Teologia

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Da theós ( "Dio" ) e lògos ( "ragione", "parola", "spiegazione", "trattazione", "dottrina" ) è la scienza che studia la divinità nella sua essenza, nei suoi attributi e nei suoi rapporti con il mondo creato.

Cerca di capire Dio alla luce della rivelazione divina interpretata e sistematizzata dalla ragione umana; si suole invece chiamare teodicea la conoscenza naturale di Dio, raggiunta con il solo uso della ragione, che parte dai dati dell'esperienza.

La teodicea verte principalmente sull'esistenza di Dio, sulla sua natura e qualità, come risultano alla speculazione umana, e sulla sua provvidenza, specie in rapporto al male nel mondo.

Non rifiuta la rivelazione: la esclude come metodo non come valore: si propone unicamente di mettere in chiaro fino a che punto l'uomo possa arrivare da solo, senza l'ausilio dell'illuminazione diretta di Dio: è pienamente legittima, purché riconosca i suoi limiti: la vita intima di Dio ( la Trinità ) è compito esclusivo della teologia, alla quale la teodicea può portare soltanto considerazioni di sostegno.

È significativo che i Padri greci abbiano riservato a theologia il valore tecnico di dottrina sul mistero trinitario, chiamando economia quanto concerne l'Incarnazione e la redenzione.

La teologia si è poi suddivisa in due sezioni: quella positiva ( o catafàtica ), che illustra ciò che di Dio possiamo comprendere, e quella negativa ( o apofàtica ), che ne evidenzia il mistero irraggiungibile.

"Teologia" ha inoltre assunto il significato di particolare concezione dei problemi divini in una particolare epoca storica ( patristica, scolastica, rinascimentale, moderna … ): pur nell'identità dei contenuti forniti dalla rivelazione, la teologia si adegua, in uno sviluppo progressivo, alle esigenze specifiche ed alle mentalità delle varie società che si succedono nel tempo, impegnandosi a rispondere alle loro particolari interrogazioni: la medesima immutabile verità in un adeguamento, man mano aggiornato, alle problematiche via via emergenti.

… apofatica

Detta anche « teologia negativa », è quel tipo di indagine su Dio che considera soprattutto la sua ineffabilità, cosicché l'uomo può soprattutto dire ciò che Egli non è, piuttosto che ciò che Egli è.

La teologia apofatica, molto cara ai Padri Greci ( Padri della Chiesa ), ha il compito prezioso di purificare la conoscenza umana su Dio dalla sua pretesa di conoscerlo e afferrarlo ( trascendenza ).

… catafatica

È detta anche « teologia positiva » ( dal senso del verbo latino « ponere », ossia « porre », e anche « dire, affermare » ).

È quel tipo di indagine su Dio che cerca di determinarne e chiarirne i suoi attributi, sia con l'aiuto della filosofia, sia anche con i dati biblici e la riflessione sulla fede.

… della storia

È la riflessione teologica sugli interventi di Dio nel corso degli eventi umani, e sulla stessa attività umana in quanto corrisponde o resiste agli inviti divini.

Essa è dunque la riflessione sulla storia umana percettibile, ma considerata per mezzo della fede, nella sua dimensione religiosa, riferita cioè alla costruzione dello stato definitivo dell'umanità nella Gerusalemme celeste.

… dialettica

Il nome designa una corrente di pensiero della teologia protestante, sorta dopo la prima guerra mondiale, i cui rappresentanti più famosi sono K. Barth, F. Gogarten, E. Brunner e R. Bultmann.

Essa nacque essenzialmente in reazione alla teologia liberale protestante dei decenni precedenti, e sull'onda della crisi e delle reazioni generate dalla guerra.

La teologia dialettica pone fortemente al centro il pensiero della trascendenza di Dio rispetto ad ogni conoscenza e azione umana, compresa la religione; e sottolinea che l'uomo si trova dinnanzi a Dio sempre come povero credente con le sue mani vuote, ed ha bisogno di ricevere tutto dalla Rivelazione di Dio in Gesù Cristo trasmessa dalla Scrittura.

