Annotazioni sulla Casa di Carità  

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108. Non turbarsi per mormorazioni

9 giugno 1921.

Gesù disse: "di parlare col Superiore con calma e carità: di parlare intimamente e con compatimento per ambo le parti, di ponderare sul serio i detti del Signore, di studiarli per bene secondo il cuor di Dio e non degli uomini; di non aver rispetto umano, di dire il giusto, e, per il buon andamento delle Scuole Cristiane di Carità Arti e Mestieri, di non turbarsi per nulla se qualcuno ha messo in cattiva vista presso i Superiori qualche persona, se ha mancato di carità, di giustizia; di questo non si diano pensiero i Superiori, devono con carità e giustizia volere a tenere il mio posto per guida, appunto al posto di Dio; tocca a loro a condurre a buon porto l'opera mia, di Gesù Crocifisso, nostro Signore SS.mo."

Viva Gesù e Maria SSma.

Quale scuola di saggezza e di carità fraterna emerge da questo brano!

E come vengono ridimensionati gli stessi atteggiamenti che possano sembrare ispirati da malizia, quando invece non siano dovuti a imperizia ed improvvisazione, e magari condotti in buona fede.

Vi sono espliciti riferimenti alle controversie che hanno riguardato anche gli inizi della Casa di Carità, per divergenze di opinioni tra i consiglieri, relative anche alla denominazione, come abbiamo visto, e che purtroppo non hanno risparmiato neppure fra Leopoldo, l'ispiratore dell'Opera!

Ma l'ammonizione del Signore, di non dare eccessiva importanza alle maldicenze, procurando piuttosto di attenersi al compimento della sua volontà, riveste un valore generale.

Particolarmente toccante è il monito ai Superiori, a "tenere il posto di Dio", per una guida saggia, responsabile, ispirata a carità non meno che a giustizia.

Sia questo un principio fondante per tutti i membri della Casa di Carità, operatori e superiori, affinchè il piano di Dio non "venga ostacolato per opera dell'uomo", come è dichiarato nel detto del 27.10.1920.28

109. L'opera è grande ed è di Dio

( Stralcio da una lettera di un brano che verosimilmente riguarda l'opera Casa di Carità )

Torino – S. Tommaso – 24 Giugno 1921 – Viva Gesù e Maria.

Gent.ma Signora Itala Natta ( omissis )

Riguardo il suo negozio che è quello di Dio e per il bene delle anime, Lei stia quieta e serena.

Continui a lavorare nella vigna del Signore.

Stia rassegnata in tutto quello che va incontro che non è di suo gusto.

È un'onda che passa e quando la bufera sarà scomparsa, ritorna il sereno e allora si riprenderà con serenità e gioia l'opera di Dio.

Se sapesse come ci troviamo ora, non posso dirle nulla per scritto, ma il Signore ne sa più di noi.

L'opera è grande, è sua, se in questi momenti tanti sconvolgimenti è per abbattere la superbia dell'uomo che vuole fare senza Dio, e quando l'uomo piegherà il dorso dicendo: Signore noi riconosciamo l'opera tua, allora l'opera trionferà senza più ostacoli.

Andiamo fidenti nella potenza e nell'aiuto di Dio.

Gesù, Lui solo ci guida e nelle sue divine mani andiamo sicuri.

( Omissis ) Nel Cuore divino di Gesù – Fra Leopoldo Maria.

Che lo stralcio riportato riguardi la Casa di Carità lo deduciamo dal contesto.

Viene ribadita la grandiosità dell'Opera, e sono tratti insegnamenti anche dalle contrarietà e dagli sconvolgimenti, in quanto fanno toccare con mano come sia fragile e fallace un progetto che prescinda da Dio e voglia basarsi solo sulle opinioni e sulle forze umane, e quanto sia fallace, in definitiva, la superbia umana.

Fra Leopoldo ci dà molti insegnamenti d'ordine morale, in definitiva di comportamenti quotidiani, e nei suoi scritti sentiamo echeggiare testi scritturali come, in questo caso, "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" ( Ger 17,5 ) e "Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori" ( Sal 126,1 ).

