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Indice

Nel natale di Giovanni Battista

1 - Celebriamo la natività del Battista, che precedette quella di Cristo
2 - Due le nascite di Cristo: quella eterna e quella nel tempo
3 - In polemica con gli ariani si sostiene l'eternità del Verbo
4 - Confutazione di alcune interpretazioni ariane
5 - In che senso interpretare che Cristo precedette il Battista
6 - Abbassiamoci nell'umiltà a gloria di Dio; nostra gloria è la gloria di Dio
7 - Giovanni non era la luce vera, ma lucerna illuminata
8 - Giovanni martire per la verità. Il suo diminuire e il crescere di Cristo

1 - Celebriamo la natività del Battista, che precedette quella di Cristo

Se uno sta raccolto in ascolto, ode anche una voce sommessa; ma se volete ascoltare, fratelli, in raccoglimento, non limitatevi all'attenzione dell'udito, ma abbiate l'attenzione del cuore.

Oggi si celebra il giorno natale del beato Giovanni il Battista: questa la tradizione e la fede della Chiesa.

E dobbiamo credere anche noi circa questo giorno quello che è riconosciuto in modo concorde nel mondo intero.

Precisiamo che ci riferiamo non al Giovanni che scrisse il Vangelo, ma a Giovanni il Battista che fu il precursore di Cristo.

Egli si dimostrò grande proprio nell'umiltà con cui, quando si supponeva che fosse lui il Cristo, dichiarò di non esserne degno di slegargli i lacci dei calzari. ( Mt 3,11 )

Egli riconosceva Gesù suo Signore per meritare di essere suo amico.

Per evitare che qualcuno creda che si celebri oggi il giorno della sua passione, premettiamo subito, o fratelli, che oggi è il giorno della sua nascita.

Dal passo del Vangelo che è stato letto, risulta che la sua nascita precedette di sei mesi quella del Signore, e poiché il natale del Signore è collocato dalla tradizione concorde della Chiesa il 25 dicembre, è chiaro che oggi ricorre il giorno natale di Giovanni.

2 - Due le nascite di Cristo: quella eterna e quella nel tempo

Giovanni precedette il Signore non come un maestro precede un discepolo, ma come un precursore precede il giudice, in modo da non sovrapporsi alla sua autorità, ma da rendere un servizio.

Lo testimonia lo stesso Giovanni: Dopo di me viene uno che fu fatto prima di me, perché era prima di me. ( Gv 1,15 )

Il Signore venne dopo Giovanni quanto alla nascita da Maria, non quanto a quella dalla sostanza del Padre.

Conosciamo due nascite del Signore: una divina e una umana, mirabili entrambe; nella prima non v'è madre, nell'altra non v'è padre; la nascita eterna fu volta a creare la nascita nel tempo, la nascita nel tempo a donare la nascita eterna.

Di lui infatti scrive Giovanni l'Evangelista: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio, e ancora: Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto. ( Gv 1,1.3 )

Uguale al Padre nella sua grandezza in quanto Dio, creatore del tempo in quanto fuori dal tempo, giudice del tempo in quanto prima del tempo, egli si fece così piccolo da nascere da una donna; ma conservò la sua grandezza, non separandosi dal Padre.

A lui resero ossequio e testimonianza tutti i Profeti, quelli venuti prima della sua nascita ad annunciarla, come lampade che precedono il giorno, e quelli venuti dopo la sua nascita, che aderirono a lui con la fede.

Si doveva preannunciare che sarebbe venuto, che avrebbe fatto miracoli, e i miracoli dovevano rivelarlo Dio a chi ben intende; ma a chi lo guardava doveva anche mostrarsi uomo nel suo aspetto di uomo: piccolo per i piccoli, umile per i superbi.

Con il suo farsi piccolo insegnò all'uomo a riconoscersi piccolo, e a non credersi grande per essersi gonfiato, senza essere realmente cresciuto.

La superbia non è grandezza, ma boria.

Egli volle guarire il genere umano dalla vanagloria, facendosi lui stesso medico e medicina; non diede una medicina, ma si fece lui medicina.

