Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se sia ben formulato il terzo precetto del decalogo

I-II, q. 100, a. 5, ad 2; In 3 Sent., d. 37, q. 1, a. 5; Expos. in Decal., c. De Tertio Praecepto; In Is., c. 56; In Col., c. 2, lect. 4

Pare che il terzo precetto del decalogo, sulla santificazione del sabato, non sia ben formulato.

Infatti:

1. Inteso spiritualmente questo comandamento è generale.

Infatti S. Ambrogio [ Beda, In Lc 4, su 13, 14 ], commentando quel passo evangelico: « Il capo della sinagoga, sdegnato perché l'aveva guarita di sabato », ecc., afferma: « La legge non proibisce di guarire in giorno di sabato, ma di compiere opere servili, cioè di lasciarsi gravare dai peccati ».

Se poi lo prendiamo in senso letterale, questo precetto è cerimoniale, come appare da quelle parole dell'Esodo [ Es 31,13 ]: « In tutto osserverete i miei sabati, perché il sabato è un segno tra me e voi ».

Invece i precetti del decalogo sono di per sé spirituali e morali.

Non era quindi giusto elencare il terzo comandamento tra i precetti del decalogo.

2. I precetti cerimoniali dell'antica legge, come sopra [ I-II, q. 101, a. 4 ] si è visto, abbracciano cose sacre, sacrifici, sacramenti e osservanze.

Ora, tra le cose sacre non c'erano soltanto i giorni sacri, ma anche i luoghi e i vasi sacri. Inoltre c'erano molti altri giorni sacri oltre al sabato.

Quindi non era giusto ricordare la sola osservanza del sabato, trascurando tutti gli altri precetti cerimoniali.

3. Chiunque trasgredisce un precetto del decalogo commette peccato.

Invece nell'antico Testamento alcuni trasgredivano l'osservanza del sabato senza far peccato: come chi l'ottavo giorno circoncideva un bambino, e come i sacerdoti che lavoravano nel tempio.

Inoltre si legge di Elia [ 1 Re 19,8 ] che « raggiunse il monte di Dio, l'Oreb, in quaranta giorni »: quindi camminando anche di sabato.

Parimenti nel portare l'arca del Signore per sette giorni intorno a Gerico [ Gs 6,14s ], i sacerdoti lo hanno dovuto fare anche di sabato.

E nel Vangelo [ Lc 13,15 ] si legge: « Ciascuno di voi non scioglie di sabato il bue o l'asino per condurli ad abbeverarsi? ».

Per cui non era bene mettere questo comandamento nel decalogo.

4. I precetti del decalogo vanno osservati anche nella nuova legge.

Ma in questa il terzo comandamento non viene osservato né il giorno stesso del sabato, né la domenica, nella quale si può cuocere il cibo, viaggiare, pescare e fare molte altre cose del genere.

Quindi il precetto relativo all'osservanza del sabato non è ben formulato.

In contrario:

Basta l'autorità della Scrittura.

Dimostrazione:

Eliminati, secondo le spiegazioni date [ aa. 2,3 ], gli ostacoli alla vera religione mediante il primo e il secondo comandamento, era giusto presentarne un terzo per radicare l'uomo stabilmente in essa.

Ora, la virtù di religione ha il compito di prestare a Dio un culto.

Ma come nella Sacra Scrittura ci vengono trasmessi gli insegnamenti sotto immagini di cose materiali, così il culto esterno viene prestato a Dio mediante segni sensibili.

E poiché l'uomo è guidato al culto interiore, che consiste nella devozione e nella preghiera, principalmente dall'impulso interiore dello Spirito Santo, di conseguenza il comandamento della legge doveva riguardare il culto esterno mediante qualcosa di sensibile.

E poiché i precetti del decalogo sono come i princìpi primi e universali della legge, nel terzo comandamento viene comandato il culto esterno di Dio sotto il segno del beneficio che tutti ci riguarda: cioè ricordando l'opera della creazione del mondo, dalla quale Dio si riposò il settimo giorno [ Gen 2,2 ].

E a ricordo o in segno di ciò viene comandato di « santificare » il settimo giorno, cioè di deputarlo alle cose di Dio.

