Il castigo e il perdono dei peccati e il battesimo dei bambini

Indice

Libro I

30.58 - L'interpretazione pelagiana di Gv 3,5

Esaminiamo adesso con più diligenza, secondo l'aiuto del Signore, anche lo stesso capitolo del Vangelo dove egli dichiara: Se uno non rinascerà dall'acqua e dallo Spirito, non entrerà nel regno di Dio. ( Gv 3,5 )

Se non ci fosse questa dichiarazione a distogliere costoro, essi penserebbero senz'altro che i bambini non sono nemmeno da battezzare.

Dicono: "Ma poiché non affermò: Se uno non rinascerà dall'acqua e dallo Spirito, non avrà la salvezza e la vita eterna, e invece affermò soltanto: Non entrerà nel regno di Dio, per questo i bambini devono essere battezzati perché siano con il Cristo anche nel regno di Dio, dove non saranno se non sono stati battezzati.

Però, anche se muoiono senza battesimo, avranno la salvezza e la vita eterna, non essendo implicati in nessun vincolo di peccato".

Nel dire questo prima di tutto costoro non spiegano mai per quale giustizia l'immagine di Dio che non ha nessun peccato venga esclusa dal regno di Dio.

Vediamo poi se il Signore Gesù, il solo ed unico Maestro buono, ( Mc 10,17-18 ) in questa stessa lettura evangelica non abbia inteso e mostrato che solo la remissione dei peccati consente ai battezzati di giungere al regno di Dio; per quanto dovrebbero bastare a buoni intenditori queste parole: Se uno non sarà nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio, e le altre: Se uno non rinascerà dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno di Dio.

Per quale ragione infatti deve nascere di nuovo se non per essere rinnovato?

Da che cosa dev'essere rinnovato se non dal vecchiume?

Da quale vecchiume se non da quello del nostro uomo vecchio che è stato crocifisso con il Cristo, perché fosse distrutto il corpo del peccato? ( Rm 6,6 )

O per quale altra ragione l'immagine di Dio non entra nel regno di Dio se non perché le sbarra l'ingresso la barriera del peccato?

Ma, come ci siamo proposti, vediamo attentamente e diligentemente, per quanto ci è possibile, tutto il contesto stesso della lettura evangelica che interessa all'attuale argomento.

30.59 - Il dialogo tra Gesù e Nicodemo

Dice l'Evangelista: C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodemo, un capo dei Giudei.

Egli andò da Gesù di notte e gli disse: - Rabbi, sappiamo che tu sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui -.

Gli rispose Gesù: - In verità, in verità ti dico, se uno non nascerà di nuovo, non può vedere il regno di Dio -.

Nicodemo gli dice: - Come può un uomo nascere quando è vecchio?

Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere? -.

Gli rispose Gesù: - In verità in verità ti dico, se uno non rinascerà da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio.

Quello che è nato dalla carne è carne e quello che è nato dallo Spirito è Spirito.

Non ti meravigliare, se t'ho detto: Dovete nascere di nuovo.

Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: cosi è di chiunque è nato dallo Spirito -.

Replicò Nicodemo: - Come può accadere questo? -.

Gli rispose Gesù: - Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?

In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quello che sappiamo e testimoniamo quello che vediamo, ma voi non accogliete la nostra testimonianza.

Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?

Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo e che è in cielo.

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, cosi bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.

Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

Chi crede in lui non è condannato, ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.

E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvage.

Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce, perché non siano svelate le sue opere.

Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio ( Gv 3,1-21 ) -.

Fin qui è attinente al problema di cui trattiamo tutto quel colloquio per disteso; dopo, il narratore passa ad altro argomento.

31.60 - Commento a Gv 3: come si compie la rigenerazione spirituale dell'uomo

Poiché dunque Nicodemo non capiva le cose che udiva, chiese al Signore come fossero possibili.

Vediamo che cosa risponde il Signore.

Se infatti si degnerà di rispondere alla domanda: "Come può accadere questo?", dirà in che modo possono diventare rigenerazione spirituale gli uomini che vengono dalla generazione carnale.

