Contro le due lettere dei Pelagiani

Indice

Libro IV

1.1 - Introduzione alla seconda parte della lettera pelagiana

Dopo le accuse che abbiamo viste e alle quali abbiamo risposto, costoro ripetono, ma in modo diverso, le medesime dottrine che hanno sollevato le nostre rimostranze contro la lettera.

Prima infatti le hanno esposte come argomenti per accusarci di falsa dottrina, successivamente le ribadiscono nel senso contrario per esporre quale sia la loro dottrina.

Aggiungono due affermazioni nuove che non avevano fatte prima: cioè dicono che "il battesimo è necessario a tutte le età" e che "da Adamo è passata a noi la morte e non il peccato".

Quando verrà il loro turno, tratteremo anche di queste affermazioni.

Poiché nel libro precedente appena terminato abbiamo detto che i pelagiani erigono cinque ripari per nascondere dietro ad essi le loro opinioni contrarie alla grazia di Dio e alla fede cattolica, cioè la dignità della creatura, la dignità delle nozze, la dignità della legge, la dignità del libero arbitrio, la dignità dei santi, credo più comodo tenere distinte in modo generico tutte le opinioni che difendono e di cui contestano a noi l'opposto, e mostrare di volta in volta a quale dei loro cinque schemi si riferisca ciascuna loro opinione, perché dalla distinzione stessa la nostra risposta possa risultare più lucida e più rapida.

2.2 - La raccolta dei testi pelagiani in lode della creazione, del matrimonio, del libero arbitrio, della legge e dei santi

La dignità della creatura, per quanto concerne il genere umano, che è al centro ora della nostra questione, l'esaltano con le seguenti sentenze: "Dio è il creatore di coloro che nascono e i figli degli uomini sono opera di Dio.

Non dalla natura, ma dalla volontà discende ogni peccato".

A questa lode della creatura accoppiano il seguente insegnamento: "Il battesimo è necessario a tutte le età, perché il battezzato sia adottato tra i figli di Dio, non perché contrae dai genitori qualcosa da cui si debba purificare con il lavacro della rigenerazione".

Alla medesima lode aggiungono anche un altro insegnamento: "Il Cristo Signore non ebbe nessuna macchia di peccato, per quanto riguarda la sua infanzia", perché asseriscono essere la sua carne purissima da ogni contagio di peccato, non per una sua propria eccellenza e per una grazia singolare, ma per la condizione di quella natura che si trova in tutti i bambini.

A questo punto inseriscono anche la questione "dell'origine dell'anima", cercando così d'uguagliare all'anima del Cristo le anime di tutti i bambini, che essi vogliono ugualmente immuni da qualsiasi macchia di peccato.

Per questo dicono pure: Da Adamo nessun male passò negli altri all'infuori della morte, la quale non è sempre un male, sia perché per i martiri è causa di premi, sia perché a farla dire buona o cattiva non è la decomposizione dei corpi, che saranno risvegliati in ogni categoria di persone, ma la diversità dei meriti che dipende dalla libertà umana.

Questo scrivono in questa lettera sulla dignità della creatura.

Quanto alle nozze, le lodano secondo le Scritture, "perché il Signore dice nel Vangelo: Il Creatore da principio li creò maschio e femmina, ( Mt 19,4 ) e disse: Siate fecondi, moltiplicatevi e riempite la terra". ( Gen 1,28 )

Benché queste ultime parole non siano nel Vangelo, sono tuttavia nella Legge.

Aggiungono anche: Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi. ( Mt 19,6 )

E queste parole riconosciamo che sono evangeliche.

In lode della legge dicono: "La legge antica, che secondo l'Apostolo era giusta e santa e buona, ( Rm 7,12 ) a coloro che ne osservavano i comandamenti e mediante la fede vivevano nella giustizia, come ai Profeti, ai Patriarchi e a tutti i santi, poté conferire la vita eterna".

In lode del libero arbitrio dicono: "Il libero arbitrio non è sparito, perché il Signore dice per bocca del Profeta: Se sarete docili e ascolterete me, mangerete i frutti della terra.

Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada. ( Is 1,19-20 )

E quindi è anche vero che la grazia aiuta il buon proposito di ciascuno e tuttavia non infonde in chi è riluttante la sollecitudine della virtù, perché presso Dio non c'è parzialità". ( Rm 2,11 )

Dietro la lode dei santi si coprono dicendo: "Il battesimo rinnova completamente gli uomini, poiché ne è testimone l'Apostolo il quale attesta che per mezzo del lavacro dell'acqua si fa dalle genti una Chiesa santa e immacolata. ( Ef 5,26-27 )

Anche nei tempi antichi lo Spirito Santo aiutava le buone disposizioni, dicendo il Profeta a Dio: Il tuo spirito buono mi guidi in terra piana. ( Sal 143,10 )

Anche tutti i Profeti, gli Apostoli o i santi, sia del Nuovo come del Vecchio Testamento, ai quali rende testimonianza Dio, furono giusti, non a paragone degli scellerati, bensì secondo la regola delle virtù; ma in un tempo futuro ci sarà la ricompensa tanto delle opere buone quanto delle cattive.

Comunque nessuno potrà osservare di là i comandamenti che avrà trascurati di qua, perché l'Apostolo ha detto: Tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale del Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male". ( 2 Cor 5,10 )

In tutti questi testi ogni lode che fanno della creatura e delle nozze tentano di riferirla alla negazione del peccato originale, ogni lode che fanno della legge e del libero arbitrio tentano di riferirla alla tesi che la grazia non aiuta se non il merito e così la grazia non è più grazia, ( Rm 11,6 ) ogni lode che fanno dei santi tentano di riferirla a far apparire che la vita mortale sia nei santi esente da peccato, né ai santi sia necessario pregare Dio per la remissione dei loro debiti.

3.3 - I pelagiani combattono i manichei, ma sono eretici

Chiunque con mente cattolica aborrisce da cotesti errori empi e riprovevoli, che abbiamo distinti in questa divisione a tre, cerchi di evitare i nascondigli di quella divisione a cinque e sia così cauto tra un pericolo e l'altro da scostarsi da Manicheo senza accostarsi a Pelagio, e per un altro verso da dissociarsi dai pelagiani senza associarsi ai manichei; oppure, se è già intricato con una delle due parti, da non svincolarsi dagli uni per vincolarsi con gli altri.

Sembrano appunto contrari tra loro, poiché i manichei si manifestano vituperando quelle cinque dignità e i pelagiani si occultano lodandole.

Perciò entrambi condanna e sfugge chiunque, secondo la regola della fede cattolica, in tutti gli uomini che nascono; da una parte glorifica il Creatore a motivo della bontà creata della carne e dell'anima - ciò che non vuole Manicheo -, e dall'altra confessa che, per il vizio passato in loro a causa del peccato del primo uomo, è necessario anche ai bambini il Salvatore - ciò che non vuole Pelagio -.

Il cattolico distingue il male della vergognosa concupiscenza dalla bontà delle nozze così da non farsi simile né ai manichei nell'incolpare la natura da cui nasciamo, né ai pelagiani nel lodare la concupiscenza di cui ci vergognamo.

Sostiene poi che per mezzo di Mosè fu data dal Dio santo e giusto e buono una legge santa e giusta e buona ( Rm 7,12 ) - ciò che Manicheo nega contro l'Apostolo -, ma afferma che essa manifesta il peccato senza tuttavia toglierlo e comanda la giustizia senza tuttavia donarla - ciò che a sua volta Pelagio nega contro l'Apostolo -.

Ammette inoltre il libero arbitrio così da dire che non da una non so quale natura cattiva ed eterna, la quale non esiste, ma dallo stesso arbitrio è cominciato il male e dell'angelo e dell'uomo - ciò che smantella l'eresia manichea -; né per questo tuttavia la volontà caduta in schiavitù può riaversi alla libertà della salvezza se non con la grazia di Dio - e ciò smantella l'eresia pelagiana -.

