Il castigo e il perdono dei peccati e il battesimo dei bambini

Indice

Libro II

25.39 - L'obiezione dei pelagiani: è già battezzato il figlio di un battezzato

La nostra precedente risposta contro quanti dicono: Se un peccatore genera un peccatore, anche un giusto deve generare un giusto vale pure per quanti dicono che un bambino nato da un battezzato deve ritenersi come già battezzato.

Obiettano costoro: Perché infatti non ha potuto essere battezzato nei lombi di suo padre, se Levi, secondo la Lettera agli Ebrei, poté pagare le decime nei lombi di Abramo? ( Eb 7,9 )

Gli obiettanti avvertano che Levi non smise poi di pagare le decime perché le aveva già pagate nei lombi di Abramo, ma perché per l'onore del sacerdozio gli fu provveduto cosi da ricevere le decime invece di pagarle.

Altrimenti non avrebbero dovuto pagarle nemmeno tutti gli altri suoi fratelli che le pagavano a lui, avendole anch'essi già pagate a Melchisedech nei lombi di Abramo. ( Eb 7,10 )

25.40 - Chi nasce da un battezzato ha bisogno del battesimo, come chi nasceva da un circonciso aveva bisogno della circoncisione

Ma essi replicano che i figli di Abramo in tanto hanno giustamente potuto continuare a pagare le decime, sebbene le avessero già pagate nei lombi del loro padre, in quanto il pagamento delle decime si doveva ripetere a più riprese da ciascuno.

E portano l'esempio degli israeliti che tutti gli anni, anzi per tutti i prodotti, erano soliti pagare ai leviti frequentemente le decime durante tutta la loro vita.

E concludono che il battesimo è un tal sacramento che si dà una volta sola e se uno l'ha già ricevuto quand'era nel padre, non si può fare a meno di considerarlo battezzato, essendo generato da un battezzato.

Chi dice questo, per non discuterne a lungo, guardi alla circoncisione che si faceva una volta sola e che tuttavia si faceva ogni volta in ciascun individuo.

Come dunque al tempo di quel sacramento della circoncisione chi nasceva da un circonciso doveva essere circonciso, cosi attualmente chi è nato da un battezzato dev'essere battezzato.

25.41 - S. Paolo afferma che i figli dei battezzati sono santi. Perché doverli battezzare?

[ I nostri avversari continuano: ] Ma dice l'Apostolo: "I vostri figli sarebbero impuri, mentre invece sono santi" ( 1 Cor 7,14 ) e costoro ne concludono: Perciò i figli dei fedeli non avrebbero dovuto mai assolutamente esser battezzati.

Mi meraviglio di questa citazione da parte di quelli che negano che si tragga originalmente il peccato da Adamo.

Se infatti prendono questa sentenza dell'Apostolo cosi da credere che da genitori fedeli nascano figli santificati, perché a loro volta non mettono in dubbio la necessità di battezzarli?

Perché infine non vogliono confessare che da un genitore in peccato si contrae originalmente un qualche peccato, se da un genitore santo si trae una qualche santità?

E certamente, anche ammesso che genitori fedeli generino figli santi, non ci contraddiciamo nel dire che questi figli senza il battesimo vanno alla condanna.

Anche i nostri obiettori negano a questi figli il regno dei cieli, benché li dicano esenti da qualsiasi peccato, sia proprio, sia originale.

Oppure, se a loro sembra indegno che vengano condannati dei santi, come sarà degno che dei santi siano esclusi dal regno di Dio?

Considerino piuttosto come si faccia a non trarre un qualche peccato da genitori peccatori, se si trae una qualche santità da genitori santi e una qualche impurità da genitori impuri.

Entrambe le cose infatti ha detto colui che ha detto: I vostri figli sarebbero impuri, mentre invece sono santi.

Spieghino anche come sia giusto che tanto ai figli santi nati da genitori fedeli, quanto ai figli impuri nati da genitori infedeli venga tuttavia ugualmente precluso l'ingresso nel regno di Dio, se non sono stati battezzati.

Che giova dunque ai primi questa loro santità? Se sostenessero che si dannano i figli impuri nati da genitori infedeli e che invece i figli santi dei genitori fedeli non possono certamente entrare nel regno di Dio se non sono stati battezzati, ma tuttavia non si dannano perché sono santi, ci sarebbe una qualche distinzione.

Ora al contrario, tanto dei santi nati da santi, quanto degli impuri nati da impuri ugualmente dicono che non si dannano perché non hanno nessun peccato, e rimangono esclusi dal regno di Dio perché non hanno il battesimo.

Che quest'assurdità sfugga a tali ingegni chi lo potrebbe credere?

