La città di Dio

Indice

Cristo e la Chiesa nei Profeti

27 - Inizio dell'epoca dei profeti

Per precisare il tempo, in cui vissero i Profeti, dobbiamo risalire un po' indietro.

All'inizio del libro del profeta Osea, che è il primo dei dodici minori, è scritto: Parola del Signore che fu rivolta ad Osea al tempo dei re di Giuda Ozia, Ioatan, Acaz ed Ezechia. ( Os 1,1 )

Anche Amos scrive di aver profetato durante il regno di Ozia, aggiunge anche Geroboamo, re d'Israele, che regnò durante quel periodo. ( Am 1,1 )

Anche Isaia,figlio di Amos, cioè del Profeta suddetto o, come generalmente si afferma di un altro che era omonimo ma non profeta, nomina all'inizio del suo libro i quattro re citati da Osea e premette che ha profetato durante il loro regno. ( Is 1,1 )

Anche Michea stabilisce il medesimo periodo di tempo dopo Ozia per la sua profezia.

Difatti cita i tre re che gli succedono, nominati anche da Osea, cioè Ioatan, Acaz ed Ezechia. ( Mi 1,1 )

Sono questi coloro che hanno profetato contemporaneamente, come si rileva dai loro libri.

Ad essi si aggiunge Giona sempre durante il regno di Ozia, inoltre Gioele, quando era già re Ioatan, successore di Ozia.

Però ho potuto precisare l'età in cui vissero questi due Profeti dalla Cronaca, non dai loro libri perché non ne parlano.

Questo periodo va dal re del Lazio Proca o dal predecessore Aventino fino a Romolo, ormai re di Roma, o anche fino all'inizio del regno del suo successore Numa Pompilio, poiché Ezechia, re di Giuda, regnò fino ad allora.49

Perciò queste sorgenti, per così dire, della profezia sgorgarono insieme in quell'arco di tempo in cui venne a mancare il regno assiro e iniziò quello di Roma.

Quindi come nel primo periodo dell'impero di Assiria visse Abramo, al quale furono rivolte le esplicite promesse della benedizione di tutti i popoli nella sua discendenza, così all'inizio della Babilonia d'Occidente, durante il cui impero sarebbe venuto il Cristo, nel quale si adempivano quelle promesse, i discorsi dei Profeti, che non solo parlavano ma anche scrivevano, si dovevano svolgere nell'attestazione di un così grande avvenimento.

Sebbene non mancassero quasi mai Profeti al popolo d'Israele da quando iniziò l'epoca dei re, essi furono tuttavia a suo vantaggio, non di tutti i popoli.

Quando invece si costituiva una scrittura più palesemente profetica, che giovasse a tempo debito ai popoli, era opportuno che iniziasse quando si costituiva la città che doveva esercitare l'impero su tutti i popoli.

28 - Conversione dei popoli in Osea e Amos

Il profeta Osea viene interpretato con tanto maggiore difficoltà in proporzione alla profondità con cui si esprime.

Ma dal suo libro si deve scegliere qualche brano e allegarlo qui secondo la mia promessa.

Dice: Avverrà che nel luogo in cui fu detto loro: Voi non siete mio popolo, saranno chiamati anche essi figli del Dio vivo. ( Os 1,9 )

Anche gli Apostoli interpretarono questa testimonianza profetica in riferimento alla vocazione del popolo dei pagani che prima non appartenevano al popolo di Dio. ( Rm 9,26 )

E poiché anche il popolo dei pagani è spiritualmente tra i figli di Abramo e perciò giustamente è chiamato Israele, perciò continua e dice: Si riuniranno i figli di Giuda e i figli di Israele, stabiliranno per sé un'unica autorità e lasceranno il proprio paese.

Se volessi spiegare questo brano, svanirebbe il sapore dell'eloquio profetico.

Siano ricordate però la pietra angolare e le due pareti, una formata da Giudei, l'altra da pagani.

E si riconosca che si elevano dal piano poggiando e innalzandosi insieme sull'unico loro fondamento, quella nel nome dei figli di Giuda, questa nel nome dei figli d'Israele. ( Ef 2,14-15.20-22 )

Questo Profeta afferma che gli Israeliti secondo la carne, che ora non vogliono credere nel Cristo, poi vi crederanno, cioè i loro discendenti, perché anche essi con la morte raggiungeranno il proprio destino. Dice: Per molto tempo i figli d'Israele saranno senza re, senza capo, senza sacrificio, senza altare, senza sacerdozio, senza rivelazioni.

Ognuno può costatare che oggi i Giudei sono in questa condizione.

Ma ascoltiamo quel che aggiunge: Poi ritorneranno i figli d'Israele e cercheranno il Signore loro Dio e Davide loro re e alla fine dei tempi rimarranno attoniti nel Signore e nella sua bontà. ( Os 3,4-5 )

Questa profezia è molto esplicita se si intende che col nome del re Davide è stato indicato il Cristo perché, come dice l'Apostolo, è venuto al mondo dalla stirpe di Davide secondo la carne. ( Rm 1,3 )

Questo profeta ha preannunciato anche che al terzo giorno sarebbe avvenuta la risurrezione di Cristo come conveniva che con sublime stile profetico fosse preannunziata.

Dice: Dopo due giorni ci ridarà la vita, al terzo risorgeremo. ( Os 6,2 )

In questo senso ci dice l'Apostolo: Se siete risorti con Cristo cercate le cose di lassù. ( Col 3,1 )

Anche Amos parla profeticamente di queste verità dicendo: Preparati, o Israele, a invocare il tuo Dio, io sono colui che fa scoppiare il tuono e crea i venti e annunzia agli uomini il loro Cristo. ( Am 4,12-13 )

In un altro passo: In quel giorno rialzerò la tenda di Davide che è caduta, ricostruirò le mura che sono crollate e riparerò le sue rovine, le ricostruirò come un giorno che non cessi mai, in modo che mi cerchino i superstiti dell'umanità e tutti i popoli, in cui è stato invocato il mio nome su di loro, dice il Signore che fa queste cose. ( Am 9,11-12 )

29.1 - La passione di Cristo in Isaia

Il profeta Isaia non è nell'elenco dei dodici Profeti, detti appunto minori perché i loro scritti sono brevi nel confronto con quelli detti appositamente maggiori perché hanno compilato libri molto estesi.

Fra di essi c'è Isaia che, in considerazione della contemporaneità della profezia, fo seguire ai due sopraindicati.

Isaia dunque inserisce fra i brani in cui condanna la disonestà, esorta alla moralità e predice al popolo peccatore i castighi che seguiranno, parole che preannunziano profeticamente, molto più che negli altri, le vicende del Cristo e della Chiesa, cioè del re e della città da lui fondata, al punto che da alcuni è considerato più un evangelista che un profeta.

Ma per porre un limite alla trattazione allegherò uno dei molti passi.

Parlando a nome di Dio Padre dice: Ecco il mio servo giudicherà rettamente, sarà innalzato e molto onorato.

Come molti si stupiranno di te perché il tuo aspetto dagli uomini sarà spogliato di dignità e la dignità stessa scomparirà, così si meraviglieranno di lui molti popoli e i re si chiuderanno la bocca, perché conosceranno di lui un fatto mai ad essi raccontato e comprenderanno ciò che non avevano udito.

Signore, chi ha creduto al nostro annunzio e a chi è stata manifestata la potenza del Signore?

L'abbiamo annunziato dinanzi a lui; egli è come un bambino, come una radice in una terra arida.

Non ha aspetto né dignità.

L'abbiamo visto e non aveva né aspetto né decoro, ma il suo aspetto è privo di onore e senza apparenza dinanzi a tutti gli uomini.

È un uomo posto nella sofferenza che sa sopportare il dolore perché la sua faccia è stravolta, è senza onore e non è stato considerato affatto.

Egli porta i nostri peccati e soffre per noi e noi abbiamo giudicato che egli era nel dolore, nelle piaghe e nella sofferenza.

Ma egli è stato ferito per le nostre iniquità e schiacciato per i nostri peccati.

È in lui l'avere conoscenza della nostra pace perché siamo stati salvati dalle sue ferite.

Eravamo sperduti come pecore, l'uomo era uscito dalla propria strada e il Signore lo consegnò per i nostri peccati ed egli non aprì la bocca sulle proprie sofferenze.

Fu condotto al macello come una pecora ed egli fu senza voce come un agnello dinanzi a chi lo tosa.

A suo avvilimento fu pronunziata la sentenza di morte.

Chi si ricorderà della sua esistenza? La sua vita sarà eliminata dalla terra.

Fu condotto alla morte dalle iniquità del mio popolo.

Gli darò gli empi per sepolcro e i ricchi per la sua morte.

Poiché non ha commesso malvagità né inganno con la sua bocca, il Signore vuole liberarlo dal dolore.

