Le nozze e la concupiscenza

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Libro II

8.20 - Dal seme "viziato" si contrae il peccato originale

Né si deve credere a motivo di questa mia affermazione che al di fuori del sommo e vero Dio ci sia un altro creatore del seme umano o dello stesso uomo che viene dal seme; ma se non ci fosse stato il peccato, questo sarebbe uscito dall'uomo con la pacifica obbedienza delle membra al comando della volontà.

Non tratto qui della natura del seme ma del suo vizio.

La prima infatti ha Dio come autore, mentre dal secondo si contrae il peccato originale.

In effetti, se lo stesso seme non avesse alcun vizio, che senso avrebbe il testo del libro della Sapienza: Non ignorando che quella gente era scellerata ed era loro connaturata la malizia e che i loro pensieri non potevano mai cambiare, poiché erano una semenza maledetta fin dal principio? ( Sap 12,10-11 )

Di chiunque dica questo, certo si riferisce a uomini.

In che senso dunque la malizia di qualsiasi uomo è naturale e la sua semenza è maledetta fin dal principio, se non si pone mente al fatto che per un solo uomo entrò il peccato nel mondo e per il peccato la morte e così si trasmise a tutti gli uomini, nel quale tutti hanno peccato? ( Rm 5,12 )

In che senso il pensiero malvagio di un uomo non potrà mai cambiare, se non nel senso che non lo può per virtù propria, ma solo se viene in aiuto la grazia di Dio?

E senza di essa che altro sono gli uomini se non, come dice l'apostolo Pietro, come animali senza ragione, destinati per natura alla schiavitù e alla morte? ( 2 Pt 2,12 )

A questo proposito l'apostolo Paolo, ricordando in un solo testo l'ira di Dio, nella quale nasciamo, e la sua grazia, dalla quale siamo liberati, dice: Anche tutti noi vivemmo un tempo secondo i desideri della nostra carne, assecondando la volontà della carne e delle passioni ed eravamo per natura figli dell'ira come tutti gli altri.

Ma Dio, che è ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, essendo noi morti per i peccati, ci ha fatto vivere con Cristo, per grazia del quale siamo stati salvati. ( Ef 2,3-5 )

Cosa significano, dunque, la malizia naturale dell'uomo, la semenza maledetta fin dal principio, destinati per natura alla schiavitù e alla morte e per natura figli dell'ira?

In Adamo questa natura era stata creata forse in tale condizione? Assolutamente no!

Ma poiché in lui è stata viziata, è in questa condizione che si è trasmessa e si trasmette naturalmente a tutti gli uomini, di modo che soltanto la grazia di Dio, che ci viene da Gesù Cristo nostro Signore, ( Rm 7,25 ) ci può liberare da questa rovina.

9.21 - A Dio si deve la natura, non il vizio

Cosa vuol dire dunque costui quando, parlando di Noè e dei suoi figli, aggiunge che "furono benedetti allo stesso modo di Adamo ed Eva con le parole divine: Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra e dominatela"? ( Gen 9,1 )

A queste parole di Dio aggiunge le sue: "Pertanto questa voluttà che tu vuoi che sia considerata diabolica, si trovava già nei coniugi sopra nominati e come era onesta per la sua istituzione, così rimase anche per la sua benedizione.

Non c'è dubbio infatti che le parole rivolte a Noè e ai suoi figli: Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra, si riferiscono a questa unione corporale, la cui pratica si era già estesa".

È inutile ripetere le stesse cose con tante parole.

Qui si parla del vizio, che ha corrotto una natura buona e il cui autore è il diavolo.

Non si parla della bontà della stessa natura, che ha Dio come autore.

Egli non tenne lontana la sua bontà dalla natura neppure quando si viziò e si corruppe, sì da privare gli uomini della loro fecondità, della vitalità, della salute e della stessa sostanza dell'anima e del corpo, dei sensi e della ragione, degli alimenti, del nutrimento e dell'accrescimento.

