Geremia

Indice

Introduzione

Contenuti

Il libro di Geremia contiene non solo oracoli del profeta, ma anche racconti autobiografici e ci inserisce direttamente nelle drammatiche vicende avvenute in Giudea durante gli ultimi decenni del VII e i primi del VI sec.:

predicazione del profeta che chiama il popolo alla conversione e minaccia, a nome di Dio, la distruzione del paese;

invasione dell'esercito di Nabucodònosor;

Gerusalemme assediata e devastata;

distruzione del tempio;

deportazione dei cittadini.

Di fronte alla catastrofe del regno di Giuda, le parole del profeta si fanno poi ricche di messaggi di consolazione: Dio stringerà con il suo popolo, nel futuro, un'alleanza nuova ( 31,31-34 ).

Rispetto ad altri libri, quello di Geremia offre più numerose informazioni sulla vita del profeta, permettendo di individuare tre periodi della sua attività:

sotto il re Giosia ( 640-609 circa );

sotto Ioiakìm ( 609-598 circa );

negli ultimi anni del regno di Giuda, sotto il re Sedecìa ( 597-587 circa ).

Schema

Titolo dell'opera e vocazione di Geremia ( 1,1-19 )

Oracoli al tempo di Giosia ( 2,1-6,30 )

Oracoli al tempo di Ioiakìm ( 7,1-20,18 )

Oracoli al tempo di Sedecìa ( 21,1-25,38 )

Vicende di Geremia negli ultimi anni del regno ( 26,1-45,5 )

Oracoli contro le nazioni ( 46,1-51,64 )

Appendice ( 52,1-34 ).

Caratteristiche

Nei brani in prima persona, Geremia ci apre il suo animo.

A volte emerge in lui il tentativo di resistere alla missione affidatagli da Dio, che comporta sofferenze e persecuzioni.

Ma la parola di Dio in lui è come un fuoco interiore, che non può contenere ( 20,9 ).

La missione di Geremia si può riassumere in tre coppie di verbi: "sradicare e demolire, distruggere e abbattere, edificare e piantare" ( 1,10 ).

I suoi oracoli annunciano il castigo al popolo peccatore e ribelle, ma dichiarano anche l'intenzione divina di riprendere in futuro il dialogo e il rapporto d'amore con la nazione.

Origine

Una prima fase del libro di Geremia può risalire all'episodio narrato nel c. 36 quando il profeta detta, al segretario Baruc, un rotolo contenente le sue profezie degli ultimi decenni del VII sec. e degli inizi del VI.

La seconda copia di questo rotolo ( la prima fu distrutta dal re ) costituisce forse il nucleo più antico del libro che noi leggiamo.

Le sezioni biografiche, nelle quali si raccontano le vicende di Geremia, sono attribuite in genere all'opera di Baruc.

Il libro ebbe poi rimaneggiamenti e aggiunte, per lo meno fino al II sec.

Infatti l'antica versione greca dei LXX presenta, per il libro di Geremia, notevoli differenze rispetto al testo ebraico in uso presso le sinagoghe.

Destinatario delle parole di Geremia fu sempre il popolo d'Israele; a volte, tuttavia, egli si indirizza in particolare ad alcuni gruppi: la casa reale, i sacerdoti, i ( falsi ) profeti di corte.

Quelle parole, messe per iscritto, vennero rilette in seguito e arricchite in alcuni punti con aggiunte d'altra mano.

Commento di Angelo Penna

Il nome di Geremia è intimamente legato con la fine del regno di Giuda.

Il profeta ebbe una parte notevole nella storia di quegli anni ricchi di eventi straordinari.

Egli visse tutta la tragedia del suo popolo e la descrisse con rara penetrazione psicologica.

Probabile discendente della famiglia sacerdotale di Ebiatar ( 1 Re 2,26 ), che era stato esiliato dal re Salomone in Anatot, Geremia nacque in questo villaggio 4,5 km. a nord-est di Gerusalemme verso il 650 a. C.

