Contro Cresconio grammatico donatista

Indice

Libro III

46.50 - Possidio e le insidie dei Donatisti capeggiati da Crispino

Nel frattempo, Crispino, il vostro vescovo di Calama, invitato ufficialmente nella stessa città da parte del mio collega Possidio, in un primo momento l'aveva indirizzato al vostro concilio, promettendo che là avrebbe preso visione con i suoi colleghi della risposta da dare.

Rinnovato l'invito dopo un certo tempo, Crispino consegnò agli atti questa risposta: " Non avrai paura delle parole dell'empio, ( 1 Mac 2,62 ) e ancora: Non parlare agli orecchi di uno stolto, perché non irrida le tue sagge parole. ( Pr 23,9 )

E termino la mia risposta con le parole di un patriarca: Lungi da me gli empi; non voglio conoscere le loro vie ". ( Gb 34,27 )

Dotti e ignoranti riderebbero di questa sua risposta.

Egli afferma infatti di non temere le parole di un peccatore e non vuole dir nulla alle orecchie dell'insensato, come se dovesse confidare sconsideratamente un segreto alle orecchie del tale, quando molti assennati potevano ascoltare ciò che diceva, a causa dei quali anche Cristo Signore diceva molte cose ai farisei benché insensati.

Diceva anche che non voleva conoscere il cammino degli empi, come se quelli che considerava empi volessero insegnare a lui il loro cammino, mentre era piuttosto lui, se seguiva le vie di Dio, che avrebbe dovuto insegnare anche agli empi, come è scritto: Insegnerò agli erranti le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. ( Sal 51,15 )

Quando dunque molti intesero questa risposta, furono in molti a rilevare anche quanto fosse sconclusionata in rapporto alla sostanza della questione, e quanto fosse amara e maledica, in quanto non riguardava la causa; e così la sua età avanzata, che presso di voi è considerata molto dotta, veniva ridicolizzata di fronte a un esordiente perché trovata impotente di fronte alla verità.

All'improvviso, qualche giorno dopo, un altro Crispino, presbitero del precedente e a quanto si dice suo parente prossimo, tese a Possidio che era in viaggio un'imboscata con uomini armati.

Il nostro Possidio era sul punto di cadere nelle loro mani, ma li scoprì in tempo e diede l'allarme, fuggendo per un'altra strada e rifugiandosi in un podere, nel quale Crispino non avrebbe osato entrare o perché non poteva realizzare il suo proposito o, se anche avesse potuto fare qualcosa, non avrebbe potuto negarlo.

Fiutata la cosa, Crispino si mise subito sulle sue tracce, talmente accecato dalla follia, da considerare ormai umiliante nascondersi.

Quindi con un cordone di uomini armati accerchia la casa, in cui si era asserragliato Possidio con i suoi, lanciando pietre da tutte le direzioni, incendiando tutt'intorno, tentando da più punti di forzare l'entrata.

Gli abitanti del luogo, presenti in gran numero, rendendosi conto del pericolo incombente se l'assalto criminale intentato fosse stato portato a termine in quel luogo, in parte facevano appello alla pietà di Crispino, non osando urtarlo con una resistenza aperta, in parte si davano da fare per spegnere gli incendi dal basso.

Ma lui non rallentò affatto la sua azione, impetuoso e inesorabile.

Intanto la porta cedette sotto i colpi; gli assalitori entrarono, massacrando le bestie da soma che si trovavano nella parte inferiore della casa, poi fecero scendere dal piano superiore il vescovo, ricoprendolo di insulti e percosse.

Allora intervenne Crispino in persona per impedire sevizie più gravi, come se cedesse alle suppliche di quella gente, anche se nella sua ira non sembrava preoccuparsi tanto delle suppliche altrui, quanto di temere eventuali testimoni del suo delitto.

47.51 - Quale potestà la Chiesa cattolica aveva e perché non voleva usarla contro i suoi nemici

Appena si conobbero questi fatti a Calama, ci si aspettava di vedere come il vostro vescovo Crispino avrebbe punito il suo presbitero.

Fu stesa anche una vibrata protesta, pubblicata sugli atti municipali, che per un senso di timore o di pudore lo avrebbe dovuto obbligare ad imporre la sanzione ecclesiastica.

Ma egli ignorò del tutto la cosa, per cui si levò un tumulto tale tra i vostri, da far pensare che avrebbero precluso la via alla pubblicazione della verità, o meglio, già avevano deciso di precluderla non essendo in grado di farvi fronte.

Allora si rimisero in vigore contro il vostro vescovo Crispino le leggi che non mancavano, ma che giacevano fra le nostre mani come se non esistessero, più per mostrare la nostra mansuetudine che per punire la loro audacia.

Altrimenti non si sarebbe capito veramente quale potestà la Chiesa cattolica aveva e quale non voleva usare, con l'aiuto di Cristo, contro i suoi nemici, e questo non facendo appello ai circoncellioni, che portano a compimento le loro violenze private in base alla presunzione eretica, ma piuttosto facendo appello ai regnanti sottomessi al giogo del Signore Dio secondo la verità profetica.

Crispino comparve, dunque, davanti al tribunale e fu assai facilmente convinto di eresia, cosa che lui aveva negato durante l'interrogatorio del proconsole.

Tuttavia, per i buoni uffici di Possidio, non fu obbligato a pagare le dieci libbre d'oro, ammenda fissata dall'imperatore Teodosio il grande per tutti gli eretici.

Non contento di questa mitissima sentenza, e obbedendo a non so quale progetto che si diceva avesse incontrato la disapprovazione generale dei vostri, decise di appellarsi ai figli dello stesso Teodosio.

L'appello fu accolto; giunse il rescritto. E che cosa diceva?

Ciò che il partito di Donato sapeva già: che questa ammenda in oro lui la doveva pagare come gli altri eretici.

Dal momento che lui ha preso parte con loro alla persecuzione, o considera bene che c'è una giustizia comune con quelli o, se non lo ritiene, che non si vanti di essere giusto per il fatto che si vede sottoposto a una pena che reprime anche le eresie, che lui riconosce ingiuste.

