Esposizione della lettera ai Galati

30 Dopo queste affermazioni precisa che, giunta la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio per liberare quell'erede che, quando era bambino era asservito in alcuni alla legge come a suo pedagogo, in altri invece agli elementi di questo mondo, che fungevano da tutori e amministratori.

Dice: Dio mandò il suo Figlio fatto da donna.

Scrivendo donna intende persona di sesso femminile, secondo il modo di esprimersi degli Ebrei.

Così, quando a proposito di Eva si dice: La creò donna, ( Gen 2,22 ) non si intende " moglie ", cioè una che aveva avuto rapporti col marito.

Stando infatti al libro, questi rapporti Eva li ebbe soltanto dopo che furono scacciati dal paradiso.

Riguardo poi all'espressione: fu fatto, l'Apostolo la usa per indicare il Verbo che assunse la natura creata.

In effetti quanti nascono da donna non allora nascono da Dio, ma è allora che Dio li crea in quanto li fa nascere, come avviene per tutte le creature.

Aggiunge che fu fatto sotto la legge perché egli fu circonciso e venne presentata per lui l'offerta prescritta dalla legge. ( Lc 2,21-24 )

Né deve sorprendere che egli si sia sottoposto alle pratiche legali da cui avrebbe liberato coloro che dalle stesse erano tenuti in schiavitù.

Non altrimenti egli volle accettare anche la morte per liberare quanti erano sottoposti alla mortalità.

E continua: Affinché conseguiamo l'adozione a figli.

Se parla di adozione è per farci capire la netta distinzione per la quale unico è il Figlio di Dio.

Noi infatti siamo figli di Dio per un suo dono e una condiscendenza della sua misericordia; Cristo invece è Figlio per natura, essendo ciò che è il Padre.

Dicendo poi: Conseguiamo di nuovo e non semplicemente " conseguiamo ", vuol indicare che tale privilegio noi l'avevamo perduto in Adamo, a causa del quale siamo diventati mortali.

Quando dunque scrive: Per redimere coloro che erano sotto la legge, si riferisce alla liberazione di quel popolo che quand'era bambino era come uno schiavo affidato al pedagogo; e la frase è in connessione con l'altra ove si dice: Fatto sotto la legge.

La successiva espressione invece: Affinché conseguiamo di nuovo l'adozione a figli, è in connessione con le parole: Fatto da donna.

Otteniamo infatti l'adozione perché colui che era [ Figlio ] unico non disdegnò di rendersi partecipe della nostra natura nascendo da una donna.

In tal modo egli non è solo l'Unigenito, condizione in cui non ha fratelli, ma anche il Primogenito tra molti fratelli. ( Rm 8,29 )

Due infatti sono le cose che aveva asserito: Fatto da donna, e: Fatto sotto la legge.

Solo che nella risposta segue l'ordine inverso.

31 Al popolo ebraico congiunge adesso quel popolo che da bambino era stato schiavo sotto la cura di tutori e amministratori, era stato cioè servo degli elementi di questo mondo.

Ora perché i pagani non pensassero di non essere figli non essendo stati sotto il pedagogo, dice: Poiché dunque siete figli, Dio ha immesso nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà, Padre!

Pone due nomi affinché dal secondo sia interpretato il primo: infatti dicono la stessa cosa Abbà e Padre.

Non è inutile, anzi è stilisticamente elegante, l'aver usato parole di due lingue diverse che significano la stessa cosa.

Si allude con ciò alla universalità di quel popolo chiamato all'unica fede dal giudaismo e dalla gentilità; e pertanto la parola ebraica si riferisce ai giudei, quella greca ai pagani, mentre l'identico significato dei due termini denota l'unità nella stessa fede e nello stesso Spirito.

Analogamente, nella Lettera ai Romani, là dove viene affrontato il problema affine della pace in Cristo fra giudei e pagani, scrive: Non avete ricevuto lo spirito della schiavitù per [ ricadere ] di nuovo nel timore, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione a figli, nel quale gridiamo: Abbà, Padre! ( Rm 8,15 )

A buon diritto parte dalla presenza e dal dono dello Spirito Santo quando si propone di dimostrare ai pagani che appartengono all'eredità promessa.

L'evangelizzazione dei gentili non ebbe luogo infatti se non dopo l'ascensione del Signore e la discesa dello Spirito Santo, mentre i giudei cominciarono ad abbracciare la fede quando il Figlio di Dio era ancora uomo mortale, come descrive il Vangelo.

A quello stesso tempo risale, è vero, l'episodio della cananea, di cui il Signore loda la fede, ( Mt 15,28 ) e quello del centurione, del quale Cristo disse che non aveva trovato in Israele una fede pari alla sua; ( Mt 8,10 ) tuttavia, a parlare con proprietà è da dirsi che l'evangelizzazione dei giudei avvenne già in quel tempo, come si ricava con chiarezza dalle parole dello stesso nostro Signore quando, replicando alle suppliche della cananea, disse di non essere stato inviato se non alle pecore perdute della casa di Israele. ( Mt 15,24 )

Allo stesso modo, nell'inviare i discepoli, disse: Non allontanatevi per andare sulle strade dei gentili e non entrate nelle città dei Samaritani.

In primo luogo andate dalle pecore perdute della casa d'Israele. ( Mt 10,5-6 )

Dei gentili viceversa parla il Signore come di " un altro ovile ", quando afferma: Ho altre pecore che non sono di questo ovile, aggiungendo però che anche quelle avrebbe radunate perché uno fosse il gregge e uno il pastore. ( Gv 10,16 )

Questo però quando sarebbe accaduto se non dopo la sua glorificazione?