110. Monito per la mancanza di riflessione

27 giugno 1921, ore 9,30 di sera.

La SS.ma Vergine "si lamenta del modo così poco caritatevole e riflessivo degli uomini".

"Vedi quante mancanze commettono gli uomini per mancanza di riflessione?" Maria SSma.

Qui la SS.ma Vergine accenna a quelli che hanno da Dio avuto la santa benedizione, perché chiamati a lavorare nella vigna mistica santa di Dio, ma che poi, come disse la SS.ma Vergine, poco riflessivi all'opera di Dio, le fanno grandemente contro!

Il rammarico della Madonna per la mancanza di carità e di riflessione da parte degli uomini – e che nel commento di fra Leopoldo viene riferito a quegli operatori della Casa di Carità che non si sono poi comportati in modo lineare – ci induce ad un sincero esame.

L'accostamento, nel "detto" di Maria, della scarsa carità alla poca riflessione, ci richiama lo stretto legame che sussiste tra la verità e la carità.

Infatti la mancanza di riflessione è conseguente al non considerare le cose e i progetti alla luce della verità, ossia per quello che sono realmente, ma piuttosto a farsi trascinare dall'istinto e dalle passioni, per il proprio tornaconto, magari anche solo intellettuale, il che appunto significa mancanza di carità.

Le parole di fra Leopoldo sono molto franche, nell'apostrofare il cambiamento di rotta di coloro che, pur insigniti di benedizioni per lavorare per l'Opera, le si sono poi in definitiva rivoltati contro.

Non per nulla alcuni di questi non continueranno nella collaborazione.

111. Dimissioni del Fr. Direttore

( Da una lettera non datata all'ing. Dematteis, ma verosimilmente del luglio 1921 )

Viva Gesù e Maria SS.ma.

Pregiatissimo sig. Ingegnere, nel portarmi dal p. visitatore non lascino scorgere delle dimissioni date dal fratello direttore.

L'ingegnere Sella lo seppe dal sig. conte Mella delle dimissioni e lo comunicò al fratello direttore e questa mattina ebbe lettera di lui e ne ebbe dispiacere, mettiamo tutto nelle mani di Dio.

Nel Signore Fra Leopoldo Maria, ossequi a lei carissimo, rispettosissimi e con la buona signora Elvira.

Da fr. Teodoreto, nell'opera citata,29 apprendiamo che: "Terminati gli esami della sessione estiva 1921, i Superiori chiamarono il Fr. Direttore Isidoro all'Istituto Gonzaga di Milano e mandarono il Fr. Direttore Aquilino a sostituirlo in via delle Rosine".

Pensiamo sia stato questo trasferimento a determinare le dimissioni, e non sappiamo se da parte di fr. Isidoro fosse fatta richiesta di essere adibito a nuovo incarico, in conseguenza della situazione che si era determinata nella Giunta per il dissenso sulla denominazione dell'opera.

Così prosegue fr. Teodoreto:" Il nuovo Fr. Direttore fece tutto il possibile per rimettere l'affiatamento e la concordia tra i membri della Giunta esecutiva e perciò, d'accordo con il Presidente, indisse parecchie adunanze della medesima", come vedremo più dettagliatamente in seguito.

Come emerge dallo scritto di fra Leopoldo, le dimissioni di fr. Isidoro furono accolte con dispiacere, almeno dai membri citati, oltre che dallo stesso francescano.

112. La Casa di Carità dono di Dio

( Da un biglietto senza data, ma collocato dopo un altro di luglio )

La benignità del divin Salvatore ci ha preparato l'opera sua; ci ha disposti a grandi cose.

Il cuore divino di Gesù ci invita e ci incoraggia al bene, alla virtù per trarci tutti salvi: con quanto amore Egli prepara il bel dono della Casa di Carità Arti e Mestieri; e noi, o Signore, magnificheremo per secoli la tua bella carità, la tua ammirabile misericordia.

Il divin Redentore ci circonda della sua divina grazia; attrae il suo popolo a pensieri altissimi colla sua benignità paterna e amorevolissima.