E, finalmente, si renda conto che non è la pena che fa il martire di Cristo, ma la causa.

Quanto a noi, ci rinfacci pure di essere persecutori così crudeli, che neppure dopo il rescritto imperiale Crispino ha versato quell'oro al fisco, grazie all'indulgenza che i vescovi cattolici sollecitarono nei suoi confronti.

E ora, malgrado le leggi anche più recenti che minacciano con la proscrizione i vostri vescovi, abiti al sicuro nella sua proprietà, mentre i chierici cattolici lasciano sotto la minaccia dei circoncellioni e dei vostri chierici case, viveri, salute e la luce del loro corpo.

48.52 - La perfidia di Crispino

Perché dovrei paragonare gli autori di questi delitti ai briganti, ai pirati, a una qualunque razza di barbari sanguinari, se non li si può neppure paragonare al diavolo, maestro di tutte le crudeltà?

Egli, dopo aver spogliato di tutti i suoi beni quel sant'uomo di Giobbe, lo colpì con piaghe strazianti dalla testa ai piedi, e tuttavia gli lasciò integro lo spazio per due occhi integri; non spense i suoi occhi, benché il corpo di lui fosse stato dato tutto in suo potere. ( Gb 2 )

In verità, queste cose non feriscono certo le orecchie dei vostri, poiché Crispino avrebbe preferito andare a Cartagine, farsi vittima della sua ostinazione, ricusare la pur mitissima sentenza comminatagli, merito dei buoni uffici della mansuetudine episcopale, per appellarsi ai figli di colui nella cui legge si trovava irretito, per far ricadere su tutto il partito di Donato ciò che non voleva né doveva sopportare da solo: tutto questo, anziché punire un delitto così temerario e odioso con la semplice degradazione di un solo suo presbitero.

48.53 - Le crudeltà dei circoncellioni contro Restituto, difeso da Agostino

Nella regione di Ippona viveva un vostro presbitero, un certo Restituto, il quale era passato alla pace cattolica prima che fossero emanate queste leggi imperiali, mosso dal desiderio della verità e per sua espressa volontà.

Fu portato via con la forza dalla sua casa dai vostri chierici e circoncellioni; in pieno giorno fu condotto sotto gli occhi di tutti in un borgo vicino e fu fustigato a sangue in balia di quei forsennati, senza che alcuno osasse opporsi; poi lo voltolarono in una palude fangosa e lo rivestirono di un tessuto di giunco per deriderlo.

Quando questo spettacolo ebbe colmato di disgusto gli occhi di quelli che lo compiangevano e saziato gli occhi di coloro che lo dileggiavano, lo trascinarono da lì in un'altro luogo, ove nessuno dei nostri osava accedere, e solo al dodicesimo giorno fu rilasciato.

Io, personalmente, ho presentato la mia protesta al vostro vescovo di Ippona, Proculeiano, e precisamente attraverso gli atti municipali, perché se fosse stato necessario intentare un'azione giudiziaria, lui non negasse di essere venuto a conoscenza del fatto.

Quale fu la sua risposta, in qual modo cercò di schivare la questione e come pensò di eludere in seguito la nostra intenzione con un peggiore inganno anche non rispondendo, lo testimoniano a sufficienza gli atti stessi.

Quando mai avremo il tempo di raccontare tutte le angherie che i vostri hanno fatto soffrire ai loro chierici che sono passati da voi a noi?

E, per finire, coloro che ritornano a noi non abbandonano la verità per la persecuzione; al contrario, molti non vengono per timore di subire da parte dei vostri la persecuzione per la verità.

49.54 - Insofferenza dei Donatisti contro le ordinanze imperiali e le morti volontarie che si infliggono i circoncellioni

Ritira, dunque, queste inutili accuse sulle punizioni che le ordinanze imperiali vi hanno inflitto a causa del vostro errore.

Queste pene sono insignificanti, quasi nulle, a confronto della folle rabbia dei vostri.

Voi ci imputate anche i provvedimenti che adottano le potestà civili, non per volontà ma per necessità, al fine di tutelare l'incolumità pubblica dagli attacchi dei vostri.

Se quei quaranta individui, che avevano giurato di uccidere l'apostolo Paolo, ( At 23,12-31 ) si fossero scagliati contro i soldati che lo scortavano e avessero ricevuto la loro punizione, il fatto non sarebbe certo da imputare a Paolo.

Tralascio anche di parlare delle morti volontarie che si infliggono i circoncellioni, e che mettete in conto a noi con le vostre menzogne.

Per quanto poi riguarda Marculo, ho appreso che si è gettato nel vuoto: cosa certamente più degna di fede di quella che una qualsiasi autorità romana abbia potuto dare un ordine simile, del tutto insolito nella legislazione romana.

Del resto, questo genere di suicidio è proprio ciò che distingue la vostra eresia da tutte le altre che circolano con il nome cristiano.

Che importa se i vostri vescovi si vantano di avere vietato e condannato nei loro concili il suicidio, come hai ricordato?

Tante sono le rupi e i burroni scoscesi che ogni giorno sono funestati dal sangue di queste morti dopo la lezione di Marculo!

Ho riferito dunque quanto ho inteso raccontare di Marculo, anche perché questa versione mi sembrava più credibile; ma, quale sia la verità, solo Dio lo sa!

Quanto agli altri tre, la cui morte attribuisci altrettanto a noi, confesso di non aver indagato, presso coloro che suppongo siano al corrente dei fatti, che cosa sia successo e come si siano svolti i fatti.

50.55 - Il sentimento di vendetta è lungi dal cuore dei buoni

Comunque a nessun buon fedele della Chiesa cattolica piace veder condannare a morte qualcuno, anche se è un eretico.

Neppure approviamo il desiderio di vendetta che, pur lontano dall'infliggere la morte, colpisce rendendo male per male.

Detestiamo ancor più il fatto che qualcuno, col pretesto di lottare per l'unità, si appropri dei beni altrui che desiderava: non parlo delle proprietà che sotto il nome di Chiesa non devono possedere gli eretici, ma dei beni di un qualunque privato.

Il complesso di questi misfatti rattrista i buoni, i quali per quanto possibile li impediscono e li reprimono, e quando non possono li tollerano.

