Volontà

IndiceA

… del Padre

Sommario

I. La volontà di Dio in discussione.
II. Profilo biblico:
1. Iniziativa ed esigenza di Dio nell'AT:
a. La volontà di Dio, dono e salvezza,
b. La volontà dì Dio, legge di libertà,
c. La sapienza e lo Spirito;
2. La volontà del Padre nella pienezza dei tempi:
a. Gesù rivela la volontà del Padre,
b. La volontà del Padre nella chiesa,
c. Volontà del Padre e preghiera.
III. Cenni allo sviluppo del tema nella storia della chiesa:
1. La legge nuova;
2. Contributo di alcuni esponenti della spiritualità:
a. S. Teresa di Gesù,
b. S. Giovanni della Croce,
c. S. Ignazio di Loyola,
d. Nei secoli successivi.
IV. Atteggiamenti fondamentali di fronte alla volontà del Padre.

La storia della spiritualità e l'esperienza cristiana sono da un certo profilo il vivente e perenne espandersi, con varie modulazioni, dell'invocazione del Padre nostro « sia fatta la tua volontà » ( Mt 6,10 ).

Ma il nostro tema è stato accompagnato, e lo è soprattutto nell'odierno contesto secolare e di responsabilità, da numerosi interrogativi.

La loro rassegna preliminare è già un contributo alla comprensione più autentica della volontà del Padre, perché offre un quadro critico entro cui verificare il tema e situarlo in una prospettiva teologica equilibrata.

I - La volontà di Dio in discussione

La santità è adesione perfetta alla volontà di Dio: ma come si conciliano questa volontà e l'autonomia della persona?

In che modo il volere divino illumina e guida l'uomo, che ha già nella coscienza e nell'intelligenza un criterio di verità e una norma di condotta, senza apparirgli una realtà estranea?

Qual è poi la natura della volontà di Dio?

Si proietta a volte su di essa una concezione irrazionalistica, propria di divinità pagane, che là riduce a una forza arbitraria e inappellabile, svincolata dall'ordine dei valori.

L'uomo allora reagisce con due atteggiamenti opposti: il fatalismo o la rivolta titanica.

La volontà di Dio richiama subito le idee di autorità e di provvidenza, che sono oggi sottoposte a profonda revisione.

Un'applicazione indiscriminata del motivo "volontà di Dio" per fondare l'autorità, anche religiosa, può condurre a legittimare l'autoritarismo e un'obbedienza immatura.

Si diffida da soluzioni e norme prefabbricate che portino troppo facilmente l'etichetta del "Dio lo vuole".

Inoltre, l'uomo moderno non soltanto legge spesso con difficoltà una trama provvidenziale nell'esistenza, ma rifiuta anche una nozione di provvidenza come armonia prestabilita e statica, disancorata dal continuo farsi della storia.

L'abbandono falsamente inteso alla volontà di Dio offre un alibi all'infantilismo spirituale.

La vita di fede adulta nella città secolare rimanda invece l'uomo al coraggio di gestire la propria libertà nel mondo, senza attendere un deus ex machina o un dio di comodo, destinato a risolvere miracolisticamente i conflitti esistenziali e sociali.

Anche se la volontà divina è presentata come volontà "del Padre", la psicologia del profondo avverte che non si proietti sulla paternità di Dio un'immagine deformata del padre terreno, e stimola indirettamente a mettere meglio a fuoco la visione nuova e l'esperienza specifica del Padre rivelato da Gesù.1

Questo compito è ancora più urgente in un ambiente socio-culturale che sembra caratterizzato dall'assenza del padre2 [ v. Figli di Dio I e passim ].

Dove e come ci è comunicata la volontà di Dio?

Una specie d'illuminismo spirituale crede di conoscerla unicamente con una istantanea luce carismatica, concessa nelle varie situazioni grazie a un filo diretto tra l'uomo e Dio.

All'altro estremo, la volontà divina sarebbe già come pietrificata in un codice - la bibbia, le leggi della chiesa, le regole di un Ordine religioso - che va attuato alla lettera.

È il pericolo del fondamentalismo e del giuridismo che hanno per coefficiente un rigorismo soffocante la libertà e la novità dello Spirito.

Ma ha ancora senso una legge esterna scritta?

Se si, qual è la sua funzione?

Altri eccessi del passato possono ripresentarsi in forma larvata.

Il volontarismo esagerato, di ascendenza stoica e pelagiana, considera la volontà di Dio qualcosa che l'uomo può realizzare da solo con una forte tensione volitiva.

Ma nell'affermare la serietà dell'impegno spirituale e l'importanza del fare, è necessario discernere il retto dinamismo che s'inserisce nel piano divino, dall'attivismo e dall'impazienza inautentica che escludono almeno in pratica la docilità alla grazia, ai tempi di Dio e del suo Spirito.

Al polo opposto il quietismo, fenomeno ricorrente nella storia della spiritualità, sopravvaluta il momento di passività dinanzi al volere divino, fino al dissolvimento della cooperazione umana e a una singolare giustificazione del libertinaggio.

Si affaccia infine il problema del rapporto tra volontà di Dio e bene dell'uomo.

Di fronte alle esigenze divine è lecito domandarsi se e come racchiudano la promessa di una realizzazione più piena del soggetto spirituale, senza d'altra parte eludere l'aspetto misterioso della volontà di Dio, che chiama alla ricchezza nascosta nella sapienza della croce.

II - Profilo biblico

La volontà di Dio3 ha due aspetti complementari: è dono inesauribile ed è norma di vita in una libertà ritrovata.

Nel senso prioritario è il disegno sapienziale, agapico e finalizzato della salvezza integrale dell'uomo, gratuità di comunione sempre più profonda con la Trinità, con i fratelli nella chiesa e con gli uomini di buona volontà.

Nel secondo senso è esigenza, sottoposta anch'essa a un'interiorizzazione progressiva dall'AT al NT.

La volontà di Dio è anzitutto offerta di grazia che mette in opera l'incontro interpersonale, nel dialogo di due libertà.

È quindi prima un dono da accogliere.

Dio dice: « Tu devi », soltanto dopo aver annunciato: « Io ti ho liberato » nell'esodo antico e nella nuova pasqua di Cristo ( Es 20,2; Rm 6,4-14; Gal 5,1.13s ).

La volontà di Dio è essenzialmente volontà di alleanza; e si riflette nella struttura dell'alleanza secondo un ritmo di dono preveniente - esigenza di risposta - benedizione escatologica.4

1. Iniziativa ed esigenza di Dio nell'At

Punto fermo della rivelazione veterotestamentaria è l'assoluta trascendenza di Jahve e della sua volontà, termine di silenziosa adorazione.

I disegni divini superano la comprensione umana ( Is 40,13s; Is 55,9 ).

L'onnipotenza si unisce con la volontà sovrana ( Sal 135,6; Gb 23,13 ) che nella natura ( Sal 33,6.9 ) è nella storia non conosce limiti alla propria azione: il Signore può annunciare in anticipo gli eventi, dire il suo piano che si attuerà infallibilmente ( Is 46,10 ).

Ma pur proclamando questa supremazia di progetti e di opere, l'AT attesta insieme che Dio si è liberamente comunicato all'uomo per abbracciarlo nella sua volontà gratificante ed esigente.

a. La volontà di Dio, dono e salvezza

Jahve è per definizione « colui che si compiace di fare grazia » ( Mic 7,18; Sap 11,23-12,2 ).

Gli eventi fondamentali che dischiudono la sua iniziativa gratuita sono la manifestazione del nome, l'elezione e l'esodo.

Comunicando il proprio nome ( Es 3,13-15 ), Jahve si è rivelato persona: la sua volontà è quindi di natura personale, non una forza che sfugge al dominio del soggetto.

In intimo rapporto con lo svelamento del nome, l'elezione e la creazione di un popolo libero attestano che il Signore ha una volontà determinata sulla storia dell'uomo; gli offre un bene che è comunione, preceduta dal gesto di affrancamento dalla schiavitù all'appartenenza al Dio vivente.

Reso partecipe di questa volontà di grazia, Israele la vede proiettarsi sulle origini; il dialogo d'alleanza si espande fin dalla creazione.5

La visione e l'esperienza biblica della provvidenza si contessono perciò col disegno messo in opera da un "Dio di uomini", di comunità e di storia.

L'elezione di singoli, a partire da Abramo, è sempre orientata alla salvezza del popolo e infine all'offerta di benedizione a « tutte le nazioni della terra » ( Gen 12,1-3 ).

L'elezione è trasparenza del beneplacito divino nel tempo.