Pertanto, dopo aver per un poco bersagliato l'ignoranza di lui che si preferiva agli altri per la sua condizione di maestro e dopo aver ripreso la incredulità di tutti i suoi colleghi, in quanto non accettavano la testimonianza della Verità, aggiunge pure d'aver parlato di cose terrene con essi senza che gli avessero creduto e si domandava o meravigliava come avrebbero creduto alle cose celesti.

Tuttavia continua e alla domanda come fossero possibili tali cose risponde con un'affermazione che sarà creduta da altri, se essi non ci credono: Nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo e che è in cielo.

"La generazione spirituale", dice, "avverrà in tal modo che gli uomini saranno cambiati da terreni in celesti, e non potranno conseguire ciò se non diventando mie membra, affinché ascenda lo stesso che discende, perché nessun altro ascende all'infuori di colui che discende".

Cristo non fa differenza tra il suo corpo, cioè la sua Chiesa, e se stesso, perché riguardo a Cristo e alla sua Chiesa si dice con più verità: E i due saranno una sola carne, ( Gen 2,24 ) che Gesù stesso ripete: Non sono più due, ma una sola carne. ( Mc 10,8 )

Se dunque non convergono nell'unità del Cristo tutti coloro che vogliono essere cambiati ed elevati, cosicché il Cristo che ascende sia lo stesso che discende, non potranno ascendere in nessun modo, perché nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo e che è in cielo.

Per quanto si sia fatto in terra Figlio dell'uomo, tuttavia non ritenne disdicevole dare il nome di Figlio dell'uomo alla sua divinità, con la quale, pur rimanendo in cielo, discese sulla terra, come onorò la propria carne con il nome di Figlio di Dio, affinché non si prendessero quasi per due Cristi la divinità e la carne, uno Dio e l'altro uomo, ma un solo e medesimo Dio e uomo: Dio, perché in principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio; uomo, perché il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. ( Gv 1, 1.14 )

Per la distanza tra la divinità e la debilità umana il Figlio di Dio rimaneva in cielo e il Figlio dell'uomo camminava sulla terra, ma per l'unità di persona per cui l'una e l'altra sostanza sono un solo Cristo è vero sia che il Figlio di Dio camminava sulla terra, sia che il Figlio dell'uomo rimaneva anche lui in cielo.

Dalla fede dunque che si ha in verità più incredibili si arriva ad avere fede in verità più credibili.

Crediamo infatti che la natura divina, tanto più distante e incomparabilmente più sublime nella sua diversità, poté prendere per noi in tal modo la natura umana da farne una sola persona, e cosi il Figlio dell'uomo che era in terra per la debilità della carne, era lui stesso in cielo per l'unione della divinità con la carne.

Quanto non è più credibile allora il fatto che altri uomini, santi e fedeli al Cristo, fanno con l'uomo Cristo un solo Cristo, e cosi, ascendendo tutti in forza di questa grazia e della comunione con lui, ascende in cielo lo stesso unico Cristo che discende dal cielo?

In questo senso anche l'Apostolo dice: Come in un medesimo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra del corpo, benché molte, sono un solo corpo, cosi anche il Cristo. ( 1 Cor 12,12 )

Non ha detto: "Cosi anche del Cristo", cioè il corpo o le membra del Cristo, ma ha detto: Cosi anche il Cristo chiamando il capo e il corpo un unico Cristo.

32.61 - Commento a Gv 3: tutti gli uomini, compresi i bambini, sono stati avvelenati dal morso del serpente

Grande e meravigliosa questa degnazione!

E poiché essa non si può avere senza la remissione dei peccati, continua e dice: Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, cosi bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui, non muoia, ma abbia la vita eterna.

Sappiamo ciò che avvenne in quel tempo nel deserto. Molti morivano dai morsi dei serpenti.

Allora il popolo, riconoscendo i suoi peccati, pregò il Signore per mezzo di Mosè che allontanasse da loro quei serpenti velenosi.

Per comando del Signore Mosè innalzò nel deserto un serpente di bronzo e avvisò il popolo che chiunque fosse morso da un serpente guardasse al serpente innalzato.

Coloro che facevano cosi guarivano sull'istante. ( Nm 21,6-9 )

Che significa il serpente innalzato se non la morte del Cristo, secondo quel modo d'esprimersi figurato che indica l'effetto mediante la causa?

La morte è venuta appunto dal serpente che convinse l'uomo al peccato e per esso gli fece meritare di morire.

