Dominicae cenae

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Il ministero eucaristico nella vita della Chiesa e del sacerdote

Eucaristia e Sacerdozio

2 La presente lettera che indirizzo a voi, miei venerati e cari fratelli nell'episcopato - e che, come ho detto, è, in certo modo, la continuazione di quella precedente - rimane anche in stretto rapporto col mistero del Giovedì Santo, ed è in relazione col sacerdozio.

Intendo infatti dedicarla all'eucaristia e, in particolare, ad alcuni aspetti del mistero eucaristico e della sua incidenza sulla vita di chi ne è il ministro: e perciò i diretti destinatari di questa lettera siete voi, Vescovi della Chiesa; insieme con voi, tutti i sacerdoti; e, nel loro grado, anche i diaconi.

In realtà, il sacerdozio ministeriale o gerarchico, il sacerdozio dei Vescovi e dei presbiteri e, accanto a loro, il ministero dei diaconi - ministeri che iniziano normalmente con l'annuncio evangelico - sono in strettissimo rapporto con l'eucaristia.

Essa è la principale e centrale ragion d'essere del sacramento del sacerdozio, nato effettivamente nel momento dell'istituzione dell'eucaristia e insieme con essa.2

Non senza motivo le parole «Fate questo in memoria di me» sono pronunziate immediatamente dopo le parole della consacrazione eucaristica, e noi le ripetiamo tutte le volte che celebriamo il santissimo sacrificio.3

Mediante la nostra ordinazione - la cui celebrazione è vincolata alla santa Messa sin dalla prima testimonianza liturgica4 - noi siamo uniti in modo singolare ed eccezionale all'eucaristia.

Siamo, in certo modo, «da essa» e «per essa».

Siamo anche, e in modo particolare, responsabili «di essa» - sia ogni sacerdote nella propria comunità, sia ogni Vescovo in virtù della cura di tutte le comunità, che gli sono affidate, in base alla «sollicitudo omnium ecclesiarum» di cui parla san Paolo ( 2 Cor 11,28 ).

È quindi affidato a noi, Vescovi e sacerdoti, il grande «mistero della fede»; e se esso è anche dato a tutto il Popolo di Dio, a tutti i credenti di Cristo, tuttavia a noi è stata affidata l'eucaristia anche «per» gli altri, che attendono da noi una particolare testimonianza di venerazione e di amore verso questo sacramento, affinché anch'essi possano essere edificati e vivificati «per offrire sacrifici spirituali» ( 1 Pt 2,5 ).

In tal modo il nostro culto eucaristico, sia nella celebrazione della messa sia verso il santissimo sacramento, è come una corrente vivificatrice, che unisce il nostro sacerdozio ministeriale o gerarchico al sacerdozio comune dei fedeli e lo presenta nella sua dimensione verticale e col suo valore centrale.

Il sacerdote svolge la sua missione principale e si manifesta in tutta la sua pienezza celebrando l'eucaristia5 e tale manifestazione è più completa quando egli stesso lascia trasparire la profondità di quel mistero, affinché esso solo risplenda nei cuori e nelle coscienze umane, attraverso il suo ministero.

Questo è l'esercizio supremo del «sacerdozio regale», la «fonte e l'apice di tutta la vita cristiana».6

Culto del mistero eucaristico

3 Tale culto è diretto verso Dio Padre per Gesù Cristo nello Spirito Santo.

Innanzi tutto verso il Padre che, come afferma il Vangelo di san Giovanni, «ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna» ( Gv 3,16 ).7

Si rivolge anche nello Spirito Santo a quel Figlio incarnato, nell'economia di salvezza, soprattutto in quel momento di suprema dedizione e di abbandono totale di se stesso, al quale si riferiscono le parole pronunciate nel cenacolo: «Questo è il mio corpo dato per voi»… «questo è il calice del mio sangue versato per voi…» ( Mt 26,26ss; Mc 14,22-25; Lc 22,18ss; 1 Cor 11,23ss ).8

L'acclamazione liturgica: «Annunciamo la tua morte, Signore!» ci riporta proprio a quel momento; e col proclamare la sua risurrezione abbracciamo nello stesso atto di venerazione il Cristo risorto e glorificato «alla destra del Padre», come anche la prospettiva della sua «venuta nella gloria».