L'ho già detto: essi lodevolmente li tollerano per amore della pace, non giudicandoli degni di lode, ma di condanna; e non abbandonano la messe di Cristo a causa della zizzania, né l'aia di Cristo a causa della paglia, né per la presenza di vasi senza onore la grande casa di Cristo, né per i pesci cattivi le reti di Cristo.

51.56 - Le leggi cattive provano i buoni, le leggi buone emendano i cattivi

Quando i re vivono nell'errore, promulgano leggi contrarie alla verità per favorire direttamente l'errore; quando essi sono nella verità, legiferano similmente contro l'errore e a vantaggio della verità stessa; così le leggi cattive provano i buoni, le leggi buone emendano i cattivi.

Il malvagio re Nabucodonosor pubblicò un editto inesorabile: adorare la sua statua; poi, ravvedutosi, emanò una legge severa che proibiva di bestemmiare il vero Dio. ( Dn 3,5; Dn 6,27 )

Ecco come i re, obbedendo agli ordini divini, ( Sal 2,10 ) servono Dio in quanto re: ordinando nel loro regno il bene e vietando il male, non solo nell'ambito della società umana, ma anche in ciò che concerne la religione divina.

51.57 - Sempre si deve mantenere quella moderazione che è consona al sentimento di umanità e adeguata alla carità

Tu dici senza alcun fondamento: " Mi affiderò al libero arbitrio ".

Perché allora non proclami che si deve consentire al tuo libero arbitrio di commettere omicidi, stupri e ogni altro tipo di delitti e scandali?

Cose tutte invece che è quanto mai utile e salutare reprimere con leggi giuste.

Certo, Dio ha dato all'uomo una volontà libera, ma non ha voluto che quella buona fosse senza frutto e quella cattiva senza punizione. "

Chiunque perseguita un cristiano - affermi - è nemico di Cristo ".

Tu fai una affermazione vera, a condizione che persegua in lui ciò che si oppone a Cristo.

In effetti, né il padrone nei confronti del suo servo, né il padre verso il figlio, né il marito con la moglie devono desistere dal perseguire i vizi contrari alla verità cristiana, essendo entrambi cristiani.

Se non li combattono, non saranno a buon diritto ritenuti colpevoli di negligenza?

Comunque, in ogni caso, si deve mantenere quella moderazione che è consona al sentimento di umanità e adeguata alla carità, in modo da non esercitare mai tutto il potere di cui si dispone; e quando lo si esercita, non si perda la carità, quando non lo si esercita, si dia prova di mansuetudine.

Invece, quando le leggi divine o umane non concedono alcuna potestà, non si arrischi nulla di riprovevole o di imprudente.

52.58 - La storia dei Massimiani

Veniamo ora alla storia dei Massimiani, che poco prima avevo rinviato; così apprenderai che anche i tuoi vescovi ti hanno detto il falso, e non solo per quanto attiene la questione del battesimo o la tolleranza dei peccati altrui nella Chiesa senza che alcuno sia contaminato, ma anche per quanto concerne l'odiosità della persecuzione, in cui certamente i vostri, nei confronti dei nostri, sono andati ben al di là di tutti i diritti e le garanzie della legislazione romana: vedrai che tutto si chiuderà su quest'unica causa dei Massimiani.

Infatti, se hai avuto la pazienza di leggere la memorabile sentenza dei vostri trecentodieci vescovi del concilio di Bagai, della quale poco sopra ho citato quello che mi è parso sufficiente, essa mostra con assoluta evidenza che furono condannati dodici vescovi insieme a Massimiano, i quali avevano presenziato alla sua ordinazione imponendogli le mani, però fu accordata una dilazione temporanea della pena per consentire di ritornare alla vostra comunione a coloro che, pur essendo in comunione con Massimiano e avendo condannato Primiano, non avevano però assistito alla consacrazione di Massimiano perché, in effetti, non tutti poterono assistere né dovettero in forza di una prassi.

Mi stupisce davvero come tu abbia permesso a qualche imprecisato mentitore di ingannarti, al quale, perché non ti ingannasse, avrai potuto leggere quelle precise parole che non sono oscure e non esigono acutezza d'ingegno per discuterle, ma solamente uno spirito attento.

Ma siccome può verificarsi il caso che tu non abbia letto la sentenza e con una certa dose di ingenuità abbia dato credito facilmente all'uno o all'altro vescovo, visto il loro titolo, e alle false insinuazioni di uno o più vescovi, prendi la sentenza, leggila e vedrai che ciò che ti dico è la verità.

Costoro, per occultare la loro menzogna, non possono modificarla a loro piacere, né tantomeno falsificarla: essi l'hanno allegata in un giudizio pubblico davanti al proconsole, più volte l'hanno fatta inserire negli atti municipali per esigenze inerenti la loro causa, quando lottavano contro di loro perché fossero espulsi dalle basiliche.

53.59 - Estratto della sentenza del concilio di Bagai

Ecco certamente come inizia quella sentenza: " Quando, per la volontà di Dio onnipotente e del suo Cristo, abbiamo celebrato il concilio nella Chiesa di Bagai, noi, Gamalio, Primiano, Ponzio, Secondiano, Ianuariano, Saturnino, Felice, Pegasio, Rufino, Fortunio, Crispino, Florenzio, Ottato, Donato, Donaziano, e i restanti in numero di trecentodieci, piacque allo Spirito Santo, che è in noi, di assicurare una pace perpetua e di stroncare gli scismi sacrileghi ".

Poco sotto, dopo aver vomitato contro costoro terribili anatemi, essa continua: " Massimiano, avversario della fede, corruttore della verità, nemico della Chiesa madre, ministro di Datan, Core e Abiron, è stato espulso dal grembo della pace col fulmine della nostra sentenza ".

Come vedi, ne sono convinto, Massimiano è stato senza ombra di dubbio condannato.

Dopo poche frasi, ma certo durissime, che piacque loro declamare contro di lui, la sentenza accomuna nella stessa sorte i suoi consacratori e li condanna con lui senza accordare alcuna dilazione: " Egli non è il solo - così recita - a vedersi condannato con la giusta morte che gli vale il suo crimine; la catena del sacrilegio trascina anche molti nella complicità del suo crimine ".

