Eroismo

Sommario

I. Eroismo cristiano:
1. Il termine;
2. Premesse teologiche;
3. Eroismo e virtù teologali;
4. Eroismo e virtù morali;
5. Esemplificazione;
6. Eroismo e vita quotidiana;
7. Eroismo e maturazione umana;
8. Differenziazioni nella tendenza all'eroismo:
a. La diversità delle persone,
b. La diversità dell'ambiente,
c. La diversità dei doni soprannaturali;
9. Il rapporto tra la tendenza all'eroismo e l'impostazione della vita passata;
10. La tendenza all'eroismo ed i peccati precedentemente commessi;
11. La chiamata all'eroismo in ogni istante della vita;
12. L'ideale dell'eroismo può essere raggiunto?
II. Eroismo umano:
1. Eroe come munifico;
2. Eroe come profeta;
3. Eroe come il forte.

I - Eroismo cristiano

1. Il termine

Il termine eroismo ( dal greco héros, eroe ) che designa un valore, un coraggio eccezionale, cominciò a far parte della terminologia tecnica teologica da quando Roberto Grossatesta ( Greathead ) usò l'espressione virtus heroica nella sua traduzione latina dell'Etica a Nicomaco di Aristotele ( compiuta ca. l'anno 1243 ).

Adoperato da s. Alberto Magno, da s. Tommaso d'Aquino ed altri Scolastici, il termine acquistò presto un'importanza particolare per la teologia ascetica e mistica e venne in seguito ampiamente elaborato dai teologi e dai canonisti interessati alle Cause di Beatificazione e Canonizzazione.

Sono rimaste classiche fino ad oggi le autorevoli disquisizioni di Prospero Lambertini ( 1675-1758 ) che divenne poi il papa Benedetto XIV.

L'eroismo cristiano si riscontra per eccellenza nel più sublime esercizio della carità, ossia il martirio « col quale il discepolo è reso simile al Maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo e a lui viene conformato nella effusione del sangue» ( LG 42 ) [ v. Martire ].

Viene poi qualificato eroico anche il comportamento del cristiano che è in modo così profondo e intenso ispirato dalla carità da avvicinarsi alla perfezione del martirio.

Secondo che si tratti soltanto di determinate attività di un cristiano ovvero di tutta l'impostazione della sua vita, si parla di atti eroici e dell'esercizio eroico di una o più virtù, ovvero della tendenza eroica alla perfezione e della santità eroica.

2. Premesse teologiche

Come già si vede da queste brevi chiarificazioni, la dottrina sull'eroismo cristiano va inquadrata nella teologia della santità [ v. Santo ] e in modo particolare in quella della carità, e procede dunque dal fatto che tutta l'umanità, e con ciò ogni singola persona umana, è in Cristo chiamata ad una vita di intima unione con la ss. Trinità e quindi a partecipare alla sua vita di amore.

Questa unione di amore con Dio che sarà consumata nella sua pienezza soltanto nell'altra vita, è tuttavia già ora una realtà, in quanto nel battesimo l'uomo è stato incorporato in Cristo ed ha cosi, per opera dello Spirito santo, cominciato a vivere della sua vita.

Ciò significa a sua volta che è stato avviato il processo della radicale trasformazione dell'uomo battezzato che, secondo la dinamica dell'amore divino, deve portarlo ad una sempre maggiore e più intima conformazione ed identificazione alla persona del Verbo incarnato e redentore.

È proprio questo processo della progressiva assimilazione a Cristo che esige e postula l'eroismo cristiano.

È vero che la suddetta trasformazione è radicalmente ed essenzialmente opera dell'amore divino.

Essa trascende semplicemente le capacità naturali dell'uomo e dunque non è ne può essere il frutto di un volontarismo umano ( pelagianesimo ).

D'altra parte, proprio perché si tratta di un'unione interpersonale tra Dio e l'uomo, e proprio perché Dio intende comunicare il suo amore, l'uomo non può subire questa trasformazione in pura passività ( quietismo ).

All'invito amoroso di Dio, l'uomo - prevenuto e sorretto dall'aiuto divino - deve rispondere con un amore incondizionato e totale che, lungi dal poter esaurirsi in sterile velleità o fatui sentimentalismi, deve invece essere in sommo grado operoso.

A chi consideri le cose in un ordine puramente teorico ed ideale potrebbe forse sembrare che una siffatta risposta di amore efficace non sia altro che la reazione spontanea ed evidente di una persona umana toccata e mossa dall'amore divino e che, proprio in virtù di questo amore entusiasmante e trascinante, la trasformazione totale del suo essere in un "alter Christus" possa essere effettuata rapidamente e con grande facilità.

In verità, però, date le condizioni concrete ed esistenziali in cui vive l'umanità, questa trasformazione di tutto l'essere umano è un processo tutt'altro che rapido ed agevole, giacché ad esso si oppongono numerose e gravi difficoltà e prima di tutto l'attuale strutturazione dell'uomo caduto e peccatore.

Questi infatti è profondamente affetto da tendenze egoistiche ed egocentriche che lo spingono costantemente a chiudersi in se stesso, a vedere tutti e tutto nell'angusta prospettiva del proprio "io" e a porre se stesso ed i propri vantaggi al centro di ogni attività.

È evidente che questi atteggiamenti sono diametralmente opposti all'invito di aprirsi a Dio, di trascendere i confini della propria piccolezza e di abbandonarsi generosamente alla divina attività trasformatrice che dovrebbe portare l'uomo a vedere tutto con gli occhi di Dio, ad amare come Dio ama e ad agire sempre ed unicamente secondo i criteri di questo amore.

Precisamente perché da un lato l'esigenza dell'amore di Dio è totale ed assoluta e non ammette la pur minima riserva o eccezione, e dall'altro lato l'insieme delle tendenze egoistiche ed egocentriche è fortemente radicato in tutto l'essere dell'uomo caduto e peccatore, che è per di più continuamente sotto l'influsso di ciò che la sacra scrittura chiama il peccato del mondo ( Gv 1,2a ) ed esposto alle insidie del principe delle tenebre, la vita del cristiano che veramente vuole vivere come tale è una lotta costante e durissima che esige da lui un autentico eroismo ( Ef 6,11ss; 1 Pt 5,8ss ).

3. Eroismo e virtù teologali

Questo eroismo deve essere innanzitutto l'eroismo della fede, della speranza e della carità.

