La città di Dio

Indice

Adolescenza della Città di Dio in Abramo

12 - Gli Ebrei dalla Caldea in Mesopotamia

Ora esaminiamo lo sviluppo della città di Dio in quel periodo di tempo che si ebbe col patriarca Abramo, perché da quel tempo inizia una sua più palese manifestazione e in esso si rendono manifeste promesse divine che attualmente vediamo adempiute in Cristo.

Come abbiamo appreso dalla narrazione della sacra Scrittura, Abramo nacque nella regione dei Caldei, ( Gen 11,26-28 ) territorio che apparteneva all'impero degli Assiri.

Presso i Caldei anche allora erano in vigore irriverenti usanze religiose, come presso gli altri popoli.

V'era soltanto la famiglia di Tara, da cui nacque Abramo, in cui erano rimasti il culto dell'unico vero Dio e, per quanto si può dedurre, la sola lingua ebraica.

Tuttavia, stando alla testimonianza di Giosuè di Nun, ( Gs 24,2 ) si è informati che anche Tara, come pure il popolo che era più palesemente di Dio, sia in Egitto che in Mesopotamia, adorarono altri dèi.

Questo avveniva perché gli altri della discendenza di Eber gradatamente passavano ad altre lingue e ad altri popoli.

E come durante il diluvio delle acque soltanto la famiglia di Noè era rimasta per ricuperare il genere umano, così nel diluvio delle molte credenze religiose diffuse nel mondo era rimasta soltanto la famiglia di Tara in cui fu custodito il germe della città di Dio.

Precedentemente dopo aver elencato le generazioni fino a Noè assieme al numero degli anni e dopo aver esposto la causa del diluvio, prima che Dio parlasse a Noè della costruzione dell'arca, la Scrittura dice: Questi sono i discendenti di Noè. ( Gen 6,9 )

Allo stesso modo ora, dopo aver elencato le generazioni dal Patriarca chiamato Sem, figlio di Noè, fino ad Abramo, si segnala una serie di rilievo con le parole: Queste sono le generazioni di Tara.

Tara generò Abram, Nacor e Arran, e Arran generò Lot.

Arran morì prima di Tara suo padre nella terra in cui nacque, nella regione dei Caldei.

Abram e Nacor presero moglie, il nome della moglie di Abram è Sara e quello della moglie di Nacor è Melca, figlia di Arran. ( Gen 11,27-29 )

Arran fu padre di Melca e di Iesca, che si ritiene sia la stessa Sara moglie di Abramo.

13 - Importanza dell'elemento cronologico

Si narra poi come Tara lasciò con i suoi familiari la regione dei Caldei e si recò nella Mesopotamia e si stabilì a Carran.

Non si parla del figlio che si chiamava Nacor, come se non l'avesse condotto con sé.

Ecco il testo: Tara prese con sé Abram suo figlio e Lot figlio di Arran suo nipote, Sara sua nuora e moglie del figlio Abram, li condusse dalla regione dei Caldei nella regione di Canaan, giunse a Carran e vi si stabilì. ( Gen 11,31 )

In questo passo non sono ricordati Nacor e la moglie Melca.

Ma lo incontriamo in seguito quando Abramo mandò un suo servitore a scegliere una moglie per il figlio Isacco.

Dice la Scrittura: Il servitore prese con sé dieci dei cammelli e una parte dei beni del suo padrone e messosi in cammino partì per la Mesopotamia nella città dove era Nacor. ( Gen 24,10 )

Con questa testimonianza e con altre della Storia sacra si dimostra che anche Nacor fratello di Abramo uscì dal paese dei Caldei e stabilì la residenza in Mesopotamia, dove Abramo si era stabilito con suo padre.

Cerchiamo quindi il motivo per cui la Scrittura non lo ha ricordato quando Tara con i suoi familiari partì dal paese dei Caldei e si stabilì in Mesopotamia, tanto più che aveva condotto con sé non solo il figlio Abramo ma anche la nuora Sara e il nipote Lot.

Il vero motivo è, come pensiamo, che si era allontanato dalla religione del padre e del fratello e aveva aderito alla falsa credenza dei Caldei, ma poi anche egli emigrò dal paese perché era pentito o minacciato come persona sospetta.

