Diacono

IndiceA

Sommario

I. Diacono e diaconia nel NT.
II. I diaconi nella chiesa antica; « incaricati della diaconia di Gesù Cristo ».
III. Il diacono, segno sacramentale di Cristo servo e della diaconia della chiesa.
IV. La spiritualità del servizio, di cui il diacono è animatore.
V. Diaconato ed Eucaristia.
VI. La diaconia come "condivisione".
VII. Diverse modalità di espressione della diaconia.
VIII. L'animazione della diaconia da parte del diacono.
IX. La valorizzazione del carisma del diacono: dalla chiesa antica all'attuale rinascita del diaconato permanente.
X. L'animazione della diaconia nella chiesa e nel mondo d'oggi.
XI. L'emergenza dei diaconi da una scelta pastorale di rinnovamento.

La parola diacono indica uno dei tre ministeri in cui si articola il sacramento dell'Ordine ( ministeri ordinati: episcopato, presbiterato, diaconato ).

Nel motu proprio Ad pascendum viene data una definizione autorevole, e ricca di implicazioni sia teologiche che pastorali e spirituali, del ministero del diacono: « Animatore del servizio, ossia della diaconia della chiesa, presso le comunità cristiane locali, segno o sacramento dello stesso Cristo Signore, il quale non venne per essere servito ma per servire ».

I - Diacono e diaconia nel NT

La parola diacono equivale al greco diàkonos, e significa servo.

Questa parola deve collegarsi con altre espressioni, comuni nel NT, come diakonìa, cioè servizio, e il verbo diakonéin, cioè servire.

La parola diakonìa, con le diverse espressioni che ad essa si ricollegano, sta fra i termini che più spesso ricorrono nel NT, perché indica un aspetto fondamentale della figura del Cristo che già il profeta Isaia aveva preannunciato come il servo di Jahve e degli uomini ( Is 52,13-53,12 ), e che si è presentato come « colui che serve » ( Lc 22,27 ), essendo venuto « per servire e non per essere servito » ( Mt 20,28 ).

Ricordando che Gesù, prima di lasciare questo mondo, aveva compiuto il gesto sacramentale e profetico della lavanda dei piedi per invitare i suoi discepoli a conformarsi al suo esempio di servizio ( Gv 13,1-15 ), la chiesa antica considerava la diaconia come un aspetto fondamentale della sua natura profonda, e quindi della vocazione di ogni comunità e di ogni fedele.

Quella chiesa che da s. Ignazio d'Antiochia veniva definita come l'agape, l'amore1 - cioè il segno visibile dell'amore di Dio incarnato nel Cristo presente nell'eucaristia - era ben consapevole del fatto che il servizio è l'espressione concreta dell'amore, secondo la parola di s. Paolo: « Per amore fatevi servi gli uni degli altri » ( Gal 5,13 ).

Considerando che la vita cristiana consiste in una ( v. ) sequela di Cristo e in una conformazione a lui, la chiesa antica approfondiva la diaconia come un amore che si esprime nell'umiltà e nell'obbedienza ( Fil 2,7-8 ), nella povertà ( 2 Cor 8,9 ), in una disponibilità che arriva fino all'immolazione ( Mt 20,28 ), nella condivisione piena delle gioie, dei dolori, delle esigenze e delle aspirazioni di ogni persona di qualunque provenienza ( Rm 12,15; 1 Cor 9,19-23 ).

Accanto alla diaconia come vocazione al servizio di tutti i cristiani, nel NT troviamo nominati i diaconi ( Fil 1,1; 1 Tm 3,8-13 ), come ministero specifico.

Se il servizio è vocazione comune, il ministero dei diaconi, « i servi », sta ad indicare i consacrati al servizio, così da essere il « segno sacramentale » di questa vocazione comune.

II - I diaconi nella Chiesa antica: « incaricati della diaconia di Gesù Cristo »

Il Vat II afferma che gli apostoli hanno trasmesso il loro ministero ai vescovi, ai quali è data la pienezza del sacramento dell'ordine ( LG 20 e 21 ).

