La Genesi alla lettera

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Libro V

15.33 - In che modo tutte le cose create erano conosciute dal Creatore

Ma anche se leggiamo e comprendiamo il passo [ di Giovanni così ]: Ciò, che è stato fatto, è vita in lui, resta il senso che ciò che per mezzo di lui è stato fatto è vita in lui, la vita per cui Egli vide tutte le cose quando le fece e come le vide così le fece, vedendole non al di fuori di se stesso, ma in se stesso enumerò tutte le cose fatte da lui.

La visione che ha lui non è diversa da quella che ha il Padre ma è un'unica visione, come unica è la loro sostanza.

Infatti anche nel libro di Giobbe si parla così della Sapienza, per mezzo della quale tutte le cose furono fatte: Ma dove si trova la Sapienza?

E dov'è il luogo dell'Intelligenza? Il mortale ne ignora la via ed essa non si trova tra gli uomini. ( Gb 28,12-13 )

[ L'autore sacro dice ancora ] poco dopo: Abbiamo sentito parlare della sua gloria.

Il Signore [ solo ] ne fa conoscere la via ed Egli [ solo ] sa dov'essa si trovi.

Egli infatti vede perfettamente tutto ciò che è sotto il cielo e conosce ciò ch'esiste sulla terra, tutto ciò che Egli ha fatto; quando fece il peso dei venti e regolò le acque con misura, e come le vide così le enumerò. ( Gb 28,22-25 )

Con questi ed altri simili testi si dimostra che tutte le cose, prima d'essere fatte, erano nella conoscenza del Creatore e certamente in un modo superiore lì ove sono nella loro [ piena ] verità, eternità ed immutabilità.

Sebbene debba esser sufficiente a ciascuno conoscere o credere senza esitazione che Dio ha fatto tutte queste cose, tuttavia non penso che ci sia qualcuno tanto stolto da credere che Dio abbia fatto cose che non conosceva.

Inoltre, se le conosceva prima di farle, prima d'esser fatte erano certamente in lui, nel modo d'essere con cui vivono e sono vita [ in lui ] eternamente ed immutabilmente; tuttavia, in quanto cose create, esse hanno la loro esistenza come ogni altra creatura nella sua propria natura.

16.34 - Con la mente percepiamo più facilmente Dio che le creature

La natura eterna e immutabile di Dio ha l'essere in se stesso come [ da lui ] fu detto a Mosè: Io sono colui che sono; ( Es 3,14 ) egli cioè ha l'essere in un modo di gran lunga diverso da quello degli altri esseri che sono stati fatti, poiché esiste veramente e originariamente ciò che esiste sempre allo stesso modo e non solo non muta, ma non può mutare affatto, mentre nulla di ciò, ch'egli fece, esiste come lui e ha originariamente tutte le cose allo stesso modo che è lui.

Poiché Dio non potrebbe fare gli altri esseri se, prima di farli, non li conoscesse; e non li conoscerebbe, se non li vedesse, e non li vedrebbe se non li avesse [ in sé ], e non avrebbe le cose ancora non fatte se non nel modo in cui è lui stesso che non è stato fatto.

Sebbene - dico - la sostanza - natura di Dio non possa esprimersi con termini umani e non possa spiegarsi in un modo o in un altro senza ricorrere a espressioni relative allo spazio e al tempo, mentre essa esiste prima di tutti i tempi e fuori da tutti gli spazi, tuttavia è più vicino a noi, lui il Creatore, che non le molteplici cose fatte da lui.

In lui infatti noi abbiamo la vita, il movimento e l'essere; ( At 17,28 ) la maggior parte di quelle cose, al contrario, sono lontane dal nostro spirito poiché, essendo materiali, hanno una natura diversa e il nostro spirito non è capace di vederle in Dio considerate nelle ragioni causali secondo le quali sono state fatte e perciò non possiamo conoscerne la quantità, la grandezza, la qualità pur non vedendole con i sensi del corpo.

Quelle cose infatti sfuggono ai nostri sensi poiché ci sono inaccessibili o sono separate dalla nostra vista e dal nostro tatto ostacolati da altri esseri interposti od opposti.