Infatti, la lotta contro il proprio io, il mondo del peccato e il principe delle tenebre [ v. Diavolo/Esorcismo; Tentazione ] può essere ingaggiata e sostenuta soltanto da un uomo che, con una fede ferma ed inconcussa, crede nella realtà del Dio personale;

accetta il mistero delle sue vie;

è intimamente convinto della sua saggezza e bontà infinita;

si fida interamente di lui e, in tutte le vicissitudini della vita, in lui ripone tutta la sua speranza;

si abbandona alla sua misericordia;

sa di essere amato con un amore più forte della morte e, ammirato e commosso, brama e vuole amare Dio e tutto ciò che è suo con un amore altrettante genuino e generoso.

È su questo piano della fede, della speranza e della carità, che si inizia e si compie la radicale trasformazione dell'uomo ( v. ) peccatore in uomo di Dio [ v. Conversione; Penitente ] e sono proprio
questi rapporti personali dell'uomo con Dio che, mentre esigono un vero eroismo da parte dell'uomo, lo mettono al tempo stesso in grado di viverlo e intensificarlo progressivamente.

È evidente che tali rapporti di intimità con il Signore hanno essenzialmente bisogno di una congrua misura di silenzio, di solitudine, di preghiera privata e liturgica e soprattutto del frequente incontro sacramentale con Dio che è la sorgente di ogni santità [ v. Celebrazione liturgica; Contemplazione; Eucaristia; Meditazione ].

4. Eroismo e virtù morali

Tuttavia, pur essendo la fede, la speranza e la carità il fulcro e la profonda ispirazione di ogni attività cristiana, ciò non vuoi dire che questa si esaurisce in atti formali delle tre virtù teologali.

Vanno invece, anche in questo campo, debitamente tenute in conto la costituzione metafisica dell'uomo viatore e la sua situazione esistenziale.

Come persona, l'uomo terrestre possiede sì una fondamentale unità spirituale, ma questa deve essere fatta propria, vissuta e approfondita nelle condizioni tipiche della sua materialità, vale a dire nelle condizioni dello spazio e del tempo.

Ciò significa in concreto non solo che l'uomo deve agire in continuazione, ma anche che deve agire nei più svariati campi per attuare e vivere i suoi rapporti essenziali ed indispensabili con l'umanità alla quale appartiene e con l'universo materiale in cui è inserito [ v. Ecologia ].

L'invito che Dio rivolge all'uomo a lasciarsi plasmare e trasformare da lui in modo così profondo e radicale che sia Cristo a vivere e ad agire in lui, riguarda tutto il complesso esistenziale della sua vita umana e dunque l'intera attività umana in tutte le sue innumerevoli e tanto svariate ramificazioni.

Con ciò è detto che la trasformazione radicale dell'uomo peccatore in un "alter Christus", alla quale sotto la spinta dello Spirito santo deve giungere attraverso l'eroismo della sua fede, speranza e carità, assicura a tutta la sua esistenza un'unità ed un'armonia meravigliose e le conferisce al tempo stesso una semplicità e una bellezza incomparabili.

Ma con ciò è detto ugualmente che il raggiungimento di questo fine richiede dall'uomo viatore uno sforzo continuo e non comune in ogni tipo e genere di attività, per far sì che sia Cristo a vivere e ad agire in lui e non il proprio "io" che cerca soltanto il proprio vantaggio e il proprio comodo.

Anzi, se vengono realisticamente tenute in conto le condizioni esistenziali dell'uomo, che lo spingono senza sosta alla dispersione e ai particolarismi di ogni genere, si comprende agevolmente che una vita vissuta con costante e leale fedeltà secondo l'ideale cristiano postula ed esige l'eroico esercizio di tutte le virtù [ e anche il superamento di ( v. ) antinomie spirituali ].

5. Esemplificazione

Non è lo scopo del presente articolo di trattare dettagliatamente dei singoli aspetti del comportamento umano ai quali corrispondono altrettante virtù, ne di farne vedere l'intrinseca unità.

Pare tuttavia opportuno di esemplificare per lo meno in un caso concreto i principi sopra esposti circa la natura e la necessità dell'eroismo cristiano.

Scegliamo a tale proposito il campo dei rapporti umani che evidentemente rivestono un'importanza del tutto particolare nella vita del cristiano.

Se questi dunque vive veramente secondo la sua vocazione e perciò si lascia trasformare dalla grazia in modo tale che non sia più il "vecchio uomo" a vivere ed agire, bensì Cristo a vivere ed agire in lui, i suoi rapporti con il prossimo rispecchieranno fedelmente gli atteggiamenti dello stesso Signore.

Di conseguenza tutto il suo comportamento verso il prossimo porterà l'impronta della carità di Gesù e rifletterà lo splendore della sua bontà.

Un tale cristiano vedrà in ogni uomo il figlio di Dio [ v. Figli di Dio ] e perciò un fratello [ v. Fraternità ] ;

si interesserà di lui e gli andrà incontro con serenità, delicatezza ed affabilità;

parteciperà sinceramente alle sue gioie e condividerà pure i suoi dolori, mentre si prodigherà per consolarlo e aiutarlo;

sopporterà con tatto, pazienza e comprensione le limitazioni altrui e sarà sempre pronto a perdonare le sue colpe, anche se lo correggerà con forza e severità qualora il suo bene lo richieda;

sarà sincero con tutti e avverso ad ogni forma di inganno;

sarà riconoscente per il pur minimo servizio resogli e nella sua umiltà non farà mai pesare la sua superiorità;

non cercherà il proprio comodo a spese degli altri, anzi, prediligerà i poveri e gli abbandonati, senza d'altronde disinteressarsi mai degli altri;

non si lascerà dominare da simpatie e antipatie, ne trasportare dall'euforia dell'ottimismo o dalla tristezza del pessimismo;

il suo cuore sarà costante e si farà sempre tutto a tutti perché tutti ama in Dio e Dio in loro.

Questa sommaria ed assai incompleta descrizione di quanto comporta la sola virtù della ( v. ) carità fraterna illustra quanto esigente sia l'ideale cristiano e dimostra, al tempo stesso, in modo concreto è convincente che esso non può essere raggiunto senza un genuino eroismo.