La scelta di riconciliazione universale si manifesta pienamente nel Servo di Jahve, l' « eletto » ( Is 42,1 ).

Per mezzo suo « ciò che piace a Jahve si compirà » ( Is 53,10; Is 42,4-7; Is 49,1-6 ).

La volontà liberatrice si offre specialmente in "momenti favorevoli" ( kairoi: Sal 69,14; Is 49,8;

Is 61,2 ).

A farli scoccare concorrono la Parola ( dabar ) e lo Spirito ( rùah ) di Jahve, strumenti privilegiati della volontà salvifica.

La Parola opererà ciò che il Signore vuole, il nuovo esodo ( Is 55,10s ).

Guida di Mosè e d'Israele verso la terra del riposo ( Is 63,10-14 ), lo Spirito investe i capi carismatici per salvare dall'oppressore ( Gdc 3,10; Gdc 6,34; 1 Sam 11,6 ecc. ).

Ma è il profeta « l'uomo dello Spirito » per eccellenza ( Os 9,7 ), « pieno di forza con lo Spirito di Jahve » ( Mic 3,8 ).

Con lo Spirito donato ai profeti il Signore manifesta a Israele la sua volontà ( Zc 7,12; Ne 9,30 ): « in verità, Jahve non fa nulla senza aver rivelato il suo disegno ai suoi servi, i profeti » ( Am 3,7 ).

Essi sono gli interpreti del piano divino nella storia; per comprenderlo occorre quindi avere un carisma profetico, essere uomini dello Spirito, mediante il quale la volontà soteriologica apre un futuro sempre nuovo, nell'attesa di una pentecoste ( Gl 3,1s con Nm 11,29 ).

La benevolenza del Signore avvolge anche il singolo fedele, gli crea uno spazio sicuro, lo « fa uscire » dalla derelizione ridestando soltanto per lui il prodigio dell'esodo ( Sal 18,20 ).

Jahve ricopre ogni vivente col suo favore, ma segue con particolare amore la vita dell'uomo ( Sal 145,16; Sal 37,23 ).

Pur apparendo a volte enigmatico, il disegno divino è ispirato dalla sapienza più alta ( Pr 8,22-31 ) e anche dal profilo teleologico è pieno di senso: « Jahve ha fatto tutto per un fine » ( Pr 16,4 ).

« La tua provvidenza, Padre », guida l'uomo perfino su un elemento infido come il mare, « mostrando che puoi salvare da tutto » ( Sap 14,3s ).

b. La volontà di Dio, legge di libertà

L'esigenza è iscritta nella dinamica stessa del dono ed è fondata dal dono.

Mediante il comandamento Dio evoca e autentica la libertà dell'uomo, affidandogli la corresponsabilità di gestire la storia di salvezza.

La norma di vita conforme alla alleanza si esprime principalmente nella Legge ( tóràh ), la "costituzione" della libertà d'Israele.

Soprattutto il deuteronomista e i profeti danno rilievo all'esigenza più essenziale della Legge che rifletta il nucleo della volontà di Dio.

Egli vuole amore, timore e servizio « con tutto il cuore e con tutta l'anima » ( Dt 10,12s ).

La critica profetica a un culto dissociato dalla vita capovolge il valore dei gesti umani dinanzi all'autentico volere di Jahve.6

Essi si misurano non sull'esteriorità dei sacrifici ma sull'interiorità e sulla verità pratica degli atteggiamenti secondo le due relazioni fondamentali d'alleanza.

La relazione "verticale" è fede ( Gen 15,6 ), obbedienza integra ( 1 Sam 15,22s ), umile camminare con Dio ( Mic 6,8 ), « amore fedele » e « conoscenza di Dio » ( Os 6,6 ).7

Il Signore preferisce il dono della persona stessa dell'orante, il "sacrificio di lode"; accetta un cuore affranto e umiliato, povero di cose da dare ( Sal 40,7-9; Sal 50,7-15; Sal 51,18s ).

Scaturendo dalla prima e inverandola, la relazione "orizzontale" è solidarietà e rettitudine comunitaria, difesa dell'oppresso e dell'inerme, condivisione col povero ( Is 1,10-17; Is 58,1-14; Am 5,21-25; Mic 6,1-8; Pr 21,3 ).

Dio demitizza il culto e i riti esterni per richiedere la liturgia della vita, celebrata con la trasformazione esistenziale di una persona "offerente" quel che ha, in una persona "lodante" con tutto quel che è, nell'estasi simboleggiata dalla pura lode.

Jahve esige l'uomo per sé, un uomo però che, libero da se stesso per il Signore, liberi a sua volta il fratello.

c. La Sapienza e lo Spirito

L'alleanza del Sinai non ha reso Israele totalmente docile alla volontà di Dio.

Scritta su tavole di pietra, la legge rimaneva in certo senso una condizione esterna all'uomo e incapace di far nascere l'adesione perfetta.

Jahve annuncia una nuova alleanza.

In essa l'esigenza divina è comunicata in modo nuovo: non più dall'esterno ma dall'interno.

Dio la scrive direttamente sul cuore ricreato obbediente dal perdono gratuito ( Ger 31,31-34; Ez 36,25s; Dt 30,6.8.11-14 ).

Jahve in persona si fa maestro del suo popolo ( Is 54,13 ).

La legge diviene essa stessa un dono.

La conoscenza della volontà di Dio e il suo compimento sono dovuti alla Sapienza e allo Spirito, i due volti del medesimo dono celeste ( Ez 36,27; Sap 1,4-8; Sap 9,1-18 ).8

Per la loro fusione dinamica l'esigenza divina viene impressa sul cuore come guida vivente e vivificante.

Lo stesso Spirito di Dio fa da legge all'uomo.

Grazie a questo principio interiore che trasforma l'essere e lo inclina senza violenza alla nuova vita morale e religiosa,9 Jahve "farà sì che l'uomo faccia" ciò che a lui piace ( Ez 36,27 ).

Il rapporto con Dio è nello stesso tempo effuso dall'alto nel centro della persona, e spontaneamente vissuto nella più piena libertà: tra la volontà di Dio e la coscienza si crea una connaturalità sapienziale e pneumatica che genera la percezione intuitiva del gradimento di Jahve e la forza di attuarlo.10

2. La volontà del Padre nella pienezza dei tempi

L'AT conosce una paternità di Dio nei confronti del suo popolo.11

Il tipo di rapporto che soggiace al compimento della volontà divina è in germe una relazione filiale misurata da riverente timore.

Ma la piena manifestazione della volontà del "Padre" avviene nel NT.12

La persona e l'opera del Figlio situano il rapporto con Dio su una base totalmente nuova.

Il punto focale del disegno divino come epifania definitiva dell'amore gratuito e assoluto è la relazione unica di Gesù con la volontà del Padre.

a. Gesù rivela e compie la volontà del Padre

Il momento originario è l'invocazione Abbà ( Padre! ).

Gesù ricrea una parola nativa del linguaggio umano per togliere il velo sul rapporto filiale che lo unisce a Dio, in immediata connessione con la sua volontà ( Mc 14,36; Mt 26,39.42; Lc 22,42 ).

L'esperienza dell'Abbà da parte di Gesù è la fonte del suo segreto di vita, del suo messaggio e della sua prassi.13

Gesù è con tutto se stesso rivelazione plenaria della volontà del Padre e del suo dialogo con l'uomo ( Eb 1,2; Gv 1,18; Gv 14,6-9 ).

In lui si compongono i tratti della Sapienza fatta persona ( 1 Cor 1,30; Col 1,15-20; Eb 1,2s ).

Cristo è centro e sintesi del disegno sapienziale e agapico ( Ef 1,3-14 ).14

Per la conoscenza esclusiva, reciproca e intima che unisce il Padre e il Figlio ( Mt 11,25-27; Lc 10,21s ), Gesù è inoltre rivelatore della volontà paterna sia come dono sia come norma di vita.15

La volontà del Padre sta all'origine della nuova nascita « da Dio » ( Gv 1,12s ); è volontà di risurrezione operata dal Figlio ( Gv 6,39s ).

Questa volontà giusta, libera e liberale ( Mt 20,1-15; Lc 2,14 ) manifesta il mistero del regno ai semplici a preferenza dei dotti ( Mt 11,25s; Lc 10,21 ), vuole « misericordia e non sacrificio », offrendo la salvezza anche agli emarginati e ai lontani ( Mt 9,13 cit. Os 6,6 ), non è legata alla lettera della legge, ma al suo spirito, la carità liberante ( Mt 12,7 cit. Os 6,6 ), e si rivolge con speciale premura ai « piccoli » in pericolo ( Mt 18,14 ).