Per conseguenza occorre uno sforzo maggiore per scoprire le cose che non il loro Creatore.

È infatti una felicità incomparabilmente superiore conoscere Dio con spirito religioso anche in minima parte che comprendere l'universo nella sua totalità.

Ecco perché a ragione nel libro della Sapienza sono rimproverati coloro che indagano questo mondo: Se infatti - dice - furono capaci di sapere tanto da potere scrutare il mondo, come mai non trovarono più facilmente il suo Signore? ( Sap 13,9 )

Poiché le fondamenta della terra sono fuori del nostro campo visivo, ma chi l'ha fondata è vicino al nostro spirito.

17.35 - Un altro modo di considerare la creazione

Consideriamo ormai le cose fatte da Dio tutte insieme e portate a termine il sesto giorno, dalle quali si riposò il settimo giorno; le sue opere, riguardo alle quali egli agisce fino al presente, saranno da noi considerate in seguito.

Egli infatti è prima del tempo: diciamo invece che sono all'origine del tempo le cose che sono da quando cominciò il tempo, come il mondo, mentre diciamo esistenti nel tempo quelle che nascono nel mondo.

La Scrittura dunque, dopo aver detto: Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui non è stato fatto nulla, poco dopo soggiunge: Egli era in questo mondo, e il mondo è stato fatto per mezzo di lui. ( Gv 1, 3.10 )

Di quest'opera di Dio la Scrittura in un altro passo dice che Dio aveva fatto il mondo a partire da una materia informe. ( Sap 11,18 )

Questo mondo - come abbiamo già ricordato - la Scrittura lo denota generalmente con il nome di "cielo e terra" e dice che è stato creato da Dio quando fu creato il "giorno".

Spiegando quel passo ci siamo sforzati - nei limiti delle nostre possibilità - di mostrare che le due affermazioni della Scrittura riguardo alla creazione del mondo possono essere messe d'accordo, nel senso cioè ch'esso non solo fu portato a termine in sei giorni con tutte le cose che contiene, ma altresì che fu creato il "giorno"; in tal modo il racconto della creazione risulta d'accordo con l'affermazione della Scrittura che [ Dio ] fece ogni cosa simultaneamente. ( Sir 18,1 )

18.36 - b) nella simultaneità dell'atto creativo: La duplice conoscenza angelica

In questo universo creato da Dio sono molte cose che non conosciamo, sia perché troppo alte nel cielo per poter essere raggiunte dai nostri sensi, sia perché site in regioni della terra forse inabitabili, sia perché nascoste sotto la terra nelle profondità abissali del mare e nelle oscure cavità della terra.

Queste cose dunque non esistevano certo prima d'essere fatte.

In qual modo, allora, erano note a Dio se non esistevano?

D'altronde, in che modo avrebbe fatto cose che gli erano ignote?

In realtà Dio non ha fatto nulla che gli fosse ignoto.

Dio pertanto ha fatto le cose che già conosceva, non le ha conosciute dopo averle fatte.

Di conseguenza prima che fossero fatte, esse erano e non erano; erano nella conoscenza di Dio, ma non erano nella natura loro propria.

Ecco perché fu creato il "giorno", al quale potessero farsi conoscere in entrambi i loro modi di essere: in Dio e in se stesse; in Dio mediante una conoscenza - diciamo così - mattutina o diurna, in se stesse mediante una specie di conoscenza vespertina.

Quanto a Dio non m'arrischio di dire che egli le conoscesse, dopo averle fatte, in un modo diverso da quello in cui le conobbe per farle, poiché in lui non c'è variazione né ombra di mutamento. ( Gc 1,17 )

19.37 - Gli angeli sono messaggeri di Dio, esecutori dei suoi ordini

Per conoscere le cose del mondo di quaggiù Dio non ha certo bisogno di messaggeri come se egli potesse aumentare la sua conoscenza mediante il loro servizio.

Egli invece conosce tutte le cose in un modo trascendente e meraviglioso mediante una conoscenza stabile e immutabile.

Se Dio ha dei messaggeri, ciò è per il bene nostro e di loro stessi, poiché ubbidire in questo modo a Dio e servirlo per consultarlo circa le cose di quaggiù e ottemperare ai suoi superni precetti e comandi è per essi un bene conforme alla loro natura e sostanza.