Loda infine in Dio i santi uomini di Dio, non solo da quando si è manifestato il Cristo nella carne e poi in seguito, ma anche i santi dei tempi antecedenti che i manichei osano oltraggiare, così tuttavia da credere sul loro conto più alla loro stessa confessione che alla menzogna dei pelagiani.

Voce infatti di santi è questa: Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. ( 1 Gv 1,8 )

4.4 - Lodano la creazione rinnegando la grazia

Stando così le cose, che giova ai novelli eretici, nemici della croce del Cristo ed oppositori della grazia divina, apparire sani dall'errore dei manichei e morire di un'altra pestilenza ad essi propria?

Che giova ad essi dire in lode della creatura: "Creatore di coloro che nascono è il Dio buono dal quale sono state fatte tutte le cose, e opera sua sono i figli degli uomini", che i manichei dicono opera del principe delle tenebre, se la creatura di Dio che è nei bambini perisce in mezzo agli uni e agli altri o presso gli uni e gli altri?

Entrambi infatti vogliono che essa non sia liberata per mezzo della carne e del sangue del Cristo: i manichei, perché eliminano la stessa carne e il sangue di Cristo, quasi che non li abbia assunti affatto nell'uomo o dall'uomo; i pelagiani invece, perché asseriscono che nei bambini non esiste nessun male da cui debbano essere liberati mediante il sacramento della carne e del sangue del Cristo.

In mezzo a loro giace nei bambini la creatura umana, buona nella sua creazione, viziata nella sua propagazione, confessante con i suoi beni l'ottimo Creatore, ricercante per i suoi mali il misericordiosissimo Redentore, avente nei manichei i vituperatori dei suoi beni, avente nei pelagiani i negatori dei suoi mali, e in entrambi i suoi persecutori.

E, sebbene non possa parlare per l'infanzia, tuttavia con la sua tacita bellezza e con la sua latente debolezza apostrofa l'empia vanità di entrambi, sia dicendo agli uni: - Da colui che crea le cose buone credetemi creata -, sia dicendo agli altri: - Da colui che mi ha creata lasciate che sia sanata -.

Manicheo risponde: - Nulla di questo bambino è da liberare tranne che l'anima buona; tutte le altre parti sono da buttare, perché non appartengono al Dio buono, ma al principe delle tenebre -.

Pelagio risponde: - Anzi nulla di questo bambino è da liberare, perché tutto ci risulta in lui sano e salvo -.

Entrambi mentiscono, ma più blando ormai è l'accusatore della carne soltanto che il suo lodatore, il quale si mostra crudele contro tutto il bambino.

Ma né il manicheo viene in soccorso dell'anima umana, bestemmiando che Dio non è il creatore di tutto l'uomo; né il pelagiano permette alla medicina divina di venire in soccorso dell'infanzia umana, negando il peccato originale.

Dio dunque esercita la sua misericordia per mezzo della fede cattolica, che redarguendo l'uno e l'altro malanno viene in soccorso del bambino per la sua salvezza.

Dice infatti ai manichei: "Ascoltate l'Apostolo che grida: O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi? ( 1 Cor 6,19 ) e sentitevi obbligati a credere che è il Dio buono creatore anche dei corpi, perché non può essere tempio dello Spirito Santo l'opera del principe delle tenebre.

Dice poi ai pelagiani: È stato generato nella colpa, l'ha concepito sua madre nel peccato il bambino che vedete. ( Sal 51,7 )

Perché mai, difendendolo come se fosse libero da ogni colpa, non permettete che sia liberato per un atto di indulgenza?

Nessuno è senza macchia, nemmeno l'infante la cui vita sulla terra sia di un giorno soltanto. ( Gb 14, 4-5 sec. LXX )

Lasciate al misero ricevere la remissione dei peccati per mezzo dell'Unico che non ha potuto avere il peccato né da piccolo né da grande".