Si tende così a rifiutare ogni tipo di conoscenza « naturale » di Dio ottenuta con gli strumenti della ragione, ponendo l'accento in modo radicale sulla « pura fede » proclamata e vissuta senza appoggi e sicurezze umane.

… liberale

È una corrente della teologia protestante fra il XIX e il XX secolo, che sta sotto l'influsso dell'Illuminismo e poi del Liberalismo e dello spirito romantico.

La sua caratteristica principale è quella di avere un'impronta fortemente razionalistica, e di sacrificare quindi la fede nella Rivelazione ad una conoscenza di Dio e ad una morale cristiana ottenute con la ragione umana.

In senso largo, « teologia liberale » è quello spirito caratteristico del pensiero Protestante del secolo XIX, che, pur non dimenticando l'importanza primaria della Rivelazione, tendeva a fondarla e giustificarla con un'analisi razionale del processo di fede.

Postulato comune sotterraneo era la tendenza ad avvicinare il più possibile fra di loro religione cristiana e cultura umana.

Contro tale tendenza avrebbe poi reagito, dal 1920 in poi, la teologia dialettica.

Nell'ambito della teologia liberale si sviluppò lo studio storico-critico dei testi biblici, che arrivò alla posizione estremista di pensare che la Scrittura dovesse essere spiegata con i soli metodi razionali dello studio dei testi, senza una contemporanea visione di fede.

Il termine teologia è di origine greca e indica in ambito cristiano il sapere speculativo e il sistema dottrinale relativi al mistero di Dio, al dato rivelato e in generale alle verità di fede.

È usato per la prima volta nella Repubblica da Platone, quando si domanda quali debbano essere i criteri per parlare correttamente degli dei, "quali debbano essere i modelli da seguire per la teologia", cioè per il discorso su Dio.

La stessa questione ritorna nella Metafisica di Aristotele che parla della teologia come della scienza teoretica volta verso la realtà divina ed eterna: spetta a questa scienza, la più alta tra tutte, riflettere "sull'Essere in quanto essere, sulla essenza e sugli attributi che gli appartengono in quanto essere."

Presente nel mondo greco, il termine teologia è invece assente dal Nuovo Testamento: la parola ( lògos ) o conoscenza ( gnósis ) di Gesù Cristo e del Padre non sono mai qualificate come teologia ma, piuttosto, come chàris, doni della grazia.

L'assenza del termine è significativa; impone di interrogarsi sul perché a un certo momento sia stato ripreso.

Il termine ricompare presso i Padri greci: cercando di presentare in modo organico il dato della fede, lo raccoglieranno attorno all' "economia", o dottrina dell'agire salvifico di Dio ( quale si dà, per esempio, nella creazione e nella redenzione ), e attorno alla teologia, o dottrina su Dio in senso stretto.

Questa organizzazione del dato di fede rispecchia la visione greca del sapere e riflette le concezioni platoniche ricordate sopra: anche se la distinzione tra economia e teologia non si imporrà, dato che di Dio sappiamo soltanto ciò che ha compiuto nella storia salvifica, il termine teologia entrerà così nel pensiero cristiano e vi rimarrà.

Impone le esigenze di un sapere critico, che con gli apologisti cerca di rendere ragione alla fede e con i Padri alessandrini e cappadoci indica nella fede cristiana il luogo dove mettere a frutto l'eredità della cultura classica.

La teologia scolastica nel Medioevo porta a compimento questo sviluppo: la teologia è scientia fidei ( scienza della fede ), presentazione organica e sistematica della fede.

Teologia e sapere

Vale la pena di chiarire questa classica presentazione della teologia, propria di s. Tommaso d'Aquino, nelle sue due parti fondamentali, come scienza cioè e come scienza della fede.