E in effetti dopo la sua resurrezione mandò i discepoli anche nel mondo pagano, obbligandoli peraltro a restare per un certo tempo a Gerusalemme, finché non avessero ricevuto lo Spirito Santo da lui promesso. ( At 1,4 )

Similmente l'Apostolo. Prima aveva scritto: Dio mandò il suo Figlio, fatto da donna, nato sotto la legge, per redimere coloro che erano sotto la legge, e così noi ricevessimo l'adozione a figli. ( Gal 4,4-5 )

Gli restava da provare che la stessa adozione a figli si sarebbe estesa anche ai pagani, che non erano sotto la legge; e proprio questo insegna ora sottolineando che il dono dello Spirito Santo è stato concesso a tutti.

Non diversamente si comportò Pietro con i giudei che avevano accettato la fede quando dinanzi a loro dovette difendersi per aver battezzato il centurione Cornelio senza averlo fatto circoncidere.

Disse che non aveva potuto negare il battesimo di acqua a persone che davano segni evidenti d'aver ricevuto lo Spirito Santo. ( At 10,47 )

Allo stesso irrefutabile argomento è ricorso antecedentemente anche Paolo, quando ha detto: Questo solo voglio sapere da voi: Lo Spirito Santo l'avete ricevuto praticando le opere della legge ovvero prestando ascolto alla [ predicazione della ] fede? ( Gal 3,2 )

E poco dopo: Colui che vi dona lo Spirito e opera segni miracolosi in mezzo a voi, lo fa per le opere della legge o per l'ascolto prestato alla fede? ( Gal 3,5 )

Non diversamente nel testo che stiamo trattando dice: Poiché siete figli di Dio, Dio ha riversato nei nostri cuori lo Spirito del Figlio suo, e questo Spirito grida: Abbà, Padre!

32 Andando avanti mostra in maniera chiarissima che tutto questo vale anche per coloro che erano passati alla fede provenendo dal paganesimo; a loro infatti è indirizzata la Lettera.

Egli scrive: Pertanto non esiste più il servo ma il figlio, richiamandosi alla mente quanto detto sopra, e cioè: L'erede, finché è bambino, non differisce in nulla dal servo.

E prosegue: Se poi è figlio, è anche erede per Dio; per un dono cioè della misericordia di Dio, non per le promesse fatte ai Patriarchi, dai quali il pagano non traeva origine secondo la carne come i giudei.

Era tuttavia anch'egli figlio di Abramo, di cui imitava la fede, meritandone il dono dalla misericordia del Signore.

Dice ancora: Ma allora non conoscevate Dio e adoravate quegli dèi che per natura non sono Dio.

Appare con certezza che non sta scrivendo ai giudei ma ai pagani, ed è per questo che non dice: " Abbiamo adorato ", ma: Adoravate.

Se ne deduce con tutta probabilità che anche prima parlava dei gentili, quando affermava che erano sottoposti agli elementi del mondo e li servivano come tutori e amministratori. ( Gal 4,1-3 )

In effetti questi elementi per loro natura non sono certo delle divinità, né in cielo né in terra, dove [ il pagano colloca ] molti dèi e molti dominatori.

Per noi al contrario non c'è che un unico Dio Padre, da cui derivano tutte le cose e noi siamo in lui, e unico è il Signore Gesù Cristo, ad opera del quale esistono tutte le cose e noi parimenti siamo per opera sua. ( 1 Cor 8,5-6 )

Affermando che voi adoravate dèi che per natura non sono Dio mostra con efficacia che Dio per natura è il solo, vero Dio, e con questo nome si intende la Trinità da chiunque ha nel grembo del cuore integra e completamente sana la fede cattolica.

Quanto agli altri che non sono dèi, antecedentemente li ha chiamati tutori e amministratori, perché non esiste nessuna creatura - e sono creature tanto gli esseri che rimasero nella verità, dando gloria a Dio, quanto quelli che non sono rimasti nella verità avendo cercato la gloria propria -, voglio dire che non c'è creatura la quale, volendo o nolendo, non sia al servizio della provvidenza divina; ma quanti con la volontà concordano con la provvidenza, compiono il bene; quanti invece non vogliono accordarsi con lei, in loro si compiono i decreti della giustizia.

Se infatti gli angeli disertori insieme con il loro principe, il diavolo, non meritassero veramente il nome di tutori e amministratori incaricati dalla provvidenza divina, il Signore non avrebbe chiamato il diavolo " principe di questo mondo ", né l'Apostolo, usando della sua autorità si sarebbe servito di lui per ottenere l'emendamento di certi individui.

Dice infatti in un altro testo: Li ho consegnati a satana perché imparino a non bestemmiare; ( 1 Tm 1,20 ) e altrove aggiunge: Per la loro salvezza.

Scrive testualmente: Io di persona, assente col corpo ma presente nello spirito, ho giudicato come se fossi presente colui che ha agito in questo modo.

Riuniti e voi e il mio spirito nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, con la potestà del Signore nostro Gesù Cristo, [ ho decretato ] di consegnare quel tale in potere di satana per la rovina del corpo e così lo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù. ( 1 Cor 5,3-5 )

Viene da pensare a un magistrato agli ordini del legittimo imperatore: egli non può fare se non quello che è a lui permesso.

Ugualmente i tutori e gli amministratori di questo mondo non possono fare se non quello che consente loro il Signore.

A lui infatti nulla è nascosto, come invece succede all'uomo; né c'è qualcosa dov'egli sia meno potente, per cui i tutori e gli amministratori, che stanno sotto la sua giurisdizione, possano compiere, nelle cose a loro sottoposte, secondo il potere di ciascuno, alcunché senza il permesso di Dio e a sua insaputa.

Non s'imputa comunque a loro ciò che viene compiuto per loro mezzo secondo un piano di giustizia, ma l'intenzione con cui essi lo compiono.

Dio infatti non ha tolto alla creatura ragionevole la libera volontà, pur avendo riservato a se stesso il potere di ordinare con giustizia anche gli ingiusti.

È questo un argomento che in altri libri abbiamo trattato spesso,5 con più ampiezza e in maniera più esauriente.