Tuttavia è l'annientamento volontario, gradito dal Padre e glorificato con la risurrezione, che, sacramentalmente celebrato insieme con la risurrezione, ci porta all'adorazione di quel Redentore «fattosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce» ( Fil 2,8 ).

E questa nostra adorazione contiene ancora un'altra particolare caratteristica.

Essa è compenetrata dalla grandezza di questa morte umana, nella quale il mondo, cioè ciascuno di noi, è stato amato «sino alla fine» ( Gv 13,1 ).

Così essa è anche una risposta che vuol ripagare quell'amore immolato fino alla morte di croce: è la nostra «eucaristia», cioè il nostro rendergli grazie, il lodarlo per averci redenti con la sua morte e resi partecipi della vita immortale per mezzo della sua risurrezione.

Un tale culto, rivolto dunque alla Trinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, accompagna e permea innanzi tutto la celebrazione della liturgia eucaristica.

Ma esso deve pure riempire i nostri templi anche al di là dell'orario delle sante messe.

Invero, poiché il mistero eucaristico è stato istituito dall'amore, e ci rende Cristo sacramentalmente presente, esso è degno di azione di grazie e di culto.

E questo culto deve distinguersi in ogni nostro incontro col santissimo sacramento, sia quando visitiamo le nostre chiese, sia quando le sacre specie sono portate e amministrate agli infermi.

L'adorazione di Cristo in questo sacramento d'amore deve poi trovare la sua espressione in diverse forme di devozione eucaristica: preghiere personali davanti al Santissimo, ore di adorazione, esposizioni brevi, prolungate, annuali ( quarantore ), benedizioni eucaristiche, processioni eucaristiche, congressi eucaristici.9

Un particolare ricordo merita a questo punto la solennità del «Corpo e Sangue di Cristo» come atto di culto pubblico reso a Cristo presente nell'eucaristia, voluta dal mio predecessore Urbano IV in memoria dell'istituzione di questo grande mistero.10

Tutto ciò corrisponde quindi ai principi generali e alle norme particolari già da tempo esistenti, ma nuovamente formulate durante o dopo il Concilio Vaticano II.11

L'animazione e l'approfondimento del culto eucaristico sono prova di quell'autentico rinnovamento che il Concilio si è posto come fine, e ne sono il punto centrale.

E ciò, venerati e cari fratelli, merita una riflessione a parte.

La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno del culto eucaristico.

Gesù ci aspetta in questo sacramento dell'amore.

Non risparmiamo il nostro tempo per andare a incontrarlo nell'adorazione, nella contemplazione piena di fede e pronta a riparare le grandi colpe e i delitti del mondo.

Non cessi mai la nostra adorazione.

Eucaristia e Chiesa

4 Grazie al Concilio ci siamo resi conto, con forza rinnovata, di questa verità: come la Chiesa «fa l'eucaristia», così «l'eucaristia costruisce» la Chiesa;12 e questa verità è strettamente unita al mistero del Giovedì Santo.

La Chiesa è stata fondata, come comunità nuova del Popolo di Dio, nella comunità apostolica di quei dodici che, durante l'ultima cena, sono divenuti partecipi del corpo e del sangue del Signore sotto le specie del pane e del vino.

Cristo aveva detto loro: «Prendete e mangiate…», «prendete e bevete».

Ed essi, adempiendo questo suo comando, sono entrati, per la prima volta, in comunione sacramentale col Figlio di Dio, comunione che è pegno di vita eterna.

Da quel momento sino alla fine dei secoli, la Chiesa si costruisce mediante la stessa comunione col Figlio di Dio, che è pegno di pasqua eterna.

Come maestri e custodi della verità salvifica dell'eucaristia, dobbiamo, cari e venerati fratelli nell'episcopato, custodire sempre e dappertutto questo significato e questa dimensione dell'incontro sacramentale e dell'intimità con Cristo.

Proprio essi costituiscono infatti la sostanza stessa del culto eucaristico.