La figura sublime del padre nella parabola del figlio prodigo ( Lc 15,11-32 ) suggella la rivelazione "del" Padre con tratti d'infinita tenerezza.

Gesù è il messaggero plenipotenziario dell'esigenza radicale che Dio rivolge a tutti per la decisione escatologica.

Il discorso della montagna si ricapitola nel « fare la volontà del Padre mio che è nei cieli » ( Mt 7,21 ), volontà a cui corrisponde la « giustizia » da parte del discepolo, l'ortoprassi evangelica, la purezza delle opere che modella tutta l'esistenza sulla perfezione del Padre ( Mt 5,6.10.20.48; Lc 6,36 ),16 Gesù apre una nuova visione della provvidenza ( Mt 6,25-34 ) e dell'abbandono ad essa.

Dio si prende cura come Padre di chi cerca soprattutto il suo regno e la sua giustizia, cioè la sua volontà ( Mt 6,33 ).

Fare la volontà del Padre crea vincoli familiari con Cristo ( Mt 12,50; Mc 3,35; Lc 8,21 ) e, unendo a Gesù, unisce i discepoli tra loro.

La "ecclesìa" è quindi l'ambiente privilegiato in cui si comunica, si discerne e si compie la volontà del Padre.

Gesù è infine colui che ha accettato e vissuto totalmente la volontà del Padre in una vera storia d'uomo, dalla venuta nel mondo fino alla morte di croce ( Eb 10,5-9; Fil 2,8 ).

L'assimilazione del volere paterno è così profonda e vitale da esprimersi nel simbolo del cibo ( Gv 4,34 ).17

In grado sommo Gesù è l'uomo della nuova alleanza che ricevette sul cuore la volontà del Signore quando « imparò l'obbedienza da ciò che soffrì » ( Eb 5,8 ) e la realizzò nella più piena libertà, offrendo se stesso al Padre mediante lo Spirito ( Eb 9,14 ), in un'opzione di solidarietà con i « fratelli » ( Eb 2,14-17 ).18

L'obbedienza è ricreata al centro dell'esistenza, un'obbedienza trasformante e fonte della nuova obbedienza cristiana, perché animata dalla carità pasquale ( Rm 5,19; Eb 5,8s ).

Consumando l'offerta gradita di amore ( Ef 5,2 ), Gesù è « mediatore di una nuova alleanza » ( Eb 9,15 ), in cui la comunione col Padre è accessibile.

Cristo possiede in pienezza, per comunicarli, la sapienza e lo Spirito che consentono di conoscere e di compiere ciò che è gradito al Padre.19

b. La volontà del Padre nella chiesa

I discepoli ricevono in dono l'invocazione di Gesù: Abbà ( Gal 4,6; Rm 8,15; Lc 11,2 ).

Essa testimonia il passaggio alla libertà dei figli ed eredi « per volontà di Dio » ( Gal 4,7; Rm 8,14-17 ).

La spiritualità cristiana è interamente configurata dalla esperienza dell'Abbà, dalla relazione con la volontà del Padre.

Il suo contenuto è la santificazione, la letizia, la preghiera e il ringraziamento ( 1 Ts 4,3-8; 1 Ts 5,16-18 ).20

Se Dio lo vuole, il credente abbraccia anche la sofferenza educatrice, per amore della sua fede e per identificarsi a Cristo, affidandosi alla fedeltà del Padre che fa concorrere tutti gli eventi al bene degli eletti ( Rm 8,28.31-39; 1 Pt 3,17; 1 Pt 4,1s.19 ).

Alla volontà di lui, signore del futuro, bisogna abbandonare il proprio domani ( Gc 4,13-16; Rm 1,10; Rm 15,32 ).

La dimensione verticale e quella orizzontale della volontà divina si esprimono compiutamente come lode di Dio e condivisione fraterna ( koinónia; Eb 13,15s ), i nuovi sacrifici del culto cristiano di cui il Padre si compiace.

La conoscenza e il compimento della volontà del Padre sono una realtà dinamica.

« La legge dello Spirito che dà la vita in Gesù Cristo » ci ha liberati affinché la volontà di Dio sia compiuta in noi ( Rm 8,2-4; Ez 36,27; Ez 37,14; Ger 31,33 ).

Trasformato dallo Spinto di Dio, il credente può obbedire all'esigenza divina, non costrizione esterna, ma legge interna della sua nuova vita in continua crescita.

Il primo dono di tale vita è la fede in Cristo evocata dall'attrazione interiore del Padre ( Gv 6,44s: Is 54,13 ).

Percepita nella luce della fede e penetrante nell'uomo con l'azione dello Spirito, la parola di Cristo diviene sorgente d'insegnamento intimo, l'« unzione » che fa sapere tutto ( 1 Gv 2,20.27 ).

Realizzando la promessa della nuova alleanza, Dio imprime con lo Spirito la sua legge nel cuore dei credenti ( Eb 10,16; 2 Cor 3,3 ), insegna la sapienza della fede e la prassi dell'amore fraterno ( 1 Ts 4,9 ).

La volontà di Dio da a chi la compie un sigillo d'eternità ( 1 Gv 2,17 ).

Il cristiano deve progredire nel discernimento [ v. Discernimento II ] e nell'assimilazione sapienziale del gradimento divino, rinnovando la sua mente ( Rm 12,2; Ef 5,8-11.17 ).

Discernere la condotta più accetta al Padre in ogni situazione diviene la ragione interna della vita di fede e di carità ( Fil 1,9s; Col 1,9s).21

Fa parte della lettura della volontà di Dio nel presente il "discernimento degli spiriti" ( 1 Ts 5,21; 1 Gv 4,1s ).

La maturità cristiana si esercita dunque nella penetrazione sapienziale e pneumatica, nel discernimento profetico e nella pratica esistenziale della volontà del Padre.

E poiché il Padre stesso dona la sua norma di vita nell'intimo, il credente adulto non si domanda più « che cosa devo fare » per obbedire alla legge ma, andando al di là della legge e insieme compiendola in pienezza senza coazione, si domanda « che cosa posso fare » per piacere con un tatto sempre più intuitivo e affinato a una Persona, la cui volontà non si può calcolare in anticipo né fissare in un codice, perché « è dono, privilegio, libertà e benedizione ».22

Ci si protende verso l'orizzonte senza limiti della carità, mentre Dio dona « il volere e l'operare secondo il suo disegno di benevolenza » ( Fil 2,13 ).

Con la mediazione viva di Cristo, Dio compie nell'uomo la propria volontà, e l'uomo attua in Dio la propria libertà per il bene ( Eb 13,21 ).

Fare la volontà di Dio significa infine avvicinarsi alla promessa ( Eb 10,36-39 ).

Il piano salvifico si realizzerà completamente nel nuovo mondo della risurrezione, quando la benedizione dell'alleanza verrà sull'uomo come ultimo dono trasfigurante.

La volontà di Dio sarà compiuta nell'immediata fruizione della presenza del Padre.

Dio sarà « tutto in tutti » ( 1 Cor 15,28 ).

Questo punto omega deve già trasparire nell'oggi della chiesa, chiamata a compiere in terra quella volontà che si compie nei cieli.

c. Volontà del Padre e preghiera

L'invocazione « sia fatta la tua volontà », situata al centro del discorso della montagna ( Mt 6,10 ), unisce in armonia l'atteggiamento di attività e di passività.23

Si prega anzitutto per il compimento da parte del Padre della volontà di far venire il suo regno, dono e opera sua.

Insieme, si chiede che egli renda il cristiano capace di attuarla.

Così si partecipa alla preghiera pasquale di Gesù ( Mt 26,42 ) che accettando la passione glorificante libera lo spazio per il regno del Padre.

Tale disponibilità al disegno divino è vissuta pienamente anche da Maria ( Lc 1,38 ) ed è nutrita dalla sua assidua meditazione della Parola per metterla in pratica ( Lc 2,19.51; Lc 11,28 ).

Inoltre, il Padre ascolta il Figlio perché questi compie la sua volontà ( Gv 9,31 ); i discepoli saranno esauditi se osserveranno i comandamenti del Padre, interiorizzati con l'accoglienza della parola di Gesù ( Gv 15,7 ).

Vi è infine una condizione interna alla preghiera stessa: essere fatta « secondo la volontà » di Dio ( 1 Gv 5,14 ), che è in concreto la salvezza dell'uomo per l'eternità ( Gv 6,39s; 1 Gv 2,17 ), la configurazione con Cristo ( 1 Gv 3,1s ), e che il credente dovrebbe conoscere per un'affinità vitale col Padre.