Il Signore però non trasferì nella propria carne il peccato, che è come il veleno del serpente, ma vi trasferì invece la morte, perché nella carne somigliante a quella del peccato ci fosse la pena senza la colpa e cosi fosse distrutta nella carne del peccato sia la colpa, sia la pena.

Come dunque allora chi guardava al serpente innalzato, e guariva dal veleno e si liberava dalla morte, cosi adesso chi si unisce al Cristo con una morte simile alla sua ( Rm 6,5 ) per mezzo della sua fede e del suo battesimo, si libera e dal peccato con la giustificazione e dalla morte con la risurrezione.

Questo è infatti il senso delle parole: Perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.

Che bisogno ha dunque il bambino di conformarsi con il battesimo alla morte del Cristo, se non è stato minimamente avvelenato dal morso del serpente?

33.62 - Commento a Gv 3: trascurare volontariamente il battesimo dei bambini vuol dire sottrarli alla grazia dell'incarnazione

Poi in modo conseguenziale dice: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.

Il bambino era dunque destinato a morire e a non avere la vita eterna, se con il sacramento del battesimo non credeva nell'unigenito Figlio di Dio, mentre per ora egli non è venuto per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

Tanto più che seguitando dice: Chi crede in lui non è condannato, ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.

Dove mettiamo dunque i bambini battezzati se non tra i fedeli, come reclama dappertutto l'autorità della Chiesa universale?

Dunque tra coloro che hanno creduto.

È un diritto che essi acquisiscono per la virtù del sacramento e per le risposte dei loro padrini.

E conseguentemente quelli che non sono stati battezzati tra coloro che non hanno creduto.

Ora, se i battezzati non sono condannati, i non battezzati sono condannati.

Aggiunge poi: Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce.

Di che dice: La luce è venuta nel mondo se non della sua propria venuta?

E senza il sacramento della sua venuta in che modo si può dire che i bambini sono nella luce?

Non preferiscono forse le tenebre coloro che, come non credono essi stessi, cosi non pensano di dover battezzare i loro bambini, quando per essi temono la morte corporale?

Afferma poi che sono compiute in Dio le opere di chi viene alla luce, perché questi capisce che la sua giustificazione non dipende dai suoi meriti, ma dalla grazia di Dio.

È Dio infatti, dice l'Apostolo, che suscita in noi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni. ( Fil 2,13 )

In questo modo dunque si compie la rigenerazione spirituale di quanti dalla generazione carnale vengono al Cristo.

Egli stesso l'ha spiegato, egli stesso l'ha indicato quando gli fu chiesto come potessero avverarsi tali cose.

A nessuno ha lasciato in questa causa la libertà dell'argomentazione umana.

I bambini non siano espropriati della grazia della remissione dei peccati.

Non c'è nessun altro modo di passare al Cristo.

Non c'è per nessuno un modo diverso di potersi riconciliare con Dio e venire a Dio all'infuori del Cristo.

34.63 - Anche dal rito del battesimo emerge che in essi si compie una remissione di peccati

Che cosa dirò dello stesso rito del sacramento?

Vorrei che uno di costoro che la pensano diversamente mi portasse a battezzare un bambino.

Che fa in lui il mio esorcismo, se non è compreso nella famiglia del diavolo?

Certamente sarebbe pronto a rispondermi lui stesso per il bambino da lui portato, non potendo questo rispondere per sé.

In che modo dunque sarebbe pronto a dire che il bambino rinunzia al diavolo, se in lui non c'è nulla del diavolo?

Come sarebbe pronto a dire che si converte a Dio, se non si è mai allontanato da Dio?

Come sarebbe pronto a dire, tra le altre cose, che crede nella remissione dei peccati, se essa non riguarda affatto il bambino?

Quanto a me, è certo che se lo ritenessi contrario a queste verità non gli permetterei nemmeno d'entrare con il bambino per i sacramenti; quanto poi a lui, non so con quale faccia si comporterebbe in tutto questo davanti agli uomini e con quale coscienza davanti a Dio, né voglio dire qualcosa di più grave.

Alcuni quindi di costoro hanno visto che non è possibile dire e sentire nulla di più esecrabile e detestabile di questo: che per i bambini si usa una forma di battesimo falsa o ingannatrice, nella quale la remissione dei peccati risuona verbalmente e sembra operarsi e tuttavia non avviene in nessun modo.