25.42 - La santificazione dei figli derivante dal battesimo dei loro genitori è ben diversa da quella derivante dal proprio battesimo e non la sostituisce

Poni poi per un momento la tua attenzione a considerare come alla sentenza nostra, anzi dell'Apostolo che disse: Per uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, e: Per uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita, ( Rm 5, 16.18 ) non sia contrario questo che ha detto parlando d'un altro argomento: Altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, mentre invece sono santi. ( 1 Cor 7,14 )

26 - La santificazione non è di una sola specie.

Anche i catecumeni per esempio penso che vengano santificati in un loro modo particolare mediante il segno del Cristo e l'orazione dell'imposizione della mano, e quello che ricevono, sebbene non sia il corpo del Cristo, è tuttavia santo e più santo dei cibi con i quali ci alimentiamo, perché è un sacramento.1

Anzi quanto agli stessi cibi con i quali ci alimentiamo per il necessario sostentamento di questa vita, il medesimo Apostolo dice, ( 1 Tm 4,5 ) che vengono santificati dalla parola di Dio e dall'orazione che diciamo quando stiamo per ristorare i nostri poveri corpi.

Come dunque questa santificazione dei cibi non impedisce che quanto entra nella bocca vada nel ventre e sia evacuato nel cesso per la corruzione ( Mt 15,17 ) che dissolve tutte le cose terrene, tanto che il Signore ci esorta ad un altro cibo, incorruttibile, ( Gv 6,27 ) cosi la santificazione del catecumeno non gli vale senza il battesimo per entrare nel regno dei cieli o per la remissione dei peccati.

E perciò anche la santificazione, di qualunque genere sia, che l'Apostolo ammette nei figli dei fedeli, non ha nulla a che vedere con la presente questione sul battesimo e sull'origine del peccato o sulla sua remissione.

Infatti dice pure nello stesso passo che i coniugi infedeli vengono santificati nei coniugi fedeli scrivendo: Il marito non credente viene reso santo dalla moglie [ credente ] e la moglie non credente viene resa santa dal marito [ credente ]; altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, mentre invece sono santi. ( 1 Cor 7,14 )

Nessuno, credo, comunque intenda queste parole, le interpreta in una maniera tanto lontana dalla fede da ritenere che anche un marito non cristiano, appunto perché è cristiana la sua moglie, non debba più essere battezzato, abbia già raggiunto la remissione dei peccati e acquisito il diritto d'entrare nel regno dei cieli, perché S. Paolo lo dice santificato dalla moglie.

27.43 - I bambini dei battezzati hanno bisogno del battesimo, perché nessuno può rinascere nei suoi genitori prima di essere nato da loro

Chi però rimane ancora sorpreso che vengano battezzati coloro che nascono da persone già battezzate, accolga questa breve spiegazione.

Come la generazione della carne del peccato per causa del solo Adamo trae alla condanna tutti coloro che vengono generati in tal modo, cosi la generazione dello Spirito della grazia per causa del solo Gesù Cristo conduce alla giustificazione della vita eterna tutti i predestinati che sono rigenerati in tal modo. ( Rm 5,18 )

Il sacramento del battesimo è certamente il sacramento della rigenerazione.

Perciò, come uno che non sia venuto alla vita non può morire e uno che non sia morto non può risorgere, ( Tt 3,5 ) cosi uno che non sia nato non può rinascere.

Da questo consegue che nessuno prima di nascere ha potuto rinascere in un suo genitore.

Ma dopo esser nato deve rinascere, perché se uno non nasce di nuovo non può vedere il regno di Dio. ( Gv 3,3 )

Occorre dunque che dal sacramento della rigenerazione, perché senza di esso non esca malamente da questa vita, sia consacrato anche il bambino, e ciò non avviene se non in remissione dei peccati.

Questo indicò anche il Cristo nello stesso luogo, quando, interrogato come potessero compiersi simili cose, ricordò quello che aveva fatto Mosè innalzando il serpente. ( Gv 3,14 )

Poiché dunque mediante il sacramento del battesimo i bambini si conformano alla morte del Cristo, bisogna confessare che essi sono liberati dal morso del serpente, se non vogliamo deviare dalla regola della fede cristiana.

Essi tuttavia non hanno ricevuto questo morso nella loro propria vita, ma in colui al quale quel morso fu inflitto originariamente.

27.44 - Al figlio che non rinasce nuocciono i peccati che egli ha contratti dal genitore

Né tragga in inganno il fatto che dopo la conversione i peccati propri non nuocciono più nemmeno al genitore.

Quanto meno dicono possono nuocere al suo figlio!

Ma quelli che ragionano cosi non avvertono che, come i peccati propri non nuocciono al genitore perché è rinato spiritualmente, ( Gv 3,5 ) cosi al suo figlio noceranno i peccati che ha contratto da lui se non rinascerà alla stessa maniera.