Anche in questo breve testo abbiamo tratti di alta edificazione spirituale e di conforto.

La Casa di Carità è un dono di Gesù, preparato dalla sua "benignità".

Tutti siamo incoraggiati ad essere virtuosi, a tendere al bene, e questo suo "dono" è certamente uno strumento per perseverare e per raggiungere la meta.

Notisi la forza di quell' "attrae il suo popolo", espressione che ci ricorda il testo evangelico: "Quando sarò innalzato dalla terra, attirerò a me tutti gli uomini" ( Gv 12,32 ), a ribadire lo stretto legame della Casa di Carità con l'azione redentrice del Crocifisso.

Non finiremo mai di scoprire la sublimità delle opere di Dio.

113. Benefattrici della Casa di Carità

( Da un quadernetto, senza data, ma verosimilmente del settembre 1921 )

La gloria di Dio splende mirabilmente nelle anime fedelissime al suo servizio.

Una piissima Signora, tutta bontà e carità, ascritta e benefattrice della pia Unione del SS.mo Crocifisso e benefattrice ancor della Scuola di Carità Arti e Mestieri ( diretto tutto l'andamento dai fratelli delle Scuole Cristiane – via S. Massimo 21 ), ( mi chiese di pregare per la Baronessa ).

La Baronessa R.F., resasi vittima del Sacro Cuore di Gesù, sarà un astro luminoso che risplenderà mirabilmente per la sua vita austera penitente e martire di pazienza a decoro per la pia Unione e gli Ascritti e si pubblicherà la sua vita a tempo stabilito da Dio.

Vi è già stata menzione di alcune benefattrici della Casa di Carità e dell'Unione Catechisti nei brani precedenti, come ai § 86 e § 102.

Qui viene nuovamente citata la baronessa Azelia Ricci De Ferres nata Fossati Boero San Severino, spirata il 6 settembre 1921, ma ne è contrassegnata la sua presenza in Cielo come "astro luminoso", come frutto della sua immolazione spirituale al Sacro Cuore di Gesù.

Riteniamo che l'altra "piissima Signora" cui si fa riferimento, sia Maria Teresa Pulciano, amica della Ricci, come abbiamo precisato al citato § 86.

114. Obbedienza di fra Leopoldo

( Lettera senza data, ma di settembre o i primi di ottobre 1921 )

Carissimo e Pregiatissimo Signor Ingegnere Rodolfo Sella.

Ieri, Giovedì andai alla messa funebre della nostra pia benefattrice Sig.a Baronessa Ricci Fossati.

A metà messa, all'improvviso mi viene il mio solito mal di cuore e fui accompagnato a casa, cioè nel mio convento di S. Tommaso dal Fratel Teodoreto e da un altro prete.

Mi sono messo a letto; il giorno seguente mi alzai, ora a poco a poco vado meglio.

Mi sento però così debole, prevedo presto la mia fine.

Riguardo ciò che ella per sua bontà mi chiede, conviene per ora che mi astenga da ogni cosa, e pregare per calmare gli animi febbrili che gli fanno contro, è volontà dei superiori.

Non l'abbia a male, Gesù benedirà la sua buona fede.

Con rispettosissimi ossequi, mi professo nel Signore Fra Leopoldo Maria.

Il quesito che l'ing. Sella propone a fra Leopoldo riguarda verosimilmente la Casa di Carità, e questi, ossequientissimo al divieto impostogli dai superiori di occuparsi della scuola – come già sopra precisato nel commento al § 93 – amorevolmente si ricusa, consigliando la preghiera perché ritorni la concordia tra i membri del Comitato.

È un altissimo esempio di eroica obbedienza e di abbandono completo a Dio, ove si consideri che è stato proprio fra Leopoldo a far scaturire l'Opera con le rivelazioni da lui ricevute.

Questo suo comportamento ci sia di sprone a praticare l'obbedienza, per quanto ci compete, e a sapere ritirarci indietro quando riteniamo che sia questa la volontà di Dio, autore e operatore d'ogni bene.

