La storia della Chiesa

Indice

§ 6. Gesù di Nazareth, il fondatore della Chiesa

1. Tutta la vita e l'opera di Gesù è base e fondamento della Chiesa.

Poiché Egli ha predicato il suo Vangelo in modo vincolante per tutti i tempi ( Mt 24,35 ) e ha promesso di essere coi suoi sino alla fine del mondo ( Mt 28,20; Gv 15,1 e Gv 8,12 ), tutto ciò che Egli è, ciò che Egli ha fatto e detto è essenziale per ciò che la sua Chiesa - che egli ha istituito nella storia - è stata, ha sperimentato, è tutto quello che sappiamo di lui quindi appartiene sostanzialmente anche alla storia della Chiesa.

Dati i compiti particolari della storia della Chiesa ( a differenza dell'esegesi ) dobbiamo ricordare solo alcuni dati.

a) Le fonti della nostra conoscenza della vita di Gesù sono costituite dagli scritti raccolti nel Nuovo Testamento.

Inoltre, ma ad immensa distanza, hanno un certo valore alcuni pochissimi accenni sul Signore di fonte non cristiana.

La questione circa l'origine dei Vangeli è stata discussa da secoli in forma molto appassionata.

Illuminismo e Liberalismo si sono adoperati per dimostrarli privi di valore dal punto di vista della critica delle fonti, per porre la loro origine nel II secolo e per contestarli agli autori indicati dalla tradizione.

Come con i Vangeli, si procedette con gran parte delle Lettere degli Apostoli.

La critica scientifica tuttavia, proprio di recente si è espressa decisamente per l'autenticità e l'età apostolica dei Vangeli.

L'intelligenza del processo storico assai complicato della formazione delle Sacre Scritture, della loro inclusione in un « canone » avente valore vincolante, della partecipazione umana dei loro autori ispirati alla scelta e alle formulazioni, è intanto aumentata in ogni settore.

Ma proprio questa intelligenza più profonda degli elementi naturali della composizione ha rafforzato la convinzione che il valore storico del nucleo centrale, dei vangeli non può venir contestato.

La più recente radicale scomposizione del Nuovo Testamento in strati o la volatilizzazione del dato oggettivo in esperienze religiose personali sono legate chiaramente, nonostante l'immensa erudizione dei particolari, a schemi di concezioni filosofiche condizionate dalla storia contemporanea.

( Da circa un secolo la storia dell'esegesi dimostra quanto questi tentativi siano effimeri ).

Di fronte a ciò l'impressione immediata, convalidata da una critica delle fonti, accurata ma globale, dimostra una sostanziale unità interna del messaggio di Gesù di Nazareth che fu crocifisso, risuscitò e mandò gli Apostoli da Lui scelti a diffondere il regno di Dio, nella forza dello Spirito Santo.

b) Il Vangelo dell'Apostolo Matteo fu scritto originariamente in lingua aramaica.

Marco scrisse in greco riportando in sostanza gli insegnamenti predicati da Pietro.

Più tardi il traduttore greco del Vangelo di Matteo ha usato questo Vangelo di Marco sia nell'espressione che nella disposizione del materiale.

Queste due opere, accanto ad altre documentazioni orali e scritte, servirono da fonte per Luca.

Matteo e Marco hanno redatto la loro opera prima della distruzione di Gerusalemme, Luca forse poco dopo.

c) Il più discusso è stato il Vangelo di Giovanni, come autore del quale non si voleva riconoscere il « discepolo prediletto » ( Gv 21,20 ).

Il suo autore tuttavia e la sua origine attorno all'anno 100 vengono sostenuti oggi anche da molti studiosi evangelici.13

Mentre i Vangeli secondo Matteo, Marco, Luca presentano in ampia misura lo stesso materiale sulla vita, la dottrina e la morte di Gesù,14 il Vangelo di Giovanni offre, sia nella forma che nel contenuto, molte cose nuove.

Ciò è comprensibile.

Scrivendo egli 20 o 50 anni più tardi di quei tre evangelisti, a quel tempo già da lungo conosciuti e riconosciuti, era ovvio che egli colmasse delle lacune, avesse altri presupposti o prendesse posizione, con la sua narrazione, nei confronti di problemi sorti nel frattempo.

In tal guisa il Vangelo di Giovanni diviene un importante pilastro della viva tradizione che porta ai tempi in cui non viveva più nessuno di coloro che avevano conosciuto Gesù ancora personalmente.