Perché, da una parte i genitori dopo esser stati rinnovati non generano carnalmente in virtù delle primizie dello stato nuovo, ma in forza dei resti dello stato vecchio; dall'altra parte i figli, immersi totalmente nello stato vecchio a causa dei suoi resti nei genitori e generati nella carne del peccato, evadono dalla condanna dovuta all'uomo dello stato vecchio mediante il sacramento della rigenerazione e della rinnovazione spirituale. ( Tt 3,5 )

Questo infatti, per le questioni che sono state mosse o che possono esser mosse ancora sul presente argomento, è ciò che dobbiamo notare e ricordare soprattutto: nel battesimo avviene soltanto la piena e perfetta remissione di tutti i peccati; ( Col 2,13 ) quanto invece alla qualità stessa dell'uomo, essa non si cambia tutta e subito all'istante, ma le primizie dello Spirito in coloro che ben progrediscono, con il crescere ogni giorno più dello stato nuovo, trasformano in se stesse ciò che appartiene carnalmente allo stato vecchio, finché tutto sia cosi rinnovato ( 2 Cor 4,16 ) che anche la debilità del corpo animale giunga alla stabilità e incorruttibilità spirituale.

28.45 - I genitori cristiani generano i loro figli carnalmente e quindi trasmettono ad essi il peccato

Questa legge poi del peccato, legge che l'Apostolo chiama anche peccato quando scrive: Non regni più dunque il peccato nel vostro corpo mortale si da sottomettervi ai suoi desideri, ( Rm 6,12 ) non rimane nelle membra di coloro che sono rinati dall'acqua e dallo Spirito ( Rm 7,23; Gv 3,5 ) come se non fosse stata fatta la sua remissione nel sacramento dove la remissione dei peccati si fa assolutamente piena e perfetta, uccise tutte le inimicizie ( Ef 2,16 ) che ci separavano da Dio, ( Is 59,2 ) ma rimane nello stato vecchio della carne come peccato vinto e morto, se per illeciti consensi non risorge in qualche modo e non è ristabilito nel proprio regno e dominio.

Da questo vecchio stato della carne, nel quale risiede la legge del peccato o risiede il peccato già rimesso, tanto si distingue la vita dello Spirito, nel cui nuovo stato i battezzati rinascono mediante la grazia di Dio, che all'Apostolo sembrò poco dire ( Rm 7,6 ) che i battezzati non sono nel peccato senza dire pure che essi, già prima di migrare da questa vita, non sono più nemmeno nella carne.

Scrive: Quelli che sono nella carne, non possono piacere a Dio.

Voi però non siete nella carne, ma nello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. ( Rm 8,8-9 )

Ora, come della carne, per quanto corruttibile, usano bene coloro che volgono le membra della carne ad opere buone, e costoro non sono nella carne perché non sentono e non vivono secondo la carne, come inoltre anche della morte che è pena del primo peccato usano bene coloro che l'affrontano con fortezza e pazienza per i fratelli, per la fede, per qualunque causa di vera e santa giustizia, cosi anche della legge del peccato, il quale, benché rimesso, rimane nel vecchio stato della carne, usano bene gli sposi cristiani.

Essi in quanto sono nel nuovo stato del Cristo non soffrono per nulla il dominio della libidine, ma in quanto continuano a trarre il vecchio stato da Adamo, con quella propaggine del peccato generano nella mortalità i loro figli, che dovranno essere rigenerati per l'immortalità.

Da questa propaggine coloro che sono rinati non vengono tenuti più sotto reato e da essa coloro che nascono si liberano rinascendo. ( Rm 7,23 )

Finché dunque rimane nelle membra la legge della concupiscenza, rimanendo la legge, ne viene però sciolto il reato, ma solo in chi ha ricevuto il sacramento della rigenerazione e ha cominciato già a rinnovarsi.

Chi poi nasce dal residuo vecchio stato della concupiscenza ha bisogno di rinascere per guarire.

Ma poiché i genitori cristiani, e nati carnalmente e rinati spiritualmente, hanno generato i loro figli carnalmente, in che modo i loro figli sono potuti rinascere prima di nascere?

28.46 - Il battesimo estingue per sempre nell'uomo il reato della concupiscenza, ma non la sua presenza

Non ti meravigliare se ho detto che, rimanendo sotto forma di concupiscenza la legge del peccato, viene sciolto il suo reato mediante la grazia del sacramento.

Come i fatti, i detti e i pensieri cattivi sono già passati e non sono più per quanto si riferisce alle attività stesse dell'animo e del corpo e tuttavia, pur essendo passati e non esistendo più presentemente, rimane il loro reato se non viene sciolto con la remissione dei peccati, cosi a sua volta in questa legge della concupiscenza, non già passata ma ancora in atto, il suo reato viene sciolto e non sarà più perché si ottiene nel battesimo la piena remissione dei peccati.