Se darete la vostra anima in espiazione vedrete una tarda discendenza; e il Signore vuole liberare dal dolore la sua anima, mostrargli la luce, formare la sua intelligenza, giustificare il giusto che si offre per il bene di molti ed egli si addosserà i loro peccati.

Perciò avrà per premio le moltitudini e dividerà il bottino dei forti perché la sua vita fu consegnata alla morte ed è stato annoverato fra gli empi ed egli portò il peccato di molti e fu consegnato per i loro peccati. ( Is 52,13-53,12 )

Queste le parole sul Cristo.

29.2 - La Chiesa in Isaia

Il brano che segue è sulla Chiesa, ascoltiamolo.

Dice: Esulta, o sterile, che non partorisci, prorompi in grida di gioia, tu che non attendi il parto, poiché più numerosi saranno i figli dell'abbandonata che della maritata.

Allarga lo spazio della tua tenda e dei tuoi teli.

Inchioda, non risparmiare, allunga le tue cordicelle e rafforza i tuoi pioli, allarga ancora a destra e a sinistra.

E la tua discendenza erediterà i popoli e abiterai nelle città un tempo abbandonate.

Non temere di esser turbata e non essere in pensiero di essere biasimata perché dimenticherai per sempre il turbamento e non ti ricorderai il disonore della vedovanza, perché il Signore che ti sposerà è il Signore degli eserciti e chi ti redime è il Dio d'Israele che sarà chiamato Dio di tutta la terra. ( Is 54,1-5 )

Così di seguito. Ma bastino queste parole anche se in esse si dovrebbero sviluppare alcuni pensieri, ma penso che siano sufficienti perché sono così chiari che anche gli avversari sono costretti, pur di malavoglia, a capire.

30.1 - Il Messia e Betlem in Michea

Il profeta Michea, proponendo il Cristo nell'allegoria di un alto monte, scrive: Alla fine dei giorni il monte del Signore molto in vista sarà pronto sulla cima dei monti e s'innalzerà sopra i colli.

Affluiranno ad esso le folle, verranno ad esso molti popoli e diranno: Venite, saliamo al monte del Signore e al tempio del Dio di Giacobbe, egli ci indicherà la sua via e noi cammineremo sui suoi sentieri, poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore.

Egli sarà arbitro tra le grandi folle e pronunzierà sentenze fra popoli potenti e lontani. ( Mi 1,1-3 )

Il Profeta preannunziando anche il luogo in cui Cristo è nato dice: E tu Betlem di Efrata, così piccola per essere fra gli innumerevoli paesi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità dai giorni più remoti.

Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà e il resto dei suoi fratelli ritornerà ai figli d'Israele.

E starà là e pascerà il proprio gregge con la potenza del Signore e saranno nell'onore che spetta al Signore loro Dio, poiché egli sarà grande fino agli estremi confini della terra. ( Mi 5,2-4 )

30.2 - Giona: passione e risurrezione

Il profeta Giona ha preannunziato il Cristo non con la parola ma con la sua dolorosa esperienza, più apertamente che se avesse proclamato la sua morte e risurrezione.

Fu appunto ingoiato nel ventre di una bestia e restituito il terzo giorno per simboleggiare il Cristo che al terzo giorno doveva tornare dal regno dei morti. ( Gn 2,1 )

30.3 - La pentecoste in Gioele

Gioele costringe a spiegare con molte parole le vicende che preannunzia in modo che siano chiare quelle che riguardano il Cristo e la Chiesa.

Citiamo comunque un solo evento che anche gli Apostoli hanno indicato quando lo Spirito Santo venne dall'alto sui credenti riuniti, come era stato promesso dal Cristo. ( At 2,17-18 )

Dice: Dopo questo io effonderò il mio Spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni e i vostri giovani avranno visioni ed anche sopra i miei schiavi e le mie schiave effonderò il mio Spirito. ( Gl 2,28-29 )

31.1 - Abdia: la Chiesa nella Giudea

I tre Profeti minori Abdia, Naum, Abacuc non riferiscono il periodo in cui vissero, né si riscontra nella Cronaca di Eusebio e di Girolamo il tempo in cui hanno scritto le proprie profezie.

Abdia da loro è stato collocato assieme a Michea50 ma dal suo libro, nello spazio riservato ai dati cronologici, non appare l'epoca in cui Michea ha profetato.

Ritengo che sia avvenuto per un errore degli amanuensi che trascrivono con negligenza le opere degli altri.

Né ho trovato nominati gli altri due nelle cronologie che ho avuto a disposizione.

Tuttavia poiché sono inseriti nel canone, non è conveniente che da me siano tralasciati.

Abdia, il più succinto di tutti i Profeti per quanto riguarda il suo libro, parla contro l'Idumea, la stirpe di Esaù, il maggiore non riconosciuto dei gemelli d'Isacco e nipote di Abramo.

Se interpretiamo che l'Idumea è stata menzionata in senso figurato per indicare tutti i popoli, come il tutto con una parte, possiamo riferire al Cristo, fra le altre, anche queste parole: Sul monte Sion vi saranno salvezza e santità. ( Abd 17 )

Poco dopo, alla fine della profezia, dice: E saliranno i rigenerati dal monte Sion per difendere il monte di Esaù e sarà il regno del Signore. ( Abd 21 )

È evidente che l'evento si è verificato quando i rigenerati, che hanno creduto nel Cristo e quindi soprattutto gli Apostoli, salirono dal monte Sion, cioè dalla Giudea, per difendere il monte di Esaù.

Lo difesero certamente salvando con la predicazione del Vangelo quelli che credettero, affinché fossero liberi dal potere delle tenebre e trasferiti nel regno di Dio.

Ha espresso il concetto aggiungendo: E il regno sarà del Signore.

Difatti il monte Sion simboleggia la Giudea, perché in essa, secondo la predizione, si sarebbero realizzate la salvezza e la santità, cioè Cristo Gesù.

Il monte di Esaù invece è l'Idumea, con la quale è stata simboleggiata la Chiesa dei pagani che i rigenerati, come ho spiegato, hanno difeso dal monte Sion, perché fosse il regno del Signore.

L'evento era difficile a intendersi prima che si avverasse, ma una volta avverato ogni credente lo ravvisa.

31.2 - Naum: contro l'idolatria

Il profeta Naum, o meglio Dio in lui, dice: Farò sparire le statue scolpite e quelle fuse: opererò il tuo seppellimento; perché ecco sui monti i passi veloci d'un messaggero che annuncia la pace.

Celebra le tue feste, o Giuda, sciogli i tuoi voti: perché non avverrà più che passino in disuso.

[ Il male ] è terminato, è stato distrutto e travolto.

È asceso chi ti soffia in viso liberandoti dalla sofferenza. ( Na 1,14-15 )

Chi ha letto il Vangelo richiami alla mente chi è stato che è salito dal regno dei morti e ha soffiato sul viso di Giuda, cioè dei discepoli giudei, lo Spirito Santo.

Appartengono alla Nuova Alleanza coloro i cui giorni festivi sono rinnovati nello spirito sicché non possono passare in disuso.

Con il Vangelo poi vediamo bandite le statue scolpite e fuse, cioè gli idoli dei falsi dèi, e consegnate all'oblio come a un seppellimento e notiamo che anche in questo la profezia ha avuto compimento.

31.3 - Abacuc: l'attesa del Cristo.

Si capisce bene che Abacuc non di alcun altro ma del Cristo, che doveva venire, dice: Il Signore mi rispose e mi disse: Scrivi chiaramente la visione su una tavoletta di bosso affinché chi legge la segua speditamente perché v'è ancora una visione con un termine, sarà palese alla scadenza e non invano; se indugerà, attendila perché si avvererà e non tarderà. ( Ab 2,2-3 )

32 - Parafrasi del cantico messianico di Abacuc

Nella sua orazione con cantico si rivolge certamente al Cristo Signore quando dice: Signore, ho udito il tuo annunzio e ho avuto timore, Signore, ho esaminato le tue opere e ho provato spavento.

È questo certamente l'ineffabile stupore per la previsione della nuova e inaspettata salvezza degli uomini.

La frase: Sarai conosciuto in mezzo a due animali, può significare o fra le due alleanze, o fra i due ladroni, o fra Mosè ed Elia mentre discorrevano con lui sul monte Tabor.

Il passo: Mentre si avvicinano gli anni, sarai conosciuto, quando giungerà il tempo, ti mostrerai non ha bisogno di spiegazione.

L'altro passo: Mentre è turbata l'anima mia, nell'ira ti ricorderai di avere clemenza ( Ab 3,2 ) significa che egli ha parlato a nome dei Giudei, che erano della sua razza e mentre essi, sconvolti da una grande ira, crocifiggevano il Cristo, egli memore della clemenza invocava: Padre, perdona loro perché non sanno quel che fanno. ( Lc 23,34 )

Dio verrà da Teman e il Santo da un monte ombroso e boschivo.