I messaggeri poi, con termine greco sono chiamati: άγγελοι, termine con cui è denotata l'intera Città celeste, che a nostro parere è il primo "giorno" creato.

19.38 - Agli angeli fu rivelato il mistero del regno dei cieli dall'origine del tempo

Agli angeli non fu nascosto neppure il mistero del regno dei cieli, rivelato nel tempo opportuno per la nostra salvezza, quello cioè per cui, una volta liberati dal nostro terreno pellegrinaggio, ci uniremo alla loro schiera.

Che non lo ignorassero risulta dal fatto che la discendenza, che venne al tempo opportuno, fu disposta per mezzo degli angeli nelle mani di un mediatore, cioè mediante il potere di Colui che è il loro Signore sia nella sua natura divina sia in quella di servo. ( Gal 3,19 )

L'Apostolo afferma ugualmente: A me, il minimo tra tutti i santi, è stata data questa grazia, d'annunciare ai pagani le insondabili ricchezze di Cristo e rivelare quale sia il piano provvidenziale del mistero nascosto dall'eternità nella mente di Dio, creatore dell'universo, affinché sia manifestato ai Principati e alle Potestà nei cieli mediante la Chiesa della multiforme sapienza di Dio, formata da lui in Cristo Gesù nostro Signore secondo il suo disegno eterno. ( Ef 3,8-11 )

Questo mistero dunque è rimasto nascosto dall'eternità in Dio in modo però che per mezzo della Chiesa della multiforme sapienza di Dio fosse manifestata ai Principati nel cielo.

La Chiesa infatti esiste originariamente là dove, dopo la risurrezione, dev'essere riunita anche la Chiesa di quaggiù, affinché noi siamo simili agli angeli di Dio. ( Mt 22,30 )

Ad essi perciò questo mistero era noto fin dall'origine dei secoli, poiché nessuna creatura esiste prima dei secoli ma la creazione esiste dall'origine dei secoli in poi.

I secoli stessi hanno cominciato ad esistere a partire dalla creazione e questa esiste dai secoli in poi poiché il suo inizio è l'inizio dei secoli.

L'unigenito Figlio di Dio, al contrario, esiste prima dei secoli poiché questi sono stati fatti per mezzo di lui. ( Eb 1,2 )

Ecco perché, parlando come la Sapienza identificata con se stesso come la [ seconda ] Persona [ della Trinità ] egli dice: Dio mi ha stabilita prima dei secoli, ( Pr 8, 23 sec. LXX ) affinché [ per mezzo della Sapienza ] facesse tutte le cose Colui al quale è stato detto: Tutte le cose tu hai fatto per mezzo della Sapienza. ( Sal 104,24 )

19.39 Tuttavia il mistero nascosto non è noto solo in Dio ma si manifesta loro anche sulla terra quando esso si compie e [ così ] si svela; ciò è attestato dal medesimo Apostolo che dice così: E senza dubbio grande è il mistero della bontà di Dio, che si manifestò nella carne, fu giustificato nello Spirito, fu visto dagli angeli, fu annunciato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria. ( 1 Tm 3,16 )

Inoltre, se non mi sbaglio, sarebbe strano, se tutto quanto la Scrittura afferma essere conosciuto da Dio come in un presente temporale, non lo affermasse nel senso che Dio lo fa conoscere non solo dagli angeli ma anche dagli uomini.

Questo modo di esprimersi con cui l'effetto è indicato da chi lo effettua è frequente nelle Sante Scritture, soprattutto quando si attribuisce a Dio qualcosa che, preso in senso letterale, non gli si confà, come proclama il sentimento della verità che presiede alla nostra mente.

20.40 - c) Nel divenire temporale

Ormai dunque dobbiamo distinguere le opere che Dio continua a compiere da quella da cui si riposò il settimo giorno.

Poiché vi sono alcuni i quali pensano che da Dio è stato fatto solo il mondo e tutto il resto è ormai fatto dallo stesso mondo secondo il comando e l'ordine di Dio, mentre Dio non effettuerebbe più nulla.