Egli ancora fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sopra i giusti e gli ingiusti. ( Mt 5,45 )

Tutto ciò che di buono, insomma, ha la natura umana viene da Dio buono, anche negli uomini che non saranno liberati dal male.

9.22 - La libidine è vergognosa perché è la pena del peccato

Tuttavia, anche qui costui ha parlato di piacere, perché il piacere può essere anche onesto; non ha parlato della concupiscenza carnale o libidine, che è vergognosa.

Non potendo però nascondere un sentimento che la natura ha imposto con violenza, in seguito non è riuscito a dissimulare la sua vergogna.

Dice: Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e saranno due in una sola carne ( Gen 2,24 ) e dopo queste divine parole aggiunge le sue: "Per esprimere le opere con realismo il profeta si è quasi esposto al pericolo di offendere il pudore".

Ecco una confessione davvero chiara, estorta dalla forza della verità!

Il profeta, dunque, per un'esposizione realistica delle opere, si è quasi esposto al pericolo di offendere il pudore, perché ha detto: Saranno due in una sola carne, volendo significare l'unione dell'uomo e della donna.

Si dica il motivo per cui nell'esprimere le opere di Dio il profeta si è quasi esposto al pericolo di offendere il pudore!

Ma davvero le opere dell'uomo non dovrebbero essere vergognose, anzi meritano ogni lode, mentre le opere di Dio sarebbero motivo di vergogna?

Ma davvero l'amore e lo sforzo del profeta nell'esprimere con parole le opere di Dio non sono degni di onore, mettono anzi in pericolo il pudore?

Cosa mai ha potuto fare Dio, per cui il suo portavoce dovrebbe vergognarsi di parlarne e, cosa ancora più grave, l'uomo dovrebbe vergognarsi di un'opera che non ha fatto, ma Dio ha fatto in lui, quando tutti gli altri artigiani si sforzano, affrontando sacrifici e ricorrendo a ogni accorgimento, per non dover arrossire dei propri lavori?

Ma senza dubbio noi proviamo vergogna di ciò di cui si vergognarono i primi uomini, quando si coprirono le parti vergognose.

Questa è la pena del peccato, questa è la ferita e il segno del peccato, questa è la lusinga e il fomite del peccato, questa è la legge delle membra che si oppone alla legge dello spirito, questa è la disubbidienza sorta contro di noi per nostra stessa colpa, inflitta per un giustissimo contraccambio a coloro che avevano disubbidito.

Di essa proviamo vergogna e meritatamente.

Se non fosse così, cosa ci sarebbe per noi di più ingrato e più empio, se nelle nostre membra provassimo confusione non a causa di un nostro vizio o di una pena da noi meritata, ma a motivo delle opere di Dio?

10.23 - Dio concesse a Sara la fecondità, non la concupiscenza

Anche a proposito di Abramo e Sara costui spreca tante parole per spiegare come abbiano avuto il figlio della promessa.

Finalmente nomina la concupiscenza, senza peraltro aggiungere: della carne, perché proprio questa è vergognosa; mentre nel concetto di concupiscenza troviamo talora materia per gloriarci, giacché c'è una concupiscenza dello spirito contro la carne ( Gal 5,17 ) e c'è una concupiscenza della sapienza. ( Sap 6,21 )

Dice dunque: "Certamente questa concupiscenza, senza la quale non si dà alcuna fecondità, tu l'hai definita naturalmente cattiva.

Com'è possibile dunque che venga eccitata in questi vecchi per un dono dal cielo?

Dimostra, se ci riesci, che appartiene all'opera del diavolo quello che vedi dato in dono da Dio".

Parla come se essi in precedenza fossero stati privi della concupiscenza della carne e l'avessero ricevuta in dono da Dio, mentre essa era certamente presente in questo corpo di morte.

Quello che mancava in realtà era la fecondità, che ha Dio per autore, e fu proprio questa ad essere loro concessa quando Dio volle.