Alcuni hanno interpretato l'inciso: Verrà da Teman nel senso del vento australe o del libeccio, da cui è indicato il Mezzogiorno, cioè il calore della carità e lo splendore della verità.

Preferirei ravvisare nel monte ombroso e boschivo, sebbene si possa interpretare in vari sensi, l'altezza delle divine Scritture con cui è stato preannunziato profeticamente il Cristo.

In esse vi sono molte idee fitte di ombre e di piante che esercitano la mente di chi fa indagini.

E da esse viene il Cristo quando ve lo trova chi le comprende.

La sua maestà ricopre i cieli e della sua lode è piena la terra. ( Ab 3,3 )

Ha il medesimo significato che ha il versetto del Salmo: Innalzati sopra i cieli, o Dio, e su tutta la terra con la tua gloria. ( Sal 57,6 )

Il suo splendore è come la luce significa che con la sua fama illuminerà i credenti.

L'inciso: Vi sono bagliori nelle sue mani significa il trofeo della croce.

E pose la carità base stabile del suo potere non ha bisogno di spiegazioni.

La parola procederà davanti a lui e uscirà nel campo dopo di lui significa che fu preannunziato prima della sua venuta, e fu annunziato dopo la sua dipartita dal mondo.

Si fermò e la terra fu mossa significa che egli si fermò per soccorrere e la terra si mosse a credere.

Guardò e i popoli si strussero nel dolore, cioè ebbe pietà ed indusse i popoli al pentimento.

I monti furono atterrati con la violenza, cioè, la superbia degli esaltati fu atterrata dai miracoli che hanno forza di convincere.

Si abbassarono i colli eterni, cioè furono depressi nel tempo per essere esaltati nell'eternità.

Ho visto i suoi proventi eterni in cambio delle fatiche, cioè, non ho visto la fatica della carità, senza la ricompensa dell'eternità.

Si spaventeranno i padiglioni degli Etiopi e quelli del paese di Madian, cioè le nazioni, improvvisamente atterrite all'annunzio delle tue opere mirabili, apparterranno al popolo cristiano anche se non sono sotto la giurisdizione di Roma.

Forse, Signore, sei adirato con i fiumi e contro di essi è la tua collera e contro il mare il tuo sdegno? ( Ab 3,4-8 )

Questo passo significa che non è venuto per giudicare il mondo ma affinché il mondo abbia la salvezza per la sua mediazione. ( Gv 3,17 )

Salirai sui tuoi cavalli e la tua cavalcata è salvezza, cioè, i tuoi Evangelisti, da te guidati, ti porteranno e il tuo Vangelo sarà la salvezza di coloro che credono in te.

Tenderai con forza il tuo arco sugli scettri, dice il Signore, cioè, tu comminerai il tuo giudizio anche ai re. La terra sarà solcata da fiumi, ( Ab 3,8-9 ) cioè, il cuore degli uomini si aprirà al riconoscimento con i discorsi irriganti di coloro che ti annunziano.

Di loro si dice: Lacerate i vostri cuori e non le vesti. ( Gl 2,13 )

La frase: I popoli ti vedranno e soffriranno ammonisce che essi diventano felici nel pianto.

L'inciso: Tu che effondi le acque nel tuo cammino significa che, muovendoti in coloro che ti annunziano da ogni parte, effondi qua e là i fiumi della dottrina.

L'abisso ha fatto udire la propria voce significa che la profondità del cuore umano ha espresso la propria opinione.

La profondità della propria immaginazione è come un chiarimento del versetto precedente perché profondità equivale ad abisso.

Nell'inciso: Della propria immaginazione si deve intendere come sottinteso che fece udire la propria voce, cioè, come ho detto, ha espresso la propria opinione.

L'immaginazione è una visione che il Profeta non ha nascosto, non ha velato, ma ha svelato con le parole: Il sole si è levato in alto e la luna è rimasta nel suo ordine, cioè Cristo è asceso al cielo e la Chiesa ha avuto un ordinamento sotto il suo re.

Le tue frecce appariranno nella luce, cioè, le tue parole non saranno pronunciate in segreto ma all'aperto.

Nella frase: Nel balenare dello splendore delle tue armi ( Ab 3,10-11 ) si deve sottintendere che andranno le tue frecce.

Aveva detto ai suoi discepoli: Quel che dico nelle tenebre ditelo nella luce. ( Mt 10,27 )

Con lo sdegno renderai più piccola la terra, cioè con lo sdegno renderai sottomessi gli uomini.

Nell'ira abbatterai i popoli, perché farai cadere per punizione quelli che si esaltano.

Sei uscito per la salvezza del tuo popolo, per salvare i tuoi consacrati, hai mandato la morte sulla testa dei disonesti.

Qui non c'è nulla da spiegare.

Nel versetto: Hai allacciato i legami fino al collo si possono ravvisare i buoni legami della saggezza perché si infilino i piedi nei suoi ceppi e il collo nella sua collana. ( Sir 6,25 )

In: Hai troncato nell'ammirazione della mente ( Ab 3,12-14 ) sottintendiamo i legami perché ha allacciato quelli buoni e troncato quelli cattivi.

Di questi si dice appunto: Hai spezzato le mie catene, ( Sal 116,16 ) e questo nell'ammirazione della mente, cioè in modo meraviglioso.

La testa dei potenti si muoverà in essa, cioè nell'ammirazione.

Apriranno la propria bocca a mordere, come il povero che mangia di nascosto. ( Ab 3,14 )

Difatti alcuni capi dei Giudei, che ammiravano le sue opere e le sue parole, andavano dal Signore e, sebbene avessero fame, per timore dei Giudei mangiavano il pane della dottrina di nascosto, come ce li ha presentati il Vangelo. ( Gv 3,2; Gv 19,39 )

Hai lanciato nel mare i tuoi cavalli che agitavano molte acque, le quali significano molti popoli, perché alcuni non si convertirebbero per timore e altri non perseguiterebbero per rabbia se gli uni e gli altri non fossero agitati.

Ho udito e fremette il mio cuore al suono del discorso uscito dalle mie labbra, un tremito è penetrato nelle mie ossa e sotto di me ha ondeggiato la mia andatura.

Ha riflettuto su quel che diceva ed è stato atterrito dalle sue stesse parole con cui preannunziava profeticamente e nelle quali presagiva l'avvenire.

Poiché molti popoli sarebbero stati turbati, previde le imminenti tribolazioni della Chiesa, si riconobbe immediatamente come suo adepto e disse: Riposerò nel giorno dell'angoscia, ( Ab 3,15-16 ) come uno di quelli che godono nella speranza e soffrono nella tribolazione. ( Rm 12,12 )

Per appartenere, dice, al popolo del mio esilio, cioè separandosi dal malvagio popolo della propria affinità razziale, che non è in esilio in questa terra e non attende la patria del cielo.

Perché il fico non porterà frutti e non vi saranno i prodotti nelle vigne e cesserà il raccolto dell'olivo e i campi non daranno più cibo.

I greggi spariranno dal pascolo e non rimangono buoi nelle stalle. ( Ab 3,16-17 )

Previde che il popolo, il quale avrebbe ucciso il Cristo, avrebbe perduto la produttività delle ricchezze spirituali che, secondo l'uso profetico, ha allegorizzato mediante l'abbondanza dei beni terreni.

Ma quel popolo subì l'indignazione di Dio perché, ignorando la giustizia di lui, volle sostituirle la propria. ( Rm 10,3 )

Perciò il Profeta dice di seguito: Ma io gioirò nel Signore, esulterò in Dio mio Salvatore.

Il Signore, mio Dio, è la mia forza, renderà i miei piedi sommamente veloci, mi porrà in alto perché io vinca nel suo cantico. ( Ab 3,18-19 )

Si tratta di quel cantico, di cui si dice alcunché di simile in un Salmo: Ha stabilito i miei piedi sulla roccia e ha reso sicuri i miei passi, mi ha messo sulla bocca un cantico nuovo, un inno al nostro Dio. ( Sal 40,3-4 )

Vince nel cantico del Signore colui che è gradito nella lode di lui, non nella propria affinché chi si vanta si vanti nel Signore. ( 1 Cor 1,31; Ger 9,23-24 )

Ritengo che i codici, i quali hanno interpretato: Esulterò in Dio, il mio Gesù, siano da preferirsi a quelli che, traducendo il termine in latino, non hanno usato quel nome che ci è così caro e dolce nominare.

33.1 - Messianismo e vocazione dei pagani in Geremia

Il profeta Geremia come Isaia è dei maggiori, non dei minori, come gli altri, dai cui libri ho già tratto alcune citazioni.

Fu profeta mentre in Gerusalemme regnava Giosia e a Roma Anco Marzio, poco prima della conquista della Giudea.

Pose termine alla sua profezia cinque mesi dopo la conquista, come rileviamo dal suo libro.51

Si aggiunge a lui Sofonia, uno dei minori.