A fianco dei vescovi si pongono i loro cooperatori, cioè i presbiteri e i diaconi, cui è conferito il medesimo sacramento dell'ordine così da evidenziarne particolari aspetti: nei presbiteri l'aspetto della presidenza e della guida del popolo di Dio, nei diaconi quello del servizio.

Questi diversi aspetti del medesimo sacramento, presenti fin dalle origini nel ministero apostolico e nelle sue virtualità, gradualmente si sono concretizzati in ministeri distinti.

In un primo tempo si sono differenziati i diaconi, come ministero distinto da quello dei vescovi ( così nel NT, nella Didachè, nella lettera di Clemente Romano ) e successivamente anche i presbiteri.

In tal modo si perviene ben presto all'articolazione tripartita del ministero ordinato, così presentata, all'inizio del II sec., da s. Ignazio di Antiochia: « Compite tutte le vostre azioni in quello spirito di concordia che piace a Dio, sotto la presidenza del vescovo, che tiene il posto di Dio, dei presbiteri che rappresentano il senato degli apostoli, dei diaconi, oggetto del mio speciale affetto, incaricati della diaconia di Gesù Cristo ».2

III - Il diacono, segno sacramentale di Cristo servo e della diaconia della Chiesa

Nella presentazione dei diaconi come « incaricati della diaconia di Gesù Cristo » si trova sostanzialmente la stessa definizione del ministero del diacono che, in un modo più articolato, viene ora proposta ( come già abbiamo visto ) dal motu proprio Ad pascendum: « animatore del servizio, ossia della diaconia della chiesa, presso le comunità cristiane locali, segno o sacramento dello stesso Cristo Signore, il quale non venne per essere servito ma per servire ».

Questa definizione del ministero diaconale suppone una chiara concezione del sacramento dell'ordine, per la quale ogni ministro ordinato è nello stesso tempo un rappresentante e un animatore: rappresentante, cioè « ambasciatore » ( 2 Cor 5,20 ) di Cristo, e quindi anche della comunità ecclesiale ( dal momento che Cristo rappresenta la chiesa che è il suo corpo, può parlare ed agire in nome di essa ); animatore della comunità, cioè dotato di una grazia particolare « per rendere idonei i fratelli all'esercizio del ministero » ( Ef 4,12 ).

Unendo questi due aspetti, di rappresentanza e di animazione, ne risulta che ogni ministro ordinato è segno sacramentale di Cristo nella comunità.

Infatti è proprio del segno sacramentale rendere presente con efficacia la realtà di cui è espressione visibile.

Nel vescovo si trova la pienezza del sacramento dell'ordine ( LG 21 ), così che egli rappresenta Cristo come colui da cui scaturisce la chiesa, sia in quanto ne è il capo sia in quanto ne è il servo.

Questi due aspetti del mistero di Cristo, che tra loro si implicano al punto di identificarsi, si distinguono nel segno attraverso i due ministeri, tra loro complementari, dei diretti cooperatori del vescovo: i presbiteri, come segno di Cristo capo e sacerdote ( PO 2 ) e del sacerdozio comune dei fedeli; i diaconi, come segno di Cristo servo e della diaconia della chiesa.

In tal modo trova riscontro e applicazione una feconda intuizione del Congar a proposito di quella che egli considera una caratteristica costante del popolo di Dio: una sorta cioè di « bipolarità », per la quale a ogni vocazione comune tra i cristiani corrispondano alcuni che ad essa si consacrano così da esserne « il segno ».3

IV - La spiritualità del servizio, di cui il diacono è animatore

Il carisma proprio del diacono, cioè la sua specifica grazia sacramentale, è quella di essere animatore del servizio.

Perciò la spiritualità del diacono è la spiritualità del servizio, che egli è chiamato ad animare e promuovere nella chiesa e nel mondo.

Occorre guardarsi dal considerare il servizio cristiano unicamente come una attività umana di assistenza.