6. Eroismo e vita quotidiana

Lo stesso esempio aiuta pure a comprendere più a fondo alcuni aspetti della dottrina sull'eroismo cristiano che non di rado vengono trascurati o fraintesi.

Contrariamente a certe convinzioni popolari, l'eroismo cristiano non va affatto identificato con il compimento di determinati atti che per la loro stessa natura sono eccezionalmente difficili o addirittura spettacolari e sensazionali.

È vero che ogni cristiano dovrà, nel corso della sua vita, affrontare delle situazioni che richiedono delle scelte fondamentali, che impegnano fino in fondo la sua carità verso Dio e verso gli uomini e gli offrono così la possibilità di praticare le virtù in modo eroico.

Tuttavia, date le condizioni della nostra esistenza, queste decisioni privilegiate sono piuttosto rare e devono comunque essere eseguite nelle circostanze della vita comune di ogni giorno.

Anzi, è proprio nel logorio, nella routine e nella noia della vita quotidiana che il vero eroismo con cui l'uomo in detti momenti accetta la volontà del Signore viene messo a prova e collaudato, differenziandosi da un solo apparente eroismo.

L'eroismo cristiano è dunque di regola e nella stragrande maggioranza dei casi l'eroismo di chi vive la sua vita ordinaria in modo perfettamente cristiforme.

7. Eroismo e maturazione umana

È ovvio che, salvo forse qualche caso del tutto eccezionale ( che presupporrebbe d'altronde un miracolo della grazia divina ), questo eroismo nella vita comune e quotidiana è il frutto di un graduale processo di maturazione.

L'uomo non nasce cristiano perfetto, ma diviene tale attraverso un lungo e laborioso progresso che raggiungerà il suo termine soltanto quando nella morte sarà liberato dai vincoli terrestri e pienamente trasformato dalla gloria del Cristo risorto.

Finché è viatore il cristiano non è dunque ne infallibile ne esente da ogni debolezza umana.

Chi vuole vivere la sua vita di cristiano in modo eroico, deve, per amore di Dio e con il suo aiuto, fare sforzi continui per evitare sbagli e persino le più piccole imperfezioni semideliberate, senza d'altronde riuscirvi perfettamente.

È proprio questa una delle espressioni più mature ed essenziali dell'eroismo cristiano: il saper accettare questo fatto con quel sano senso di realismo che non si abbandona allo scoraggiamento, all'autolesionismo e alla commiserazione di se stesso, ma conosce soltanto la volontà di correggersi alacremente e di proseguire con fortezza, umiltà e serenità sulla via del Signore.

Il fatto che il cristiano debba costantemente crescere nella carità e nelle altre virtù implica pure un'altra conseguenza che è della massima importanza per l'adeguata comprensione della dottrina teologica circa l'eroismo cristiano.

Questa crescita segue infatti, secondo le disposizioni della Provvidenza ordinaria di Dio, le leggi generali della vita che non cresce per salti ma secondo l'interna dinamica di uno sviluppo organico ed armonico.

Ciò significa che ogni progresso nella virtù non è soltanto un invito a progredire oltre, ma anche la premessa per un ulteriore progresso.

Di conseguenza, l'eroicità del comportamento dell'uomo non va misurata secondo un ideale astratto, bensì secondo le attuali condizioni del suo sviluppo concreto ed esistenziale.

8. Differenziazioni nella tendenza all'eroismo

a. La diversità delle persone

Nel valutare l'intensità nel tendere verso l'eroismo è assolutamente necessario tenere in conto sia le condizioni concrete della vita di ciascuno, sia pure le singole fasi dello sviluppo dell'uomo; a maggior ragione poi si deve tener conto delle numerose e marcate differenziazioni che distinguono ogni membro del genere umano dai suoi simili.

Come persona, ogni uomo possiede infatti le sue qualità tipiche, uniche ed irripetibili, che, lungi dal coincidere con le caratteristiche individuali derivanti dalla sua materialità, costituiscono invece il nucleo più intimo del suo essere spirituale.

È evidente che la diversità delle singole persone, in ciò che è l'ultimo fondamento di tutta la loro esistenza, differenzia pure la loro capacità di ricevere l'amore e di amare e, dunque, anche la loro capacità di lasciarsi trasformare dall'amore di Dio e di vivere la loro vita cristiana in modo eroico.

In questo contesto vanno tenute in conto in modo particolare quelle differenziazioni che risultano dalla diversità del sesso.

Il modo di agire e di reagire è infatti costituzionalmente diverso secondo che si tratti di una persona di sesso maschile o femminile [ v. Sessualità IV ].

Le conseguenze di questa realtà, che si riflettono in ogni manifestazione della vita umana, si fanno ovviamente sentire tanto più profondamente quanto più intimamente sono in gioco i valori fondamentali e cioè l'amore di Dio e degli uomini, che sono appunto le forze ispiratrici dell'eroismo cristiano.

b. La diversità dell'ambiente

È inoltre doveroso valutare debitamente quel complesso di fattori che, nel loro insieme, costituiscono l'ambiente in cui si sviluppa e decorre la vita dell'uomo e dal quale il suo comportamento, pur non venendo determinato, è però fortemente condizionato.

Come la moderna psicologia sottolinea giustamente, tutta la vita affettiva dell'uomo dipende, per es., grandemente dal fatto se nei primi anni della sua infanzia egli sia vissuto in condizioni che hanno favorito ovvero ostacolato o addirittura impedito lo sviluppo spontaneo della sua innata tendenza ad amare [ v. Maturità spirituale ].

L'amore e la comprensione riscontrate o meno in seno alla ( v. ) famiglia; il contatto con compagni buoni o cattivi nel turbolento periodo dell'adolescenza [ v. Giovani ] ; l'inserzione riuscita in un ambiente di lavoro confacentesi alle capacità ed aspirazioni di una persona, ovvero la mancanza di essa [ v. Lavoratore ] ; le condizioni favorevoli o sfavorevoli alla giusta scelta dello stato di vita - e, qualora si tratti del matrimonio, di un compagno della vita veramente adatto - nonché le conseguenze che derivano da una tale scelta [ v. Vocazione ] ; l'incontrarsi o no con un vero amico ( Sir 6,14-17 ) [ v. Amicizia ]; le possibilità concrete di trovare una sicura direzione spirituale o di rimanerne privato [ v. Padre spirituale ] : questi ed altri numerosi elementi sono altrettanti fattori che influiscono profondamente sulla vita dell'uomo ed incidono dunque in modo tutt'altro che indifferente non solo sulle condizioni in cui deve vivere il suo eroismo cristiano, ma anche sulla sua stessa prontezza a viverlo.