Chiedere quindi « secondo la sua volontà » non è un limite all'orazione di domanda ma ne è piuttosto l'elevazione e la liberazione: quanto più il cristiano si purifica dalla propria ottica limitata e dall'istinto di piegare a sé la volontà di Dio, tanto più innalza la sua volontà a quella di Dio e si trasforma in lui, assorbendone lo stesso respiro salvifico di sapienza e di amore.

E quanto più si identifica col volere del Padre, tanto più la preghiera porta in sé la sicurezza di essere esaudita perché compiuta nella pienezza della comunione.24

Ma per raggiungere questa intimità di sintonia orante il cristiano, che non sa « che cosa sia conveniente domandare », riceve l'aiuto decisivo dello Spirito: « Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio » ( Rm 8,26s ).

III - Cenni allo sviluppo del tema nella storia della Chiesa

Dalla vita dei santi, esperienza universale-concreta ed esegesi esistenziale della volontà del Padre, alle trattazioni dottrinali, lo studio del tema è quasi inesauribile.

Ci limitiamo a rilevare alcuni elementi più significativi che, insieme col messaggio biblico, risolvono i problemi segnalati.

1. La legge nuova

Nell'età patristica l'evoluzione del tema si snoda secondo due direttrici: la prima espone il piano di salvezza e legge il disegno provvidenziale nelle situazioni storiche;25 la seconda riflette sull'esistenza cristiana contrassegnata dalla relazione immediata col Padre grazie alla "legge nuova" dello Spirito, derivante dall'evento compiutosi in Gesù.26

Lo Spirito santo attua negli uomini « la volontà del Padre rinnovandoli dalla vetustà alla novità di Cristo ».27

Per s. Giovanni Crisostomo la vita cristiana dovrebbe essere così pura da far trasparire la « grazia dello Spirito » della nuova alleanza, in cui i cuori sono « scritti con lo Spirito ».28

L'essenziale di questi motivi patristici confluisce nella sintesi di s. Tommaso d'Aquino, specialmente nella sua dottrina sulla lex nova,29 il cui elemento principale è la stessa grazia dello Spirito santo donata con la fede in Cristo ed effusa interiormente.

Questo stato della legge nuova è il più perfetto e il definitivo perché introduce al fine ultimo, la comunione con Dio in Cristo.

La lex nova è da un altro profilo la legge della carità.

In breve, « lo Spirito santo, operando in noi la carità, pienezza della legge, è il nuovo testamento ».30

La legge dello Spirito,31 che si concreta nel dinamismo e nell'« istinto » interiori e pneumatici, consente di risolvere il rapporto della libertà cristiana con la volontà di Dio espressa nel comandamento, e con l'elemento esterno, « secondario », della legge nuova.32

2. Contributo di alcuni esponenti della spiritualità

a. S. Teresa di Gesù

Nella conformità alla volontà di Dio sta la più grande perfezione.33

Avanzando in tale adesione si gusta il dono della manna celeste, quando « l'anima ha tutto quello che vuole perché non vuole se non quello che Iddio vuole ».34

Si tratta di un'elargizione gratuita, a cui insieme l'uomo spirituale può e deve disporsi.

Importante per conoscere il pensiero della santa sulla volontà del Padre è il commento alla terza domanda del Padre nostro.35

Con questa domanda Gesù ha consacrato al Padre la volontà di tutti noi e vuole offrirla con un gesto d'efficacia "sacramentale".

Egli dona di poter realizzare quanto ha presentato in nome nostro.

Noi dobbiamo rendere vero quel che Gesù ha offerto e offre per noi al Padre.36

Nell'unione trasformante la tensione profonda della volontà liberata dai condizionamenti terreni s'invera nella volontà paterna di Dio.

È la conquista del cuore del Padre, conquista che porta in sé un ricevere sempre più gratificante perché quanto più Dio vedrà effettivo, con fervore di opere, il dono della volontà, tanto più attirerà l'anima a sé; e quando l'anima non saprà più che domandargli, « Egli continuerà a donare » fino allo stato di rapimento in cui le restituirà « la volontà che ella gli ha offerto e le darà insieme la sua »; vi sarà armonia perfetta: Dio infatti, « vedendo che l'anima fa quello che Egli vuole, farà anch'Egli quello che ella chiede »,37 con l'onnipotenza che supera ogni desiderio e non cessa mai di volere, cioè di donare.

b. S. Giovanni della Croce

La ricerca e la scoperta della volontà di Dio sono situate in una visuale di storia della salvezza.38

Cristo è rivelazione plenaria e definitiva della volontà del Padre.

La vita spirituale è orientata a Cristo-Parola e Cristo-Opera perfetta del Padre; in lui infatti Dio ci ha dato « il Tutto » e ci ha detto tutto.39

Assai significativa è l'accentuazione dell'umanità di Gesù.

Fissare « il Cristo umanato »40 diventa insieme contenuto e criterio della ricerca della volontà divina, che non si volatilizza in un astratto spiritualismo, ma prende forma nella concretezza storica dell'incarnazione; e in Cristo, Parola del Padre fatta carne, si legittima il passaggio ad altri interpreti umani della volontà di Dio e all'ambiente ecclesiale in cui essa si manifesta.41

Il santo dà risalto anche alla direzione spirituale.

Rilevante è inoltre il ruolo affidato alla « ragione naturale » e alla prudenza, in armonica collaborazione con l'opera della chiesa e del direttore di spirito, per conoscere ciò che Dio vuole.42

Dio non supplisce miracolisticamente all'esercizio di quel che egli stesso ha donato all'uomo.43

L'uomo spirituale si può dunque ben regolare sotto due luci: « la ragione naturale e la legge e dottrina evangelica »,44 trasmessa nella chiesa.

Quanto allo stato dell'unione mistica, esso « consiste nella totale trasformazione della nostra volontà in quella di Dio di modo che in essa niente vi sia di contrario al volere di Dio, ma ogni suo atto dipenda totalmente dal beneplacito divino ».45

Gli elementi profondamente teologici che qualificano il messaggio del santo sull'unione sono la funzione preminente dello Spirito santo,46 l'ineffabile storia di dono reciproco che coinvolge le due volontà fino all'identificazione di amore, la libertà nuova concessa a chi è gratificato dell'unione perfetta.47

c. S. Ignazio di Loyola

La vita e il messaggio ignaziani sono interamente protesi a « cercare e trovare la volontà divina ».48

Questo è lo scopo degli ( v. ) Esercizi Spirituali ( = ES ),49 condensazione di una esperienza alimentata dalla cosciente e continua tensione a scoprire ciò che è "più" ( magis ) gradito al Signore.

Gli ES sono una pedagogia della conformità al volere del Padre e una metodologia esistenziale per ricercarlo nell'elezione, soprattutto mediante l'esperienza interna,50 ma senza trascurare l'impegno della ragione illuminata dalla grazia "normale".51

La concezione della volontà divina si colloca nell'orizzonte più vasto della visione ignaziana di Dio.

La trascendenza della Maestà e la libera, inesauribile autodonazione di Dio alla sua creatura si uniscono negli attributi teologici preferiti: la somma bontà e onnipotenza dirette dalla sapienza e orientale dalla Provvidenza, che il santo ama definire « soave » e « paterna ».52

La conoscenza della volontà di Dio negli ES è tipica della nuova alleanza; Dio può comunicarsi direttamente,53 dona di eleggere lo stato di vita,54 da il volere,55 pone nel cuore quel che si deve fare.56

Il cristiano discerne e attua la volontà divina offrendo tutto se stesso nella sequela di Cristo, la cui volontà di conquistare il mondo manifesta la volontà salvifica del Padre,57 e lasciandosi muovere dall'amore che discende « dall'alto »,58 fino alla consumazione dello scambio donante.59

Il credente deve giungere a « sentire » come per connaturalità ciò che "più" Dio gradisce e ad attuare il servizio "più grande" nella chiesa e nel mondo.60

L'ottica della nuova alleanza appare anche nelle Costituzioni sul filo del rapporto tra legge esterna e legge interna, tra norma e carisma.61

Il primato spetta alla « legge interna della carità e dell'amore che lo Spirito santo scrive e imprime nei cuori »; è questa legge che gioverà « più di ogni altra costituzione esterna » a far progredire un Ordine religioso.62

L'« unzione » dello Spirito insegna il modo di adattarsi alle varie circostanze.63

Le Costituzioni sono quindi un insieme di principi operativi e ispiratori di discernimento per applicare meglio la legge interna.