Per questo apparve uomo tra gli uomini, mostrandosi uomo a chi lo vedeva, riservandosi Dio per chi aveva fede.

La vita dell'uomo Gesù fece guarire i malati, ma solo uomini forti sono in grado di contemplare la sua divinità.

Poiché allora gli uomini non erano in grado di vedere Dio nell'uomo, non potevano vedere in lui che l'uomo.

Ma in un uomo non si deve riporre la speranza.

E allora? Un uomo lo si può guardare, non lo si deve seguire.

Gli uomini dovevano seguire Dio che non potevano vedere, non l'uomo che potevano vedere.

Ecco dunque che Dio si è fatto uomo per rivelarsi all'uomo in modo che lo potesse vedere e seguire.

E se Dio si è fatto uomo per te, uomo, ti devi credere davvero cosa grande; ma ti devi abbassare per poter salire, perché anche Dio si è fatto uomo abbassandosi.

Attàccati alla medicina che ti cura, imita chi si è fatto tuo maestro, riconosci il tuo Signore, abbraccia in lui il fratello, riconosci il tuo Dio.

Eccolo tanto grande e tanto piccolo, verme non uomo, lui per mezzo del quale fu creato l'uomo.

Ecco chi è lui. E Giovanni? Giovanni è quello che di lui dice il Signore, il quale è il verace, è la Verità; se crediamo a Giovanni quando parla della Verità, non possiamo non credere alla Verità quando parla di Giovanni.

3 - In polemica con gli ariani si sostiene l'eternità del Verbo

Prima sia resa testimonianza alla Verità da uno che è partecipe della Verità, poi la testimonianza sia resa all'uomo dal Creatore dell'uomo.

Ascoltiamo prima che cosa Giovanni ha detto del Cristo, e poi che cosa di Giovanni ha detto il Cristo.

Ascoltiamo il primo per comprendere l'altro; facciamo parlare prima colui che nacque prima, ma cerchiamo la conferma delle sue parole da Colui che fu suo creatore.

Egli dice: Viene dopo di me e fu fatto prima di me. ( Gv 1,15 )

Su questa frase cavillano, servendosi di essa per polemizzare con noi, coloro che credono che colui, dal quale tutto fu creato, sia stato creato prima delle altre cose.

In questa frase vedono la conferma che egli fu fatto : lo dice Giovanni: Viene dopo di me e fu fatto prima di me.

Ma bisogna capire che cosa significhi fu fatto prima di me.

Riprendiamo il discorso di costoro per discuterlo.

Essi dicono che noi di solito interpretiamo come riferito all'uomo tutto quello che mostra il Cristo inferiore al Padre, sicché egli è, secondo noi, uguale al Padre in quanto è di natura divina, mentre è inferiore al Padre in quanto annientò se stesso assumendo la condizione di servo, rendendosi simile all'uomo, apparso in forma umana. ( Fil 2,6-7 )

Essi ci chiedono che cosa diciamo a proposito della frase di Giovanni: Fu fatto prima di me.

E noi rispondiamo facendo anzitutto notare che l'Apostolo distingue le due cose, ma le considera nella loro unità, e non dice che egli abbia preso la natura divina, ma che era in essa, secondo quanto scrive nel suo Vangelo anche colui che fu chiamato prima di Paolo: In principio era il Verbo: ( Gv 1,1 ) egli parla guardando alla stessa luce da cui anche Paolo attinge nel suo parlare.

Infatti Giovanni nel Vangelo non dice che Dio abbia creato il Verbo, in modo analogo a quello in cui Mosè parla della creazione, opera di Dio: In principio Dio creò il cielo e la terra. ( Gen 1,1 )

Giovanni avrebbe potuto dire: In principio Dio creò il Verbo, se avesse pensato quello che credono gli ariani; invece dice: In principio era il Verbo.

Quindi se era dal principio, egli non fu creato.

Nulla infatti precedette il Verbo creato, poiché con il Verbo Dio creò tutto il creato: Egli parlò e le cose furono fatte; ordinò e furono create. ( Sal 148,5 )

Una cosa è creare con la parola, un'altra essere creati da essa; ma colui che pronuncia la Parola ha la Parola, e quindi crea con la Parola, e se crea con la Parola, non ha creato la Parola.