Poi la sentenza, dopo aver profuso il repertorio di invettive che gli è sembrato conveniente pronunciare per amplificare il suo crimine, li cita nominalmente e conclude con la loro condanna: " Pertanto, i colpevoli di questo famigerato crimine: Vittoriano di Carcabia, Marziano di Sulletto, Beiano di Beiana, Salvio d'Ausafa, Teodoro d'Usala, Donato di Sabrata, Miggino d'Elefantaria, Pretestato d'Assuras, Salvio di Membressa, Valerio di Melzi, Feliciano di Musti e Marziale di Pertusa, la cui funesta opera di perdizione ha formato un ammasso lutulento in un vaso sordido, come anche i chierici che un tempo facevano parte della Chiesa di Cartagine, i quali, assistendo al misfatto, hanno fatto da intermediari a questo incesto illecito, sono stati condannati, sotto la presidenza e per ordine di Dio, dalla bocca veridica del concilio universale.

54.60 - Sappiatelo! ". Si può dire qualcosa di più chiaro, di più esplicito, di più categorico?

Ascolta, adesso, a chi è stata accordata una proroga, e vedrai che furono quelli che non avevano presenziato alla consacrazione, quando furono imposte le mani su Massimiano: " Quanto a coloro - prosegue la sentenza - che non hanno macchiato i virgulti dell'arbusto sacrilego, cioè coloro che, per un pudico rispetto della fede, ritirarono le loro proprie mani dal capo di Massimiano, noi abbiamo concesso di fare ritorno alla madre Chiesa ".

Vedi come non dice che costoro erano stati condannati, ma solo che dovevano considerarsi destinatari della medesima condanna se, spirato il tempo stabilito, non avessero voluto rientrare.

Il quale giorno lo fissano con queste parole: " E perché la brevità della proroga concessa per il ritorno - dice la sentenza - non pregiudichi la speranza della salvezza, ridotta per l'incalzare del giorno, noi spalanchiamo la porta dell'ammissione fino al giorno ottavo prima delle calende del prossimo gennaio a tutti coloro che riconoscano la verità, ferme restando le decisioni precedenti; così, al loro rientro, saranno pienamente reintegrati nella loro dignità e nella loro fede.

Se qualcuno, per la sua indolente pigrizia, non potrà entrare per essa, sappia che egli stesso si è precluso volontariamente il facile ingresso per ottenere indulgenza.

Saranno soggetti alla suddetta sentenza e alla penitenza prefissata anche coloro che tornano dopo il tempo stabilito ".

55.61 - Nel concilio di Bagai Feliciano e Pretestato furono condannati senza dilazione

Certamente hai già intuito, retore consumato quale sei tu, che è proprio contro coloro che ti hanno mentito che tu devi ritorcere le accuse che avevi pensato di scagliare contro di noi, come se ti avessimo mentito intorno a questo argomento.

Certamente te ne sei accorto: i due vescovi, dei quali stiamo trattando, rientrano nel numero di quei dodici che furono condannati senza dilazione con Massimiano, non di coloro ai quali è stata concessa una proroga per ritornare.

È certo che la cosa è chiara, lampante, nettissima: non si può assolutamente confondere, oscurare, occultare ciò che con tanta eloquenza distinse, espresse, illustrò colui che dettò quella sentenza.

Perché dilungarsi ancora in chiacchiere?

Perché lottare ancora contro una verità così luminosa e a favore di un errore così palese?

Perché gli uomini ingannano se stessi?

Se essi si legano e avvolgono sempre più strettamente nei lacci del diavolo, che dovrebbero invece sciogliere e strappare, ascolta ancora in qual modo debbano sperimentare maggiore vergogna e, volesse il cielo!, con qualche frutto di correzione!

56.62 - Circostanze storiche del concilio di Bagai

Nel citato concilio di Bagai è stato registrato il giorno e il console, non solo nel quale è stato pubblicato il decreto conciliare, ma anche quello della stessa proroga.

Dunque, dal giorno ottavo delle calende di maggio dopo il terzo consolato di Teodosio Augusto e di quello di Abbondanzio, data del concilio di Bagai, e fino al giorno ottavo delle calende di gennaio, data della fine della proroga, si contano all'incirca otto mesi.

Ora, si trova una richiesta presso il proconsole Erode - osserva quanto tempo dopo - formulata contro Feliciano e Pretestato, per espellerli dalle sedi di Musti e di Assuras, di cui ho già citato poche frasi: " Dopo il terzo consolato di Arcadio e il secondo di Onorio, nostri sovrani, il sei delle none di marzo, a Cartagine, davanti al tribunale segreto del pretorio, Tiziano ha testimoniato: Il presbitero Pellegrino e gli anziani della Chiesa di Musti e della regione di Assuras espongono il seguente voto: Poiché Donato, uomo di venerabile memoria, aveva difeso la santità della Chiesa cattolica dall'errore della fede erronea, intorno al suo nome e al suo culto si riunì quasi tutto il mondo con una obbedienza assoluta.

Ma siccome il veleno di un certo Massimiano ha inquinato il proposito degno di lode e ammirazione della sua religione, una folta rappresentanza di vescovi, riuniti in assemblea sotto l'ispirazione di Dio, condannò con la repressione propria di una mente pura quest'uomo o, meglio, questa peste, che aveva offeso la maestà superna.

Indirizzò anche un'ammonizione altrettanto energica a coloro che erano stati implicati nell'errore della presunzione altrui, dapprima offrendo il porto della penitenza, qualora intendessero ritornare entro il tempo fissato nella via della religione che avevano abbandonato.

Ma, purtroppo, l'iniquità si affeziona ai suoi propositi e non abbandona se stessa, anche se è precipitata una sola volta dalla propria altezza.

È così che lo stesso Massimiano nutre la sua audacia nascente e attira attorno a sé altri complici della sua follia.