La diaconia di Cristo è una partecipazione, diffusa nella chiesa, per grazia dello Spirito santo, dell'atteggiamento di Cristo, il servo umiliato e sofferente che prende su di sé il peccato e la miseria umana ( Is 53,3-5 ), che si china affettuoso su ogni concreto bisogno ( Lc 10,33-34 ), che si immola fino a dare la vita ( Mt 20,18 ), testimoniando il suo amore fino al « segno supremo » ( Gv 13,1 ).

Il servizio cristiano, come partecipazione al servizio di Cristo, ha una efficacia salvifica e sanante.

Cristo infatti, portando fino in fondo la logica dell'incarnazione, si è fatto servo, anzi « schiavo » ( Fil 2,7 ) per salvare dal di dentro la situazione di schiavitù in cui il peccato e il potere pongono l'umanità.

La schiavitù-per-amore dell'Uomo-Dio libera l'umanità dalla schiavitù-per-costrizione, frutto del potere, il quale è la caratteristica del mondo che non conosce Dio: « delle nazioni » ( Mt 20,25 ) - afferma Gesù -, cioè dei pagani.

V - Diaconato ed Eucaristia

Il servizio cristiano, come espressione dell'amore di Cristo, trova la sua fonte nell'eucaristia, dove Cristo è presente come amore.

Dal momento che il servizio è l'esercizio concreto dell'amore, Gesù nello stesso contesto ha istituito l'eucaristia e ha lavato i piedi, concludendo con il duplice parallelo comando: « Fate questo in memoria di me » ( Lc 22,19; 1 Cor 11,24-25 ) e « Vi ho dato l'esempio perché anche voi facciate come ho fatto io » ( Gv 13,15 ).

La grazia sacramentale dell'eucaristia sta nell'incrementare l'amore.

La grazia sacramentale del diacono sta nel promuovere il servizio che è esercizio d'amore.

Per essere segno sacramentale di un servizio che si fonda sull'amore, il diacono, nel suo ministero, è chiamato ad evidenziare come la fonte di grazia per la diaconia cristiana si trovi nell'eucaristia.

Questo si realizzava nella chiesa antica con chiara naturalezza.

Nella medesima eucaristia si raccoglievano e si distribuivano gli aiuti per i bisognosi, mentre i diaconi portavano agli infermi e ai prigionieri la comunione eucaristica.4

VI - La diaconia come "condivisione"

La grazia di Cristo presente nell'eucaristia, traducendosi in amore e in servizio, ci libera dall'egoismo, cioè dall'attenzione prevalente verso noi stessi, per un orientamento rivolto ai bisogni degli altri.

Questo porta a una continua verifica del nostro servizio perché non si irrigidisca nel suo istituzionalizzarsi, ma si risolva sempre in una affettuosa ricerca dei bisogni concreti e sempre nuovi delle persone e della società.

Essendo dunque il servizio in funzione del bisogno, si rivolge con preferenza a chi ha più bisogno ( si tratti di bisogno materiale o morale o spirituale ).

In una parola: « Il vero padrone del servizio è il bisogno ».5

Cristo servo, che si incarna fino in fondo nella condizione umana, così da « essere trattato come peccato, pur non avendo conosciuto peccato » ( 2 Cor 5,21 ), operando in noi mediante lo Spirito ci conduce per lo stesso suo cammino di "incarnazione redentiva".

Ci porta a comprendere, cioè, che il servizio cristiano non consiste nel fatto che "uno" da qualcosa all' "altro" restandogli estraneo, ma è superamento dell'alterità, è condivisione: è « gioire con chi gioisce, piangere con chi piange » ( Rm 12,15 ).

Perciò « le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore » ( GS 1 ).

VII - Diverse modalità di espressione della diaconia

La vocazione al servizio, che il diacono è chiamato ad animare e promuovere, si manifesta con modalità diverse, tra loro interdipendenti fino a compenetrarsi, che possiamo considerare da diversi punti di vista.

Dal punto di vista delle possibili direzioni cui il servizio cristiano si orienta, possiamo distinguere: una diaconia che si dirige alla comunità ecclesiale in quanto tale, come espressione di comunione tra i cristiani, così che la chiesa sia serva in se stessa; una diaconia che si dirige all'umanità, indipendentemente dal fatto della sua appartenenza visibile alla chiesa, così che questa sia serva del mondo.

