Trattati brevi

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Trattato X

Principali virtù che i Fratelli debbono riuscire a praticare

La fede

Ricordatevi sempre di queste parole: Il giusto vive della fede ( Rm 1,17 ).

Fate di tutto per lasciarvi guidare dallo spirito di fede e non dal capriccio, dalla fantasia o dall'umore, dall'interesse o dalle usanze della gente di mondo, e neanche dalla ragione.

Solo la fede e la parola di Cristo debbono essere la regola del vostro modo di agire.

Applicatevi universalmente a quanto è di fede; fuggite le novità e seguite la tradizione della Chiesa; accettate solo ciò che essa accetta, condannate ciò che condanna, approvate ciò che approva sia con le decisioni dei Concili che con quelle dei Sommi Pontefici: rendetele sempre pronta e completa obbedienza.

La nostra fede dev'essere attiva e vivificata dalla carità ( Gal 5,6 ) e vi porti al distacco completo da ogni cosa: riesca, cioè, a tenervi sempre pronti a perdere tutto piuttosto che perdere Dio; a lasciare tutto piuttosto che la sua volontà riconosciuta e a sacrificare onore, salute e persino la vita per la gloria e gli interessi di Dio.

Imitiamo Gesù e seguiamo le sue parole: Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, porti la sua croce e mi segua ( Mt 16,24 ).

Il primo effetto che deve produrre la fede è farci intimamente immedesimare con la conoscenza, l'amore, l'imitazione di Cristo e l'unione con lui.

- Con la conoscenza perché è proprio in essa che consiste la vita eterna ( Gv 17,3 ).

- Con l'amore perché chi non ama Gesù è un reprobo ( 1 Cor 16,22 ).

- Con l'imitazione perché i predestinati debbono essere conformi a lui ( Rm 8,29 ).

- Con l'unione perché, rispetto a Gesù, noi siamo come i rami di una vite che muoiono se sono da essa separati ( Gv 15,4-6 ).

L'obbedienza

Nessuna virtù vi è tanto necessaria quanto l'obbedienza, perché è essenziale alla vostra vocazione.

Solo essa può mantenervici.

Quand'anche possedeste tutte le virtù e non l'obbedienza, le altre avrebbero solo l'apparenza della virtù, perché è proprio essa che dà, a chi vive in comunità, la forma che le è propria.

Adorate, spesso, l'obbedienza semplice e precisa di Nostro Signore.

Essa era tanto semplice perché Gesù non replicava mai, non contraddiceva mai - neanche interiormente -, non ragionava né discuteva.

Gli olocausti - dice Gesù - non ti sono bastati, o Padre, per appagare la tua giustizia; allora ho detto: Eccomi, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà ( Eb 10,6-7 ).

Prendete a modello l'obbedienza di Gesù Cristo e cercate di conformarvi ad essa, sostenuti da quanto afferma san Paolo, e cioè: che egli ha obbedito fino alla morte e alla morte di croce ( Fil 2,8 ).

In considerazione di ciò, sottomettetevi a tutto, con la volontà e con il giudizio, qualunque pena o difficoltà incontriate a obbedire, perché - come dice ancora san Paolo - non avete resistito ancora fino a spargere il vostro sangue ( Eb 12,4 ).

E necessario però che la fede accompagni l'obbedienza e che, anzi, ne sia l'unico fine e l'unico principio, altrimenti non sarebbe più una virtù cristiana e religiosa - come, invece, deve essere - e non potrebbe aiutarvi a vivere bene in religione.

È a Dio solo che dovete obbedire nella persona del Superiore o Direttore, perché è solo a lui che le creature debbono sottomissione e obbedienza.

Nessun altro motivo, nella pratica di questa virtù, deve minimamente impressionarvi né portarvi a obbedire.

La regolarità

La regolarità è l'insieme delle norme che stabilisce e mantiene il buon ordine, la pace e l'unione in una comunità, perché è la sorgente dell'uniformità dei sentimenti e del comportamento di quelli che la compongono.

Più essa è esatta, più lo Spirito di Dio vi risiede e vi effonde abbondantemente le sue grazie.

Così chi vi abita:

- riceve un numero maggiore di consolazioni interiori;

- è contento del suo stato;

- è benedetto da Dio.

La regolarità consiste nell'osservare le Regole e le pratiche comunitarie nel modo, ordine e tempo prescritti.