Nel tredicesimo anno del re Giosia ( = 626 a. C. ) egli adduce la sua giovane età come ostacolo al grave compito che Dio intende affidargli.

La sua vita fu contrassegnata da una sequela di amarezze.

Egli fu obbligato a rimanere celibe per volere divino ( 16,2 ) e a condurre una vita da segno di contraddizione.

Sperimentò contrasti e umiliazioni, perfino i suoi parenti lo perseguitarono e attentarono alla sua vita ( 12,6 ).

Di carattere mite e amante della natura e della pace, Geremia fu obbligato a svolgere un'intensa attività pubblica di solito fra gente ostile e astiosa.

Più volte fu imprigionato e minacciato di morte.

Ma, oltre l'opposizione esterna, egli dovette superare una lotta ancora più snervante nel suo intimo.

In nessun profeta la chiamata divina causò una lotta cosi violenta come in Geremia.

Egli, incline a una serena tranquillità, era stato scelto da Dio per proclamare distruzione e miseria ( 20,8 ).

Mentre svolgeva la sua attività profetica presso la corte e il popolo di Gerusalemme, egli pensava con nostalgia profonda alla pace di una vita solitaria in una campagna deserta ( 9,1 ).

Geremia giunge a inveire contro la sua nascita con accenti ( 20,14-18 ) imitati in Giob.

Con un'apostrofe arditissima, si rivolge a Dio come al suo seduttore, al quale non ha potuto resistere ( 20,7 ).

Tenta perfino una ribellione contro il suo ufficio; ma la coscienza netta della propria missione subito lo richiama alla realtà.

Ormai egli possiede un fuoco divoratore nelle sue ossa, che non può contenere ne soffocare ( 20,9 ).

Gli anni dell'attività profetica di Geremia ( dal 626 fin dopo il 586 ) videro il tramonto di un grande impero, dell'Assiria ( 612 caduta di Ninive; 606 fine dell'ultima resistenza ), mentre sorse quello, ancora più esteso, dei Caldei o neobabilonese, e nel nord si affermavano sempre più i Medi.

Gli Sciti compiono scorrerie fin nella frontiera egiziana.

Anche il regno dei Faraoni ha ancora momenti di splendore; ma ormai esso influisce sempre meno nella politica dell'Asia Minore.

Anzi non molto dopo la morte di Geremia incomincia a essere invaso dai Babilonesi, come lo era stato dagli Assiri e lo sarà dai Persiani.

Questo spostamento di supremazia ebbe ripercussioni nel minuscolo regno di Giuda, al quale la posizione geografica precludeva la possibilità di rimanere neutrale.

Geremia iniziò l'attività sotto un re che passò nella storia come un riformatore religioso.

A lui non mancò neppure il prestigio militare.

La riforma fu agevolata dal ritrovamento fortuito del libro della legge, mentre si eseguivano lavori nel tempio ( 623/622 a. C. ).

Il re seppe dare all'avvenimento una vasta risonanza, servendosene per scuotere gli animi indifferenti e ostili.

La riforma mirava a eliminare ogni espressione di culto idolatrico e a perseguire una maggiore giustizia sociale.

Non abbiamo indizi sicuri sulla parte svolta in questa circostanza dal giovane Geremia.

È possibile che egli ancora non si fosse stabilito in Gerusalemme.

Comunque, al momento del ritrovamento del libro nel tempio non si ricorse al suo consiglio, ma a quello di una profetessa.

Non si può presentare Geremia come un ardente sostenitore della riforma, d'altra parte non si comprende perché egli avesse dovuto avversarla.

Egli è stato definito il profeta della vita interiore o della religiosità intima del cuore.

Data questa caratteristica, forse non nutrì eccessivo entusiasmo o illusioni circa l'efficacia di una riforma sancita d'autorità e quindi diretta unicamente a eliminare fattori esterni in contrasto con la più pura tradizione mosaica.

Del resto essa fu piuttosto superficiale; difatti, scomparso Giosia, riaffiorano tutte le tendenze idolatriche e sincretistiche, oltre l'ingiustizia sociale.