Lungi da me invece l'affermazione, che costui forse si attendeva, di una generazione di Isacco immune dall'ardore dell'unione sessuale.

11.24 - La circoncisione purificava dal peccato originale

Dica lui piuttosto per quale motivo l'anima di Isacco sarebbe stata recisa dal suo popolo, qualora non fosse stato circonciso l'ottavo giorno, quale peccato avrebbe potuto commettere personalmente, come avrebbe potuto offendere Dio, sì da essere punito con una sentenza tanto severa a causa della altrui negligenza nei suoi confronti, se non si desse alcun peccato originale.

Sulla circoncisione dei bambini così Dio aveva ordinato: Il maschio che non sarà circonciso nella carne del suo prepuzio l'ottavo giorno, la sua anima sarà recisa dal suo popolo, perché ha violato la mia alleanza. ( Gen 17,14 )

Dica dunque costui, se ci riesce, in qual modo quel fanciullo di otto giorni e, per quanto lo riguarda personalmente, innocente, poté violare l'alleanza di Dio, escludendo ogni possibilità che Dio o la sacra Scrittura abbiano mentito nel fare quell'affermazione.

Allora dunque violò l'alleanza di Dio, non quella dell'obbligo della circoncisione, ma quella della proibizione dell'albero, quando a causa di un solo uomo entrò il peccato nel mondo e per il peccato la morte e così si trasmise a tutti gli uomini, nel quale tutti peccarono. ( Rm 5,12 )

Ed era la purificazione di questo peccato che veniva significata in lui con la circoncisione dell'ottavo giorno, ossia con il sacramento del Mediatore che doveva venire nella carne.

Anche gli antichi giusti, infatti, si salvavano mediante la fede nel Cristo che doveva venire nella carne, che per noi doveva morire e risorgere il terzo giorno, il quale venendo dopo il sabato, cioè il settimo, sarebbe stato l'ottavo.

Fu consegnato, infatti, per i nostri peccati e risuscitò per la nostra giustificazione. ( Rm 4,25 )

Dal momento in cui fu istituita nel popolo di Dio la circoncisione, poiché era allora segno della giustizia mediante la fede, ( Rm 4,11 ) aveva anche il valore di segno della purificazione, anche nei bambini, dell'antico e originale peccato, allo stesso modo del battesimo, che incominciò ad aver valore per il rinnovamento dell'uomo dal momento in cui fu istituito.

Non già che prima della circoncisione non si desse alcuna giustificazione mediante la fede - Abramo stesso, il padre dei popoli che avrebbero seguito la sua fede, fu giustificato mediante la fede quando era ancora incirconciso -, ma nei tempi più antichi il sacramento della giustificazione mediante la fede era rimasto assolutamente nascosto.

Ciò nondimeno, la stessa fede nel Mediatore dava la salvezza agli antichi giusti, piccoli e grandi, non l'antica Alleanza che genera nella schiavitù, ( Gal 4,24 ) non la legge, che non era stata data in modo da poter dare la vita, ( Gal 3,21 ) ma la grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,25 )

Come noi crediamo nel Cristo venuto nella carne, così essi credevano nel Cristo che doveva venire; come crediamo nel Cristo che è morto, così essi credettero nel Cristo che doveva morire; come noi crediamo che è risorto, così essi che sarebbe risorto; noi ed essi, infine, crediamo nel Cristo che verrà a giudicare i vivi e i morti.

Non ostacoli quindi costui la salvezza della natura umana, facendone una difesa inopportuna.

Nasciamo tutti sotto il potere del peccato e soltanto per mezzo di colui, che solo è nato senza peccato, possiamo esserne liberati.

12.25 - La fede della Chiesa nel peccato originale

"Questa unione dei corpi, dice, accompagnata dal calore, dal piacere e dal seme è stata voluta da Dio e, nella giusta misura, è stimata degna di lode; essa infatti in taluni casi costituisce perfino un grande dono fatto a persone pie".