Siate molto esatti a osservare il regolamento comunitario perché così vuole Dio e perché questo è il modo più pratico per fare quanto dice san Pietro: rendere, cioè, più salda e più sicura la vostra vocazione e la vostra elezione per il cielo ( 2 Pt 1,10 ), per quanto vi è possibile farlo in questo mondo.

Prendete a modello della vostra regolarità quella che Nostro Signore ha praticato ogniqualvolta il suo divin Padre gli prescriveva qualcosa.

Questo spiega il suo atteggiamento dinanzi all'insistenza della santa Vergine che voleva fargli compiere il primo miracolo, per cui - nonostante il rispetto che aveva per lei - lo compì solo al momento indicatogli dal Padre.

A Maria rispose soltanto: Non è ancora giunta la mia ora ( Gv 2,4 ).

La vostra regolarità sia esatta anche nelle più piccole pratiche, che potrebbero sembrare di poca importanza.

Fatelo con un semplice sguardo di fede perché scorgete in esse la volontà di Dio, che intendete compiere in tutte le pratiche, abbiano esse piccolo o grande valore.

Perché la vostra regolarità possa dirsi completa, non considerate mai le pratiche comunitarie com'esse appaiono all'esterno; consideratele, invece, solo in rapporto alla volontà di Dio che è sempre la stessa, qualunque sia la loro importanza.

La mortificazione dello spirito

Se date troppa libertà al vostro spirito, vi sarà poi impossibile applicarvi all'orazione e agli altri esercizi spirituali ( come, invece, dovete fare ) e diventerete talmente esteriori che non vi sarà molto facile raccogliervi interiormente.

Il raccoglimento è assolutamente necessario per dominare le passioni e non lasciarle incontrollate nelle molteplici occasioni che vi capiteranno nell'esercizio del vostro impiego.

Trattenetelo, dunque, il vostro spirito; nutritelo, il più frequentemente possibile, con qualche buon sentimento interiore che lo tenga occupato, in modo che nulla riesca a dissiparlo.

Fate in modo che stia sempre all'erta; solo così riuscirà a ricevere le illuminazioni che lo Spirito di Dio è disposto a dare per illuminarlo.

Fate di tutto, nel futuro, per condurlo secondo queste illuminazioni - coadiuvate dalla vostra saggezza - in ogni sua operazione.

Vegliate su di voi e non permettete che il vostro spirito sia preda della curiosità.

Non acconsentite mai ad accontentarlo, tenetelo, anzi, sempre occupato con argomenti adatti alla vostra professione.

Riflettete spesso sul primo fine che Dio ha avuto nel concedervi questo spirito che è, poi, quello di mettervi in condizione di pensare frequentemente a lui.

Una delle vostre prime preoccupazioni dev'essere, perciò, quella di liberarlo, il più possibile, dall'interessamento per le creature, perché sarebbe fare ingiuria a Dio pensare ad esse senza un evidente motivo e senza il suo ordine.

Servendovi di questi svariati mezzi, riuscirete facilmente a mortificare lo spirito, cosa molto necessaria a persone come voi che debbono essere tutte di Dio, perché è stato lui - con le sue grazie particolari - a sceglierle e a far loro seguire un santo stato, come è il vostro, nel quale tutto ha rapporto con Dio che vi aiuterà a darvi a lui.

La mortificazione dei sensi

I sensi sono le porte attraverso le quali, molto frequentemente, il peccato entra nella nostra anima.

Perciò i Santi hanno cercato tanto di mortificarsi: volevano diminuire, il più possibile, la facilità di cadere in peccato.

Anche voi dovete esercitare un grande controllo sui sensi e riuscire ad astenervi - in ciò che ha attinenza con essi - da tutto ciò che anche apparentemente, ha relazione con il male ( 1 Ts 5,22 ), seguendo l'avvertimento che da san Paolo.

È anche molto importante non permettere ai sensi di rivolgersi indifferentemente a qualsiasi oggetto che si presenta.

Prendete l'abitudine di non servirvene sconsideratamente, abituandovi ad accontentare la sensualità, altrimenti incontrerete poi gravi difficoltà a correggervene.

L'uso dei sensi è necessario agli uomini ma - poiché è facile abusarne e abbandonarsi, di conseguenza, a gravi disordini - mortificarli diventa davvero necessario.