Contro di esse lotterà con insistenza e coraggio il mite profeta di Anatot.

Giosia morì nel 609 in seguito alle ferite riportate a Meghiddo.

Il re aveva voluto compiere un gesto eroico, che gli riuscì fatale.

Egli osò ostacolare il passaggio al Faraone Nechao II, che accorreva ad apportare un aiuto ormai tardivo al tramontante impero assiro.

In Gerusalemme si manifestarono subito partiti contrastanti.

Sembra che vincesse quello simpatizzante per Babilonia.

Difatti l'elezione a re di Shallum ( Joakhaz ), figlio di Giosia, fu considerata come un atto ostile dal Faraone, che, tornato dalla infelice spedizione sull'Eufrate, sostituì il giovane Joakhaz con lo scartato primogenito Eliakim, che volle si chiamasse Joakim ( 609-598 a. C. ).

Durante il decennio Geremia fu molto attivo; è il periodo delle profezie contro Giuda e le nazioni ( 36,2 ).

Si ha anche la prima stesura o raccolta degli oracoli in un libro ( 36,4.32 ).

Le parti riferibili con sicurezza a quegli anni riguardano il formalismo religioso e l'idolatria, ma non si omette di sferzare l'ingiustizia del re e dei grandi ( 22,13.16s ).

Lo scetticismo del re, il politicantismo senza scrupoli dei suoi cortigiani, insieme con la supina acquiescenza del ceto sacerdotale, fanno intravvedere che durante questo periodo l'attività di Geremia fu contrastata ancora più di quanto risulta dalle varie affermazioni del suo libro.

Ci furono minacce di morte ( 26,8 ), congiure ( 18,18-23 ), maltrattamenti e persecuzioni di ogni sorta ( 17,18; 20,2ss; 36,26 ).

Joakim dovette subire la posizione di vassallo rispetto alla nuova egemonia babilonese.

Il re Nabucodonosor fece sentire il suo dominio in modo particolare nel 605 ( Dn 1,1 ), nel 602/601, quando favorì le azioni offensive dei vari staterelli limitrofi ( 2 Re 24,2 ), e più ancora nel 597, quando ci fu una vera capitolazione di Gerusalemme.

Il re Joakim morì durante l'assedio; il figlio Joachin resistette ancora tre mesi ai Babilonesi; ma poi dovette cedere e incominciare i lunghi anni di prigionia in Babilonia ( 24,1; 52,31-34 ).

Nabucodonosor chiamò a governare la Giudea un altro figlio di Giosia e zio del giovane re deportato.

Egli si chiamava Mattania, ma per volere del re babilonese si chiamerà Sedecia ( 597-586 a. C. ).

Nei molti oracoli di Geremia, che si riferiscono a questo periodo, si notano due fenomeni caratteristici.

Da una parte aumentano le difficoltà esterne a causa dell'ostilità crescente del partito egittofilo; dall'altra cessano come per incanto gli antichi incubi e l'incertezza del profeta.

Non potendo più impedire la catastrofe finale. Geremia pensa a salvare gli individui, consigliando loro una pronta sottomissione al re babilonese.

Per questo egli fu accusato di disfattismo ( 26,8ss; 38,4 ).

Ma in pratica il disfattismo del profeta avrebbe salvato il salvabile, che invece fu rovinato del tutto dai nazionalisti estremisti.

L'abulico Sedecia, con la sua politica incerta ma ispirata sempre dal partito antibabilonese, si attirò la vendetta di Nabucodonosor.

Durante il lungo assedio Geremia è davvero il segno di contraddizione.

Il re ne ricerca i colloqui segreti ( 37,17-20; 38,14-26 ) oppure lo fa interrogare ansiosamente ( 21,1-10; 37,3-10 ), ma per paura dei suoi onnipotenti consiglieri lo fa mettere più volte in prigione ( 37,15; 38,6.28 ).