Anche egli infatti dice di aver profetato al tempo di Giosia, ma non specifica fino a quando. ( Sof 1,1 )

Dunque Geremia ha profetato non solo al tempo di Anco Marzio ma anche di Tarquinio Prisco, che fu il quinto re di Roma.

Egli infatti, quando avvenne la conquista, aveva già cominciato a regnare.

Preannunziando il Cristo Geremia dice: Il respiro della nostra bocca, il Cristo Signore, è stato fatto prigioniero per i nostri peccati. ( Lam 4,20 )

Mostra così con poche parole che il Cristo è nostro Signore e che ha patito per noi.

In un altro passo dice: Questi è il mio Dio e nessun altro può essergli paragonato.

Egli ha scrutato la via della sapienza e ne ha fatto dono a Giacobbe, suo servo, a Israele, suo diletto.

E dopo è apparso sulla terra e ha vissuto fra gli uomini. ( Bar 3,36-38 )

Alcuni esegeti non attribuiscono questo testo a Geremia ma al suo amanuense, che aveva nome Baruch, ma più convenientemente si ritiene di Geremia.

Il medesimo Profeta del Cristo dice anche: Ecco vengono giorni, dice il Signore, nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra.

Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele sarà sicuro nella sua dimora, questo sarà il nome con cui lo chiameranno: Signore nostra giustizia. ( Ger 23,5-6 )

Sulla vocazione dei pagani, che allora doveva avvenire ed ora costatiamo nel suo adempimento, ha parlato così: Signore mio Dio, mio rifugio nel giorno della tribolazione, a te verranno i popoli dalle estremità della terra e diranno: Veramente i nostri padri hanno adorato idoli menzogneri e non v'è in loro alcun giovamento. ( Ger 16,19 )

Il medesimo Profeta esprime in questi termini il motivo per cui i Giudei non l'avrebbero riconosciuto, anche perché era opportuno che da loro fosse ucciso: Più duro di tutte le cose è il cuore e anche l'uomo, chi può conoscerlo? ( Ger 17,9 )

Di lui è anche il passo che nel libro diciassettesimo ho citato sulla Nuova Alleanza, il cui Mediatore è Cristo.52

Dice Geremia: Ecco, verranno giorni, dice il Signore, e io concluderò con la casa di Giacobbe una nuova alleanza, e il resto che vi si legge. ( Ger 31,31 )

33.2 - Sofonia: vocazione dei pagani.

Del profeta Sofonia, che era contemporaneo di Geremia, citerò queste predizioni sul Cristo: Attendimi, dice il Signore, nel giorno in cui mi rialzerò, perché è mia decisione radunare i popoli e riunire i regni. ( Sof 3,8 )

Dice ancora: Terribile sarà il Signore con loro, poiché annienterà tutti gli idoli della terra, mentre a lui si prostreranno, ognuno dal proprio suolo, i popoli di tutti i continenti. ( Sof 2,11 )

E poco dopo dice: Allora io darò ai popoli un linguaggio e la discendenza perché invochino tutti il nome del Signore e lo servano tutti sotto lo stesso giogo; da oltre i fiumi di Etiopia mi porteranno offerte.

In quel giorno non avrai vergogna di tutti i tuoi misfatti, che hai commesso contro di me, perché allora eliminerò da te la perversità del tuo oltraggio e non continuerai a inorgoglirti sopra il mio santo monte, farò restare in te un popolo mansueto e umile e avrà rispetto del nome del Signore il resto d'Israele. ( Sof 3,9-13 )

Questo è il resto, di cui si preannunzia in altri passi, come anche l'Apostolo ricorda: Se fosse il numero dei figli d'Israele come la sabbia del mare il resto avrà la salvezza. ( Rm 9,27; Is 10,22 )

Difatti il resto di quel popolo ha creduto nel Cristo.

34.1 - Regno eterno al Messia in Daniele

Durante la cattività babilonese hanno profetato Daniele ed Ezechiele, gli altri due dei Profeti maggiori.53

Daniele ha stabilito cronologicamente il tempo della venuta e della passione del Cristo.

Richiede tempo eseguire il computo che comunque da altri prima di me è stato eseguito nei dettagli.

Del suo potere e della Chiesa ha parlato in questi termini: Guardavo nella visione notturna ed ecco venire sulle nubi del cielo uno, simile a un figlio d'uomo, giunse fino al Vegliardo e fu presentato a Lui e gli fu dato potere, gloria e regno e tutti i popoli, nazioni e lingue lo serviranno.

Il suo potere è un potere eterno che non tramonta mai e il suo regno non sarà distrutto. ( Dn 7,13-14; Mt 24,30; Mt 26,64; Ap 1,7; Ap 14,14 )

34.2 - Il buon pastore in Ezechiele

Ezechiele secondo l'uso profetico simboleggia in Davide il Cristo perché ha assunto la carne dalla discendenza di Davide. ( Rm 1,3; Fil 2,7 )

Sul fondamento della forma di servo, con cui è divenuto uomo il Figlio di Dio, è denominato anche servo di Dio.

Lo preannunzia dunque profeticamente, a nome di Dio Padre, con queste parole: Susciterò per loro un pastore che le pascerà, Davide mio servo; egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore.

Io, il Signore, sarò il loro Dio e Davide, mio servo, sarà principe in mezzo a loro: io, il Signore, ho parlato. ( Ez 34,23-24 )

In un altro passo dice: Un solo re regnerà su tutti loro e non saranno più due popoli, né più saranno divisi in due regni; non si contamineranno più con i loro idoli, con i loro abomini e con tutte le loro iniquità.

Li libererò da tutte le ribellioni con cui hanno peccato; li purificherò e saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio; e il mio servo Davide sarà re su di loro e non vi sarà che un unico pastore per tutti loro. ( Ez 37,22-24 )

35.1 - L'atteso dei popoli in Aggeo

Rimangono ancora tre Profeti minori che profetarono verso la fine dell'esilio.

Sono Aggeo, Zaccaria e Malachia.54

Aggeo preannunzia il Cristo e la Chiesa con molta chiarezza e brevità: Questo dice il Signore degli eserciti: Ancora un po' di tempo e io attirerò il cielo e la terra, il mare e il continente, attirerò tutti i popoli e verrà il desiderato di tutti i popoli. ( Ag 2,7-8 )

Si sa per esperienza che questa profezia è in parte già adempiuta e si attende che si adempia in parte alla fine.

Ha attirato il cielo con la testimonianza degli angeli e delle stelle quando si è incarnato il Cristo, ( Lc 2,13-14; Mt 2,2.9-10 ) ha attirato la terra con il grandioso prodigio del parto di una vergine: ( Lc 1,35 ) ha attirato il mare e il continente poiché il Cristo è predicato nelle isole e in tutto il mondo.

Costatiamo così che tutti i popoli sono attirati alla fede.

L'inciso che segue: E verrà il desiderato di tutti i popoli riguarda l'attesa della sua ultima venuta.

Perché sia il desiderato di coloro che lo attendono, deve prima essere il prediletto dei credenti.

35.2 - Il Cristo in Zaccaria

Zaccaria dice del Cristo e della Chiesa: Esulta grandemente o figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme; ecco a te viene il tuo re, giusto e vittorioso; umile cavalca un asino, un puledro, figlio di un'asina …

Il suo dominio sarà da mare a mare e dai fiumi sino ai confini della terra. ( Zc 9,9-10 )

Si legge nel Vangelo quando avvenne il fatto che Cristo Signore usò in viaggio tale cavalcatura.

Vi si richiama anche questo testo profetico in parte, per quanto parve sufficiente all'Evangelista. ( Mt 21,1-9 )

In un altro passo, parlando al Cristo con ispirazione profetica sulla remissione dei peccati nel suo sangue, dice: Anche tu nel sangue della tua alleanza hai estratto i tuoi prigionieri dal lago senz'acqua. ( Zc 9,11 )

Si può interpretare diversamente, sempre sul fondamento della retta fede, cosa volesse intendere col lago.

A me sembra tuttavia che vi si può simboleggiare più attendibilmente la profondità arida e sterile dell'umana infelicità, in cui non siano le sorgenti della giustizia ma il fango della disonestà.

Di esso anche in un Salmo si dice: Mi ha estratto dal lago dell'infelicità e dal fango della palude. ( Sal 40,3 )

35.3 - La Chiesa e il Cristo in Malachia

Malachia, preannunziando la Chiesa, che costatiamo diffusa a opera del Cristo, dice apertamente ai Giudei a nome di Dio: Non mi compiaccio di voi e non accetterò l'offerta dalle vostre mani.

Poiché dall'Oriente all'Occidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo sarà sacrificata e offerta al mio nome un'oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore. ( Ml 1,10-11 )

Osserviamo che questo sacrificio si offre a Dio mediante il sacerdozio di Cristo secondo l'ordine di Melchisedec da Oriente a Occidente, mentre i Giudei ai quali fu detto: Non mi compiaccio di voi e non accetterò l'offerta dalle vostre mani, non possono negare che il loro sacrificio è venuto a cessare.