Questa diaconia poi può esprimersi mediante l'evangelizzazione ( cioè l'annuncio salvifico del Cristo Risorto ) e la promozione umana, la quale si realizza sia attraverso l'esercizio delle opere di misericordia, sia mediante una fermentazione profetica delle realtà temporali.

Dal punto di vista dell'ecclesialità e della continuità dell'esercizio possiamo distinguere: un atteggiamento di servizio come spiritualità di fondo che deve caratterizzare il cristiano in ogni aspetto della vita: nel lavoro, nella politica, nella famiglia, ecc.; la disponibilità a servizi occasionali, di fronte al presentarsi di esigenze sempre nuove; i ministeri, cioè i diversi « servizi stabili e riconosciuti »,6 frutto della pluralità dei carismi.

Dal punto di vista della corrispondenza ai diversi bisogni della persona e della società umana, possiamo distinguere: la diaconia delle opere di misericordia, sia personali che organizzate, con le quali i cristiani, imitando il samaritano ( Lc 10,29-37 ), si chinano sulla persona umana in qualunque modo ferita, così da dare ad essa tutto il soccorso che è possibile; la diaconia dell'impegno politico, che scaturisce dall'esigenza di risalire alle cause delle ferite dell'umanità, cioè a quelle cause che si trovano nelle strutture sociopolitiche ingiuste, frutto dell'oppressione e del potere dei forti sui deboli, in forme e modalità diverse nei diversi regimi.

Si noti che, mentre i motivi ispiratori di questa diaconia devono derivarsi dal vangelo, non possono da esso desumersi ne l'esame tecnico ( congiunto con l'analisi storica ) sui meccanismi delle strutture oppressive, ne i mezzi per modificarli.

Ne viene di conseguenza una pluralità di scelte politiche tra i cristiani.

Perciò la comunità cristiana è chiamata a influire sulla diaconia dell'impegno politico per quanto riguarda l'atteggiamento spirituale che deve stare alla sua radice, e non per le modalità di attuazione, che i cristiani, in quanto cittadini e insieme a tutti gli uomini di buona volontà, devono ricercare, esercitando la propria intelligenza nell'analisi della realtà sociologica e delle sue cause; infine la diaconia dell'evangelizzazione ( Ef 3,7-8 ): questa è la suprema diaconia, con la quale la comunità cristiana è chiamata da Cristo Signore, che vive in essa, a farsi strumento di trasmissione « ad ogni creatura » ( Mc 16,15 ) della salvezza piena che implica la liberazione da ogni bisogno, nel tempo e nell'eternità.

VIII - L'animazione della diaconia da parte del diacono

La spiritualità del servizio, con le diverse modalità di espressione che abbiamo indicato, rientra nella vocazione della chiesa e di tutti cristiani.

Il diacono, in virtù del suo carisma e del suo ministero, è chiamato ad esserne l'animatore.

Che cosa intendiamo per "animazione"?

Dobbiamo guardarci dal dare a questa parola un'interpretazione prevalentemente psicologica, con il pericolo di confonderla con la stimolazione di riflessi condizionati a catena, propria della propaganda commerciale.

In tale caso sarebbe una pressione, una limitazione di libertà, non una forza liberatrice.

Per animazione intendiamo una proposta, resa più efficace dalla grazia del sacramento dell'ordine.

In virtù di questo sacramento, il diacono è costituito rappresentante di Cristo servo; perciò non è persona privata, ma pubblica ( non tanto in senso giuridico quanto in senso sacramentale ).

Le opere che egli compie e le parole che egli dice nell'esercizio del suo ministero sono compiute e pronunciate in nome di Cristo.

Sono dunque una fonte di grazia, per invitare con efficacia la chiesa a seguire le orme di Cristo servo.

Perciò il diacono è « consacrato al servizio », e quindi impegnato a servire egli stesso in modo da invitare tutti a servire.