Se poi seguisse immediatamente l'emigrazione da questa vita, dopo che sono stati sciolti tutti i reati che lo tenevano legato, non ci sarà più nulla che tenga l'uomo in colpa.

Come dunque non ci reca meraviglia che prima della remissione dei peccati rimanga il reato di detti, di fatti e di pensieri che sono passati, cosi non ci deve meravigliare che a sua volta dopo la remissione dei peccati cessi il reato della concupiscenza ed essa rimanga ancora.

29.47 - Dio ha sempre salvato e salverà i predestinati con una medesima fede oggettiva, ma con sacramenti diversi nelle diverse epoche

Cosi stanno le cose, da quando a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte e così ha raggiunto tutti gli uomini ( Rm 5,12 ) fino alla fine di questa generazione carnale e di questo secolo corruttibile i cui figli generano e sono generati. ( Lc 20,34 )

E non esiste nessuno che in questa vita possa dirsi veramente esente da ogni peccato, salva l'unica eccezione del Mediatore, ( 1 Tm 2,5; Rm 5,10 ) il quale ci riconcilia con il nostro Creatore mediante la remissione dei peccati.

Lo stesso nostro Signore in nessuna epoca del genere umano prima dell'ultimo giudizio ancora futuro non ha mai negato la sua medicina a coloro che mediante la sua prescienza certissima e la sua beneficenza giustissima ha predestinato alla vita eterna perché regnassero con lui.

Infatti coloro che vissero prima della sua nascita carnale, prima della debilità della sua passione, prima della potenza della sua risurrezione, con la fede in quegli avvenimenti allora futuri erano preparati da Cristo per l'eredità della salvezza eterna.

Con la fede negli stessi avvenimenti allora presenti animò coloro che vivevano mentre essi si compivano e che vedevano avverarsi in essi le profezie.

Con la fede nei medesimi avvenimenti ormai passati non cessa di animare sia coloro che vissero dopo, sia noi stessi, sia quanti vivranno in avvenire.

Unica dunque è la fede che salva ( Lc 8, 48 ) tutti coloro che dopo la nascita carnale si salvano rinascendo nella spirituale, ( Gv 3,5 ) fede che ha il suo termine di compimento in colui che, giudice dei vivi e dei morti, è venuto ad essere giudicato e ucciso per noi.

Ma i sacramenti di quest'unica fede variarono secondo l'opportunità della loro significazione con il variare dei tempi.

29.48 - Gesù è l'unico Salvatore di tutti, grandi e bambini

Uno solo e medesimo è dunque il Salvatore dei piccoli e dei grandi.

Di lui dissero gli angeli: Oggi vi è nato un salvatore. ( Lc 2,11 )

Di lui fu detto alla vergine Maria: Lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. ( Mt 1,21 )

Qui si mostra apertamente che fu chiamato Gesù per la salvezza che ha procurato a noi: Gesù infatti corrisponde in latino a "Salvatore".

Chi dunque oserà dire che il Cristo Signore è Gesù per i grandi soltanto e non anche per i bambini?

Egli è venuto nella somiglianza della carne del peccato ( Rm 8,3 ) per distruggere il corpo del peccato. ( Rm 6,6 )

In questo corpo debolissimo nelle membra infantili, non appropriate o idonee a nessun uso, l'anima razionale si trova oppressa da miserevole ignoranza.

Non credo affatto che questa ignoranza esistesse in quel bambino in cui il Verbo si fece carne per abitare tra noi. ( Gv 1,14 )

Né sospetto che nel Cristo bambino esistesse la stessa debilità dell'anima che vediamo nei bambini.

A causa anche di essa, quando li prende qualche turbamento istintivo e irrazionale, non si possono calmare con nessuna ragione, con nessuna ingiunzione, ma qualche volta può darsi con il dolore o con la paura del dolore.

Ti accorgi che sono figli di quella disobbedienza che si muove nelle membra in contrasto con la legge della mente ( Rm 7,23 ) e non si arrende al comando della ragione.

Anch'essa però spesso o si frena con il dolore fisico, per esempio con le bastonate, o si reprime incutendo spavento o sentimenti simili, ma non con il comando della volontà.

Tuttavia Gesù, poiché in lui c'era la somiglianza della carne del peccato, volle soffrire le mutazioni delle età cominciando dalla stessa infanzia e sembra che avrebbe potuto quella sua carne raggiungere anche la morte per vecchiaia, se non fosse stato ucciso da giovane.

Ecco però la differenza: nella carne del peccato la morte è pagata per debito di disobbedienza, invece nella carne somigliante a quella del peccato la morte è stata accolta per volontà d'obbedienza.

