Il cuore di Gesù al mondo

Introduzione

1. La « sfida » della mistica.

« Queste pagine ci trasmettono la voce virilmente soave di un'anima la quale visse con noi in mezzo alla tormenta travolgente, raccogliendo nel suo spirito tutto il dolore della terra e tutto lo splendore del cielo.

A chi rimaneva nelle file della dolorante carovana, cercando con gli occhi ansiosi, arrossati dal pianto, abbuiati dalla disperazione, quest'anima privilegiata - che conobbe tutte le ansie della sua terra e sperimentò tutte le certezze della sua fede - ha lasciato una eredità spirituale per far penetrare un raggio di sole nel buio della notte.

Questa preziosa eredità è presentata nelle pagine seguenti e dovrei invogliare il lettore a non passarle superficialmente, ma a pensarci su, per trarne profitto: si tratta delle parole di Gesù Cristo e quando il Maestro parla, ognuno che si sente suo discepolo e ogni uomo che di Lui porta in sé riflesso un raggio di luce che lo fa ragionevole, dovrebbe accogliere con venerazione e possedere con zelante fermezza, ciò che Egli ha detto.

Forse, nei grandi secoli di fede, così fu.

Oggi, così non è: il senso critico che avrebbe dovuto portare a una maturità di giudizio, ha finito per intaccare la vita dello spirito nelle sue stesse radici e coloro stessi che sono estranei alla critica del pensiero, non sono sottratti all'influsso di questo male del secolo e senza essere scettici, rimangono diffidenti o almeno perplessi.

Così capitò anche a me quando, ricevuto il grosso plico che conteneva un dattiloscritto di circa centotrenta pagine in gran formato, ci trovai esposto "un messaggio d'amore del Cuore di Gesù al mondo".

La lettera di accompagnamento mi pregava con deferente insistenza di farne una revisione in via privata e vedere "se non vi è nulla contro la fede e la sana teologia: sia dogmatica che ascetica.

Ci siamo, dissi tra me, e hanno trovato il buono, e ancora si domanda "una prefazioncella" e con che ragione: "Siccome, secondo le promesse di Gesù a suor Consolata l'opuscolo dovrà essere molto diffuso, una prefazioncella di V. P. rev.ma … gioverebbe molto allo scopo".

Se non mi venne un accidente, lo si deve certamente all'intercessione di qualche anima incaricata di proteggere dal cielo coloro ai quali si domanda di rivedere i manoscritti o di appioppare un calcio a un ragazzo che non sa uscire di casa.

Peggio ancora, quando si dice a qualcuno: passa in rivista questo ragazzo e con buona grazia presentalo in società.

Ma era il Rev.mo P. Lorenzo Sales missionario della Consolata che picchiava alla mia porta e quanti ricordi si affollavano e urgevano dentro, da quel lontano 1939 quando, insieme col mio confratello e amico P. Giuseppe Girotti, immolato a Dachau il 1° Aprile 1945, si faceva scuola agli studenti di Corso Fertucci.

Poi, gli studi sul pensiero spirituale del Servo di Dio Canonico Giuseppe Allamano, fondatore dell'Istituto.

Infine, tante amicizie vicine e lontane, in questo vecchio mondo europeo e nel nuovo mondo americano.

Come dire di no? E del resto, di che si tratta?

Di una Monaca Cappuccina, e la faccenda mi pareva simpatica.

Chi non ama questi figli di san Francesco così spregiudicati di fronte alle convenienze e alle etichette del mondo civile?

Avevo finito di leggere L'Eminenza grigia di Aldous Huxley e la figura del P. Giuseppe cappuccino - Francesco Le Clerc du Tremblay - confidente e consigliere di Richeliu, mi stava ancora viva davanti, dandomi anche un po' di fastidio, per il tragico equivoco in cui si svolge la sua azione, oscillante tra il profeta e il diplomatico.

La visione di un'anima cappuccina vibrante nel flusso mistico dei santi carismi, mi avrebbe ridato un po' di pace, anche per evadere da ogni equivoco.

Ma, e la trattazione? O che si scherza?

Dal cuore del Cristo, il dolce Maestro, ti viene un messaggio d'amore e tu devi giudicare se non c'è nulla contro la fede e la santa teologia.

Ma, e vi pare poco? Chi potrebbe prendersi tale incarico?

Va bene che ti dicono: guarda!

E una cosa privata, una faccenda confidenziale. D'accordo!

Ma intanto il giudizio l'aspettate e vi assicuro che quando si tratta di certi argomenti, è più facile bere un bicchiere.

Così inizia l'autorevole, quanto simpatica, Prefazione stesa dal teologo domenicano Padre Ceslao Pera ( 1889-1967 ), al libro: Il Cuore di Gesù al mondo.

Applicato generalmente allo studio dei grandi Padri della Chiesa quali Clemente di Alessandria, Basilio il Grande o Gregorio Magno, piuttosto che dedito a letture di « mistica », quest'uomo severo, poco incline al sentimento e dalla battuta secca e sarcastica, si trovò tuttavia in ultimo egli pure, come confesserà, sedotto e avvinto dal Messaggio d'amore trasmesso tramite l'umile Cappuccina di Torino.

In poche parole egli fissa il ricordo di quell'inatteso, e certamente altrettanto non desiderato, impatto con la « mistica » per un compito dal quale avrebbe voluto volentieri esimersi, se a chiederglielo non fosse stata una persona la cui stima ed amicizia lo trattennero al di là di ogni immaturo ed immotivato pregiudizio: il P. Lorenzo Sales.

Nel racconto comunque, il P. Pera non nasconde le perplessità, l'imbarazzo ed i sospetti che nel XX secolo la stessa parola « mistica » suscita.

Riferisce di un'esperienza risalente ormai a cinquant'anni fa, ma della quale si può tuttora affermare l'attualità, nonostante l'insistente moltiplicarsi, nel corso di questi decenni, della « sfida » della stessa.

Non fa specie infatti che, per paradosso, il secolo ateo, il secolo della « critica », della ragione, della scienza e della tecnica, il secolo del trionfo del materialismo totale, il secolo della « morte di Dio » e, inevitabilmente, dell'uomo con lui, sia infine per eccellenza - e ormai così lo si può valutare - il secolo della maggiore « crisi » mistica che la storia conosca fino ad ora.

Ma che cos'è la mistica?

Se ne parla, infatti, in modo proprio e in modo per lo più improprio, tra luoghi comuni, erronei concetti o addirittura tabù.

L'accezione di questa parola, se da un lato attira ed affascina, dall'altro suscita spesso diffidenze e persino spavento.

Nel primo caso, prevale la curiosità per l'inconoscibile, oppure il risveglio dell'innata nostalgia di quell'Assoluto di cui Uuomo porta impresso rabisso del richiamo e del bisogno, per ritrovare ed essere se stesso nella verità.

Nel secondo caso, domina un sottile scetticismo, che talvolta si schernisce con un'esorcizzante ironia o si maschera dietro un pudico timore.

