La Genesi alla lettera

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Libro X

7.12 - Come debba intendersi Sap 8,9-10

Ma un esame più attento esige il passo del libro della Sapienza che dice: Ho avuto in sorte un'anima buona e, poiché ero più buono, entrai in un corpo senza macchia. ( Sap 8,19-20 )

Esso infatti sembra suffragare l'opinione secondo la quale si crede che le anime non si propagano da un'unica anima bensì che vengano nei corpi dall'alto.

Che cosa significa tuttavia la frase: Ha avuto in sorte un'anima buona?

Si potrebbe immaginare che nella "sorgente" delle anime, se pur ve n'è una, alcune siano buone ed altre no e che vengano fuori in base ad una specie di sorteggio che deciderebbe quale dev'essere infusa in ciascun individuo umano; oppure che al momento del concepimento o della nascita Dio ne faccia alcune buone e altre non buone e in modo che di esse ciascuno abbia quella che gli sarà assegnata dalla sorte.

Sarebbe strano che il testo citato potesse essere un argomento probante almeno per coloro i quali credono che le anime create in un altro luogo vengono inviate da Dio ad una ad una in ciascun corpo umano e non piuttosto per coloro i quali affermano che le anime vengono inviate nei corpi secondo i meriti delle opere compiute prima d'essere unite al corpo.

In base a qual criterio infatti si può pensare che le anime, alcune buone e altre no, vengono nei corpi se non a seconda delle loro azioni?

Poiché ciò non è conforme alla natura in cui le anime vengono create da Colui che crea buone tutte le nature.

Ma lontano da noi il pensiero di contraddire l'Apostolo il quale afferma che, non essendo ancora nati, [ i due gemelli di Rebecca ] non avevano fatto nulla né di bene né di male e perciò conclude che la Scrittura, non a causa delle opere, ma per grazia di Colui che chiama, dice: Il maggiore servirà il minore, ( Rm 9,10 ) quando parla dei gemelli ch'erano ancora nel grembo di Rebecca.

Lasciamo dunque da parte, per un po', il testo qui considerato del libro della Sapienza poiché non dobbiamo trascurare, giusta od errata che sia, l'opinione di coloro i quali credono ch'esso riguardi specialmente ed esclusivamente l'anima del Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo.

Se necessario, esamineremo in seguito quale sia il senso di questo testo in modo che, se non potrà applicarsi a Cristo, cercheremo in qual senso dobbiamo intenderlo per non andare contro la dottrina dell'Apostolo, immaginando che le anime abbiano dei meriti derivanti dalle loro azioni prima di cominciare a vivere nei loro corpi.

8.13 - Che vuol dire Sal 104,29-30

Vediamo ora in qual senso il Salmista dice: Tu toglierai il loro spirito e verranno a mancare e torneranno nella loro polvere.

Tu manderai il tuo spirito e saranno creati e rinnoverai la faccia della terra. ( Sal 104,29-30 )

Questo testo sembra suffragare l'opinione di coloro i quali pensano che le anime sono create per propagazione dei genitori, come lo sono i corpi, quando lo s'intende nel senso seguente: il Salmista dice: "il loro spirito" poiché gli uomini l'hanno ricevuto da altri uomini; ma una volta morti, non potrà esser loro reso da altri uomini affinché tornino in vita, poiché non può essere trasmesso di nuovo dai genitori come quando nacquero, ma lo renderà loro Dio che risuscita i morti. ( 2 Mac 7,23 )

Ecco perché il Salmista chiama il medesimo spirito: "il loro spirito" quando muoiono ma [ lo chiama ]: "lo spirito di Dio" quando risorgono.

Coloro invece i quali affermano che le anime derivano non dai genitori ma da Dio che le infonde [ nei corpi ], possono intendere questo testo come favorevole alla loro opinione: nel senso cioè che il Salmista dice: "il loro spirito" quando muoiono, poiché era in essi ed esce da essi; lo chiama invece: "spirito di Dio" quando risorgono, poiché è infuso e rifatto da Dio.

Di conseguenza neppure questo testo si oppone ad alcuna delle due opinioni.

8.14 - Interpretazione allegorica di Sal 104,29-30

Per conto mio, al contrario, io penso che questo testo lo s'intende in senso più appropriato se riferito ala grazia di Dio in forza della quale veniamo rinnovati interiormente.