Il profeta durante questo periodo cominciò a manifestare la speranza in un risorgimento ( 32,15 ), ma non cessò mai di lanciare il lugubre invito alla capitolazione.

Questa era la volontà di Dio.

Qualsiasi resistenza a oltranza non avrebbe fatto altro che aggravare la situazione.

Egli non è ascoltato e la catastrofe si realizza.

I Babilonesi, che erano stati senza dubbio informati dell'atteggiamento del profeta, gli offrono protezione; lo invitano a trasferirsi in Babilonia come libero ( 40,4 ).

Geremia si rifiuta, preferendo rimanere in patria per assistere Godolia, nominato governatore dal vincitore, nel tentativo di riorganizzazione e di rinascita.

Dopo i primi giorni di smarrimento e di costernazione, già cominciava a regnare in Giudea un certo ordine, quando il governatore fu ucciso ( 41,2ss ).

L'assassinio politico genera un'impressione profonda; ormai la Giudea è considerata terra maledetta.

Quanti possono scappano nei regni vicini.

Anche Geremia con il fedele segretario fu obbligato a fuggire ( 42,2ss ).

Contro la sua volontà fu condotto in Egitto, dove continuò l'attività ( 43,8ss ).

Secondo una testimonianza tardiva, egli fu ucciso dai Giudei in Tafni.

Nella sua vita Geremia fu un « fallito ».

Presto, però, il profeta inascoltato e tanto perseguitato fu oggetto di venerazione sempre crescente nel giudaismo ( Dn 9,2; 2 Cr 36,21; Esd 1,1; Sir 49,7; 2 Mac 2,1ss; 2 Mac 15,14-16 ).

I cristiani hanno sempre visto in lui l'immagine più completa dell'uomo dei dolori ( Is 53,3 ).

Egli è il tipo o figura del Cristo sofferente.

Ger. non è un libro ma una raccolta di scritti senza ordine cronologico ne logico.

La raccolta si può dividere in cinque parti con un'introduzione e due appendici:

Introduzione: Vocazione profetica ( c. 1 ),

I Parte: Vaticini contro Giuda ( cc. 2-29 );

II Parte: L'era messianica ( cc. 30-33 );

III Parte: Vaticini durante l'assedio di Gerusalemme (cc. 34,1-40,6 );

IV Parte. Vaticini dopo la presa di Gerusalemme ( cc. 40,7-44,30 );

Appendice: Vaticinio riguardante Baruch ( 45,1-5 );

V Parte: Vaticini contro le nazioni ( cc. 46-51 );

Appendice: Fine di Gerusalemme.

Scarcerazione di Joachin ( c. 52 ).

Dal c. 36 sappiamo che una prima raccolta fu composta dal profeta stesso nel 605; finita nel fuoco, fu subito sostituita da un'altra collezione più ampia.

Dal nome dell'amanuense quest'opera si suole denominare volume di Baruch.

È certo che gran parte di essa si trova nei cc. 1-25 e in taluni brani dei cc. 46-49 del libro attuale.

I cc. in prosa ( 36-45 ) più che un'opera del profeta si possono considerare una breve biografia scritta da una terza persona, dal segretario Baruch.

I due generi letterari ossia oracoli e notizie biografiche si alternano nei cc. 26-35, nei quali, perciò, si suole scorgere la mano dei due personaggi.

Altri tentativi per risolvere l'enigma del libro-zibaldone partono dalla ricerca dei vari generi letterari.

È difficile che si possa indicare con sicurezza le varie parti del libro, che esistettero forse separatamente e quindi confluirono a formare lo scritto attuale; ma è certo che l'indagine dimostra la storia piuttosto singolare degli oracoli di Geremia.

La diversità del genere letterario, la triplice introduzione ( 1,1-3; 40,1; 44,1 ), la presenza di non pochi doppioni e il fatto che alcuni cc. si presentano raggruppati in sezioni speciali con caratteristiche proprie ( cc. 27-29; 30-33; 37-39 ) possono offrire un'idea della complessità del problema e della difficoltà per risolverlo.