In quanto scienza della fede, la teologia non rimanda ad altra autorità che non sia Dio stesso: "Noi crediamo vere le cose da lui rivelate, non a causa dell'intrinseca verità delle cose percepite dalla luce naturale della ragione, ma a causa della autorità di Dio stesso, che le rivela, il quale non può ne ingannarsi ne ingannare" ( concilio Vaticano I, costituzione Dei Filius ).

Fondata sull'autorità divina della Rivelazione, la teologia contiene un intrinseco rimando alle Scritture, in quanto accolte, credute e interpretate dalla Chiesa ( auditus fidei ) e in quanto capaci di rischiarare il cammino dell'intelligenza ( intellectus fidei ).

In quanto scienza, invece, la teologia rimanda a una mediazione intellettuale che all'evidenza dei principi aristotelici sostituisce l'evidenza della verità divina: evidente per Dio, la verità è mediata per noi dalla grazia della Rivelazione.

Il ruolo dell'intelligenza è così legittimato e precisato: l'uso della ragione si giustifica perché, in ultima analisi, va compresa come partecipazione naturale alla verità divina e, di conseguenza, serve per illuminare da dentro l'atto del credere.

Questo modo di ragionare permette a Tommaso di evitare alcuni scogli: la teologia non è riducibile, per lui, ne a teologia delle sole Scritture ne a dottrina del Magistero, dato che si tratta di una riflessione critica e organica su quell'avvenimento che e le une e l'altra testimoniano.

I problemi posti dalla secolarizzazione

I problemi nasceranno quando inizierà il processo della secolarizzazione: da una parte la scienza si comprende secondo una metodologia sperimentale, dall'altra la filosofia rivendica una concezione autonoma della verità, del tutto indipendente da quella divina.

Il tentativo tradizionalista di appoggiare la teologia all'autorità del Magistero, e quello neoscolastico di risuscitare un mondo ormai lontano con la sua particolare concezione dei rapporti tra fede e ragione, non saranno una vera e propria risposta a queste provocazioni.

Il dibattito esplode alla fine dell'800 sotto la spinta delle scienze storielle e riprende negli anni '60 e '70 del '900 sotto la spinta prima delle scienze sociali, per opera di Th.W. Adorno e J. Habermas e poi del razionalismo critico di K.R. Popper e H. Albert.

Da questa contestazione nasce il bisogno di una più precisa fondazione teoretica e di un coerente modello metodologico.

Se alcuni ( G. Sauter ) si appellano allo Spirito quale garanzia di un compimento che il credente attende e che si offre liberamente all'esperienza della persona, altri rimandano alla scienza delle religioni, viste come determinazione del reale in base all'esperienza di una manifestazione di Dio o di una maniera di intendere il divino.

La posizione attuale

La nostra attuale visione coglie l'evento della Rivelazione come il luogo dove la manifestazione oggettiva della verità si incontra con l'adesione della coscienza credente del soggetto: ne consegue che l'intelligenza personale della fede deve rispettare i caratteri obiettivi rivelati.

Mentre aderisce impegnativamente alla verità, la fede ne rispetta il carattere assoluto e definitivo: nell'evento Gesù riconosce la verità ultima e il senso assoluto per la storia dell'umanità.

La verità esibita dalla teologia è al tempo stesso la verità che va cercando la coscienza razionale nella sua apertura simbolica a tutto il reale.

Proprio per questo la teologia non solo offre una verità che è in grado di affrontare il confronto con la ricerca razionale, ma addirittura esige che la ragione si impegni in questa verifica: esige cioè che l'offerta anticipata che la fede da del senso della vita venga riconosciuta come la realtà di quell'Assoluto che la ragione va cercando.

Da una filosofia ancella della teologia, tesa a illustrarne dall'interno le ragioni, siamo così passati a una concezione della verità che, nel suo libero e gratuito automostrarsi, si svela come la meta della tensione della ragione.