Dinanzi alla ragione dell'uomo, d'altronde, la mistica racchiude in sé l'ambivalenza del tutto e del nulla, del desiderio e della paura insieme.

Tutti ne parlano ed è emblematico, invece, che essa sia primariamente realtà del silenzio ed alla quale il solo silenzio si addice.

Altra, infatti, è la sua eloquenza, incritta nella vita sempre più trascendente ed immanente dell'esistenza del cosmo intero e tessuta negli spiriti puri.

Inoltre, essa appartiene alla più profonda dimensione religiosa dell'uomo e, dunque, all'uomo stesso.

Non c'è anima che non sia mistica e ruomosa che esiste una conoscenza oltre il conoscere, una realtà nascosta oltre quella del sapere ordinario, un campo che esige « una lingua ed un orecchio da iniziati » ( cf Is 50,4 ), che non è lui a darsi, né lo potrebbe.

A differenza dell'opinione comunemente diffusa, l'esperienza mistica più autentica ed elevata, non s'incentra sul sensibile bensì, al contrario, sulla somma purificazione di tutti i sensi dei quali l'uomo è dotato, percezione intellettiva inclusa.

Si potrebbe affermare, quindi, che la mistica sia connessa con la grande umiltà dell'uomo origirale e che nel Dio Crocifisso manifesti la sua suprema Verità.

« L'abisso chiama l'abisso » ( Sal 42,8 ), dice il salmo, e la premessa del Terzo Millennio cristiano, almeno per quanto ci riguarda, pare già posta: o i cristiani del Terzo Millennio saranno dei mistici, o non saranno più, perché dall'abisso dell'animo umano, con vulcanica prorompenza, « qualcosa » d'indefinibile, impercettibile ed ineffabile, troppo a lungo ivi represso nella sua naturale vitalità, esplode.

Là dove non avviene, è il gorgo infernale della vita contro la vita, di cui il XX secolo è pure tristemente e drammaticamente testimone « privilegiato ».

D'altronde, a comprova di tutto, è risaputo: l'ateo si distingue dal credente non per l'atto religioso in quanto tale, ma per il fine dello stesso.

E l'atto religioso è sempre irrazionale, per sua natura: se non fosse assurdo, non sarebbe dato, in quanto non ci sarebbe bisogno di credere.

« Credo perché è assurdo », aveva già asserito Tertulliano.

Dunque, la differenza tra un mistico ed un ateo è che il primo tende ad un essere che crede esista, il secondo ad un essere che crede non esista.

E qui sta l'assurdo: il « dio nulla » rende in ultimo ancor più impossibile l'atto di fede dell'ateo nel tragico « scacco matto » conclusivo di negazione del senso e del significato dell'esistenza dell'uomo.

L'atto mistico è e rimane essenzialmente un atto assoluto: esso è salto dell'uomo nel totalmente Altro, prefigurato o negato che sia, ed è insieme segno di quel Tutto nell'uomo, che ne sia questi sincronizzato o meno sulle onde percettive dell'essere.

Quando nulla si possiede, Dio soltanto È, a condizione della grande umiltà che invera il « nulla di proprio ».

Ecco perché, all'alba di un nuovo Millennio, quando tutte le sicurezze umane sono venute meno nel baratro della tragica incertezza globale, quando tutti i miti sono caduti nella grande disillusione della storia, quest'uomo nudo si sorprende, con stupore « essenzialmente » libero … nelle mani di Dio.

Allora scopre nella « sfida della mistica » l'invito nascosto che come acqua viva mormora dentro di lui: « Vieni al Padre », perché sempre « il cuore immenso e puro della vita veglia nelle tenebre, e parla al sonno dell'uomo ».

2. Attualità di un messaggio.

« Alla seguela di santa Teresina: una grande pace si fece dentro.

La caratteristica giovane borghese che nella "fiamma ardente" di Elia, trova lo slancio dello spirito che evade da ogni grettezza e da ogni compromesso, segnando una vita di "rinascita spirituale" mediante la carità che è il "fuoco" del Cristo e la "fiamma viva" di Giovanni della Croce, mi metteva sulla buona strada.

E pensavo anche a Teresa Neumann, la rurale tedesca che, conquistata dalla Santa di Lisieux, ne ripete in altro modo la vita e il messaggio.

Ora è il turno di suor Consolata: piemontese, doveva essere massiccia come le sue montagne; di Saluzzo, il suo spirito doveva essere come il Monviso che lancia nell'azzurro del cielo la sua vetta luminosa e candida.

E di lì nasce il Po, che feconda tutta la pianura e raccoglie tutte le acque convogliandole al mare, dove tutte diventano mare, quel mare che si stende lontano e va a dire tante cose ad altri mari lontani.

Pazientemente, attentamente, mi misi a leggere il Messaggio d'amore e non so dirti, lettore, se più grande era la gioia o più forte la trepidazione.

Neppure potrei spiegarti l'ebbrezza che penetrava dentro fin nelle più riposte latebre dello spirito, entrando ovunque senza domandare il permesso.

Puoi immaginarti che non ero io a giudicare il Messaggio, ma era il Messaggio che giudicava me.

Come sia uscito da questo giudizio, potrei "cantarlo" se, come Agostino, sapessi fare le mie "confessioni" nel senso preciso di canto eucaristico alla misericordia di Dio, ma questo solo accenno ti può bastare per farti riconoscere la linea di questa spiritualità che parte dall'inno di giubilo del Maestro divino: "Ti benedico, a Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.

Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.

Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.

Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò.

Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.

Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero" ( Mt 11,23-30 ).

Tutto questo Messaggio d'amore è uno sviluppo del motivo fondamentale che risuona nell'inno evangelico, non già a modo di aggiunta, ma per sviluppo inesauribile della sua ricchezza divina.

Perciò il Figlio che vuole svelare il Padre nelle anime umili che per Lui Gli si avvicinano, può agire a modo di Maestro che rivela se stesso, ma continuamente ti accorgi che questa sua rivelazione - soprattutto quando è carismatica, perché destinata al bene della società, che è la Chiesa - non è mai ordinata a portare una nuova dottrina di fede ed è sempre destinata a indirizzare la condotta degli uomini alla Verità salvifica, quale ce la fanno conoscere Gesù Cristo ed i suoi Apostoli nei libri del Nuovo Testamento, intesi e capiti bene secondo la dottrina della Chiesa cattolica, che di questi libri conosce il senso e possiede la vita.

Anche suor Consolata appare così tra coloro che Tommaso d'Aquino dice "prophetiae spiritum habentes, non quidem ad novam doctrinam fidei depromenam, sed ad humanorum actuum directionem".

Queste parole del Santo Dottore permettono di capire tutto il valore di questo Messaggio divino nell'ora presente ».

Il P. Pera fu, dunque, subito impressionato dall'attualità del contenuto di quanto gli era stato proposto di leggere e vagliare.