Ha detto "con calore", ha detto "con piacere", ha detto "con il seme", ma non ha osato dire "con la libidine".

Per quale motivo, se non perché si è vergognato di nominare ciò che non si vergogna di lodare?

La ricompensa delle persone pie è la feconda procreazione dei figli, non l'eccitazione vergognosa delle membra: questa non sarebbe stata presente nella natura sana durante l'atto procreativo, mentre ora è presente nella natura viziata.

Per questa ragione, chi nasce da essa ha bisogno di rinascere per essere membro di Cristo e, anche se colui dal quale nasce è già stato rigenerato, ha bisogno di essere liberato da quella legge del peccato, che è presente nel corpo di questa morte.

Stando così le cose, come può continuare dicendo: "Sei costretto quindi a confessare che è svanito il peccato originale, che avevi inventato"?

Non sono stato io a inventare il peccato originale, che la fede cattolica crede dai tempi più remoti.

Tu piuttosto, che lo neghi, sei senza dubbio un nuovo eretico.

Per un giudizio di Dio, sono sotto il potere del diavolo tutti coloro che sono stati generati con il peccato, se non saranno rigenerati in Cristo.

13.26 - La concupiscenza carnale era assente nel corpo prima del peccato

Ma poiché stava parlando di Abramo e di Sara, continua dicendo: "Se dirai che essi facevano uso del matrimonio, ma non avevano figli, risponderò: colui che era stato promesso dal Creatore fu dal Creatore concesso; chi nasce non è opera dell'unione sessuale, ma di Dio.

Colui infatti che formò il primo uomo dal fango, ( Gen 2,7 ) forma tutti dal seme.

Come dunque allora il fango usato come materiale non fu l'autore dell'uomo, così ora questa forza della voluttà, che produce e mescola i semi, non sostituisce l'opera divina, ma dai tesori della natura ricava, per offrirlo a Dio, il materiale con cui egli si degna di fare l'uomo".

Tutto questo discorso, se si eccettua quanto dice a proposito della produzione e del rimescolamento dei semi ad opera della voluttà, sarebbe corretto, se in esso cercasse di difendere il senso cattolico.

Ma poiché conosciamo gli obiettivi di questi ragionamenti, certamente l'autore stravolge il senso anche delle affermazioni giuste.

Il motivo, poi, per il quale non è vero quel punto, che solo respingevo in un discorso per il resto corretto, è il fatto che non è la voluttà della concupiscenza carnale a produrre i semi: questi sono già creati nei corpi dal vero Dio, dal quale sono creati pure gli stessi corpi, e non sono prodotti dalla voluttà, ma vengono eccitati ed emessi con voluttà.

Quanto alla questione, poi, se i semi dell'uno e dell'altro sesso si mescolino con voluttà nell'utero della donna, lasciamo alle donne stabilire cosa sentono nel segreto delle viscere; a noi non conviene spingere fino a questo punto la vana curiosità.

Nondimeno, quella vergognosa libidine, per la quale anche le membra sono state chiamate vergognose, era assente nel corpo di quella vita, che si conduceva nel paradiso prima del peccato, ma incominciò ad esistere nel corpo di questa morte, come disubbidienza resa in cambio della disubbidienza, dopo il peccato.

L'atto coniugale si sarebbe potuto compiere nella generazione dei figli senza questa libidine, come molte azioni si compiono con la sottomissione delle altre membra, senza quell'ardore, giacché si muovono al cenno della volontà e non sono eccitate dall'ardore della passione.

13.27 - Argomentazioni contro il peccato originale

Ascolta il seguito: "Questo è confermato anche dall'autorità dell'Apostolo.

Parlando infatti san Paolo della risurrezione dei morti, dice: Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, ( 1 Cor 15,36 ) e poco dopo: Ma Dio gli dà un corpo nel modo che a lui piace e a ciascun seme il suo proprio corpo. ( 1 Cor 15,38 )

Se dunque fu Dio a dare al seme umano, come a tutte le cose, un proprio corpo, cosa che nessuna persona pia e saggia nega, come proverai tu che tutti sono nati peccatori?