Ma non basta. C'è, infatti, la notevole differenza del libro nella sua veste ebraica e nella versione greca eseguita nel III/II sec. a. C.

È stato calcolato che il libro in greco è soltanto sette ottavi del testo ebraico.

Inoltre c'è la diversità della disposizione per diversi cc.; gli oracoli contro le nazioni nel testo ebraico sono legati alla fine ( cc. 46-51 ), mentre nella versione greca sono inseriti nel c. 25 ( dopo 25,13 ) e in un ordine di successione differente.

L'ottava parte mancante è dovuta a omissioni, volontarie o involontarie, del traduttore greco oppure ad aggiunte posteriori eseguite nel testo ebraico?

Crediamo che una risposta assoluta non sia la più prudente ne la più verosimile.

Bisogna esaminare i singoli casi.

Tuttavia dal fatto che la differenza è originata in massima parte dall'omissione di attributi o espressioni frequenti, che non alterano il senso, come profeta, oracolo del Signore, così dice il Signore ecc., è verosimile che di solito di essa fu responsabile il traduttore greco.

Questi intese snellire la narrazione, eliminando alcuni doppioni e togliendo espressioni troppo frequenti.

Quindi il testo ebraico ispira maggior fiducia, ma non in tutti i singoli casi.

Riguardo alla differente disposizione degli oracoli contro le nazioni la preferenza va accordata senz'altro alla versione greca.

Il loro posto naturale è il c. 25, non la fine del volume quasi si trattasse di una semplice appendice.

Invece per la successione dei singoli oracoli fra di loro ( soltanto in due casi su nove sono d'accordo il testo ebraico e la versione greca! ) sembra da preferirsi l'originale semitico.

La trasposizione degli oracoli in fondo al volume è stata spiegata di solito con l'ipotesi di due recensioni antichissime, le quali differivano precisamente per la diversa disposizione degli oracoli e per talune divergenze minori.

Le due recensioni sarebbero giunte a noi rispettivamente nella traduzione greca e nel testo ebraico.

Ger. ha un grande valore storico, perché è un documento vivo, palpitante degli ultimi anni del regno di Giuda e della sua fine.

Nelle parti autobiografiche si notano talvolta pagine di una sincerità commovente.

Sono le « confessioni » di Geremia ( 11,18-23; 15,10.15-21; 17,14-18; 18,18-23; 20,7-17 ).

Sono i brani che giustificano pienamente per Geremia la qualifica del più grande poeta psicologo della Bibbia.

Le sezioni biografiche non mostrano nessuna intenzione di idealizzare o di alterare i fatti; anzi il fedele Baruch riporta anche episodi o affermazioni, che potrebbero offrire il pretesto per un profilo non troppo simpatico del profeta ( 28,11s; 36,5.26; 38,24-27; 42,7; 43,2-6 ).

L'attendibilità storica per gli avvenimenti politici risulta dal confronto della fonte indipendente in nostro possesso, ossia da Re.

Fra le scoperte recenti sono venuti a confermare le affermazioni di Geremia i papiri di Elefantina, le lettere di Lachish e il testo cuneiforme relativo al re Joachin in Babilonia e la cronaca di Wiseman.

Specialmente il secondo documento, in cui alcuni hanno visto la menzione diretta del profeta, è stato prezioso perché si riferisce esattamente a quegli anni drammatici.

Come poeta Geremia non può essere paragonato a Isaia per la purezza della lingua ne per l'efficacia descrittiva.

Il profeta di Anatot generalmente procede in maniera più umile e con lingua meno elegante, ma non difettano nella sua opera il riflesso di un'anima sensibilissima e l'ammirazione commossa della natura.

Sebbene costretto a lottare contro i falsi profeti, contro la corte, contro i sacerdoti e contro il partito egittofilo, Geremia rivela l'anelito continuo verso la pace di una vita nascosta e semplice.

I suoi versi hanno un delicato sapore georgico; è l'indice della tragedia del suo cuore.