Non v'è motivo dunque che attendano un altro Cristo poiché soltanto per mezzo di lui si poteva adempiere ciò che leggono profeticamente preannunziato e costatano in realtà adempiuto.

Di lui dice poco dopo, sempre a nome di Dio: La mia alleanza con lui era di vita e di pace e io gli ho concesso di avere timore di me e rispetto del mio nome.

La regola della verità era sulla sua bocca, guidando nella pace ha camminato con me e ha trattenuto molti dal male; le labbra del sacerdote infatti custodiranno la scienza e dalla sua bocca cercheranno la legge poiché è messaggero del Signore onnipotente. ( Ml 2,5-7 )

Non desta meraviglia che Gesù Cristo sia stato considerato messaggero del Signore onnipotente.

Come infatti è stato considerato servo a causa dell'aspetto di servo con cui è venuto fra gli uomini, così è detto messaggero a causa del Vangelo che ha annunziato agli uomini.

Infatti se traduciamo queste parole greche, notiamo che Vangelo significa "buon messaggio" e angelo "messaggero".

Di lui infatti dice ancora: Ecco io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi attendete, e l'angelo dell'alleanza che voi desiderate.

Ecco viene, dice il Signore onnipotente; e chi sopporterà il giorno della sua venuta?

Chi resisterà al suo apparire? ( Ml 3,1-2 )

In questo passo il Profeta ha preannunziato la prima e la seconda venuta del Cristo.

Della prima afferma: E subito entrerà nel suo tempio, cioè nel suo corpo, di cui dice nel Vangelo: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. ( Gv 2,19 )

Annunzia la seconda venuta quando dice: Ecco viene, dice il Signore onnipotente; e chi sopporterà il giorno della sua venuta?

Chi resisterà al suo apparire? La frase: Signore che voi attendete, e il messaggero dell'alleanza che voi desiderate indica metaforicamente che i Giudei, stando alle Scritture che essi leggono, attendono ancora e desiderano il Cristo.

Ma molti di loro non hanno riconosciuto che era venuto Colui che attendevano e desideravano, poiché erano accecati nei propri cuori dalle colpe precedenti.

Nell'alleanza che Malachia nomina in questo brano, nel primo inciso in cui dice: La mia alleanza era con lui, e nel secondo, in cui ha parlato del messaggero dell'alleanza, dobbiamo ravvisare la Nuova Alleanza, in cui sono promessi valori eterni, e non l'Antica, in cui erano promessi beni temporali.

Molte persone superficiali tengono questi ultimi in grande considerazione e poiché servono Dio per la soddisfazione di simili interessi, sono sconvolti quando si accorgono che i miscredenti ne hanno in abbondanza.

Perciò il medesimo Profeta, per distinguere la felicità eterna della Nuova Alleanza, che viene data soltanto ai buoni dalla prosperità terrena dell'Antica Alleanza, che spesso è data anche ai malvagi, dice: Avete proferito parole dure contro di me, dice il Signore, e andate dicendo: Che abbiamo contro di te?

Avete detto: È sciocco chi serve Dio; che vantaggio abbiamo ricevuto dall'avere custodito i suoi comandamenti e dall'avere camminato in preghiera davanti al Signore onnipotente?

Dobbiamo invece proclamare beati i superbi che, pur facendo il male, si moltiplicavano e, pur provocando Dio, restano impuniti.

Queste parole si rivolsero fra di loro i timorati del Signore, ciascuno al suo vicino.

Il Signore porse l'orecchio e li ascoltò; e fece scrivere un libro di memorie davanti a lui per coloro che onorano e temono il suo nome. ( Ml 3,13-16 )

In quel libro era simboleggiata la Nuova Alleanza.

Ascoltiamo il resto: Essi diverranno, dice il Signore onnipotente, mia proprietà nel giorno che io preparo e li prediligerò come un padre predilige il figlio che gli è sottomesso; e vi convertirete e distinguerete l'uomo giusto dall'ingiusto e colui che serve Dio da colui che non lo serve.

Perché ecco viene il giorno ardente come il forno e li brucerà; e tutti i superbi e gli operatori d'iniquità saranno come paglia e quel giorno venendo li incendierà, dice il Signore onnipotente, e non rimarrà di loro né radice né tralcio.

E sorgerà per voi, che temete il mio nome, il sole di giustizia con raggi benefici e voi uscirete e saltellerete come vitelli liberati dal giogo; e calpesterete gli empi ridotti in cenere sotto i vostri piedi nel giorno in cui io opero, dice il Signore onnipotente. ( Ml 3,17-4,3 )

Questo è quel che si chiama il giorno del giudizio.

Ne parlerò più a lungo, se Dio vorrà, al momento opportuno.55

36 - Contributo dei libri di Esdra, Ester e Maccabei

Dopo questi tre Profeti, Aggeo, Zaccaria e Malachia, durante il periodo della liberazione del popolo dalla schiavitù di Babilonia, scrisse anche Esdra.

Però egli è considerato più uno storiografo che un profeta.

Simile è il Libro di Ester, la cui opera a lode di Dio si esplica, pressappoco, in quel periodo.

Si può tuttavia ritenere che anche Esdra ha preannunziato profeticamente il Cristo perché era sorta tra alcuni giovani la discussione che cosa avesse più valore nella realtà.

Uno disse i re, un altro il vino, un terzo le donne perché spesso comandano anche ai re, tuttavia costui dimostrò che la verità è vittoriosa su tutte le cose.56

Esaminando il Vangelo apprendiamo che il Cristo è verità.

Da questo periodo alla restaurazione del tempio non si ebbero in Giudea re ma principi fino ad Aristobulo.57

Però la cronologia di questo periodo non si ha nei libri della Scrittura, considerati canonici, ma in altri, fra cui i Libri dei Maccabei che non i Giudei ma la Chiesa ritiene canonici a causa della pena di morte subita con ammirevole coraggio da alcuni martiri i quali, prima che il Cristo venisse nel mondo, si batterono fino alla morte e sopportarono indicibili sofferenze per la legge di Dio. ( 2 Mac 7 )

37 - Anteriorità dei profeti sulla cultura classica

Nel periodo dei nostri Profeti, i cui scritti sono ormai conosciuti da quasi tutti i popoli, e molto tempo dopo di loro, vi furono fra i pagani i filosofi che si designavano ormai con questo nome.

Aveva cominciato con Pitagora di Samo, il quale iniziò a segnalarsi per celebrità al tempo in cui ebbe fine la cattività dei Giudei.58

Si deve quindi ammettere che gli altri filosofi vissero molto tempo dopo i Profeti.

Si rileva nella Cronaca che visse dopo di Esdra lo stesso Socrate di Atene, maestro di tutti coloro che furono illustri in quel tempo, perché aveva il primato in quella parte della filosofia, che si dice morale o pratica.59

Non molto tempo dopo nacque anche Platone che avrebbe superato di gran lunga gli altri discepoli di Socrate.

Possiamo aggiungere anche i precedenti, che ancora non erano chiamati filosofi, cioè i sette sapienti e poi i naturalisti che seguirono a Talete, imitandone l'interesse nella ricerca sulla natura, cioè Anassimandro, Anassimene, Anassagora e alcuni altri prima che Pitagora parlasse del filosofo.

Anche costoro cronologicamente non vengono prima di tutti i nostri Profeti.

Difatti è noto che Talete, il quale precede gli altri, si è segnalato quando regnava Romolo, cioè quando dalle sorgenti d'Israele scaturì il fiume della profezia in quelle produzioni letterarie che dovevano riversarsi in tutto il mondo.

Risulta che soltanto i tre teologi poeti Orfeo, Lino, Museo, e se ve ne fu qualcun altro in Grecia, sono anteriori ai Profeti ebrei,60 i cui libri riteniamo autenticamente ispirati.

Però neanche essi precedettero nel tempo il vero nostro teologo Mosè che ha parlato secondo verità dell'unico vero Dio e i cui libri sono i primi nel canone degli autenticamente ispirati.

Perciò, per quanto attiene ai Greci, sebbene nella loro lingua la letteratura profana abbia avuto il massimo sviluppo, non hanno alcun motivo di vantare la propria cultura nel confronto con la nostra religione, in cui è la vera cultura, se non più forbita, certamente più antica.

Però, bisogna confessarlo, non in Grecia, ma in popoli di diversa civiltà, come in Egitto, vi era prima di Mosè una forma di sapere, che poteva esser considerata come loro cultura, altrimenti non sarebbe scritto nella Bibbia che fu istruito secondo la cultura dell'Egitto, quando, nato nel paese, adottato e allevato dalla figlia del faraone, vi fu anche educato a livello intellettuale. ( Es 2,10; At 7,22 )

Ma non è possibile che la cultura dell'Egitto preceda nel tempo la cultura dei nostri Profeti se anche Abramo fu profeta. ( Gen 20,7 )

Non era possibile infatti che in Egitto vi fosse una cultura prima che Iside, riconosciuta e onorata dopo la morte come una grande dea, trasmettesse l'erudizione.