4 - Confutazione di alcune interpretazioni ariane

Ma costoro citano quello che è scritto a proposito della terra: La terra era invisibile e informe: se si sostiene che il Verbo non sarebbe stato creato, perché è stato detto: Il Verbo era, neanche la terra - dicono - è stata creata perché è scritto: La terra era.

Davvero cieca eresia codesta!

Mi rivolgo a chi la pensa così e gli dico: Presta attenzione e ascolta, se ne sei capace: la voce giunge invano alle orecchie, se il cuore non si lascia illuminare dalla verità.

Userò anch'io le parole della Scrittura che anche tu hai trovato in essa leggendo, ma che hai messo da parte, volendo questionare.

Pretendi di accostare quello che viene detto della terra e quello che viene detto del Verbo.

Io ti cito le parole immediatamente precedenti nello stesso libro della Genesi, che dicono chiaramente che la terra fu creata: In principio Dio creò il cielo e la terra.

Dunque - già l'avevo detto - la terra fu creata, e fu creata da Dio: la Scrittura lo afferma con voce così chiara che irrompe anche nelle orecchie che non vogliono udire: In principio Dio fece il cielo e la terra.

Ma alla creazione non era ancora seguito l'ordinamento e l'abbellimento del creato; appunto perché non si credesse che subito appena creata la terra fosse già compiutamente adorna, l'autore prosegue dicendo che la terra - la terra che Dio aveva creato - era ancora invisibile e informe, volendo indicare il modo di essere della terra dopo la creazione, non già un suo esistere indipendentemente dalla creazione.

Come è scritto: In principio Dio creò il cielo e la terra, ma la terra era, ( Gen 1,1-2 ) così Giovanni avrebbe potuto dire: In principio Dio creò il Verbo e il Verbo era presso Dio; avrebbe scritto così se avesse voluto farci intendere che era presso Dio il Verbo che Dio aveva creato.

Ma ascolta bene: In principio era il Verbo: è dunque assurdo che cerchi qualcosa prima di lui, ponendoti con ciò quanto mai lontano da lui.

Ti fai lontano da lui cadendo nel tuo errore.

Dall'abisso di questo tu parli e in esso tieni fisso lo sguardo.

Vorrei che dall'abisso da cui parli, levassi in alto il cuore e innalzassi dal profondo il tuo grido a Dio: egli romperebbe le tenebre della tua superbia carnale, e la luce che raggiunge chi è nell'umiltà, dischiuderebbe all'umiltà i tuoi occhi.

Allora capiresti quello che è scritto: In principio era il Verbo, il Verbo era con Dio e il Verbo era Dio; egli era al principio con Dio. ( Gv 1,1-2 )

Sentiamolo dire anche da Paolo: Egli era sostanza divina.

Anche Giovanni a proposito dice della sua nascita come uomo dice: - Il Verbo si fece carne - ; ( Gv 1,14 ) e ancora Paolo: Egli spogliò se stesso assumendo la condizione di servo. ( Fil 2,6-7 )

Quindi non valgono neanche le obiezioni sulle parole di Giovanni il Battista, che possiamo ormai ripetere insieme, trovandoci d'accordo.

Quando Giovanni il Battista dice: Viene dopo di me, ( Gv 1,27 ) si riferisce alla sua nascita come uomo.

Egli era nato da donna vergine, e lui, Giovanni, era nato da donna sterile; la sterilità di questa si mutò in fecondità, invece si conservò, dopo la fecondità, la verginità dell'altra donna.

5 - In che senso interpretare che Cristo precedette il Battista

Ma mi si fa l'obiezione che se Giovanni avesse detto fu fatto con riferimento alla nascita di lui dalla Vergine, non direbbe: fu fatto prima di me, perché la sua nascita dalla Vergine è posteriore.

Quindi fu fatto prima di me significherebbe, secondo questa obiezione, che il Verbo fu fatto al principio, e quindi era prima di Giovanni, mentre nacque dalla Vergine dopo di lui.