Infatti nel libro intitolato Giuditta, quando Oloferne, nemico degli Israeliti, chiese che gente fosse e se si doveva combattere contro di loro, Achior, condottiero degli Ammoniti, rispose: Il nostro signore ascolti la parola di un suo dipendente e dirò la verità sul popolo che abita la montagna qui vicino e non uscirà una menzogna dalla bocca del tuo dipendente.

Sono i discendenti di una popolazione della Caldea e prima abitavano la Mesopotamia perché non vollero più adorare gli dèi dei loro padri.

Erano famosi nella terra dei Caldei, ma si allontanarono dalla tradizione dei loro antenati e adorarono il Dio del cielo che avevano riconosciuto come il vero Dio.

Allora i Caldei li espulsero dalla presenza dei loro dèi ed essi si rifugiarono in Mesopotamia e vi abitarono per molto tempo.

E il loro Dio comandò che abbandonassero la loro abitazione e andassero nella terra di Canaan e quivi si stabilirono ( Gdt 5,5-9 ) e di seguito le altre informazioni di Achior l'Ammonita.

È evidente che la famiglia di Tara aveva subìto dai Caldei una persecuzione a causa della vera religione con cui si adorava l'unico vero Dio.

14 - La vocazione e problemi cronologici su Abramo

Dopo la morte di Tara in Mesopotamia dove, come ci è notificato, visse duecentocinque anni, si comincia a segnalare le promesse fatte da Dio ad Abramo.

È scritto appunto: Gli anni di vita di Tara in Carran furono duecentocinque e egli morì a Carran. ( Gen 11,32 )

Il passo non si deve interpretare nel senso che egli trascorse in quel luogo tutti questi anni, ma che in quel luogo raggiunse tutti gli anni della sua vita che furono duecentocinque.

Altrimenti non si saprebbe quanti anni è vissuto Tara, perché non è indicato a che età della sua vita andò a Carran e sarebbe assurdo ritenere che in questa genealogia, in cui si segnalano con precisione gli anni di vita di ciascuno, soltanto il numero di anni di questo patriarca non sarebbe consegnato alla storia.

E il motivo per cui non è indicata l'età di alcuni, di cui la sacra Scrittura parla, è che essi non sono nella serie in cui l'elemento cronologico è derivato dalla scomparsa dei genitori e dalla successione dei figli.

La lista che si protende da Adamo a Noè e da lui ad Abramo non comprende nessuno senza l'indicazione del numero degli anni.

15.1 - Gli spostamenti di Abramo nella relazione di Stefano

Dopo la notificazione della morte di Tara, padre di Abramo, si legge: E disse il Signore ad Abram: lascia il tuo paese, la tua tribù e la famiglia di tuo padre ( Gen 12,1 ) e il resto.

Non si deve pensare che questo fatto, perché segue immediatamente nel contesto del libro, segua immediatamente anche nell'ordine degli avvenimenti.

Al caso sarebbe un problema insolubile.

Dopo queste parole rivolte da Dio ad Abramo, la Scrittura sacra continua: Abramo lasciò tutto secondo il comando del Signore e andò con lui Lot.

Abramo aveva settantacinque anni quando abbandonò Carran. ( Gen 12,4 )

È impossibile che questo sia vero se lasciò Carran dopo la morte del padre.

Precedentemente è stato notificato che Tara aveva settanta anni quando mise al mondo Abramo.

Sommati a questo numero i settantacinque anni che aveva Abramo quando lasciò Carran, diventano centoquarantacinque anni.

Dunque Tara aveva questa età quando Abramo lasciò la città della Mesopotamia.

Egli infatti aveva settantacinque anni di età, perciò il padre che l'aveva generato quando era al settantesimo anno di età, aveva, come è stato detto, centoquarantacinque anni.

Quindi Abramo non se ne andò dal paese dopo la morte del padre, cioè ai duecentocinque anni di vita di lui, ma risulta, senza possibilità d'errore, che l'anno della sua dipartita fu ai centoquarantacinque anni di vita del padre, dato che egli ne aveva settantacinque e il padre all'età di settanta anni l'aveva messo al mondo.