Pur essendo necessaria in una comunità viatri ce, la legge scritta ha un « fine subordinato ».64

Considerata antecedentemente all'azione dello Spirito, ma sempre orientata ad esso, la legge ha una funzione educatrice in quanto contribuisce a formare l'uomo dello Spirito ( processo d'interiorizzazione ); considerata dopo l'azione dello Spirito, essa la incarna, la esprime e diventa « l'alveo della istituzione in cui scendendo la potenza del carisma viene maggiormente sfruttata ».65

d. Nei secoli, successivi, fino a buona parte del XX

Il tema della volontà di Dio riappare soprattutto dal profilo dell'abbandono e della conformità ad essa in numerosi trattati di perfezione.

Ricordiamo Benedetto di Canfeld, s. Francesco di Sales e s. Alfonso Maria de Liguori.66

L'aspetto dell'abbandono, in particolare, è approfondito dopo che specialmente il fenomeno del quietismo ne aveva proposto una concezione erronea.67

Degno di menzione è un breve trattato di Jean-Pierre de Caussade sull'abbandono alla Provvidenza68 che, evitando le deviazioni quietistiche, ha esercitato un notevole influsso sulla spiritualità ed è ancor oggi ricco di indicazioni per una via semplice, e insieme radicata nelle virtù teologali, di affidarsi nel quotidiano alla volontà del Padre.

IV - Atteggiamenti fondamentali di fronte alla volontà del Padre

La relazione di Cristo con la volontà del Padre è sorgente e modello dell'atteggiamento più profondo del cristiano: prendere coscienza, mediante lo Spirito, della figliolanza adottiva.

Chiamato ad essere figlio nel Figlio, l' ( v. ) uomo spirituale tende alla interiorizzazione dell'esperienza dell'Abbà.

Tale esperienza scopre la libertà prima nascosta che scaturisce dalla relazione col Padre il quale è pura gratuità di amore.

Nel donare al credente il destino di figlio, il Padre lo vuole e lo pone in una responsabilità dialogale, in una vera autonomia ma nel continuo riferimento al Padre, che cresce fino all'intimità filiale [ v. Figli di Dio ].

Il dinamismo insito nell'esperienza dell'Abbà segna un altro atteggiamento: cercare e trovare ciò che è più gradito al Padre.

La sua volontà non è data una volta per sempre come una statica trama prefissata.

Quel che avvenne in Gesù si rinnova nell'esistenza cristiana.

La volontà del Padre vive nel figlio e vive col figlio, contessendosi con la sua storia, ispirandogli momento per momento l'esigenza della "sua ora".

Il piano del Padre si incarna realmente nella storia e si dona attraverso la storia, aprendola dal di dentro alla grazia pasquale.

Insieme, la volontà del Padre trascende sempre verso l'alto e in avanti la vita del cristiano e lo attira verso il compimento del progetto salvifico.

Se è l'uomo che cerca, è Dio che si fa trovare.

Ne deriva il duplice atteggiamento di attività e di passività di fronte alla volontà divina.

Essa è anzitutto dono che attende la disponibilità accogliente.

Cercare la volontà del Padre è in primo luogo riceverla.

Farla è abbandonarsi totalmente a lui, al suo ritmo e alla sua sapienza educatrice.

Il Padre conosce e compie il bene più grande del figlio, anche se questi non vede i confini e la logica del progetto paterno.

Ma il credente ha nello stesso tempo il compito di entrare consapevolmente nel disegno del Padre.

Per questo lo deve attivamente cercare.

Esistono vari luoghi e criteri per scoprire il volere divino.

Il luogo fontale è la ( v. ) chiesa.

In lei sono trasmesse la ( v. ) Parola di Dio, norma e criterio supremi della lettura della volontà del Padre, e l'interpretazione autentica della Parola.

Nella chiesa matura la ricerca comunitaria di ciò che piace al Padre, nel dialogo con i fratelli di fede e, per i singoli, nel confronto interpersonale col direttore di spirito [ v. Padre spirituale ].

La volontà di Dio si manifesta al cuore orante.

La ( v. ) preghiera, creando le condizioni ideali dell'ascolto, fa entrare in sintonia con la volontà del Padre fino a consentire di intuirla per familiarità.

Vi è poi la stessa ( v. ) esperienza di vita nello Spirito: la penetrazione "carismatica" e il ( v. ) "discernimento spirituale" sono approdi alla volontà del Padre, sempre in intimo rapporto con la comunità ecclesiale.

Luogo privilegiato di percezione della volontà divina è la coscienza ( LG 16; GS 16 ).

Permeata dalla fede, essa deve formarsi a integrare originalmente la fedeltà alla rivelazione e la fedeltà alla propria storia, la saggia accettazione del passato e l'attenzione al nuovo, le dimensioni individuale e comunitaria: una coscienza di storia di salvezza e di chiesa, libera dalla ripetizione e inventiva nell' ( v. ) obbedienza.69

Emergono infine un luogo e un criterio antropologici.

La conoscenza della volontà di Dio dipende da un "ricevere dall'alto" ma progredisce anche secondo la traiettoria di una "ricerca dal basso".

Il disegno divino si svela, alla luce della fede e della Parola, con l'analisi del proprio esistere quale continuo "progetto" e storicità, e specialmente con la lettura sapienziale dei ( v. ) "segni dei tempi" ( PO 6; PO 11; PO 15; PO 18; AA 4; GS 11 ).

La volontà del Padre si fa presente nelle cose, rispettate nella loro verità, negli avvenimenti anche più semplici e quotidiani, e nello stesso "destino",70 che cessa di essere un dato ineluttabile.

La volontà di Dio s'invera nel promuovere il vero bene dell'uomo ( GS 93 ).

Da questo profilo, essa non si rivela tanto nella teoria quanto nella prassi di amore.

Facendosi "prossimo" dell'altro, il cristiano vede e attua la volontà dell'unico Padre.

Dove si coglie il bene autentico dell'uomo là è anche la volontà di Dio ( GS 35 ): nell'ordine dei valori, dalla pace all'amicizia, dalla lotta per la giustizia alla riconciliazione ( DH 6 ).

Tutto ciò che è pienamente umano è anche cristiano, e quindi tramite ed appello del volere divino.

L'epifania della volontà del Padre ha una dimensione escatologica.

Il "non ancora" della sua sovranità si manifesterà quando il Padre donerà anche l'ultima benedizione, nei cieli nuovi e nella terra nuova, a chi ha vissuto la perfetta adesione alla sua volontà.

Di qui nasce la tensione della ( v. ) speranza cristiana che fa presa già sulla promessa e anticipa nell'oggi la venuta definitiva del regno del Padre.

Cercare la … Discernimento IV,3
Discernimento IV,4
Obbedienza II
Padre IX
Presso Cristo Crisi II,2
Obbedienza II
Obbedienza IX
Tentazione X

S. G. B. de La Salle

Amiamo la vita ritirata imitando Gesù che si rifugiò e visse sconosciuto in Egitto MD 6,1-2
Dobbiamo essere fedeli all'obbedienza, nonostante le tentazioni più violente MD 10,3
L'obbedienza ottiene spesso grandi risultati, anche se - in se stessa - sembra ben poca cosa MD 12,2
Tre tipi di persone che obbediscono ma non hanno il merito dell'obbedienza cieca MD 15,3
La regalità di Gesù Cristo MD 22,1
I Giudei decidono di far morire Gesù MD 23,2
Gesù si abbandona alle sofferenze e alla morte MD 24,1-3
Gesù Cristo desiderava soffrire e morire MD 25,1
Le cinque piaghe di Gesù Cristo MD 28,2-3
Disposizione dell'animo per ricevere lo Spirito Santo MD 42,2
La prima preoccupazione di chi insegna dev'essere quella di allontanare i suoi alunni dal peccato MD 56,1
Abbandonarsi alla Provvidenza MD 67,1
Conversione di san Paolo MF 99,3
San Giuseppe MF 110,2
Annunciazione della Beata Vergine Maria MF 112,2
San Barnaba MF 134,1
Visitazione della SS.ma Vergine MF 141,1
Chi educa i giovani coopera con Gesù Cristo alla salvezza delle anime MR 195,1
Gli educatori possono essere gli Angeli custodi dei loro ragazzi MR 198,1-2

Metodo di orazione

… di Dio 14 - 31 - 111 - 47 - 298
Non avere più … propria 31 - 101

1 P. Grelot, Poche originel et rédemption examinés a partir de t'épitre aux Romains, Parigi, Desclée 1973, 25-53.263-285.390-441
2 I problemi qui accennati sono analizzati nel numero monografico Refus du pére et paternité de Dieu di LumVie 20 (1971) n. 104, 2-138
3