In realtà a tutti i superbi che vivono conforme all'uomo terrestre e ai presuntuosi della loro vanità viene tolto in un certo senso il loro spirito proprio quando si spogliano dell'uomo vecchio e si fanno piccoli dopo aver scacciato la superbia, mentre con umile confessione dicono al Signore: Ricordati che noi siamo polvere, ( Sal 103,14 ) coloro ai quali era stato detto: Perché mai insuperbisce chi è terra e cenere? ( Sir 10,9 )

Contemplando infatti con l'occhio della fede la giustizia di Dio in modo da non desiderare di stabilirne una propria, ( Rm 10,3 ) disprezzano se stessi, come dice Giobbe, ( Gb 30,19 ) si disfanno [ nell'umiltà ] e si reputano terra e cenere; ecco che cosa vuol dire: Torneranno in polvere. ( Sal 103,14 )

Ma, una volta che hanno ricevuto lo Spirito di Dio, essi dicono: Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me. ( Gal 2,20 )

In questo modo viene rinnovata la faccia della terra mediante la grazia della Nuova Alleanza con la moltitudine dei santi.

9.15 - Si discute il passo di Qo 12,7

Anche il testo dell'Ecclesiastico che dice: E la polvere torni alla terra, com'era prima, e lo spirito torni a Dio che lo ha dato, ( Qo 12,7 ) non suffraga più l'una che l'altra delle due opinioni, ma è compatibile con ciascuna di esse.

I fautori d'una delle due opinioni potrebbero infatti dire che questo testo prova che l'anima è data non dai genitori ma da Dio poiché, tornando alla terra la sua polvere - ossia la carne tratta dalla polvere - lo spirito ritorna a Dio che l'ha dato.

I fautori dell'altra opinione però potrebbero replicare: "È proprio così. Lo spirito infatti torna a Dio che lo diede al primo uomo quando soffiò sul suo volto, ( Gen 2,7 ) una volta che la polvere - ossia il corpo umano - torna alla sua terra da cui fu tratto all'origine". ( Gen 3,19 )

In realtà lo spirito non era destinato a tornare ai genitori anche se può essere stato creato per derivazione dall'unico spirito dato al primo uomo, come ugualmente nemmeno la carne dopo la morte torna ai genitori anche se risulta con certezza che è stata generata da essi.

Allo stesso modo quindi che la carne non torna agli esseri umani, dai quali è derivata, ma alla terra con cui fu formata per il primo uomo, così lo spirito non torna agli esseri umani da cui è stato trasmesso, ma a Dio dal quale è stato dato al corpo del primo uomo.

9.16 Il testo succitato ci dimostra precisamente e in modo assai chiaro che Dio fece dal nulla l'anima da lui data al primo uomo e non la trasse da qualche altra creatura già fatta, come fece il corpo con gli elementi della terra.

Per questo motivo, quando essa torna, non può tornare se non all'Autore che la diede e non alla creatura mediante la quale fu fatta, come il corpo ritorna alla terra.

Non c'è infatti alcuna creatura da cui l'anima è stata fatta, poiché è stata fatta dal nulla e perciò l'anima, che torna, torna al suo Autore che l'ha fatta dal nulla.

Poiché non tutte le anime tornano [ a Dio ] essendovene alcune di cui è detto: Spirito che va e non ritorna. ( Sal 78,39 )

10.17 - Conclusione: il problema sull'origine dell'anima non si risolve facilmente con la Scrittura

È perciò difficile, in verità, raccogliere tutti i testi della sacra Scrittura contenenti questo argomento; e anche se fosse possibile non solo menzionarli ma anche spiegarli a fondo, arriverebbero ad una trattazione assai lunga.

Ciononostante, salvo che si adduca qualche testo tanto sicuro come sono quelli con cui si dimostra che è stato Dio a creare l'anima o che è stato lui a darne una al primo uomo, non so come si possa risolvere la presente questione in base alla testimonianza della sacra Scrittura.

Se infatti la Scrittura dicesse che Dio soffiò in modo simile sul volto della donna da lui formata e che divenne, così, un essere vivente, getterebbe di certo un potente fascio di luce sul nostro problema e ci permetterebbe di credere che l'anima data a ciascun corpo umano già formato non viene per tramite dei genitori.

Dovremmo tuttavia, in questo caso, cercare ancora di sapere che cosa succede esattamente nella generazione dei figli, che per noi è la via ordinaria per cui un essere umano viene da un altro essere umano.