Egli, operando nel triplice campo della parola di Dio, dell'eucaristia e delle opere di amore, è chiamato a promuovere le occasioni di incontro, di dialogo, di comunione, a scoprire i bisogni di ogni persona, della comunità ecclesiale e della società umana, e nello stesso tempo a individuare i correlativi carismi da cui possono scaturire i servizi adeguati; ad aprire la via e lo spazio per il servizio di tutti. .

Perciò il suo carisma specifico è diretto a suscitare i diversi ministeri e lo spirito di servizio in tutti i ministeri.

In tal modo la grazia del diacono ha una importante funzione anche nei confronti dei vescovi e dei preti: non per eventuali supplenze nell'ambito delle prestazioni di loro competenza ( non è questo l'intrinseco valore del carisma diaconale ), ma per un costante richiamo al fatto che il ministero sacerdotale di guida spirituale deve essere esercitato con spiritualità di servizio.

IX - La valorizzazione del carisma del diacono: dalla Chiesa antica all'attuale rinascita del diaconato permanente

Nella chiesa antica, fino al V sec., il diaconato aveva una grande importanza.

« Dopo il vescovo, e a questi strettamente collegato, il diacono era il principale ministro della gerarchia ».7

I diaconi, a nome del vescovo, avevano cura dei contatti umani necessari per continuare e animare nella chiesa il servizio di Gesù che "lava i piedi" ai fratelli.

Un testo del III sec. così dice: « I diaconi devono girare qua e là, prendere in considerazione i propri fratelli, sia per ciò che riguarda l'anima che per ciò che riguarda il corpo, e riferirne al vescovo ».8

Essi compivano questo ministero facendolo scaturire dall'eucaristia, così da evidenziare che in essa si trova « la fonte e il culmine » di tutto il servizio cristiano ( SC 10; Euch. Myst. 6 ).

Ogni chiesa locale doveva avere i suoi diaconi « in numero proporzionato a quello dei membri della chiesa, perché possano conoscere ed aiutare ognuno ».9

All'inizio del V sec., il diaconato iniziava la sua decadenza.

All'opera diaconale di promozione del servizio, soprattutto nell'ambito delle opere di misericordia, attraverso contatti personali e capillari con un costante riferimento all'eucaristia, si sostituiva gradualmente - per il mutare della situazione storica - un'assistenza istituzionalizzata.

Sorgevano opere di stabili ( come "ospizi" per infermi e anziani ) sostenute da chi ne aveva la possibilità anche economica; i diaconi ne restavano estranei.

Ai diaconi restava soprattutto la funzione liturgica, la quale però - dissociata dall'esercizio vitale della carità - tendeva a ridursi ad un ritualismo esteriore.10

Così la decadenza del diaconato ha portato alla sua scomparsa, nella chiesa d'Occidente, come ministero permanente.

È rimasto soltanto come gradino d'accesso al ministero presbiterale.

Il Vat II ha individuato nel servizio, come sequela di Cristo servo, il valore centrale per un vero rinnovamento ecclesiale ( LG 8 ).

Non poteva mancare in questo contesto la rinascita del ministero che è "segno sacramentale" del servizio: il diaconato.

Così il concilio ha restituito alla chiesa il diaconato permanente: esso infatti, dice il Vat II, « potrà in futuro essere restituito come proprio e permanente grado della gerarchia » ( LG 29 ).

Le tappe successive della restaurazione di questo ministero sono segnate dal motu proprio Sacrum diaconatus ordinem ( 18-6-1967 ), con il quale vennero fissate le convenienti norme canoniche circa il diaconato permanente e dal documento della CEI La restaurazione del diaconato permanente ( 8-12-1971 ) che lo ripristinava nel nostro Paese a partire dal 15 marzo 1972.

Il motu proprio Ad pascendum ( 15-8-1972 ) offre infine la regolamentazione giuridica del diaconato.

X - L'animazione della diaconia nella Chiesa e nel mondo d'oggi

Il diaconato rinasce nella chiesa come fattore di rinnovamento.