Contro l'opinione di costoro possiamo addurre l'affermazione del Signore: Mio Padre opera senza interruzione.

Ma perché nessuno pensasse che il Padre agisca solo in se stesso e non anche in questo mondo, aggiunge: Il Padre che rimane in me compie le sue opere; e come il Padre risuscita i morti e dà loro la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole. ( Gv 5,17.20-21 )

Inoltre, siccome Dio compie non solo le opere grandi e importanti ma anche quelle infime di questa terra, l'Apostolo dice: Stolto!

Ciò, che tu semini, non prende vita se prima non muore, e quello, che semini, non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, per esempio di grano o di altra specie.

Ma Dio gli dà un corpo come ha stabilito e dà a ciascun seme il proprio corpo. ( 1 Cor 15,36-38 )

Che dunque Dio continui ad agire senza interruzione dobbiamo crederlo e, se possibile, comprenderlo nel senso che se la sua azione si sottraesse alle sue creature, queste cesserebbero d'esistere.

20.41 - In qual senso Dio non crea nuove specie di esseri

Se però noi supponessimo che Dio crea ora una creatura non appartenente alle specie costituite nella creazione primordiale, contraddiremmo senz'altro apertamente alla Scrittura, la quale afferma che Dio portò a termine tutte le sue opere il sesto giorno. ( Gen 2,2 )

È infatti evidente che Dio, conforme alle specie da lui create all'origine, crea un gran numero d'esseri nuovi che non aveva creati allora.

Ma non si può logicamente credere che Dio crei nuove specie d'esseri, poiché terminò di crearle tutte allora.

Dio pertanto, mediante la sua occulta potenza imprime un impulso a tutto l'universo delle sue creature; è proprio in virtù di questo impulso che tutte le creature sono messe in movimento, quando gli angeli compiono gli ordini di Dio, quando gli astri compiono la loro orbita, quando i venti soffiano ora in una direzione ora in un'altra, quando l'abisso è agitato dal precipitare delle acque e anche dai vapori condensati turbinanti nell'aria, quando il regno vegetale germoglia e sviluppa i suoi semi, quando gli animali nascono e passano la propria vita secondo il loro proprio istinto, quando ai malvagi è permesso di tormentare i giusti.

È così che Dio dispiega i secoli che aveva, per così dire, ripiegati nella creazione primordiale.

Quei secoli non si svolgerebbero nel loro corso, se Colui, che li ha creati, cessasse di esercitare il suo governo provvidenziale su di essi.

21.42 - Tutto è governato dalla divina Provvidenza

Gli esseri, che si formano e nascono nel tempo, ci devono insegnare come dobbiamo considerare queste cose.

Non senza ragione infatti la Scrittura dice che la Sapienza si mostra benignamente a coloro che l'amano nei loro sentieri e va loro incontro con la sua infallibile provvidenza. ( Sap 6,17 )

Noi inoltre non dobbiamo ascoltare coloro, i quali pensano che dalla divina provvidenza sono governate solo le regioni più alte del mondo, quelle cioè che sono al margine esterno e al di sopra della nostra atmosfera più densa, ma che la parte più bassa che è la terra e il mare, come pure quella dell'atmosfera terrestre più vicina, che s'impregna d'umidità a causa delle esalazioni terrestri e marine - in cui si formano i venti e le nubi - sia piuttosto il gioco del caso e agitata da moti fortuiti.

Contro questi tali parla il Salmo, che dopo aver espresso la lode [ a Dio ] degli esseri celesti, si rivolge anche a quelli della terra e dice: Lodate il Signore dalla terra, mostri marini e voi tutti, abissi; fuoco e grandine, neve e ghiaccio, venti di bufera che adempiono il suo comando. ( Sal 148,7-8 )

Ora, nulla pare essere tanto regolato dal caso quanto tutti questi fenomeni burrascosi e turbolenti, da cui è deformato e sconvolto l'aspetto di queste regioni inferiori del cielo - che non senza ragione è denotato anche con il nome di "terra" - ma quando [ il Salmo ] soggiunge: che adempiono il suo comando, mostra assai bene che anche l'ordinamento di questi fenomeni, soggetto al comando di Dio, anziché mancare alla natura dell'universo, sfugge piuttosto alla nostra intelligenza.