Le precedenti osservazioni intendono d'altronde unicamente sottolineare l'estensione e l'importanza di queste diversificazioni; esse non vogliono in alcun modo suggerire che vi sia una proporzione matematica tra le condizioni in cui si svolge la vita di un uomo e le sue possibilità di viverla in modo eroico.

Infatti, come le circostanze che umanamente parlando sembrerebbero le più propizie per una vita cristiana perfetta possono essere frustrate dall'indolenza e dalla faciloneria di chi si accontenta della mediocrità, così è ben possibile che proprio le condizioni avverse e pressoché disperate costituiscano l'occasione e un potente stimolo per una vita autenticamente eroica.

Se ciò è vero già per il solo fatto che, come persona, l'uomo è libero e, dunque, per quanto riguarda la sua vita inferiore, non è mai predeterminato ad una reazione specifica, tanto più è vero quando si considera la presenza della grazia che non manca mai a chi è di buona volontà e si lascia guidare e plasmare dall'amore del suo Dio onnipotente.

c. La diversità dei doni soprannaturali

Con quest'ultima considerazione abbiamo già cominciato a toccare un altro aspetto della complessa realtà dell'eroismo cristiano e cioè quello della diversità dei doni soprannaturali che lo Spirito santo « distribuisce a ciascuno come vuole » ( 1 Cor 12,11 ) e che ciascuno riceve « secondo la misura di fede che Dio gli ha dato » ( Rm 12,3 ).

Oltre alle diversità costituzionali che esistono tra le singole persone, oltre ancora alle diversità dell'ambiente in cui esse - ciascuna a suo modo - devono vivere e svilupparsi, va dunque pure considerata la diversità delle chiamate divine che, nel senso più pieno e profondo della parola, sono personali e perciò singolari, uniche ed irripetibili, proprio perché si tratta di un invito all'amore che Dio rivolge ad ogni persona come tale e a cui questa deve rispondere con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima e con tutta la sua mente ( Mt 22,37 ).

Ovviamente, la diversità delle chiamate divine e la diversità nella distribuzione della grazia che ne consegue, sono intimamente collegate con le differenze costituzionali ed ambientali che tipificano e contraddistinguono l'esistenza di ogni persona umana, ma non coincidono con esse.

L'identificazione dell'ordine della natura con quello della grazia è un errore teologico che ha delle conseguenze gravissime anche per la concezione adeguata dell'eroismo cristiano e per la realizzazione del medesimo.

Non è superfluo accennare a questa verità e ribadire che ne la ( v. ) psicologia, né la ( v. ) sociologia, né le altre scienze puramente umane, quantunque necessarie ed utili, possono mai riuscire ad illuminare pienamente il mistero dell'uomo e della sua vita, ne ad offrirgli i mezzi efficaci a viverla con la dovuta profondità, giacché esse sono essenzialmente incapaci di accertare e misurare la sua dimensione soprannaturale o di lavorare al livello della grazia che costantemente spinge l'uomo verso un ideale che è al di sopra delle sue possibilità naturali e gli conferisce la forza per raggiungerlo.

9. Il rapporto tra la tendenza all'eroismo e l'impostazione della vita passata

La verità di questa affermazione viene d'altronde ampiamente confermata ed illustrata dalla considerazione di un'altra serie di fattori che sono anch'essi di importanza capitale per un giusto apprezzamento dell'eroismo cristiano.

Ci riferiamo ora non più a quegli elementi che precedono e, ciascuno a suo modo, condizionano la libera decisione dell'uomo, ma all'uso che questi fa della sua libertà.

Mentre la persona che con costanza e coraggio agisce liberamente secondo i dettami dell'amore di Dio, può da lui essere condotta ad una perfezione che trascende ogni comprensione naturale e puramente umana, l'inveterato peccatore e l'uomo incallito in una vita di indifferentismo e di mediocrità possono invece, contrariamente ad ogni possibile previsione umana, convertirsi da un momento all'altro sotto l'influsso della grazia divina e cominciare a vivere in modo veramente cristiano.

Queste grazie specialissime, le quali dimostrano in modo evidente che Dio è sovranamente libero nel suo tratto con gli uomini, costituiscono tuttavia delle eccezioni e non possono essere presunte.

Normalmente le possibilità concrete di raggiungere l'ideale dell'eroismo cristiano e le modalità con le quali ciò avviene dipendono dal modo in cui l'uomo ha fatto uso della sua libertà in tutte le circostanze della sua vita precedente e cioè dal fatto se e come egli si è volontariamente aperto ovvero chiuso agli inviti graziosi rivoltigli da Dio.

Il problema dell'uso della libertà non riguarda poi unicamente la questione se l'uomo abbia fatto tutto il possibile per osservare i comandamenti di Dio e per evitare il peccato; nel contesto dell'eroismo cristiano esso riguarda pure l'importante questione se una persona si è accontentata di questo "minimo indispensabile" ovvero si è aperta alle esigenze sempre più crescenti dell'amore di Dio.

Infatti, anche se la fedele osservanza dei comandamenti e la decisa volontà di non commettere alcun peccato richiedono e presuppongono un grande amor di Dio, che può essere e spesso è di fatto veramente eroico, tuttavia l'interna dinamica dell'amore è tale che non può limitarsi a questo.

Perciò Dio chiede continuamente all'uomo, che vuole essere suo, altre manifestazioni di amore che non cadono sotto alcun precetto e non obbligano sotto pena di peccato.

Questa legge inferiore della carità rivela l'essenza stessa del cristianesimo e con ciò anche l'essenza di quell'eroismo che prende il suo nome da Cristo che, mosso dallo Spirito, si è prodigato per la nostra salvezza con una carità senza limiti e vuole continuare a vivere questa sua vita di amore in ogni cristiano, trasformandone il cuore e tutti i sentimenti e spingendolo a una donazione di sé che non conosce limiti.

Il cristiano che non capisce questa verità o che si chiude alle esigenze inesorabili della carità che non dice mai basta e che anela sempre a progredire, pur non peccando e pur facendo alcuni atti eroici, condurrà, in ultima analisi, una vita mediocre e con ciò stesso una vita che nel suo insieme è ben lontana dall'essere eroica.