Il lessico e la fraseologia della volontà e del volere nell'uso teologico sono abbastanza ricchi nella bibbia e permettono di fare l'inventario sufficiente dei concetti e dei testi relativi alla volontà di Dio che utilizziamo nella nostra sintesi. Dell'AT ebraico menzioniamo i vocaboli principali: i verbi hafes e ràsah e i sostantivi hefes e ràfón, con cui si può esprimere sia la "volontà" di Dio in senso stretto sia il suo "gradimento", "beneplacito", "favore" con segno positivo o negativo. Cf G. Gerleman, hps Gefatlen haben in Theologisches Handworterbuch zum Alten Testament (a cura di E. Jenni e C. Westermann), Monaco di Baviera -Zurigo, Chr. Kaiser Verlag Theologischer Verlag, 1 (1971) 623-A26; Id., rsh Gefallen haben, ivi, 2 (1976) 810-813: G. Segalla, La volontà di Dio nei LXX, in rapporto al TM: thelema, rdsón, hefes in RBi 13 (1965) 121-143. Tra le locuzioni ebraiche ricordiamo soltanto "ciò che è bene", "retto" (o "male") "agli occhi di Jahve". Per i LXX e il NT (e anche per il sostrato ebraico) il lessico più importante della volontà e del gradimento di Dio è reperibile nell'uso teologico di aresko, arestos; euaresteò, euarestos (W. Foerster in GLNT 1, 1213-1220); boulomai, houle. (G. Schrenk in GLNT 2, 301-324); eudokeò, eudokia (Id. in GLNT 3, 1107-1142), thelo. thelema (Id. in GLNT 4, 259-312); dei, "è necessario" (W. Grundm'ann in GLNT 2, 793-804); bina "affinchè" (E. Stauffer in GLNT 4, 1022-1042: proposizioni finali di contenuto teologico ed etico)