Attraverso Policarpo ( § 11 ) è assicurato il collegamento con Ireneo fino nel II secolo inoltrato.

L'evangelista Giovanni sembra essere stato dotato di una comprensione particolarmente profonda del Signore e della sua dottrina, lui « che il Signore amava ».

Il suo Vangelo dimostra in molti punti con quale riconoscente fedeltà egli abbia conservato nel cuore taluni particolari momenti e certi intimi colloqui col Signore.

La meditazione, che naturalmente ne scaturì, sul miracolo di questo incontro si condensò pertanto in una esposizione che non è soltanto informazione, ma anche, ed essenzialmente, interpretazione dell'annuncio.

Il Vangelo di Giovanni manifesta già una considerevole elaborazione del messaggio di Gesù.

In molti casi non è facile distinguere ciò che è di Gesù da ciò che è di Giovanni.

In Giovanni appare già una dialettica positiva con la cultura ellenistica.

L'esempio più significativo è dato dal primo capitolo del suo Vangelo dove viene impiegato il concetto greco di Logos, approfondito però mediante la rivelazione cristiana, per esprimere poeticamente, con un annuncio ed una professione di fede in grande stile, il mistero della divinità del Figlio, della sua forza creativa, e della sua incarnazione.

d) Che esistesse una considerevole letteratura sulla vita e la predicazione di Gesù è detto espressamente da Luca ( Lc 1,1s ).

Accanto a quelle accettate dalla Chiesa c'era una grande quantità di descrizioni che essa rifiutò come non-storiche ( apocrife ): Vangeli degli Egiziani, di Giuda, di Pietro, di Giacomo, di Gamaliele, Apocalissi …

Molto in generale si può affermare scientificamente che la Chiesa nella sua scelta dimostrò un istinto straordinariamente sicuro.

La sobria riservatezza dei Libri Santi da essa riconosciuti sta in vantaggioso contrasto con i fantastici e anche sciocchi abbellimenti sia nella vita del fanciullo Gesù, sia della sua morte o delle sue predizioni di un regno millenario in quelli apocrifi.

2. Gesù Cristo morì ( probabilmente ) il 14 Nisan15 del 783 dalla fondazione di Roma, cioè il 7 aprile del 30 della nostra era.

L'anno di nascita di Gesù, in seguito ad un errore del monaco Dionigi il Piccolo ( + 566 ) nello stabilire la data dell'era volgare, cade da tre o cinque anni prima dell'inizio di questa.

a) Gesù Cristo è Dio.

Ce lo insegna la fede.

Sostegni di questa fede sono la coscienza messianica di Gesù, le profezie che si possono riscontrare adempiute in lui, i miracoli da lui compiuti, specialmente la sua risurrezione corporea dalla morte, la purezza e la santità divina della sua vita, la ricchezza inesauribile, la sapienza e la verità assoluta della sua dottrina, la divina sublimità della sua persona.

Tutti questi elementi formano un tutto unico; e solo così, presi globalmente, acquistano la loro potenza espressiva valutabile anche scientificamente.

Nel modo in cui Gesù parlò, merita la massima attenzione quella perfetta sicurezza di sé, irraggiungibile per gli uomini, che non perde mai il proprio equilibrio, ne nelle asserzioni più impressionanti, ne in quelle apparentemente meno elevate, e non si esprime mai in qualsiasi altra occasione in forma esagerata.

b) Gesù Cristo, adempiendo la profezia, venne al mondo come figlio di Davide dalla stirpe giudaica, per farsi fratello degli uomini e per redimere i suoi fratelli.

Sebbene Egli si sia caricato dei loro peccati, Egli, come Unigenito del Padre, conserva la sua trascendenza.

In un senso misterioso è perciò profondamente significativo che Gesù sia nato « da Maria Vergine », non per « volere di uomo » ( Mt 1,25; Lc 1,35s ).

Nella Sacra Scrittura si parla spesso dei « fratelli di Gesù » ( Mc 6,5 ).

Che tuttavia non si tratti di fratelli in senso vero e proprio risulta da questo:

a) In Luca 1,34, Maria afferma, in circostanze che danno alla sua asserzione una grandissima importanza, « di non conoscere uomo ».