Rispondo all'obiezione. Tu ascolta attentamente senza accanirti a questionare; se quello che vorresti comprendere è oscuro, tu questionando ne aumenti l'oscurità precludendotene la comprensione.

Medita prima quel passo della Scrittura che insegna la docilità dell'ascolto: Ascolta con docilità il Verbo per capirlo. ( Sir 5,13 )

Abbi un po' di pazienza e troveremo insieme in che senso è stato detto: fu fatto prima di me, purché escludiamo l'interpretazione che sia stato creato il Verbo, per mezzo del quale tutto è stato creato.

Se riuscirò, lo spiegherò, ma se non riuscirò a dirlo io, non manca chi lo potrà spiegare.

Credo e spero che la maestà di quell'Unigenito che, pur essendo Verbo eterno, si fece bambino infante, schiuderà la mia lingua di infante incapace di dire, e mi farà esprimere con la bocca quello che mi ha fatto intuire nel cuore.

Ecco dirò come potrò, e tu intendi come puoi, e se non puoi capire, non crederti già all'altezza di criticare, ma attendi in modo da meritarti di crescere nella tua capacità di comprendere.

Il problema è come interpretare: Colui che viene dopo di me, fu fatto prima di me. ( Gv 1,27.30 )

Devi cercare di chiarire il passo, non questionare su di esso.

Insieme capiremo, se cerchiamo insieme; entrambi riceveremo chiarezza, se la cerchiamo insieme; a tutti e due sarà aperto, se tutti e due busseremo.

Comprendi che viene dopo di me è riferito alla nascita dalla vergine Maria, ma ti chiedi che cosa significhi: fu fatto prima di me.

Questa frase significa: " fu posto avanti a me ".

Cioè colui che è venuto dopo di me, mi si è fatto davanti.

Immagina due che camminino sulla stessa strada, uno più lento, uno più veloce; se il più lento è parecchio avanti nel cammino e il più veloce lo segue, il più lento, volgendosi a guardare, dice del più veloce: " Viene dopo di me ".

Ma ecco che quello accelera il passo, gli si fa vicino, lo raggiunge, lo sorpassa; l'altro allora, vedendo davanti a sé quello che prima vedeva dietro, un po' spaventato e un po' ammirato della sua velocità, potrebbe proprio esclamare: " Ecco che l'uomo che vedevo dietro di me, ora si è fatto davanti a me; camminava dietro, ma per la sua velocità si è fatto innanzi a me ".

Non sempre leggendo factus est si deve intendere che fu formato quello che non esisteva.

Si può dire factus est anche del Signore, come quando si legge che il Signore Dio fu fatto mia difesa, ( Sal 94,22 ) ovvero: Si è fatto mio aiuto, ( Sal 30,11 ) o ancora: Si è fatto mia salvezza. ( Sal 118,14 )

Quante volte fu fatto lui che ha fatto tutte le cose?

Fa' dunque attenzione, con me, alle parole.

Il medesimo Giovanni aveva già detto che il Verbo era, e quando dice: fu fatto prima di me vuol significare qualcos'altro, vuole farti capire che egli si è fatto davanti a lui, lo ha superato.

Lo ha superato in quanto fu glorificato al di sopra di lui e in quanto gli uomini, che in lui riconoscevano il precursore, riconobbero Dio in Colui che egli aveva preceduto nella nascita e che aveva annunciato rendendogli testimonianza; e a lui allora gli uomini volsero la speranza, a lui accorsero.

Egli quindi fu glorificato come Figlio di Dio, superando così Giovanni.

Lo dice anche l'Apostolo: Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra. ( Fil 2,9-10 )

La sua gloria non cominciò allora, ma allora si rivelò.

Dunque egli fu fatto avanti a Giovanni nel senso che superò in onore Giovanni.

6 - Abbassiamoci nell'umiltà a gloria di Dio; nostra gloria è la gloria di Dio

Se questo sia giusto, chiediamolo allo stesso Giovanni.

Chiediamogli perché si è fatto avanti a lui quegli che venne dopo di lui, perché Colui che lo seguiva gli fu anteposto.

