L'interpretazione dei dogmi

Indice

2. I fondamenti teologici

1. I fondamenti biblici

1. Tradizione e interpretazione della Sacra Scrittura

La Rivelazione, attestata nella Sacra Scrittura, si è compiuta con parole e fatti nella storia dei rapporti di Dio con l'uomo.

L'Antico Testamento è il processo di una reinterpretazione e di una rilettura sempre rinnovate.

Esso ha trovato la sua interpretazione escatologica e definitiva solo in Gesù Cristo.

Poiché la rivelazione, preparata nell'Antico Testamento, ha trovato il proprio compimento solamente in Gesù Cristo, quando la pienezza dei tempi è giunta. ( Eb 1,13, da confrontare con Gal 4,4; Ef 1,10; Mc 1,15 )

In quanto Parola di Dio fatta Uomo, Gesù è l'interprete del Padre, ( Gv 1,14-18 ) la Verità in persona. ( Gv 14,6 )

Nel suo essere e nella sua vita, attraverso ciò che ha detto e i segni che ha compiuto, e soprattutto attraverso la sua morte, risurrezione, esaltazione come attraverso il dono dello Spirito di verità, ( Gv 14,17 ) Gesù è pieno di grazia e di verità. ( Gv 1,14 )8

La verità che è stata rivelata una volta per sempre non può essere riconosciuta e accettata se non nella fede donata dallo Spirito Santo.

Secondo il senso che le dà la Sacra Scrittura, tale fede è l'abbandono personale dell'uomo a Dio che si rivela;9 comporta l'adesione alle parole e ai fatti della Rivelazione, come pure la loro professione, in particolare l'adesione a Cristo e alla vita nuova che egli ha donato; è di conseguenza insieme l'atto con cui l'uomo crede ( fides qua ) e il contenuto in cui crede ( fides quae creditur ); è « fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono ». ( Eb 11,1 )

Trasmessa una volta per tutte dagli Apostoli, la fede è fedelmente custodita nella Chiesa come depositum fidei. ( 1 Tm 6,20; 2 Tm 1,14 )

La Chiesa è infatti il Corpo di Cristo animato dallo Spirito Santo e ha ricevuto da Gesù Cristo la promessa che lo Spirito Santo la guiderà sempre di nuovo verso la verità tutt'intera. ( Gv 16,13 )

« Il Vangelo della verità » ( Ef 1,13 ) è stato affidato alla Chiesa come popolo di Dio in cammino.

Con la sua vita, con la sua confessione della fede e con la liturgia che celebra, essa deve testimoniare la fede di fronte al mondo.

Possiamo indicarla come « colonna e supporto della verità ». ( 1 Tm 3,15 )

Certo, ora conosciamo la verità soltanto come in uno specchio e in maniera parziale; solo nel compimento escatologico vedremo Dio faccia a faccia, quale Egli è. ( 1 Cor 13,12; 1 Gv 3,2 )

In questo modo, la nostra conoscenza della verità è posta nella tensione tra il « già » e il « non ancora ».

2. Prospettive ermeneutiche nella Scrittura

La maniera con cui si deve interpretare il messaggio biblico risulta dalla sua stessa natura.

Poiché la verità rivelata, quale è insegnata dalla Sacra Scrittura, è la verità di Dio che si mostra fedele attraverso la storia ( emeth ): in ultima analisi, è la comunicazione che di se stesso fa il Padre in Gesù Cristo, in vista di un'azione permanente nello Spirito Santo.

Parole, azioni e la vita tutta della Chiesa ne sono testimoni.

Perciò, per un cristiano, Gesù Cristo è la Parola unica, presente nella molteplicità delle parole; tutte le affermazioni dell'Antico come del Nuovo Testamento devono essere comprese in rapporto a Lui e come tendenti verso di Lui.

Ecco perché esse formano un'unità.

Così bisogna interpretare l'Antico Testamento alla luce del suo compimento neotestamentario, mentre il Nuovo Testamento va compreso alla luce delle promesse veterotestamentarie.

Tanto l'Antico come il Nuovo Testamento vanno spiegati e resi presenti nello Spirito Santo che è presente nella Chiesa.

Ognuno deve contribuire, con il dono della grazia, ricevuta « secondo la misura di fede che Dio gli ha dato », all'edificazione del Corpo di Cristo, la Chiesa. ( Rm 12,4-8; 1 Cor 12,4s )

Perciò già la Seconda Lettera di Pietro ( 2 Pt 1,20 ) mette in guardia contro un'interpretazione arbitraria della Sacra Scrittura.

La verità rivelata vuole segnare con il suo sigillo la vita degli uomini che l'hanno accolta.

Secondo san Paolo, il modo indicativo dell'esistenza nel Cristo e nello Spirito deve diventare un modo imperativo di passare ora alla vita nuova.

L'importante è dimorare nella verità, e non solo coglierla sempre meglio sul piano intellettuale, ma farla penetrare più profondamente nella vita, « farla ». ( Gv 3,21 )

Così, la verità si mostra come l'assolutamente certo, e come il fondamento che sorregge l'esistenza umana.

Più di ogni altra cosa, la liturgia, ma anche la preghiera, sono un luogo ermeneutico importante per la conoscenza e la mediazione della verità.

3. Le formule bibliche di confessione di fede

Quanto abbiamo detto sinora non ha minore valore delle « omologie », delle formule di confessione di fede, che si trovano già nelle parti più antiche del Nuovo Testamento.

Queste ultime confessano la fede in Gesù come Cristo, ( Mt 16,16par ) Kyrios ( Rm 10,9; 1 Cor 12,3; Fil 2,11 ) e Figlio di Dio. ( Mt 14,33; Mt 16,16; Gv 1,34.48; 1 Gv 4,15; 1 Gv 5,5 )

Esse attestano la fede nella morte e nella risurrezione di Gesù; ( 1 Cor 15,35; 1 Ts 4,14; Rm 8,34; Rm 14,9 ) proclamano la sua missione ela sua nascita, ( Gal 4,4 ) il sacrificio della sua vita ( Rm 4,25; Rm 8,32; Gal 2,20 ) come la sua parusia. ( 1 Tm 1,10; Fil 3,20ss )

La divinità di Gesù, la sua incarnazione ed esaltazione sono celebrate in inni. ( Fil 2,6-11; Col 1,15-20; 1 Tm 3,16; Gv 1,1-18 )

Da tutto ciò deriva che la fede delle comunità neotestamentarie si fonda non sulla testimonianza privata di alcuni individui, ma su una confessione di fede comune a tutti, pubblica e vincolante.

Incontriamo tale confessione di fede nel Nuovo Testamento, ma senza che essa vi rivesta una monotona uniformità.

La verità unica si esprime piuttosto in una grande e multiforme ricchezza di formule.

Vi sono anzi, nel Nuovo Testamento, formule che manifestano un progresso nella conoscenza della verità: le verità di cui è testimone possono infatti completarsi reciprocamente e approfondirsi, ma mai contraddirsi.

Si tratta sempre dell'unico mistero della salvezza di Dio in Gesù Cristo, che si è espresso sotto molteplici forme e sottodiversi aspetti.

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8 cf. DV, 4
9 DV, 5