Ella realizzò questa posizione in mezzo all'opinione generale che ciascun giudeo, e in modo particolare ogni membro della discendenza di David, avesse la possibilità o il dovere, attraverso la procreazione della prole, di collaborare alla venuta dell'atteso Messia; come sarebbe stranamente inspiegabile, anzi contraddittorio, un posteriore mutamento del suo atteggiamento!

b) A ciò corrisponde il fatto che nessuno dei « fratelli di Gesù » fu mai designato come figlio di Maria; ciò è riservato soltanto a Gesù.

c) Concorda con ciò anche il fatto che nei Vangeli ai singoli quattro « fratelli di Gesù » chiamati per nome venga attribuita un'altra madre e non Maria, la Madre di Gesù ( si pongano a raffronto tra loro Mc 6,5; Mt 13,55; Gv 19,25; Gal 1,19 ).16

3. In Gesù si è manifestata la volontà d'amore di Dio ricca di grazia, per attirare a sé l'umanità affinché essa partecipasse alla pienezza della sua vita divina.

Il singolo è chiamato alla comunione dei Santi ( = della Chiesa ).

Ne segue che opera e dottrina del nostro Salvatore mirano:

a) al singolo uomo;

b) alla Chiesa.

a) Gesù vuole portare agli uomini la vera religione e la vera pietà.

Questa culmina nel comandamento dell'amore di Dio e del prossimo ( Mt 22,37ss ).

Essa esige la purezza dell'intenzione interna ( la « migliore giustizia » del discorso della montagna ).

Perciò Gesù ha condannato il meccanicismo e l'esteriorità nella pietà e ha reso la religione oggetto unicamente della coscienza: Dio e l'anima.

Nello stesso tempo Gesù elimina la politica dalla religione.

Il regno di Dio che egli annuncia non è destinato solo ai discendenti di Abramo, ma a tutti gli uomini: egli porta l'universalismo religioso, la religione dell'umanità.

La religione di Gesù è intrinsecamente atta a questo perché è semplice e non è legata a nessun elemento storicamente condizionato, perché essa cerca ed esige soltanto ciò che è definitivo nell'uomo, l'uomo, la sua « anima » e si volge pertanto a facoltà e bisogni presenti dappertutto senza distinzione di luogo e di razza.

A ciò non contraddice il fatto che Gesù, continuando e compiendo l'Antica Alleanza ( Mt 5,17 ), abbia limitato la propria predicazione essenzialmente a Israele e nella prima missione abbia inviato i suoi discepoli e i suoi Apostoli soltanto ai giudei ( Mt 10,5s; Mt 15,24 ).

Gesù è profondamente inserito nella Tradizione.

Non è « venuto ad abolire la legge, ma a completarla » ( Mt 5,17 ).

Ma in questo vincolo sostanziale con la storia del popolo eletto e assieme a questo vincolo c'è l'altro elemento, il potente e rivoluzionante « Ma io vi dico » ( Mt 5,22 ) del Signore, anche relativamente al sabato ( Mt 12,8 ).

Egli ha predetto, di conseguenza, anche la riprovazione del Giudaismo ( Mt 21,23ss; Mt 22,1-14 ).

Questa riprovazione da origine alla tragedia del Giudaismo.

Essa si verificò perché i Giudei volevano un Messia terreno, una personalità politica e perciò ripudiarono Gesù con un procedimento sommario influenzato dalla plebe che la storia ha giudicato.

E proprio così essi resero testimonianza, senza volerlo, contro di sé in favore di Gesù.

Già Isaia, infatti, aveva predetto il Messia come il servo di Dio sofferente ( Is 53,1-12 ); ma questo concetto si era andato dimenticando ed era ignorato al tempo di Gesù.

b) L'opera di Gesù mira anche essenzialmente alla fondazione della Chiesa.

Gesù accentua senza stancarsi l'aspetto comunitario della sua religione ( Padre nostro, rimetti a noi i nostri debiti! ).

Egli vuole riunire il « popolo di Dio », Vuole che noi siamo tutti fratelli, che formiamo una famiglia che comunitariamente loda il Padre che è nei cieli.

Questa famiglia però non è una scuola, ma una comunità di vita: la Chiesa che si forma tra tutti i popoli, quindi cattolica.17

Gesù non annunciò il regno di Dio soltanto alla cerchia ristretta di coloro che raccolse intorno a sé; egli fondò la sua Chiesa espressamente come una Chiesa missionaria.

Egli voleva fare dei suoi discepoli dei pescatori di uomini ( Lc 5,10; Mt 4,19 ) e li mandò fino ai confini della terra ( At 1,8 ).