Lo fu a tal punto che titolo della sua intera Prefazione, riproposta in ogni edizione che il libro avrà fino al 1989, significativamente era: Valore di un messaggio divino nell'ora presente.

E quanto, sulla scia della sua emozione personale, in particolare accenna in questa seconda parte riportata del suo intervento.

In essa, per altro, esordisce come rassicurato dal trovarsi dinanzi, con gli scritti di suor Consolata Betrone, ad uno sviluppo della spiritualità di santa Teresa di Lisieux ( 1873-1897 ), alla quale già aveva fatto eco un'altra grande mistica contemporanea: la tedesca Teresa Neumann ( 1898-1962 ).

E dopo averne valutato la indiscutibile risonanza evangelica, citando il Dottore Angelico, attribuisce infine anche alla mistica di Torino lo « spirito di profezia ».

Che cosa intende con ciò?

Un mistico è sempre inserito nel contesto del proprio tempo storico ed è appunto per esso che viene da Dio suscitato ed « inviato ».

In tal senso, egli è una sorta di « profeta » aperto alle necessità spirituali dell'umanità contemporanea, per la quale comunque offre se stesso con Cristo al Padre.

Nel cuore di un secolo votato al peccato, all'ateismo ed infine all'indifferentismo religioso, il messaggio della vita e della preghiera di suor Consolata spicca subito con evidente attualità di riparazione, quale antidoto ad una cultura di morte spirituale dell'uomo.

La Piccolissima via d'amore data nell'orazione: Gesù, Maria vi amo, salvate anime, non è una giaculatoria, bensì una via interiore atta ad educare e promuovere una maggiore confidenza tra la creatura ed il suo Dio nella conoscenza e fiducia di quel grande attributo divino che è la Misericordia.

Tramite questa « via » semplicissima, l'anima viene come ricongiunta alla comunione vitale con l'Altissimo nell'autentica capacità della propria facoltà contemplativa.

Nel secolo del fare e dell'avere, riproponendo la necessità evangelica « di pregare sempre, senza stancarsi » ( Lc 18,1 ), il messaggio a noi giunto per mezzo della Cappuccina di Torino assume tutta la portata di un vangelo per il nostro tempo: vangelo d'amore, di speranza e di misericordia per gli anni dell'odio, della disperazione e della lontananza da Dio.

All'uomo soffocato dal materialismo, Dio offre il rimedio del respiro spirituale.

Una « Chiara » contemporanea annuncia ancora l'esigenza del primato di Dio nel cuore dell'uomo.

Di più: una donna è autentica educatrice alla pace, avendo saputo innanzi tutto coltivarla in se stessa, perché « la pace interiore viene dal sapersi amati da Dio e dalla volontà di corrispondere al suo amore.

Anche per quanto concerne la Chiesa che si inoltra nel cammino del Terzo Millennio cristiano, l'insegnamento spirituale di questa umile claustrale si propone come forza propulsiva di nuova vitalità.

La chiamata alla santità è la vocazione cristiana universale, ma la situazione attuale della civiltà contemporanea interpella più urgentemente coloro che sono in modo speciale invitati alla sequela di Cristo casto, povero, obbediente e crocifisso, nel Sacerdozio come in ogni altra forma di vita consacrata, perché « il mondo di oggi cerca di svuotare la Croce … e vuole dirci che l'uomo non ha radici nella Croce, non ha neanche la prospettiva e la speranza della Croce », benché si sappia che « se si svuota la Croce di Cristo, l'uomo non ha più radici, non ha più prospettive: è distrutto! » e che questo « è il grido della nuova evangelizzazione »

Suor Consolata ha precorso i tempi facendosi già risposta al grido della nuova evangelizzazione con l'inno della sua vita offerta e consumata per amore a 43 anni.

Quale chicco di grano fecondo caduto in terra ( cf Gv 12,24 ), ella diviene radice della speranza preconizzata perché « solo l'amore può salvare dal fallimento l'umanità e il mondo; quel mondo da cui l'uomo è "assediato" e minacciato in vari modi ».

In questo tracciare la via di ritorno del « figliol prodigo », l'uomo del XX secolo, al Padre ricco di Misericordia, la Betrone non è sola.

L'ampio disegno divino pare avere significativamente intrecciata la sua vicenda umana e mistica con quella di due « lontani » suoi contemporanei: suor Maria Faustina Kowalska ( 1905 - 1938 ) e il monaco Silvano del Monte Athos ( 1866-1938 ).

Investendola « apostola della Sua Misericordia », alla prima il Signore affidò una missione per tutta l'umanità: ricordare la verità di fede sull'amore misericordioso di Dio per ogni uomo, trasmettere nuove forme di culto alla Misericordia divina ed ispirare un movimento di rinnovamento religioso secondo lo spirito evangelico della fiducia in Dio e della sua misericordia verso gli uomini.

L'immagine di Gesù Misericordioso, da diffondere e venerare, doveva recare la scritta: Gesù confido in Te!

Quanto al giorno per la particolare memoria liturgica, il Signore indicò la domenica in Albis.

Basti quindi ricordare la singolare « coincidenza » della professione solenne di suor Consolata Betrone: 8 aprile 1934, domenica in Albis!

Il secondo, monaco ortodosso, ha lasciato scritti che non solo rivelano l'umiltà e la profondità interiore della sua vita religiosa, bensì soprattutto quell'amore misericordioso con cui pregava per ogni creatura.

È stato definito « un santo senza frontiere, un mistico della Chiesa universale ed eterna, un uomo diventato, da peccatore qual era, pura preghiera, audace intercessione per tutti gli uomini e tutte le creature, un monaco testimone dell'assoluto di Dio ».Nelle tenebre della disperazione spirituale, nella consapevolezza del proprio essere peccatore e nella convinzione di venire sprofondato all'inferno, Silvano incontrò la luminosa apparizione del Cristo vivente e da Lui ricevette la parola di consolazione che poi annunciò a tutti gli uomini con la gioia della salvezza ritrovata: « Tieni il tuo spirito agli inferi e non disperare! ».

Da allora effuse in lacrime la propria preghiera e consumò in rigorosa penitenza la propria vita, perché « pregare per gli uomini significa versare il proprio sangue ».

La sua testimonianza ha salvato migliaia di persone dalla disperazione e nei suoi scritti continua a vivere e a diffondersi la speranza della sua lode: « La mia anima conosce la misericordia del Signore per l'uomo peccatore …

Tutti noi, peccatori, saremo salvati e neppure una sola anima andrà perduta se si converte …

Ti prego, Signore misericordioso, fa' che tutti i popoli della terra ti conoscano attraverso il tuo Santo Spirito ».

Di lui è stato detto: « Come Teresa di Lisieux, desidera sentirsi nel fuoco infernale, per cantare all'amore soffrendo al posto dei peccatori e poterli liberare ».