Il senso di questa verità sopra esposta non diminuisce in alcun modo, anzi facilita il carattere eucaristico di spirituale avvicinamento e di unione tra gli uomini, che partecipano al sacrificio, il quale, poi, nella comunione diventa per essi il banchetto.

Questo avvicinamento e questa unione il cui prototipo è l'unione degli apostoli intorno al Cristo durante l'ultima cena, esprimono e realizzano la Chiesa.

Ma questa non si realizza solo mediante il fatto dell'unione tra gli uomini, attraverso l'esperienza della fraternità, alla quale dà occasione il banchetto eucaristico.

La Chiesa si realizza quando in quella fraterna unione e comunione celebriamo il sacrificio della croce di Cristo, quando annunziamo «la morte del Signore finché venga» ( 1 Cor 11,26 ) e, in seguito, quando profondamente compenetrati dal mistero della nostra salvezza, ci accostiamo comunitariamente alla mensa del Signore, per nutrirci, in modo sacramentale, dei frutti del santo sacrificio propiziatorio.

Nella comunione eucaristica riceviamo quindi Cristo, Cristo stesso; e la nostra unione con lui, che è dono e grazia per ognuno, fa sì che in lui siamo anche associati all'unità del suo corpo che è la Chiesa.

Soltanto in questo modo, mediante una tale fede e una tale disposizione d'animo, si realizza quella costruzione della Chiesa che nell'eucaristia trova veramente la sua fonte e il suo culmine secondo la nota espressione del Concilio Vaticano II.13

Questa verità, che per opera del medesimo Concilio ha avuto nuovo e vigoroso risalto,14 deve essere tema frequente delle nostre riflessioni e del nostro insegnamento.

Si nutra di essa ogni attività pastorale, e sia anche cibo per noi stessi e per tutti i sacerdoti che collaborano con noi, e infine per le intere comunità a noi affidate.

Così in tale prassi deve rivelarsi, quasi ad ogni passo, quello stretto rapporto tra la vitalità spirituale ed apostolica della Chiesa e l'eucaristia, intesa nel suo significato profondo, e sotto tutti i punti di vista.15

Eucaristia e carità

5 Prima di passare ad osservazioni più particolareggiate sul tema della celebrazione del santissimo sacrificio, desidero riaffermare brevemente che il culto eucaristico costituisce l'anima di tutta la vita cristiana.

Se infatti la vita cristiana si esprime nell'adempimento del più grande comandamento, e cioè nell'amore di Dio e del prossimo, questo amore trova la sua sorgente proprio nel santissimo sacramento, che comunemente è chiamato: sacramento dell'amore.

L'eucaristia significa questa carità, e perciò la ricorda, la rende presente e insieme la realizza.

Tutte le volte che partecipiamo ad essa in modo cosciente, si apre nella nostra anima una dimensione reale di quell'amore imperscrutabile che racchiude in sé tutto ciò che Dio ha fatto per noi uomini e che fa continuamente, secondo le parole di Cristo: «Il Padre mio opera sempre e anch'io opero» ( Gv 5,17 ).

Insieme a questo dono insondabile e gratuito, che è la carità rivelata, sino in fondo, nel sacrificio salvifico del Figlio di Dio, di cui l'eucaristia è segno indelebile, nasce anche in noi una viva risposta d'amore.

Non soltanto conosciamo l'amore, ma noi stessi cominciamo ad amare.

Entriamo, per così dire, nella via dell'amore e su questa via compiamo progressi.

L'amore, che nasce in noi dall'eucaristia, grazie ad essa si sviluppa in noi, si approfondisce e si rafforza.

Il culto eucaristico è quindi proprio espressione di quest'amore, che è l'autentica e più profonda caratteristica della vocazione cristiana.

Questo culto scaturisce dall'amore e serve all'amore, al quale tutti siamo chiamati in Gesù Cristo.16

Frutto vivo di questo culto è la perfezione dell'immagine di Dio che portiamo in noi, immagine che corrisponde a quella che Cristo ci ha rivelato.

Diventando così adoratori del Padre «in spirito e verità» ( Gv 4,23 ), noi maturiamo in una sempre più piena unione con Cristo, siamo sempre più uniti a lui e - se è lecito usare questa espressione - siamo sempre più solidali con lui.