I pagani possono dunque aver adorato il sole, la luna, le stelle, il cielo, la terra e altre creature simili o magari gli stessi demoni.

È certo però che in ogni caso essi si trovavano sotto il potere di tutori e di amministratori.

33 Le espressioni che seguono vengono purtroppo a complicare la questione, che ormai consideravamo più o meno risolta.

In tutta la Lettera infatti l'Apostolo fa vedere che la fede dei Galati non era messa in pericolo da altri se non da alcuni provenienti dalla circoncisione, i quali volevano ricondurli all'osservanza delle pratiche carnali della legge, quasi che in esse stesse la salvezza.

In questo passo invece, unico in tutta la Lettera, sembra rivolgersi a persone che volevano tornare alle superstizioni del paganesimo.

Scrive infatti: Ora invece che conoscete Dio, anzi siete da Dio conosciuti, come fate a tornare agli elementi deboli e miseri, cui volete assoggettarvi di nuovo come facevate in passato?

Siccome egli non si rivolge ai circoncisi ma ai pagani, come appare da tutta la Lettera, dicendo: Voi tornate non intende certo affermare che volevano tornare alla circoncisione, che mai si erano praticata, ma agli elementi deboli e miseri cui - dice - volete assoggettarvi di nuovo come in passato.

L'espressione bisogna per forza intenderla come riferita ai pagani, ai quali prima aveva detto: Ma allora, non conoscendo Dio, adoravate dèi che per natura non sono dèi. ( Gal 4,8 )

Qual è dunque la servitù sotto la quale essi vogliono tornare?

A quale servitù si riferiscono le parole: Come fate a ritornare agli elementi deboli e miseri, cui volete assoggettarvi di nuovo come in passato?

34 Potrebbe sembrare che simile interpretazione sia maggiormente rafforzata dal seguito del discorso, dove si dice: Osservate i giorni, i mesi, gli anni e le stagioni.

Temo di aver faticato inutilmente in mezzo a voi.

È questo un errore molto diffuso tra i pagani, i quali nell'intraprendere delle attività o nel pronosticare gli eventi della vita o degli affari si attengono ai giorni, ai mesi, agli anni e alle stagioni segnati dagli astrologi e dai caldei.

Tuttavia potrebbe anche non essere necessario prendere il testo come riferito ad errori del mondo pagano.

Eviteremmo così la stranezza che Paolo si allontani improvvisamente e con leggerezza dal proseguire l'argomento che si era proposto e che sta sviluppando dall'inizio alla fine.

Egli potrebbe continuare ancora la trattazione di quelle cose che in tutta la Lettera dimostra all'evidenza doversi evitare.

In realtà anche i giudei osservavano servilmente i giorni, i mesi, gli anni e le stagioni quando si attenevano in maniera carnale all'osservanza del sabato, dei noviluni, del mese dei nuovi frutti e di ogni settimo anno, che chiamano " sabato dei sabati ".

Tutte queste osservanze erano figura di realtà avvenire e, se rimasero anche dopo la venuta di Cristo, divennero come una superstizione per chi, ignorandone il senso che rivestivano, le osservava ritenendole apportatrici di salvezza.

L'Apostolo insomma direbbe ai pagani: Cosa vi giova l'esservi liberati dalla schiavitù sotto la quale vi trovavate quando adoravate gli elementi del mondo se ad essi ora ritornate sedotti dai giudei?

Costoro, non rendendosi conto del tempo della libertà che hanno conseguita, oltre alle opere della legge che valutano in maniera carnale sono per di più asserviti a prescrizioni d'ordine temporale come in passato lo eravate voi.

Ma voi perché volete tornare all'antica schiavitù e osservare come loro i giorni, i mesi, gli anni e le stagioni, di cui foste schiavi prima di credere in Cristo?

È noto infatti che l'andare del tempo è regolato dagli elementi di questo mondo, cioè dal cielo, dalla terra, dal moto e dall'ordine degli astri.

Questi " elementi del mondo " li definisce " deboli " perché variano secondo un'apparenza inconsistente e instabile, " miseri " perché hanno bisogno della forma suprema e stabile impressa in loro dal Creatore, affinché siano così come sono.

35 Scelga il lettore l'interpretazione che preferisce, purché però si renda conto che osservare superstiziosamente questi elementi temporali comporta un così grave pericolo per l'anima che l'Apostolo si sente in dovere di aggiungere al nostro testo: Nei vostri riguardi ho come un timore di aver lavorato inutilmente in mezzo a voi.

Sono parole che si leggono assai di frequente e alle quali si annette la massima autorità presso le Chiese del mondo intero; eppure le nostre assemblee sono piene di gente che si fa suggerire dagli astrologi i tempi per fare o non fare determinate cose.

Questi tali non di rado arrivano al punto di venire da noi per darci suggerimenti affinché non iniziamo una costruzione o altre cose simili nei giorni che essi chiamano " egizi ".

In realtà non sanno, poverini, nemmeno dove posano i piedi, come si suole dire.

Ma ammettiamo pure che il nostro testo si debba intendere delle osservanze a cui superstiziosamente si attengono i giudei.

Quale speranza possono mai avere quei meschini che, volendo fregiarsi del nome di cristiani, regolano la loro vita disordinata sulla base dei " lunari "?

Come non ricordare che anche a voler computare dai Libri divini, dati da Dio al popolo ebraico ancora carnale, le fasi del tempo, leggendo il testo alla maniera dei giudei l'Apostolo concluderebbe: Ho timore, riguardo a voi, d'aver lavorato inutilmente in mezzo a voi.

Eppure se si scopre che uno, magari catecumeno, osserva il sabato secondo il rituale giudaico, si fa baccano nella comunità.

Ecco invece che tantissimi fra i battezzati, con estrema audacia vengono a dirci in faccia: È il due del mese, quindi non mi metto in viaggio.