Dunque, Teresa di Lisieux ancora, come già il P. Pera aveva intuito aprendo il plico portatogli dal P. Sales, in un quadro sinottico della mistica della Misericordia iscritta nel secolo XX, emerge con maggior evidenza come denominatore comune di suor Consolata Betrone, di suor Faustina Kowalska e di Silvano dell'Athos, frutto di quella misteriosa fecondità di grazia che solo lo Spirito sa tessere nelle trame nascoste della storia.

Così, da un unaca radice, il Messaggio d'amore di Colui che è Misericordia, attraverso un trittico luminoso di santità, continua ad irradiare la filocalica ed ecumenica speranza antica della Preghiera del Cuore nella nostalgia di Dio del nostro tempo e nella memoria dei secoli futuri.

3. L'« imprimatur» dell'amore.

« Qualcuno, forse, potrebbe rimanere perplesso sulla realtà di questa manifestazione e pensare che suor Consolata, parlando a se stessa, abbia immaginato di parlare con l'Altro e che questi, a sua volta, le rivolgesse la parola.

E viene spontaneamente alla memoria ciò che il nostro arguto Manzoni dice di donna Prassede: "… tutto il suo studio era di secondare i voleri del cielo, ma faceva spesso uno sbaglio grosso, ch'era di prendere per cielo il suo cervello".

È questa una sottilissima forma di superbia che dal trucco letterario va all'illusione mistica, attraverso le più impensate maniere di narcisismo: la lunga contemplazione di sé finisce per suscitare una specie di inebriamento nel quale, come il giovane Narciso annegò nella fonte che ne rispecchiava l'immagine, affoga lo spirito.

Narciso fu cantato dai poeti come il fiore che sboccia dalla morte; lo spirito umano, affogato nell'amore di sé, riprovevole e triste, produce pure i suoi fiori secondo le diverse manifestazioni letterarie, filosofiche e mistiche, ma sono fiori di morte, sbocciati dalla superbia.

Ora suor Consolata è umile: "piccolissima"; e l'umiltà è verità cioè realtà, luminosamente rifulgente nello spirito e armoniosamente incarnata nella vita: per l'umiltà, la sottomissione ontologica a Dio, creatore e datore dell'esistenza, diviene subordinazione psicologica, che fa convergere tutte le facoltà verso Lui con riverenza timorosa, e ambedue stabiliscono nella volontà la dovuta sottomissione a Lui e ai suoi rappresentanti sulla terra.

Con l'umiltà il cuore s'apre alla grazia e quando l'onda salutare irrompe nello spirito è tutta una primavera in fiore che canta la gioia della vita divina.

Perciò, in quel cielo luminoso dal quale è scomparsa ogni nuvola di riprovevole amore di sé, splende il sole dell'eterna verità: Gesù.

E Gesù dice nel Vangelo: "Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama.

Chi mi ama sarà amato dal Padre nitò e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui" ( Gv 14,21 ).

Già l'autore sacro nel libro della Sapienza aveva detto: "… cercate ( il Signore ) con cuore semplice.

Egli infatti si lascia trovare da quanti non lo tentano, si mostra a coloro che non ricusano di credere in lui" ( Sap 1,1-2 ).

"Lui" è Dio, ma Gesù è la Sapienza increata, il Verbo eterno del Padre, che incarnato e fattosi uomo, all'uomo umile che a Lui s'avvicina con fede, vuole svelare i segreti del Padre.

La promessa dì Gesù Cristo: "mi manifesterò a lui" è realtà nella Chiesa cattolica, dove le sue grazie di luce e la sua vita d'amore aprono alle anime nuovi e sconfinati orizzonti divini: Egli si manifesta suscitando l'amore per Lui, e quando l'anima è posseduta da Lui, la realtà della promessa fatta, produce i suoi effetti mirabili, di cui abbiamo le più precise testimonianze nella vita dei Santi.

L'orazione, che secondo san Gregorio Nisseno è conversazione con Dio e contemplazione delle realtà invisibili, non è più un monologo, che interessa più o meno l'orante, ma è un colloquio spirituale, un vero dialogo.

Anzi, san Tommaso d'Aquino nota l'intimo rapporto dei due atti e dice: "la conversazione dell'uomo con Dio avviene mediante la contemplazione"; sulle supreme vette dello spirito baciate dal sole divino si attua, senza pericolo d'illusione, la promessa di Gesù.

Tutto questo può verificarsi normalmente sotto la spinta della linfa vitale divina che tende a produrre il suo effetto proprio nella carità perfetta, con l'esercizio sempre più accentuato dei doni dello Spirito Santo: è la schiera innumerevole delle "Piccolissime"; è la schiera sterminata delle anime cristiane ferventi che, in tutte le condizioni di vita, fedeli al Cristo, portano lo splendore dell'eroismo cristiano, della santità cattolica.

Ma quando la società dei credenti presenta qualche sua propria esigenza spirituale, allora si notano i doni carismatici delle grazie gratis datae che sono elargite ad alcune anime privilegiate, non in ragione della loro santificazione che è propria della grazia abituale, ma in vista delle necessità sociali della Chiesa, in un determinato momento storico.

La contemplazione non è più il raggio di luce che fa sentire ciò che è necessario per l'eterna salute personale, ma è la illuminazione che permette di vedere e dire ciò che è necessario per la salute delle anime: è un dono carismatico che eleva certe anime alla partecipazione dello "spirito di profezia".

Il profeta è portavoce di Dio, un altoparlante nella via dove passa affaticata e oppressa la carovana umana in viaggio verso la morte: il lieto Messaggio d'amore annunzia la vita che non tramonta, da parte di Dio che, buono per essenza, è pieno d'amore per gli uomini.

Già san Paolo lo aveva gridato al decadente mondo pagano: "Anche noi un tempo eravamo insensati, disobbedienti, traviati, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri vivendo nella malvagità e nell'invidia, degni di odio e odiandoci a vicenda.

Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna"» ( Tt 3,3-7 ).

P. Pera, in questa terza parte della sua Prefazione, affronta il delicato argomento della credibilità del soggetto mistico sul quale deve pronunciarsi.

Scrittura alla mano, secondo i criteri classici applicati in materia, egli non esita quindi ad assolvere suor Consolata da ogni sospetto, luogo comune, oppure obiezione del caso, in nome della più provata e indiscutibile delle virtù convalidanti la verità: l'umiltà. E per quanto concerne il contenuto del Messaggio, globalmente considerato, l'« imprimatur » ne è costituito dal primato e dalla profezia di carità che esso racchiude e dischiude al tempo stesso come scrigno prezioso.

Infatti, suor Consolata Betrone fu una mistica favorita di locuzioni e visioni, delle quali ella puntualmente riferì nel suo diario e in relazioni mensili al suo Direttore Spirituale, il P. Lorenzo Sales, dapprima scettico e diffidente, poi a sua volta ottimo divulgatore dell'Opera del Signore, come il presente libro ben dimostra.

D'altronde, « umile e grande, attiva e contemplativa, serena e tormentata, sofferente e piena di gioia, Consolata condusse una vita lineare, conciliando in sé ogni cosa disparata e unificando tutto nell'ardente amore di Dio.

