La storia della Chiesa

Indice

§ 124. Caratteri e valori specifici dell'Ortodossia

I. Note fondamentali

1. Fra la chiesa cattolica romana e la chiesa ortodossa non sussiste soltanto una molteplice affinità, bensì una comunanza sostanziale.

Entrambe hanno comune la professione cristiana di fede niceno-costantino-politana e in molti punti decisivi anche la formulazione è la stessa: le chiese orientali riconoscono come fonte di fede, oltre alla Sacra Scrittura, anche la Tradizione viva; la grande realtà salvifica è anche per loro la Chiesa, essa è la mediatrice, la continuazione, per così dire, della redenzione nella santificazione dell'umanità.

Le chiese orientali possiedono la gerarchia poggiarne sul sacerdozio sacramentale, sulla successione apostolica.

Hanno la santa liturgia della messa come sacrificio e di essa vivono.

Professano i sette sacramenti cattolici.

La venerazione della Madonna e dei santi costituiscono un elemento essenziale della loro pietà.

Il monachesimo è tra essi una delle forme particolarmente importanti della vita cristiana nella Chiesa.

2. E tuttavia le divergenze sono gravi.

I due fattori di maggior peso per la divisione sono il rifiuto del filioque ( vol. I, § 26 e § 45 ) e del primato del papa, mentre la cosiddetta « controversia degli azzimi » ( uso del pane azzimo nella santa messa della chiesa occidentale, a partire dalI'VIII secolo ) oggi non ha più alcuna sostanziale rilevanza.

a) Che al filioque da parte latina non venga attribuita un'importanza tale da tener separate le due chiese, Roma lo ha esposto al concilio di Unione di Ferrara-Firenze, dichiarandosi pronta a riconoscere la comunione ecclesiastica con i greci, senza che essi dovessero assumere quella formula nella recita del Credo.

Ciò corrispondeva anche, del resto, alla famosa professione di fede a lettere d'argento che, ai suoi tempi, papa Leone III aveva fatto esporre in greco e latino nell'antica basilica di san Pietro e nella quale il filioque non figura.340

Anche la chiesa latina venera in tutta la sua pienezza lo Spirito Santo; egli viene invocato nei momenti più solenni della celebrazione eucaristica, come pure nella formula conclusiva della maggior parte delle preghiere della Chiesa.

Ma la sua efficacia redentrice si manifesta nella chiesa orientale, per così dire, con valore autonomo.

Le chiese orientali mettono in evidenza lo Spirito Santo come il principio di vita della Chiesa stessa.

Si vede pertanto come la questione, se lo Spirito Santo proceda anche dal Figlio, assuma per le chiese orientali una portata del tutto differente di quanto noi occidentali siamo soliti ammettere a tutta prima.

La professione che lo Spirito procede soltanto dal Padre, nella preghiera delle chiese orientali, è rimasta fino ad oggi espressione di una venerazione particolarmente profonda, radicata della Terza Persona della santissima Trinità.

Ciò appare chiaramente nell'« epiclesi » della messa e nel completamento del battesimo mediante la cresima.

Le parole consacratorie dell'Ultima Cena nella messa formano un'unità con l'epiclesi che le segue e le completa, la quale invoca lo Spirito Santo sulle offerte sante del sacrificio: « Manda il tuo Santo Spirito su di noi e sulle offerte qui presenti … trasforma questo pane nel prezioso corpo del tuo Cristo ».

La seconda nascita nel battesimo viene completata soltanto dalla consacrazione, che immediatamente la segue mediante il sacro myron consacrato dal vescovo,341 attraverso la quale lo Spirito Santo scende sul battezzando ( come nel battesimo di Gesù ): confermazione.

b) I sette sacramenti342 vengono bensì riconosciuti come singoli atti con cui viene conferita la grazia, ma ogni azione sacramentale è immersa in un'atmosfera generale pregna del mistero della redenzione.

Questa totalità sacrale del mistero della redenzione permea, al di là della sfera sacramentale in senso specifico, anche tutta la vita dei fedeli per es. nella venerazione dei santi e delle icone, ed anche nel digiuno benedetto dalla Chiesa.

