Esposizione dei Salmi

Indice

Salmo 119 (118)

Discorso 23

1 - [v 105.] Luce eterna e luce derivata

Con le forze che Dio vorrà donarci ci accingiamo a indagare ed esporre alcuni versi di questo salmo, dei quali il primo suona così: Una lampada ai miei piedi è la tua parola e una luce ai miei sentieri.

La parola lampada è ripetuta con luce, e quanto si dice con ai miei piedi è ripetuto con ai miei sentieri.

Ma cosa sarà, in tal caso, la tua parola? Forse quel Verbo che era in principio, Dio presso Dio, e per il quale tutte le cose furono create? ( Gv 1,1 ) No.

Difatti quel Verbo è, sì, luce ma non è lampada, in quanto la lampada non è il Creatore, ma una creatura che viene accesa attraverso una partecipazione della luce immutabile.

Tale era Giovanni, a proposito del quale il Verbo-Dio diceva: Egli era una lampada accesa e rilucente. ( Gv 5,35 )

È vero che anche la lampada è un qualcosa di luminoso, ma, in confronto col Verbo del quale è detto: Il Verbo era Dio, ( Gv 1,8 ) Giovanni non era la luce ma fu inviato a rendere testimonianza alla luce.

Il Verbo al contrario era la luce vera: non una luce illuminata dal di fuori, come lo è l'uomo, ma una luce che illumina ogni uomo.

Comunque, se la lampada non fosse una luce, non avrebbe detto agli Apostoli il Signore: Voi siete la luce del mondo. ( Mt 5,14 )

All'udire tali parole essi avrebbero potuto pensare che fossero la stessa cosa di colui che parlava e che in un altro luogo, parlando di se stesso, aveva detto: Io sono la luce del mondo. ( Gv 8,12 )

Per impedire l'equivoco precisò: Non può restare nascosta una città posta sul monte, e non si accende una lampada per metterla sotto il moggio ma sul candeliere, perché faccia luce a tutti quelli che sono in casa.

Così risplenda la vostra luce dinanzi agli uomini. ( Mt 5,14 )

In tal modo i discepoli dovevano persuadersi d'essere delle lampade accese a quella luce che splende immutabile.

Non c'è infatti creatura, nemmeno fra quelle dotate di ragione e d'intelletto, che abbia da se stessa l'illuminazione, ma tutte sono illuminate per la partecipazione della verità eterna.

E anche se talvolta le si chiama " giorno ", non sono quel giorno che è il Signore ma il giorno che il Signore ha fatto.

Per questo risuona [ nel salmo ]: Accostatevi a lui e sarete illuminati. ( Sal 34,6 )

Per questa partecipazione lo stesso nostro Mediatore, in quanto uomo, è nel l'Apocalisse chiamato lampada. ( Ap 21,23 )

Ma questa accezione è assolutamente unica.

Di nessuno dei santi poté mai affermarsi con parola divina, né può dirsi in qualsiasi modo, che il Verbo si è fatto carne, ( Gv 1,14 ) mentre lo si dice [ con verità ] dell'unico Mediatore fra Dio e gli uomini. ( 1 Tm 2,5 )

Risulta, dunque, che il termine "luce" può dirsi del Verbo unigenito uguale al Padre e può dirsi anche dell'uomo illuminato dal Verbo: il quale uomo, inoltre, può essere chiamato anche " lampada ", come lo si trova detto di Giovanni e degli altri Apostoli.

Li si può chiamare così, perché nessuno di loro è il Verbo; mentre il Verbo di Dio, dal quale i santi sono illuminati, non può chiamarsi " lampada ".

Stando così le cose, quale sarà la parola della quale si dice che è luce e insieme lampada?

Dice infatti: Una lampada ai miei piedi è la tua parola e una luce ai miei sentieri.

Non dovremo forse intendervi quella parola che fu rivelata ai Profeti o che fu predicata dagli Apostoli?

Non, quindi, Cristo parola ma la parola di Cristo, della quale sta scritto: La fede [ trae origine ] dall'ascolto, l'ascolto dalla parola di Cristo. ( Rm 10,17 )

In tal senso, paragonando la parola profetica ad una lampada, l'apostolo Pietro diceva: Abbiamo la parola più ferma, quella profetica, alla quale fate bene a prestare attenzione come ad una lampada che risplenda in un luogo oscuro. ( 2 Pt 1,19 )

Quanto, dunque, è detto qui nel salmo: Una lampada ai miei piedi è la tua parola e una luce ai miei sentieri, è da riferirsi alla parola contenuta in tutte le sante Scritture.