Si deve quindi ammettere che la Scrittura, secondo un suo criterio, è tornata indietro ad un tempo che l'esposizione dei fatti aveva oltrepassato.

Anche precedentemente, mentre menzionava i discendenti dei figli di Noè, aveva indicato che si erano stabiliti nei rispettivi dialetti e popolazioni, ( Gen 10,31-32 ) tuttavia dopo, come se seguisse nella successione del tempo, dice: L'umanità aveva un medesimo linguaggio e idioma. ( Gen 11,1 )

Non era assurdo dire che i discendenti erano costituiti nelle rispettive popolazioni e dialetti e che la lingua era comune soltanto perché l'esposizione si è volta indietro rinviando a un avvenimento passato.

Anche nel caso in esame fu premessa questa notizia: Gli anni di vita di Tara in Carran furono duecentocinque ed egli morì a Carran. ( Gen 11,32 )

Poi la Scrittura tornando a una notizia che aveva omesso appositamente perché si completasse quel che in precedenza si era cominciato a dire di Tara, soggiunse: Il Signore disse ad Abram: lascia il tuo paese e il resto.

E dopo questa parola del Signore si soggiunge: Abram lasciò tutto secondo il comando del Signore e andò con lui Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. ( Gen 12,1-4 )

Questo dunque avvenne quando il padre aveva centoquarantacinque anni d'età, perché egli allora ne aveva settantacinque.

L'obiezione ha avuto anche un'altra soluzione.

I settantacinque anni di Abramo quando lasciò Carran sarebbero calcolati dall'anno in cui fu fatto uscire da Ur dei Caldei, come se allora avesse cominciato a vivere, e non dall'anno in cui nacque.

15.2 - Cronologia della manifestazione di Dio ad Abramo

Santo Stefano, nel narrare questi avvenimenti, dice negli Atti degli Apostoli: Il Dio della gloria apparve al nostro patriarca Abramo, quando era in Mesopotamia prima che andasse ad abitare a Carran e gli disse: Lascia il tuo paese, la tua tribù e la famiglia di tuo padre e va' nel paese che io ti indicherò.

Stando a queste parole di Stefano Dio non parlò ad Abramo dopo la morte del padre che morì certamente a Carran, dove con lui dimorò anche il figlio, ma prima che andasse a quella città, però quando già era in Mesopotamia.

Dunque aveva già lasciato il territorio dei Caldei.

Il resto del discorso di Stefano e cioè: Allora Abramo abbandonò il paese dei Caldei e si stabilì a Carran non riguarda ciò che era avvenuto dopo che il Signore gli ebbe parlato.

Difatti non aveva abbandonato la Caldea dopo quelle parole del Signore, poiché Stefano afferma che si manifestò a lui quando era ancora in Mesopotamia.

Il termine allora è relativo a tutto quel tempo, ossia da quando abbandonò il paese dei Caldei e si stabilì a Carran.

Egualmente va inteso ciò che segue: Da quel paese, dopo la morte del padre, lo fece stabilire in questo territorio in cui ora abitate voi e i vostri antenati. ( At 7,2; Gen 12,1 )

Non ha detto: "Dopo la morte del padre abbandonò Carran", ma: "Lo fece stabilire qui dopo la morte del padre".

Si deve quindi intendere che Dio si manifestò ad Abramo, quando era ancora in Mesopotamia, prima che si stabilisse a Carran, ma che giunse a Carran con il padre, conservando in sé il comando di Dio e che di là emigrò quando egli aveva settantacinque anni e il padre centoquarantacinque.

In realtà Stefano attesta che dopo la morte avvenne la residenza fissa nel territorio di Canaan e non la partenza da Carran, perché il padre era già morto quando acquistò un terreno, di cui entrò in possesso come proprietà personale.

Con le parole che Dio gli rivolge quando era già stabilito in Mesopotamia, cioè emigrato dal paese dei Caldei: Lascia il tuo paese, la tua tribù, la famiglia di tuo padre non gli ordina di far emigrare il corpo, perché l'aveva già fatto, ma di distogliere il pensiero.

Difatti non ne era uscito col pensiero se era ancora tenuto dalla speranza e dal desiderio di tornarvi, speranza e desiderio che dovevano scomparire con l'aiuto di Dio e la sua docilità.