La realtà della redenzione è appunto un avvenimento complessivo per mezzo del quale il fedele viene inserito, sempre nuovamente e sempre di più, nella divinizzazione, unico scopo della redenzione.

E ciò avviene attraverso lo Spirito Santo.

Dalla celebrazione centrale dell'Eucaristia questo contatto col Divino si irradia su tutta la vita del giorno.

La grazia si effonde continuamente nel redento poiché egli è membro del corpo della Chiesa, del corpo di Cristo, che continua nel mondo il processo di redenzione e di santificazione delle anime.343

c) Per quello che riguarda la confessione, la chiesa orientale mette maggiormente in evidenza la invocazione e l'elemento dichiaratorio più che la sua autorità di giudice, la concezione base tuttavia rimane cattolico-comune.

Il confessore dice: « …confessa, affinché tu riceva l'assoluzione, sii liberato dai vincoli del peccato, puro e risanato … per mezzo della grazia di Dio ».

« Ascolta attraverso la parola del perdono che ti è stata detta da me uomo peccatore:344 … Ecco, ora sei sanato, non peccare più in avvenire ».

d) La dottrina escatologica ammette uno stato intermedio che precede il Giudizio Universale; non conosce invece un luogo di sofferenza.

Di conseguenza rifiuta la dottrina sul purgatorio.

La chiesa orientale crede che i morti nella fede sono vicini a Dio, il quale può innalzarli, può elevare la loro vita.

In questo senso essa prega per i defunti e celebra la santa messa per i santi.

La beatitudine piena, nel futuro regno di Dio, verrà conferita a tutti soltanto dopo il Giudizio Universale.

Di conseguenza la Chiesa non conosce alcuna dottrina relativa all'indulgenza.

Con il suo potere di sciogliere e di legare essa non incide, neppure con la preghiera d'intercessione, sullo stato raggiunto nell'ai di là.

Qualche divergenza sussiste anche nei confronti del sacramento del matrimonio.

È permesso il divorzio per adulterio ( Mt 5,32 ).

3. ( Carattere formale ).

Quanto è stato detto finora denota già chiaramente che la differenza fra le chiese d'Occidente e d'Oriente è da ricercarsi più in atteggiamenti formali di fondo che in singoli articoli dottrinali.

La vera e propria diversità consiste nel carattere diverso dell'essere chiesa.

a) Riservandoci di dimostrare più avanti la congruenza con l'oggetto delle nostre enunciazioni e di apportare le necessarie differenziazioni, possiamo formulare il carattere proprio delle concezioni ecclesiastico-orientali di redenzione, Chiesa, gerarchia, pietà, approssimativamente così: l'elemento strettamente giuridico interessa loro meno, anzi è loro addirittura estraneo;345 essa dimostra poco interesse per la definizione concettuale della teologia e per l'esatta articolazione di quest'ultima in un sistema; la realtà e l'azione sacramentale non vengono analizzate punto per punto, ma, come abbiamo già accennato, risultano più collegate in un organismo sacramentale di salvezza e in un corrispondente processo salvifico.

La pietà e le concezioni teologiche della chiesa orientale, l'intero modo di accogliere il processo salvifico hanno in sé qualcosa di globalmente organico, un elemento catalizzatore che esprime l'unità nella molteplicità: sobór-nost = collettivo essere-redenti ( cfr. anche § 124, II, 2 ).

L'uomo singolo, sia esso peccatore o santo, è meno presente alla coscienza della chiesa orientale dell'umanità redenta nel suo insieme.

Si può dire inoltre che nella chiesa orientale manchi l'asserzione astratta; come la sua liturgia, così anche la sua professione di fede è caratterizzata da quella concretezza religiosa, che è propria dell'espressione biblica: religioso-profetica, pneumatico-carismatica; fa uso anche del simbolismo, ma in maniera tale che la simbolica346 non sbiadisce nella speculazione, ma entra ( nel senso del « sacramentale » ) nella sfera della realtà, ossia nel mistero stesso: realismo spirituale ( Pabel ).

b) Presupposto di questo genere di pensiero religioso è l'elemento già prima accennato: manca l'elemento giuridico come forma fondamentale: e manca in modo particolare nella descrizione del rapporto di fondo uomo-Dio, nella dottrina della redenzione e della riconciliazione e di conseguenza anche dell'autorità della Chiesa.