Ma si dice che Iside fu figlia d'Inaco, il quale per primo regnò ad Argo quando erano già nati i nipoti di Abramo.61

38 - Testi autentici e apocrifi

E se risalgo di molto ai tempi più antichi, anche prima del grande diluvio visse Noè, nostro Patriarca, che giustamente dovrei considerare anche come profeta, se l'arca, che costruì e con la quale si mise in salvo assieme ai suoi, fu un preannunzio profetico dei tempi cristiani.

Inoltre nella lettera canonica dell'apostolo Giuda si afferma che anche Enoch, il settimo da Abramo, ha profetato. ( Gd 14 )

La straordinaria antichità ha fatto sì che gli scritti di costoro non fossero ritenuti autentici né dai Giudei né dai cristiani e sembrava opportuno che si ritenessero apocrifi affinché non fossero allegati i falsi per i veri.

Difatti vengono allegati degli scritti che potrebbero essere loro attribuiti da persone che, a favore di una loro opinione, li interpretano alla rinfusa come vogliono.

Ma la purezza del canone non li ha accolti, non perché sia respinta l'autorevolezza di quegli uomini che piacquero a Dio, ma perché quegli scritti non sono ritenuti genuini.

Non deve meravigliare che siano considerate apocrife opere che si presentano col marchio di produzioni archeologiche.

Anche nella storiografia dei regni di Giuda e d'Israele, la quale contiene avvenimenti che accettiamo perché accreditati da libri canonici, vi sono però narrati molti fatti che non sono riportati in essi, si rimanda però ad altri libri, scritti da Profeti, che anzi in qualcuno è citato perfino il loro nome,62 tuttavia non sono inseriti nel canone che il popolo di Dio ha accolto.

Mi sfugge, confesso, il motivo del fatto.

Ritengo però che anche coloro, ai quali lo Spirito Santo rivelava le verità che dovevano appartenere alla credibilità della religione, hanno potuto scrivere alcuni libri come uomini con storica accuratezza ed altri come profeti per divina ispirazione e che tali scritti furono così distinti in modo che i primi furono aggiudicati ad essi, gli altri a Dio che parlava per loro mezzo.

Così gli uni appartennero all'incremento della erudizione, gli altri alla credibilità della religione.

Da questa credibilità è difeso il canone.

E se fuori di esso si citano scritti col nome dei veri Profeti, i quali non siano validi all'incremento della cultura perché è incerto che siano di coloro ai quali sono attribuiti e perciò non si presta loro credito, soprattutto a quelli in cui si leggono pensieri che contrastano anche con la credibilità dei libri canonici, è chiaro che non sono dei veri profeti.

39 - L'acculturazione in Egitto e in Israele

Non si deve quindi dare ascolto ad alcuni i quali suppongono che soltanto la lingua ebrea fu conservata da quell'uomo chiamato Eber, da cui deriva l'appellativo di Ebrei, e che da lui fu trasmessa ad Abramo.

La perizia del leggere e scrivere quindi avrebbe avuto inizio dalla legge che fu data a Mosè.

Al contrario, attraverso il succedersi dei Patriarchi, la lingua suddetta fu custodita assieme ad opere scritte.

In seguito Mosè stabilì nel popolo individui incaricati d'insegnare a leggere e scrivere, prima che gli Ebrei conoscessero gli scritti della legge divina.

La Bibbia li chiama γραμματοεισαγωηί termine che può significare coloro che iniziano o introducono l'attitudine al leggere e scrivere, perché la iniziano, cioè la introducono in certo senso nella coscienza degli allievi o meglio iniziano ad essa gli allievi.

Nessun popolo dunque si può vantare per vanagloria dell'antichità della propria cultura in riferimento ai nostri Patriarchi e Profeti, ai quali era inerente la divina sapienza.

Neanche l'Egitto, che abitualmente si vanta con imposture e frivolezze delle antichità delle proprie dottrine, può affermare d'aver preveduto nel tempo con una propria qualsivoglia cultura la cultura dei nostri Patriarchi.

Non si può assolutamente affermare che fossero buoni intenditori di singolari rami del sapere, prima che imparassero a leggere e a scrivere, cioè prima che venisse Iside e l'insegnasse loro.

Infatti la loro famosa dottrina, considerata cultura, era soprattutto l'astronomia o un'altra delle branche del sapere, utile più ad esercitare l'ingegno che ad educare l'intelligenza con la vera sapienza.

Per quanto attiene la filosofia, che si prefigge d'insegnare qualcosa per cui gli uomini diventino felici, fu uno studio che nel paese sviluppò al tempo di Mercurio, chiamato Trismegisto, cioè molto prima dei sapienti e filosofi della Grecia, ma dopo Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe ed anche dopo lo stesso Mosè.63

Risulta che nel tempo in cui nacque Mosè, viveva il grande astrologo Atlante, fratello di Prometeo, nonno materno di Mercurio il Vecchio, di cui fu nipote il suddetto Mercurio Trismegisto.64

40 - Confronto di culture

Ciarlano invano con boriosa millanteria dicendo che sono passati più di centomila anni da quando l'Egitto ha formulato la teoria delle stelle.

Non si capisce in quali libri abbiano scovato questo numero se hanno appreso a leggere e scrivere da Iside, loro maestra, non molto più di duemila anni addietro.

Non è uno storiografo di scarso valore Varrone che tramanda questa notizia, la quale non dissente dalla verità della sacra Scrittura.65

Dal primo uomo, chiamato Adamo, non sono ancora trascorsi seimila anni.

Quindi costoro diventano oggetto piuttosto di scherno che di polemica, perché tentano di accreditare notizie così diverse sulla estensione della cronologia e molto contrarie a questa verità tanto accertata.

A nessun teste, che narra avvenimenti passati, si crede più volentieri che a quello il quale ha anche predetto eventi futuri che ora esperimentiamo presenti.

Anche il dissenso degli storici ci offre l'occasione di credere di più a chi non contrasta con la Storia sacra che noi conserviamo.

Certamente i cittadini dell'empia città diffusa da ogni parte nel mondo, quando vengono a sapere che uomini assai dotti, la cui autorevolezza non si può respingere, dissentono su fatti molto remoti dagli strumenti di trasmissione della nostra età, non sanno decidere a chi credere.

Noi invece, sostenuti nella nostra religione dall'autorità divina, non possiamo dubitare che è falsissima qualsiasi notizia che le si oppone, come che siano gli altri contenuti nella letteratura profana che, veri o falsi, non hanno importanza per farci vivere nell'onestà e nella felicità.

41.1 - L'autorità dei filosofi e della Bibbia

Ma per lasciar da parte la conoscenza della storia, sembra che i filosofi, dai quali siamo passati alle suddette riflessioni, hanno atteso alle proprie indagini, soltanto per scoprire come si debba vivere in corrispondenza al raggiungimento della felicità.

Eppure gli allievi hanno dissentito dai maestri, gli allievi fra di loro, per il solo motivo che hanno svolto queste ricerche da uomini con sentimenti e intendimenti umani.

Era possibile che in queste cose vi fosse l'interesse per la fama, per cui ciascuno vuole apparire più saggio e ingegnoso dell'altro, non asservito in qualsiasi maniera al modo di pensare altrui, ma iniziatore della propria teoria e sistema.

Posso anche ammettere che alcuni, anzi molti di essi, che l'amore della verità distolse dagli scolarchi e dai compagni di studio, si batterono per quella che ritenevano la verità, sia che lo fosse o no.

Ma l'umana infelicità non sa cosa fare, da dove e dove dirigersi per raggiungere la felicità, se non la guida l'autorità divina.

Inoltre non può avvenire che i nostri autori, nei quali non inutilmente si stabilisce e si conchiude il canone della sacra Scrittura, siano in qualche modo discordi fra di loro.

Quindi a ragione, quando essi trasmettevano quelle verità, non pochi dei parolai intenti a diatribatiche discussioni nelle scuole e nei ginnasi, ma tante e tante popolazioni, nei campi e nelle città, con uomini colti e illetterati, credettero che Dio aveva parlato loro, ossia per mezzo loro.

Dovevano esser pochi affinché col numero non si svilisse ciò che necessariamente è di pregio nella religione, tuttavia non così pochi che il loro consenso non sia oggetto di ammirazione.

Invece nel gran numero dei filosofi, i quali anche con attività letteraria hanno lasciato documenti delle proprie teorie, non è facile trovarne alcuni, i cui pensamenti si accordino.