Che dire dunque? Il Salvatore non ha forse detto di propria bocca che non cade in terra nemmeno un passero senza il permesso di Dio ( Mt 10,29 ) e che Dio riveste tuttavia l'erba dei campi sebbene destinata poco dopo ad essere gettata nel forno? ( Mt 6,30 )

Dicendo così, nostro Signore non ci assicura forse che non solo tutta questa parte del mondo assegnata agli esseri mortali e corruttibili ma anche le particelle più spregevoli e umili sono governate dalla divina provvidenza?

22.43 - Argomenti comprovanti la divina Provvidenza

Ma coloro che negano questa verità e non credono nella grande autorità delle Sacre Scritture, pensano che la parte del mondo abitata da noi è soggetta a movimenti dovuti al caso anziché governata dalla Sapienza del sommo Dio; per provarlo ricorrono ingiustamente a due argomenti: quello della variabilità delle stagioni, da me più sopra ricordato, o quello della felicità o infelicità degli uomini che capita loro ma non corrisponde ai meriti acquisiti nella vita.

Se però osservassero il meraviglioso ordine che appare nelle membra del corpo d'un qualunque essere vivente - non dico ai medici, che per la necessità della loro professione le scrutano con cura dopo averle messe a nudo e identificate sezionandole, a un individuo qualunque d'intelligenza e riflessione mediocre - non esclamerebbero forse che questi corpi non cessano neppure un istante d'essere governati da Dio, autore d'ogni regola di misura, d'ogni armonia di numeri, d'ogni misura di pesi?

Quale opinione può essere più assurda e più stolta di quella secondo la quale l'universo creato sarebbe sottratto alla volontà e al governo della Provvidenza, quando si vede che le creature più infime e spregevoli sono formate con un ordine così straordinario che, se ci si riflette più attentamente, suscitano un indicibile timore reverenziale e ammirazione?

Dato poi che la natura dell'anima è superiore a quella del corpo, che c'è di più insensato che pensare che la provvidenza di Dio non giudica affatto il comportamento degli uomini, dal momento che nel loro corpo appaiono con straordinaria evidenza tante prove della sapiente cura che Dio ha delle creature?

Ma siccome queste piccole creature sono alla portata dei nostri sensi e possiamo indagarle facilmente, risulta evidente in esse l'ordine che le regola, mentre quelle di cui non possiamo vedere l'ordine, sono giudicate prive di ordine da coloro che pensano non esista nient'altro all'infuori di ciò che possono vedere oppure, se credono che esista, lo suppongono della stessa natura di ciò che sono soliti vedere.

23.44 - Come Dio ha creato simultaneamente ogni cosa eppure opera senza interruzione

Noi invece, i cui passi sono guidati dalla medesima divina provvidenza mediante la sacra Scrittura affinché non cadiamo in quell'errore, dovremmo sforzarci d'indagare, considerando le opere di Dio con il suo aiuto, dove egli aveva creato simultaneamente queste cose quando si riposò dalle opere che aveva portato a termine e delle quali produce fino al tempo presente le forme visibili attraverso la successione dei tempi.

Consideriamo dunque la bellezza di un albero qualunque nel suo tronco, nei suoi rami, nelle sue foglie e nei suoi frutti; questa forma non è certo uscita all'improvviso dalla terra tale e quale in tutta la sua grandezza, ma piuttosto in seguito ad un processo di crescita che ci è noto.

Esso infatti spuntò da una radice che un germe aveva piantato precedentemente nella terra e di poi tutti quegli elementi crebbero dopo aver preso la loro forma ed essersi sviluppati nelle diverse loro parti.

Il germe inoltre proveniva da un seme: nel seme dunque erano originariamente tutti quegli elementi non già quanto alle dimensioni della loro massa corporea, ma come una forza e una potenza causale.

Poiché le dimensioni [ raggiunte dall'albero ] si formarono grazie a una quantità di terra e di umidità.