4.5 - I vani argomenti pelagiani

Ad essi dunque che giova dire: "Non dalla natura, ma dalla volontà discende ogni peccato", e con la verità di questa sentenza resistere ai manichei che dicono causa del peccato una natura cattiva, se poi, non volendo ammettere il peccato originale, che discende certamente anch'esso dalla volontà del primo uomo, fanno uscire i bambini dal corpo in stato di reato?

Ad essi che giova "riconoscere necessario a tutte le età il battesimo", che i manichei dicono superfluo ad ogni età, quando poi sostengono che il battesimo è falso nei bambini per quanto concerne la remissione dei peccati?

Ad essi che giova difendere contro i manichei non solo la verità della carne del Cristo, che i manichei sostengono nulla o finta, ma difendere anche che "la stessa anima del Cristo fu immune da ogni macchia di peccato", quando poi uguagliano all'infanzia del Cristo tutti gli altri bambini senza disparità di purità in modo che da una parte sembri che la carne del Cristo non preservi la propria santità a confronto degli altri bambini e dall'altra parte questi non ricevano nessuna salvezza dalla carne del Cristo?

4.6 - Non solo la morte ma anche il peccato si trasmette da Adamo

Certamente i pelagiani non hanno come avversari i manichei nel dire: "Attraverso Adamo è passata a noi la morte e non sono passati i peccati", perché nemmeno i manichei sostengono l'esistenza del peccato originale come un peccato che sia passato e passi in tutti gli uomini insieme con la morte dal primo uomo, puro e retto all'inizio nel corpo e nello spirito e poi depravato a causa del libero arbitrio.

Quanto alla carne i manichei dicono che fu tratta per creazione all'inizio da un corpo cattivo per opera di uno spirito cattivo e unita con uno spirito cattivo; l'anima invece, buona perché particella di Dio, dicono che viene nell'uomo secondo i meriti del suo inquinamento contratto attraverso le vivande e le bevande alle quali è stata avvinta antecedentemente, e così mediante la copula è avvinta ancora dal vincolo della carne.

E per questo i manichei concordano con i pelagiani nel dire che il peccato del primo uomo non è passato nel genere umano, né per mezzo della carne che secondo loro non è mai stata buona, né per mezzo dell'anima che fanno venire nella carne dell'uomo con i meriti dei suoi inquinamenti già contratti da lei prima che fosse nella carne.

Ma i pelagiani come fanno a dire: "Soltanto la morte è passata a noi attraverso Adamo"?

Se per questo infatti noi moriamo perché egli morì, e se egli morì perché peccò, allora vengono a dire che passa la pena senza la colpa e che gli innocenti bambini sono puniti con un castigo ingiusto, contraendo la morte senza i meriti della morte.

Il che la fede cattolica lo sa dell'unico e solo Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, ( 1 Tm 2,5 ) il quale si è degnato di subire la morte per noi, cioè la pena del peccato, senza il peccato.

Come infatti egli solo fu fatto figlio dell'uomo proprio perché noi fossimo fatti per mezzo di lui figli di Dio, così egli solo prese per noi la pena senza meriti cattivi, perché noi senza meriti buoni conseguissimo per mezzo di lui la grazia.

Come a noi infatti non era dovuto nessun bene, così a lui non era dovuto nessun male.

Per mostrare dunque il suo amore verso coloro ai quali era disposto a dare una vita non dovuta ha voluto patire per loro una morte non dovuta.

Questa singolare prerogativa del Mediatore tentano di svuotarla i pelagiani, di modo che essa non sia più un'eccezione unica nel Signore, atteso che Adamo patì a causa della colpa una morte dovuta, ma i bambini patiscono una morte non dovuta, non contraendo essi da lui nessuna colpa.

Benché infatti ai buoni si conferisca attraverso la morte moltissimo bene, tanto che alcuni hanno opportunamente disquisito pure sulla bontà della morte, tuttavia anche per il fatto che la pena del peccato viene convertita a buoni risultati che altro si deve esaltare se non la misericordia di Dio?

4.7 - Esegesi di Rm 5,12

Ma costoro lo dicono con la volontà precisa di deviare gli uomini dalle parole dell'Apostolo verso il loro modo di sentire.