Il motivo centrale non è appunto, come in Occidente, il problema della giustificazione.347 Il rapporto Dio-uomo è fondato sul fatto che l'uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, e che attraverso la grazia è innalzato alla santità, ad una divinizzazione.

Il peccato originale ha menomato questa santità ma non l'ha distrutta.

L'eliminazione del peccato non è tanto una compensazione giustificatoria quanto un ripristino della santità.

Infatti, Dio è l'amore che dona, e non soltanto giustizia che esige.348

Questo pensiero è centrale e sovrasta tutti gli altri.

La conseguenza dell'amore di Dio è la redenzione.

Il dominio sovrano dell'idea dell'amore si esprime in forma bellissima anche nel reciproco perdono fra gli uomini ( « domenica della riconciliazione » alla vigilia della Quaresima ), laddove esso acquista, benedetto dalla fede della Chiesa, uno spessore che supera sostanzialmente ogni analoga manifestazione in Occidente.

In virtù della comunità di tutti i fedeli in Cristo, nella Chiesa, si rende efficace, mediante la liturgia, cioè mediante il Signore risorto, ritornato fra i suoi, la reciproca impetrazione che estingue il peccato e con essa la sofferenza espiatrice, vicaria, dell'uomo.

L'autorità del vescovo sul suo gregge, o del patriarca sulla sua Chiesa o su di un'altra comunità che gli appartiene, tradisce lo stesso taglio nongiuridico.

Naturalmente il vescovo detiene il potere e il dovere di governo.

Ma anche essi sono completamente radicati nell'amore che ne marca anche i limiti.

c) Sotto l'impressione di questi aspetti si è definito il cristianesimo orientale come « Chiesa di Giovanni ».

Questa definizione, se assolutizzata, cela in sé il pericolo di una mutilazione unilaterale, o, peggio ancora, le sottrae degli elementi sostanziali, perché anche nella chiesa orientale esistono elementi giuridici: il confessore assolve dai peccati in nome della Chiesa, la Chiesa parla con autorità, separa gli eretici dal suo corpo.

E tuttavia quella caratterizzazione, sempre che sia intesa in senso distintivo, coglie un elemento centrale veramente esistente.

La chiesa orientale vive veramente dell'amore che è Dio, dello splendore e della luce che emana da questo amore e della complessa realtà sacramentale insegnata da Giovanni nel Vangelo e nelle sue Lettere, che la chiesa orientale professa esaltandola come divinizzazione dell'uomo e del cosmo ( verso il quale la Chiesa si protende con Cristo ).

d) L'atmosfera della chiesa orientale è pure contrassegnata dal riflesso della luce divina, portata nel mondo dalla Rivelazione e dalla Redenzione.

È un'atmosfera di giubilo.

Il suo centro non è la passione del Signore ( quindi neppure l'atmosfera di mestizia ), bensì la sua risurrezione e la sua vittoriosa fiducia nella gioia del banchetto eucaristico, che sempre si rinnova e che viene celebrato dalla comunità terrena, insieme con il Risorto e con la sua Chiesa già trasfigurata.

Giubilo di chi sa di aver ricevuto il dono della redenzione, e che, pur circondato dalle minacce di Satana, sa già della vittoria di tutta l'umanità.

La preghiera, di conseguenza, è soprattutto adorazione, presentata da colui che è immagine di Dio.

Essa è pure - e con quale commovente insistenza! - obbedienza al comandamento del Signore, petizione, ma, assai più frequentemente, inno di lode.

e) Molto di quanto è stato detto dimostra che la pietà e la teologia delle chiese orientali, e in esse anche la concezione della Chiesa, sono fondamentalmente permeate da un modo di pensare globale.

Nella sacra Liturgia, nella celebrazione della santa Eucaristia il Signore è corporalmente fra i suoi fedeli; e soprattutto egli viene a loro.

Per questo la liturgia è sostanzialmente legata alla concelebrazione della comunità.