4 J. L'Hour, La morale de l'alliance, Parigi, Gabalda 1966; B. Hamel, Alleanza e legge. Storia di un'interiorizzazione progressiva in RasT 16 (1975) 513-532. Alcuni elementi portanti della struttura dell'alleanza sono: il "prologo storico" che commemora i benefici di Dio ( Dt 26,5-9; Gs 24,2-13 ), spesso racchiusi nella formula pregnante della liberazione dall'Egitto ( per es. Es 20,2 ); il "comandamento fondamentale" di fedeltà, amore e servizio verso Jahve ( Dt 6,5; Gs 24,14 ); le clausole particolari, tra cui spicca il decalogo ( Es 20,3-17; Dt 5,7-21 ); la lista di "benedizioni e maledizioni" (per es. Dt 28,1-29,28 ). Al "prologo storico" corrisponde il volere divino come iniziativa creatrice di storia con l'uomo e 'generatrice di comunità nella serie d'interventi salvifici culminanti in Cristo. Il "comandamento principale" e il decalogo, rifusi nel nuovo comandamento dell'amore, pienezza della legge ( Gv 13,34; Rm 13,8-10 ), rispecchiano la volontà di Dio quale norma di vita. Le "benedizioni e maledizioni" aprono il futuro escatologico dell'alleanza, dischiudendo la volontà di Dio come suprema istanza finale di un giudizio che vuoi essere per sé il dono dell'ultima benedizione ( 2 Pt 3,13; Ap 21,1-22,5)
5 A. Fanuli, L'uomo e la scelta morale nell'AT in Antropologia biblica e morale. Napoli, Dehoniane 1972, 61-68
6 Per comprendere la portata rivoluzionaria della critica profetica al culto, va notato che nel Levitico ricorre un uso tecnico del lessico della volontà di Dio (rasah/rdsòn): esso appare nelle formule fisse con cui il sacerdote dichiara il gradimento o il rifiuto di un sacrificio da parte di Jahve, secondo che l'offerta e i riti sono conformi o no a regole minutamente stabilite (per es. Lv 1,3s; Lv 7,18; Lv 22,18-30 ).
Se esse sono rispettate, l'oblazione è ''accreditata" all'offerente, che ne trae un beneficio quasi "automatico". A questo punto s'inserisce la denuncia profetica.
Adottando consapevolmente lo stesso lessico levitico, i profeti capovolgono il concetto di "validità" del gesto dinanzi alla volontà di Dio.
Per essere "accreditato", esso non deve avere una validità "esterna", verificata dal sacerdote, ma una validità "interna", esprimere cioè il vero rapporto d'alleanza nella duplice relazione "verticale" (con Dio) e "orizzontale" (col prossimo)
7 La nozione oseana e geremiana di ''conoscenza di Dio" svela una spiritualità e una vera mistica della volontà divina.
Conoscere il Signore è un atto totalizzante.
Tale conoscenza non si ottiene mediante un'illuminazione disincarnata o un processo introspettivo.
Essa ha una componente noetica e una componente esistenziale inseparabili.
Sul piano noetico, è assidua contemplazione della storia di salvezza, appropriazione interiore dell'esodo, ritorno alle origini dell'essere popolo ( Os 13,4; Os 11,1-3; Os 12,10 ).
Conoscere Dio e la sua volontà significa comprendere questi eventi portatori di rivelazione e ascoltare la Parola che ha dettato a Israele lo statuto della sua libertà, la legge come esigenza vivente ( Os 4,1s.6 ).
A livello esistenziale, questo "sapere", che ha per termine il Signore dell'esodo e del Sinai, fa entrare in comunione con lui e fa vivere con fiducia il consenso a lui. La conoscenza di Dio è insieme visione penetrante che avanza nel mare senza sponde del mistero di autodonazione di Jahve nella storia sacra, e obbedienza che si affina sull'esperienza rinnovata della liberazione continuamente offerta. Cf anche Ger 2,8; Ger 4,22; Ger 9,23; Ger 22,15s; Ger 24,7; Ger 31,34
8 M. Gilbert, Volante de Dieu et don de la Sapesse (Sg 9,17s) in NRT 93 (1971) 145-166; P. van Imschoot, Sagesse et Esprit dans l'Ancien Testament in RB 47 (1938) 23-49
9 Per l'inventario e l'analisi dei testi; P. van Imschoot, L'esprit de Jahvé et l'alliance nouvelle dans l'Ancien Testament in EThL 13 (1936) 201-220; L'esprit de Jahvé, principe de vie morale dans l'AT in EThL 16 (1939) 457-467; L'esprit de Jahvé, source de la piòte dans l'AT in BiViChr 6 (1954) 17-30
10 In questa prospettiva profetica la teologia spirituale della volontà di Dio nell'AT supera la trasmissione esterna e settoriale (rappresentata dalla legge del Sinai) col presentimento di un comunicarsi inferiore e trasformante dell'esigenza divina.
La legge nel suo valore fondamentale non è soppressa ne si esclude una promulgazione anche esterna della volontà di Dio, nondimeno avvengono mutamenti sostanziali: cf È. Hamel. a. e. in RasT 16 (1975) 525-530
11 I testi sulla paternità di Dio nell'AT sono esaminati da W. Marchel, Abba, Pére!
La prière du Christ et des chrétiens, Roma, Biblical Institute Press 1963, 9-52.57-82;. G. Quell, poter in GLNT 9, 1164-1190
12 Anche il NT conosce la trascendenza della volontà divina che si esprime nella creazione ( Ap 4,11 ) e si avvolge in un'arcana profondità di sapienza ( Rm 11,33-35; 1 Cor 2,11.16 ).
La volontà sovrana di Dio non può essere chiamata in giudizio dall'uomo perfino quando si traduce in inspiegabile elezione e rifiuto; se Dio dispone della sua opera come vuole, ha però sempre di mira un bene maggiore ( Rm 9,14-24 ), e si riserva un ultimo intervento per reintegrare nella grazia, manifestandosi ancora una volta mistero, ma di insperata risurrezione e misericordia ( Rm 11,11-15.23-32 ). Dio « vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla piena conoscenza della verità » ( 1 Tm 2,4 )
13 E. Schillebeeckx. Gesù. La storia di un vivente, Brescia, Queriniana 1976, 262-279 (con bibl. sulla paternità di Dio nel NT, 262s). Sull'originalità gesuana dell'invocazione Abbà cf J. Jeremias, Abba, Brescia, Paideia 1968, 7-70; W. Marchel, o. c., 83-177
14 Ef 1,3-14 è il testo più ricco del NT per il lessico della volontà e del beneplacito divini. Questo lessico è studiato da K. Romaniuk, L'amour du Pére et du Fils dans . la sotériologie de saint Paul, Roma, Biblical Institute Press 1961, 153-183
15 G. Segalla, Gesù rivelatore della volontà del Padre nella tradizione sinottica in RBi 14 (1966) 466-508
16 Sulla volontà del Padre in Mt e il suo rapporto con la "giustizia" cf H. Frankemolle, Jahwehund una Kirche Christi. Studien z.ur Form- und Traditionsgeschichte des "Evangeliums" nach Matthiius, Miinster i.W., Aschendorff 1974, 273-307
17 Gv 5,30; Gv 6,38; Gv 8,29.
Per l'esegesi di questi e degli altri testi giovannei che citeremo cf G. Segalla, Volontà di Dio e dell'uomo in Giovanni (Vangelo e Lettere), Brescia, Paideia 1974
18 L'accettazione della volontà del Padre è libera, anche se drammatica: per compierla, Gesù rinuncia a fare la propria ( Gv 5,30; Gv 6,38; Gv 10,17s; Mc 14,36 e par.).
Ma in tal modo egli non aliena bensì esprime la sua libertà più profonda.
L'obbedienza del Figlio è ispirata dall'amore per il Padre e per gli uomini, ed è condizione per restare nell'agape del Padre ( Gv 14,31; Gv 15,9s.12s; Gal 2,20 ).
La comunione interiore che si stabilisce tra il Figlio e il Padre, nel libero incontro delle volontà, fa sì che l' "opera" di Gesù sia dono del Padre, e il Padre doni a Gesù il potere di realizzare personalmente l' "opera" di salvezza: A. Vanhoye, L'oeuvre du Christ, don du Pére (in. 5,36 et 17,4) in RecSR 48 (1960) 377-419: cf anche A. Rizzi, Cristo verità dell'uomo.
Saggio di cristologia fenomenologica, Roma, AVE 1972, 155-219.250-320 per un accostamento in categorie moderne al rapporto tra l'obbedienza di Gesù e la volontà del Padre.
Per s. Tommaso d'Aquino, diversamente dal modo d'intimare della legge antica, che comanda dall'esterno, la volontà del Padre incontra dall'interno (come "legge nuova") la volontà umana del Figlio: « gli ispirò la volontà di patire per noi, infondendogli la carità »; perciò Cristo patì "volontariamente" "per obbedienza al Padre" (S. Th. Ili, q. 47, a. 3; cf C. Geni. IV, 55; In epist. ad Rom. c. 8, lectio 6); Gesù fu mosso dallo Spirito santo, che dona l'istinto interiore di carità: In epist. ad Hebr. e. 9, lectio 3
19 L. Di Finto, Volontà di Dio e legge antica nell'Epistola agli Ebrei, Napoli, Laurenziana 1976, 42-76
20 C. Romaniuk, La volontà di Dio come motivo parenetico nelle Lettere di s. Paolo in RBi 20 (1972) 353-368
21 Per i testi fondamentali di Rm 12,2; Fil 1,9s; Ef 5,8-11; Col 1,9s sul discernere Idokimazein) e conoscere la volontà di Dio ef G. Therrien, Le discernement dans les écrits pauliniens, Parigi, Gabalda 1973, 139-148.165-186.193-216; C. Noyen, Foi, charité, espérance et "connais sance" dans les Épìtres de la captivité in NRT 94 (1972) 897-911, 1031-1052; B. Antonini, La conoscenza della volontà di Dio in Col 1,9b in La cristologia in* s. Paolo (Atti della XXIII Settimana Biblica), Broscia, Paideia 1976, 301-340
22 E. Hamel, a. e. in RasT 16 (1975) 527. Al "donami quel che comandi" seguirà spontaneamente "e comanda quel che vuoi" (da quod iubes, et tube quod vis: s. Agostino, Conf. 10, 29, 1, CSEL 33, 256).
La volontà di Dio si comunica alla comunità e al singolo in un insegnamento interiore - Spirito, sapienza, carità - che
non esclude quello esterno, ma lo subordina a sé. A sua volta l'insegnamento esterno consente a quello interiore di verificarsi nella propria novità, di applicarsi alle situazioni concrete e di esprimersi meglio. L'uno e l'altro sono infatti Parola di Dio e convergenti verso l'assoluto della carità, pienezza e superamento di ogni legge: cf È. Hamel, La scelta morale tra coscienza e legge in RasT 17 (1976) 121-136. Il cristiano adulto non è un "senza legge", ma tende a sorpassare la legge mentre la compie, verso il "di più" della carità.
Egli fa senza coazione quanto la legge prescrive, perché è animato dallo Spirito e dal suo istinto: cf s; Tommaso d'Aquino, In epist. 2 ad Cor. e. 3, lectio 3
23 La domanda della realizzazione della volontà di Dio […] è non soltanto formalmente il centro della preghiera del Signore ma anche, insieme con questa, il centro dell'intero "lieto messaggio della basileia" » ( Mt 5-7 il "discorso della montagna"); H. Frankemolle, o. e., 275.