A stento e solo a poco a poco riusciamo a proibire pratiche come queste, e lo facciamo sorridendo per non farli arrabbiare, ma anche pieni di timore che restino sorpresi quasi che si trattasse di novità.

Guai a noi, peccatori, che ci spaventiamo solo delle cose inattese e inaspettate, e non del male a cui siamo abituati, sebbene proprio per lavarci da tali peccati il Figlio di Dio abbia versato il suo sangue!

Anche se si tratta di colpe gravi che chiudono inesorabilmente contro chi le commette il regno di Dio, a forza di vederle frequentemente siamo spinti a lasciar correre e a forza di lasciar correre oggi e domani si crea, almeno per alcune di esse, come una necessità di commetterle.

E magari non succeda, Signore, che le commettiamo tutte, quelle colpe che non siamo riusciti ad impedire!

36 Ma è tempo di esaminare il seguito del testo, ricordando che avevamo omesso le parole: Ora invece, conoscendo Dio, anzi essendo stati conosciuti da Dio.

Non c'è dubbio, stando almeno alle apparenze, che in questo passo il fraseggiare dell'Apostolo voglia adeguarsi alla debolezza umana, per cui non solo nei libri del Vecchio Testamento la forma del parlare di Dio si abbassava, come pare, al livello del pensiero umano, che è terreno.

Non ci deve pertanto stupire in alcun modo il fatto che lo scrivente corregga quanto detto prima, e cioè: Conoscendo Dio.

È scontato infatti che, per tutto il tempo che camminiamo nella fede e non nella visione, ( 2 Cor 5,7 ) noi non conosciamo perfettamente Dio ma dalla fede siamo purificati affinché a suo tempo conseguiamo la perfetta cognizione.

Su quanto poi dice nella correzione stessa, e cioè: Anzi, essendo stati conosciuti da Dio, se la frase viene presa a rigore di termini si potrebbe immaginare che Dio, in certo qual modo, col tempo conosce delle cose che prima non conosceva.

Ora l'espressione è da prendersi in senso traslato, e con " occhio di Dio " dobbiamo intendere l'amore di Dio, manifestato quando egli per gli empi mandò il suo unico Figlio e lo fece morire per loro.

Non diversamente anche noi, di quelli che amiamo siamo soliti dire che li abbiamo dinanzi agli occhi.

Pertanto le parole: Conoscendo Dio, anzi essendo stati conosciuti da Dio, equivalgono a quelle di Giovanni: Non che noi abbiamo amato Dio ma è stato Dio che ha amato noi. ( 1 Gv 4,10 )

37 Egli poi dice: Siate come me.

È ovvio sottintendere: Come me che, essendo nato nel giudaismo, so ora discernere queste cose carnali con criterio spirituale e disprezzarle.

Infatti anch'io sono come voi, cioè un uomo.

Con ciò li induce, in maniera opportuna e delicata, a ricordarsi della sua carità, perché non abbiano a considerarlo un nemico.

Dicendo infatti: Vi scongiuro, fratelli; in nulla mi avete danneggiato, è come se dicesse: " Non crediate pertanto che io voglia danneggiarvi ".

Ricordate infatti che in quei tempi vi predicai il Vangelo a motivo d'una infermità corporale, cioè perché ero sottoposto a persecuzione.

Ma questa vostra tentazione che era consistente nella mia carne voi non la deprezzaste né rifuggiste.

In realtà la persecuzione subita dall'Apostolo fu per loro una prova, non sapendo se abbandonarlo cedendo alla paura o accoglierlo animati da carità.

Egli ne parla dicendo: Voi non avete disprezzato questa prova, ritenendola invece utile, né mi avete respinto, ricusando d'entrare in comunione con la mia prova.

E continua: Ma mi avete accolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù.

Prosegue presentando con ammirazione il loro profitto spirituale in modo che, ripensando a tutto questo, non acconsentano a timori carnali.

Dice: Che sorta di felicitazione fu dunque la vostra? Vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati gli occhi per darli a me.

Sono dunque diventato vostro nemico per avervi predicato la verità? La risposta è certamente negativa.

Ma qual era la verità da lui predicata se non quella di non farsi circoncidere?

Per cui nota bene quel che aggiunge: Hanno per voi uno zelo per niente affatto buono, cioè: Vi odiano, coloro che da spirituali vogliono rendervi carnali.

Tale il senso di Hanno per voi uno zelo niente affatto buono.

E prosegue: Vogliono staccarvi perché abbiate zelo per loro. Vale a dire: " perché li imitiate ".

Dove "li imitiate ", se non nell'accollarvi il giogo della schiavitù come se lo sono accollato loro?

E aggiunge: È bene essere zelanti nel bene sempre.

Così li invita ad imitarlo, come indicano le parole che aggiunge: E non solo quando sono presente fra voi.

Se infatti a lui presente volevano dare anche gli occhi, amandolo così evidentemente avrebbero fatto del tutto per imitarlo.

38 Per questo li chiama: Figliolini miei.

Senza dubbio perché vogliano imitarlo come loro genitore.

E continua: Che io partorisco ancora finché si formi in voi il Cristo.

Usa questa espressione volendo impersonarsi con la madre Chiesa, come dice anche altrove: Sono diventato piccolo in mezzo a voi, come quando una nutrice alleva i suoi figli. ( 1 Ts 2,7 )

Sul come Cristo si formi nel credente mediante la fede concepita nell'uomo interiore e di conseguenza è chiamato alla libertà della grazia, si noti che ciò avviene in colui che è mite ed umile di cuore né si gloria dei propri meriti, che non esistono, ma della grazia da cui trae origine ogni merito.

Un uomo siffatto è chiamato il più piccolo dei suoi, cioè un altro se stesso, da colui che diceva: Ogni volta che avrete fatto questo a uno dei miei [ fratelli ] più piccoli l'avrete fatto a me. ( Mt 25,40 )

Cristo infatti si forma in colui che assume la conformità con Cristo, e questa conformità con Cristo l'assume chi aderisce a lui con amore spirituale.