Perciò, per quanto concerne il battesimo dei bambini, perché sia necessario a loro, essi ammettono che anche i bambini hanno bisogno di redenzione, come è contenuto in un brevissimo opuscolo di uno di costoro, il quale tuttavia non ha voluto esprimere più apertamente in esso la remissione di un qualche peccato.

Ma, come tu stesso mi hai informato per lettera, ormai confessano, lo dici tu, che anche nei fanciulli si fa con il battesimo remissione di peccati.

Né c'è da meravigliarsi, perché la redenzione non si potrebbe intendere in altro modo.

"Tuttavia" dicono costoro "i bambini non hanno cominciato ad avere il peccato originalmente, bensì durante la propria vita dopo essere già nati".

34.64 - Se i due gruppi di pelagiani si mettessero d'accordo tra loro, si troverebbero d'accordo con i cattolici

Ti rendi conto ormai delle differenti opinioni sorte in mezzo a quelli contro i quali in quest'opera ho già discusso a lungo e con molti argomenti e di uno dei quali ho letto anche un libro che contiene gli errori da me confutati, come ho potuto.

Ti avvedi dunque, come avevo cominciato a dire, quanto ci corra tra l'affermazione degli uni che i fanciulli sono assolutamente puri e liberi da qualsiasi peccato, sia originale sia proprio, e l'affermazione degli altri convinti che i bambini appena già nati hanno contratto peccati propri, dai quali li credono bisognosi d'esser purificati mediante il battesimo.

Perciò questi ultimi, guardando alle Scritture e all'autorità di tutta la Chiesa e al rito dello stesso sacramento, hanno ben visto che per mezzo del battesimo si fa nei fanciulli remissione di peccati, ma che sia il peccato originale quel qualsiasi peccato che è presente nei bambini non lo vogliono dire o non lo possono vedere.

I primi viceversa nella stessa natura umana che si offre a farsi esaminare da tutti hanno ben visto, ed era facile, che quell'età nel suo breve tratto di vita propria non ha potuto contrarre alcunché di peccato, ma, per non ammettere il peccato originale, dicono che nei fanciulli non esiste assolutamente nessun peccato.

Prima dunque trovino l'accordo tra loro stessi nelle verità che dicono separatamente e conseguentemente avverrà che non si troveranno in disaccordo con noi per nessuna parte.

Se infatti gli uni concedono agli altri che i bambini nel battesimo ricevono la remissione dei peccati e reciprocamente gli altri concedono agli oppositori che i piccoli, come la stessa natura grida nei taciti infanti, non hanno ancora contratto nessun peccato imputabile alla loro propria vita, gli uni e gli altri concederanno a noi che non resta nessun peccato da cancellare nei bambini per mezzo del battesimo all'infuori del peccato originale.

35.65 - Non c'è bisogno di dimostrare che i bambini non possono avere dei peccati propri

Ma è mai possibile che ci sia questione anche su questo e che dobbiamo essere disposti a discutere e a perdere del tempo anche per provare ed insegnare come di volontà propria, senza la quale non può esistere nessun peccato di vita propria, non abbiano commesso nulla di male i bambini che per questo tutti chiamano innocenti?

Tanta debilità d'anima e di corpo, tanta ignoranza di tutto, impossibilità assoluta a sottostare a regole, incapacità a capire e ad attuare la legge, naturale o scritta, mancanza d'uso di ragione per una o un'altra direzione, tutto questo non lo proclama, non lo indica con un silenzio molto più autorevole del nostro parlare?

Valga qualcosa la stessa evidenza a convincere se stessa.

In nessun caso infatti sono cosi impacciato a trovar parole da dire come quando la verità di cui si tratta è più manifesta di tutto ciò che si dice.

35.66 - Irreperibile qualsiasi traccia di peccato nei bambini nel corso dei primi anni

Vorrei tuttavia che chiunque crede alla presenza nei bambini di qualche peccato proprio dicesse quale peccato vede o suppone in un bambino che è nato da poco e per la redenzione del quale confessa già necessario il battesimo: che cosa di male abbia commesso nella sua propria vita con il suo animo o con il suo corpo.