Ti prego di renderti conto una buona volta da quali lacci venga soffocata la dottrina di un peccato naturale.

Suvvia, ti scongiuro, sii più indulgente con te!

Credimi, anche tu sei una creatura di Dio, ma lo devi riconoscere, sei stato corrotto da un grave errore.

Cosa potrebbe essere più sacrilego dell'affermazione secondo la quale Dio non avrebbe creato l'uomo, oppure, come dici tu, che lo avrebbe creato per il diavolo, o almeno, cosa non meno stolta che empia, che il diavolo avrebbe fabbricato l'immagine di Dio, cioè l'uomo?

Dio dunque sarebbe tanto meschino, tanto sfacciato da non avere in serbo nient'altro da dare in premio alle persone sante, se non quello che il diavolo ha infuso come vizio in coloro che aveva ingannato?

Ma vuoi sapere che è possibile dimostrare come persino nei riguardi di persone che non sono sante questa potenza generativa fu data da Dio in dono?

Al tempo dunque in cui Abramo, preso dal timore di gente straniera, fece passare Sara, che era sua moglie, per sua sorella, si narra che il re di quella regione, Abimelech, se la fece condurre per possederla durante la notte.

Ma Dio, che aveva a cuore l'onore di quella santa donna, apparve in sogno ad Abimelech e frenò l'audacia del re, minacciandolo di morte, qualora si fosse spinto a violare il coniugio.

Allora Abimelech disse: Farai perire, Signore, una gente che ignorava ed è giusta?

Non hanno essi stessi affermato di essere fratelli?

Si alzò dunque al mattino Abimelech e prese mille didramme d'argento, pecore, buoi, servi e serve e li diede ad Abramo, restituendogli anche la moglie intatta.

Abramo, poi, pregò Dio per Abimelech e Dio guarì Abimelech, sua moglie e le sue serve". ( Gen 8,14-17; Gen 20,2-4 )

Quanto al motivo di un racconto tanto prolisso, eccotelo in poche parole.

Subito dopo infatti aggiunge: "Per le preghiere di Abramo Dio guarì la potenza della funzione misteriosa, di cui erano stati privati gli organi genitali di umili donne, poiché Dio aveva chiuso dal di fuori ogni vulva della casa di Abimelech . ( Gen 20,18 )

Vedi dunque, continua, se si deve considerare naturalmente cattivo quello che Dio talora toglie, perché adirato, e restituisce, una volta placato.

È lui che crea i figli delle persone pie e delle empie, giacché il fatto di diventare genitori è una capacità naturale, che ha la fortuna di aver Dio per autore, mentre il fatto di essere empi dipende dalla depravazione delle passioni, che per tutti è una conseguenza della libera volontà".

14.28 - Abusi della Sacra Scrittura

A tutto questo brano, in cui ha detto tante cose, rispondo che nelle testimonianze divine da lui citate non è detto niente sul tema della vergognosa concupiscenza, di cui noi affermiamo l'assenza nel corpo di quei beati, quando erano nudi e non provavano confusione. ( Gen 2,25 )

La prima citazione dell'Apostolo infatti si riferisce ai semi di frumento, i quali prima muoiono per ricevere vita. ( 1 Cor 15,36 )

Questa frase, certamente dell'Apostolo, non so per quale motivo, non è stata citata da lui fino in fondo.

L'ha ricordata fino alle parole: Stolto! Quel che tu semini non riceve vita, mentre l'Apostolo aggiunge: Se non muore.

Costui, a mio avviso, ha voluto che quanto è stato detto del frumento fosse inteso dai lettori ignoranti o dimentichi delle sante Scritture come detto del seme umano.

Infine, non solo ha accorciato questa frase tacendo: Se non muore, ma ha anche passato sotto silenzio le parole seguenti, in cui l'Apostolo spiegava di quali semi stava parlando.