La prima donna però fu creata in modo diverso e si potrebbe quindi sostenere ancora che Dio diede a Eva un'anima non proveniente da quella di Adamo poiché non era nata da lui come nascono i figli.

Se invece la Scrittura ricordasse che al primo figlio, nato da Adamo e da Eva, l'anima non fu trasmessa dai genitori ma data da Dio, allora bisognerebbe intendere la stessa cosa per tutti gli altri uomini, anche se la Scrittura non ne parla espressamente.

11.18 - Si discute Rm 5,12.18-19 rispetto alle due opinioni

Consideriamo quindi ora un altro testo e vediamo se può accordarsi con entrambe le opinioni anche se non conferma né l'una né l'altra.

Ecco che dice la Scrittura: Per causa d'un sol uomo il peccato è entrato nel mondo e attraverso il peccato la morte, e così è passata in tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato in lui, ( Rm 5,12 ) e poco dopo: Come per la colpa di un solo uomo furono condannati tutti gli uomini, così per la giustizia d'un sol Uomo tutti gli uomini sono giunti alla giustificazione della vita.

Come infatti a causa della disubbidienza d'un sol uomo tutti sono diventati peccatori, così anche per l'ubbidienza d'un sol Uomo la maggior parte [ degli uomini ] saranno fatti giusti. ( Rm 5,18-19 )

Coloro che sostengono l'opinione della propagazione delle anime tramite la generazione in base a queste parole dell'Apostolo tentano di provarla a questo modo.

Se il peccato o il peccatore si possono intendere solo in relazione al corpo, dalle citate parole dell'Apostolo siamo costretti a credere che l'anima deriva dai genitori; se invece, pur cedendo alla seduzione della carne, è tuttavia solamente l'anima a peccare, in qual senso devono intendersi le parole: nel quale tutti hanno peccato, se da Adamo non è trasmessa anche l'anima con il corpo?

Oppure in qual modo a causa della disubbidienza di Adamo gli uomini sono stati resi peccatori, se erano in lui solo in quanto al corpo e non anche all'anima?".

11.19 - L'argomento tratto dal battesimo dei bambini

Dobbiamo badare infatti a non cadere nell'errore di far sembrare Dio autore del peccato se infonde l'anima al corpo, per mezzo del quale è inevitabile ch'essa commetta il peccato o che possa esserci un'anima - all'infuori di quella di Cristo - che, per essere liberata dal peccato, non abbia bisogno della grazia di Cristo perché non avrebbe peccato in Adamo se la Scrittura dice che tutti hanno peccato in lui soltanto in rapporto al corpo e non anche all'anima.

Questa tesi è talmente contraria alla fede della Chiesa che i genitori si affrettano a condurre con sé i loro bambini più piccoli e più grandicelli a ricevere la grazia del santo battesimo.

Se in essi viene sciolto il vincolo del peccato che è solo della carne e non anche dell'anima, a buon diritto ci si potrebbe chiedere qual danno potrebbe loro derivare, se alla loro età morissero senza battesimo.

Se infatti con questo sacramento si provvede solo al loro corpo e non anche all'anima, si dovrebbero battezzare anche i morti.

Ma noi vediamo che la Chiesa universale conserva costantemente quest'usanza d'accorrere con i [ bambini ] viventi e di soccorrerli per evitare che, una volta morti, non possa farsi più nulla per la loro salvezza; non vediamo quindi come possa spiegarsi diversamente quest'usanza se non ritenendo che ogni bimbo non è altro che Adamo quanto al corpo e quanto all'anima e perciò gli è necessaria la grazia di Cristo.

A quell'età il bambino non ha fatto da se stesso nulla né di bene né di male e perciò la sua anima è del tutto innocente se non deriva da Adamo per il tramite della generazione.

Per conseguenza sarebbe da ammirare chiunque, avendo quest'opinione riguardo all'anima, riuscisse a dimostrare come mai potrebbe incorrere in una giusta condanna un bambino qualora morisse senza battesimo.

12.20 - Nella carne e nell'anima la causa della concupiscenza

Con tutta verità e veracità [ la Scrittura ] dice: La carne ha desideri contrari a quelli dello spirito e lo spirito ha desideri contrari a quelli della carne . ( Gal 5,17 )

Io tuttavia penso che nessuno, istruito o ignorante, dubiti che la carne può desiderare alcunché senza l'anima.