Da qui deriva alla Chiesa una naturale tendenza all'espansione, una spinta alla conquista nel senso più nobile della parola.

La dottrina e la fondazione di Gesù sono essenzialmente amore e servizio, alieni da ogni pura passività e da ogni falsa interiorità.

Gesù ha fondato questa Chiesa anche come società visibile e comunita storica:

1 mediante la solenne dichiarazione in Mt 16,18;

2 mediante l'istituzione dei Sacramenti;

3 costituendo gli Apostoli sacerdoti della Nuova Alleanza ( Lc 22,19 );

4 insediando gli Apostoli come maestri dei popoli ( Mt 28,19 ).

Ciò nulla toglie al fatto che la Chiesa visibile istituita da Gesù sia una realtà di fede e perciò, in questo senso, essenzialmente invisibile.

c) Gli avvenimenti decisivi nella vita degli Apostoli furono la risurrezione del Signore e la discesa dello Spirito Santo.

Solo questi operarono quel duraturo cambiamento interiore ( d'altronde già preparato ) che trasformò dei pescatori incolti e timorosi in apostoli, confessori, predicatori illuminati e martiri.

La grande rivoluzione della loro coscienza colpì il centro del Giudaismo: essi, che fino a poco tempo prima aspettavano nel Messia il dominatore guerriero-politico, compresero adesso lo spirito del discorso della montagna, dell'interiorità, della povertà, della mitezza e del dolore.18

Nello stesso tempo ora sapevano che solo in questo messaggio, soltanto nel nome di Gesù si trovava la salvezza ( At 4,12 ).

Dobbiamo renderci ben conto della sostanziale differenza fra gli Apostoli che sfuggivano i giudei, e paurosi si rinchiudevano in casa e quegli stessi uomini 50 giorni più tardi, a Pentecoste, allorché di fronte al consesso di tutti i rappresentanti del Giudaismo provenienti dall'Oriente e dall'Occidente, annunciarono « che Gesù è il Signore », che colui che i sommi sacerdoti poche settimane prima avevano fatto giustiziare come un malfattore sul legno vergognoso della croce, sedeva alla destra del Padre ( At 2,14ss )!

Un pulpito rizzato in faccia al mondo!

E che forza!

Questa trasformazione operata dalla grazia ha infuso negli Apostoli il coraggio di prender coscienza del valore della causa che sostenevano.

Venne assolto il mandato che Gesù aveva affidato come dovere fondamentale ai suoi discepoli ( cfr. già la missione dei 70 discepoli Lc 10,1ss ), in modo speciale ai suoi Apostoli e perciò alla sua Chiesa: « Andate in tutto il mondo e ammaestrate tutte le genti ».

- Qui è realizzata l'essenza della verità che altro non può fare se non comunicarsi in tutta la sua estensione.

4. La Chiesa è la continuazione della redenzione in quanto essa l'annuncia agli uomini e la comunica come realtà ( parola e sacramento ).

Tutti gli uomini sono e debbono essere redenti.

Perciò è compito della Chiesa penetrare nel « mondo » e vincerlo.

Sotto questo aspetto acquista un particolare significato per la storia della Chiesa, assieme all'elemento puramente religioso, tutto ciò che nell'insegnamento di Gesù definisce la relazione del Cristianesimo col mondo.

Il principio fondamentale è questo: l'uomo non ha nulla da poter dare come riscatto per la sua anima ( Mt 16,26 ).

Con questo, ogni elemento peccaminoso viene respinto e si richiede l'astensione dal mondo corrotto ( ascesi e « fuga del mondo » ): « Se qualcuno vuoi venire dietro di me, prenda la sua croce e mi segua » ( Mt 16,24 ).

D'altra parte la religione di Gesù è neutrale di fronte alle varie forme di civiltà, ma riconosce lo Stato come pure il mondo creato dal Padre e li approva.

Con l'affermazione; « Rendete dunque a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio » ( Mt 22,21 ), Gesù riconosce due grandi sfere autonome e anche il rapporto positivo dell'uomo con lo Stato.

Questi due indirizzi, quello della fuga dal mondo e quello dell'impegno nel mondo, sono diventati essenziali per lo svolgersi della storia ecclesiastica; essi sono come due grandi correnti delle quali ora l'una ora l'altra emerge nel corso dei tempi, compenetrandosi anche vicendevolmente.