Dall'imitazione di Cristo deriva che il cristiano sia quello che è Cristo, per quanto gli consente la sua condizione.

È quanto afferma Giovanni: Chi dice di dimorare in Cristo deve comportarsi come lui si è comportato. ( 1 Gv 2,6 )

A questo riguardo va notato che i figli sono concepiti dalla madre e dopo concepiti vengono formati; quando poi sono formati arrivano al parto e nascono.

Può quindi sorprendere che Paolo dica di partorirli una seconda volta finché il Cristo si formi in loro.

Probabilmente dobbiamo intendere che con questo parto voglia designare le sofferenze e i dolori con cui li partorì una prima volta quando nacquero in Cristo e quelli con cui li partorisce di nuovo al presente, mentre li vede in mezzo ai pericoli di deviazione da cui sono sballottati.

L'angustia di tali preoccupazioni per la quale dice di trovarsi in certo qual modo fra le doglie del parto potrà, evidentemente, durare finché [ i fedeli ] non abbiano raggiunto la dimensione della piena maturità di Cristo e non vengono agitati dal vento di ogni dottrina. ( Ef 4,13-14 )

Se quindi dice: Vi partorisco ancora una volta finché si formi in voi il Cristo, non lo dice riferendosi all'inizio della fede, a quando cioè essi nacquero, ma in relazione al suo irrobustirsi e al suo diventare perfetta.

Questo parto è descritto da Paolo anche in un altro testo, là dove dice: Il mio combattimento quotidiano, la premura per tutte le Chiese.

Chi è debole senza che diventi debole anch'io? Chi patisce uno scandalo senza che io ne arda? ( 2 Cor 11,28-29 )

39 Soggiunge: Vorrei al presente trovarmi in mezzo a voi e cambiare il tono della mia voce poiché sono confuso nei vostri riguardi.

Cosa dobbiamo intendere qui se non che, avendoli chiamati suoi figli, voleva risparmiare loro nella Lettera un rimprovero troppo severo per non sembrare importuno?

Se infatti fossero stati trattati con eccessiva severità facilmente sarebbero stati indotti a odiarlo da quegli ingannatori ai quali in lontananza non si sarebbe potuto opporre.

Dice: Vorrei al presente trovarmi in mezzo a voi e cambiare il tono della mia voce, cioè non considerarvi più come figli, perché sono confuso nei vostri riguardi.

In effetti anche i genitori sogliono ripudiare i figli, quando sono cattivi, per non avere di che vergognarsi di loro.

40 Prosegue: Ditemi! Voi che volete essere sotto la legge: non avete sentito cosa dice la legge?

E si diffonde a parlare dei due figli di Abramo.

Le sue parole sono facili a capirsi, poiché egli stesso spiega l'allegoria.

Notiamo che nel tempo a cui risale il richiamo ai due Testamenti Abramo aveva solo quei due figli, mentre quelli che ebbe dall'altra moglie dopo la morte di Sara non rientrano nel simbolismo.

Sbagliano pertanto quei molti che, leggendo l'Apostolo ma ignorando il libro della Genesi, ritengono che Abramo ebbe soltanto quei due figli.

In realtà se l'Apostolo menziona soltanto quei due è perché effettivamente quando si realizzava il simbolo esposto lì appresso Abramo aveva soltanto quei due; e colui che era nato dalla schiava, di nome Agar, raffigurava il Vecchio Testamento, cioè il popolo dell'Antico Testamento.

Orbene questi Ebrei, assoggettati al giogo servile delle osservanze materiali, ripromettendosi da Dio solo benefici terreni, non sono stati ammessi nell'eredità spirituale del patrimonio celeste.

Per raffigurare poi il popolo erede del Nuovo Testamento non basta il fatto che Isacco nascesse da colei che era donna libera; quel che più conta è che egli nacque secondo la promessa.

In effetti egli sarebbe potuto nascere secondo la carne tanto dalla schiava quanto dalla donna libera, come ad esempio i figli che Abramo ebbe da Cetura, la donna che egli sposò più tardi e dalla quale generò figli non in virtù della promessa ma in maniera carnale. ( Gen 25,1-2 )

Isacco invece nacque miracolosamente in virtù della promessa, quando tutti e due i genitori erano vecchi.

Prestando dunque ascolto alle parole dell'Apostolo risulta chiarissimo che con valore simbolico vanno presi solo quei due primi figli; ma in certo qual modo si potrebbe vedere un simbolo delle realtà future anche nei figli di Cetura.

Non è infatti senza motivo che per disposizione dello Spirito Santo siano stati descritti avvenimenti anche sul conto di tali persone.

Ciò ammesso, in quei figli si potrebbero vedere raffigurati, forse, gli eretici e gli scismatici.

Essi infatti erano nati da una donna libera, come costoro dalla Chiesa, ma erano nati in modo carnale, non in virtù dello Spirito né in forza della promessa.

Se così è, ne risulta che nemmeno costoro appartengono alla eredità, cioè alla Gerusalemme celeste, che la Scrittura chiama sterile per non aver generato figli sulla terra per lungo tempo.

A costei si dà anche il nome di abbandonata, per il fatto che gli uomini, tutti presi da voglie terrene, avevano abbandonato la giustizia della vita celeste, mentre al contrario la Gerusalemme terrena aveva marito poiché era vincolata alla legge che aveva ricevuto.

Nella stessa immagine Sara simboleggia la Gerusalemme celeste perché assai lungamente a motivo della sterilità che aveva constatata, il marito la privò del rapporto coniugale.

Infatti uomini della levatura spirituale di Abramo non usavano della donna per soddisfare le proprie voglie libidinose ma per avere una continuità nei figli.