La dottrina dell'eucaristia, segno dell'unità e vincolo della carità, insegnata da san Paolo ( 1 Cor 10,17 ),17 è stata in seguito approfondita dagli scritti di tanti santi, che sono per noi un esempio vivente di culto eucaristico.

Dobbiamo avere sempre questa realtà davanti agli occhi e, nello stesso tempo, sforzarci continuamente di far sì che anche la nostra generazione aggiunga a quei meravigliosi esempi del passato, esempi nuovi, non meno vivi ed eloquenti, che rispecchino l'epoca a cui apparteniamo.

Eucaristia e prossimo

6 L'autentico senso dell'eucaristia diventa di per sé scuola di amore attivo verso il prossimo.

Sappiamo che tale è l'ordine vero ed integrale dell'amore che ci ha insegnato il Signore: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» ( Gv 13,35 ).

L'eucaristia ci educa a questo amore in modo più profondo, essa dimostra infatti quale valore abbia agli occhi di Dio ogni uomo, nostro fratello e sorella, se Cristo offre se stesso in ugual modo a ciascuno, sotto le specie del pane e del vino.

Se il nostro culto eucaristico è autentico, deve far crescere in noi la consapevolezza della dignità di ogni uomo.

La coscienza di questa dignità diviene il motivo più profondo del nostro rapporto col prossimo.

Dobbiamo anche diventare particolarmente sensibili ad ogni sofferenza e miseria umana, ad ogni ingiustizia e torto, cercando il modo di rimediarvi in maniera efficace.

Impariamo a scoprire con rispetto la verità sull'uomo interiore, perché proprio quest'interno dell'uomo diventa dimora di Dio, presente nell'eucaristia.

Cristo viene nei cuori e visita le coscienze dei nostri fratelli e sorelle.

Come cambia l'immagine di tutti e di ciascuno, quando prendiamo coscienza di questa realtà, quando la rendiamo oggetto delle nostre riflessioni!

Il senso del mistero eucaristico ci spinge all'amore verso il prossimo, all'amore verso ogni uomo.18

Eucaristia e vita

7 Essendo dunque sorgente di carità, l'eucaristia è stata sempre al centro della vita dei discepoli di Cristo.

Essa ha l'aspetto di pane e di vino, cioè di cibo e di bevanda, è quindi così familiare all'uomo, così strettamente legata alla sua vita, come sono appunto il cibo e la bevanda.

La venerazione di Dio, che è amore, nasce, nel culto eucaristico, da quella specie di intimità nella quale egli stesso, analogamente al cibo e alla bevanda, riempie il nostro essere spirituale, assicurandogli, come quelli, la vita.

Tale venerazione «eucaristica» di Dio corrisponde strettamente, quindi, ai suoi piani salvifici.

Egli stesso, il Padre, vuole che «i veri adoratori» ( Gv 4,23 ) lo adorino proprio così, e Cristo è interprete di quel volere, e con le sue parole e insieme con questo sacramento, nel quale ci rende possibile l'adorazione del Padre, nel modo più conforme alla sua volontà.

Da un tale concetto di culto eucaristico scaturisce in seguito tutto lo stile sacramentale della vita del cristiano.

Infatti il condurre una vita basata sui sacramenti, animata dal sacerdozio comune, significa anzitutto, da parte del cristiano, desiderare che Dio agisca in lui per farlo giungere nello Spirito «alla piena maturità di Cristo» ( Ef 4,13 ).

Dio, da parte sua, non lo tocca solo attraverso gli avvenimenti e con la sua grazia interna, ma agisce in lui, con maggiore certezza e forza, attraverso i sacramenti.

Essi danno alla sua vita uno stile sacramentale.

Orbene, tra tutti i sacramenti, è la santissima eucaristia che porta a pienezza la sua iniziazione di cristiano e che conferisce all'esercizio del sacerdozio comune questa forma sacramentale ed ecclesiale che lo aggancia - come abbiamo accennato in antecedenza19 - a quello del sacerdozio ministeriale.

In tal modo il culto eucaristico è centro e fine di tutta la vita sacramentale.20

Risuonano continuamente in esso, come un'eco profonda, i sacramenti dell'iniziazione cristiana: battesimo e confermazione.