2 - [v 106.] Dice: Ho giurato ed ho stabilito di osservare i giudizi della tua giustizia, come persona che cammina rettamente alla luce di quella lampada e si muove per strade dritte.

Con le parole del secondo membro, poi, si spiegano quelle del primo.

E, come se noi gli chiedessimo il senso di: Ho giurato, aggiunge: Ed ho stabilito.

Chiama giuramento ciò che ha deciso in virtù del sacramento, nel senso che la nostra mente deve essere così stabile nell'osservare i decreti della giustizia divina che quanto si è proposta deve assolutamente equivalere a un giuramento.

3 - [v 107.] Necessità della fede per osservare la legge

I decreti della giustizia di Dio vengono osservati mediante la fede, per la quale si crede che dinanzi a Dio, giudice giusto, nessun'opera buona rimane infruttuosa e nessuna colpa rimane impunita.

Siccome però per l'attaccamento a questa fede il corpo di Cristo ha dovuto sopportare molti e gravissimi mali, per questo si dice nel salmo: Sono stato umiliato fino all'estremo.

Non dice: " Io mi sono umiliato ", per cui la frase debba riferirsi all'umiltà comandataci [ dal Signore ], ma al contrario: Io sono stato umiliato fino all'estremo.

E ciò a sottolineare l'atrocissima persecuzione che [ la Chiesa ] ha subita per aver giurato e stabilito d'osservare i decreti della giustizia di Dio.

Siccome però una tal fede non doveva venir meno, nonostante la profonda umiliazione, per questo prosegue: Signore, dammi la vita secondo la tua parola, cioè, secondo la tua promessa.

È infatti l'annunzio delle promesse divine che costituisce una lampada ai piedi e una luce al sentiero.

Non diversamente anche sopra, trovandosi prostrato dalla persecuzione, pregava Dio che lo rendesse alla vita, e diceva: Per poco non mi hanno finito [ qui ] in terra, ma io non ho abbandonato i tuoi comandamenti.

Per la tua misericordia rimettimi in vita, e osserverò le testimonianze, cioè i μαρτύρια della tua bocca. ( Sal 109 )

Dalle quali parole si ricava che è Dio colui che vivifica col dono della pazienza, per cui fu detto: Nella vostra pazienza possederete le vostre anime; ( Lc 21,19 ) e ancora, vedendo le cose dalla parte di Dio: Da lui proviene la mia pazienza. ( Sal 62,6 )

Senza un tale dono, quando infuria la persecuzione, non è il corpo che muore ma l'anima, in quanto non resta fedele ai μαρτύραι e ai giudizi della giustizia di Dio.

4 - [v 108.] O Signore, fa' che le offerte volontarie della mia bocca incontrino il tuo beneplacito: fa' cioè che ti piacciano.

Non rigettarle ma accettale.

Per offerte volontarie della bocca si intendono bene i sacrifici di lode offerti non per timore o necessità ma come spontanea attestazione d'amore, conforme al detto: Ti sacrificherò volontariamente. ( Sal 54,8 )

Ma che significato hanno le parole successive: E insegnami i tuoi giudizi?

Non ha già detto nei versi precedenti: Io non mi sono allontanato dai tuoi giudizi?

Come poteva far questo se non li conosceva?

Se invece li conosceva, come può ora chiedere: E insegnami i tuoi giudizi?

Non sarà lo stesso caso di prima, dove, dopo le parole: Tu hai usato dolcezza col tuo servo si diceva: Insegnami la dolcezza?

Caso che abbiamo risolto interpretando le parole come pronunciate da uno che progredisce e che chiede gli venga accresciuto ciò che già possiede.

5 - [v 109.] Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio

La mia anima è sempre nelle tue mani.

Alcuni codici leggono: Nelle mie mani, ma la maggioranza: Nelle tue.

E questo è ovvio, in quanto le anime dei giusti sono nella mano di Dio, ( Sap 3,1 ) nelle cui mani siamo noi e tutti i nostri discorsi. ( Sap 7,16 )

Prosegue: Né mi sono dimenticato della tua legge, quasi a dirci che la sua memoria, sede dell'anima, è stata aiutata dalle mani di Dio a non dimenticare la sua legge.