Dice infatti l'Apostolo: E quel che tu semini non è il corpo che deve venire che semini, ma un semplice granello, per esempio, di frumento o di altro genere. ( 1 Cor 15,37 )

Omesso questo versetto, prosegue con il successivo testo dell'Apostolo: Dio poi gli dà un corpo come a lui piace e a ciascun seme il proprio corpo, ( 1 Cor 15,38 ) come se la frase: Stolto! Quel che tu semini non riceve vita l'Apostolo l'avesse detta a proposito dell'uomo che compie l'atto coniugale, per farci comprendere che il seme umano non riceve vita dall'uomo che genera i figli nell'accoppiamento, ma da Dio.

Aveva già detto infatti che "quel piacere non sostituisce l'opera divina, ma dai tesori della natura ricava, per offrirlo a Dio, il materiale con il quale si degna di fare l'uomo".

E aggiunge la testimonianza: Stolto! Quel che tu semini non riceve vita, come se l'Apostolo avesse detto: non riceve vita da te, ma è Dio che forma l'uomo dal tuo seme, come se non avesse detto le parole intermedie, da lui omesse, e tutta la frase si riferisse al seme umano: Stolto! Quel che tu semini non riceve vita, ma Dio gli dà un corpo come a lui piace e a ciascun seme il proprio corpo.

Dopo queste parole dell'Apostolo, così conclude il suo discorso: "Se dunque fu Dio a dare al seme umano, come a tutte le cose, un proprio corpo, cosa che nessuna persona saggia e pia nega"; come se l'Apostolo in quel testo avesse parlato proprio del seme umano.

14.29 - Ipotesi sulla procreazione umana prima del peccato

Riflettendo con un po' più di attenzione su quale aiuto potesse dare un simile inganno alla sua causa, non sono riuscito a trovare altro se non che voleva portare a testimone l'Apostolo per dimostrare che è dal seme umano che Dio forma l'uomo, cosa che noi diciamo.

Ma non offrendoglisi alcuna testimonianza ha fatto di questa un uso fraudolento, nel timore, certo, che nel caso si fosse scoperto che l'Apostolo non parlava del seme umano, bensì dei grani di frumento, ci fornisse lo spunto per confutare chi si fa scrupolo di nominare, ma non si vergogna di farne le lodi, non la onesta volontà, ma la voluttà libidinosa.

Sì, proprio i semi che gli agricoltori seminano nei campi ci offrono lo spunto per confutare costui.

Perché infatti non dovremmo credere che Dio nel paradiso potesse concedere all'uomo beato, nei confronti del suo seme, quello che vediamo concesso agli agricoltori riguardo alla semente del grano?

Il seme umano avrebbe potuto essere seminato senza alcuna vergognosa libidine con gli organi genitali sottomessi alla volontà, allo stesso modo che il seme del grano viene sparso dalle mani dei contadini, che obbediscono agli ordini della volontà, senza alcuna vergognosa libidine; tanto più che il desiderio dei genitori di avere figli è più nobile del desiderio dei bifolchi di riempire i granai.

Inoltre, perché non dovremmo credere che il Creatore onnipotente con la sua incontaminata presenza e con la sua potenza creatrice avrebbe potuto intervenire a suo arbitrio sul seme umano nella donna, cosa che fa anche al presente, come a suo piacimento opera sui semi di frumento della terra?

Beate allora le madri che avrebbero concepito senza il piacere libidinoso e avrebbero partorito senza gemiti né dolori.

Poiché in quella felicità e nel corpo di quella vita, che non era ancora di questa morte, le donne non avrebbero avuto di che vergognarsi nell'essere fecondate dal seme né di che soffrire nel dare alla luce i figli.

Chi non crede e non vuole che si creda che dalla volontà e dalla benignità di Dio poteva essere concesso questo dono agli uomini, che prima di qualsiasi peccato vivevano nella felicità del paradiso, non è esaltatore della desiderabile fecondità, ma amante della vergognosa voluttà.

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