Anche se rimane sempre possibile di superare con la grazia una siffatta mediocrità, è però evidente che ciò sarà tanto più difficile ed umanamente parlando tanto meno probabile, quanto più è radicata l'abitudine di farsi sordi ed insensibili agli appelli del Signore.

Se viene debitamente tenuta in conto la preminente funzione della libertà nella vita dell'uomo e se, al tempo stesso, viene pure tenuto presente che Dio, nella sua infinita bontà, offre ad ognuno l'aiuto non solo sufficiente ma abbondante della grazia, si capisce agevolmente che tra tutti i fattori che entrano in gioco nei riguardi dell'eroismo cristiano il più importante è proprio quello dell'uso della libertà, in virtù della quale l'uomo è capace di amare e di amare fino in fondo, ovvero di rifiutarsi a un tale amore.

10 La tendenza all'eroismo ed i peccati precedentemente commessi

L'uomo può non solo chiudersi agli inviti di Dio e farsi sordo ad essi; egli è pure capace di peccare.

Sorge così il problema se il peccato commesso da una persona, e ancora di più l'abitudine del peccato in cui una persona è entrata, escludono per essa la possibilità di raggiungere l'ideale dell'eroismo cristiano e, nel caso contrario, quali sono le conseguenze per il raggiungimento di questo ideale.

Pur non sottovalutando gli effetti del peccato veniale deliberato, specie se abituale, parliamo qui innanzitutto del peccato mortale, ossia dell'atto nel quale l'uomo, con piena scienza di causa e con perfetta libertà, trasgredisce in materia grave la volontà di Dio e così facendo tradisce e corrompe i rapporti di amore esistenti tra lui e il Signore [ v. Peccatore/Peccato VI,1 ].

Colui che vuole accertare quali siano le conseguenze di un tale atto per le future capacità del peccatore nei confronti dell'eroismo cristiano, dovrà evitare due posizioni estremiste, le quali sono d'altronde di ispirazione diametralmente opposta.

È ovviamente un grave errore sottovalutare in questo campo gli effetti anche di un solo peccato mortale, in quanto cioè questo produce una ferita profonda, intacca tutto l'equilibrio psichico e morale del peccatore e, proprio a causa di questo, lo dispone a commettere altri peccati non solo nello stesso campo della sua attività, ma anche in altri.

Queste conseguenze del peccato mortale non vengono semplicemente eliminate da un atto di contrizione e neppure dal perdono che Dio concede nell'assoluzione sacramentale, ed è quanto mai doveroso farlo presente, giacché oggi esse vengono non di rado sminuite o trascurate in nome di una cosiddetta teologia dell'amore, la quale però in ultima analisi procede da errate premesse psicologiche e, ciò che è peggio, da una scialba concezione teologica di Dio e dell'uomo, della natura del loro amore reciproco e delle conseguenze che ne derivano.

È in questo contesto che si dovrebbe elaborare il vero significato della "penitenza" con la quale il peccatore pentito e perdonato cerca di percorrere un cammino che va nella direzione opposta di quello che l'ha condotto a peccare [ v. Penitente ].

D'altra parte però è pure errato insistere in modo tale sulle conseguenze di ogni singolo peccato mortale, da giungere praticamente alla conclusione che esse precludono, non già la possibilità di compiere in futuro taluni atti eroici, bensì quella di vivere, una vita interamente ispirata all'eroismo.

Questa concezione, che, per quanto sappiamo, oggi non è difesa da alcun teologo cattolico ma che, nondimeno, si riscontra abbastanza frequentemente sotto la forma di atteggiamenti pratici più o meno spontanei, non valuta adeguatamente il fatto che la decisione dell'uomo non è, per la sua stessa natura, irreformabile e che, di conseguenza, non è neanche impossibile all'uomo di ridimensionare gli effetti che la sua decisione ha prodotto in tutto il suo essere.

Nella sua misericordia Dio ha voluto che ciò valga anche per gli stessi rapporti di intimità che, secondo il suo piano salvifico, devono esistere tra lui ed ogni uomo, e perciò offre anche al peccatore ( purché questi non si sia macchiato del peccato contro lo Spirito santo ) il suo invito di amore e l'aiuto della grazia che lo mette in grado di rispondervi.

Questo invito all'amore poi è - come già si è detto - per la sua stessa natura e perciò sempre e dovunque un invito all'amore totale e dunque un invito ad una vita eroica.

Con ciò è detto che anche chi ha commesso un peccato mortale è capace, con l'aiuto della grazia, di raggiungere l'ideale dell'eroismo cristiano, ma naturalmente la sua via sarà più difficile e tanto più difficile quanto più grave è stato il peccato e quanto più frequentemente fu commesso.

A causa della grandissima diversità esistente tra le singole persone, le loro condizioni esistenziali e il modo in cui, precedentemente al commettere un peccato mortale, avevano fatto uso della loro libertà, ma ancora di più a causa dell'impossibilità di accertare i doni di grazia dati loro da Dio e di scrutare i loro cuori, sarebbe ovviamente fuori luogo voler entrare in ulteriori precisazioni.

Vorremmo tuttavia accennare alle conseguenze pastorali della verità or ora esposta: questa infatti è piena di consolazione e di incoraggiamento per chi vuole riconciliarsi con Dio, in quanto gli fa capire che anche per lui è aperta la via ad un cristianesimo vissuto in tutta la sua pienezza e gli fa intendere al tempo stesso che, proprio seguendo questa via, per lui ora più difficile di prima, può dimostrare tutta la sua riconoscenza al Signore che, amandolo, gli ha perdonato.

La storia della santità cristiana dimostra che la sincera conversione, di chi aveva vissuto lontano da Dio, è spesso stata il fondamento di una vita eroica di eccezionale valore.

11. La chiamata all'eroismo in ogni istante della vita

In base a queste chiarificazioni, si comprende dunque agevolmente la dottrina della chiesa, secondo la quale tutti gli uomini sono in ogni istante della loro vita chiamati all'eroismo: qualunque sia la loro età, indole e razza, e in qualunque professione, stato e condizione vivano.