Fra costoro c'è un certo Feliciano, il quale segue dapprima il retto cammino, ma poi è offuscato dalla contaminazione di questa depravazione; egli risiede nella città di Musti ed ha creduto suo dovere impossessarsi con una sorta di occupazione militare delle mura consacrate a Dio onnipotente e anche della venerabile Chiesa.

Costui ha come emulo Pretestato, della regione di Assuras.

Ma quando l'assemblea dei presbiteri ha fatto sentire il suo pensiero davanti all'autorità della tua equità, hai ordinato, come ne fanno fede gli atti, di desistere da ogni tentativo di opposizione, di sottrarre le chiese alle anime sacrileghe e di restituirle ai sacratissimi sacerdoti ".

Come ben vedi, sono trascorsi all'incirca tre mesi dal giorno della proroga stabilita fino al giorno di questa richiesta.

Ora invece si prolunga questo conflitto, per quanto ci è stato dato di investigare negli atti proconsolari e municipali, fino al proconsolato di Teodoro, cioè fino all'undici delle calende di gennaio dell'anno seguente.

Infatti, in quel giorno i chierici e gli anziani, che agivano sotto le direttive del vescovo Rogato, il quale era stato eletto per sostituire il condannato Pretestato di Assuras, allegarono l'ordine del proconsole in questione.

Durante tutto questo tempo, Feliciano e Pretestato erano al di fuori della vostra comunione, e nei processi pubblici erano accusati di essere nemici di questa vostra comunione, e si reclamava la loro espulsione, in quanto sacrileghi, dai luoghi consacrati al sommo Dio.

57.63 - Viene approvato il comportamento dei Donatisti circa i convertiti dallo scisma sacrilego

Dunque, a qualunque gruppo essi abbiano appartenuto - benché sia abbastanza chiara la loro appartenenza - quelli che non si reintegrarono nella vostra comunione entro il termine fissato, come poterono battezzare in tutto quel tempo, nel quale furono separati da voi?

Come rientrarono, insieme a coloro che avevano battezzato al di fuori della vostra comunione, senza un nuovo battesimo che li purificasse?

In questo fatto, non vi rimproveriamo di non aver considerato sacrilego il battesimo di Cristo, neppure nello scisma sacrilego; né di aver approvato, una volta corretta la perversità, ciò che anche nei perversi era stato retto; né di aver distinto i vizi umani dai sacramenti divini; né di aver giudicato che non si devono condannare nelle persone condannate né mutare in quelle accolte quei doni della Chiesa, che poterono essere posseduti e trasmessi al di fuori della Chiesa per la rovina di coloro che li possiedono e di coloro che li ricevono.

58.64 - La Chiesa cattolica si comporta con gli scismatici convertiti come i Donatisti con i Massimiani

Non biasimiamo neppure il fatto di accogliere senza degradazione alcuna e di purificare con l'abbondanza della carità gli stessi colpevoli di un crimine famigerato, sia dopo la sentenza di condanna dei medesimi sia dopo la data della proroga fissata per gli altri.

Lo avete fatto considerando che erano popolazioni dallo spirito debole quelle che si erano affidate ad essi, e richiamandovi, penso, alla sollecitudine del padre di famiglia, per non sradicare il buon grano insieme alla zizzania.

Non vi rimproveriamo neppure di aver perseguito con il ricorso al potere temporale coloro che erano ancora irretiti nel famigerato sacrilegio dello scisma.

Questo infatti si faceva, come i fatti hanno dimostrato, per il desiderio di correggerli, non di danneggiarli, cioè allo scopo di scuoterli salutarmente con queste pene, di costringerli a riflettere sul loro crimine e di emendarsi reprimendo la violenza della loro opposizione.

Ma, precisamente perché non vi rinfacciamo nulla di questo, con pieno diritto vi incolpiamo del crimine del vostro scisma, lo detestiamo con pieno diritto e con tutte le ragioni lo confutiamo.

Con questo crimine vi separate da noi, anzi, vi separate dalla comunione cattolica del mondo intero, accusandoci per di più di ciò che non potete negare, credo, di aver fatto voi stessi nella causa dei Massimiani.

Se il battesimo - che Feliciano e Pretestato hanno conferito quando si erano uniti a Massimiano dopo essersi separati da voi, e furono condannati da voi insieme a lui a causa del loro empio scisma - è di Cristo, e pertanto non deve essere annullato in modo alcuno, come è possibile che non sia battesimo di Cristo e possa essere distrutto quello che si dà nella Chiesa, la quale " estende i suoi rami - per usare l'espressione di Cipriano - per tutta la terra con la ricchezza della sua fecondità ";36 il quale battesimo, per finire, è conferito in quelle Chiese, di cui voi non finite mai di leggere i nomi nelle lettere degli Apostoli e che mai avete condannato in un concilio come avete fatto con Feliciano e Pretestato?

Se a voi è piaciuto di reintegrare i condannati in tutti i loro diritti per risarcire il partito di Donato, che male vi ha fatto l'unità di Cristo, diffusa nel mondo intero, essa che non ha potuto condannare alcuno senza prima dargli udienza, né ha condannato o assolto gli sconosciuti o ha ritenuto innocenti quelli che seppe assolti?

Se avete espulso dalle loro sedi con la persecuzione, per ordine dei giudici, i Massimiani che si erano separati da voi, perché vi lagnate di subire pene immeritate da parte degli imperatori, che inviano gli stessi giudici, voi che vi siete separati con un abominevole scisma dalla Chiesa di colui del quale è scritto: A lui tutti i re si prostreranno, lo serviranno tutte le nazioni, e dominerà da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra? ( Sal 72,11 )

59.65 - Non chi subisce una persecuzione è conseguentemente giusto, né è conseguentemente ingiusto colui che l'infligge

Ecco, ormai non dico più: " Se non è lecito perseguitare, Ottato lo ha fatto ", perché tu non dica ancora che non ha nulla a che vedere con i vostri ciò che fece Ottato a loro insaputa, quando proprio loro non consentono di dire che le terre più sperdute dell'Africa non hanno niente a che vedere con quanto ha compiuto Ceciliano a loro insaputa.

Chi fossero i traditori in Africa, che cosa abbiano commesso i vescovi indegni dell'Africa, noi lo ignoriamo.

