Summa Teologica - II-II

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Articolo 7 - Se credere esplicitamente il mistero di Cristo sia necessario alla salvezza per tutti

In 3 Sent., d. 25, q. 2, a. 2, sol. 2, 3; expos.; In 4 Sent., d. 6, q. 2, a. 2, sol. 1; De Verit., q. 14, a. 11; In Hebr., c. 11, lect. 2

Pare che credere esplicitamente il mistero di Cristo non sia necessario alla salvezza per tutti.

Infatti:

1. Un uomo non è tenuto a credere ciò che ignorano persino gli angeli: poiché l'esplicitazione della fede dipende dalla rivelazione di Dio, la quale giunge agli uomini mediante gli angeli, come si è detto [ a. prec.; I, q. 111, a. 1 ].

Ma anche gli angeli hanno ignorato il mistero dell'Incarnazione: infatti, come interpreta Dionigi [ De cael. hier. 7,3 ], essi si domandavano: « Chi è questo re della gloria? » [ Sal 24,8.10 ], e ancora: « Chi è costui che viene da Edom? » [ Is 63,1 ].

Perciò gli uomini non erano tenuti a credere esplicitamente il mistero dell'Incarnazione.

2. È noto che S. Giovanni Battista fu tra i grandi e vicinissimo a Cristo, e di lui il Signore [ Mt 11,11 ] disse che « tra i nati di donna non era sorto alcuno più grande di lui ».

Eppure Pare che Giovanni Battista non abbia conosciuto esplicitamente il mistero di Cristo, avendo egli chiesto al Signore [ Mt 11,3 ]: « Sei tu colui che deve venire, o ne dobbiamo aspettare un altro? ».

Quindi anche le persone più dotate non erano tenute ad avere la fede esplicita in Cristo.

3. Dionigi [ De cael. hier. 9,4 ] afferma che molti pagani raggiunsero la salvezza mediante il ministero degli angeli.

Ma i pagani non ebbero alcuna fede in Cristo, né esplicita né implicita: poiché essi non ebbero alcuna rivelazione.

Perciò credere esplicitamente il mistero di Cristo non è per tutti necessario alla salvezza.

In contrario:

S. Agostino [ Epist. 190,2 ] ha scritto: « Sana è quella fede per cui crediamo che nessun uomo di qualsiasi età possa essere liberato dal contagio della morte e dai legami del peccato se non mediante Gesù Cristo, unico mediatore fra Dio e gli uomini ».

Dimostrazione:

Come si è detto sopra [ a. 5; q. 1, a. 6, ad 1 ], appartiene propriamente ed essenzialmente all'oggetto della fede ciò che è indispensabile all'uomo per raggiungere la beatitudine.

Ora, la via per cui gli uomini possono raggiungere la beatitudine è il mistero dell'incarnazione e della passione di Cristo, poiché sta scritto [ At 4,12 ]: « Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati ».

Perciò era necessario che il mistero dell'incarnazione di Cristo fosse creduto in qualche modo da tutti in tutti i tempi: diversamente però secondo le diversità dei tempi e delle persone.

Prima del peccato infatti l'uomo ebbe la fede esplicita nell'incarnazione di Cristo in quanto questa era ordinata alla pienezza della gloria, ma non in quanto era ordinata a liberare dal peccato con la passione e con la risurrezione: poiché l'uomo non prevedeva il suo peccato.

E si arguisce che prevedeva l'incarnazione di Cristo dalle parole che disse [ Gen 2,24 ]: « Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie »; parole che secondo l'Apostolo [ Ef 5,32 ] stanno a indicare « il grande mistero esistente in Cristo e nella Chiesa »: ora, non è credibile che questo mistero sia stato ignorato dal primo uomo.

Dopo il peccato, poi, il mistero di Cristo fu creduto esplicitamente non solo quanto all'incarnazione, ma anche quanto alla passione e alla risurrezione, con le quali l'umanità viene liberata dal peccato e dalla morte: altrimenti [ gli antichi ] non avrebbero prefigurato la passione di Cristo con dei sacrifici, sia prima che dopo la promulgazione della legge.

E di quei sacrifici i maggiorenti conoscevano il significato esplicitamente, mentre le persone semplici ne avevano una conoscenza confusa e velata, credendo che essi erano stati disposti da Dio in vista del Cristo venturo.