Forse il fatto che piange e tedia i grandi? Mi sorprenderebbe se questo fosse da ascriversi a iniquità piuttosto che a infelicità.

Forse il fatto che dallo stesso pianto non lo trattiene nessuna ragione sua e nessuna proibizione di chicchessia?

Ma questo dipende dall'ignoranza, nel cui fondo più basso egli giace e per cui dopo un brevissimo spazio di tempo appena ne acquista la forza percuote con ira anche la madre e spesso le stesse sue mammelle che brama per fame.

Questi comportamenti, oltre a tollerarsi, si amano perfino nel bambini: e per quale inclinazione avviene ciò se non per una inclinazione carnale, per cui piacciono anche il loro riso e il loro gioco, a cui partecipano con quasi uguale illogicità anche uomini perspicaci che, se la pensassero come parlano, moverebbero al riso non come uomini faceti, ma come uomini fatui?

Vediamo che gli stessi fatui che volgarmente sono detti "morioni" vengono adoperati per divertire gli altri uomini normali e costano nel mercato degli schiavi più cari degli schiavi savi.

Tanta forza esercita l'inclinazione carnale anche in persone che non sono affatto fatue nel far trovare dilettevole il male degli altri.

Infatti, mentre ad uno riesce gioconda la fatuità altrui, egli tuttavia per conto proprio non avrebbe voluto essere fatuo.

Se un padre del suo garrulo bambino in piccola età, dal quale aspetta e provoca lietamente quegli atti, presapesse che rimarrà tale nel crescere, non dubiterebbe in nessun modo che sarebbe da compiangere con più amarezza che morto.

Ma finché c'è la speranza che i bambini imparino e finché si crede che con il progresso dell'età ci sarà il progresso della luce dell'intelligenza, è normale che le offese dei bambini anche contro i genitori non solo non riescano sgradite, bensì perfino gradite e piacevoli.

Certamente nessuna persona assennata dovrà approvare che i bambini, invece d'essere distolti da siffatte parole ed azioni, quando è ormai arrivato il tempo di poterli distogliere, siano per giunta provocati a tali comportamenti dai grandi per gusto di riso o di vanità.

Infatti il più delle volte quell'età, riconoscendo già il padre e la madre, non osa dire parolacce né all'uno né all'altra, se da uno dei due o da ambedue non ne ha il permesso o il comando.

Questi atteggiamenti però sono propri dei bambini che si buttano già a pronunziare le prime parole e già possono approntare ad esse, quali che siano, i sentimenti del loro animo.

Vediamo piuttosto la profondissima ignoranza nella quale si trovano i neonati e dalla quale gli altri bambini con i loro progressi, quasi protesi verso la tappa del conoscere e del parlare, sono arrivati a cotesta fatuità balbuziente che non è destinata a durare.

36.67 - Lo stato d'ignoranza in cui nasciamo non è il nostro stato naturale

Consideriamo, voglio dire, quelle tenebre della loro mente, senza dubbio razionale, per le quali ignorano assolutamente anche Dio e si oppongono ai suoi sacramenti, anche nell'atto d'essere battezzati.

Chiedo perché e quando siano stati sommersi in queste tenebre.

Ma sarà proprio vero che le hanno contratte qui e che in questa vita, da quando è diventata la loro propria vita, si sono dimenticati di Dio per enorme negligenza e invece sono vissuti sapienti e religiosi prima, perfino nel grembo materno?

Dicano queste sciocchezze coloro che osano, osino dirle coloro che vogliono, le credano coloro che possono.

Da parte mia penso che non possano condividere questo modo di sentire coloro che non hanno la mente oscurata dal proposito pervicace di difendere la propria sentenza.

O forse è vero che non esiste peccato d'ignoranza e quindi non c'è da eliminarlo?

E allora che ci sta a fare quella voce: Non ricordare i peccati della mia giovinezza e della mia ignoranza? ( Sal 25,7 )

Per quanto infatti siano più riprovevoli i peccati che si commettono consapevolmente, tuttavia, se non esistessero i peccati d'ignoranza, non leggeremmo le parole che ho citato: Non ricordare i peccati della mia giovinezza e della mia ignoranza.