Il rinnovamento ecclesiale non deve confondersi con l'esterno "aggiornamento" di metodi e di forme.

Il vero rinnovamento è "conversione": conversione non solo e non tanto dei singoli, ma della comunità come tale, così che questa sia sempre con maggiore efficacia « sacramento di salvezza » ( LG 48; AG 1; AG 5; GS 45 ) e « segno della presenza divina nel mondo » ( AG 15 ).

Per questo rinnovamento la grazia del diaconato ha un'importanza decisiva: quella di orientare il cammino rinnovatore nella direzione autentica di una chiesa serva e povera.

Le modalità di esercizio del ministero diaconale per promuovere una crescita della diaconia sono, oggi come sempre, numerose e diverse, così come sono tanti i bisogni concreti a cui il servizio cristiano deve far fronte.

Possiamo ora considerare, nelle grandi linee, come può orientarsi l'animazione della diaconia nei due tipi d'ambiente determinati dalle comunita ecclesiali e dalle comunità umane.

Nell'ambito delle comunità ecclesiali il ministero diaconale deve essere orientato soprattutto a promuovere lo sviluppo di comunità "a misura d'uomo", nelle quali siano possibili l'individuazione dei concreti bisogni e il servizio come condivisione.

Infatti in comunità accentrate e anonime non c'è spazio per un ministero di animazione del servizio.

Si considera perciò che un autentico ministero diaconale nella chiesa di oggi debba trovare il suo fondamento nell'ambito dell'animazione delle comunità ecclesiali di base.

Con l'espressione "comunità ecclesiali di base" intendiamo il realizzarsi della chiesa in « quella dimensione che è tale da permettere il rapporto personale e fraterno dei suoi membri ».11

In essa si realizza il "primo nucleo" della realtà della chiesa, ove il Signore è presente in conformità alla sua parola: « Dove sono due o tre uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro » ( Mt 18,20 ).

Le comunità ecclesiali di base, che « fioriscono un po' dappertutto nella chiesa »,12 assumono forme diverse, a seconda della diversità delle situazioni.

Tra le varie forme di comunità ecclesiali di base - oltre ai gruppi spontanei e a quelli che sono espressione di movimenti di spiritualità - riteniamo di fondamentale importanza quei piccoli gruppi che si pongono come articolazioni della parrocchia, per un suo profondo rinnovamento.

La trasformazione della parrocchia in « comunione organica di comunità ecclesiali di base »13 è certamente un punto nodale del rinnovamento ecclesiale, tale da dare luogo ad una fisionomia di chiesa articolata e decentrata, corresponsabile e missionaria [ v. Comunità di vita VIII,2 ].

Il ministero del diacono trova spazio in questo quadro ( sia che il suo esercizio concreto si realizzi direttamente nell'ambito delle comunità ecclesiali di base, sia che si realizzi ad altri livelli ), per individuare i concreti bisogni nel naturale contesto, stimolare in tutti un atteggiamento di servizio, suscitare i diversi ministeri in conformità alle varie esigenze, assicurare la stabilità dei piccoli gruppi e il loro convergere nella comunità parrocchiale.

Sia che il ministero dei diversi diaconi si realizzi prevalentemente nel campo dell'annuncio della parola di Dio, o nel campo della liturgia, o nel campo delle opere di amore, esso deve essere caratterizzato sempre da una caratteristica di capillarità e di contatto immediato con le persone e i piccoli gruppi, così che l'individuazione dei concreti bisogni sia sempre congiunta alla stimolazione dei corrispondenti servizi.

Nell'ambito delle comunità umane, il diacono è chiamato ad essere segno di Cristo servo in tutti gli ambienti dove gli uomini vivono, lavorano, soffrono, gioiscono, lottano per la giustizia.

In tal modo egli opera un'evangelizzazione capillare annunciando a ogni concreta persona che Cristo è colui che l'ama e si china su di essa per servirla.

Nello stesso tempo, egli si pone come fermento profetico perché una chiesa serva del mondo abbia un'efficacia risanatrice per la liberazione della società umana dal peccato e dalle sue conseguenze di potere e di oppressione.