Tutti, ciascuno a modo suo, sono chiamati all'eroismo e capaci di viverlo: i bambini che, raggiunta l'età della ragione, divengono man mano capaci di ordinare la loro vita secondo la carità che lo Spirito santo diffonde nei loro cuori; gli adolescenti che, con sempre crescente consapevolezza, scoprono la bellezza dell'esistenza ma anche le sue difficoltà; gli uomini e le donne che sentono il peso della giornata, ma sanno pure di essere chiamati a viverla serenamente e con grande senso di responsabilità; gli ( v. ) anziani ai quali il mondo non ha più nulla da offrire, ma che devono ancora affrontare l'incontro con il Signore nel momento della ( v. ) morte, quando ognuno sentirà fino in fondo di essere stato un servitore inutile e che le sue mani sono vuote.

È fuori dubbio che l'ideale dell'eroismo cristiano è di una profonda bellezza, ma è pure evidente che il suo raggiungimento impegna fino in fondo e costantemente tutta la capacità di amore che l'uomo possiede.

Anche chi è giustamente convinto che Dio non chiede mai l'impossibile, si domanda quanti siano gli uomini la cui vita è effettivamente ispirata o retta interamente da un tale amore.

12. L'ideale dell'eroismo può essere raggiunto?

Finché siamo su questa terra, non potremo naturalmente mai conoscere la risposta a questo quesito in modo preciso ed esauriente.

Sappiamo tuttavia che il numero di coloro che la chiesa ha beatificato o canonizzato lungo i secoli o dei quali ha comunque dichiarato l'eroicità delle virtù, è assai elevato e che tra essi si trovano persone che rappresentano le più svariate forme di vita e rispecchiano in modo sorprendentemente ricco l'inesauribile gamma delle possibilità umane.

Pur tuttavia, la chiesa non pretende in alcun modo, ne può pretendere, di proporre pubblicamente all'esempio dei fedeli tutti coloro che hanno condotto una vita eroica; anzi, non è azzardata l'ipotesi che i santi ufficialmente dichiarati tali costituiscano soltanto una frazione infinitesimale di quanti lo sono di fatto.

L'eroismo cristiano è dunque non solo un ideale, ma anche una realtà ed una prova lampante che Dio continua a vivere in mezzo al suo popolo.

Chi d'altronde guarda l'umanità con gli occhi della fede ed ha un cuore sensibile per le cose di Dio si può rendere conto che questo eroismo è vissuto da non pochi anche nei nostri giorni, e non di rado nelle circostanze di una vita del tutto comune e ordinaria nei suoi aspetti esteriori.

Ci riferiamo a coloro che sanno amare come Cristo ha amato, perché è Cristo il centro della loro vita, anzi, la loro vita stessa.

Un tale amore non può rimanere nascosto, ne può passare inosservata la bellezza dell'armonia che esso conferisce a tutta l'esistenza di chi ama in questo modo.

Diventa così manifesto non solo che l'ideale dell'eroismo cristiano può essere raggiunto, ma anche che è pieno di fascino e sommamente attraente.

II - Eroismo umano

Gli antichi hanno avuto e onorato eroi grandi come: Ettore, Enea, Alessandro Magno, Scipione l'Africano, Socrate e altri.

Onorare gli eroi era un modo di proporre ai cittadini una catechesi spirituale: si indicavano concreti esempi di uomini capaci di incitare alla pratica di eccelse virtù.

Gli spiritualisti cristiani non sono stati concordi nell'ammettere che veramente esistettero o possano esistere eroi al di fuori del cristianesimo.

Secondo taluni di essi gli infedeli possono mostrare qualche atteggiamento nobilmente virtuoso, ma sempre deturpato da manchevolezze.

L'eroismo virtuoso è proprio e solo dei cristiani: e un dono dato ad essi da Dio in Cristo per una vita caritativa soprannaturale.

S. Tommaso insegnava: « La virtù ordinaria perfeziona l'uomo secondo il modo umano, la virtù eroica vi aggiunge la perfezione sopraumana ».1

Le virtù eroiche erano ritenute patrimonio possibile solo di noi cristiani: « Il genere divino e teologico della virtù eroica è riferito a quelle sole virtù che Dio, al di sopra di ogni esigenza della natura, infonde nelle anime nostre, in ordine all'oggetto, ossia al fine soprannaturale ».2

La riflessione cristiana odierna parte dalla considerazione della misericordia universale di Dio in Cristo, più che da un privilegio singolare del popolo ecclesiale.

« Cristo è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale » ( GS 22 ).

Per questa diffusione della grazia, possibile presso tutti gli uomini, si ritiene che anche fra i non-credenti esistano veri eroi dal lato spirituale, persone donate a una vita integralmente generosa secondo uno stato virtuoso eccezionale.

Presso gli stessi non-cristiani è concepibile una vita virtuosa eroica, realizzata nei loro stessi comportamenti umani.

Ove lo Spirito è presente, risveglia alle grandezze di donazione in amore.

1. Eroe come munifico

L'eroismo umano è stato vissuto in esperienze spirituali culturali diverse.

A conferma basterebbe ricordare il mutevole significato che, dal lato storico, ha assunto la virtù della magnanimità.

Presso i greci la mégalopsychia è la virtù di grandezza, testimoniata da persone d'azione, in quanto avide di gloria; è la virtù che indica l'iniziativa combattiva dell'eroe fino a porre in pericolo la propria esistenza, allo scopo di mostrare la propria spirituale prestanza.

Nella spiritualità greca l'eroe è colui che sa far mostra di una propria eccellenza, così da situarsi al di sopra degli altri, anche se in un simile atteggiamento personale persiste una finalità di bene comune.

Magnificenza e magnanimità inducono a compiere grandiose azioni splendide, che possono essere contemplate e godute da tutti.

Nella visione spirituale biblica l'eroe è il testimone della grandezza divina, perché Dio è la fonte di ogni fortezza personale ( Es 15,2; Sal 59,18; Sal 119,14 ).

L'eroe non ha motivo di compiacersi di se stesso per il fatto di essere stato scelto da Dio.

La scelta non è un riconoscimento divino della bontà della persona scelta, ma un servizio affidato in vantaggio della comunità.

L'eroe cristiano è cosciente della propria debolezza e ha fiducia solo nell'aiuto del Signore.

« Dio ha scelto quelli che, nel mondo, non hanno importanza e sono disprezzati o considerati come se non esistessero, per distruggere quelli che pensano di valere qualcosa.

Così nessuno potrà vantarsi davanti a Dio » ( 1 Cor 1,28-29 ).