Abbiamo riportato anche l'episodio del malessere che ha colto il francescano durante la messa funebre per la baronessa Ricci Fossati, per ancora rilevare le benemerenze di questa benefattrice, e per sottolineare l'affetto e la solerzia di fr. Teodoreto per il frate, nel soccorrerlo e accompagnarlo in convento.

115. Omissione del nome "carità"

Suo successivo consolidamento

Viva Gesù e Maria SS.ma

Mio carissimo nel Signore, signor Ing. Cav. Filippo Dematteis.

Riguardo le scuole pare le cose si aggiustano a condizione di cancellare il nome di carità voluto da Dio.

È savio consiglio di sua Eminenza il nostro amato Sig. Cardinale disse conviene lasciare in libertà piuttosto che guastare l'opera e si è deciso di piegare la fronte al santo pastore.

Tutti abbiamo tendenza alla felicità di questo mondo, soprattutto nell'altro, chi non vuole il nome carità temo che siano malati, Dio è carità e chi ha carità è in Dio, nella sua volontà si pone un granellino di carità di salvezza, la questione è risolta e le idee si cambiano subito in bene da paradiso.

Qualcuno griderà vittoria contro di me poverino ma io non ci conto sopra purchè trionfi lo spirito SS.mo di Dio Gesù Cristo Crocifisso, autore delle divine misericordie e non cessi di far scendere lumi, le grazie, la verità, le grazie ineffabili, la felicità dei santi sopra le scuole, l'unico mio rifugio è il cuor sacro di Gesù, detesto gli onori del mondo purchè risvegli il Signore in quei teneri cuori l'amor di Dio che è tutto.

Gesù è ammirabile nei suoi decreti e il desiderio delle anime nobili che cercano Gesù, queste sono le nostre grandezze, le nostre ricchezze, le bellezze del cielo e della terra e inviare a Dio in carità i cari giovani scolari, l'ora si fa tarda.

Porgo a lei carissimo mio sig. cav. Filippo i migliori ossequi allietati da grazie elette ed ogni benedizione sopra la sua abitazione.

Tanti ossequi alla gent.ma signora Elvira sua piissima consorte e famiglia, suo nel Signore Fra Leopoldo Maria.

15 ottobre 1921 – S. Teresa Torino – S. Tommaso

Temporaneo depennamento del nome "Casa di Carità"

La denominazione dell'Opera con l'inserimento della parola "carità", così come ispirata da Gesù a fra Leopoldo, è senza dubbio un elemento basilare per contrassegnare lo spirito e il carisma della istituzione, e questo requisito è già stato ampiamente esaminato in vari testi precedenti – in particolare ai § 70, § 82, § 83, § 93 e § 97 – in conseguenza delle opposizioni che alcuni membri del Consiglio avevano sollevato, verso le quali fra Leopoldo strenuamente dichiarò il suo dissenso, sopportando pazientemente la sofferenza che ciò gli comportava, anche per gli attacchi alla sua persona.

In effetti sin dal 17 dicembre 1920, due mesi dopo l'inizio della scuola, il Consiglio d'Amministrazione aveva stabilito di "denominare l'istituzione Istituto di Arti e Mestieri".

Secondo quanto scrive fr. Teodoreto:30 « La parola "carità" era esclusa, non per cattiva volontà, ma per incomprensione, perché realmente la sostanza di detta virtù poteva sussistere, anche senza la parola inclusa nel titolo, nel sistema ordinativo e nello spirito dell'istituzione.

Questo concetto pare anzi confermato dal seguente scritto di Fra Leopoldo31 ( 23 dicembre 1920 ).

"Dirai così: Gesù crocifisso si piegò come hanno voluto loro riguardo ai nomi da imporre".

Tuttavia il pericolo di escludere dall'ordinamento dell'opera non solo la parola ma anche la sostanza della carità soprannaturale, consisteva nei concetti e nei metodi puramente umani seguiti dalla maggior parte dei componenti il Consiglio ».