Ma più meravigliosa e più eccellente è l'energia insita in un piccolo granello, grazie alla quale l'umidità circostante, mescolata alla terra, forma - per così dire - una materia capace di cambiarsi in legno di tale natura, in rami che si spandono, in foglie verdi e di forma appropriata, in frutti attraenti e abbondanti, il tutto in un'ordinata diversità di tutte le sue parti.

In realtà che cosa spunta o pende da un albero che non sia stato estratto o ricavato da quella sorta di tesoro nascosto che è il seme?

Il seme però deriva da un albero, anche se non da quello ma da un altro, e quello deriva a sua volta da un altro seme; alle volte però l'albero deriva da un altro quando se ne toglie un virgulto e lo si trapianta.

Non solo dunque il seme deriva dall'albero ma anche l'albero deriva dal seme e l'albero dall'albero, ma il seme non può derivare mai dal seme se non per tramite di un albero; un albero invece può derivare da un albero anche senza il tramite del seme.

Così dunque l'uno deriva dall'altro attraverso alterne generazioni, ma l'uno e l'altro provengono dalla terra, mentre la terra non deriva da essi, ai quali perciò è anteriore la terra che li genera.

Ciò vale anche per gli animali: può rimanere il dubbio se il germe viene dagli animali o viceversa ma, qualunque sia il primo di essi, è tuttavia assolutamente certo ch'esso viene dalla terra.

23.45 - Potenzialità e causalità nella creazione

Nel granello dunque erano già presenti invisibilmente tutti insieme gli elementi che nel corso del tempo si sarebbero sviluppati per formare l'albero; allo stesso modo dobbiamo immaginare che il mondo, quando Dio creò simultaneamente tutte le cose, conteneva simultaneamente tutti gli elementi creati in esso e con esso quando fu fatto il giorno: conteneva cioè non solo il cielo con il sole, la luna e le stelle - la cui forma specifica rimane inalterata durante il loro moto circolare - ma anche il mare e gli abissi che sono soggetti a movimenti - per così dire - incostanti ed essendo situati al di sotto [ del cielo ] costituiscono l'altra parte del mondo; conteneva inoltre gli esseri che l'acqua e la terra produssero virtualmente e causalmente, prima che comparissero nel corso dei tempi e che noi ormai conosciamo come opere che Dio continua a compiere fino al presente.

23.46 - Conclusione

In questo senso quindi [ è detto ]: Questo è il libro della creazione del cielo e della terra; quando fu creato il giorno, Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche prima ch'esistessero sulla terra e ogni specie di piante coltivate prima che germogliasse. ( Gen 2,4 )

Dio fece non già come agisce fino al presente mediante la pioggia e la lavorazione della terra praticata dagli uomini; per questo infatti [ la Scrittura ] aggiunge: Poiché Dio non aveva ancora fatto piovere, e non c'era ancora l'uomo che coltivasse la terra; ( Gen 2,5 ) ma nel modo in cui creò tutti gli esseri simultaneamente e li portò a termine in sei giorni presentando sei volte agli esseri da lui creati il giorno che aveva creato e lo presentò non già nell'avvicendarsi successivo di periodi di tempi, ma in un piano fatto conoscere qual era nelle sue cause.

Dio si riposò dalle sue opere il settimo giorno, degnandosi di rivelare il suo riposo anche al "giorno" perché questo gioisse nel conoscerlo.

Ecco perché Dio benedisse e dichiarò sacro quel giorno non a causa di alcuna sua opera ma del suo riposo.

Da allora perciò Dio non crea più alcun'altra creatura ma agisce continuamente in quanto governa e guida con l'azione della sua assistenza tutte le creature da lui fatte simultaneamente mentre si riposa e agisce allo stesso tempo, come è stato già spiegato.

Delle opere che Dio continua a compiere e che si devono sviluppare lungo il volgersi dei secoli la sacra Scrittura comincia in certo qual modo a narrarli dicendo: Una sorgente sgorgava dalla terra e irrigava tutta la superficie della terra. ( Gen 2,6 )

Poiché di questa sorgente abbiamo già detto tutto ciò che abbiamo creduto necessario dire, dobbiamo considerare adesso le cose seguenti come da una specie di nuovo inizio.

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