Se al contrario si dovesse leggere: La mia anima è sempre nelle mie mani, non saprei qual senso dare alla frase.

È infatti pronunziata dal giusto, non dal peccatore: dall'uomo che torna al Padre, non da chi se ne allontana.

Ci si potrebbe certo vedere quel figlio minore, il quale volle avere in mano la propria anima quando disse al padre: Dammi la parte di beni che mi spetta; ( Lc 15,12 ) ma proprio per questo morì e si perdette.

O che si debbano intendere le parole: La mia anima è nelle mie mani, come dette da uno che la offra a Dio affinché la riporti in vita?

Così infatti si dice in un altro passo: A te ho elevato la mia anima, ( Sal 25,1 ) e in questo salmo un po' avanti era stato detto: Dammi la vita. ( Sal 119,107 )

6 - [v 110.] Dice: I peccatori mi hanno teso lacci, ma non ho deviato dai tuoi comandamenti.

Perché questo, se non perché la mia anima era nelle mani di Dio, ovvero, tenendola egli nelle sue mani, la offriva a Dio perché la vivificasse?

7 - [v 111.] Il martirio è grazia insigne del Signore

Ho acquistato in eredità le tue testimonianze in eterno.

Qualche traduttore, per rendere con una sola parola il verbo usato dal greco, ha scritto: Ho ereditato.

Ma questo, se pur lo si può dire in latino, indicherebbe la persona che ha donato l'eredità, piuttosto che non quella che l'ha ricevuta; ho ereditato equivarrebbe, in tal caso, a "ho arricchito" [ un altro! ].

Il senso genuino della frase, comunque, si specifica meglio ricorrendo a due parole, dicendo cioè o: Ho posseduto in eredità, ovvero: Ho acquistato in eredità, sempre quindi: In eredità, non: La eredità.

Se poi gli si domanda cosa abbia acquistato in eredità, ci dice: Le tue testimonianze.

Con questa espressione ci manifesta che è stato per un dono accordatogli dal Padre se egli ha potuto essere testimone di Dio e confessare le sue testimonianze: se cioè poté diventare martire di Dio e pronunziare i μαρτύρια di lui come fecero i martiri.

Molti infatti, pur volendo fare questo, non lo poterono, mentre nessuno di quelli che lo poterono lo poté senza averlo voluto, nel senso che mai sarebbero diventati martiri se la loro volontà avesse scelto di rinnegare le testimonianze di Dio.

È però un fatto che anche la volontà dei martiri fu preparata dal Signore. ( Pr 8,35 )

Per questo il salmista proclama d'aver acquistato in eredità le testimonianze del Signore, e ciò in eterno.

Infatti non si trova in esse una gloria temporale qual è quella degli uomini, di solito smaniosi di vanità, ma una gloria eterna, fatta per chi sa patire per un breve tempo al fine di regnare in eterno.

Per questo continua: Esse infatti sono la gioia del mio cuore.

Comportano afflizione fisica, ma per il cuore sono esultanza.

8 - [v 112.] Ecco cosa aggiunge: Ho inclinato il mio cuore ad eseguire i tuoi statuti in eterno, a motivo della ricompensa.

Colui che dice: Ho inclinato il mio cuore, aveva già detto: Piega il mio cuore verso le tue testimonianze. ( Sal 119,36 )

Ci si fa con ciò comprendere che la cosa è insieme dono di Dio e opera della propria volontà.

Ma forse che durerà in eterno il nostro battere le vie della giustizia di Dio?

In effetti, è vero che le opere compiute per sovvenire alle necessità del prossimo non potranno essere eterne, come non lo sono nemmeno le stesse necessità; se però a compiere tali opere non ci spinge l'amore, non ce ne proverrà alcuna giustificazione.

Se invece le compiamo mossi dall'amore, quest'amore sarà certamente eterno, come eterna sarà la ricompensa ad esso dovuta.

Ora, è in vista di questa ricompensa che il salmo dice d'aver chinato il suo cuore all'osservanza delle prescrizioni di Dio.

In tal modo, amando in eterno, merita di avere in eterno quello che ama.

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