Per conseguenza la causa della stessa concupiscenza carnale non risiede solo nell'anima, bensì risiede molto meno solo nella carne.

Essa infatti deriva dall'una e dall'altra: dall'anima poiché senza di essa non si percepisce alcun godimento, dalla carne poi per il fatto che senza di essa non si può sentire alcun piacere carnale.

Quando perciò l'Apostolo dice che la carne ha desideri contrari a quelli dello spirito, parla senza dubbio del piacere carnale che lo spirito trae dalla carne e sente con la carne, piacere contrario al godimento che sente soltanto lo spirito. Poiché - se non m'inganno - è il solo spirito a provare il desiderio non misto al piacere carnale né alla brama di cose carnali quando l'anima languisce e brama gli atrî del Signore; ( Sal 84,3 ) lo spirito da solo prova anche il desiderio riguardo al quale gli viene rivolto l'invito: Desideri la sapienza? Osserva i comandamenti e il Signore te la concederà. ( Sir 1,26 )

Lo spirito, infatti, comanda alle membra del corpo di prestargli la loro opera perché si attui il desiderio di cui esso solo è acceso - come quando si prende un libro o quando si scrive, si legge, si discute, si ascolta qualcosa e quando si dà da mangiare a un affamato e si compiono tutte le altre opere buone di umanità e di misericordia - la carne ubbidisce senza eccitare la concupiscenza.

Quando a questi e simili desideri buoni - che sono brame della sola anima - si oppone qualcosa di cui la medesima anima sente piacere conforme alla carne, allora si dice che la carne ha desideri contrari a quelli dello spirito e lo spirito ne ha di contrari a quelli della carne.

12.21 - L'anima concupisce finché il peccato abita nel corpo

A questo proposito l'Apostolo chiama "carne" l'anima che agisce secondo [ i desideri della] carne, come quando dice: La carne concupisce, ( Gal 5,17 ) allo stesso modo che si dice: "L'orecchio ode e l'occhio vede".

Chi non sa, infatti, che è piuttosto l'anima ad udire mediante l'orecchio, e a vedere mediante l'occhio?

Ci esprimiamo allo stesso modo anche quando diciamo: "La tua mano ha soccorso un povero" allorché uno tende la mano e dà qualcosa a un altro per soccorrerlo.

Riguardo allo stesso occhio della fede del quale è proprio il credere a realtà che non si vedono con la carne, la Scrittura dice: Ogni carne vedrà la salvezza di Dio, ( Lc 3,6 ) ma essa dice ciò sicuramente dell'anima, per virtù della quale vive la carne, poiché vedere con spirito di fede mediante la nostra carne il Cristo, cioè la natura di cui s'è rivestito per amor nostro, non appartiene alla concupiscenza ma alla funzione della carne e dovremmo guardarci dal prendere alla lettera la frase: Ogni carne vedrà la salvezza di Dio.

In senso molto più appropriato si dice che la carne ha desideri sensuali dal momento che l'anima non solo dà la vita animale alla carne, ma brama anch'essa qualcosa che ha rapporto con la carne.

Poiché non è in potere della carne il non aver desideri cattivi finché nelle sue membra c'è il peccato, ossia finché in questo corpo votato alla morte sussiste una violenta seduzione della carne proveniente dal castigo del peccato in cui siamo concepiti e a causa del quale tutti sono figli della collera, ( Ef 2,3 ) prima di ricevere la grazia.

Contro il peccato combattono coloro che si trovano sotto il regno della grazia, non perché il peccato non sia più nel loro corpo finché questo è talmente mortale che giustamente è chiamato anche "morto", ma perché non vi eserciti il suo dominio.

Ora, il peccato non esercita il suo dominio quando non si acconsente ai suoi desideri, cioè alle cose che si bramano conformi alla carne ma contrarie allo spirito.

Ecco perché l'Apostolo non dice: "Il peccato non sia più nel vostro corpo mortale" - poiché sapeva che nella nostra natura il piacere del peccato, ch'egli chiama "peccato", essendo la natura viziata a causa della trasgressione originale - ma dice: Il peccato dunque non abbia più potere nel vostro corpo mortale spingendovi a ubbidire ai suoi desideri, e non fate servire le vostre membra quali armi d'iniquità per il peccato. ( Rm 6,12-13 )

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