XI - L'emergenza dei diaconi da una scelta pastorale di rinnovamento

La grazia del diaconato deve: essere valorizzata per l'edificazione di una chiesa povera e missionaria, la quale con coerenza « annunci ai poveri la buona novella » ( Lc 4,18 ), e sia fermento profetico per una società più giusta.

Occorre a tal fine che questo dono dello Spirito trovi un terreno favorevole ( Mt 13,8.23 ) per la sua fecondità e il suo sviluppo.

Questo terreno favorevole deve essere dato da un'impostazione pastorale di rinnovamento, nella quale le ordinazioni diaconali siano il frutto di una chiamata che la comunità, unita nel nome del Signore, compie, presentando i suoi candidati al vescovo, in base alle concrete esigenze che emergono per la realizzazione della impostazione pastorale prescelta.

Questo è stato l'itinerario che ha portato all'ordinazione dei "sette" nella prima chiesa: « Scegliete dunque, fratelli, tra di voi, sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo questo ministero.

Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola.

Piacque questa proposta a tutto il gruppo, ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas e Nicola, un proselito di Antiochia.

Li presentarono quindi agli apostoli, i quali, dopo avere pregato, imposero loro le mani » ( At 6,3-6 ).

Identico itinerario, per la valorizzazione del carisma e del ministero del diacono nella chiesa e nel mondo d'oggi, è stato formulato e proposto come conclusione unanime nel Convegno internazionale sul diaconato14 svoltosi a Pianezza ( Torino ) dal 2 al 4 settembre 1977, per considerare l'incidenza del diaconato nascente sul rinnovamento delle comunità ecclesiali ed umane.

Il vescovo missionario belga fan Van Cauweiaert, nel formulare le conclusioni del convegno a nome di tutti i partecipanti di ogni parte del mondo, ha affermato che deve essere ordinato diacono chi « viene riconosciuto dalla comunità come il più idoneo ad animare la sua diaconia ».

In tal modo le comunità ecclesiali « presenteranno al vescovo i loro candidati per il diaconato, e con essi faranno il cammino per la loro formazione ».15

L'unanimità su un'impostazione pastorale di rinnovamento, fondata sulla prospettiva di comunità articolate, decentrate e missionarie che presentino ai vescovi i loro candidati per l'ordinazione diaconale, prospettiva comune pur tra la grande varietà delle esperienze, ha consentito al vescovo Van Cauweiaert di terminare le sue riflessioni conclusive riconoscendo nel diaconato nascente un "segno di speranza" per la chiesa e per l'umanità.

In Cristo Celibato III,3
Carisma ecclesiale Artista VIII
  Vocazione II,2e
  Vocazione III,2c
Gruppi diaconali Vita III

1 s. Ignazio d'Antiochia, Lettera ai Romani, introduzione
2 Lettera ai cristiani di Magnesia, 6
3 In Diacres aujourd'hui, marzo 1968, 14
4 s. Giustino martire, Apologia I, 65, 5
5 Vocazione cristiana e ministeri ecclesiali, a cura del Centro Nazionale Vocazioni, Roma 1977, 15
6 Y. Congar, intervento all'Assemblea dell'Episcopato francese del 1973 in Tutti responsabili nella chiesa?, Torino, LDC 1975, 55, 56
7 A. Hamann, Vita liturgica e vita sociale, Milano, Jaka Book 1969, 187
8 Omelie clementine III, 67
9 Didascalia apost. XVI
10 A. Hamann, o. c., 188
11 Assemblea di Medellin ( 1968 ) dei vescovi latino-americani; Pastorale d'insieme, 10
12 Paolo VI, Evangelii Nuntiandi 58
13 Centro internazionale Pio XII per un mondo migliore, Mi sarete testimoni, quaderno di spiritualità 1975/20, 56
14 Gli atti del convegno sono pubblicati in Il diaconato segno di speranza, Torino, LDC 1978
15 o. c. alla nota prec.. Conclusioni finali, quinta linea di forza