Il movente che deve spingervi a mortificare i sensi è che quanto più si tengono a bada, tanto più si riesce a godere la pace interiore e a possedere la presenza di Dio.

C'è un motivo che, senza alcuna difficoltà, vi convincerà a sopportare volentieri il fastidio che si prova a mortificare i sensi: riflettere spesso sulle severe punizioni che molti hanno ricevuto per essersi abbandonati ai piaceri sensuali in casi che, apparentemente, sembravano poco importanti.

Così avvenne alla moglie di Lot che fu punita per essersi voltata indietro a guardare le città di Sodoma e Gomorra consumate dal fuoco ( Gen 19,24-26 ).

Offrite, dunque, ogni tanto a Dio un atto di mortificazione di qualcuno dei sensi che - mentre vi fa insensibilmente morire a voi stessi - vi consentirà, alla fine, di offrirgli un sacrificio quasi continuo che innalzandovi a lui come incenso di soave odore, vi aiuterà a rendere a Dio i vostri doveri.

La penitenza

Adorate N. S. Gesù Cristo penitente: la vostra principale cura sia di rivestirvi, aiutati da lui, del suo spirito di penitenza.

Domandategli spesso l'animo e la disposizione del vero penitente ed entrate nella forza e nello spirito di questa pratica.

1. Un penitente deve dapprima come Gesù Cristo - che si è fatto uomo, che si è fatto peccato ( 2 Cor 5,21 ) e penitente per noi - portare sempre il suo peccato dinanzi a sé.

Questo dev'essere il fondamento di tutti gli altri doveri che è tenuto a rendere a Dio.

Ripensiamo alle parole di David: il mio peccato mi sta sempre dinanzi ( Sal 51,5 ).

2. In secondo luogo, un peccatore deve rivelare sul volto:

a) davanti a Dio, una perpetua confusione e, dato che è un peccatore, deve imitare Nostro Signore che ha portato, al cospetto di suo Padre, la vergogna delle nostre offese: Il suo volto - dice il Profeta - è stato coperto di confusione ( Sal 69,8 );

b) davanti a tutti, vergognandosi di trovarsi tra i servi di Dio, carico dei propri delitti e portando su di sé l'orribile e vergognoso fardello delle sue colpe - deve nascondersi, il più a lungo possibile, nella solitudine e restarvi per sempre nello spirito;

c) riguardo a noi stessi, non potendosi più soffrire né sopportarsi in tale stato di vergogna e di pena, proprio come è capitato al Figlio di Dio che esclamava: sono diventato grave a me stesso?

Se ci riuscite, nutrite continuamente nel cuore questi sentimenti di vergogna e di dolore e detestate le vostre iniquità unendovi a Nostro Signore che, durante tutta la vita, ha offerto a Dio - per i peccati del mondo - il sacrificio perpetuo di un cuore veramente penitente.

In considerazione di tante vostre iniquità, sottomettetevi - nell'intimo della vostra coscienza - alla giustizia infinita, eterna e onnipotente di Dio e sopportate le conseguenze della sua vendetta e i castighi che gli piacerà impervi per soddisfare per i vostri peccati.

Recitate, ogni tanto, la seguente professione del penitente e - quale pratica giornaliera di penitenza - scegliete ciò che vi fa soffrire di più nel vostro stato e nel vostro lavoro.

Professione del penitente

In onore e in unione a N. S. Gesù Cristo tuo Figlio, penitente dinanzi a te per i miei peccati e per quelli di tutto il mondo: faccio professione, o mio Dio, di fare penitenza durante tutti i giorni della mia vita e di considerarmi, sempre e in ogni circostanza, come un povero e miserabile peccatore e un indegno penitente.

Per soddisfare a quest'obbligo:

1° Prendo la risoluzione di portare sempre su di me il ritratto di Gesù, sommo penitente, di contemplarlo e di abbracciarlo spesso perché - con il suo sguardo amabile e interiore - rinnovi dentro di me il ricordo degli obblighi che ho di fare penitenza.

2° Faccio onorevole ammenda alla giustizia e alla santità di Dio che ho offeso con i miei peccati.

3° Voglio, oggi stesso, entrare nelle disposizioni interiori di Gesù Cristo penitente, per fare penitenza assieme a lui e come uno delle sue membra e dei suoi figli.

4° Ti offro, o mio Dio, le mie azioni e ti prego di accoglierle in soddisfazione dei miei peccati.