Dove mai è meglio espressa la verità che non soltanto siamo «chiamati figli di Dio», ma «lo siamo realmente» ( 1 Gv 3,1 ), in virtù del sacramento del battesimo, se non appunto nel fatto che nella eucaristia diventiamo partecipi del corpo e del sangue dell'unigenito Figlio di Dio?

E che cosa ci predispone maggiormente ad «essere veri testimoni di Cristo»,21 di fronte al mondo, come risulta dal sacramento della confermazione, se non la comunione eucaristica, in cui Cristo dà testimonianza a noi e noi a lui?

È impossibile analizzare qui in modo più particolareggiato i legami che esistono tra l'eucaristia e gli altri sacramenti, in particolare con il sacramento della vita familiare e il sacramento degli infermi.

Sullo stretto legame tra il sacramento della penitenza e quello dell'eucaristia, ho già richiamato l'attenzione nell'enciclica «Redemptor Hominis».22

Non è soltanto la penitenza che conduce all'eucaristia, ma è anche l'eucaristia che porta alla penitenza.

Quando infatti ci rendiamo conto di chi è colui che riceviamo nella comunione eucaristica, nasce in noi quasi spontaneamente un senso di indegnità, insieme col dolore per i nostri peccati e con l'interiore bisogno di purificazione.

Dobbiamo però vigilare sempre, affinché questo grande incontro con Cristo nell'eucaristia non divenga per noi un fatto consuetudinario e affinché non lo riceviamo indegnamente, cioè in stato di peccato mortale.

La pratica della virtù della penitenza e il sacramento della penitenza sono indispensabili al fine di sostenere in noi e approfondire continuamente quello spirito di venerazione, che l'uomo deve a Dio stesso e al suo amore così mirabilmente rivelato.

Queste parole vorrebbero presentare alcune riflessioni generali sul culto del mistero eucaristico, le quali potrebbero essere sviluppate più a lungo e più ampiamente.

Si potrebbe, in particolare, collegare quanto fu detto degli effetti dell'eucaristia sull'amore per l'uomo e ciò che abbiamo ora rilevato circa gli impegni contratti verso l'uomo e la Chiesa nella comunione eucaristica, e delineare in conseguenza l'immagine di quella «terra nuova» ( 2 Pt 3,13 ) che nasce dall'eucaristia attraverso ogni «uomo nuovo» ( Col 3,10 ).

Effettivamente in questo sacramento del pane e del vino, del cibo e della bevanda, tutto ciò che è umano subisce una singolare trasformazione ed elevazione.

Il culto eucaristico non è tanto culto dell'inaccessibile trascendenza, quanto culto della divina condiscendenza, ed è anche misericordiosa e redentrice trasformazione del mondo nel cuore dell'uomo.

Ricordando tutto ciò soltanto brevemente, desidero, nonostante la concisione, creare un più ampio contesto per le questioni che in seguito dovrò trattare: esse sono strettamente legate alla celebrazione del santissimo sacrificio.

Infatti in questa celebrazione si esprime in modo più diretto il culto dell'eucaristia.

Esso emana dal cuore come preziosissimo omaggio ispirato dalla fede, dalla speranza e dalla carità, infuse in noi nel battesimo.

E proprio di ciò a voi, venerati e cari fratelli nell'episcopato e, con voi, ai sacerdoti e ai diaconi, desidero scrivere soprattutto in questa lettera, a cui la Sacra Congregazione per i sacramenti e il culto divino farà seguire indicazioni particolareggiate.