La risposta viene da quanto egli dice subito dopo: Perché era prima di me, che si spiega con l'altra affermazione: In principio era il Verbo. ( Gv 1,1 )

Quindi a ragione egli dice: Fu fatto prima di me perché era prima di me. ( Gv 1,30 )

Era prima di Giovanni, prima di Abramo, prima di Adamo, prima del cielo e della terra, prima di Angeli, Sedi, Dominazioni, Principati, Potestà.

Prima, perché appunto: Tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui.  ( Gv 1,3 )

l servo riconosca la sua posizione umile, e il Signore manifesti la sua maestà.

Giovanni può anche aggiungere: Non sono degno di sciogliergli i lacci dei sandali. ( Gv 1,27 )

Sarebbe già espressione di umiltà se dicesse di essere degno solo di tale umile atto, ben lungi dalla pretesa di sedere alla destra del Padre nel giudizio, o di venire a giudicare i vivi e i morti.

Dichiararsi degno di sciogliergli i sandali sarebbe umiltà profonda per colui che è l'amico dello sposo, com'egli si definisce subito dopo in questo medesimo passo; ma non volendo che alcuno cada nell'errore di credere che l'amicizia lo ponesse su un piano di uguaglianza, si dice amico per l'amore che nutre per lui, ma si prostra ai suoi piedi per il timore che ha alla sua presenza.

E ritenendo che non basti prostrarsi ai suoi piedi, dice di non essere neppure degno di sciogliergli i sandali.

Certo si rivelerebbe umile dicendosene degno; ma dichiarandosene indegno si rivela degno di essere innalzato su dalla sua posizione umile.

Cerchiamo ora di farci spiegare meglio da lui che cosa significa: É venuto dopo di me e fu fatto prima di me.

Ci ha già spiegato il perché: perché era avanti; e anche perché in principio era il Verbo, e ancora perché: Essendo di natura divina, non considerò usurpazione la sua uguaglianza con Dio. ( Fil 2,6 )

Quindi: Egli deve crescere e io invece diminuire. ( Gv 3,30 )

Doveva crescere chi venne dopo e diminuire chi venne prima, e quindi Colui che venne dopo lo superò con il suo crescere, mentre egli doveva diminuire.

Spieghiamoci questo crescere del Cristo e questo diminuire di Giovanni.

La nascita di Giovanni avvenne prima di quella del Signore; con il crescere poi, per entrambi, del numero degli anni e della statura del corpo, essi giunsero a completare la loro formazione come uomini.

Ma se Giovanni era uomo soltanto, Cristo era Dio e uomo, e certo sarebbe assurdo, anzi grandemente errato, pensare a una crescita della sua divinità; se ogni crescita comporta un progresso, non si può supporre che Dio cresca perché non si può pensare Dio come mancante di qualcosa che debba raggiungere appunto con il crescere.

Ma se consideriamo la natura umana di Cristo, ci fu per lui una crescita parallela a quella di Giovanni, non però corrispondente al calare di Giovanni.

Si deve pensare forse al crescere della gloria di Cristo, e quindi interpretare il crescere del Cristo e il calare di Giovanni in rapporto con: è venuto dopo di me, è stato fatto prima di me.

Giovanni rappresentava il tipo dell'uomo e si esprimeva con riferimento al genere umano, per la cui salvezza era venuto Cristo Dio; era venuto umile - già lo avevamo detto, fratelli, - per l'uomo superbo.

L'uomo deve riconoscersi qual è, e Dio gli si manifesterà.

Cristo è venuto perché l'uomo si abbassi e da questo abbassamento inizi a crescere.

Doveva venir meno la gloria propria dell'uomo e doveva affermarsi la gloria di Dio, perché l'uomo fondasse la sua speranza sulla gloria di Dio, non sulla propria.

Lo afferma l'Apostolo: Chi si vanta, si vanti nel Signore, ( 1 Cor 1,31 ) e rivolgendosi all'uomo dice bene: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?

E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti, come se non l'avessi ricevuto? ( 1 Cor 4,7 )

Giovanni si presenta come immagine di questa umiltà propria dell'uomo, quando dichiara che egli doveva abbassarsi, mentre crescevano stima e fama del Cristo: non crescevano la sua altezza, la sua maestà o la sua sapienza, non cresceva il Verbo di Dio; cresceva quella fama che, iniziata dal poco, si estende ormai nel mondo intero.