Io dico questo: se non è lecito fare una persecuzione, i vostri l'hanno fatta ai Massimiani, tanto che voi non potete negarlo.

Se coloro che subiscono la persecuzione sono innocenti, i Massimiani l'hanno subìta.

Vorrai forse dire adesso: " La basilica o, meglio, la spelonca di Massimiano è stata distrutta dal popolo, senza che qualcuno dei nostri vi prendesse parte? ".

Pur investigando a quale comunione appartenesse quella turba - ammesso pure che non siano stati inviati da voi - , si scoprirà certamente che costoro erano dei vostri o erano mescolati ai vostri per dare man forte.

Ma, che c'importa? Infatti tu rispondi così: " Non l'abbiamo fatto noi, noi non li abbiamo inviati, ignoriamo chi fossero quelli ".

Ciò che è chiaro è questo: colui che tu chiami ingiusto, ha sofferto persecuzione da parte di qualcuno; dunque ciò che soffrite voi non può dimostrare che voi siate giusti.

E chi fossero quelli che inflissero la persecuzione ai Massimiani, lo attestano gli atti proconsolari.

Sono stati nominati gli avvocati, si è fatto ricorso ai tribunali, si è proceduto come si procede contro gli eretici.

Essi, da parte loro, sollecitavano protezione come possessori; i vostri allegavano gli atti del concilio di Bagai e reclamavano che i condannati fossero espulsi dalle sedi sacre.

Vi sono state diverse istanze, la sentenza è stata pronunciata.

Quando, alla presenza di Salvio di Membressa, avete dimostrato che essi erano eretici, li avete sconfitti, li avete espulsi.

Pertanto, prendo atto che costoro hanno subìto una persecuzione e voi siete stati i promotori; cerco chi è nel diritto, voi sostenete di essere questi tali.

Concludo: allora, non chi subisce una persecuzione è conseguentemente giusto, né è conseguentemente ingiusto colui che l'infligge.

60.66 - Ottato il Gildoniano

Tu accuserai di nuovo le arti della dialettica; però, almeno tacitamente, riconoscerai che dico la verità e preferirai piuttosto correggere la tua affermazione, in base alla quale nessuna persecuzione è giusta, anziché continuare a chiamare ingiusti i persecutori dei Massimiani, che sono i vostri, come del resto hai riconosciuto attraverso gli atti proconsolari.

Certo è che voi, non senza profitto, avete perseguito l'errore dei vostri scismatici, poiché con lo stesso conflitto e le stesse pene avete corretto Feliciano e Pretestato.

Si dice anche che i cittadini di Musti e di Assuras temevano Ottato il Gildoniano perché minacciava rappresaglie più severe, come io stesso ho appreso anche dalla loro viva voce, e quindi forzarono i loro vescovi a ritornare nella comunione di Primiano.

Ma, dal momento che Ottato non ha fatto registrare questo fatto nei pubblici atti, perché mai dovrei servirmi di queste circostanze contro di voi, che siete disposti a negare tutto ciò che potete negare?

Esistono atti proconsolari e municipali: dopo averli letti, siamo in grado di mostrare con quale violenza i vostri forzarono i Massimiani ad abbandonare i loro luoghi.

Non li incolpiamo, non vogliamo il loro male; voi non avete faticato invano, non li avete terrorizzati invano, non li avete perseguiti senza risultato.

Nella loro afflizione si dolsero per la loro animosità; li avete domati, emendati, corretti e accolti dopo la loro condanna, dopo la proroga concessa agli altri, dopo averli perseguitati.

Ora però sono stati accolti con la stessa dignità di prima, senza alcuna forma di espiazione o degradazione con l'umiliazione di una penitenza più dura, né loro né quelli che sono stati accolti insieme a loro, che avevano trascinato con sé nello scisma contro di voi, che avevano battezzato stando al di fuori di voi e, forse, avevano ribattezzato dopo di voi.

61.67 - Rimescolamento di fatti recenti con quelli di un passato tanto remoto

Ormai non avete più alcuna possibilità di far credere ai disinformati le vostre oscure menzogne, rimescolando fatti di un passato così remoto.

Che i vostri abbiano accusato Ceciliano davanti all'imperatore del tempo, Costantino, lo proclamano i documenti pubblici; che sia stata trattata la causa e condotta a buon fine, anche con l'assoluzione di Felice d'Aphtungi, il consacrante di Ceciliano, colui che nel concilio di Cartagine chiamarono " la fonte di tutti i mali " e denunciarono con incessanti appelli allo stesso Costantino, lo si deduce dalle sue lettere, lo attestano gli archivi proconsolari.

Voi non demordete, reclamate, combattete contro la verità più lampante, dite che Ceciliano ha corrotto anche i giudici d'oltremare e lo stesso imperatore si è lasciato sedurre con non so quali favori.

La verità è che l'accusatore sconfitto è ancor più spudorato, in quanto diventa calunniatore anche del giudice.

Ciò nonostante, del cumulo delle vostre menzogne con le quali infangate i giudici d'oltremare, noi riteniamo almeno questo: i vostri antenati furono i primi ad assumere l'iniziativa di deferire questa causa all'imperatore, i primi ad accusare Ceciliano e il suo consacrante davanti all'imperatore, i primi nel perseguire Ceciliano e i suoi compagni davanti all'imperatore.

E così voi credete di eccitare l'odio più vivo contro di noi, poiché come sconfitti subite ciò che fareste certamente se foste vincitori.

È esattamente come se i nemici di Daniele, quando fu liberato perché riconosciuto innocente, avessero voluto incolparlo di essere stati divorati dai leoni, mentre calunniandolo avevano tentato di farlo divorare da loro. ( Dn 3,5; Dn 6,27 )

Altro fatto acquisito: qualunque cosa pensiate o inventiate sia dei giudici d'oltremare, che hanno assolto Ceciliano presente nel concilio transmarino, sia dello stesso imperatore Costantino, come se fosse stato corrotto con favori, davanti al quale i vostri antenati accusarono Ceciliano e il cui giudizio anteposero al giudizio episcopale, tutti i cristiani cattolici che allora erano sparsi dappertutto in regioni vicine o lontane, ai quali poté giungere la notizia su Ceciliano e i suoi colleghi, non dovevano credere agli accusatori sconfitti, ma ai giudici ecclesiastici.