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2 Concilii Trid. Sessio XXII, can.2
3 Quod attinet ad istud Domini praeceptum, in quadam liturgia eucharistica Aethiopica haec verba continentur: apostoli «constituerunt nobis patriarchas, archiepiscopos, presbyteros et diaconos ad ritum (celebrandum) Ecclesiae tuae sanctae»: «Anaphora S. Athanasii: Prex Eucharistica», Haenggi-Pahl, Fribourg (Suisse) 1968, p. 183
4 « Tradition apostolique de saint Ippolyte », nn.2-4
5 Lumen Gentium 28;
Presbyterorum Ordinis 2;
Presbyterorum Ordinis 5;
Ad Gentes 39
6 Lumen Gentium 11
7 Iubat memorare haec verba resumi in Liturgia S. Ioannis Chrysostomi proxime ante verba consecrationis, ad quae animos componunt: cfr. «La divina Liturgia del santo nostro Padre Giovanni Crisostomo», Roma - Grottaferrata 1967, pp. 104ss)
8 etiam «Preces eucharisticae» Liturgiae
9 Ioannis Pauli PP. II «Allocutio Dublini habita in hortis, quibus nomen "Poenix Park"», 7, die 29 sept. 1979: AAS 71 [1979] 1074ss;
Sacrae Rituum Congregationis «Eucharisticum Mysterium»: AAS 59 [1967] 539-573;
«Rituale Romanum», «De sacra communione et de cultu Mysterii eucharistici extra Missam». Notandum est cultus pondus et vim sanctificationis harum pietatis formarum in Eucharistiam non ex ipsis formis sed potius ex intimis mentis rationibus pendere
10 Urbani IV «Transiturus de hoc mundo», die 11 aug. 1264: Aemilii Friedberg «Corpus Iuris Canonici», Pars II. «Decretalim Collectiones», Leipzig 1881, pp. 1174-1177;
«Studi eucaristici», VII centenario della Bolla «Transiturus» 1264-1964, Orvieto 1966, pp. 302-317)
11 Paolo VI, Mysterium fidei;
Sacrae Rituum Congregationis «Eucharisticum Mysterium»: AAS 59 [1967] 539-573;
«Rituale Romanum» «De sacra communione et de cultu Mysterii eucharistici extra Missam»
12 Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis 20;
Lumen Gentium 11;
insuper annotat. 57 ad n.20 Schematis II eiusdem Constitutionis dogmaticae in operae quod inscribitur «Acta Synodalia Sacrosancti Concilii Oecum. Vat. II, vol.II, periodus 2, pars I, sessio publica II, pp. 251ss;
Pauli VI «Allocutio habita in Admissione Generali», die 15 sept. 1965: «Insegnamenti di Paolo VI», III [1965] 1036; H. de Lubac, «Méditation sur l'Eglise», Paris 19532, pp. 129-137
13 Lumen Gentium 11;
Sacrosanctum Concilium 10;
Presbyterorum Ordinis 5;
Christus Dominus 30;
Ad Gentes 9
14 Lumen Gentium 26;
Unitatis Redintegratio 15
15 Hoc ipsum expetitur per collectam Missae vespertinae in Cena Domini: «Ut ex tanto mysterio plenitudinem caritatis hauriamus et vitae»: «Missale Romanum»; et etiam per epicleses communionis Missalis Romani: «Et supplices deprecamur ut Corporis et Sanguinis Christi participes a Spirito Sancto congregemur in unum. Recordare, Domine, Ecclesiae tuae toto orbe diffusae ut eam in caritate perficias»: «Prex eucharistica» II;
«Prex eucharistica» III
16 «Oratio post communionem Dominicae XXII "per annum"»: «Pane mensae caelestis refecti, te, Domine, deprecamur, ut hoc nutrimentum caritatis corda nostra confirmet, quatenus ad tibi ministrandum in fratribus excitemur»: «Missale Romanum»
17 S. Augustini In Evangelium Ioannis, tract. 31,1-3;
Concilii Trid. Sessio XIII, c. 8;
Lumen Gentium 7
18 Hoc enuntiant plures orationes «Missalis Romani»: Oratio super oblata Missae «Pro iis qui opera misericordiae exercuerunt»: «ut… in tui et proximi dilectione, Sanctorum tuorum exemplo, confirmemur»: «Missale Romanum»;
Post communionem Missae «Pro educatoribus»: «ut… fraternitatis caritatem et lumen veritatis in corde exhibeamus et opere»: «Missale Romanum»;
etiam Post communionem Missae Dominicae XXII «per annum», supra allatum in annot.22
19 Concilii Trid. Sessio XXII, can.2
20 Ad Gentes 9;
Ad Gentes 13;
Presbyterorum Ordinis 5
21 Lumen Gentium 11
22 Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis 20