Infatti dove l'Apostolo afferma: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così è passato in tutti gli uomini, ( Rm 5,12 ) il passaggio non lo vogliono intendere del peccato, bensì della morte.

E allora che significano le parole seguenti: Nel quale tutti hanno peccato?

L'Apostolo infatti o dice che tutti hanno peccato in quell'unico uomo di cui aveva dichiarato: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, o dice che tutti hanno peccato in quel peccato, o certamente dice che tutti hanno peccato nella morte.

Non deve infatti far difficoltà che non abbia detto: "Nella quale", ma abbia detto: Nel quale tutti hanno peccato; la morte è appunto di genere maschile nella lingua greca.

Scelgano dunque quello che vogliono: o infatti "tutti hanno peccato in quell'uomo", e ciò è stato detto proprio perché, quando egli peccò, in lui c'erano tutti; o tutti hanno peccato in quel peccato, perché è diventato universalmente di tutti il peccato che tutti i nascenti erano destinati a contrarre, o resta che dicano che tutti hanno peccato in quella morte.

Ma in che modo questo lo si possa intendere non lo vedo davvero.

Nel peccato infatti muoiono gli uomini; non è nella morte che tutti peccano, perché al peccato che la precede segue la morte, non alla morte che lo precede segue il peccato.

Appunto il pungiglione della morte è il peccato, ( 1 Cor 15,56 ) ossia è il pungiglione che pungendo provoca la morte, non il pungiglione con il quale la morte punge.

Come un veleno, se si beve, si chiama pozione di morte perché da quella pozione è stata causata la morte, non perché la pozione sia stata causata o somministrata dalla morte.

Che se la ragione decisiva per non poter intendere dalle parole dell'Apostolo che tutti abbiano peccato in quel peccato è che nel greco, dal quale la lettera è stata tradotta, il peccato è posto in genere femminile, resta da intendere che tutti hanno peccato in quel primo uomo, perché in lui c'erano tutti quando egli peccò e da lui nascendo si contrae il peccato che non si scioglie se non rinascendo.

Infatti anche S. Ilario intende così le parole: Nel quale tutti hanno peccato.

Dice appunto: "Nel quale tutti hanno peccato, ossia in Adamo".

Poi soggiunge: "È manifesto che tutti hanno peccato in Adamo come in massa.

Tutti quelli infatti che egli generò corrotto dal peccato, sono nati sotto il peccato".

Ciò scrivendo Ilario insegnò senza ambiguità in che modo dovesse intendersi il testo: Nel quale tutti hanno peccato.

4.8 - La necessità della redenzione di Cristo è prova dell'universalità del peccato

Perché poi il medesimo Apostolo dice che noi veniamo riconciliati con Dio per mezzo del Cristo, se non perché eravamo diventati nemici?

E questo che altro è se non peccato? Tanto che anche il Profeta dice: Le vostre iniquità hanno scavato un abisso tra voi e Dio. ( Is 59,2 )

Per questa separazione dunque è stato mandato il Mediatore, perché togliesse il peccato del mondo che ci separava da Dio come nemici e, riconciliatici con lui, da nemici diventassimo figli.

Su tale sfondo parlava appunto l'Apostolo e su tale sfondo ha fatto l'inserimento delle parole: A causa di un solo uomo il peccato è entrato.

Ecco infatti le sue parole antecedenti: Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, il Cristo è morto per noi.

A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui.

Se, infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati saremo salvati mediante la sua vita.

Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione. ( Rm 5,8-11 )

Poi soggiunge: Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così ha raggiunto tutti gli uomini, nel quale tutti hanno peccato. ( Rm 5,12 )

Che nicchiano i pelagiani? Se a tutti è necessaria la riconciliazione mediante il Cristo, in tutti dunque è passato il peccato per cui fummo nemici bisognosi d'essere riconciliati.

Questa riconciliazione avviene nel lavacro della rigenerazione e nella carne e nel sangue del Cristo, senza di che non possono avere la vita in se stessi nemmeno i bambini.