Non che essa compia la transustanziazione; solo il vescovo consacrato o il sacerdote da lui consacrato e delegato sono gli indispensabili liturghi.

Ma il senso della celebrazione esige per sua natura la concelebrazione.

Per questo anche la santa Eucaristia non viene adorata fuori della liturgia.349

La differenza tra consacrati e non consacrati non separa quindi costitutivamente; molti laici presero e prendono parte attiva allo sviluppo o meglio all'esposizione della teologia,350 così come il laicato, nella forma del monachesimo, ha una parte attiva e di guida nella vita religiosa della Chiesa, in modo speciale con le sue geniali personalità particolarmente dotate per la direzione spirituale, i « padri spirituali » alla cui guida ci si affida.

L'attività del popolo insieme con la gerarchia, in seno alla Chiesa, non si esplica soltanto nella liturgia, ma anche nell'elezione del vescovo o in occasione di un concilio « le cui definizioni acquistano carattere obbligante soltanto mediante il consenso del popolo ecclesiale ».351

Poiché la parola è concepita in senso così strettamente sacramentale, non c'è distinzione fra sacramento e parola, ne tra pietà, teologia e liturgia.

Questa ridondante universalità dell'unità spiega anche perché, nonostante la copiosità di chiese nazionali e di lingue liturgiche diverse, la frammentarizzazione delle chiese, della quale tanto abbiamo parlato, non si è mai trasformata in uno smembramento.

L'universalità si manifesta anche nell'unità della chiesa terrena con quella celeste e con i defunti.

La fedeltà all'antica Tradizione, avvertita come strettamente vincolante, è legata a una grande libertà ed elasticità del pensiero teologico; la consapevolezza di un'« economia », guidata da Dio nella vita della Chiesa, per es., fa sì che il canone della Sacra Scrittura venga rigorosamente conservato e tuttavia trattato con una cèrta libertà.

4. a) Per ogni chiesa cristiana e per la sua professione di fede, l'Incarnazione, la Morte e la Risurrezione del Signore sono realtà essenziali.

Nell'ambito di questa comunanza è caratteristico per la concezione della chiesa orientale il fatto di collocare al centro la piena realtà del Signore risorto, dominante su tutto.

Si può dire che essa viva della Risurrezione e insegni ai suoi fedeli ad alimentarsi di essa.

Però lo splendore e la potenza del Risorto è, in fondo, soltanto il farsi visibile di ciò che da all'Incarnazione la sua capacità di azione.

La redenzione è il contatto col Logos divino.

Il credente lo può sperimentare perché, nell'Incarnazione, l'umanità è stata santificata dalla divinità.

L'Incarnazione è « il lievito della trasfigurazione del mondo » ( Arseniev ).

Il clima spirituale della chiesa orientale viene spesso avvertito da parte occidentale come « monofisita ».352

Gli ortodossi rifiutano invero questa caratterizzazione e tendono, da parte loro, a definire come « nestoriano » il clima delle chiese occidentali.

La divinità del Redentore si afferma in maniera così vittoriosa, che l'umano ne viene sopraffatto: noi siamo redenti.

b) Tutto ciò ha un nesso logico con la concezione della creazione: il mondo, essendo stato creato da Dio, è per sua origine « divino ».

In un significato del tutto particolare poi, l'uomo è « da Dio », è immagine e somiglianza di Dio.

Questa immagine di Dio fu offuscata dal peccato, ma, come abbiamo già accennato, non fu affatto distrutta.

Il carattere divino dell'uomo e del mondo - come la liturgia incessantemente canta - è stato ripristinato dall'Incarnazione.

La trasfigurazione viene comunicata al singolo uomo, per mezzo dello Spirito Santo, mandato dal Signore risorto: ciò avviene però nella Chiesa che è corpo mistico del Signore risorto ed opera dello Spirito Santo.

« L'opera è compiuta, ora è lo Spirito Santo che deve continuare la sua opera » ( Lossky ).

Perciò la fede pasquale è il nucleo di tutta la pietà cristiana.

La rinascita divinizzante cancella al tempo stesso il peccato.