Dunque in quelle densissime tenebre d'ignoranza, dove l'anima del neonato, senza dubbio anima d'uomo, senza dubbio anima ragionevole, si trova a giacere non solo non istruita, ma nemmeno istruibile, perché o quando o donde è stata sbattuta?

Se la natura dell'uomo è di cominciare cosi e non è già viziosa una natura cosiffatta, perché Adamo non fu creato in tale condizione?

Perché quello là fu creato capace di precetto e competente a dar nome alla propria moglie e a tutti i viventi?

Infatti di Eva disse: La si chiamerà donna, e quanto agli altri esseri, in qualunque modo Adamo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. ( Gen 2,23 )

E invece questo qui non sa dove sia, cosa sia, da chi sia stato creato, da quali persone sia stato generato, già reo di peccato prima ancora d'esser capace di precetto.

Avvolto e schiacciato da una caligine d'ignoranza tanto fitta da cui non può essere svegliato come da un sonno, non gli si può far conoscere la realtà almeno per indicazione, ma si deve aspettare, non per una notte soltanto come avviene ordinariamente per le sbornie più solenni, ma per mesi ed anni, che lentamente smaltisca questa sua non so quale ubriacatura.

E nell'attesa che ciò avvenga, sono cosi numerose da non potersi proprio contare le azioni che noi tolleriamo nei piccoli, mentre le puniamo nei grandi.

Se questo male talmente enorme d'ignoranza e di debolezza i bambini l'hanno contratto in questa vita dopo essere già nati, domando: dove, quando, come, per quale mostruosa empietà da loro commessa sono stati avvolti repentinamente da tenebre cosi dense?

Perché noi nasciamo così? Perché anche Gesù nacque bambino?

37.68 - Perché Adamo non fu creato così?

Chiederà qualcuno: "Se questa natura [ dei bambini ] non è pura, ma si hanno in essa le prime manifestazioni di una natura viziosa, perché Adamo non fu creato in tali condizioni e qual è la ragione per cui il Cristo, di gran lunga molto più degno e nato certamente senza alcun peccato dalla Vergine apparve tuttavia procreato in tale debilità ed età?".

Al quesito cosi proposto rispondiamo: Quanto ad Adamo, la ragione per cui non fu creato nelle condizioni attuali è che, non essendo stato preceduto dal peccato di nessun ascendente, non fu creato nella carne del peccato.

Quanto a noi, siamo nelle condizioni attuali, perché, essendo stati preceduti dal peccato di Adamo, siamo nati nella carne del peccato.

Quanto al Cristo, egli è nelle nostre condizioni, perché è nato in una carne somigliante a quella del peccato e in vista del peccato per condannare il peccato. ( Rm 8,3 )

Infatti qui non si tratta di Adamo quanto alla quantità del suo corpo, perché non fu fatto piccolo, bensì con le membra perfettamente formate: si può dire per rincalzo che anche gli animali furono creati con membra perfette, né tuttavia fu un loro peccato a far nascere piccoli poi da loro i figli, né ora cerchiamo quale sia la causa di questo fatto; ma si tratta qui di una certa vigoria della mente di Adamo e dell'uso della sua ragione, per cui poteva accettare docilmente l'autorità di Dio e la prescrizione del suo comando e la poteva osservare facilmente se voleva.

Adesso invece l'uomo nasce cosi da non essere assolutamente capace di ciò a causa di un'orrenda ignoranza e debolezza, non della carne, ma della mente, sebbene siamo tutti concordi nel riconoscere che nel bambino vive un'anima non di un'altra sostanza, ma della medesima sostanza che aveva nel primo uomo, cioè un'anima ragionevole.

Per quanto, anche la stessa debolezza cosi massiccia della carne sta a indicare a mio avviso un non so che di penale.

Ci incuriosisce per esempio di sapere se i primi uomini, qualora non avessero peccato, avrebbero generato figli in tali condizioni da non avere l'uso né della lingua né delle mani né dei piedi.

A causa della capienza dell'utero sarebbe stato forse inevitabile che nascessero piccoli.

Però, pur essendo piccola parte del corpo una costola, non per questo tuttavia Dio fece ad Adamo una sposa piccola plasmando la donna con la costola. ( Gen 2,22 )

Perciò l'onnipotenza del Creatore poteva far diventare subito grandi anche i figli della donna appena dati alla luce.