La teologia oggi

Queste indicazioni permettono di capire l'attuale concezione della teologia.

Questa ha il suo punto di partenza nella Parola di Dio e non è riducibile a una illustrazione dei dogmi o delle encicliche.

A partire dalla Parola, la teologia va intesa come una modalità ecclesiale, criticamente e organicamente elaborata, in vista dell'interpretazione e della trasmissione della Parola stessa.

E quanto ricorda espressamente il decreto del concilio Vaticano II Optatam totius ( n. 16 ) quando presenta "lo studio della Sacra scrittura" come "l'anima di tutta la teologia".

Di conseguenza il Magistero e gli stessi dogmi vanno interpretati in base alle Scritture.

Questa visione permette pure di cogliere il carattere storico ed ecclesiale della teologia: la verità rivelata storicamente è a noi accessibile solo attraverso la testimonianza storica della Chiesa.

Attenta alla ricostruzione critica del passato, questa testimonianza storica non è chiusa al bisogno di ridefinirsi di fronte alle sollecitazioni dei tempi: l'attenzione della teologia alla Rivelazione si traduce in un'attenzione alle molte dimensioni che risaltano proprio nella analisi del passato e nella tensione verso il futuro.

In questo senso la memoria del passato e la profezia appaiono forme diverse, ma convergenti, attraverso cui la teologia persegue il suo servizio alla fede della Chiesa e alla sua missione.

La teologia è quindi totalmente al servizio di una verità che è insieme senso e sapienza, storia ed etica.

Sfidata e impoverita da una concezione positivistica e metafisica della verità, la teologia si muove oggi verso un recupero di tutti gli aspetti dell'evento di Rivelazione.

Il cammino attuale mira a superare lo schema soggetto-oggetto per lasciare che la verità rivelata esprima tutta la sua ricchezza esistenziale, etica ed escatologica.

La verità rivelata è veramente servita dalla teologia solo là dove questa e cammino che guida a un avvenire inedito ed eccedente, in grado di dialogare con tutti i problemi del nostro tempo.

Su questa base ha senso la sua ricomprensione attorno a una teologia positiva, o studio delle fonti, che a seconda del suo oggetto si distingue in teologia biblica, patristica e liturgica; attorno a una teologia fondamentale, che legittima i fondamenti del metodo teologico e cioè i suoi rapporti con il sapere umano; attorno a una teologia propriamente detta, che conosce una teologia sistematica attenta ai contenuti della fede, una teologia morale, mirata a chiarire il comportamento della fede, e una teologia pastorale, portata a precisare la vita e la missione storica della Chiesa.

Teologia e teologie

La complessa vicenda storica del pensiero cristiano non consente di identificare un'unica e perenne forma di teologia.

Una periodizzazione in uso nella storiografia individua quattro grandi momenti del pensiero teologico.

Figure storiche della teologia

Il primo momento è costituito dalla teologia patristica, che costituisce il momento sorgivo della teologia cristiana e abbraccia il periodo che segue l'età apostolica fino ai secc. VII-VIII.

Caratteristica preminente di questa teologia è la testimonianza appassionata del messaggio cristiano: i Padri della Chiesa, in stretta familiarità con la Scrittura, coltivarono la necessità per la rivelazione cristiana di intrattenere un confronto/dialogo prima con l'ebraismo, poi con la cultura greca e con quella latina ( v. patristica ).

Il secondo momento è quello della teologia scolastica, che progressivamente uscì dai chiostri e si insediò nelle università, acquisendo via via una solida struttura istituzionale.

Nel quadro del sapere universale la teologia rivendicò per sé non soltanto un carattere sistematico e uno statuto scientifico, ma insieme un ruolo egemone nello scenario delle scienze.

Alla base delle Summae teologiche diffuse in epoca scolastica v'era la convinzione di non potersi sottrarre al compito di istituire un raccordo tra fede e ragione, seppure con accentuazioni diverse fra le diverse scuole: le une in forma dialogica ( tendenza domenicana ), le altre in forma più conflittuale ( tendenza agostiniana ).