Nel credente sorge una santità oggettivo-sacramentale ad opera del Signore Uno e Santo, che a noi si avvicina e ci santifica.

Questa partecipazione della divinizzazione è la grazia, cioè l'« energia » divina che si manifesta immediatamente nell'uomo, una deificazione.353

Perciò nella liturgia s'incontra quell'atteggiamento fondamentale, che si dispiega in una ricchezza di inni improntata alla gioia vittoriosa del primo cristianesimo, come è già stato detto;354 anche il forte senso della peccaminosità viene assorbito in esso.355

Anche la chiesa occidentale impetra e prega sempre mossa dalla gioia: essa ha l'Alleluia.

Ma in Oriente tutto ciò è straordinariamente intensificato.356

c) La fede nel Signore risorto inonda in maniera tale la chiesa ortodossa, che la croce del Signore e la sua santa Passione non vengono poste in evidenza nella loro particolare pregnanza, nella loro schiacciante realtà, come succede invece nella spiritualità occidentale.

La croce compare soltanto insieme con la risurrezione.

Ben di rado si parla isolatamente, sia nella teologia sia nella liturgia, dell'ira di Dio e del Giudizio Universale.

Soltanto poche icone raffigurano il giudizio supremo con il duro sguardo di colui che giudica e condanna ( Seraphim ).

La coscienza della peccaminosità dell'uomo e dell'umanità è molto profonda nella chiesa orientale.

È lecito chiedersi tuttavia se la violenza della realtà del peccato, così come è svelata dalla Scrittura ( nell'Ultima Cena; attraverso la croce; nell'ordine agli Apostoli di rimettere i peccati ), appaia in tutta la sua evidenza.

L'idea della divinizzazione del peccatore mediante la partecipazione all'Eucaristia non rimuove, in certo qual senso, la necessità dell'assoluzione?

È stato costatato nella chiesa orientale dell'età moderna ( Heiler ), che il sacramento della penitenza viene alquanto trascurato; questo fatto potrebbe forse esser connesso al nostro interrogativo.357

La Chiesa tuttavia pone una netta distinzione fra giusti e ingiusti, secondo i passi della Scrittura che parlano della dannazione e del fuoco eterno ( Mt 25,41.46; Mc 9,43s; 2 Ts 1,9; Ap 14,11 ).

Fa parte della sua dottrina la condanna dell'apocatastasi secondo la quale, alla fine dei tempi, tutto ritornerebbe a Dio ( V concilio, II di Costantinopoli, 553 ).

d) È indubbio che qualche traccia di passività caratterizzi la fisionomia orientale della redenzione come divinizzazione.

Si incorrerebbe in un enorme equivoco, tuttavia, se si pensasse che da essa sia esclusa la cooperazione dell'uomo.

Cooperazione in senso stretto e giustizia per mezzo delle opere non sono la stessa cosa.

Già l'immensa attività ascetica ( quindi l'auto-crocefissione, il rinnegamento di sé voluti dalla Bibbia ) nelle chiese orientali dimostra da sola con quanta violenza si agisca per rapire il regno dei cieli ( Mt 11,12 ).

Nella lotta ascetica col diavolo nella sua dimora, cioè nella solitudine del deserto, il penitente combatte, naturalmente non da solo, e neppure in primo piano; è il Signore stesso a guidare la lotta.

Ed è Egli che rende vincitore l'uomo ( Giovanni Damasceno ).

La chiesa orientale prega: « La mia fede soddisfa ogni cosa » e confessa che « dalle mie opere non mi viene giustificazione alcuna », bensì dall'amore di Dio, al quale risponde l'amore dell'uomo; ma questo esclude, come del resto nelle preghiere ufficiali della liturgia latina, la sicurezza di sé e la giustizia per mezzo delle opere, non però le opere stesse, le quali naturalmente giovano alla salvezza, soltanto nella grazia e attraverso di essa.

L'ascesi è cooperazione, ma non si fa forte di essa.