E di tale rischio ne sono stati riprova i vari "detti" sopra riportati, in cui è fatto richiamo a confidare sempre nella Provvidenza, a dare un'impronta non solo umana, ma profondamente cristiana all'Opera.

La questione del nome venne quindi ripresa in esame, e particolare attenzione vi prestò il nuovo Direttore, Fr. Aquilino, subentrato, come abbiamo visto, a Fr. Isidoro.

Egli « fece tutto il possibile per rimettere l'affiatamento e la concordia tra i membri della Giunta esecutiva », come si esprime fr. Teodoreto.32

Ma il dissenso sulla denominazione non venne meno.

Riportiamo un brano dalla relazione di Fr. Aquilino al Consiglio d'Amministrazione, del gennaio 1922, sulla questione del nome: « In questi aspri frangenti, esaminata dinanzi a Dio e alla mia coscienza la penosa condizione di cose, dopo aver preso consiglio da persone autorevoli e prudenti, pensai che più che attenersi a questioni di forma, valeva meglio tener saldo a quanto era sostanziale; e che, pur fondando in Dio solo ogni speranza di felice successo avvenire, non conveniva mantenere viva la dissensione tra i membri della Giunta esecutiva per la preferenza data a un nome piuttosto che ad un altro.

Stimai quindi mio dovere e consiglio di prudenza, di salvare ad ogni costo l'Opera così bene incominciata; e se il nome proposto era ostacolo al conseguimento del bene da tutti desiderato, nella seduta del 13 ottobre passato, d'accordo con i miei Superiori, dichiarai che la Direzione non insisteva sulla proposta denominazione di "Casa di Carità", rimettendosi pienamente alla Giunta e al consiglio per il ritorno al nome primitivo, o per la scelta di altro nome di comune gradimento.

Questo io feci – e tengo a dichiararlo – non per togliere all'Opera quell'impronta religiosa e spirituale che pareva consacrata da un nome ispirante Carità e fiducia in Dio, ma solo per favorire, con l'unione degli animi, lo sviluppo dell'Opera stessa, nella fiducia d'aver pure interpretato il pensiero del Consiglio e di quanti hanno a cuore l'avvenire della nostra Istituzione. »

Dalla lettera sopra riportata di fra Leopoldo dobbiamo dedurre che la questione sia stata sottoposta anche all'attenzione dell'Arcivescovo di Torino, Card. Giuseppe Gamba, e potrebbe sembrare altresì che il depennamento del nome "Carità" fosse definitivo: viceversa si è trattato di una temporanea situazione di stallo, peraltro, a mio modesto avviso, intravisto dallo stesso frate in una prospettiva di cambiamento, se bene interpretiamo quel passo delle suddetta lettera in cui scrive: "Chi ha carità è in Dio, nella sua volontà si pone un granellino di carità di salvezza, la questione è risolta e le idee si cambiano subito in bene da paradiso"

Dopo le vicende esposte, le riunioni degli organi amministrativi dell'istituto furono scarsamente frequentate dai membri, e l'ultima seduta della Giunta avvenne il 14 luglio 1922, pur senza alcun scioglimento formale.

La gestione dell'Opera passò quindi direttamente ai Fratelli, che per far fronte alle sempre maggiori richiesta d'iscrizione ai corsi professionali, edificarono il grande edifizio scolastico di Corso Trapani 25, in Torino, intitolato appunto Istituto Arti e Mestieri.

Tale Istituto, pur senza riportare la denominazione di "Casa di Carità", è stato considerato da fr. Teodoreto, uno dei frutti del messaggio di fra Leopoldo, e in particolare una attuazione del piano provvidenziale per la formazione umana e professionale dei giovani lavoratori, dato che Egli lo annovera tra "la fioritura delle opere", e ad esso applica vari "detti" degli scritti di fra Leopoldo riferiti alla Casa di Carità.

Peraltro tale Istituto ha cessato la sua attività nel 1990 ( ? ), dopo di che ha ospitato per oltre un decennio nei suoi locali due sedi dell'attuale "Casa di Carità Arti e Mestieri", l'altro ramo della scuola professionale sorta dall'ispirazione di fra Leopoldo, all'inizio come scuola serale, indi gradualmente sviluppatasi e poi consolidatasi nella struttura e nelle dimensioni attuali.