A lungo ed intensamente tentata lei stessa, ebbe delicata comprensione per i peccatori, specialmente per le anime consacrate che avevano prevaricato, e per la loro conversione offriva a Dio ogni sua pena e dolore e finì per offrire la vita stessa »: sono parametri perfettamente in linea con il vaglio già operato dal P. Pera quelli qui delineati a distanza di decenni nella relazione che ne introduce la causa di beatificazione, e che ne confermano l'affidabilità della sua testimonianza.

Inoltre, vi si rileva una spiritualità di riparazione perfettamente in sintonia con quel desiderio di penitenza che animò gli inizi della vocazione della Betrone, con quell'« amore forte come la morte » che rese la sua passione per Dio « tenace come gli inferi » ( Ct 8,6 ) e che le merita a pieno titolo, secondo l'accezione più propria del termine, l'attributo di « serafica », in quanto veramente ella fu « una fiamma del Signore» ( Ct 8,6 ).

Suor Consolata ricevette, dunque, doni di particolare familiarità con Dio: per circa sei anni ( 1929-1935 ) ebbe locuzioni interiori, finché dal Natale 1935, quando iniziò un certo silenzio divino, godette di tanto in tanto solo di suggerimenti spirituali, immagini o esperienze dell'anima in rapporto a Cristo, al Padre e alla Vergine Maria.

La sua prudenza però, dettata da innata e profonda umiltà, non la indusse mai a fidarsi di queste percezioni, che sempre sottopose al Padre Spirituale, al suo discernimento e alla sua discrezionalità sotto vincolo di obbedienza.

Ancor meno si può affermare che questi favori celesti abbiano suscitato in suor Consolata stati di esaltazione.

Al contrario, le creavano condizioni di maggiore necessità del Padre Spirituale ed accresciuta generosità nell'offrirsi a Dio in totale annientamento di sé.

Le sue stesse parole l'attestano e aiutano direttamente a comprendere la veridicità della sua buona fede.

Scrive al P. Sales il 24 settembre 1935: « Le faccio riavere il quaderno.

Abbia la bontà di verificare gli ultimi giorni.

È proprio Gesù che chiede?

Vede, Padre, sento in me, direi Gesù che agisce continuamente, che mi, fa fare ciò che Lui vuole … e la pace la sento solo seguendolo in tutto docilmente.

Ora, è proprio Gesù?

Posso continuare ad andare avanti e lasciarlo fare e io fare ciò che Lui vuole così, semplicemente così?

Vede, mi sembra di averglielo detto che non leggo libri …

Mi sembra che la mia volontà non la faccio mai ».

Premessa la prudenza, spiccano pure la garanzia di un intelletto non condizionato da altra lettura che la Sacra Scrittura e il desiderio palese di agire soltanto secondo verità.

Quindi, la vita mistica di suor Consolata si incentrerà tutta nella fedeltà a non perdere un atto d'amore e nella sottomissione totale alla volontà di Dio espressa o confermata attraverso il Padre Spirituale, con sorprendente rigorosità, come manifesta in una lettera del 5 dicembre 1935: « Le prometto una volta per sempre, di obbedire sempre e a tutto.

Voglio gareggiare con Gesù nell'obbedienza … e quindi mi basterà sempre ogni suo minimo cenno per fare o lasciare qualunque cosa!

Vede, io sento l'estrema mia debolezza, ho paura anche di ciò che sento in me, e quindi non sa il riposo che trovo nell'obbedire, il bisogno che ho di obbedire, la cieca fiducia che ho nell'obbedire.

Vede, scrivo tutto ciò che Gesù mi dice, sì, ma la fiducia dell'anima riposa solo quando Lei approva, o nella Sua parola, o nei Suoi scritti ».

Va detto che né bisogno di consolazione spirituale, né compensazione psico-affettiva, né ricerca di guida umana indussero la Cappuccina di Torino alla scelta di un Direttore Spirituale e, questi, nella persona poi del cugino P. Sales.

Ammette una indicazione ricevuta dall'« Alto », ma il motivo fondamentale che infine adduce è: « il bisogno di una mano ferma » ( 20 giugno 1934 ), perché per il resto, alla sua anima, come ella stessa dice: « Gesù solo basta, Egli è tutto per me » ( 15 febbraio 1935 ).

La dimensione mistica di suor Consolata si caratterizzò, quindi, in prove spirituali e nella sofferenza anelata, vissuta e persino abbracciata eroicamente con gioia per amore, cosa possibile unicamente con l'aiuto di Dio.

Ed è qui che la sua esperienza mistica ha come un'impennata nell'accentuarsi massimo della notte oscura e dell'olocausto per amore, in quanto l'intensificarsi del cammino d'amore comporta anche l'intensificarsi del dolore.

Con estrema lucidità, dell'una, sfociata nel farle sperimentare la ribellione propria dell'inferno, dirà il 6 aprile 1943, scrivendo al Padre Spirituale: « Questa sofferenza, che prende tutto il mio essere, che lo farebbe gridare per il dolore e trovare forse un po' di sollievo in uno scoppio di pianto, non riesco a descriverla.

E questa rivolta verso Dio che mi fa soffrire … e nella preghiera non posso trovare conforto, perché tutto ora mi sembra d'illusione, derisione, insulto ».

Dell'altra, che la condurrà alla vetta desiderata del martirio d'amore con Cristo, nell'ultima lettera dal Sanatorio il 4 marzo 1946, consumata dal male e a pochi mesi dalla fine della sua esistenza terrena, lascierà testimoniato al P. Sales: « L'atto d'amore va, mi sembra, bene.

Cerco, con le mie povere forze, di non perderne uno.

Al resto pensa il Signore.

Il mio compito è solo d'amare, raggiungendo questa vetta.

La febbre è sempre dai 39,4-40 ».

4. La « via » della confidenza.

« Questo il messaggio gioioso d'amore nella primavera divina della vita cristiana e avrebbe dovuto sempre risuonare nel cuore per suscitarvi sempre nuove armonie di pensiero e d'azione: "Dio ama gli uomini".

La storia però ci fa conoscere i fatti che determinarono un abbuiamento degli spiriti; molti sono i nomi di questi fatti, ma sono sempre gli stessi: l'errore e il vizio.

Si è ripetuto nella storia europea, quello che san Paolo deplorava nel mondo antico: "… pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa" ( Rm 1,21 ).

E quando è buio nel cuore, la vita nella quale più non filtra la luce dall'alto, si volge nel basso e trionfano gli istinti dell'animale non più ragionevole: "estranei ai patti della promessa", gli uomini sono "senza speranza e senza Dio in questo mondo" ( Rm 2,12 ).

Il valore di questo Messaggio d'amore trasmesso al mondo da suor Consolata ha una sua propria attualità, proprio per questo senso di speranza che lo rende così confortevole: balsamo salutare sulle ferite dei cuori doloranti che, spezzati dal dolore, si dibattono nelle convulsioni della disperazione.