Sulla terza domanda del Padre nostro cf M.-E. Jacquemin, La portée de la Troisième Demando du "Pater" in EThL 25 (1949) 61-76; J. Carmignac, Recherches sur le "Notre Pére", Parigi, Letouzey 1969, 103-109. « Sia fatta la tua volontà » non giustifica dunque un falso abbandono, ma chiede positivamente che Dio faccia in modo che la sua volontà si compia, e disponga l'uomo a compierla insieme, come il Figlio. In tal modo s'incontrano l'apertura accogliente al dono del Padre e la spontanea risposta filiale al suo appello, secondo gli oracoli della nuova alleanza ( Ger 31,33s; Ez 36,26s)
24 Sul rapporto tra volontà del Padre e preghiera cf le eccellenti riflessioni di G. Segalla, Volontà di Dio e dell'uomo, cit., 295-307
25 Ricordiamo il De civitate Dei di s. Agostino e Sulla provvidenza di Dio di s. Giovanni Crisostomo (Sur la providence de Dieu, Sources Chrét. 79, introd., testo critico, traduz. e note di A.-M. Malingrey, Parigi, Cerf 1961)
26 In generale A. Valsecchi, Legge nuova in DETfA (19764), 534-544; per il periodo patristico e s. Tommaso: Id,, Lettera e spirito nella legge nuova: linee di teologia patristica in SC 92 (1964) 483-516; La "legge nuova" del cristiano secondo s. Tommaso d'Aquino, Varese 1963
27 s. Ireneo, Adv. haereses 3, 17, 1, PG 7, 929;
Un altro testo significativo di s. Ireneo: « Ora che, grazie a questa vocazione, la vita ci è stata donata, e Dio ha ricapitolato in noi la fede di Abramo, non dobbiamo più tornare indietro alla prima legislazione, perché abbiamo ricevuto il Signore della Legge, il Figlio di Dio e, per la fede in lui, impariamo ad amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come noi stessi […]. È per questo anche che la Legge non ci è più necessaria come pedagogo; ecco che noi colloquiamo col Padre e, dinanzi a lui, stiamo in piedi a faccia a faccia » (Epideixis 95s, Sources Chrét. 62, 163s). S. Cipriano scolpisce la volontà di Dio come « quella che Cristo fece e insegnò » (De dominica oratione 15, CSEL 3/1, 277; cf l'intero commento alla terza domanda del Pater, 14-17, CSEL 3/1, 276-280)
28 In Matth. hom. I, 1, PG 57, 13-15
29 S. Th. I-II, qq. 106-108
30 In epist. 2 ad Cor. e. 3, lectio 2
31 La lex Spiritus è in un primo senso lo stesso Spirito santo presente nella mente; egli non soltanto insegna che cosa si deve fare illuminando l'intelligenza circa l'agire, ma anche inclina l' "affetto" ad operare rettamente.
In un altro senso la lex Spiritus e l'effetto proprio dello Spirito santo, la fede attiva nella carità, unzione che insegna interiormente ogni cosa (con riferimento a 1 Gv 2,27) e impulso caritativo, « E questa legge dello Spirito è detta dunque legge nuova, la quale è o lo Spirito santo in persona o quella [legge] che lo Spirito santo opera nei nostri cuori » (In epist. ad Rom. e. S, lectio 1)
32 C. Gent. IV, 22; In epist. 2 ad Cor. e. 3, lectio i; In epist. ad Gai. e. 5, lectio 3 e 5; vedi altresì sopra, la nostra nota 18. Sulla componente esterna della lex nova: E. Kaczynski, La legge nuova.
L'elemento esterno della legge nuova secondo san Tommaso, Roma-Vicenza, Libreria Internaz. Edizioni Francescane 1974
33 Castello 2, 1, 8;
La santa si riferisce anzitutto all'esperienza della sua vita (cf Vita 6, 5; Esclamazioni 15,3; Fondazioni 27, 15s).
Espressione della mistica del volere divino, vissuta come abbandono assoluto, è la seconda delle Poesie, scandita dal ritornello « che cosa vuoi fare di me? ». Le citazioni sono prese da: s. Teresa di Gesù, Opere, versione di P. Egidio di Gesù, Roma, Postulazione Generale dei Carmelitani Scalzi 1963
34 Castello 2, 1, 7
35 Cammino di perfezione 32; cf 33, 1-3
36 Cammino di perfezione 32,3
37 Cammino di perfezione 32, 12
38 Salita 2, 21-22
39 Salita 2, 22, 4;
Confrontando l'età della legge scritta, dell'AT, con l'èra della grazia o della legge evangelica, il santo mette in guardia dal desiderio di ricevere rivelazioni straordinarie e oracolari della volontà di Dio, accompagnate da locuzioni e visioni: questa non è la via normale ne è garantita da rischi d'illusioni. Tale modo di conoscere la volontà di Dio, se era legittimo nell'antica alleanza, ancora imperfetta, non lo è più ora « poiché in questa età di grazia la fede in Cristo è diventata stabile e la legge evangelica si è manifestata »; Dio infatti, « dandoci il Figlio suo, che è la sua parola, l'unica che Egli pronunzi, in essa ci ha detto tutto in una sola volta e non ha più niente da manifestare » ( Salita 2, 22, 3). « Se io ti ho detto tutta la verità nella mia parola, cioè nel mio Figlio […] come ti posso rispondere o rivelare qualche altra cosa? […] Tu infatti domandi locuzioni e rivelazioni che sono soltanto una parte, ma se guarderai Lui, vi troverai il tutto, poiché Egli è ogni mia locuzione e risposta, ogni mia visione e rivelazione in quanto che io vi ho già parlato, risposto, manifestato e rivelato ogni cosa dandovelo per fratello, compagno, maestro, prezzo e premio » (2, 22, 5) [ v. Veggente III, 3 ]: s. Giovanni della Croce, Opere, vers. di P. Ferdinando "dì s. Maria, Roma, Postulazione Generale dei Carmelitani Scalzi 1963.
40 Salita 2, 22, 6
41 Salita 2, 22, 7
42 Salita 2, 22, 9.11-12
43 Salita 2,22, 13.15
44 Salita 2, 21, 4
45 Salita 1, 11, 2;
Per sé l'unione si attua in tutte e tre le facoltà spirituali: memoria, intelletto e volontà. Questa visione integrale, che va tenuta presente e presupposta sempre, inserisce l'adesione della volontà - punta di diamante dell'unione - nell'organismo completo dello spirito e la proietta in un orizzonte di "sapienza intellettuale" e di "memoria trasfigurata" donate da Dio: Notte oscura 1, 4, 2; Fiamma viva B 2, 34
46 Salita 3, 2, 8; Notte oscura 2, 4, 2; Cantico B 38, 3; Fiamma viva B 2, 34
47 Fiamma viva B 3, 78-79
48 Espinosa, Buscar y ballar la voluntad divina segùn san Pablo y segùn san Ignacio de Loyola in Man 44 (1972) 25-52. Testimonianza preziosa della ricerca vissuta della volontà di Dio è l'Autobiografia; cf M. Costa, Aspetti dello stile di elezione di s. Ignavo nell'Autobiografia, Roma, Centrum Ignatianum Spiritualitatis 1974. Per i testi ignaziani: Ignazio di Loyola, Gii scritti, a cura di M. Gioia, Torino, UTET 1977
49 ES 1
50 Su questo modo ignaziano di conoscere la volontà di Dio sul singolo cf K. Rahner, L'elemento dinamico nella chiesa, Brescia, Morcelliana 1970, 79-152; Id., Esperienza dello Spirito e decisione esistentiva e Pietà moderna ed esperienza. degli Esercizi spirituali in Teologia dall'esperienza dello Spirito, Roma, Edizioni Paoline 1978, 49-63 e 209-239
51 ES 177-183
52 Un'efficace sintesi degli attributi divini e del modo con cui la Provvidenza guida il cristiano, secondo s. Ignazio, è offerta da I. Iparraguirre, Visión ignaciana de Dios in Gr 37 (1956) 366-390. Per un abbozzo della volontà di Dio negli Esercizi e nelle Costituzioni, con i concetti connessi, cf Id., Vocabulario de Ejercicios espirituales. Ensayo de hermenéutica ignaciana, Roma, Centrum Ignatianum Spiritualitatis 1972, 205-210
53 ES 15
54 ES 135
55 ES 155
56 ES 180
57 ES 95
58 ES 5; ES 180; ES 184; ES 338
59 ES 234
60 La dinamica del "più" ( magis; « lo que mas nos conduce para el fin que somos criados »: ES 23) è la fedele traduzione dell'esigenza della nuova alleanza: non « che cosa si deve fare », ma « che cosa si può fare di più per il Signore ».
Il tema del "sentire" la volontà di Dio appare soprattutto nelle Lettere con le formule frequenti: avere grazia "perfetta", "abbondante" per « sentire la santissima volontà di Dio e compierla interamente »: cf Ignazio di Loyola, Gli scritti, cit., « L'epistolario », 715-1066 (v. le conclusioni di molte lettere)
61 W. A. Van Roo, Law of thè Spirit and Written Law in thè Spirituality of St. Ignatius in Gr 37 (1956) 417-443
62 Cast., Proemio, 1
63 Cost. 4, 8, 8
64 I. Iparraguirre, Orientamenti per la lettura delle Costituzioni, premessa a: S. Ignazio di Loyola, Costituzioni della Compagnia di Gesù, Milano, Ancora 1969, 18. L'A. aggiunge: « La lettera" della legge ha soprattutto il compito di stimolare gli atteggiamenti fondamentali di disponibilità, di riflessione, di apertura verso Dio e verso la realtà storica, che permettono […] di percepire la voce dello Spirito e dispongono ad attuare l'ordinamento che risuona all'interno e dall'interno spinge all'azione ».
La legge scritta, col suo carattere duttile e sapienziale, si mostra permeata il più possibile dalla legge dello Spirito, e mira a stabilire relazioni interpersonali tra il religioso e Dio.
S. Ignazio evita sia l'utopia di una comunità senza leggi sia il pericolo del giuridismo; si lascia spazio allo Spirito di esprimersi in altri modi e d'intervenire direttamente (cf Cast. 8, 6, 5)
65 M. Costa, Legge religiosa e discernimento spirituale nelle Costituzioni della Compagnia di Gesù, Brescia, Paideia 1973, 120. Varie parti di quest'opera interessano e sviluppano il nostro tema, per es. 324-338
66 Sulla conformità alla volontà di Dio nella spiritualità dal sec. XVI in poi: F. M. Catherinet, Conformile a la volente de Dieu in DSp 2, 1454-1464 e 1469 (bibliografia).
Il cappuccino inglese Benedetto di Canfeld (+ 1610) merita una speciale menzione per il suo libro Regola di perfezione contenente un compendio della vita spirituale ridotta al solo punto della volontà di Dio, 1609. La dottrina di s. Francesco di Sales sulla volontà di Dio è esposta specialmente nel suo Trattato dell'amar di Dio, libri 8 e 9, ora in Id., Introduzione alla vita devota. Trattato dell'amor di Dio, a cura di F. Marchisano, Torino, UTET 1969; cf anche P. Serouet, Francesco di Sales (s.) in DES 1, 802.804. Di s. Alfonso M. de Liguori si veda per es. Uniformità alla volontà di Dio, ora in Opere ascetiche, I, Roma, Redentoristi 1933, 283-312; cf G. Liévin, Alphonse de Liguori (saint) in DSp 1, 379-381
67 P. Pourrat, Abandon. 2. Le faux abandon in DSp 1, 25-49
68 Edizione critica: L'Abandon a la Providence divine, testo stabilito e presentato da M. Olphe-Galliard, Parigi, Desclée d. Br. 1966 (vers. il. sul testocritico, Roma, Edizioni Paoline 1979). Per l'uomo e la dottrina: M. OlpheGalliard, Caussade (Jean-Pierre de) in DSp 2, 354-370
69 B. Maggioni. La coscienza nella bibbia in La coscienza cristiana (a cura di L. Rossi), Bologna, Dehoniane 1971, 13-38, spec. 34-36
70 R. Guardini, Realismo cristiano in Hum 30 (1975) 94-101