Inserimento e consolidamento del nome "Casa di Carità"

Ed è appunto in questo secondo ramo che la denominazione "Casa di Carità" è stata inserita nella insegna, espressamente esplicitando il carisma e la natura dell'Opera, vincolandola in modo irreversibile.

Tale ramo è stato la Scuola Serale iniziatasi congiuntamente con i corsi diurni.

Ma al riguardo affidiamoci ancora a quanto scrive fr. Teodoreto:33 « La Scuola Serale di tipo industriale fu aperta con l'Istituto Arti e Mestieri quando era in via delle Rosine, 14.34, nel 1920, affidandosi l'insegnamento della religione e qualche altro insegnamento ai Catechisti del SS. Crocifisso.

Nel 1925 i Catechisti stessi aprirono una Scuola Festiva dello stesso tipo industriale presso la parrocchia di Nostra Signora della Pace, alla Barriera di Milano.

In pochi anni tale Scuola Festiva si sviluppò tanto da obbligare i Catechisti a cercare un locale più ampio per contenere tutti i giovani che insistevano per esservi iscritti.

Venne allora l'idea di accogliere quel titolo "Casa di Carità" che aveva impedito la scuola gratuita in favore dei poveri e di scriverlo a grandi caratteri sui muri del fabbricato che verrebbe scelto per trasferirvi la Scuola.

( … ) Appena scelto quel titolo "Casa di Carità" incominciarono gli aiuti d'ogni genere in favore dell'iniziativa. »

Il seguito coincide con la storia della Casa di Carità Arti e Mestieri, istituto che è un tutt'uno con la sua denominazione, e nella quale vi è la sintesi del progetto educativo dell'Opera, in stretta rispondenza alle ispirazioni di fra Leopoldo e alle intenzioni di fr. Teodoreto.

116. Benevolenza e protezione divina

( Da un biglietto ) 24 Nov.bre mattina ore 5 ¾.

"Tu usa carità e silenzio, io aggiusto poi tutto".

Per quanto non espressamente indicato, il detto è di Gesù, come è confermato tra l'altro dalle virgolette.

Il Signore esorta fra Leopoldo a mantenersi in quell'atteggiamento di obbedienza e di abbandono già rilevato sopra, al § 98, e ribadisce la sua protezione sull'Opera per sistemare ogni cosa.

117. Altra esortazione per l'ing. Dematteis

( Da un biglietto ) 25 Nov.bre 1921 – S. Caterina – sera ore 9,25.

"All'Ing. Dematteis digli che segua i detti; di non abbandonarmi, di aiutare l'opera ( della ) Scuola".

"Quando il Fratel Teodoreto ti ( chiederà ) questo consiglio – invito per l'ingegnere per le scuole, tu gli presenterai questo biglietto, detto da me affinchè lui abbia fede nei detti."

Sera ore 9,35.

Anche questi detti sono del Signore, come risulta da quanto contengono.

L'ing. Dematteis ha continuato ad interessarsi e ad operare per la Casa di Carità finchè fu in vita, anche quando venne realizzata la sede attuale di corso Benedetto Brin, 26, ricoprendo l'incarico di prefetto degli studi.

A lui, per singolarissimo gesto di affetto e di fiducia, fra Leopoldo affidò i suoi diari e gli altri scritti nel gennaio 1922, nel suo ultimo mese di vita.

Notisi inoltre come sia ribadito il ruolo fondamentale svolto da fr. Teodoreto per la Casa di Carità, dato che viene espressamente interessato in queste ultime esortazioni del Signore.

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28 Vedi sopra n. 28
29 "Nella intimità del Crocifisso", pag. 173
30 Cfr. Op. cit. pag. 171
31 Da noi riportato al § 70
32 Op. cit., pag. 173
33 Op. Cit., pagg. 251-252
34 Altro accesso all'edificio del ROMI, dalla parte opposta a via S.Massimo 21 bis, ingresso principale dei corsi diurni