Come infatti uno solo valse alla morte per il suo peccato, così uno solo vale alla vita per la sua giustizia.

Perché, come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo; ( 1 Cor 15,22 ) e: Come per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così pure per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustizia che dà vita. ( Rm 5,18 )

Chi mai contro queste parole apostoliche ha fatto il sordo con tanta durezza d'empietà nefanda da sostenere dopo averle udite che a passare in noi attraverso Adamo è stata la morte senza il peccato all'infuori di questi oppositori della grazia di Dio, nemici della croce del Cristo?

La perdizione sarà la loro fine, ( Fil 3,19 ) se persisteranno in questa cocciutaggine.

Ma basti quello che abbiamo detto a causa della loro astuzia serpentina con la quale vogliono corrompere le menti semplici e distaccarle dalla castità della fede cattolica con il pretesto di lodare la creatura.

5.9 - I pelagiani lodano il matrimonio per negare il peccato originale

Quanto poi alla lode delle nozze che giova a costoro di fronte ai manichei, che non le attribuiscono al Dio vero e buono, ma al principe delle tenebre, opporsi ad essi con queste parole di vera pietà: "Il Signore parla così nel Vangelo: Il Creatore da principio li creò maschio e femmina ( Mt 19,4 ) e disse: Siate fecondi, moltiplicatevi e riempite la terra. ( Gen 1,28 )

Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi"? ( Mt 19,6 )

Che giova a loro questo tentativo di sedurre alla falsità per mezzo della verità?

Lo dicono infatti perché si creda che i bambini nascono liberi da ogni colpa e quindi non hanno bisogno d'essere riconciliati con Dio mediante il Cristo non avendo nessun peccato originale, che rende necessaria a tutti la riconciliazione per mezzo di quel solo che è venuto nel mondo senza peccato, come l'inimicizia di tutti con Dio è stata causata da quel solo per cui il peccato è entrato nel mondo.

Il che si crede cattolicamente per salvare la natura degli uomini, salva la dignità delle nozze: perché lode delle nozze è la giusta copula dei sessi e non l'iniqua difesa dei vizi.

E per questo costoro, quando lodano le nozze, vogliono trasferire le persone dai manichei alla loro stessa parte, desiderano cambiare ad esse malattia, non sanarle dalla malattia.

5.10 - Lodano la legge per negare la grazia di Cristo

Di nuovo che giova ad essi dire il vero contro i manichei a lode della legge, quando da qui vogliono condurre a ciò che di falso sentono contro i cattolici?

Dicono infatti: Confessiamo secondo l'Apostolo che anche l'antica legge era giusta e santa e buona. ( Rm 7,12 )

A coloro che ne osservavano i comandamenti e mediante la fede vivevano nella giustizia, come ai Profeti, ai Patriarchi e a tutti i santi ha potuto conferire la vita eterna.

Con le quali parole, scelte con somma astuzia, lodano la legge contro la grazia.

Perché non era la legge, benché giusta e santa e buona, che a tutti quegli uomini di Dio poteva conferire la vita eterna, ma la fede che si fonda nel Cristo.

Questa fede infatti opera mediante la carità, ( Gal 3,5-6 ) non secondo la lettera che uccide, ma secondo lo Spirito che dà vita. ( 2 Cor 3,6 )

A tale grazia di Dio la legge conduce dalla trasgressione, incutendo paura come un pedagogo, ( Gal 3,24 ) perché si conferisca così all'uomo ciò che essa non ha potuto conferirgli.

Infatti a coteste loro parole: "La legge ha potuto conferire la vita eterna ai Profeti, ai Patriarchi e a tutti i santi che ne osservavano i comandamenti" l'Apostolo risponde: Se la giustificazione viene dalla legge, il Cristo è morto invano. ( Gal 2,21 )

Se l'eredità si ottenesse in base alla legge, non sarebbe più in base alla promessa. ( Gal 3,18 )

Se diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa. ( Rm 4,14 )

E che nessuno possa giustificarsi davanti a Dio per la legge risulta dal fatto che il giusto vivrà in virtù della fede. ( Gal 3,11 )

Ora la legge non si basa sulla fede; al contrario dice che chi praticherà queste cose, vivrà per esse. ( Gal 3,12 )

Quest'ultima testimonianza della legge, ricordata dall'Apostolo, ( Gal 3,12 ) si intende in riferimento alla vita temporale, per paura della cui perdita e non per la fede gli uomini osservavano le opere della legge, perché dalla medesima legge si comandava che fossero uccisi dal popolo i trasgressori della legge.