È troppo lungo dimostrarlo in questa opera.66

41.2 - Dissenso nella sapienza classica

Non c'è nella città adoratrice dei demoni uno scolarca così accettato da escludere gli altri che hanno sostenuto teorie diverse o contrarie.

Ad Atene, per esempio, erano famosi tanto gli epicurei, i quali affermavano che gli eventi umani non appartengono all'ordinamento degli dèi, quanto gli stoici i quali, sostenendo il contrario, affermavano che gli uomini sono sostenuti e difesi dall'aiuto e protezione degli dèi.

Mi meraviglio quindi che Anassagora fu ritenuto colpevole perché affermò che il sole è una pietra infuocata e non un dio.67

Eppure nella medesima città Epicuro eccelleva nella fama e viveva tranquillo, sebbene professasse che il sole o un altro astro non sono dio e sostenesse che né Giove né un altro dio fossero presenti nel mondo in modo che a loro pervenissero le preghiere e le invocazioni degli uomini.68

V'erano nella città Aristippo, che riponeva il bene supremo nel piacere sensibile, e Antistene, il quale affermava che l'uomo diviene felice con la perfezione dello spirito.

Erano due filosofi conosciuti e ambedue discepoli di Socrate, eppure assegnavano l'essenza del vivere in fini così diversi e contrari, sicché il primo sosteneva che il saggio deve evitare il governo dello Stato, l'altro che lo deve assumere.69

E ciascuno dei due accoglieva allievi a frequentare la propria scuola.

Dunque, all'aperto, nel ben visibile e frequentatissimo portico, nei ginnasi, nei giardinetti, in luoghi pubblici e privati, discutevano a gruppi, ciascuno a favore della propria teoria.

Alcuni affermavano l'esistenza di un solo mondo, altri d'infiniti,

alcuni che l'unico mondo aveva avuto inizio, altri che non l'aveva avuto,

alcuni che sarebbe finito, altri che sarebbe rimasto per sempre,

alcuni che era retto dalla intelligenza divina, altri fatalmente dal caso,

alcuni che le anime sono immortali, altri che sono mortali;

di quelli che sostenevano l'immortalità, alcuni che le anime ritornano negli animali, altri no;

di quelli che sostenevano la mortalità, alcuni che l'anima cessa di esistere assieme al corpo, altri che continua a vivere per un po' o anche a lungo, tuttavia non per sempre;

alcuni sostenevano che il bene ultimo è nel corpo, altri nell'anima, altri in ambedue e altri aggiungevano all'anima e al corpo anche i beni esterni;

alcuni sostenevano che si deve prestare l'assenso ai sensi sempre, altri non sempre, altri mai.

E mai un popolo, un senato, un potere o autorità pubblica della città miscredente ha provveduto a dare un giudizio su queste e le altre quasi innumerevoli teorie discordanti dei filosofi per approvarne e accoglierne alcune, per riprovare e respingerne altre.

Anzi disordinatamente, senza discernimento, alla rinfusa, hanno accolto nel proprio interno tante discussioni diatribatiche d'individui in disaccordo non sui campi, sulle case o per un qualche motivo finanziario, ma su significati per cui si conduce una vita infelice o felice.

E sebbene in quegli incontri si sostenevano delle verità, con altrettanta libertà però si difendevano gli errori, al punto che non irragionevolmente una simile città ricevette l'appellativo simbolico di Babilonia.

Babilonia infatti si traduce "confusione". Ricordo di averlo già detto.70

Né importa al diavolo, suo re, per quali errori contrari si accapiglino, perché li lega egualmente a sé sul fondo di una grande e varia miscredenza.

41.3 - Accordo nella sapienza rivelata

Al contrario la nazione, il popolo, la città, lo Stato, gli Israeliti, ai quali fu affidata la parola di Dio, non confusero con la parità del libero esercizio gli pseudoprofeti con i veri Profeti, ma erano da loro riconosciuti e accettati come veritieri autori della sacra Scrittura quelli che erano fra di sé concordi e in nulla dissentivano.

Essi erano per loro filosofi, cioè amatori della sapienza, sapienti, teologi, profeti, maestri di morale e religione.

Chiunque ha pensato e agito in conformità ai loro scritti, ha pensato e agito in conformità al volere non degli uomini, ma di Dio che ha parlato per loro mezzo.

Se vi è stata proibita l'offesa a Dio, è Dio che l'ha proibita.

Se è stato raccomandato: Onora tuo padre e tua madre, è Dio che l'ha comandato.

Se è stato ingiunto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, ( Es 20,12-15 ) e gli altri comandamenti, queste non furono parole umane, ma oracoli divini.

Alcuni filosofi, a parte gli errori che hanno sostenuto, han potuto scoprire il vero e in laboriose discussioni si sono impegnati a dimostrare che Dio ha posto nel divenire questo mondo e che lo ordina con infinita provvidenza in ordine alla moralità delle virtù, all'amore di patria, alla fedeltà nell'amicizia, alle buone opere e a tutti gli obiettivi che riguardano i buoni costumi, sebbene ignorassero a qual fine tutti questi valori si devono riferire e in base a quale norma.71

Invece nella città celeste essi furono raccomandati al popolo dalle parole dei Profeti, cioè di Dio, sebbene per mezzo di uomini, e non inculcati da discussioni diatribatiche, in modo che chi li conosceva temeva di offendere non l'ingegno dell'uomo ma la parola di Dio.

42 - La Bibbia in Egitto

Anche uno dei Tolomei, sovrani d'Egitto, s'interessò a conoscere e ad avere i libri della sacra Scrittura.

Avvenne dopo la stupefacente e non lunga egemonia di Alessandro il Macedone, chiamato il Grande, con la quale aveva assoggettato tutta l'Asia, anzi quasi tutto il mondo, in parte con la forza e con le armi, in parte col terrore.

Avendo aggredito assieme alle altre regioni dell'Oriente anche la Giudea, la conquistò.72

Alla sua morte, poiché i suoi generali non avrebbero diviso l'impero molto esteso, per possederlo nella pace scambievole, ma l'avrebbero sconvolto devastando tutto con le guerre, l'Egitto cominciò ad avere come re i Tolomei.

Il primo, figlio di Lago, trasferì molti come prigionieri dalla Giudea nell'Egitto.73

Il suo successore, un altro Tolomeo, soprannominato Filadelfo, permise che tornassero liberi tutti quelli che il predecessore aveva tradotto in esilio, mandò regali al tempio di Dio e chiese ad Eleazaro, pontefice in quel tempo, che gli fossero dati i libri della Scrittura perché aveva udito, dalla diffusa opinione pubblica, che erano di origine divina e aveva desiderato di averli nella biblioteca che aveva reso molto celebre.74

Poiché il suddetto pontefice glieli spedì in ebraico, egli chiese anche i traduttori.

Furono incaricati settantadue uomini, cioè sei per ogni tribù d'Israele, espertissimi in tutte e due le lingue, cioè ebraica e greca.

È invalso l'uso che la loro traduzione sia denominata dei "Settanta".

Si tramanda che il loro accordo nelle parole fu così ammirevole, sorprendente e addirittura divino che, sebbene ciascuno attendesse al proprio lavoro per conto suo, poiché Tolomeo volle così esperimentare la loro capacità, non discordarono fra di loro nel significato e nella forma grammaticale delle parole e neanche nella struttura della proposizione.

Sembrava che fosse un solo traduttore e la loro traduzione era così omogenea, poiché di fatto c'era in tutti una sola ispirazione.

Avevano perciò ricevuto un incarico tanto ammirevole affinché di quei libri, non come opere umane ma divine, quali erano veramente, fosse avvertita l'autorevolezza, la quale un giorno doveva giovare ai popoli che avrebbero creduto.

È un evento che oggi osserviamo adempiuto.

43 - Ispirazione anche nei Settanta(?)

Vi sono stati altri intenditori che hanno tradotto i libri della sacra Scrittura dall'ebraico al greco, come Aquila, Simmaco, Teodozione; v'è anche una versione, il cui autore è ignoto e perciò a causa della sua anonimia è chiamata la quinta versione.

Tuttavia la Chiesa ha accettato quella dei Settanta, come se fosse l'unica e la usano i popoli cristiani di lingua greca, la maggior parte dei quali non sa se ve ne sia un'altra qualsiasi.

Della traduzione dei Settanta si ha anche la traduzione in latino, che usano le Chiese di lingua latina, sebbene ai nostri giorni sia vissuto il prete Girolamo, uomo assai colto e conoscitore delle tre lingue, il quale ha tradotto i libri della Bibbia in latino, non dal greco ma dall'ebraico.

Ma sebbene i Giudei ritengano valida la sua opera erudita e sostengano che i Settanta hanno parecchi errori, tuttavia le Chiese di Cristo giudicano che nessuno si deve preferire all'autorevolezza di tanti uomini, scelti da Eleazaro, pontefice in quel tempo, a un'opera così grande.