5° Prometto, con l'aiuto della tua santa grazia, di compiere, oggi, questa o quella azione, in spirito di penitenza: sopporterò questa o quella cosa e mi mortificherò in questa o quella circostanza perché Dio - che è giusto e non deve perdere alcun diritto sulle sue creature - non esiga da me, nell'altra vita, una completa vendetta e una rigorosissima soddisfazione.

Dammi forza, o mio Dio, con il santo spirito di penitenza; rinnova in me quello che mi hai infuso nel Battesimo; fa', infine, che questi sentimenti e queste disposizioni si manifestino in ogni azione della mia vita.

Questo, o mio Dio, prometto di fare, e questa è la grazia che ti chiedo in nome di Gesù Cristo Nostro Signore. Così sia.

L'umiltà

Considerate l'umiltà come il fondamento delle altre virtù morali, senza la quale non si può avere una salda pietà, perché - di solito - la pietà senza umiltà è pura ipocrisia o è illusione.

Bisogna lavorare molto per conoscersi e arrivare a essere umili davvero.

Riflettete dunque:

1. Chi siete stati in passato sia nel corpo che nello spirito.

2. Chi siete oggi.

3. Chi sarete nel futuro.

4. Sul nulla da cui proveniamo, sui peccati che abbiamo commesso, sulla collera di Dio che abbiamo provocato e, infine, sull'inferno che abbiamo meritato.

Non dimenticate mai - cercate anzi di persuadervene - che siete i più deboli e i più imperfetti di tutti e che solo l'orgoglio vi può far credere il contrario.

Convincetevi che siete molto al di sotto di qualsiasi creatura sentiate parlare, anche della più malvagia.

Sprofondatevi nel più umile sentimento di voi e consideratevi dei buoni a nulla, riconoscendo che Dio si serve di voi come di un vile strumento, e che siete capaci solo di attirare la sua maledizione.

Non vantatevi mai, per non suscitare gli elogi e la stima della gente.

Fuggite le lodi e l'approvazione degli uomini e, se qualcuno vi rivolgerà un complimento, pensate subito che l'onore appartiene solo a Dio ( Sal 29,2; Sal 96,7; Bar 2,17-37; Bar 5,7; At 12,23; Rm 15,7; Rm 16,27; 1 Tm 1,17; 1 Tm 6,16; Eb 2,9; Ap 4,11; Ap 5,12; Ap 7,12 ) e a voi solo la confusione.

State in silenzio e umiliatevi dinanzi a Dio, perché siete solo nulla e peccato.

Sopportate invece umilmente - come un trattamento più che giusto - il disprezzo e il rifiuto di cui potreste essere oggetto.

Se avete l'opportunità di scegliere, prendete ciò che è più scadente.

In una conversazione o durante la ricreazione non fatevi prendere dalla smania di parlare e, se lo fate, che il vostro parlare sia semplice, mai ricercato o affettato.

Non disapprovate quanto gli altri affermano, non interrompeteli e parlate sempre con voce moderata.

Se siete rimproverati o avvertiti dei vostri difetti, non giustificatevi affatto, tranne che il Superiore vi ordini di dire la verità.

Tenete sempre a mente la vostra debolezza e ciò che siete stati capaci di fare, quando Dio vi ha abbandonati a voi stessi.

Convincetevi che, da soli, siete solo capaci di andare in perdizione; diffidate anche delle azioni che credete ottime.

La modestia

Generalmente parlando, si può affermare che una grande modestia e umiltà - congiunte alla saggezza che conviene alla vostra professione - dovrebbero apparire in tutte le vostre azioni.

Tenete presenti soprattutto questi precetti:

- Tenete la testa sempre diritta, piegandola un poco sul davanti in modo, però, che non penda sulle spalle.

- Evitate di voltarvi da una parte e dall'altra: se la necessità vi obbliga a farlo, voltatevi con tutta la persona, posatamente e con gravita.

- Il volto sia sempre lieto e non riveli tristezza né qualsiasi altra passione sregolata.

- Tenete, di solito, gli occhi bassi, senza alzarli eccessivamente né rivolgerli di qua e di là.

- Evitate di corrugare la fronte e soprattutto il naso, in modo che chiunque possa notare in voi una saggezza esteriore che è indizio di quella interiore.