Mi pare che, sotto questo aspetto, tale Messaggio abbia un valore universale: sembra indirizzarsi ad anime elette e privilegiate; in realtà, la dottrina che esso racchiude si rivolge a tutti perché, toccando le sorgenti stesse della vita cristiana nelle sue virtù di fede, speranza, amore, indica la via più sicura ed efficace dell'umana restaurazione.

Sotto un altro aspetto, questo Messaggio d'amore, richiamando le anime cristiane alla linea classica della perfezione nel suo normale sviluppo, è come un evasione da tutto ciò che inselvatichisce o ingrossa lo spirito senza nulla abbandonare di ciò che realmente ed efficacemente lo perfeziona.

L'esposizione organicamente armoniosa dà al Messaggio una soave chiarezza e un'affascinante attrattiva, che ne rende la lettura edificante, cioè costruttiva.

La sintesi spirituale di suor Consolata è viva ed operosa.

Certo, noi non possiamo prevenire il giudizio della Chiesa e, per questo, ci rimettiamo a lei per la valutazione definitiva tanto del Messaggio, quanto di quel che umilmente ne diciamo e modestamente proponiamo.

E in questo senso, non andiamo oltre nel giudicare del suo valore.

Per quanto ci risulta dagli studi fatti, dalle esperienze delle anime e da ciò che personalmente ci è stato dato di sperimentare, la dottrina di vita, dalla quale sboccia questo Messaggio, rimane l'inesauribile sorgente della vera perfezione e la causa inesauribilmente feconda della nostra restaurazione.

E del Messaggio di suor Consolata si può ripetere quello che la liturgia medievale, ispirandosi alla visione di Ezechiele ( cf Ez 42,1-2 ), canta del messaggio di san Domenico: "Questa è quella piccola sorgente che cresce in grandissimo fiume e fecondatore mirabile al mondo elargisce bevanda eccellente".

Al cuore dell'uomo assetato di felicità, Gesù Cristo rivolge ancora le parole vibranti d'amore del suo invito: "Chi ha sete venga a me e beva.

Chi crede in me, come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno" ( Gv 7,37-38 ).

Questa lezione antichissima delle parole divine conforta i martiri della Chiesa primitiva e rimane anche per noi efficace invito ad avvicinare il nostro cuore al Cuore di Lui, perché ne beva ramore vivificante ».

La Prefazione del Padre Ceslao Pera termina qui, con queste luminose parole di speranza, lanciate in una nuova primavera di vita cristiana che timidamente dà segnali di ripresa e sboccia con sorpresa e meraviglia al sole della « buona novella »: « Dio ama gli uomini ».

L'attualità dell'intero Messaggio dato al mondo per mezzo di suor Consolata sta in sintesi tutto in questa sola risposta alla sete dell'uomo: sete di spirito e di vita, sete di verità e di eternità, sete di serenità e di felicità.

In ultimo, sete di Dio.

C'è una via indicata per giungere a bere l'infinito divino della vita che regge l'esistenza, per dissetarsi in Colui che è Amore e che di Sé dice: « Io sono la via, la verita e la vita » ( Gv 14,6 ).

Questa via indicata ed eroicamente vissuta da suor Consolata è la confidenza, che altro non è se non l'essenza della professione di fede nella mente, nel cuore, nelle azioni ed in ogni facoltà creaturale.

Essa si ricapitola in un'unica espressione: credo, equivalente a: « Ti amo, Signore, mia forza … mia potente salvezza » ( Sal 18,2-3 ).

Sarà, infatti, quest'atto di assoluta fede che sulla vetta del dolore donerà alla Cappuccina di Torino la preghiera distillata nell'amore, la contemplazione pura, la perfezione dell'abbandono.

Vita teologale, dimensione ecclesiale aperta ad abbracciare tutte le anime ed offerta di sé incondizionata e rinnovata sono « raccontate » in una sola frase della Betrone rivolta al Signore e confidata al Padre Spirituale nella lettera del 31 gennaio 1945: « Ti ho creduto, Ti credo e voglio crederTi sino alla fine ».

Che cosa significhi in concreto questo atto di fiducia in Dio nella perfetta carità spirituale, suor Consolata lo spiega in uno scritto del 4 agosto 1945, dove afferma: « Fino a quel momento avevo fatto … l'abbandono per tutto ciò che era materiale, ora compresi che dovevo farne l'appoggio per tutto ciò che si riferiva all'anima … compresi allora la perfezione dell'abbandono »

È l'apice della sua vocazione, la pienezza della sua realizzazione nel Cuore di Colui che tre secoli prima già aveva rivelato a santa Margherita Maria Alacoque ( 1647-1690 ): « il mio divin Cuore è così appassionato d'amore per gli uomini … che non può più contenere in se stesso le fiamme dell'ardente carità.

Si manifesterà così agli uomini per arricchirli dei suoi preziosi tesori che io ti faccio vedere, e che contengono le grazie santificanti e salutari necessarie per sottrarli all'abisso di perdizione …

( E scoprendomi il suo divin Cuore ): Ecco il Cuore che ha tanto amato gli uomini, che non ha risparmiato nulla fino a esaurirsi e a consumarsi, per testimoniare loro il suo amore; e per riconoscenza ricevo dalla maggior parte ingratitudine a causa delle irriverenze e dei sacrilegi e a causa della freddezza e del disprezzo che hanno per me in questo sacramento di amore »

Ed è dunque svelato pure l'altro mistero della medesima verità: « Dio ha sete della nostra sete »

Santa Teresa del Bambin Gesù rispose all'appello divino quando ebbe l'illuminazione di grazia sulla sua missione, che ella espresse nelle famose parole: « Nel cuore della Chiesa, mia Madre, sarò l'Amore! …

Così sarò tutto .. Così il mio sogno sarà realizzato », sogno di amare Dio intensissimamente e sogno di portargli tutte le anime.

A lei farà eco suor Consolata quando finalmente le apparirà chiara la sua propria missione, come fissa nella lettera indirizzata al P. Sales il 1° venerdì dell'agosto 1943: « La sera del 29 ( luglio ) durante la Via Crucis compresi questo: In grembo alla Santa Madre Chiesa devo essere la confidenza.

Ma in che cosa potevo ora dimostrare questa confidenza?

Ricordando le vette bramate e constatando che in fatto di virtù sono sempre a zero, feci il proposito da quell'istante di porre a base delle vette questa confidenza e contando unicamente sull'Onnipotenza divina, di credere, credere fermamente che raggiungerò ciò che bramo: amerò cioè Gesù e la Madonna come nessuno li ha amati o amerà mai e salverò anime come nessuno ne ha salvate o salverà mai.

Da quell'istante non volli più ammettere dubbio in proposito, ma solo credere, fermamente credere di raggiungere tutto con la confidenza che poggia sul mio miserabile nulla e sull'Onnipotenza divina ».