Per questo nell'Esodo [ Es 20 ], dopo aver ricordato il precetto della santificazione del sabato, se ne dà la ragione seguente [ Es 20,11 ]: poiché « in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra, ma si è riposato il giorno settimo ».

Analisi delle obiezioni:

1. Il precetto della santificazione del sabato letteralmente è insieme morale e cerimoniale.

È un precetto morale nel senso che l'uomo deve destinare un dato tempo della sua vita alle cose divine.

Infatti l'inclinazione naturale porta l'uomo a destinare a ogni cosa necessaria un dato tempo: come egli fa per il vitto, per il sonno e per altre cose del genere.

Perciò l'uomo, secondo il dettame della ragione naturale, deve destinare del tempo anche al ristoro spirituale, saziando di Dio la propria anima.

E così la destinazione di un dato tempo per attendere alle cose divine costituisce un precetto morale.

- La determinazione invece di un giorno particolare, quale ricordo della creazione del mondo, fa di questo comandamento un precetto cerimoniale.

Ed è cerimoniale anche nel suo significato allegorico, che è quello di prefigurare il riposo di Cristo nel sepolcro, che avvenne nel settimo giorno.

E lo stesso si dica per il significato morale, in quanto simboleggia la cessazione da ogni atto peccaminoso e il riposo dell'anima in Dio; e sotto questo aspetto è in certo qual modo un precetto generale.

È cerimoniale infine anche nel suo significato anagogico, cioè in quanto prefigura il riposo della fruizione di Dio nella patria celeste.

Quindi il precetto della santificazione del sabato è posto tra i comandamenti del decalogo in quanto è un precetto morale, non in quanto è cerimoniale.

2. Le altre cerimonie dell'antica legge stanno a indicare delle particolari opere di Dio.

Invece l'osservanza del sabato vuole indicare il beneficio più universale, cioè la creazione dell'universo.

Quindi esso andava posto tra i precetti generali del decalogo, a preferenza di ogni altra osservanza.

3. Nell'osservanza del sabato dobbiamo distinguere due obblighi.

Il primo, che ne costituisce il fine, è che l'uomo attenda alle cose di Dio.

E ciò viene indicato da quelle parole [ Es 20,8 ]: « Ricordati del giorno di sabato per santificarlo »: infatti la legge considera santo tutto ciò che è deputato al culto di Dio.

- Il secondo obbligo è invece la cessazione dal lavoro [ Es 20,10 ]: « Il settimo giorno è in onore del Signore tuo Dio: in esso non farai alcun lavoro ».

Di quale lavoro poi si parli risulta dalle parole del Levitico [ Lv 23,35 ]: « Non farete in esso alcun lavoro servile ».

Ora, un lavoro viene detto servile da servitù, o schiavitù.

Ora, ci sono tre tipi di schiavitù.

La prima consiste nell'essere schiavi del peccato, secondo l'espressione evangelica [ Gv 8,34 ]: « Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato ».

E in questo senso sono servili tutti gli atti peccaminosi.

- La seconda consiste nell'essere schiavi di altri uomini.

L'uomo però non è mai schiavo di un altro per la sua anima, ma solo per il corpo, come sopra [ q. 104, a. 5; a. 6, ad 1 ] si è notato.

E così in questo senso si dicono servili quei lavori nei quali un uomo è a servizio di un altro.

- Il terzo tipo di servitù è infine il servizio di Dio.

E in questo senso può considerarsi servile ogni atto di latria, che appartiene al servizio di Dio.

Ora, se per lavoro servile si intende quest'ultimo, esso certo non viene proibito in giorno di sabato: poiché sarebbe contro il fine di questa osservanza.

Infatti l'uomo in giorno di sabato si astiene dagli altri lavori per attendere alle opere attinenti al servizio di Dio.

Sono quindi giustificate quelle parole evangeliche [ Gv 7,23 ]: « Se un uomo viene circonciso in giorno di sabato non è trasgredita la legge di Mosè ».

E quelle altre [ Mt 12,5 ]: « Nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato », cioè lavorano fisicamente, « e tuttavia sono senza colpa ».

E così per lo stesso motivo non trasgredivano il precetto dell'osservanza del sabato i sacerdoti che portavano l'arca.