Alla sterilità si era poi aggiunta la vecchiaia, affinché in un caso talmente disperato intervenisse Dio con la sua promessa, assegnando un gran merito a coloro che gli avevano prestato fede.

Ecco dunque Abramo. Certo della promessa di Dio e animato dal proposito d'aver figli si unì con colei che ormai era avanzata negli anni e che nell'età più florida aveva tenuto lontana dal contatto maritale.

Non per altri motivi infatti l'Apostolo descrive le vicende delle due donne come simbolo di quel che era stato detto dal profeta: Molti saranno i figli dell'abbandonata, più che non quelli di colei che ha marito.

In realtà Sara morì prima del marito ma tra loro non ci fu mai alcun divorzio.

Per quel motivo dunque Sara è detta abbandonata e l'altra colei che ha marito se non perché Abramo trasferì l'incarico di procreare figli dalla moglie Sara, che era sterile, alla schiava Agar, che era feconda?

La qualcosa egli fece col consenso di Sara, che spontaneamente concesse al marito l'altra donna affinché da tale schiava avesse dei figli.

Presso gli antichi infatti era norma di giustizia quella che lo stesso Apostolo ricorda ai Corinzi: La moglie non è padrona del suo corpo ma il marito, e parimenti il marito non è padrone del suo corpo ma la moglie. ( 1 Cor 7,4 )

Ora il debito coniugale, come pure tanti altri, è basato sul dominio di quelle cose di cui si è debitori; e quando uno non commette frodi nel rispettare tale dominio vuol dire che è fedele ai diritti imposti dalla castità coniugale.

Riguardo poi alla vecchiaia dei genitori d'Isacco, diciamo che ha valore figurativo nel senso che il popolo del Nuovo Testamento, sebbene sia nuovo, è tuttavia antica la sua predestinazione presso Dio, e così pure è antica la Gerusalemme celeste.

A questo fa riferimento quel che afferma Giovanni nella Lettera ai Parti: Scrivo a voi, padri, perché avete conosciuto ciò che era fin dall'inizio. ( 1 Gv 2,13 )

Riguardo poi agli uomini carnali esistenti nella Chiesa, dai quali derivano eresie e scismi, è vero che essi per nascere presero occasione dal Vangelo, ma l'errore d'indole carnale per cui furono concepiti e che seguitano a portarsi dietro ovviamente non è in relazione con la verità, che è antica.

Per questo si dice che sono nati da una madre giovincella anche se da padre vecchio, comunque fuori della promessa; sebbene nell'Apocalisse lo stesso Signore appare col capo canuto, ( Ap 1,14 ) e non per altro motivo se non perché la verità è antica.

Questi eresiarchi sono quindi nati sulla radice della verità, che è antica, ma in forza della menzogna, che è recente e temporale.

Quanto a noi invece, l'Apostolo dichiara che siamo figli della promessa al modo di Isacco.

E se Isacco fu perseguitato da Ismaele, ugualmente coloro che hanno iniziato a vivere secondo lo spirito hanno da subire persecuzioni da parte dei giudei carnali.

Inutilmente però, poiché, a quanto dice la Scrittura, la schiava e il figlio di lei vengono scacciati e quest'ultimo non può diventare erede come il figlio della donna libera.

E aggiunge: Ma noi, fratelli, non siamo figli della schiava ma della donna libera.

Tale libertà occorreva in quel momento contrapporre col massimo vigore al giogo della schiavitù dal quale mediante le opere della legge erano oppressi coloro che tentavano d'attirare i fedeli a farsi circoncidere.

41 Dicendo: State dunque in piedi, lascia intendere che non erano ancora caduti; se no, più propriamente, avrebbe detto: " Rialzatevi ".

E continua: E non assoggettatevi di nuovo al giogo della schiavitù, dove per giogo al quale non vuole che si assoggettino non possiamo intendere altro se non il giogo della circoncisione con le conseguenti pratiche del giudaismo.

Infatti prosegue dicendo: Ecco io, Paolo, vi dico: Se vi lasciate circoncidere Cristo non vi gioverà a nulla.

Ma come dovremo intendere le parole: Non assoggettatevi di nuovo al giogo della schiavitù, se è vero che egli scrive a persone che mai erano state giudei?

In effetti proprio questo egli si propone: che non accettino la circoncisione.

Evidentemente qui si esplicita e conferma l'affermazione sulla quale più sopra abbiamo discusso.

Non trovo infatti cosa possa ordinare ai gentili in questo passo all'infuori di sentirsi liberati, tramite la fede in Cristo, dalla precedente falsa religiosità che li teneva in schiavitù.

Essi pertanto non avrebbero dovuto in alcun modo assoggettarsi al giogo delle osservanze carnali che vincolavano e rendevano schiavo il popolo ebraico, il quale, sebbene posto sotto la legge di Dio, era tuttavia un popolo carnale.

Afferma [ l'Apostolo ] che, se si fossero lasciati circoncidere, Cristo non avrebbe arrecato loro alcun vantaggio: dove evidentemente parla della circoncisione come la intendevano i suoi avversari, i quali riponevano nella circoncisione corporale la speranza della salvezza.

Non si può dire infatti che Cristo non abbia giovato in alcun modo a Timoteo, giovane cristiano che Paolo fece circoncidere.

L'Apostolo agì in quel modo per [ evitare ] lo scandalo dei concittadini di lui: ( At 16,3 ) agì senza ombra di simulazione, ma con quell'indifferenza che lo portò a scrivere: La circoncisione non è nulla, come nulla è l'incirconcisione. ( 1 Cor 7,19 )

In realtà, se uno non ritiene che la salvezza deriva dalla circoncisione, questa non reca alcun nocumento.

In quest'ordine di idee vanno prese anche le parole successive: Al contrario ad ogni uomo che si circoncida - che cioè sia attaccato alla circoncisione considerandola fonte di salvezza - dichiaro che è obbligato ad osservare la legge tutta intera.