Nel misterioso legame da Dio stabilito tra i doni e i carismi che nel suo imperscrutabile disegno ha elargito ad anime elette per condurre avanti la Storia della Salvezza nel tempo della Chiesa, è innegabile che tra la Carmelitana di Lisieux e la Cappuccina di Torino ne abbia posto uno imprescindibile, vitale e continuativo per il suo progetto.

Infatti, la chiamata della Betrone prende avvio dalla lettura di Storia di un'anima, poi si sviluppa imprevedibilmente sul cardine dell'impetrare salvezza e misericordia per l'universalità delle anime, portando a maturazione il seme del carisma apostolico e dell'intuizione che fece della misericordia divina il Magnificat di santa Teresina, ed infine anche sul piano personale offre spontaneo il medesimo frutto nella percezione della propria missione ecclesiale per ogni tempo.

L'una, nel cuore della Chiesa, si definisce l'amore; l'altra, nel grembo, ne aspira ad essere la confidenza.

Il cuore e il grembo sono della stessa Madre, la Chiesa, e richiamano i sentimenti e la vita, la fedeltà e la fecondità, la verginità della sposa e la verginità della madre.

L'integrazione è perfetta.

Allo stesso modo si collocano in logica successione di crescita l'amore e la confidenza, perché proprio quest'ultima è la perfezione e la verità piena del primo, e non senza perdere di vista la dichiarazione d'amore dello Sposo divino manifestata a santa Margherita Maria Alacoque come una dichiarazione d'amore alla Chiesa-umanità.

Un'altra connessione va allora obbligatoriamente ricordata, quella del fine fecondo di tale amore nella confidenza: la Misericordia divina elargita universalmente a chiunque l'invochi.

Il principio teologico è incluso esso pure nell'intuizione spirituale che ha meritato a santa Teresina il titolo di Dottore della Chiesa, perché « la giustizia divina che punisce il peccato esiste realmente.

Il magistero lo insegna esplicitamente.

E di fronte a questa giustizia bisogna tremare come ha veramente trepidato santa Teresa di Gesù Bambino.

Ma essa ha capito il cuore di Dio; perciò il suo timore non le impedisce di lanciarsi a vele spiegate sulle onde della confidenza e della misericordia …

In una lettera indirizzata il 17 settembre 1896 a suor Maria del Sacro Cuore, dopo aver affermato che solo la fiducia porta all'amore, mentre il timore conduce alla giustizia, santa Teresa sente il bisogno di aggiungere in nota che intende qui parlare della "giustizia severa quale si rappresenta ai peccatori'' e non della ''giustizia che Gesù avrà per coloro che l'amano", … giustizia rivestita di amore.

L'originalità di santa Teresa sta proprio nell'aver percepito quanto la giustizia divina per i peccatori pentiti sia pura misericordia » e « unisce perfettamente le esigenze della giustizia con la misericordia ».

Infatti, « Dio perdona tutto e dona tutto, senza chiedere nulla in cambio eccetto la povertà di spirito », per cui « amiamo la nostra piccolezza, desideriamo di non sentire nulla.

E la fiducia, e nient'altro che la fiducia che deve condurci all'Amore », perché Gesù « vuole darci gratuitamente il suo Cielo ».

Poco più di trent'anni dopo incontriamo nell'eredità spirituale di questa verità la via della confidenza di suor Consolata Betrone e quella analoga di suor Faustina Kowalska, alla quale il Signore rivela: « Il Mio Cuore è stracolmo di tanta Misericordia per le anime e soprattutto per i poveri peccatori.

Oh! se riuscissero a capire che Io sono per loro il migliore dei Padri …

Non trovo il completo abbandono al Mio amore.

Tante riserve! Tanta diffidenza! Tanta cautela! …

Scrivi questo per le anime afflitte: quando l'anima vede e riconosce la gravità dei suoi peccati, quando si svela ai suoi occhi tutto l'abisso di miseria in cui è precipitata, non si disperi, ma si getti con fiducia nelle braccia della Mia Misericordia, come un bambino fra le braccia della madre teneramente amata ».

L'alfa e l'omega del messaggio, che un unica storia di santità sembra voler trasmettere e rendere vitale per i tempi presenti, si congiungono: il cerchio si chiude nell'anelito universale e nelle profondità di Colui che « è fuoco divoratore, un Dio geloso » ( Dt 4,24 ).

Al vertice sommo della Fede, della Speranza e della Carità, suor Consolata ha elevato ella pure il proprio Magnificat all'Altissimo che ancora una volta, per sola Misericordia, affidandole il Messaggio d'amore, « ha guardato all'umiltà della sua serva » e « ha spiegato la potenza del suo braccio » ( Lc 1,48.49 ), poiché « il Suo sguardo si volge sull'umile e su chi ha lo spirito contrito, e su chi teme la Sua parola » ( cf Is 66,2 ).

La supplica: Gesù, Maria vi amo, salvate anime diviene pertanto, in grembo alla Chiesa, per la confidenza della piccolissima anima della Cappuccina di Torino, « calice della salvezza alzato per i molti » ( cf Sal 116,13 ).

5. L'« umile fatica » del Padre Lorenzo Sales

« Favorita da Dio di grandi doni, suor Consolata passò tuttavia inosservata nella sua piccola Comunità; non solo, ma gli stessi doni divini nulla mai tolsero allo sforzo della creatura protesa verso la vetta della santità.

Ogni passo nella via della perfezione le costò violenza: e ciò sempre, fino all'ultimo della sua vita, in lotta serrata contro i difetti che non le mancarono, come non le mancarono tentazioni, talora violentissime, un po' contro tutte le virtù.

Sua caratteristica fu la generosità, la tenacità, l'ardore di combattente.

Nella dedizione di sé a Dio e al prossimo non conobbe misure o riserve.

Come già santa Teresina, di cui è gloriosa conquista, suor Consolata ricevette da Dio una particolare missione e vocazione.

La sua missione ( per il compimento della quale, dietro richiesta divina, si offrì vittima ) è in favore di quelli e di quelle che ella amava chiamare i suoi Fratelli e le sue Sorelle: le anime sacerdotali e religiose che hanno prevaricato.

La sua vocazione particolare fu quella dell'amore: integrare, a così dire, la dottrina di santa Teresina sulla piccola via d'amore, dandole una forma concreta, pratica, accessibile a tutte le anime che vi si sentono chiamate.

Tale dottrina o via d'amore può racchiudersi nei seguenti tre punti, che formano il substrato degli insegnamenti di Gesù a suor Consolata:

1. Un atto incessante d'amore ( col cuore ).

2. Un "sì" a tutti, col sorriso, vedendo e trattando Gesù in tutti.

3. Un "sì" a tutto ( a tutte le divine richieste ) col ringraziamento.

I quali tre punti troviamo compendiati in quest'altra formula: Non perdere un atto d'amore, un atto di carità, un sacrificio da una Comunione all'altra.

Si tratta, dunque, di un vero programma di vita spirituale, in cui sono campendiati i doveri dell'anima verso Dio, verso il prossimo e verso se stessa.