Tanto che sul punto di andarle incontro e di soffrirla Gesù disse: Ecco, viene il principe di questo mondo e in me non troverà nulla; ma perché tutti sappiano che io faccio la volontà del Padre mio, alzatevi e andiamo via di qui. ( Gv 14,30-31 )

Detto questo, andò verso la morte indebita, facendosi obbediente fino alla morte. ( Fil 2,8 )

30.49 - La redenzione di Gesù ha giovato a noi più di quanto ci abbia nociuto il peccato di Adamo

Perciò coloro che obiettano: Se il peccato del primo uomo è stato per noi causa di morte, la venuta del Cristo sarebbe per noi causa di abolizione della morte, se crediamo in lui e ne aggiungono quasi la ragione dicendo: Infatti la trasgressione del prevaricatore non ha nociuto a noi più di quanto abbia giovato a noi l'incarnazione o la redenzione del Salvatore, perché invece non osservano, perché non ascoltano, perché non credono senza alcuna incertezza quello che ha detto l'Apostolo inequivocabilmente: A causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti, e come tutti muoiono in Adamo, cosi tutti riceveranno la vita nel Cristo? ( 1 Cor 15,21-22 )

Non parlava se non della risurrezione del corpo.

Ha detto dunque che la morte corporale di tutti è stata causata da un solo uomo e ha promesso che per opera del solo Cristo ci sarà la risurrezione corporale di tutti alla vita eterna.

Perché dunque Adamo peccando avrebbe nociuto a noi più di quanto abbia giovato a noi il Cristo redimendoci, se per il peccato del primo moriamo temporalmente e invece per la redenzione del secondo non risorgiamo alla vita temporale, ma a quella eterna?

Il nostro corpo è morto dunque per il peccato, solo il corpo del Cristo è morto senza il peccato allo scopo che nel sangue da lui versato senza colpa fossero distrutti gli addebiti registrati di tutte le colpe, ( Col 2,14 ) a causa dei quali i debitori che credono in lui erano prima detenuti dal diavolo.

Perciò dice: Questo è il mio sangue che sarà versato per molti in remissione dei peccati. ( Mt 26,28 )

31.50 - Perché il battesimo non ci rende subito immortali?

Ma avrebbe potuto donare ai credenti anche questo: di non provare nemmeno la morte di questo corpo.

Però se l'avesse fatto, la carne riceverebbe un certo aumento di felicità, ma la fede subirebbe un abbassamento di fortezza.

Gli uomini infatti temono tanto questa morte che riporrebbero tutta la felicità dei cristiani solo nella loro assoluta impossibilità di morire.

E cosi nessuno si affretterebbe, attraverso anche la virtù del disprezzo di questa morte, alla grazia del Cristo per ottenere quella vita che sarà beata dopo questa morte, ma si crederebbe con fede troppo molle nel Cristo per allontanare l'orrore della morte.

Ha dunque concesso più grazia, ha senza dubbio donato qualcosa di più ai suoi fedeli.

Che ci sarebbe stato infatti di grande per un cristiano a credersi non morituro, vedendo che i credenti non morivano?

Quanto è più grande, quanto più forte, quanto più lodevole per un cristiano morituro credere cosi da sperare di vivere senza fine!

Ad alcuni inoltre alla fine dei tempi sarà concesso di non sentire questa morte, per una trasformazione repentina, ma di essere rapiti insieme ai risorti tra le nuvole per andare incontro al Cristo nell'aria e di vivere sempre cosi con il Signore. ( 1 Ts 4,16 )

E giustamente sarà concesso ad essi, perché allora non ci saranno più posteri da indurre a credere in forza di questo motivo: non la speranza di ciò che non vedono, ma l'amore di ciò che vedono.

E una fede siffatta sarebbe fiacca e debole, nemmeno degna d'esser chiamata fede, dal momento che la fede è stata definita cosi: La fede è il fondamento di coloro che sperano, è la prova delle realtà che non si vedono. ( Eb 11,1 )

Tanto che la stessa Lettera agli Ebrei, dove ciò sta scritto, dice, dopo aver enumerato alcuni che piacquero a Dio per la loro fede: Nella fede morirono tutti costoro, pur non avendo conseguito i beni promessi, ma avendoli solo veduti e salutati da lontano, dichiarando d'essere stranieri e pellegrini sopra la terra. ( Eb 11,13 )

E poco dopo conclude lo stesso elogio della fede cosi: Eppure tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa di Dio.

Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi. ( Eb 11,39-40 )

Questo elogio della fede non ci sarebbe né ci sarebbe la fede stessa, come ho già detto, se gli uomini nel credere tenessero dietro a premi visibili, cioè se ai credenti fosse pagata per ricompensa l'immortalità in questo secolo.