38.69 - I neonati dell'uomo sono meno provvisti dei neonati degli animali

Ma, tralasciando questo, poteva Dio dare certamente all'uomo quello che ha dato anche a molti animali.

I loro figli, per quanto siano piccoli e non progrediscano nella conoscenza di pari passo con lo sviluppo successivo del corpo, non avendo un'anima razionale, tuttavia, anche quando sono minuscoli, corrono, riconoscono la propria madre e non hanno bisogno d'essere accostati dalla premura di altri a succhiare le mammelle, ma con meravigliosa facilità le trovano da sé, benché collocate in parti riposte del corpo materno.

Al contrario, i bambini al momento in cui nascono non hanno né piedi idonei a camminare, né mani abili nemmeno a grattare e, se la nutrice non avvicina alle loro immote labbra e non vi introduce i capezzoli del petto, non sentono da sé dove siano e potrebbero più facilmente piangere per fame che succhiare le mammelle pendule accanto a loro.

Corrisponde quindi in modo assoluto alla debilità della mente questa debilità del corpo.

E la carne del Cristo non sarebbe stata somigliante alla carne del peccato, se non esistesse questa carne del peccato che aggrava talmente con il suo peso l'anima razionale, tanto se l'anima è stata creata anch'essa dai genitori, quanto se è stata creata nei genitori o se è stata ispirata dall'alto: una questione di cui per ora rimando la discussione.

39.70 - La concupiscenza dopo il battesimo

Certamente nei bambini con la grazia di Dio per mezzo del battesimo di colui che è venuto nella somiglianza della carne del peccato si ottiene l'effetto di annullare la carne del peccato.

Si annulla però non nel senso che si spenga repentinamente e non esista più nella stessa carne vivente la concupiscenza che vi è esplosa ed innata, ma si annulla cosi che la concupiscenza innata nell'uomo fin dalla nascita non gli nuoccia dopo la morte.

Ecco: se dopo il battesimo la persona continua a vivere e potrà arrivare all'età capace di precetto, essa ha nella concupiscenza una nemica da combattere con l'aiuto di Dio, se non ha accolto invano la sua grazia ( 2 Cor 6,1 ) e non vorrà essere riprovata. ( 1 Cor 9,27 )

Infatti neanche ai grandi, a meno di un eventuale e straordinario miracolo dell'onnipotentissimo Creatore, si concede nel battesimo questo dono: che la legge del peccato, la quale abita nelle nostre membra e muove guerra alla legge della mente, ( Rm 7,22-23 ) si estingua completamente senza più esistere.

Invece si concede che qualunque male fatto, detto, pensato dall'uomo per cedimento della sua mente alla stessa concupiscenza venga tutto abolito e non conti più nulla, come se non fosse mai stato compiuto.

Al contrario la concupiscenza stessa, sciolto il vincolo del suo reato, in forza del quale mediante la concupiscenza il diavolo deteneva l'anima, e abbattuta cosi la barriera del peccato con il quale il diavolo separava l'uomo dal suo Creatore, la concupiscenza, dicevo, rimane nella lotta con la quale trattiamo duramente il nostro corpo e lo asserviamo ( 1 Cor 9,27 ) o per essere lasciata libera a compiti leciti e necessari o per essere ristretta dalla continenza.

Lo Spirito di Dio, che molto meglio di noi conosce tutto e il passato e il presente e il futuro dell'umanità, ha preveduto e predetto un tal modo di vivere da parte del genere umano che nessun vivente è giusto davanti a Dio. ( Sal 143,2 )

In questa lotta può avvenire che noi, non impegnando per ignoranza o per debolezza contro la concupiscenza tutte le forze della volontà, cediamo ad essa anche in alcune azioni illecite, tanto più gravemente e più frequentemente quanto più siamo cattivi e tanto meno gravemente e meno frequentemente quanto più siamo buoni.

Terminiamo questo libro e trattiamo in un secondo libro, in modo più specifico, del problema concernente la ricerca se in questa vita possa esistere, esista, sia esistito mai, esisterà mai un uomo senza peccato, eccettuato colui che disse: Ecco, viene il principe del mondo e in me non troverà nulla. ( Gv 14, 30 )

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