Dice questo per spaventarli presentando loro la serie innumerabile di pratiche recensite fra le opere della legge che una volta circoncisi avrebbero dovuto osservare.

Se un tal numero di norme non erano riusciti ad osservare né i giudei né i loro antenati, come dice Pietro negli Atti degli Apostoli, ( At 15,10 ) logicamente anche i cristiani si sarebbero rifiutati dall'accettare quei riti ai quali volevano sottoporli questi zelanti giudei.

42 Dice: Voi che volete essere giustificati attraverso la legge vi siete svuotati di Cristo.

È questa la proscrizione di cui ha parlato sopra dicendo che Cristo era stato proscritto da loro. ( Gal 3,1 )

Svuotati in tal modo di Cristo, cioè essendosi Cristo dovuto allontanare da loro che pur erano un possedimento da lui occupato, in quel possedimento ridotto, per così dire, all'abbandono potevano di conseguenza essere introdotte le opere della legge.

E siccome la cosa nuoceva non a Cristo ma ai Galati stessi, aggiunge: Siete decaduti dalla grazia.

Per l'azione della grazia di Cristo infatti erano stati liberati dai debiti verso la legge coloro che si trovavano così indebitati; ma costoro, ingrati a tanto beneficio della grazia, preferivano il debito di osservare tutta intera la legge.

La cosa non era ancora avvenuta ma, siccome la volontà aveva cominciato a vacillare, per questo in più luoghi l'Apostolo parla come se fosse già accaduta.

Quanto a noi, al contrario, attendiamo - dice - dallo Spirito mediante la fede la giustizia che speriamo.

Con queste parole fa vedere che rientrano nella fede in Cristo i beni che si attendono nell'ordine spirituale, non quelli che vengono desiderati dall'uomo carnale, com'erano le promesse che asservivano l'uomo del Vecchio Testamento.

Di queste scrive in un altro passo: Noi non volgiamo lo sguardo alle cose che si vedono ma a quelle che non si vedono.

Infatti le cose visibili sono temporanee, mentre quelle invisibili sono eterne. ( 2 Cor 4,18 )

Continua la Lettera: In Cristo Gesù né la circoncisone né l'incirconcisione valgono alcunché; e con questo dimostra l'indifferenza dei due stati, e afferma che nulla è dannoso nella circoncisione se non riporre in essa la speranza della salvezza.

Precisa che in Cristo non contano nulla né la circoncisione né l'incirconcisione ma soltanto la fede che opera mediante la carità.

Ribadisce ancora una volta l'idea che sotto la legge opera la schiavitù con la forza del timore.

E continua: Correvate bene. Chi vi ha procurato ostacoli che non obbedite più alla verità?

È quanto già prima diceva: Chi vi ha ammaliato? ( Gal 3,1 )

Al che soggiunge: Questa vostra persuasione non viene da colui che vi ha chiamati.

Questa persuasione è carnale, mentre colui che vi ha chiamati vuol condurvi a libertà.

Chiama loro persuasione la cosa che si tentava di far loro accettare; e siccome i predicatori venuti in Galazia per insinuare fra i Galati tali dottrine erano un esiguo numero rispetto alla moltitudine, li chiama fermento.

Tuttavia era possibile che i credenti percepissero un tale fermento: nel qual caso ( se cioè avessero accolto favorevolmente quei sobillatori considerandoli giusti e degni di fede ), tutta la massa, cioè tutta la loro Chiesa, avrebbe fermentato, per così dire, corrompendosi e divenendo pasta di schiavi carnali.

Poi soggiunge: Io nel Signore nutro fiducia che non la pensiate diversamente in nulla.

Dalle quali parole si ricava in maniera palese che i Galati non s'erano ancora lasciati accalappiare da loro.

Aggiunge poi: Chi vi causa turbamento, ne porterà la condanna, chiunque esso sia, e si riferisce a quel turbamento disordinato per il quale da uomini spirituali volevano farli diventare carnali.

È qui sottinteso che certuni, volendo insinuare fra loro una siffatta schiavitù e notando com'essi erano trattenuti dall'autorità di Paolo, andavano dicendo che lo stesso Paolo era del medesimo avviso ma non osava manifestare a cuor leggero come sul serio la pensasse.

Molto opportunamente egli reagisce dicendo: Ma, fratelli, se è vero che io continuo a predicare la circoncisione, com'è che sono ancora così perseguitato?

In effetti a perseguitarlo c'erano anche di quelli che si agitavano per diffondere tali insinuazioni, sebbene all'apparenza sembrava che avessero accettato il Vangelo.

A loro fa riferimento anche nel passo dove parla dei pericoli da parte di falsi fratelli ( 2 Cor 11,26 ) e, in questa stessa Lettera, sul principio là dove scrive: A motivo però di certi falsi fratelli insinuatisi, i quali si erano cacciati di soppiatto per controllare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù e ridurci di nuovo nello stato di schiavitù. ( Gal 2,4 )

In realtà se Paolo avesse predicato la circoncisione, avrebbero certo smesso di perseguitarlo.

Comunque, da questi falsi predicatori non avevano nulla da temere coloro ai quali veniva annunziata la libertà cristiana; né [ questi ultimi ] dovevano in alcun modo pensare che l'Apostolo avesse paura di loro.

A tal fine, in un testo precedente, per dimostrare che egli era pieno di fiducia nella sua libertà, volle lasciarvi impresso lo stesso suo nome, scrivendo: Ecco, io Paolo vi attesto che, se voi vi farete circoncidere, Cristo non vi arrecherà alcun profitto. ( Gal 5,2 )

È come se dicesse: " Eccomi a voi! Imitatemi nel non avere paura o, se per caso questa paura l'avete, scaricatene il motivo sopra di me ".