31.51 - Anche la morte è un esercizio di fede

Perciò il Signore stesso volle morire, com'è scritto, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare cosi quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. ( Eb 2,14-15 )

Questo testo insegna bene che l'attuale morte corporale è cominciata per iniziativa e istigazione del diavolo, cioè per il peccato a cui egli persuase Adamo: non per altro potrebbe dirsi con tutta verità che abbia il potere della morte.

Perciò colui che moriva senza alcun peccato, né originale né proprio, disse, come ho ricordato poco sopra: Ecco, viene il principe di questo mondo, ossia il diavolo che aveva il potere della morte, e in me non trova nulla, ( Gv 14,30-31 ) ossia nulla del peccato per il quale ha fatto morire gli uomini.

E quasi gli si chiedesse: "Perché dunque tu muori?", risponde: Perché tutti sappiano che io faccio la volontà del Padre mio, alzatevi e andiamo via di qui, cioè "perché io muoia non a causa del peccato sotto l'istigatore del peccato, ma a causa dell'obbedienza e della giustizia, essendomi fatto obbediente fino alla morte". ( Fil 2,8 )

E questo dunque insegna tale testimonianza: anche la vittoria dei credenti sulla paura della morte fa parte dello stesso combattimento della fede, il quale sarebbe certo mancato se ai credenti fosse stata concessa immediatamente l'immortalità.

32.52 - Rientra nel regime della fede l'invisibilità del Cristo risorto

Sebbene dunque il Signore abbia fatto molti miracoli visibili, perché da essi la fede stessa sbocciasse come da teneri germogli e poi da quella tenerezza si consolidasse in tutta la sua robustezza - tanto più forte è infatti quanto più evita ormai d'andare in cerca di miracoli -, tuttavia ha voluto che noi aspettassimo senza vederlo ciò che speriamo come promesso, perché il giusto vivesse in virtù della sua fede. ( Rm 1,17 )

Questo è tanto vero che egli stesso, risorgendo il terzo giorno, non volle rimanere tra gli uomini.

Dopo aver mostrato nella sua carne il modello della risurrezione a coloro che si degnò di costituire testimoni di questo fatto, ( Mc 16,7; Lc 24,48 ) ascese al cielo, sottraendosi anche ai loro, occhi.

E non concesse alla carne di nessuno di essi nulla di simile a quello che aveva mostrato nella propria carne, perché anch'essi vivessero in virtù della fede e il premio che poi sarà visibile di quella giustizia nella quale si vive in virtù della fede lo aspettassero frattanto con pazienza senza vederlo.

A questo senso credo si debba riportare anche quanto dice dello Spirito Santo: Egli non può venire, se io non me ne vado. ( Gv 16,7 )

Era come dire: "Non potete vivere da giusti in virtù della fede, come avrete dal mio Dono, cioè dallo Spirito Santo, se non toglierò dai vostri occhi quello che vedete, perché il vostro cuore progredisca spiritualmente credendo a realtà invisibili".

Questa giustizia che proviene dalla fede la esalta ugualmente cosi, parlando dello Spirito Santo: Egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio.

Quanto al peccato, perché non credono in me; quanto alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più. ( Gv 16,8-10 )

Che giustizia è questa per cui non lo vedrebbero più se non quella per cui il giusto vivesse in virtù della fede ( Rm 1,17; Gal 3,11 ) e noi, non guardando a realtà che si vedono, ma a realtà che non si vedono, aspettassimo la speranza della giustizia con spirito animato dalla fede?

33.53 - La remissione dei peccati non comporta immediatamente l'estinzione delle pene del peccato

Coloro poi che obiettano: Se questa morte temporale fosse accaduta per il peccato, certamente non moriremmo dopo la remissione dei peccati che il Redentore ci ha regalato, non capiscono come Dio, pur togliendone il reato perché non ci danneggi dopo questa vita, lasci tuttavia sussistere queste nostre condizioni per la lotta della fede, perché per mezzo di esse si esercitino e si avvantaggino coloro che progrediscono nel combattimento della giustizia.

Potrebbe infatti anche qualche altro, fraintendendo alla stessa maniera, dire: Se fu per il peccato che Dio disse all'uomo: Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, spine e cardi produrrà per te la terra, ( Gen 3,18-19 ) perché mai anche dopo la remissione dei peccati rimane questa fatica e perfino la terra dei fedeli produce i medesimi prodotti, duri e aspri?

Similmente, se per il peccato fu detto alla donna: Con dolore partorirai figli, ( Gen 3,16 ) perché anche dopo la remissione dei peccati le donne cristiane soffrono nel parto i medesimi dolori?

E tuttavia risulta che quei primi uomini udirono e meritarono da Dio queste punizioni per il peccato che avevano commesso.

Né si oppone a queste parole del Libro divino che ho riferito sul lavoro dell'uomo e sul parto della donna se non chi, totalmente alieno dalla fede cattolica, avversa le medesime Lettere.