Quando infatti non possiamo essere tutti giudici, è preferibile credere a coloro che hanno potuto esserlo, anziché aver l'ardire di giudicare gli stessi giudici, fidandoci magari dei litiganti sconfitti, dei quali non abbiamo potuto essere giudici.

62.68 - Per questo motivo gli accusatori di Ceciliano, il quale fu assolto essendo presente, intentarono con la più spudorata audacia di riversare i crimini, falsi o comunque non provati, non solo sui giudici che l'avevano assolto, ma anche su tutti i cristiani cattolici di ogni nazione, che ignoravano quel dissenso degli Africani o che preferivano credere, a tal riguardo, ai giudici che si erano pronunziati come era parso loro giusto, a loro rischio e pericolo, anziché dar retta ad accusatori vinti: essi negavano a tutti il titolo di cristiani.

Anche per questo alla fine vi è cascata addosso la causa dei Massimiani, nella quale essi condannassero, perseguitassero i condannati, ricevessero con la stessa dignità i perseguitati, accettassero il battesimo dei candannati.

Così, coloro che avevano osato condannare gli innocenti, furono costretti ad assolvere dei colpevoli; non quelli che avevano creduto innocenti, ma quelli che sotto la presidenza e per ordine di Dio, come dicono, avevano condannato con la bocca veridica del loro concilio plenario.

Chi ha mai detto a qualcuno una cosa simile: " Poiché hai creduto al giudice che assolve anziché a me che accuso, tu sei colpevole come coloro che ho accusato "?

Eppure questo si rinfaccia alla cristianità universale; la qual cosa, se si dicesse anche solo ad un uomo, parrebbe, non dico l'ingiustizia peggiore, ma una pura follia.

O mirabile mancanza di dignità! Africani accusarono altri Africani del crimine di tradizione, i giudici transmarini assolsero gli accusati, i popoli invece dell'intero universo sono diventati traditori perché credettero ai giudici che li assolsero, anziché credere agli accusatori che li avevano incriminati!

63.69 - O partito di Donato, meritatamente ti è stata propinata la causa dei Massimiani!

O partito di Donato, meritatamente ti è stata propinata la causa dei Massimiani: bevi il calice dalla mano del Signore che corregge e ammonisce!

Se comprendi e accetti di buon grado questo fatto, questa è la misericordia di lui che corregge perché tu non cada nel giudizio di lui che punisce.

Ti si dice: Superba e dura cervice, riconcìliati con i popoli cristiani di tutto il mondo che tu hai accusato ingiustamente, almeno dopo esserti riconciliata con quelli che hai condannato.

Perché annulli il battesimo di Cristo in quelle Chiese o da quelle Chiese che gli Apostoli hanno fondato?

Hai già riconosciuto la validità del battesimo che diedero i condannati da te, prima che si riconciliassero con te.

Perché ti glori della persecuzione che subìsci?

Se essa è segno di giustizia, il partito di Massimiano è più giusto, poiché esso l'ha sopportata da te e con te la sopporta.

Ascoltate il Salmo divino: Non siate come il cavallo e come il mulo privi d'intelligenza. ( Sal 32,9 )

Voi infatti ci chiamate vostri persecutori mentre, in realtà, volendo intensamente la vostra salvezza, ciò che facciamo è di perseguire medicinalmente le vostre ferite che desideriamo salvare; per questo, mentre vi curiamo, i vostri chierici e circoncellioni, come denti e talloni vostri, ci affliggono pesantemente.

Non vogliate essere ingrati a una tale medicina che voi stessi avete imitato: anche voi avete corretto Feliciano e Pretestato con la persecuzione.

Voglia il cielo che vi correggiate del tutto, e come essi sono tornati a voi, così ritorniate, loro e voi, alla Madre cattolica!

63.70 - Cresconio è insorto perfino contro le testimonianze divine

Contro la quale, fratello Cresconio, sei insorto con tale audacia da mettere in atto un tentativo di ripudio perfino di quelle testimonianze divine che ho citato, alzando la voce per zittire le parole di Dio.

Ciò che ho scritto in quella lettera, contro la quale polemizzi,37 è quanto si dice nel Libro santo sulla discedenza di Abramo, quando Dio parla a quel nostro patriarca: Saranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni. ( Gen 22,18 )

È ciò che l'Apostolo chiama testamento, quando dice: Fratelli, parlo secondo le usanze degli uomini; un testamento legittimo, pur essendo solo un atto umano, nessuno lo dichiara nullo o vi aggiunge qualche cosa.

Ora è appunto ad Abramo e alla sua discendenza che furono fatte le promesse.

Non dice la Scrittura: " e ai tuoi discendenti ", come se si trattasse di molti, ma " e alla tua discendenza ", come a uno solo, cioè Cristo. ( Gal 3,15-16 )

Tanto copiosa è stata la promessa fecondità di questo seme, da sentirsi dire: La tua discendenza sarà come le stelle del cielo e come la sabbia del mare, che nessuno può contare. ( Gen 22,17 )

Ebbene, di fronte a questa fecondità e ubertosità della Chiesa, che si dilata per tutta la terra, che si crede come è stata profeticamente annunziata, che si presenta anche agli occhi di tutti i non credenti in modo tale da chiudere la bocca persino di quei gruppi sparuti di pagani che sono rimasti a combatterla, tu osi anteporre ad essa il partito di Donato, dicendo che voi avete anche al di fuori dell'Africa non so quanti adepti, che tuttavia non appaiono ufficialmente, per cui avete l'abitudine - non lo negate - di inviare vescovi dall'Africa: uno, due o tre al massimo.

Imbastisci vane argomentazioni contro la verità più lampante, e sostieni che l'universo non è del tutto in comunione con noi, perché vi sono ancora molti popoli barbari che a tutt'oggi non hanno creduto a Cristo, o che sotto il nome di Cristo vi sono molte eresie, completamente estranee alla comunione della nostra società.