Parimenti non è contro questa osservanza alcun atto di ordine spirituale, come l'insegnamento fatto a voce o per iscritto.

« I fabbri e gli altri artigiani », dice infatti la Glossa [ ord. su Nm 28,9 ], « non devono lavorare in giorno di sabato.

Invece il lettore e il maestro della legge divina non cessano dalla loro opera, e tuttavia non contaminano il sabato: come i sacerdoti violavano il sabato nel tempio senza commettere peccato ».

Ci sono invece altre opere servili che sono tali nel primo o nel secondo senso: e queste sono incompatibili con l'osservanza del sabato, poiché impediscono all'uomo di applicarsi alle cose di Dio.

E poiché l'uomo viene distolto dalle cose divine più dal peccato che da un lavoro materiale, viola maggiormente il precetto chi in giorno di festa commette un peccato che non colui il quale compie un lavoro fisico di per sé lecito.

Da cui le parole di S. Agostino [ Serm. 9,9 ]: « In giorno di sabato un Giudeo farebbe meglio a compiere un lavoro utile nel suo campo piuttosto che partecipare in teatro a una sedizione.

E le loro donne farebbero meglio a filare la lana in giorno di sabato piuttosto che dedicarsi tutto il giorno a danze lascive durante il novilunio ».

- Però chi pecca venialmente in giorno di sabato non agisce contro questo precetto: poiché il peccato veniale non esclude la santità.

I lavori materiali poi che non riguardano il culto di Dio sono servili se riguardano propriamente gli schiavi; se invece sono comuni agli schiavi e agli uomini liberi non sono servili.

Ora chiunque, schiavo o libero, è tenuto a provvedere il necessario non solo a se stesso, ma anche al prossimo: prima di tutto in ciò che riguarda la vita del corpo, in base all'esortazione dei Proverbi [ Pr 24,11 ]: « Libera quelli che sono condotti alla morte »; in secondo luogo poi per evitare la rovina dei beni, secondo il comando del Deuteronomio [ Dt 22,1 ]: « Se vedi smarriti un bue o una pecora di tuo fratello, tu non devi fingere di non averli scorti, ma avrai cura di ricondurli a tuo fratello ».

Perciò non viola il sabato il lavoro che viene compiuto per non compromettere la salute del corpo: infatti non è contro tale osservanza il mangiare, o il compiere altre cose del genere, per conservare la salute del corpo.

Per questo i Maccabei non violarono il sabato combattendo per la propria difesa in tale giorno [ 1 Mac 2,41 ].

E così non lo violò Elia fuggendo di sabato dalle mani di Iezabele.

E per lo stesso motivo il Signore [ Mt 12,1ss ] giustificò i suoi discepoli che raccoglievano le spighe in giorno di sabato, per la necessità in cui si trovavano.

- Parimenti non è contro l'osservanza del sabato il lavoro materiale ordinato alla salute corporale degli altri.

Da cui la replica del Signore [ ai Farisei ] [ Gv 7,23 ]: « Perché vi sdegnate contro di me per il fatto che ho guarito interamente un uomo di sabato? ».

- Così pure non viola il sabato un lavoro materiale che è ordinato a evitare un danno imminente ai beni esterni.

Da cui le parole del Signore [ Mt 12,11 ]: « Chi tra voi, avendo una pecora, se questa gli cade di sabato in una fossa, non la afferra e la tira fuori? ».

4. Nel nuovo Testamento l'osservanza della domenica è succeduta a quella del sabato non in forza della legge antica, ma per un precetto della Chiesa e per la consuetudine del popolo cristiano.

Ma questa osservanza non ha più il valore figurale che aveva in antico l'osservanza del sabato.

Quindi la proibizione di lavorare in giorno di domenica non è così stretta come quella del sabato, essendo permessi dei lavori che allora non erano tollerati, quali il cucinare i cibi e altre cose del genere.

E anche in certi lavori proibiti si dispensa per necessità più facilmente nella nuova che nell'antica alleanza: poiché la figura costituisce come tale un'affermazione della verità che non può essere menomata neppure di poco, mentre i lavori considerati in se stessi possono variare secondo le condizioni di luogo e di tempo.

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