Sono due forze fondamentali delle quali tuttavia l'elemento visibile e « mondano » ha tentato continuamente di allontanare il regno, che non è di questo mondo ( Gv 18,36 ), dalla sua vocazione.

L'impegno nel mondo, d'altra parte, non è di per sé in contrasto con la croce, per quanto lo possa facilmente diventare.

Gesù ha dunque affidato un programma vincolante alla sua Chiesa.

Trattandosi di una istituzione che riguarda la salvezza o la perdizione di tutti gli uomini, alla descrizione dello sviluppo di questa istituzione è imposto necessariamente il compito di non fermarsi ad una semplice informazione sul corso della storia, ma di misurare questo corso con il programma vincolante ad essa dato al momento della fondazione e con parametri ad essa intrinseci e immutabili.

5. La vita terrena di Gesù terminò esteriormente con un insuccesso, la crocifissione, punto centrale della redenzione.

Non può avvenire quindi che la Chiesa, continuazione della sua vita, non partecipi sempre a questa croce ( come del resto il Signore ha espressamente predetto agli Apostoli, Gv 15,20 ), anzi che la croce non sia la strada vera e propria per arrivare al suo scopo finale, che perciò uno dei suoi principi enunciati nel Vangelo ( Mt 10,39; Gv 12,24 ) non sia: Guadagno a prezzo di rinuncia.

Esternamente, dal punto di vista pragmatico storico, accanto ai successi stanno gli insuccessi; accanto alla santità le debolezze.

La fondazione di Gesù è Chiesa dei Santi e Chiesa dei peccatori.

Perfino nelle sue epoche e nelle sue personalità più luminose essa partecipa alla croce in quanto deve costatare in se stessa delle debolezze.

Non è scientifico ( e oltretutto pusillanime ) voler negare questi fenomeni negativi e voler tracciare in maniera irreale un quadro tutto levigato e armonioso, pieno soltanto di virtù e di fede.

Ma anche il contrario non è storico, non è scientifico: solo la divisione della unica Chiesa visibile-invisibile in una cosiddetta Chiesa dell'amore da una parte e una Chiesa del diritto dall'altra, può condurre, per esempio, alla condanna globale, scientificamente inaccettabile, della storia della Chiesa post-costantiniana, in modo speciale di quella « papale » del Medioevo.

6. a) Già il materiale storico visto finora preannunzia una caratteristica fondamentale della storia della Chiesa e invita ad una sua più esatta descrizione come inizio di una fruttuosa meditazione, una caratteristica della quale poi ci serviremo nella descrizione che stiamo per iniziare del corso della storia ecclesiastica e che esamineremo circa la sua validità.

Si tratta del concetto, già più volte enunciato, della sintesi cattolica.

L'atteggiamento formale al quale bisogna sempre ritornare per cogliere tutta la pienezza della realtà in qualsiasi settore dell'essere e del divenire, è d'osservarla dal maggior numero di punti di vista possibile per coglierne una visione comprensiva di tutti i diversi singoli aspetti.

Ciò acquista una particolare importanza di fronte alla complessità della storia, nel nostro caso, della storia della Chiesa.

Se si vuole passare da una descrizione additivo-positivistica e da una giustapposizione di fatti ad un rilevamento dell'essenziale, la costatazione dell'uno e dell'altro elemento deve sfociare in una considerazione organica, in una sintesi.

Si intende con ciò la visione globale che prende bensì le mosse dal singolo materiale fissato criticamente, ma cerca al tempo stesso:

1) di riconoscere questi elementi particolari come derivanti da radici comuni;

2) di comprendere in profondità il senso dei singoli elementi o fatti partendo da concetti e da leggi fondamentali teologiche già date, oppure dal contenuto essenziale colto per intuizione.

Soltanto una simile comprensione organica sintetica può soddisfare compiutamente, quando si tratti di raggiungere una valutazione ultima, quando si tratti cioè di illustrare la verità, la ricchezza e anche la fondamentale supremazia della Chiesa su tutte le altre religioni e su tutti gli altri sistemi.

Sintesi in questo senso è un'altra espressione per dire cattolicità e universalismo.

Non c'è altra formula che sia in grado, quanto questa, di rendere spiritualmente e intellettualmente fecondo lo studio della storia ecclesiastica.

La Chiesa è un sistema del giusto mezzo.

Se si tengono ben presenti le riserve fatte riguardo al molteplice e sempre riscontrabile non-raggiungimento, da parte della Chiesa, dei suoi propri ideali, è scientificamente giusto dire: essa rappresenta la sintesi di tutti i valori di destra e di sinistra.