64.71 - Sono molte le nazioni barbare che si sono sottomesse già al nome di Cristo

Tu non cerchi di capire, e neppure ti informi presso gli esperti, quante sono le nazioni barbare, fra quelle che hai citato, che si sono sottomesse già al nome di Cristo, e come il Vangelo non cessi di fruttificare nelle restanti, finché, quando sarà stato predicato ovunque, venga la fine.

Così infatti dice proprio il Signore: Questo Vangelo sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine. ( Mt 24,14 )

A meno che il vostro folle orgoglio non vi getti in un tale abisso, da pensare che il compimento di questa profezia debba cominciare dal partito di Donato e non dalle Chiese che gli Apostoli hanno piantato e con le quali il partito di Donato non è in comunione.

A meno che, forse, per riempire il mondo non tenti di ribattezzarle, quando la Chiesa cattolica cresce dappertutto mentre esso si riduce di giorno in giorno nell'Africa stessa?

O insensata perversità degli uomini!

Tu credi di essere lodato credendo di Cristo ciò che non vedi, e non credi di essere condannato perché neghi della Chiesa ciò che vedi, poiché, mentre quel capo, Cristo, è in cielo, questo corpo, la Chiesa, è in terra!

64.72 - Cresconio riconosce Cristo ma non riconosce la Chiesa

Tu riconosci Cristo in queste parole della Scrittura: Innàlzati, Dio, sopra i cieli, ( Sal 108,6 ) e non riconosci la Chiesa in ciò che segue: e su tutta la terra la tua gloria. ( Sal 108,6 )

Tu riconosci Cristo in questo testo: Hanno forato le mie mani e i piedi, posso contare tutte le mie ossa.

Essi mi guardano, mi osservano: si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte, ( Sal 22,17-19 ) e non riconosci la Chiesa in ciò che segue poco dopo: Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra, si prostreranno davanti a lui tutte le famiglie dei popoli.

Poiché il regno è del Signore, egli domina su tutte le nazioni. ( Sal 22,28-29 )

Tu riconosci Cristo in questa parola: Dio, dà al re il tuo giudizio e la tua giustizia al figlio del re, ( Sal 72,2 ) e non riconosci la Chiesa nella testimonianza dello stesso Salmo: E dominerà da mare a mare, dal fiume sino agli estremi confini della terra.

A lui si piegheranno gli Etiopi, lambiranno la polvere i suoi nemici.

I re di Tarsis e delle  isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi.

A lui tutti i re si prostreranno, lo serviranno tutte le nazioni. ( Sal 72,8-11 )

Tu riconosci Cristo quando si rivolge ai Giudei: Non mi compiaccio di voi, dice il Signore onnipotente, non accetterò il sacrificio delle vostre mani, ( Ml 1,10 ) poiché in effetti la venuta di Cristo ha soppresso radicalmente tutti i sacrifici dei Giudei, e non riconosci la Chiesa in ciò che segue: Poiché dall'oriente all'occidente grande è il mio nome fra tutte le genti e in ogni luogo sarà offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore onnipotente. ( Ml 1,11 )

Tu riconosci Cristo in ciò che dice il profeta: Era come agnello condotto al macello, ( Is 53,7 ) con il seguito che vi si legge come nel Vangelo, e non riconosci la Chiesa in ciò che poco dopo dice: Esulta, o sterile, che non hai partorito, prorompi in grida di giubilo e di gioia, tu che non hai provato i dolori, perché più numerosi sono i figli dell'abbandonata che i figli della maritata.

Dice il Signore: Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti, poiché ti allargherai a destra e a sinistra e la tua discendenza entrerà in possesso delle nazioni, popolerà le città un tempo deserte.

Non temere, perché non dovrai più arrossire; non vergognarti, perché non sarai più disonorata; anzi, dimenticherai la vergogna della tua giovinezza e non ricorderai più il disonore della tua vedovanza.

Poiché sono io il Signore che ti ha creato, Signore è il suo nome, e colui che salva, il Dio di Israele, sarà chiamato Dio di tutta la terra. ( Is 54,1-5 )

65.73 - Certamente nei sacri testi citati Cipriano ha riconosciuto la Chiesa

Certamente in questi sacri testi Cipriano ha riconosciuto la Chiesa, tanto da poter dire: " Così la Chiesa del Signore, circonfusa di luce, ha diffuso i suoi raggi per tutto il mondo, ha esteso i suoi rami per tutta la terra con la sua ubertosa fecondità ".38

Contro questo splendore luminoso degli oracoli divini tu porti il tuo attacco calunnioso, Cresconio, quando guardi al resto delle nazioni che la Chiesa non ha ancora fatto sue, ma non consideri la grande estensione che ha già occupata, da dove essa si espande ogni giorno per occupare il resto.

Infatti, come puoi negare il pieno compimento nel futuro di queste profezie, tu, che non esiti a negare l'enorme progresso, cui si deve questa perfezione, e combatti, non dico la parola di Dio, ma le tue stesse parole?

Sì, la forza possente della verità stessa ti ha strappato questa frase, che hai pronunciato senza sapere o senza riflettere a ciò che dicevi: " Ogni giorno il mondo intero si volge verso il nome cristiano ".

Perché, dunque, il partito di Donato non è in comunione con questa Chiesa, che crescendo si dilata in tutto il mondo?

Evidentemente per non inquinarsi con i peccatori!

E perché Cipriano non volle che si abbandonasse la Chiesa, non questa vostra che, confinata in Africa, calunnia l'universo intero, o, fuori dall'Africa, si trova in pochi e ignorati nuclei di adepti, ma quella che estende i suoi rami per tutta la terra nella sua prodigiosa fecondità, anche se nella sua comunione non solo si trovano ma si manifestano i peccatori, dicendo: " Anche se nella Chiesa sembra che vi sia la zizzania, tuttavia questo non deve impedire a tal punto la nostra fede o la nostra carità che, vedendo la presenza della zizzania nella Chiesa, noi stessi usciamo da essa "?39

Indice

36 Cipriano, De cath. eccl. unit. 5
37 C. litt. Petil. 1, 23, 25
38 Cipriano, De cath. eccl. unit. 5
39 Cipriano, Ep. 54, 3