Questa gloria del Cristo - non gloria dell'uomo - porta l'uomo a riconoscere la propria umile condizione, e Dio a far dono della sua divinità all'uomo.

La gloria di Dio è la nostra gloria, o fratelli; il nostro bene spirituale si accresce nella misura con cui godiamo di rendere gloria a Dio.

Non verrà certo innalzato Dio perché noi gli rendiamo onore, ma rendiamo più alta la sua gloria con il nostro abbassarci nell'umiltà.

Quello che è scritto: T'innalzerò, mio Signore, ( Sal 30,2 ) non è certo da intendere nel senso che l'uomo possa innalzare dalla terra al cielo lui che è Dio: innalzarlo significa riconoscere la sua altezza.

Per questo l'uomo deve prima riconoscersi uomo, deve prima diminuire, per crescere poi in altezza.

Così dunque Giovanni si deve dichiarare indegno di slegargli i sandali, abbassandosi nell'umiltà, e comprendere con ciò di divenire partecipe della sua luce.

7 - Giovanni non era la luce vera, ma lucerna illuminata

Quando Giovanni l'Evangelista disse di lui: Non era lui la luce, non fece offesa a Giovanni, quasi posponendolo agli Apostoli, dei quali il Signore disse: Voi siete la luce del mondo; ( Mt 5,14 ) né vollero gli Apostoli preporsi a Giovanni il Battista, smentendo quello che dichiarò il Signore: Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; ( Mt 11,11 ) più grande, s'intende, non di statura ma per il dono di sapienza e di salvezza ricevuto.

Dichiarando che egli non era la luce vera, ma doveva dare testimonianza della luce, ( Gv 1,8 ) l'Evangelista intendeva distinguere la luce vera dal Battista, perché non lo si scambiasse per la luce.

La negazione: non era la luce vera doveva essere capita in relazione con quella luce di cui afferma: Era la luce vera, la quale è la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, ( Gv 1,9 ) e che quindi aveva illuminato anche Giovanni.

Ma perché non si pensi che vogliamo far dire alle parole quello che non dicono, benché sia logicamente deducibile, ascoltiamo quello che ci dice Giovanni: Noi tutti abbiamo ricevuto dalla pienezza di lui. ( Gv 1,16 )

Cristo dunque era la luce vera, la luce che dà luce, mentre il Battista era luce che riceve la sua luce.

Ma il Signore stesso ci fa riconoscere in lui la luce rendendogli testimonianza dopo la testimonianza che Giovanni aveva reso alla sua verità: Giovanni aveva appreso da lui quello che doveva testimoniare di lui, mentre la testimonianza resa da Gesù a colui che era suo servo, non proveniva a lui dal servo stesso.

Le due testimonianze provengono entrambe dal Cristo: da lui direttamente quella su Giovanni, indirettamente per mezzo di Giovanni quella su Cristo.

Dalla Verità stessa dunque ascoltiamo la testimonianza che Giovanni era luce; lo dice rivolgendosi ai Giudei: Egli era lampada che arde e risplende. ( Gv 5,35 )

Certamente la lampada è luce, sia pur in modo diverso dalla luce del giorno, in quanto la lampada, per risplendere, viene accesa.

Giovanni viene appunto illuminato perché parli, e in quanto lampada deve conoscersi per quello che è, per non rischiare di essere spento dal vento della superbia.

Ma torniamo a chiederci se è possibile dichiarare luce i discepoli e lampada il Battista; di questo il Signore dice: Egli era lampada che arde e risplende, e invece dei discepoli: Voi siete la luce del mondo, quasi preponendo questi a Giovanni.

Ma egli non intende preporglieli, come non intendeva Paolo preporgli quei fedeli dei quali disse: Un tempo eravate tenebre, ora siete luce nel Signore. ( Ef 5,8 )

Gli Apostoli dunque sono riconosciuti luce allo stesso modo di quei fedeli i quali da peccatori erano diventati giusti, da infedeli fedeli.