Osservando tuttavia ( sempre secondo gli insegnamenti divini ) che la fedeltà al "sì" a tutti e al "sì" a tutto viene facilitata dalla fedeltà all'incessante atto d'amore, che costituisce perciò la ragion d'essere della nuova manifestazione misericordiosa del Cuore di Gesù.

In questo opuscolo tratteremo esclusivamente dell'incessante atto d'amore.

Quale la nostra parte in questo lavoro?

Quella di semplice compilatore: coordinare la materia secondo un nesso logico, corrispondente allo scopo prefissoci.

Di nostro vi abbiamo aggiunto pochissimo, il puro necessario per collegare i diversi punti con qualche breve rifiessione o dilucidazione, là dove esse ci parvero necessarie o di utilità al lettore.

Lo stile è quello che è: piano e popolare.

Non sapremmo fare di più e neppure, potendolo, l'avremmo fatto per non intralciare i disegni di Dio nel divulgamento di questa dottrina.

Crediamo anzi che Gesù abbia scelto per tale compito lo strumento meno adatto, onde meglio apparisse che chi ha fatto e fa tutto, è Lui; e perché la dottrina dell'uomo, per lo più astrusa, non avesse a soverchiare la Sua, sempre così semplice e chiara, di cui ogni parola è luce, verità e vita.

L'opuscolo, o meglio la dottrina in esso contenuta, è per tutte le anime?

A parer nostro bisogna distinguere ciò che è la vita d'amore in genere, da ciò che è la pratica della vita d'amore secondo un determinato metodo.

Nel primo caso, queste pagine sono indubbiamente per tutti, essendo per tutti il grande comandamento dell'amore di Dio; le divine lezioni, ivi contenute, altro non sono, in sostanza, che un insistente richiamo all'osservanza di detto comandamento: di cui fa parte non solo l'amore, ma la perfezione dell'amore.

Per quello invece che riguarda la pratica della vita d'amore secondo il metodo insegnato da Gesù a suor Consolata, la cosa cambia.

Qui le divine lezioni ( benché sotto alcuni aspetti utilissime a tutti ) sono evidentemente rivolte a un numero piuttosto ristretto di anime: a quelle cioè - Religiose o no - che, favorite di una particolare vocazione d'amore e quindi dell'attrattiva alla vita d'amore, desiderano viverla in tutta la sua perfezione.

Comunque, una cosa ci pare certa: che nulla vi si contiene che possa in alcun modo interferire nello spirito proprio di ciascuna Congregazione Religiosa, sia essa di vita contemplativa o attiva; al contrario, potra molto giovare a mantenerlo in vigore o a farlo rifiorire, col portare le anime al perfetto esercizio dell'amore verso Dio, della carità vicendevole e della mortificazione cristiana: che sono i tre essenziali requisiti della vita e perfezione religiosa.

Tutto ciò a prescindere dalle promesse divine che incontreremo.

Gesù vuole la rinnovazione spirituale del mondo, ma la vuole attraverso una ripresa più vigorosa di vita soprannaturale nelle anime e, in primo luogo, nelle anime a Lui consacrate.

Sarà il lievito divino, che farà fermentare la massa.

Al Cuore Sacratissimo di Gesù, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, affidiamo l'umile fatica, pregandoLo di volerla benedire, per l'avvento del suo regno d'amore nel mondo ».

E così, infine, scrive il P. Lorenzo Sales, autore « redattore e compilatore » del testo che ripresentiamo al lettore del secolo XXI con i debiti aggiornamenti linguistici e di corredo critico.

« Missionario di fuoco », come lo definì una felice biografia, la sua vita fu destinata a cambiare allorché, dopo aver predicato un corso di Esercizi Spirituali alle Clarisse Cappuccine di Borgo Po di Torino, ne divenne confessore ordinario.

Qui, nel 1934, incontrerà suor Maria Consolata Betrone della quale, dopo alcune reticenze, accetterà di essere Direttore Spirituale.

Non solo, poco alla volta assorbirà e vivrà della sua spiritualità anzi, come disse il P. Vittorio Merlo Pich, « diventerà egli stesso un piccolissimo destinato da Gesù a spiegare al mondo questo messaggio ».

Tutto ciò fa di lui sia un testimone privilegiato della vita e del messaggio di suor Consolata, sia, specialmente, un prezioso ed insostituibile interprete e diffusore dell'Opera del Signore.

Il libro Il Cuore di Gesù al mondo è pronto già nel 1948, appena due anni dopo la morte della Betrone, e consta di 320 pagine intente a presentare significati spirituali e teologici dell'atto di amore contenuto nel Messaggio dato da Gesù, e ampiamente riportatovi, alla Cappuccina di Torino.

In pochi mesi la prima edizione di 5000 copie era esaurita.

Nel 1952 la quinta edizione raggiungeva le 100.000 copie e veniva tradotta pure in francese, spagnolo, olandese, cinese e giapponese.

Fino al 1983 le ristampe continuano con oltre mezzo milione di copie.

L'ultima edizione del 1989 fu a cura del « Gruppo di Preghiera Madre del Divino Amore» di Milano.

Di Padre Sales è stato detto che viveva quello che scriveva, fino ad essere considerato, dopo la morte, un « profeta del perdono del Signore, l'uomo della misericordia, della speranza e dell'amore ».

Grazie a questa che egli definì « umile fatica », continua ad esserlo.

Come suor Consolata, tramite il Messaggio e la sua intercessione dal Cielo, ancora porta anime al Signore, così Padre Lorenzo continua ad essere « un missionario di fuoco » tramite uno scritto che lo vede araldo ardente della misericordia divina nella quale attirare le anime e, dunque, senza dubbio, efficace collaboratore della Nuova Evangelizzazione.

Questa, infatti, il magistero del Pontificato di Giovanni Paolo II ha inteso destare in Cristo Redentore dell'uomo e stimolare nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita, affinché l'uomo contemporaneo riscopra la « Buona Novella » del Padre, ricco di misericordia, nelle cui braccia ritornare.

Scrive il Papa: « Un'esigenza di non minore importanza, in questi tempi critici e non facili, mi spinge a scoprire nello stesso Cristo ancora una volta il volto del Padre che è "misericordioso e Dio di ogni consolazione" ( 2 Cor 1,3 ) », in quanto « l'uomo e la sua vocazione suprema si svelano in Cristo mediante la rivelazione del mistero del Padre e del suo amore.

E per questo che conviene ora volgerci a quel mistero: lo suggeriscono molteplici esperienze della Chiesa e dell'uomo contemporaneo; lo esigono anche le invocazioni di tanti cuori umani, le loro sofferenze e speranze, le loro angosce ed attese …

Oggi desidero dire che l'apertura verso Cristo, che come Redentore del mondo rivela pienamente l'uomo all'uomo stesso, non può compiersi altrimenti che attraverso un sempre più maturo riferimento al Padre e al suo amore ».

Ed è quanto, ancora, vuol dire « il Cuore di Gesù al mondo ».

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