34.54 - Con la redenzione le condizioni dell'umanità sono rimaste quelle provocate dal peccato, ma hanno assunto uno scopo diverso

Ma poiché non mancano nemmeno costoro, rispondiamo loro che quei mali prima della remissione dei peccati sono castighi dei peccatori e dopo la remissione sono invece prove ed esercitazioni dei giusti.

Cosi anche a quelli che ugualmente si risentono della morte corporale dobbiamo rispondere confessando che essa è stata causata dal peccato e non disdegnando che, dopo la remissione dei peccati, ci sia stata lasciata come prova, perché quanti progrediscono superino la grande paura della morte.

Se infatti vincere lo spauracchio della morte fosse una piccola impresa per la fede che opera mediante la carità, ( Gal 5,6 ) non sarebbe cosi grande la gloria dei martiri, né il Signore direbbe: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. ( Gv 15,13 )

Giovanni lo dice nella sua lettera scrivendo: Com'egli ha dato la sua vita per noi, cosi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. ( 1 Gv 3,16 )

La pazienza straordinaria nell'affrontare o nel disprezzare la morte per la giustizia non verrebbe dunque lodata, se la tristezza della morte non fosse grave e molto dura.

Chi ne vince il timore con la fede, si guadagna una grande gloria e una giusta mercede da parte della stessa fede.

Non c'è dunque da meravigliarsi né che la morte corporale non sarebbe esistita per l'uomo se non ci fosse stato precedentemente il peccato, del quale doveva essere una conseguenza anche tale pena, né che dopo la remissione dei peccati la morte resti per i cristiani perché nel vincere la sua paura si eserciti la fortezza della giustizia.

34.55 - Lo stesso Adamo fu trattato come siamo trattati noi attualmente

Non era carne del peccato la carne che fu fatta all'inizio e nella quale l'uomo in mezzo alle delizie del paradiso non volle osservare la giustizia.

Perciò Dio stabilì che la carne del peccato, propagatasi dopo il peccato dell'uomo, dovesse lottare in mezzo a fatiche e molestie per ricuperare la giustizia.

Anche per questo Adamo, dimesso dal paradiso, fissò la sua dimora di fronte all'Eden, ( Gen 3,23 ) cioè di fronte alla patria delle delizie, a significare che nelle fatiche, l'opposto delle delizie, doveva rieducarsi la carne del peccato, la quale nelle delizie, prima d'essere carne del peccato, non osservò l'obbedienza.

Come dunque quei primi uomini vivendo poi nella giustizia, per la quale meritamente si credono liberati mediante il sangue del Signore dall'estremo castigo, non meritarono tuttavia d'essere richiamati durante la loro vita nel paradiso, cosi anche la carne del peccato, per quanto dopo la remissione dei peccati una persona sia vissuta in essa con giustizia, non merita immediatamente di non soffrire quella morte che ha tratto dalla propaggine del peccato.

34.56 - Anche a Davide fu fatto un trattamento simile

Qualcosa di simile c'insinua il Libro dei Re a proposito di Davide.

Essendo stato mandato a lui il profeta e minacciandogli per il peccato da lui commesso mali futuri in nome dell'indignazione di Dio, egli con la confessione del suo peccato meritò il perdono e il profeta gli rispose ( 2 Sam 12,13 ) che il suo vergognoso delitto gli era stato rimesso.

Tuttavia seguirono i castighi che Dio aveva minacciato, perché fosse cosi umiliato nel figlio.

Come mai non si dice anche qui: "Se Dio aveva minacciato il castigo per quel peccato, per quale ragione esegui il castigo minacciato dopo aver rimesso il peccato?".

Se si dicesse questo, si risponderebbe ottimamente che la remissione del peccato fu fatta perché Davide non fosse escluso dalla vita eterna e le minacce di Dio furono eseguite perché la pietà di Davide si esercitasse e si provasse in quella umiliazione.

Cosi anche quanto alla morte temporale è vero e che Dio l'ha inflitta all'uomo per il peccato e che dopo la remissione dei peccati non l'ha soppressa per far esercitare all'uomo la giustizia.

35.57 - " Non pieghiamo né a destra né a sinistra "

Riteniamo dunque l'indiscutibile professione di fede.

C'è uno solo che è nato senza peccato nella somiglianza della carne del peccato, che è vissuto senza peccato in mezzo ai peccati altrui, che è morto senza peccato per i peccati nostri.

Non deviamo né a destra, né a sinistra. ( Pr 4,27 )

Deviare a destra è ingannare se stesso dicendosi senza peccato, deviare a sinistra è abbandonarsi ai peccati senza alcun timore per non so quale perversa e riprovevole sicurezza.