Nel terzo periodo il nominalismo di Guglielmo di Ockham, la nuova cultura umanistica e rinascimentale, la diffusione della devotio moderna ( v. ) e soprattutto la "teologia della Croce" di M. Lutero ( v. ) furono i fattori principali che concorsero a sancire la fine della sintesi teologica medievale, comportando l'ingresso nella fase della teologia moderna.

Se la volontà luterana di proclamare la fede pura e non contaminata da astratte speculazioni produsse la separazione di filosofia e teologia, in ambito cattolico l'impulso del concilio di Trento a una reazione al protestantesimo e a un nuovo disciplinamento della vita ecclesiale fu alla base dello sviluppo della teologia controversistica in funzione sempre più esclusivamente della formazione e della missione del clero ( nuovi luoghi di elaborazione della teologia divennero i seminari ).

Nel quarto momento, quello contemporaneo, il leit-motiv della teologia, protestante e cattolica, è la complessa questione di superare la frattura fra cristianesimo e cultura moderna.

Questa impresa aveva già visto all'opera nell'800 autori quali F.D.E. Schleiermaoher, H.J. Newman, A. Rosmini e correnti come il protestantesimo liberale e il modernismo.

L'acquisizione decisiva di questa stagione teologica consiste nel recupero della centralità della rivelazione di Dio in Gesù Cristo, propugnata in modo magistrale dal teologo protestante K. Barth e rilanciata in ambito cattolico dal concilio Vaticano II.

Modelli recenti della teologia

La problematica teologica del '900, interessata a dare vita a un discorso su Dio in termini responsabili e accessibili all'esperienza dell'uomo di oggi, si è intrecciata con la diffusione di orientamenti ( secolarizzazione, ateismo ) che mettevano radicalmente in questione la fede in Dio e con la crisi delle forme tradizionali della predicazione e della prassi ecclesiale.

Il dibattito ha visto l'elaborazione di alcune proposte che, muovendo da istanze ritenute decisive, hanno prodotto un ripensamento dei fondamenti della teologia.

Il "modello dialettico" ( K. Barth, E. Jungel ) denuncia come presuntuosa illusione il tentativo di accedere a Dio partendo dall'umano e dal mondo; Dio può essere conosciuto solo mediante la sua Parola, nell'obbedienza alla sua rivelazione.

Per il "modello esistenziale" ( R. Bultmann, teologia ermeneutica ) l'affermazione di Dio non è una verità teorica e oggettiva, ma un evento dell'esistenza umana, che solo sul piano di un'ermeneutica del senso consente la decisione della fede del soggetto.

Il "modello trascendentale" ( K. Rahner ) affida alla teologia il compito di indagare circa la salvezza dell'uomo, che corrisponde all'autocomunicazione di Dio alla soggettività umana, costitutivamente e dinamicamente aperta all'inesauribile e gratuita verità di Dio.

Per il "modello storico" ( W. Pannenberg ) il problema della rivelazione di Dio coincide con la questione del senso della totalità, per cui si tratta di verificare a quali condizioni l'anticipazione finale della storia offerta nell'evento cristiano sia in grado di integrare e problematizzare l'esperienza storica attualmente accessibile.

Il "modello escatologico-politico" ( J. Moltmann, J.B. Metz ) pone l'accento sulla singolare convergenza tra la forma di pensiero biblico-cristiana e la concettualità pragmatico-utopica delle filosofie della prassi ( E. Biodi, Th.W. Adorno, M. Horkheimer ); il "futuro" di Dio è sì da attendere come promessa, ma insieme abilita la speranza degli uomini a una prassi di riconciliazione e di libertà.

Il "modello estetico" ( H.U. von Balthasar ) intende la rivelazione nella forma di bellezza trascinante, che agli occhi della fede appare nella figura storica del Cristo, manifestazione della gloria di Dio. 