Quanto poi all'affermazione: Ecco dunque che viene vanificato lo scandalo della croce, è una ripetizione di quanto detto sopra: Se la giustizia deriva dalla legge Cristo è morto invano. ( Gal 2,21 )

Nel nostro caso però, parlando di scandalo, fa pensare al fatto che i giudei si scandalizzarono di Cristo, soprattutto perché, com'essi ben rimarcavano, egli spesse volte trasgrediva e non calcolava le osservanze carnali della legge, che essi invece ritenevano necessarie alla salvezza.

Con queste sue parole dunque è come se dicesse: Cristo, che disprezzava tali cose, fu certamente crocifisso senza alcun risultato dai giudei scandalizzati, se le stesse cose vengono anche adesso accolte con favore da coloro per i quali egli fu crocifisso.

Dopo ciò, con un gioco di parole quanto mai raffinato, aggiunge una benedizione che però ovviamente suona come un malaugurio.

Dice: Magari si recidessero quelli che mettono scompiglio fra voi! Non solo si circoncidano, dice, ma si recidano!

In tal modo diverrebbero eunuchi per il regno dei cieli ( Mt 19,12 ) e smetterebbero di seminare dottrine carnali.

43 Dice: Voi, fratelli, siete stati chiamati alla libertà; i perturbatori viceversa volevano trascinarli nella schiavitù, staccandoli da ciò che era spirituale per cacciarli in ciò che era materiale.

Da questo momento quindi l'Apostolo comincia a trattare delle opere legali di cui sopra ricordavo che ne avrebbe trattato alla fine della Lettera.

Di tali opere nessuno dubita che appartengano anche al Nuovo Testamento, ma solo se compiute con altro fine, cioè quello con cui le debbono praticare gli uomini liberi.

Ora questo fine è la carità che attraverso la pratica delle opere spera il premio eterno e se lo ripromette con l'ausilio della fede.

Non quindi con la mentalità dei giudei, che adempivano tali leggi spinti da timore, e non dal timore casto che permane in eterno ( 1 Sam 24,4-8 ) ma dal timore che fa temere per la vita presente.

Se pertanto riuscivano a praticare alcuni riti di valore figurativo, non riuscivano in alcun modo a mettere in pratica le norme concernenti la buona condotta.

Queste le adempie solamente la carità.

Così, se uno non commette omicidi per la paura d'essere ucciso lui stesso, non adempie il precetto della giustizia; lo adempie invece se si astiene dall'uccidere, pur potendolo fare impunemente, perché la cosa in se stessa è contraria alla giustizia, non soltanto presso gli uomini ma anche presso Dio.

Come fece Davide quando ebbe nelle sue mani il re Saul.

Lo avrebbe potuto uccidere impunemente, senza temere la vendetta degli uomini, dai quali era molto amato, né quella di Dio, il quale gli aveva detto che era in suo potere fare contro di lui tutto ciò che avrebbe voluto. ( Sal 19,10 )

Ma Davide, amando il prossimo come se stesso, risparmiò la vita a chi l'aveva perseguitato e l'avrebbe perseguitato ancora, preferendo che egli si ravvedesse anziché venisse ucciso.

Così un uomo che viveva nel Vecchio Testamento ma non era del Vecchio Testamento.

A lui non era stata rivelata e resa per fede la futura eredità di Cristo: dico cioè quella fede che, professata, dona la salvezza e sollecita l'imitazione.

Per questo motivo nota ora l'Apostolo: Voi, fratelli, siete stati chiamati alla libertà; badate però a non fare di questa libertà un pretesto per la carne.

Udita la parola " libertà " non pensate che vi sia consentito di peccare impunemente.

E aggiunge: Ma in forza della carità siate al servizio gli uni degli altri.

Chi infatti serve mosso da carità serve liberamente e senza meschinità e, obbedendo a Dio, fa con amore quel che gli viene suggerito, non con timore, quasi che vi fosse costretto.

44 Dice: Tutta la legge si compendia nell'unico precetto: Amerai il prossimo tuo come te stesso.

Parla di tutta la legge, in relazione alle opere riguardanti la buona condotta, poiché anche le altre, cioè quelle che rientrano nel campo della simbologia, comprese rettamente da uomini liberi e non in maniera carnale da persone schiave, si riferiscono necessariamente ai due grandi precetti dell'amore di Dio e del prossimo.

Buona dunque l'interpretazione di chi fa rientrare nello stesso ambito anche le parole del Signore: Non sono venuto ad abolire la legge ma a darle compimento. ( Mt 5,17 )

Egli infatti avrebbe tolto il timore carnale, non solo ma avrebbe anche dato la carità, frutto dello Spirito, con cui soltanto può adempiersi la legge.

Pienezza della legge è infatti la carità; e siccome è per la fede che si impetra lo Spirito Santo, ad opera del quale la carità si effonde nel cuore del giusto, ( Rm 5,5 ) nessuno mai potrà gloriarsi delle opere buone compiute antecedentemente alla grazia della fede.

Per questa ragione l'Apostolo confuta quei tali che si vantavano dell'osservanza della legge, e mostra come le opere del Vecchio Testamento, che erano solo figura dei misteri avvenire, dopo la venuta del Signore non sono più necessarie - lo ha già dimostrato prima - a chi è libero ed erede.

Quanto poi alle opere che concernono i buoni costumi, non possono compiersi dove manca la carità, nella quale la fede si rende operosa. ( Gal 5,6 )

Pertanto delle opere legali alcune, venuta la fede, sono superflue, mentre altre prima che venga la fede sono impossibili.

Sia quindi consentito al giusto di conseguire la vita mediante la fede ( Ab 2,4 ) e, rinvigorito dal lieve giogo di Cristo, ( Mt 11,30 ) butti pur via il giogo gravoso della schiavitù.

Sottoposto al giogo soave della carità, badi solo a non uscire fuori dai confini della giustizia.


5 De libero arbitrio