- Quando vi intrattenete con persone autorevoli e più ancora con persone dell'altro sesso, evitate di fissarle in volto e siate molto riservati nel rivolgervi ad esse.

- Non tenete le labbra né troppo chiuse né troppo aperte.

- Se vi capita l'occasione di prendere la parola, non trascurate la modestia né l'edificazione che dovete dare al prossimo, sia nelle parole che nel modo di proferirle.

Badate, perciò, a non parlare ad alta voce né precipitosamente e a non fare né segni né gesti, sia con la testa che con le mani.

- Tenete le mani in riposo e le braccia compostamente conserte.

Parlando, evitate di gesticolare con le mani e non tenetele mai penzoloni né in tasca.

- Cercate di tenere i piedi uniti, senza incrociarli quando siete in riposo; evitate, ugualmente, di allargare le gambe e di accavallarle, quando siete seduti.

- Camminate posatamente, senza dimenare le braccia di qua e di là e non affrettatevi troppo, tranne che la necessità vi obblighi a farlo.

- State, dunque, attenti a controllare qualsiasi gesto del corpo, in modo da edificare sempre tutti.

- Se uscite insieme di casa - a gruppi di due o tre - osservate le disposizioni che sono state date dal Superiore o dal Direttore.

- Abbiate, infine, molta cura dei vostri abiti: che siano sempre puliti e ordinati; indossateli con il decoro e la modestia che si addicono a una persona della vostra professione.

La povertà

Prediligete la povertà con lo stesso amore che Gesù ebbe per essa, perché è il mezzo più efficace per avanzare sulla via della perfezione.

Siate nella disposizione di animo di chiedere persino l'elemosina, se la provvidenza lo vuole, e anche di morire in estrema miseria.

Non possedete nulla e non disponete di nulla, neanche di voi stessi.

Siate disposti a vivere nell'indigenza e ad arrivare allo spogliamento totale, per rassomigliare sempre più a Gesù Cristo che - per amore nostro - è vissuto sprovvisto di tutto durante tutta la sua vita.

Tale è stato il genere di vita dei più grandi Santi che - dopo aver abbandonato il mondo - hanno lavorato molto a salvare le anime: così hanno fatto gli Apostoli e tanti altri.

Imitateli, disprezzate anche voi le cose di quaggiù, perché il vostro stato e il vostro lavoro hanno tante somiglianza con il loro.

Non possedete nulla in proprio; considerate ciò che è a vostra disposizione come cosa di tutti, disposti a darlo, cederlo o lasciarlo, senza provarne alcun fastidio.

Rinunziate, più che potete, non solo al superfluo ma anche a ciò che è utile e persino necessario: beati voi se qualcosa viene a mancarvi, senza che l'abbiate provocato.

La pazienza

La pazienza non può essere separata dalla povertà.

È essa che in genere dispone il cuore a sopportare, per amore di Dio e per imitare Gesù Cristo, i mali del corpo e dello spirito.

Stimate molto questa virtù e praticatela spesso, abbandonandovi completamente a Dio per sopportare anche le cose più fastidiose:

1° Quando esse si presentano, graditele e accettatele sottomettendovi alla volontà di Dio.

2° Quando poi arrivano, ricevetele con pazienza e umiltà, senza emettere alcun lamento.

3° Accoglietele in silenzio, senza manifestare nulla ad alcuno.

4° Stimatele e consideratele come veri beni.

5° Desideratele, gioitene e ringraziate Dio.

La temperanza

Adorate Nostro Signore Gesù Cristo nelle circostanze in cui ha praticato questa virtù e ammirate la sua straordinaria austerità nel bere, nel mangiare e nel dormire, se volete riuscire a imitare questo divino Maestro e divenire anche voi perfetti temperanti.

Accontentatevi di un letto duro e non lamentatevi mai del bere e del mangiare, né della durezza del letto.

Non mangiate mai fuori pasto; fate anzi in modo di lasciare la tavola ben disposto a recarvi agli esercizi spirituali.

Diffidate del vino, che porta all'impurità - lo dice anche san Paolo ( Ef 5,18 ) -, e quando ne bevete, metteteci sempre molta acqua.

Badateci soprattutto quando siete in viaggio: è una questione di straordinaria importanza.

San Timoteo, benché fosse malato, lo beveva, ma in piccola quantità e solo perché glielo aveva consigliato san Paolo ( 1 Tm 5,23 ).

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