Infatti il Signore conosce le vie di destra, ( Pr 4,27 ) egli che è il solo senza peccato e il solo che può distruggere i nostri peccati; ma le vie di sinistra sono contorte, ( Pr 4,27 ) e sono le amicizie con i peccati.

Ci hanno trasmesso un'immagine del popolo nuovo anche quei giovani ventenni che entrarono nella terra promessa ( Nm 14, 29ss ) e dei quali si dice che non si volsero né a destra, né a sinistra. ( Gs 23,6 )

L'età di venti anni non è certo da equiparare all'innocenza dei bambini, ma, se non sbaglio, questo numero adombra e indica qualcosa di mistico.

Il Vecchio Testamento eccelle per i cinque libri di Mosè, mentre il Nuovo Testamento rifulge per l'autorità dei quattro Vangeli.

Questi numeri moltiplicati tra loro dànno venti: quattro per cinque o cinque per quattro fanno venti.

Ecco indicato il popolo che istruito nel regno dei cieli per mezzo dei due Testamenti, Vecchio e Nuovo, senza volgersi né a destra per superba presunzione di giustizia, né a sinistra per tranquillo amore di peccato, entrerà nella terra di quella promessa, dove quanto ai peccati non avremo più ormai né da pregare che ci vengano rimessi, né da temere che ne veniamo puniti poiché ne siamo stati liberati da quel Redentore che, non venduto come schiavo del peccato, ha redento Israele da tutte le sue colpe, sia da quelle commesse da ciascuno nella sua propria vita, sia da quelle contratte originalmente.

36.58 - Una timida concessione dei pelagiani: anche i bambini abbisognano della redenzione

Non hanno certamente ceduto poco all'autorità e alla verità delle Scritture divine coloro che, senza voler dire apertamente nei loro scritti che è necessaria ai bambini la remissione dei peccati, hanno tuttavia confessato che essi sono bisognosi di redenzione.

Con parola diversa, ma presa anch'essa dalla cultura cristiana, non hanno detto proprio niente di diverso [ dalle Scritture ].

Né per coloro che leggono gli Scritti divini con fede, li ascoltano con fede, li applicano con fede dev'esserci alcun dubbio che da quella prima carne, diventata carne di peccato per volontà di peccato, poi attraverso la successione sia passata in tutti la proscrizione del peccato e si sia propagata la carne del peccato, con l'unica eccezione per la carne somigliante alla carne del peccato, la quale tuttavia non esisterebbe, se non esistesse la carne del peccato.

36.59 - Problemi difficili che riguardano l'anima. Ma forse la loro soluzione non è necessaria alla salvezza

Riguardo poi all'anima e alla sua colpevolezza vasta è la ricerca.

Non possiamo dire infatti che soltanto la carne del bambino e non anche la sua anima, abbia bisogno dell'aiuto del Salvatore e Redentore, e che l'anima sia estranea al rendimento di grazie che si legge nei Salmi: Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe, e guarisce tutte le tue malattie, salva dalla fossa la tua vita. ( Sal 103,2-4 )

Nell'ipotesi che l'anima si propaghi alla stessa maniera del corpo ci domandiamo se sia stata direttamente coinvolta nel reato che le dev'essere rimesso, oppure se anche senza essere stata propagata, abbia bisogno della remissione dello stesso peccato e della sua redenzione già per il solo fatto che viene unita alla carne del peccato, dalla quale è necessariamente gravata.

In questo caso giudica Dio con la sua somma prescienza quali fanciulli non meritino di essere assolti da questo peccato, compresi quelli che, non essendo ancora nati, ( Rm 9, 11 ) nulla in nessun luogo hanno fatto di bene o di male con la propria vita.

Infine in che modo Dio, anche ammesso che non crei le anime per trasmissione, non sia comunque colpevole del medesimo reato che rende necessaria la redenzione del sacramento anche all'anima di un bambino.

Sono tutte domande che reclamano un'altra discussione, temperata però a mio avviso con tale moderazione da far meritare lode ad una cauta ricerca piuttosto che biasimo ad un giudizio precipitoso.

Quando infatti si discute di vertenze oscurissime senza l'aiuto di testi chiari e sicuri da parte delle autorità divine, la presunzione umana deve frenarsi senza declinare verso un giudizio affrettato.

Infatti, anche se ignoro come una qualsiasi di tali questioni si può spiegare e risolvere, credo tuttavia che, se l'uomo non potesse ignorarne la soluzione senza mettere in pericolo la salvezza promessa, anche per questa sola ragione la testimonianza della parola di Dio sarebbe chiarissima.

Ecco, secondo le mie forze, il frutto delle mie fatiche.

Vorrei che fosse tanto utile quanto è lungo.

Ne difenderei forse la lunghezza, se per difenderlo non temessi di renderlo ancora più lungo.

Indice

1 Aug., De catech. rudibus 26, 50;
Confess. 1,11