I discepoli tuttavia non sono detti lampada in modo esplicito, ma vengono riconosciuti tali quando viene spiegato in che modo siano luce, senza essere la luce vera che illumina ogni uomo che viene nel mondo.

Nel testo del Vangelo, dopo l'affermazione: Voi siete la luce del mondo, si legge, con riferimento alla città: Non può restare nascosta una città collocata sul monte, e subito dopo, con riferimento ancora alla luce: né si accende una lampada per metterla sotto il moggio. ( Mt 5,14-15 )

Ecco interpretato il senso di: Voi siete la luce; cioè siete luce allo stesso modo di Giovanni, come lampade che sono state accese.

Lo aveva già riconosciuto in antico colui che aveva cantato: Signore, tu sei luce alla mia lampada; il mio Dio rischiara le mie tenebre. ( Sal 18,29 )

Tenebre si potrà dire come a proposito dell'Apostolo, che fu bestemmiatore e reprobo e dichiarò: Un tempo noi eravamo stati bestemmiatori e persecutori violenti.

Ma ci è stata usata misericordia. ( 1 Tm 1,13 )

Queste le tenebre che diventano lampada accesa.

Va riferita ai discepoli la frase: Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucernaio perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa; lo fa capire quello che segue: Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone.

Purché, s'intenda, restino sempre nell'umiltà, perché l'uomo deve diminuire.

In qual modo Dio invece possa crescere è spiegato nel seguito della frase: e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. ( Mt 5,15-16 )

Rendere gloria al Padre è rendere gloria al Figlio, perché il Padre dà gloria al Figlio e il Figlio al Padre.

Riconosca dunque l'uomo la propria umiltà e riconosca l'altezza di Dio, il quale per lui si è umiliato, volendo che l'uomo, umiliandosi nel riconoscimento del proprio peccato, sia innalzato nel conseguimento della giustizia.

Ecco dunque umiltà e grandezza insieme nel Signore e in Giovanni: Dio umile nella sua grandezza, l'uomo umile nella sua debolezza.

Si abbassano nell'umiltà l'uno e l'altro per il bene dell'uomo; Dio vuole operare la sua salvezza, l'uomo vuole evitare di recar danno a se stesso.

8 - Giovanni martire per la verità. Il suo diminuire e il crescere di Cristo

Guardiamo ora anche alla diversità della passione che subirono entrambi.

Di Giovanni leggiamo che subì il martirio per testimoniare la verità, dunque per testimoniare il Cristo, se Cristo è la verità; non fu martire in nome di Cristo direttamente ma in nome della verità.

Non fu decollato per aver confessato il Cristo, ma perché richiamava alla temperanza e alla giustizia dichiarando: Non è lecito tenere la moglie di tuo fratello. ( Mc 6,18 )

É vero che la legge aveva comandato che, nel caso che uno morisse senza figli, il fratello ne doveva far rinascere la stirpe, prendendone la moglie; ma senza questa motivazione, tale comportamento era solo libidine, e Giovanni lo denunciava, denunciava l'incesto, lui casto.

Il suo abbassarsi col crescere del Cristo aveva appunto questo senso figurale: Egli deve crescere, io invece diminuire. ( Gv 3,30 )

Ecco spiegato quel crescere: come il precetto della legge sopra citato era stato dato perché attraverso il fratello nascesse un figlio a continuare il nome del defunto, così, morto il Cristo, gli Apostoli presero la sua sposa, la Chiesa, e i figli che nacquero da essa non furono chiamati paolini e pietrini, ma cristiani.

Lo stesso senso figurale troviamo anche nella passione vissuta da entrambi: Lui deve crescere, io diminuire.

Lui il Cristo, crebbe, innalzato sul legno della croce, e Giovanni si abbassò sotto la spada che lo colpì.

La stessa immagine di un crescere e un diminuire vediamo nei giorni della loro vita: quelli del Cristo cominciano a crescere dal suo nascere, mentre dalla nascita di Giovanni i suoi giorni cominciano a diminuire.

Ecco perché deve calare l'onore dato all'uomo, crescere invece quello dato a Dio, perché l'uomo trovi il proprio onore nell'onore di Dio.

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