Discorso del Signore sulla montagna

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Libro I

Le beatitudini dei mansueti e l'accordo con l'avversario

11.29 - L'accordo con l'avversario

Mettiti presto d'accordo col tuo avversario, mentre sei per via con lui, affinché egli non ti consegni al giudice e il giudice all'inserviente e tu non venga gettato in carcere.

In verità ti dico: non ne uscirai fino a che non paghi l'ultimo quattrino. ( Mt 5,25-26 )

Intendo chi è il giudice: Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio. ( Gv 5,22 )

Intendo chi è l'inserviente: Gli angeli lo servivano ( Mt 4,11 ) e riteniamo per fede che verrà con gli angeli per giudicare i vivi e i morti. ( 2 Tm 4,11 )

Comprendo che cosa è il carcere, cioè le pene delle tenebre che, in un altro passo, definisce del di fuori. ( Mt 8,12; Mt 22,13; Mt 25,30 )

Credo perciò che la gioia del premio divino sia all'interno nella intelligenza stessa o nella facoltà più intima che pensar si possa.

Di questa gioia si dice al servo meritevole: Entra nella gioia del tuo Signore, ( Mt 25,23 ) allo stesso modo che nell'attuale ordinamento dello Stato chi viene chiuso in carcere è cacciato fuori dal tribunale o dal pretorio del giudice.

11.30 - L'ultimo quattrino e l'eternità

L'inciso sul dover sborsare l'ultimo quattrino si può probabilmente interpretare che è stato espresso nel senso che nulla rimane senza punizione come comunemente parlando diciamo: fino in fondo, quando vogliamo indicare che qualcosa è talmente esigito che non si lascia nulla; oppure affinché col termine di ultimo quattrino siano simboleggiati i peccati della terra.

La terra infatti è la quarta parte ed anche l'ultima delle sovrapposte componenti di questo mondo, sicché devi iniziare dal cielo, citi per seconda l'aria, terza l'acqua, quarta la terra.

Quindi l'inciso: Fino a che non sborsi l'ultimo quattrino ( Mt 5,26 ) si può convenientemente interpretare: fino a che non sconti i peccati della terra.

E questo appunto anche l'uomo peccatore ha udito: Terra sei e nella terra tornerai. ( Gen 3,19 )

Mi meraviglierei se l'espressione: Fino a che non sborsi non significhi la pena che è definita eterna.

Con che cosa sarà scontato quel debito in una condizione in cui ormai non si dà luogo a pentirsi e a vivere più onestamente?

Forse in questo passo è stata usata l'espressione: Fino a che non sborsi come in un altro in cui è detto: Siedi alla mia destra fino a che io non ponga tutti i tuoi nemici sotto i tuoi piedi; ( Sal 110,1 ) infatti, quando i nemici saranno posti sotto i suoi piedi, quegli non cesserà di sedere alla destra.

Così è della frase dell'Apostolo: Egli deve regnare fino a che non ponga tutti i suoi nemici sotto i propri piedi; ( 1 Cor 15,25 ) infatti, quando vi saranno, non cesserà di regnare.

Come dunque in quel passo viene segnalato che regnerà per sempre colui di cui è stato detto: Deve regnare fino a che non ponga i nemici sotto i piedi, così in quest'altro si può intendere che colui di cui è stato detto: Non ne uscirai fino a che non sborsi l'ultimo quattrino, non ne uscirà per sempre, poiché per sempre sborserà l'ultimo quattrino, mentre sconta le pene eterne dei peccati della terra.

Non avrei detto questo affinché sembri che ho evitato una trattazione più attenta sul senso, con cui nella Sacra Scrittura si dicono eterne le pene dei peccati, sebbene in qualunque senso siano presentate, si devono piuttosto evitare che averne scienza.

11.31 - Chi è l'avversario con cui riconciliarsi

Ma esaminiamo chi è l'avversario con il quale ci si ordina di essere subito compiacenti, mentre siamo con lui per via.

O è il diavolo o l'uomo o la carne o Dio o un suo comandamento.

Ma non veggo in che senso ci si ordini di essere compiacenti col diavolo, cioè concilianti e condiscendenti; infatti alcuni hanno tradotto il termine greco εύνοών conciliante, altri condiscendente.

Ma non ci si ordina di mostrare compiacenza al diavolo, perché dove c'è la compiacenza, c'è l'amicizia e nessuno direbbe che si deve far amicizia col diavolo.

Poi non è ammissibile essere concilianti con lui, perché una volta per sempre rinunciando a lui, gli abbiamo dichiarato guerra e saremo premiati per averlo vinto e neanche è ammissibile essere condiscendenti con lui, perché se non fossimo mai stati condiscendenti, mai saremmo incorsi negli affanni della vita.