Questa prospettiva cristiana nel tempo antico, ha ispirato tutto l'eroismo anche umano: dal lato sociale si viveva la virtù eroica umana come un dono divino ricevuto in vantaggio dei fratelli.

Ciò che anima l'eroe è una speranza teologale implicata nelle situazioni terrene; è una traduzione profana del concetto di martirio.

Ma mentre nel ( v. ) martirio si aveva l'abbandono di ogni realtà terrena per introdursi nella scelta esclusiva del regno di Dio, nell'eroismo profano ad ispirazione cristiana ci si pone in servizio dei fratelli bisognosi per una nobiltà di vita.

Così si esprimeva l'ideale della cavalleria nella nobiltà feudale.

Già nell'epoca medievale inizia ad affacciarsi la civiltà industriale fondata sulle attività delle arti e dei mestieri.

L'uomo si riconosce grande in forza delle sue attività professionali e commerciali, per la sua presenza operosa civica, per le suntuose realizzazioni artistiche, per le dedizioni mirabili di assistenza pubblica.

Lentamente nasce la borghesia, tutta indaffarata a costruirsi un benessere nella vita presente, preoccupata di far riconoscere socialmente i propri diritti personali.

L'agire etico dei laici si ispira non più sul regno futuro, ma su quello presente: si ritiene che svolgendo bene il lavoro nel mondo, con ciò stesso si assicuri l'avvenire in tutti i suoi aspetti.

Alla nascente borghesia s. Tommaso offre il contesto spirituale: ripropone la virtù aristotelica della magnanimità, qual vita eroicamente impegnata nel rendere grandioso il mondo.

L'eroicità spirituale dell'uomo sta nell'attuarsi come adulto, nel perfezionarsi nelle facoltà e nelle energie di un corpo prestante, entro un mondo dominato e umanizzato.

Munifico e magnifico è chi sa potenziare il benessere in favore del maggior numero possibile di persone; chi sa suscitare un ambiente confortevole e splendido in uso di tutti.3

L'uomo moderno non considera più la sua grandezza entro la struttura virtuosa della magnanimità.

Egli ammira l' ( v. ) artista, lo ( v. ) scienziato e il commerciante sagace; li ritiene magari persone eccezionali e mirabili; sa apprezzare e godere delle loro opere e attività.

E, tuttavia, non li ritiene eroi.

È ritenuto eroe colui che impegna la sua persona e la sua esistenza in azioni socio-politiche, che cerca di convertire le strutture pubbliche ingiuste, che cerca di far fiorire un'esperienza di libertà autonoma fra i popoli ( LG 36; AG 21; AG 41 ).

In tutte le altre azioni, che possono pure esporre a repentaglio la propria vita ( come in corse automobilistiche, scalate ardimentose, acrobazie mortali ) si parla di coraggio, non di eroismo.

L'eroe è impersonato nel liberatore di una comunità o di un popolo, forse perché il valore oggi più ambito e meno posseduto in forma integrale è un'effettiva esperienza personale-comunitaria.

Ecco perché con facilità i ( v. ) giovani sono affascinati e travolti entro movimenti sovversivi: essi respirano l'eroismo rivoluzionario dei tempi presenti.

2. Eroe come profeta

Il creato, nella sua accezione umana più ampia, è in uno stato di perenne autocompletamento.

Iddio va completando la creazione intrecciando il suo dono con la collaborazione responsabile dell'uomo.

La missione umana concreatrice richiede di intuire, attraverso i ( v. ) segni dei tempi, come si vadano affacciando il disegno di Dio e la sua opera creativa sull'universo esistente.

L'uomo è impegnato ad armonizzarsi su tale disegno con una propria azione ammirevolmente originaria.

Esistono pareri discordanti sul come realizzare il compito concreativo umano.

Gli uni ritengono che l'unica opera umana, veramente doverosa, sia quella di conservare l'ordine costituito, di situarsi sulle certezze spirituali già praticate, di stare al sicuro sulle verità acquisite, di mostrare fedeltà al costume inaugurato.

Sono persone che palesano una radicale incapacità a staccarsi dal consueto; non ammettono come possibile la ricerca del nuovo; non si lasciano istruire dall'imprevisto; vivono una reazione ansiosa e violenta contro gli innovatori; mostrano una dipendenza totale verso il sistema tradizionale dei valori spirituali.

In pratica, essi sono incapaci di accogliere la realtà nella sua completezza misterica, nella sua irrinunciabile conflittualità, nel suo divenire storico.

Quando una persona mette in discussione la validità della pratica spirituale dominante, quando richiede l'instaurazione di un ordine umano nuovo, quando denuncia l'ingiustizia diffusa nelle istituzioni esistenti, quando vuol dimostrare che il costume morale acquisito è una mascherata dominazione su talune classi più deboli, tale persona per lo più viene lentamente isolata nella comunità; viene a perdere le relazioni amichevoli e i favori di stima già goduti.

Le persone benpensanti, che costituiscono generalmente l'ambiente ufficioso, emarginano l'innovatore, perché aggredisce quanto costituisce la loro sicurezza: non ammettono di dover convenirsi su posizioni spirituali nuove.

Preferiscono chiudersi, mostrando astio verso quanti turbano la loro tranquillità.

Come deve comportarsi un profeta in una comunità conservatrice?

Egli è chiamato a instaurarsi in un equilibrio di molteplici valori: un complesso compito realizzabile solo attraverso una personale vita eroica.

Di fronte al fatto di sentirsi emarginato socialmente, di fronte all'esperienza di vedersi schernito presso i benpensanti, il profeta non deve rinchiudersi in una sfera d'intimismo, ne raggomitolarsi su se stesso, ma continuare a svolgere una missione di dimensione politica.

Se il profeta si sa rifiutato dal contesto sociale, non deve mostrarsi frustrato o scoraggiato.

Il suo compito profetico è benefico, non tanto nel sopraffare la società, ma nell'inserirsi in essa, aiutandola ad evolversi.

Una verità, enunciata dal profeta, è proficua solo se matura come esperienza comunitaria.

La sua missione non sta nell'imporre la sua visione, ma nel pazientare con costanza nella propria opera, in modo da far fiorire l'ordine nuovo dall'interno dell'assemblea dei fratelli.

In caso: contrario egli cercherebbe se stesso e la propria, prestanza, più che il bene comune.