Quando vuole descrivere questa lotta intima fra il dovere della propria vocazione e il desiderio istintivo della sua natura, egli raggiunge con facilità un lirismo perfetto.

È il poeta del pathos, del dolore, dell'animo tormentato, il quale, però, - secondo l'opportunità - non teme di ricorrere all'invettiva violenta e al sarcasmo.

Ger. è ricco di insegnamento teologico.

La sua concezione di Dio è in perfetto accordo con il più rigoroso monoteismo.

Si fa risaltare in modo particolare la trascendenza di Dio, la sua superiorità sugli dèi pagani, che sono pure nullità, la sua provvidenza.

Si parla spesso di Dio creatore e si elencano non pochi attributi divini, soprattutto la misericordia ( 3,12; 9,23; 31,3 ).

Con accenti altamente poetici si descrivono le relazioni ideali fra Dio e Israele.

È un'amorosa reciprocità di affetti sanzionata con l'alleanza del Sinai.

Dio è sorgente di acqua viva ( 2,13 ) per tutti, egli è il padre del popolo; Israele è il suo primogenito ( 3,19; 31,9 ).

Geremia non si stanca mai di rinfacciare colpe gravissime ai contemporanei e di minacciare loro il meritato castigo; ma non è meno esplicito nel difendere le prerogative di Israele.

Egli, profeta delle sciagure, mostra una gioia indicibile nel rivelare la ratifica di una nuova alleanza eterna fra Dio e il popolo.

Non si tratta del ripudio dell'antica forma ma solo di una sostituzione con un legame più intimo e personale ( 31,3ss ).

La nuova alleanza ( Eb 8,8-12 ) non sarà soltanto collettiva ma anche individuale.

Essa sarà scritta sul cuore di ciascuno.

In Geremia, profeta psicologo, abbiamo l'indagine più acuta del peccato.

Egli tratta in modo speciale del peccato di idolatria e lo presenta come un deliberato allontanamento da Dio ( 1,16; 2,13-19 ).

Altri peccati da lui ripresi sono quelli che offendono la giustizia sociale, come il latrocinio, la violenza, la menzogna, l'inganno, la lussuria ecc.

Geremia mostra una chiara idea della malizia del peccato.

Tutto il male morale è dichiarato da lui come la conseguenza di una ribellione contro Dio.

Perciò egli si fa l'apostolo dell'umile « ritorno » a Dio.

Con maliziosa esagerazione il profeta di Anatot è stato presentato come il promotore di una religiosità pura, libera da ogni obbligo di culto esterno.

È un giudizio unilaterale, ma è innegabile che nessun altro profeta insistette tanto sulla subordinazione del culto esterno a un genuino sentimento intemo ( 7,4ss ).

Virtù fondamentali sono la fedeltà e l'obbedienza a Dio.

Altra caratteristica di Geremia è il suo spirito di preghiera.

Egli prega per la nazione pericolante, per i buoni che lo circondano, per la punizione dei malvagi; intercede per se stesso e afferma risolutamente l'efficacia della preghiera.

Sembrerà strano, ma in Geremia troviamo ben poche profezie direttamente messianiche.

Egli presenta il Messia come un discendente di David, caratterizzandone il regno come l'avvento della salvezza, della giustizia e della pace ( 23,5-8 ).

Altrove descrive in maniera impareggiabile la nuova alleanza ( 31,31ss ), ma senza offrire dati particolari sulla persona che la realizzerà.

Il nome di Geremia richiama subito quello del Messia non perché egli ne abbia parlato più di altri profeti, ma perché più di qualsiasi altro ne ha prefigurato la vita contrastata e la passione.

Conferenze

Don Federico Tartaglia

Libro di Geremia

Card. Gianfranco Ravasi

Le confessioni di Geremia

Il libro della consolazione di Geremia

Il messaggio della raccolta di oracoli di Geremia

Don Claudio Doglio

La vocazione del profeta

Luciano Manicardi

Libro di Geremia

Rosanna Virgili

La ricerca del volto di Dio in Geremia

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