Il rapporto tra teologia e filosofia

Il rapporto con la filosofia appartiene senza dubbio alle costituzioni della teologia.

La teologia si pone infatti come riflessione sui dati della tradizione religiosa, ma ogni riflessione si edifica necessariamente sulla base di un sistema di categorie.

Va poi da sé che un sistema di categorie implica una determinata prospettiva sull'essere, e di questa prospettiva chi potrebbe dame garanzia, chi potrebbe assicurarne il valore se non il pensiero filosofico?

Sempre, naturalmente, che si indichi nella filosofia la ricerca di una fondazione ultima, la posizione di un senso della realtà e, in questo, appunto il sistema delle possibili categorie interpretative della realtà.

Si tratta, sin qui, d'una considerazione di prima evidenza.

Essa va però dispiegata con più cura dai lati opposti, dal lato della filosofia e da quello della teologia: la relazione, a ben vedere, non è a senso unico.

Si pensi alla filosofia quale ricerca del fondamento o appunto dell'ultimo senso dell'essere.

In questa direzione saremo portati all'asserto di un Principio primo: l'Incondizionato, da cui dipendono tutte le condizioni e i modi condizionati del reale; l'Infinito, come presupposto originale sul cui sfondo si rende poi possibile il riconoscimento di ogni finitezza.

Possiamo anche dire che l'approdo a questo pensiero del divino è, per un verso, un approdo che sta al culmino della riflessione filosofica, ma per altro è anche il richiamo alle costituzioni primarie della coscienza: un pensiero che ci abita - lo si avverta o no esplicitamente - sin dall'inizio, che guida dall'intimo tutti i nostri passi.

E tuttavia bisogna anche riconoscere che questo approdo o questo punto di partenza non sembra disegnabile dalla pura ragione, se non informa indeterminata, negativa: In-finito. In-condizionato, As-soluto.

Come dar nome a questa indeterminazione, come parlarne concretamente e in positivo?

Non è difficile notare come il nostro linguaggio viva, a questo riguardo, elevandosi all'interno dei nomi più quotidiani, all'interno di quelle esperienze e di quelle parole che la tradizione ci consegna e che, per trasparenza, alludono al divino.

Si pensi - tanto per fare l'esempio più elementare e più ricorrente - al nome "Dio ": è una parola che ha la stessa radice del latino dies, giorno; una parola dunque che rinvia all'esperienza della luce e ci spinge al pensiero di una luce che tutto rischiara, che tutto porta alla manifestazione del proprio senso.

Quando dunque la stessa filosofia cerca di dar corpo alle sue conclusioni metafisiche, deve necessariamente piegarsi a interrogare il linguaggio dell'esperienza più quotidiana e allora essa diventa interpretazione, ermeneutica.

E non è questo, come si diceva, un compito eminente di cui vive anche la scienza teologica?

Da lati diversi e in forza di principi diversi ma non opposti, ragione e Rivelazione, filosofia e teologia sono così volte dallo stesso lato, entrambe chiamate a interpretare i dati della parola religiosa.

La teologia forse più naturalmente e proprio in forza del suo germinare all'interno d'una tradizione "rivelata", d'una esperienza tramandata.

La filosofia, che a sua volta nasce in seconda battuta, dovrà così piegarsi anche dalla parte dell'ermeneutica teologica: dovrà raccoglierne i risultati, ascoltarne gli itinerari, anche se li ripenserà con i propri metodi.

D'altra parte - lo si è detto sin dall'inizio - la teologia vive di categorie che sono tanto più rigorose e tanto più sistematiche, quanto più sono state elaborate con rigore e sistematicità dal pensiero filosofico.

In conclusione, dobbiamo appunto parlare d'un circolo di competenze e di itinerari, d'una reciprocità di nessi senza dei quali la filosofia dovrebbe relegarsi nel deserto di approdi puramente negativi e comunque indeterminati, mentre la teologia da sé sola finirebbe col perdere ogni garanzia di rigore e ogni riferimento di principio.