Oppure, se con più profondità si deve intendere che la frase: Chi praticherà queste cose, vivrà per esse ( Lv 18,5 ) sia stata scritta in riferimento alla vita eterna, allora l'intenzione della legge nell'esprimere così il suo imperio è che la debolezza dell'uomo, incapace in se stessa d'osservare i comandamenti della legge, cercasse piuttosto mediante la fede l'aiuto della grazia di Dio, della cui misericordia è dono anche la fede stessa.

Così appunto si riceve la fede: Ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha data. ( Rm 12,3 )

Se infatti lo spirito della fortezza, della carità e della continenza non viene agli uomini da loro stessi, ma lo ricevono, tanto che il medesimo Dottore delle genti dice: Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza e d'amore e di continenza, ( 2 Tm 1,7 ) certamente si riceve anche lo spirito di fede, di cui dice: Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede. ( 2 Cor 4,13 )

La legge dunque dice la verità nella frase: Chi praticherà queste cose, vivrà per esse. ( Lv 18,5 )

Ma perché le pratichi e viva per esse non basta la legge che impera, bensì è necessaria la fede che l'impetra.

La quale stessa fede tuttavia, perché meriti di ricevere questi doni, è data a sua volta gratuitamente.

5.11 - La grazia è il dono della carità

Ma in nessun altro caso cotesti nemici della grazia, per opporsi più aspramente alla medesima grazia, tramano insidie più camuffate di quando lodano la legge, che è senza dubbio da lodare.

La legge appunto in tutte le loro discussioni, con giri diversi di locuzioni e con varietà di parole, vogliono far passare per grazia, nel senso cioè che riceviamo dal Signore Dio l'aiuto della cognizione perché conosciamo le opere da fare, non l'ispirazione dell'amore perché facciamo con santo amore le opere conosciute: e questo amore è propriamente grazia.

Infatti la conoscenza della legge senza la carità gonfia e non edifica, come dice apertissimamente lo stesso Apostolo: La scienza gonfia, mentre la carità edifica. ( 1 Cor 8,1 )

La quale sentenza assomiglia all'altra: La lettera uccide, lo spirito dà vita, ( 2 Cor 3,6 ) corrispondendosi rispettivamente tra loro: La scienza gonfia e la lettera uccide, la carità edifica e lo spirito dà vita, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 )

Pertanto la conoscenza della legge fa dell'uomo un superbo trasgressore, invece per il dono della carità l'uomo si diletta d'essere osservatore della legge.

Non è dunque che a causa della fede noi togliamo ogni valore alla legge, ma confermiamo la legge, ( Rm 3,31 ) che impaurendo conduce alla fede.

A questo scopo infatti la legge provoca l'ira: ( Rm 4,15 ) perché a chi è preso dal terrore e si converte ad adempiere la giustizia della legge, elargisca la misericordia di Dio la grazia per Gesù Cristo nostro Signore, che è la sapienza di Dio, ( 1 Cor 1,30 ) della quale sta scritto: Porta sulla sua lingua la legge e la misericordia. ( Pr 3,16 )

La legge per atterrire, la misericordia per sovvenire, la legge mediante il suo servo, la misericordia da se stesso, la legge come nel bastone che Eliseo mandò per risuscitare il figlio della vedova che non risorse: Se infatti fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustizia scaturirebbe davvero dalla legge, ( Gal 3,21 ) la misericordia come nello stesso Eliseo che in figura del Cristo si abbracciò al morto da risuscitare quasi per significare il grande mistero del Nuovo Testamento.

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