In una storia immensamente ricca essa ha sempre cercato, in ciò che le è essenziale, di evitare l'unilateralità e quindi l'esagerazione:

lascia al popolo giudaico la sua posizione privilegiata in quanto popolo eletto, ma chiama tutta l'umanità a far parte del vero Israele nella Nuova Alleanza;

essa riconosce le forze della ragione umana anche entro la dottrina rivelata, ma rifiuta l'equiparazione della religione alla filosofia;

sa che la dottrina di Gesù racchiude un rigoroso mistero e riconosce a questo mistero la sua sublimità la cui essenza non può essere adeguatamente compresa dall'intelletto umano ( 1 Cor 13,2ss ), anche se questo può in qualche modo coglierne delle trasparenze;

essa insegna che la Grazia opera tutto ciò che è utile alla salvezza e sa tuttavia che Dio conta sull'uomo; conseguentemente attribuisce alla volontà umana la forza e il dovere della collaborazione voluta da Dio e resa possibile mediante la sua Grazia: tutta, la storia della Chiesa nella sua infinita varietà, può essere studiata da questo punto di vista.

Ogni qual volta che, per quanto ideali fossero i motivi, un elemento o l'altro non sia stato pienamente valutato in base al suo contributo all'intera opera, l'istituzione di Gesù è stata vista in maniera imperfetta e valutata con poca oggettività.

Naturalmente non si può scambiare la sintesi con un indiscriminato miscuglio.

E parimenti questo « sia, sia » cattolico non è la somma di due entità eguali accostate l'una all'altra.

Il primo presupposto della sintesi è la priorità assoluta della rivelazione e della redenzione e quindi della Grazia.

Un secondo presupposto è la sua stabilità senza compromessi.

La sintesi nel corso storico è costruzione organica sulla base posta come fondamento.

b) Questo modo di studiare la storia della Chiesa è intimamente affine alla sua essenza.

Poiché la menzionata, complessa - anche paradossale - pienezza della storia della Chiesa è fondata, esemplificata e vissuta nella persona, nell'opera e nella dottrina di Gesù: Dio e uomo; la più alta coscienza di sé unita all'umiltà e all'abnegazione più profonda; fermezza delle esigenze e misericordia; non rifiutare la legge e riempirla tuttavia di un nuovo significato; intenzione interiore e opera esteriore; regno d'amore e costituzione; individuo e comunità; ogni punto della dottrina implica il tutto, ma il tutto si ha solo là dove tutte le « singolarità » sono mantenute e realizzate …

Il riconoscimento dapprima della realtà e poi delle ricchezze di questa sintesi crea la possibilità di riconoscere la unitarietà e la consequenzialità della dottrina di Gesù e del Cristianesimo primitivo, evitando così di cadere, come la critica liberale, nel concetto di « evoluzione » graduale della coscienza di Gesù e della sua dottrina, e di colpire così mortalmente in germe ogni forma obbligante e ogni Cristianesimo oggettivo.

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13 Cfr. a tale proposito l'importanza del Papiro Rylands Greek 457.
Il piccolo foglio contiene frammenti di Gv 18.
Proviene dall'Egitto (!) centrale e fu scritto non oltre il 130. Da ciò si può dedurre, a ragione, che il Vangelo sia stato redatto alcuni decenni prima (cfr. Tav. 1)
14 Si possono quindi abbracciare con lo sguardo i loro testi ordinati uno accanto all'altro: sinossi, sinottici
15 Primo mese dell'anno degli ebrei.
16 Egisippo (II secolo) chiama per esempio Giacomo figlio del fratello di Giuseppe.
Sua madre era sorella della Madre di Gesù ( Gv 19,25 ).
17 Dal greco « kilt holon » = universale, unitario, globale.
18 Specialmente Lc 24,26: « Non era necessario forse che il Cristo patisse tutto questo ed entrasse così nella sua gloria? » ( Lc 24,7; Lc 24,46 ). Tutta la tensione di questa concezione nei confronti dell'aspettativa generale giudaica si manifesta per altro verso nell'accorata domanda del precursore Giovanni caratterizzata, alla maniera veterotestamentaria, dall'esigenza di penitenza e dall'ira di Dio: « Sei tu colui che deve venire, o ne dobbiamo aspettare un altro? » ( Mt 11,3 ).