Inoltre, come sopra [ q. 1, a. 7 ] si è detto, [ gli antichi ] conobbero le cose che si riferivano al mistero di Cristo tanto più distintamente quanto più furono vicini a Cristo.

Infine dopo la rivelazione della grazia tanto i maggiorenti quanto i semplici sono tenuti ad avere una fede esplicita riguardo ai misteri di Cristo; e specialmente riguardo a quelli che sono oggetto delle solennità della Chiesa e che vengono pubblicamente proposti, come gli articoli sull'Incarnazione, di cui abbiamo già parlato [ q. 1, a. 8 ].

Invece le altre sottili considerazioni su questi articoli sono tenuti a crederle alcuni soltanto, in maniera più o meno esplicita secondo lo stato e le funzioni di ciascuno.

Analisi delle obiezioni:

1. Come insegna S. Agostino [ De Gen. ad litt. 5,19.37 ] « agli angeli non rimase del tutto nascosto il mistero del regno di Dio ».

Però ne conobbero più perfettamente certi aspetti mediante la rivelazione di Cristo.

2. S. Giovanni Battista non pose la sua domanda sulla prima venuta di Cristo come se la ignorasse, poiché egli stesso l'aveva proclamata espressamente dicendo [ Gv 1,34 ]: « Io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio ».

Egli perciò non domandò: « Sei tu colui che è venuto? », ma: « Sei tu colui che deve venire? », chiedendo così non per il passato, ma per il futuro.

- E così pure non si deve credere che egli ignorasse la passione a cui Cristo andava incontro: infatti lui stesso aveva detto [ Gv 1,29 ]: « Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo », preannunziandone l'immolazione; inoltre ciò era stato preannunziato dagli altri profeti, specialmente da Isaia [ Is 53 ].

Perciò si può ritenere, con S. Gregorio [ In Evang. hom. 6 ], che Giovanni ponesse la sua domanda perché non sapeva se Cristo sarebbe disceso personalmente agli inferi.

Sapeva bene, infatti, che la virtù della sua passione si sarebbe estesa fino a coloro che erano chiusi nel limbo, secondo le parole di Zaccaria [ Zc 9,11 ]: « Quanto a te, per il sangue dell'alleanza con te, estrarrò i tuoi prigionieri dal pozzo senza acqua », ma non era tenuto a credere in modo esplicito, prima che ciò si compisse, che Cristo vi sarebbe disceso personalmente.

Oppure possiamo ritenere con S. Ambrogio [ In Lc 5,7.19 ] che la domanda non fu dettata dal dubbio o dall'ignoranza, ma piuttosto dall'affetto.

- O ancora si può pensare, come fa il Crisostomo [ In Mt hom. 36 ], che Giovanni abbia posto la sua domanda non perché ignorava, ma affinché Cristo convincesse personalmente i suoi discepoli.

Per cui Cristo rispose a istruzione dei discepoli, mostrando il valore delle opere compiute [ cf. Mt 11,4s ].

3. A molti pagani furono fatte rivelazioni su Cristo, come è evidente dalle loro predizioni.

Giobbe infatti affermava [ Gb 19,25 ]: « Io so che il mio redentore è vivo ».

E anche la Sibilla, come riferisce S. Agostino [ Contra Faustum 13,15 ], predisse alcune cose su Cristo.

Inoltre nella storia romana si racconta che al tempo dell'Imperatore Costantino e di Irene sua madre fu esumato un uomo con una lamina d'oro sul petto su cui era scritto: « Cristo nascerà da una Vergine, e io credo in lui.

O sole, ai tempi di Irene e di Costantino mi rivedrai ».

Tuttavia, anche se alcuni si salvarono senza queste rivelazioni, non si salvarono senza la fede nel Mediatore.

Poiché anche se non ne ebbero una fede esplicita, ebbero però una fede implicita nella divina provvidenza, credendo che Dio sarebbe stato il redentore degli uomini nel modo che a lui sarebbe piaciuto, e secondo la rivelazione da lui fatta a quei pochi sapienti che erano nella verità, essendo egli, come dice il libro di Giobbe [ Gb 35,11 ], « colui che ci rende più istruiti delle bestie selvatiche ».

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