Infatti anche se in essi non si fosse manifestata un'unica ispirazione, certamente divina, ma avessero confrontato reciprocamente, secondo l'uso comune, le parole delle particolari traduzioni, in modo che fosse confermato il testo che era accettato da tutti, non doveva essere preferito a loro uno che aveva tradotto da solo.

Dato che in loro apparve un segno così manifesto dell'intervento divino, è fedele quel traduttore dei libri della sacra Scrittura dall'ebraico a qualsiasi altra lingua che conviene con i Settanta, o se non conviene, si deve avvertire in quel passo un profondo significato profetico.

Lo Spirito, che agiva nei Profeti quando hanno parlato, agiva anche nei Settanta quando hanno tradotto.

È possibile che lo Spirito, con autorità divina, abbia suggerito un altro significato nella versione come se il Profeta avesse inteso l'uno e l'altro, poiché era il medesimo Spirito a parlare in ambedue i sensi, o meglio il medesimo significato diversamente cosicché, se non le medesime parole, almeno ai buoni intenditori apparisse il medesimo significato.

Ha potuto far tralasciare qualcosa e qualcosa aggiungere affinché anche da questo fatto si mostrasse che in quell'attività non prevaleva l'umana soggezione, che il traduttore subiva dalle parole, ma un divino potere che riempiva e guidava l'intelligenza del traduttore.

Alcuni hanno pensato che si dovesse correggere secondo i codici ebraici il testo greco della traduzione dei Settanta, tuttavia non hanno osato detrarre ciò che il testo ebraico non aveva e i Settanta avevano inserito, aggiunsero però incisi che, rintracciati nel testo ebraico, non apparivano nei Settanta e li contrassegnarono all'inizio dei singoli versetti con alcuni segni tracciati a forma di stelle, che chiamano asterischi.

Hanno egualmente contrassegnato gli incisi, che non ha il testo ebraico ma i Settanta, ai capoversi con lineette orizzontali, come nella scrittura onciale.

Molti testi, anche latini, che hanno queste indicazioni, sono diffusi da ogni parte.

Le frasi, che non sono state né omesse né aggiunte, ma espresse diversamente, se hanno un altro significato non incompatibile, oppure si capisce che in forma diversa espongono il medesimo significato, si possono precisare soltanto con un esame comparato di entrambi i testi.

Se dunque, come è doveroso, noi cerchiamo nei libri della Bibbia soltanto ciò che ha detto lo Spirito di Dio per mezzo di uomini, dobbiamo ammettere che tutto quello che si trova nel testo ebraico e non si ha nei Settanta, lo Spirito di Dio non l'ha voluto dire per mezzo di costoro, ma dei Profeti.

Tutto ciò che invece è nei Settanta e non si ha nel testo ebraico, lo Spirito ha preferito manifestarlo per mezzo dei primi e non degli altri mostrando così che ambedue furono profeti.

Così Egli ha manifestato alcune verità per mezzo d'Isaia, altre per mezzo di Geremia, altre per mezzo di un altro profeta, ma anche in forma diversa le medesime verità per mezzo dell'uno e dell'altro, come ha voluto.

Ma l'unico e medesimo Spirito ha voluto manifestare per mezzo di ambedue quel che in essi si trova, ma in maniera che essi precedessero profetando, i Settanta seguissero traducendoli profeticamente.

Difatti come nei primi, che dicevano cose vere e concordanti, vi fu lo Spirito della concordia, così negli altri che, senza confrontarsi, tradussero il tutto, per così dire, col medesimo linguaggio, vi fu l'unico e medesimo Spirito.

44 - Divergenze dei Settanta col testo ebraico

Ma qualcuno può obiettare: Come posso sapere ciò che il profeta Giona ha detto ai Niniviti: Ancora tre giorni e Ninive sarà distrutta, ovvero: Ancora quaranta giorni? ( Gn 3,4 )

È facile capire che non era possibile dire l'uno e l'altro dal Profeta, mandato ad atterrire la città con la minaccia dell'imminente sterminio.

Se alla città la rovina fosse giunta al terzo giorno, non era al quarantesimo, se al quarantesimo, non al terzo.

Se si chiede a me quale delle due scadenze avesse comminato, penso che sia preferibile il testo ebraico: Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta.

I Settanta, che tradussero molto tempo dopo, hanno potuto dare l'altra versione che tuttavia si addiceva al fatto, si adattava a un medesimo concetto, sebbene con diverso significato, e avvisava il lettore, senza sprezzo per entrambe le autorità, di volgersi dalla narrazione storica alla ricerca delle verità, per simboleggiare le quali la storia è stata scritta.

Quei fatti sono certamente avvenuti nella città di Ninive, ma hanno simboleggiato qualcosa che va al di là del limite di quella città, come è avvenuto, che il profeta stesso fu per tre giorni nel ventre di una balena, ( Gn 2,1 ) ma simboleggiò che per tre giorni sarebbe rimasto nell'oltretomba colui che è il Signore di tutti i Profeti. ( Mt 16,4; Lc 11,29-32 )

Si può ammettere che nella città di Ninive è stata giustamente allegorizzata la Chiesa dei popoli, abbattuta mediante il pentimento, affinché non fosse più quel che era stata.

Poiché, dunque, questo fatto si è verificato per la mediazione del Cristo nella Chiesa dei popoli, di cui Ninive era un'allegoria, il Cristo stesso è simboleggiato tanto nei quaranta come nei tre giorni: nei quaranta, perché li trascorse dopo la risurrezione con i discepoli, prima di salire al cielo, nei tre giorni perché è risorto al terzo giorno.

È come se i Settanta, traduttori e profeti a un tempo, abbiano scosso dal sonno il lettore, desideroso di nient'altro che di rimanere attaccato alla descrizione degli avvenimenti, stimolandolo ad approfondire la sublimità della profezia e gli abbiano in qualche modo suggerito: "Nei quaranta giorni cerca di scoprire quello stesso significato in cui potrai ravvisare anche i tre giorni; troverai i primi nell'ascensione, gli altri nella sua risurrezione".

Perciò con l'uno e l'altro numero si poteva molto convenientemente ottenere un simbolo, uno nel profeta Giona, l'altro nella profezia dei Settanta, tuttavia in essi ha parlato l'unico e medesimo Spirito.

Evito di dilungarmi per non esaminare a lungo i casi in cui i Settanta sembrano dissentire dalla verità del testo ebraico, mentre bene interpretati sono concordi.

Perciò anche per seguire, nel mio limite, l'esempio degli Apostoli, perché anche essi hanno allegato testimonianze profetiche da ambedue, cioè dal testo ebraico e dai Settanta, ho pensato di valermi dell'una e dell'altra autorità, perché l'una e l'altra sono la sola medesima autorità divina.

Ma proseguiamo, come ci è possibile, quel che rimane.

Indice

49 Eusebio, Chronic.: PL 27, 349. 353 (1208 da Abramo e 5 di Proca; 1249 da Abramo e 28 di Amulio )
50 Eusebio e Girolamo, Chronic.: PL 27, 339 (1086 da Abramo)
51 Ger 1,3; Eusebio, Chronic.: PL 27, 367
52 Vedi sopra 17,3,2
53 Eusebio, Chronic.: PL 27, 373 (1435 da Abramo)
54 Eusebio, Chronic.: PL 27, 379 (1493 da Abramo)
55 Vedi appresso 20
56 3 Esd 3, 10 (libro apocrifo, ma ritenuto canonico da Agostino e da altri Padri)
57 Eusebio, Chronic.: PL 27, 423 (1913 da Abramo)
58 Eusebio, Chronic.: PL 27, 377 (1486 da Abramo, 60 della cattività)
59 Socrate era fanciullo quando Esdra era celebre fra i Giudei: cf. Eusebio, Chronic.: PL 27, 385 (1551 e 1558 da Abramo)
60 Vedi sopra 14
61 Eusebio, Chronic.: PL 27, 267
62 Vedi sopra 15,23,4
63 Diodoro Siculo, Bibl. 1, 15, 9 - 16, 2;
Plotino, Enn. 3, 6, 19; si ricordi in proposito il Corpus hermeticum
64 Eusebio, Chronic.: PL 27, 279. 284 (379 e 431 da Abramo)
65 Varrone, De gente pop. rom., fr. 12
66 Vedi appresso 19
67 Diogene Laerzio, Vite 2, 3, 12
68 Diogene Laerzio, Vite 10, 123-124
69 Diogene Laerzio, Vite 2, 8, 86-88; 6, 1, 10-12
70 Vedi sopra 16,4
71 Platone, Sofista 216bss
72 Eusebio, Chronic.: PL 27, 399 (1684 da Abramo)
73 Eusebio, Chronic.: PL 27, 401 (1695 da Abramo)
74 Eusebio, Chronic.: PL 27, 407 (1736 da Abramo);
Flavio Giuseppe, Ant. iud. 12, 2, 4ss