Essa è intesa come incessante pratica dell'amore ( verso il prossimo e come partecipazione alla passione del Signore ), come una gioiosa preparazione alla venuta del Signore nella liturgia, specialmente nella notte di Pasqua, nella riconciliazione sempre di nuovo divinizzante, che vuole mostrarsi degna della grazia ( laddove questo « diventar degni » è preso nell'identico senso, attribuitegli anche dalla liturgia latina, come preghiera di essere resi degni: « degnati di trasformarmi in modo che Tu possa venire » ).

5. a) Da quanto esposto risulta quanta poca affinità sussista fra la coscienza della chiesa orientale e il nucleo nevralgico della Riforma protestante: la dottrina del peccato e della giustificazione.

Ciò spiega perché, fino ai giorni nostri, la Riforma sia sempre stata così radicalmente osteggiata dalla chiesa orientale, nonostante i primi tentativi di Melantone e dei teologi di Tubinga di stabilire un contatto e per quanto la Riforma abbia cercato di servirsi di Costantinopoli contro Roma.

Si può perfino confermare il giudizio, secondo il quale l'Oriente non avrebbe mai veramente capito l'elemento essenziale della Riforma ( Benz ).

La penetrazione di concezioni riformate nella teologia ortodossa è sempre rimasta perciò, fino ai nostri giorni, molto esteriore, oppure è stata pagata al prezzo di una palese perdita di sostanza ortodossa, com'è accaduto al patriarca drillo Lukaris ( + 1638 ), che resta ancora una figura enigmatica.358

In ultima analisi, la dottrina della riconciliazione del peccatore, mediante la divinizzazione, non è affatto imparagonabile con la dottrina luterana della giustificazione, come completo risanamento dell'uomo peccatore per opera di Cristo; ma il contesto è totalmente diverso in Oriente e nel Riformatore.

Molti ortodossi trasferirono perfino la loro avversione, talvolta anche il loro odio verso i latini, sulla Riforma, avente un carattere così occidentale ( per es. il patriarca Dositheus II, 1669-1717, il quale si distanziava dalle idee calviniste del patriarca Lukaris e al tempo stesso si scagliava contro i francescani della chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme ).

Ma il comportamento non era unitario.

Nel duro periodo della oppressione ottomana, quando i patriarchi si succedevano con tanta rapidità ( spesso a distanza di pochi mesi ), con la persona cambiava spesso anche l'atteggiamento: ora verso Roma, ora verso le chiese riformate.359

b) Alcune considerevoli infiltrazioni di dottrine riformate in territori ortodossi, le incontriamo nella storia della Polonia e della Lituania.

Nel XVI secolo, in Lituania, fu soprattutto la nobiltà a promuovere movimenti a carattere protestante, bloccati poi dalla Controriforma.

Nel XVII secolo, idee riformate penetrarono, per vie diverse, nella vita spirituale ortodossa.

È degna di nota la considerevole corrente di teologi ( e di laici ) ortodossi, che studiarono nelle università protestanti della Germania, dell'Inghilterra e della Svizzera.

In certe regioni della Russia, fu notevole l'infiltrazione di influssi protestanti, particolarmente, in un certo periodo, pietisti.360

A partire da Pietro il Grande e Caterina II, si infiltrarono in Russia non solo idee riformate, ma anche illuminismo e razionalismo.

È una prova di notevole saldezza dogmatica il fatto che la chiesa ortodossa ne sia rimasta, nonostante tutto, intatta.361