Il profeta può prendere ispirazione dall'esperienza di Gesù Cristo, che è stato il grande profeta, realizzatosi nel sacrificio eroico di se stesso.

Non esiste autentica profezia che non si integri nell'offerta sacrificale personale.

L'eroismo è costitutivo irrinunciabile di una vita profetica autentica.

Può essere vero profeta chi è ornato di molteplici virtù in forma elevatamente difficile.

Egli deve essere così spirituale, da intuire il disegno di Dio che affiora nei segni dei tempi;

deve integrare l'opera sapiente di Dio con una propria missione;

deve saper esaminare con critica intelligente quanto è realizzato fra gli uomini;

deve lasciarsi contestare e istruire da quanti hanno concezioni e attività contrarie alle sue;

deve offrirsi in dono, anche quando viene con disprezzo emarginato;

deve amare la collaborazione e la comunione con quanti camminano su altre strade contrarie alle sue;

non deve mai ambire di offrirsi spettacolo, ma le sue proposte innovatrici devono affiorare come spontaneo maturarsi della vita comunitaria.

3. Eroe come il forte

L'eroismo non è riservato a talune persone privilegiate per doti e per situazioni singolari: esso è uno stato offerto ad ogni uomo, anche se tale eroismo deve svolgersi in gradi differenti e in dipendenza dal come si configuri la stessa esistenza quotidiana.

Sono le situazioni concrete che suggeriscono il modo di atteggiarsi di un animo eroico.

Non esiste un discorso generico e astratto di eroismo.

Possiamo fare un'esemplificazione.

La comunità italiana di ieri si qualificava come composta prevalentemente da famiglie povere e bisognose: spesso mancava l'assistenza medica; in talune regioni scarseggiava l'acqua; si esercitavano professioni: dure e pesanti senza assistenza sociale; il ricavato del lavoro non di rado dipendeva dall'andamento incerto delle stagioni.

La fortezza d'animo stava nell'aderire alla propria situazione; nell'assumerla con serenità; nel mantenersi combattivi e fiduciosi contro le difficoltà rinascenti.

La vita, nella sua stessa concretezza quotidiana, si colorava di un aspetto generale di eroismo: faceva respirare in un clima generalizzato di generosità eccezionale.

Si vivevano le piccole virtù ordinarie entro la generale virtù eroica della fortezza.

« L'essere fermo ed immobile entro queste difficoltà ordinarie, ne lasciarsi da quelle smuovere dal retto sentire, non è virtù speciale; ma è una virtù, che a tutte le virtù compete ».4

L'eroismo era la virtù della povera gente, degli emarginati socialmente, perché accettavano con amore il proprio gravoso dovere quotidiano, sia pure nel tentativo costante di uscire da quella dolorosa indigenza.

« L'amore sopporta tutto, soffre tutto » ( 1 Cor 13,7 ).

La società odierna per lo più reca l'impronta del capitalismo borghese.

Essa diffonde negli animi l'ideale del consumismo.

Oggi non appare per nulla eroico uniformarsi alla situazione sociale generalizzata: ci si ridurrebbe ad immettersi in un certo benessere, in una indolenza pigra e godereccia.

Si è introdotto uno stile di vita per il quale gode prestigio chi mostra di aver acquisito un cumulo di piacevoli comodità.

Eroe è la persona che sa rimanere immune da questa atmosfera consumistica, che sa situarsi in un'esperienza contrastante con quella ambita e praticata dalla comunità delle persone socialmente apprezzabili.

Eroe è chi accetta di vivere una vita povera per solidarietà o in aiuto verso i fratelli emarginati;

chi si reca in terre sottosviluppate, non aggredite dal progresso industriale, per risvegliare quei popoli a una esistenza più umana;

chi propone di realizzarsi secondo uno spirito di lavoro onesto e continuo;

chi non si intruppa con il partito dominante, ma si impegna socialmente con proprio sacrificio per le classi bisognose;

chi non cerca di trarre profitto dalla propria posizione sociale o dalle amicizie, ma vive al di fuori dei privilegi;

chi svolge una missione evangelica, non confortato dal prestigio del sacro, partecipando alla stessa vita dei poveri emarginati o dei lavoratori sacrificati.

L'eroismo ha così mutato sostanzialmente la sua configurazione.

Ieri veniva proclamato eroe chi svolgeva con amore e precisione tutti i propri ordinari doveri, anche minimi, senza ostentazione.

Si ribadiva la massima spirituale: « La mia massima penitenza è la via ordinaria, vissuta entro i regolamenti esistenti ».

« La santità propriamente consiste solo nella conformità al divino volere, espressa in un continuo ed esatto adempimento dei doveri del proprio stato ».5

Mentre l'eroismo odierno è contestazione al conformismo; è vivere la fortezza come austerità; è sentirsi in stato di riprovazione fino a quando esiste un fratello miserabile che soffre; è un non restringersi ai doveri elencati come ordinari dai regolamenti; è sentirsi pellegrino in una terra non armonizzata sui voleri di Dio; è ricercare come si possa instaurare una autentica città umana d'amore nella giustizia comune [ v. Antinomie spirituali VI ].

In conclusione, ad ogni epoca e in ogni cultura spirituale è necessario individuare il modo appropriato di una possibile vita eroica.

E, avendolo precisato, è conveniente inculcarlo soprattutto presso i ( v. ) giovani.

Accanto all'eroismo cristiano per i credenti, si deve offrire un eroismo umano per quanti vivono nella comunità laica secolarizzata al di fuori della fede cristiana.

Altrimenti avremo una gioventù deviata, inquietamente rivoltosa.

… e permissività odierna Ascesi IV,1
… umano moderno Eroismo II
Modelli I,2
Sua praticabilità Comunità III,3
Eroismo I,11
… e martirio Martire I,5
Presso cristiani non-cattolici Martire I,6
Presso buddhismo Buddhismo III

1 Comm. ad Mai. V, 1
2 Benedetto XIV, De… Bealificatione… Ili, 21, 9
3 R. A. Gauthier, Magnanimità. L'ideal de la grandeur darts la philosophie paienne et dans la théologie chrétienne. Parigi. Vrin 1951
4 G. B. Scaramelli, Direttorio ascetico. III, 3, 1, 87
5 Benedetto XV, Discorso sul ven. G. Battista di Borgogna, AAS 1920, p. 173