Che cosa è la teologia?

Di tutte le scienze, la teologia è la più bella, quella che da un maggiore slancio alla testa e al cuore, che più si approssima alla realtà umana, che da lo sguardo più chiaro sulla verità, obbiettivo di ogni scienza, che più si avvicina al venerabile e profondo senso del termine "facoltà", un paesaggio dall'orizzonte apertissimo e pur tuttavia chiaro, come quelli dell'Umbria o della Toscana, e un'opera d'arte, così architettata e singolare, come il duomo di Colonia o di Milano.

Sarebbero poveri i teologi e i tempi teologici che ancora non avessero notato questo!

Ma di tutte le scienze la teologia è anche la più difficile e pericolosa, e in essa si finisce nella disperazione, come prima cosa, oppure, forse peggio ancora, nella presunzione, e da qui, per un processo di dispersione o di cristallizzazione, all'estremo dell'autocaricatura.

C'è un'altra scienza che possa diventare mostruosa e noiosa quanto la teologia?

Non sarebbe teologo uno che non sia mai stato spaventato dai suoi abissi, o che non ne sia più impaurito…

La teologia non è una questione privata dei teologi, dei professori: per fortuna ci sono stati sempre dei pastori in grado di capirne di più in fatto di teologia che non la maggior parte dei professori.

Ma non è neppure questione privata dei pastori: per fortuna ci sono stati singoli fedeli e talvolta intere Chiese capaci di adempiere la funzione teologica, tacitamente ma con energia, mentre i loro pastori dal punto di vista teologico erano dei bambini o dei barbari.

La teologia è una questione della Chiesa.

Ma la rivelazione, la Chiesa, per essenza e intenti riguardano gli uomini; per questo ora, fiduciosi di poter generalizzare, diciamo anche della teologia: è una questione umana.

E ci sono tempi che hanno un bisogno così impellente di teologia, da autorizzarci a dire: per quanto non piaccia a molti saperlo, la teologia è la questione umana.

Karl Barth

Teologia della liberazione

Indirizzo teologico sorto in America Latina negli anni '70.

La teologia della liberazione sorge dopo il concilio Vaticano II che aveva sottolineato con la costituzione Gaudium et spes l'importanza di partire dal discernimento della realtà più che dai princìpi.

Su questa base, nella conferenza di Medellin ( 1968 ) i vescovi dell'America Latina affermarono il carattere strutturale del sottosviluppo e dell'ingiustizia che colpisce i loro paesi, denunciando il loro sfruttamento e dipendenza a favore di economie ricche.

Rifacendosi alla sensibilità di Medellin, l'opera di G. Gutiérrez, Teologia della liberazione ( 1971 ), è ritenuta l'inizio di questa corrente teologica.

Con essa veniva proposta una nuova visione della teologia, diversa sotto il profilo sia dell'oggetto di studio, sia del metodo.

L'oggetto della teologia della liberazione non è più la dottrina, ma la prassi storica delle comunità cristiane: compito della teologia è la riflessione critica, in base al Vangelo, sulla vita della Chiesa e della società.

L'obiettivo della teologia è, di conseguenza, un'azione ecclesiale di liberazione e non solo una pastorale liturgica o catechetica.

Anche il metodo è diverso: la teologia della liberazione parte dalla scelta dei poveri come punto prospettico per leggere la realtà e per delineare l'azione ecclesiale.

I poveri, colti nella loro realtà collettiva e sociale, sono la chiave di comprensione della Parola di Dio, sono il soggetto centrale di una prassi evangelica di liberazione e della fede che l'accompagna.

Il dibattito attorno alla teologia della liberazione è stato ampio e ha riguardato in particolare due punti.