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340 Il filiogue non è compreso nella professione di fede niceno-costantinopolitana. Nei concili del 381 e del 431, la Chiesa scomunica chiunque cambi una sola parola di tale professione.
Il concilio di Braga ( 675 ), prescrive il filioque dopo che l'aggiunta era stata introdotta dal sinodo di Toledo del 589 ( cfr. vol. I, § 26, 6 b ).
Carlo Magno lo fa cantare. A Roma fu introdotto sotto Niccolo I ( § 41, II ).
Diverse chiese orientali, unite con Roma, non hanno il filioque nella loro professione di fede.
341 Con le parole « Sigillo del dono dello Spirito Santo ».
342 Il numero di sette fu accettato definitivamente dalla chiesa greca solo nel concilio di Unione di Lione del 1274.
343 Tutto ciò che la moderna filosofia della religione russa, per altri versi tanto preziosa, descrive qui come sublimazione "mistico"-umana è protestante-liberale e panteistico e non legittimamente ortodosso.
344 Anche quest'accentuazione della peccabilità del rappresentante della Chiesa è una caratteristica della liturgia orientale; la troviamo a ogni pie sospinto.
345 Sebbene l'espressione generale « Cristo si offre al padre quale vittima e riscatto per noi » non manchi, domina tuttavia la concezione per la quale il diavolo viene vinto e fatto prigioniero, l'uomo riscattato e liberato dalla schiavitù ( teologia della redenzione caratteristica dei Padri della Chiesa ).
346 Il simbolismo arriva fino all'interpretazione dei singoli colori delle icone, dell'ordine e della disposizione delle sacre immagini nella chiesa, dell'architettura dell'edificio ecclesiastico, della disposizione e del coordinamento dei diversi locali del monastero.
347 Paolo ha bensì, anche in Oriente, la sua grande importanza, ma la sua dottrina sulla giustificazione non venne isolata come in Occidente e pertanto non ha mostrato i suoi effetti certamente fruttuosi, ma particolarmente unilaterali come per esempio nella Riforma.
348 Di conseguenza la redenzione viene raramente concepita secondo la teoria della soddisfazione di Anselmo di Canterbury. A proposito della confessione vedi sopra § 124, I, 2 c.
349 Anche pratiche di pietà private nella chiesa, fuori della celebrazione liturgica, non hanno per oggetto le sacre Specie ivi conservate, ma le sacre icone.
350 In modo particolare, per esempio, una serie di imperatori bizantini.
351 Su questo punto però non è stata ancora raggiunta, da parte della teologia, una concezione unitaria.
352 A tale proposito cfr. § 124, V.
353 Questa concezione potrebbe facilitare alla teologia evangelica - ma anche ortodossa - l'accesso alla giusta comprensione della dottrina cattolica della « grazia infusa ». Cfr. § 124, V, 8 a ( Palamas).
354 La correlazione negativa di quest'atteggiamento consiste nel fatto di non aver mai elaborato una dottrina del peccato originale. Nella chiesa orientale pertanto perde tutta la sua importanza anche il problema dell'Immacolata Concezione. Senza che con ciò, nel senso della chiesa orientale, venga detto alcunché contro l'eccelsa dignità di Maria ( vedi la venerazione della Madonna: § 124, III, B, 2 ).
355 « Io sono l'immagine della Tua ineffabile gloria, anche se porto le ferite del peccato ». « Nessuno tema la morte perché il Redentore ci ha liberati » ( Giov. Crisostomo, per la festa di Pasqua; Benz ).
356 É proprio per questo che l'Oriente rimproverava alla chiesa occidentale la mancanza dell'Alleluia nel tempo di Quaresima e nella liturgia dei defunti.
357 Anche in tutto questo complesso risulta chiaro quanto, alla chiesa orientale, siano estranee le categorie giuridiche.
358 Secondo le sue parole egli voleva vivere sotto l'autorità di papa Paolo V, affermava al tempo stesso la sua fede ortodossa, ma pubblicò anche una professione di fede chiaramente calvinista. Vedi anche § 122, I, 5 a.
359 In seguito alla politica di russificazione, condotta dagli zar di Russia, dopo la rivoluzione francese, i luterani dei paesi baltici, così come i cattolici di Polonia, furono vessati dagli ortodossi russi.
360 Trattative di Zinzendorf con il patriarca Neofito, suo viaggio in Russia, sua assunzione di inni e di preghiere dalla chiesa orientale. Zar Alessandro I sopra § 121, I, 3; vedi anche § 122, II, 8 b.
361 Singoli elementi relativi all'influenza riformata sull'ortodossia, esercitata dalla teologia evangelica o dall'evangelizzazione, ne abbiamo incontrati, nella panoramica storico-generale, in Egitto, nell'Iraq ( influsso anglicano ), in Persia, in Grecia ( v. § 122, III, f 2 ). In Lettonia, negli anni trenta, fu istituita una sezione ortodossa presso la facoltà teologica evangelica di Riga.