Per quanto riguarda l'uomo, sebbene ci si comandi di avere con tutti la pace per quanto sta a noi, ( Rm 12,18 ) in cui è possibile riscontrare compiacenza, conciliazione e condiscendenza, non noto tuttavia come potrei spiegare che dall'uomo noi siamo consegnati al giudice, in cui ravviso Cristo giudice, al cui tribunale tutti si devono presentare, come dice l'Apostolo. ( 2 Cor 5,10 )

Come dunque consegnerà al giudice chi egualmente al giudice sarà presentato?

Ma se viene consegnato al giudice appunto perché ha offeso un uomo, sebbene non consegni chi è stato offeso, molto più coerentemente si deduce che dalla Legge stessa il reo viene consegnato perché contro di essa ha agito offendendo un uomo.

Infatti se qualcuno ha fatto del male a un uomo uccidendolo, non ci sarà più l'occasione di riconciliarsi con lui, perché non è più con lui per via, cioè in questa vita.

Tuttavia otterrà egualmente la guarigione pentendosi e ricorrendo con l'offerta di un cuore afflitto alla misericordia di colui che rimette a quelli che si riconciliano con lui e che gode maggiormente di chi si pente che di novantanove giusti. ( Lc 15,7 )

Molto meno distinguo in che senso ci si possa ordinare di essere compiacenti, riconcilianti e condiscendenti con la carne.

I peccatori certamente amano la carne, si conciliano con essa e le accondiscendono; coloro invece che la assoggettano non le accondiscendono, ma le costringono ad accondiscendere ad essi.

11.32 - Il magistero divino accolto dai mansueti

Forse dunque ci si ordina di essere condiscendenti con Dio, a lui compiacenti per riconciliarci con lui, dal quale ci siamo allontanati peccando, sicché può essere considerato nostro avversario.

Infatti è giustamente considerato avversario di coloro ai quali resiste perché Dio resiste ai superbi e dà la grazia agli umili ( Gc 4,6 ) e: Inizio di ogni peccato è la superbia e inizio della superbia dell'uomo è apostatare da Dio; ( Sir 10,14-15 ) e l'Apostolo dice: Se infatti, pur essendo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del suo Figlio, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvi nella vita di lui. ( Rm 5,10 )

Dal passo si può comprendere che non v'è un essere cattivo nemico di Dio, poiché si riconciliano con lui quelli che gli sono stati nemici.

Perciò chiunque in questa via, cioè in questa vita, non si sarà riconciliato con Dio mediante la morte del suo Figlio, sarà da lui consegnato al giudice, perché il Padre non giudica alcuno, ma ha consegnato ogni giudizio al Figlio. ( Gv 5,22 )

E così tengono dietro tutti gli altri concetti che sono stati espressi in questo verdetto, dei quali abbiamo già trattato.

Ve n'è uno solo che si oppone a questo significato, cioè in quale senso si può ragionevolmente affermare che noi siamo per via con Dio, se in questo passo egli stesso deve essere considerato avversario dei cattivi e con lui ci si ordina di riconciliarci prontamente, salvo che, siccome egli è dovunque, anche noi, mentre siamo ancora per questa via, siamo evidentemente con lui.

Infatti dice la Scrittura: Se salirò nei cieli, là tu sei; se scenderò negli inferi, eccoti; se userò le mie ali verso l'orizzonte e abiterò all'estremità del mare, anche là mi condurrà la tua mano e mi guiderà la tua destra. ( Sal 139,8-10 )

Forse non va a genio pensare che i cattivi siano con Dio, sebbene Dio è dovunque in atto, ma allo stesso modo non pensiamo che i ciechi siano nella luce, sebbene la luce affluisce ai loro occhi.

Allora non resta altro che in questo passo per avversario intendiamo il comandamento di Dio.

Che cosa infatti si oppone molto fortemente a coloro che vogliono peccare come il comandamento di Dio, cioè la sua Legge e la Sacra Scrittura?

Essa infatti ci è stata data per questa vita, affinché sia con noi per via e non conviene essere in contrasto con essa affinché non ci consegni al giudice, ma conviene essere condiscendenti con essa.

Nessuno sa infatti quando dovrà uscire da questa vita.

È condiscendente con la Sacra Scrittura chi la legge o l'ascolta con deferenza perché le attribuisce la massima autorità.

Perciò non odia quel che ha compreso, sebbene avverta che è in contrasto con i propri peccati, anzi ama maggiormente il proprio emendamento e gioisce che non si perdoni ai propri malanni fino a che non siano risanati.

Se poi qualcosa a lui risulta oscuro o non vero, non susciti le controversie delle obiezioni, ma preghi per capire e ricordi che si deve devozione e rispetto a un'autorità così grande.

Ma chi si comporta così se non colui che si appressa a dissigillare e prendere visione del testamento del Padre non con la minaccia di litigi, ma mite nella deferenza. Beati dunque i miti, perché essi avranno in eredità la terra. ( Mt 5,4 )

Esaminiamo quel che segue.

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