Il primo verte sul bisogno di chiarire i rapporti tra Parola di Dio e analisi sociologica, specie quella d'ispirazione marxista: si tratta di sapere se i criteri per discernere i poveri e la prassi di liberazione sono centrati sulla Parola, o se questa ha solo valore di conferma per scelte e decisioni che sono prese altrove, in base ad analisi sociali.

Il risultato di questo dibattito è costituito da due documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede: Libertatis nuntius ( 1984 ), Libertatis conscientia ( 1986 ).

Il secondo punto dibattuto riguarda la capacità della teologia della liberazione di rispettare fino in fondo il patrimonio cristiano della fede.

La prassi storica di Gesù e la sequela del Gesù storico non possono trascurare, nella costruzione di una cristologia, la costitutiva relazione di Gesù al Padre, in forza della quale ne è il Figlio; l'insistenza sulla prassi storica della comunità non può concludere a una opposizione tra Chiesa ufficiale o istituzionale e Chiesa di popolo e, meno ancora, a un invito a reinventare la Chiesa.

Magistero

S. Congr. - Donum veritatis - Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo - 24-5-1990

La ricerca delle condizioni nelle quali l'uomo pone da sé le prime domande fondamentali sul senso della vita, sul fine che ad essa vuole dare e su ciò che l'attende dopo la morte, costituisce per la teologia fondamentale il necessario preambolo affinché, anche oggi, la fede abbia a mostrare in pienezza il cammino ad una ragione in ricerca sincera della verità.

Lettera Giovanni Paolo II
30-9-1995

Concilio Ecumenico Vaticano II

La Sacra Scrittura anima e fondamento perenne della … insieme con la Tradizione Dei verbum 24
  Optatam totius 16
Verità della fede e enunciazione teologica Gaudium et spes 62
Rinnovamento della Chiesa ed enunciazione teologica Dei verbum 6
La ricerca … deve ascoltare e capire il proprio tempo per meglio comprendere e presentare la verità rivelata Gaudium et spes 44
collaborazione con le altre scienze Gaudium et spes 62
Unità, libertà e carità nella ricerca teologica nelle Chiese Orientali, eccellenza delle loro tradizioni teologiche Orientalium ecclesiarum 17
Collaborazione fra teologi ed esegeti Dei verbum 23
Nesso tra filosofia e … Optatam totius 15
Metodo di insegnamento della … nei Seminari Optatam totius 16
  Optatam totius 17
mariana: evitare esagerazioni e grettezza Lumen gentium 67
il Concilio non vuol dirimere le questioni disputate Lumen gentium 54
morale: perfezionamento, finalità e metodo Optatam totius 16
La Liturgia insegnata sotto l'aspetto teologico Sacrosanctum concilium 16
Ricerca e adattamento teologico nelle Missioni Ad gentes 22
Premura dei Vescovi per l'approfondimento della … da parte dei sacerdoti Christus Dominus 16
I sacerdoti devono seguire teologi seri e sicuri Presbyterorum ordinis 19
Formazione teologica dei missionari Ad gentes 26
La … nell'apostolato dei laici Apostolicam actuositatem 29
Facoltà e cattedre di … per laici nelle Università cattoliche Gravissimum educationis 10
… e fratelli separati: interesse della … all'unità dei cristiani Unitatis redintegratio 5
aspetto ecumenico della …; verità dei fatti, senza polemica Unitatis redintegratio 10
modo di enunciare la fede nel dialogo ecumenico Unitatis redintegratio 11
diversità teologiche tra i fratelli separati Unitatis redintegratio 19
  Unitatis redintegratio 20
Ricerche teologiche ed Ebrei Nostra aetate 4
v. Formule teologiche; Studi ecclesiastici

Catechismo della Chiesa Cattolica

La crescita nell'intelligenza della fede 94

Rinnovamento Catechesi

La docilità allo Spirito Santo 40
Nell'alveo della Tradizione: la teologia 111
Le nuove strutture 157
Indicazioni pratiche 165
Teologia e catechesi 176
La preparazione dei catechisti 189