stando in mezzo alle pecore, guidando il gregge, conducendolo in pascoli dove gli sia possibile sfamarsi; ma può anche accadere che la minaccia per la vita del gregge diventi minaccia per la vita stessa del pastore.

È questo il momento in cui il buon pastore si rivela.

Questa solidarietà, questo amore sono però possibili solo se il pastore non solo non è un salariato, ma se conosce le sue pecore di una conoscenza particolare che lo porta a discernere e a riconoscere l'identità di ciascuna di esse: una conoscenza penetrativa che è generata dalla prossimità, dall'assidua custodia del gregge.

Sì, la prima qualità del pastore autentico è la vicinanza alle pecore: sta con loro notte e giorno, nei deserti e nei prati, sotto il sole e sotto la pioggia.

Papa Francesco ha parlato di "prossimità della cucina", cioè dello stare là dove "si cucinano" le cose decisive, quelle che contano per ogni pecora, per ogni gregge; ha parlato di pastore che deve avere addosso "l'odore delle pecore".

Immagini forti, che indicano l'urgenza che i pastori non stiano al di sopra né ai margini, ma "in mezzo", in piena solidarietà con le pecore.

Gesù cerca di spiegare questa comunione reciproca evocando addirittura la conoscenza tra sé e il Padre, che lo ha inviato e del quale cerca di realizzare giorno dopo giorno la volontà: "Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre".

Vi è in queste parole di Gesù l'essenza della cura pastorale: una reciproca conoscenza penetrativa tra pastore e pecore.

Non solo il pastore conosce le pecore una per una, in una relazione personale e in un vincolo d'amore, ma anche le pecore conoscono il pastore, la sua vita, il suo comportamento, i suoi sentimenti, le sue ansie e le sue gioie, perché il pastore è loro vicino, prossimo.

Le pecore non conoscono solo la voce del pastore che ascoltano quando le richiama, ma conoscono anche la sua presenza, a volte silenziosa, ma che sempre dà loro sicurezza e pace.

Tale conoscenza-comunione è certamente quella vissuta da Gesù nei suoi giorni terreni, all'interno della sua comunità, con i suoi discepoli e le sue discepole; ma è anche una comunione che trascende i tempi, in quanto sarà vissuta nella storia tra il Risorto e quanti egli attirerà a sé, chiamandoli da altri ovili.

Venuto per tutti, non solo per Israele, e volendo portare tutti alla pienezza della vita, Gesù è consumato dal desiderio che vi sia un solo gregge sotto un solo pastore e che tutti i figli di Dio dispersi siano radunati ( cf. Gv 11,52 ).

Proprio nell'evento della croce si manifesterà la gloria di Gesù come gloria di chi ha amato fino alla morte e allora, innalzato da terra, egli attirerà tutti a sé ( cf. Gv 12,32 ) e darà inizio al raduno delle genti attorno a sé, fino al compimento escatologico, quando "l'Agnello sarà il loro pastore" ( Ap 7,17 ).

Gesù non è un pastore come i pastori di Israele, ma proprio perché è "la luce del mondo" ( Gv 8,12 ) e "il Salvatore del mondo" ( Gv 4,42 ) – avendo Dio amato il mondo ( cf. Gv 3,16 ) –, egli è anche il pastore di tutta l'umanità, come Dio è stato confessato e testimoniato.

Dopo questa auto-rivelazione, ecco altre parole con cui Gesù esprime la sua intimità, la sua comunione con Dio: "Per questo il Padre mi ama: perché io depongo la mia vita, per riceverla di nuovo".

Perché il Padre ama Gesù?

Perché Gesù realizza la sua volontà, quella volontà che è amore fino al dono della vita.

In Gesù c'è questo amore "fino all'estremo" ( Gv 13,1 ), fino al dono della vita appunto, e c'è la fede di poterla riceverla di nuovo dal Padre.

Si faccia qui attenzione alla traduzione, che può compromettere il senso delle parole di Gesù.

Gesù non dice: "Il Padre mi ama perché offro la mia vita per riprenderla di nuovo", ma "per riceverla di nuovo" ( il verbo lambáno nel quarto vangelo significa sempre "ricevere" non "riprendere" ).

L'offrire la vita da parte di Gesù sta nello spazio della fede, non dell'assicurazione anticipata!

Il comando del Padre è che lui spenda, offra la vita; e la promessa del Padre è che così potrà riceverla, perché "chi perde la sua vita la ritroverà, ma chi vuole salvarla la perderà" ( cf. Mc 8,35 e par.; Gv 12,25 ).

Nessuno prende la vita a Gesù, nessuno gliela ruba, e la sua morte non è né un destino ( una necessità ) né un caso ( gli è andata male … ): no, il suo è un dono fatto nella libertà e per amore, un dono di cui egli è stato consapevole lungo tutta la sua vita, dicendo ogni giorno il suo "sì" all'amore.

Nelle parole di Gesù, il Padre appare come l'origine e la fine di tutta la sua attività: da lui viene il comando, che è nient'altro che comando di amare, vissuto da Gesù nel suo discendere quale Parola fatta carne ( cf. Gv 1,14 ) e nella sua vita umana nel mondo.

E la morte di Gesù non è solo il termine dell'esodo da questo mondo, ma è un atto compiuto ( "È compiuto!": Gv 19,30 ), il termine ultimo del suo vivere l'amore all'estremo. Gesù dà la sua vita fino a morire, ma non con il desiderio di recuperare la vita come premio, di riprenderla come un tesoro che gli spetta o come un merito per l'offerta di sé, bensì nella consapevolezza che il Padre gliela dona e che lui l'accoglierà perché "l'amore basta all'amore" ( Bernardo di Clairvaux ).

Gesù non ha dato la sua vita per ragioni religiose, sacre, misteriche, ma perché quando si ama si è capaci di dare per gli amati tutto se stessi, tutto ciò che si è.


Magistero

Enciclica Giovanni Paolo II - Veritatis splendor 6-8-1993
Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono ( Mc 10,18; Lc 18,19 ).

Catechismo della Chiesa Cattolica

cf. Bene
Dio crea un mondo ordinato e buono 299ss
L'uomo nel Paradiso 374
La caduta 385
La caduta degli angeli 391
La Chiesa e i non cristiani 843
Il matrimonio nell'ordine della creazione 1604
La moralità degli atti umani 1749ss
Il nono comandamento 2516
Il disordine delle cupidigie 2535
I Salmi, preghiera dell'Assemblea 2589
Dacci oggi il nostro pane quotidiano 2828