È attendibile l'ipotesi che quando Nacor raggiunse il padre nell'aldilà, allora Abramo adempì il comando del Signore di emigrare da Carran assieme alla sua moglie Sara e a Lot figlio del fratello.

16 - Tre imperi e tre continenti

Ormai si devono prendere in esame le promesse di Dio ad Abramo.

In esse cominciarono a rivelarsi le predizioni più manifeste del nostro Dio, cioè del vero Dio, sul popolo dei credenti preannunciato dalla veridicità di un profeta.

La prima è in questi termini: Il Signore disse ad Abramo: Lascia il tuo paese, la tua tribù e la famiglia di tuo padre ed emigra nel paese che io ti indicherò e ti farò diventare un grande popolo, ti benedirò e renderò famoso il tuo nome e sarai benedetto e benedirò coloro che ti benediranno e maledirò coloro che ti malediranno e in te saranno benedetti tutti i popoli della terra. ( Gen 12,1-3 )

È da rilevare che due cose furono promesse ad Abramo.

La prima è che la sua discendenza avrebbe posseduto il territorio di Canaan ed è indicata con le parole: Emigra nel paese che io ti indicherò e ti farò diventare un grande popolo.

L'altra riguarda un evento più importante perché non è relativa alla discendenza fisiologica ma spirituale, in virtù della quale è padre non solo del popolo israelitico ma di tutti i popoli che seguono il modello della sua fede.

Questa promessa ha avuto inizio con le parole: E in te saranno benedetti tutti i popoli della terra.

Eusebio ritiene che questa promessa fu fatta al settantacinquesimo anno di vita di Abramo,6 come se fosse avvenuta appena egli abbandonò Carran, poiché non si può considerare erroneo questo passo della Scrittura: Abramo aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. ( Gen 12,4 )

Ma se la promessa avvenne in quell'anno, già Abramo dimorava in Carran col padre.

Non poteva lasciarla se prima non vi si fosse stabilito.

Così non si ritiene che abbia errato Stefano il quale afferma: Il Dio della gloria apparve ad Abramo nostro padre quando dimorava nella Mesopotamia prima che si stabilisse a Carran. ( At 7,2 )

Si deve intendere appunto che nel medesimo anno si siano verificati tutti questi eventi, la promessa di Dio prima che Abramo si stabilisse a Carran, la sua residenza in essa e la dipartita, non solo perché Eusebio nella Cronaca inizia la cronologia dall'anno di questa promessa e dimostra che la fuga dall'Egitto avvenne dopo quattrocentotrenta anni, quando fu consegnata la legge, ma anche perché così opina l'apostolo Paolo.

17 - Abramo verso il paese di Canaan

Contemporaneamente v'erano famosi regni pagani, nei quali la città dei nati dalla terra, cioè la società degli uomini che vivevano secondo l'uomo, sotto il dominio degli angeli ribelli, si segnalava per splendore.

Erano tre i regni, di Sicione, d'Egitto e d'Assiria.

Quello d'Assiria era molto più potente e splendido.

Infatti il celebre Nino, figlio di Belo, aveva assoggettato i popoli di tutta l'Asia, eccettuata l'India.

Per Asia ora non intendo quella parte che è una provincia dell'Asia maggiore ma quella che corrisponde all'Asia intera, che alcuni hanno considerato l'altra parte di tutto l'orbe, parecchi invece come la terza parte così che sarebbero tre parti le quali sono Asia, Europa, Africa.

Evidentemente non hanno usato il medesimo criterio nel dividere.

La parte appunto che corrisponde all'Asia va dal Mezzogiorno attraverso l'Oriente fino al Settentrione, l'Europa dal Settentrione fino all'Occidente e l'Africa dall'Occidente fino al Mezzogiorno.

Sembra quindi che due, Europa e Africa, comprendano metà del pianeta e l'Asia da sola l'altra metà.

Ma le due sono state considerate parti perché tra l'una e l'altra dall'Oceano defluiscono tutte le acque che circondano la terra e che per noi formano il Mediterraneo.

Quindi se consideri l'orbe diviso in due parti, dell'Oriente e dell'Occidente, l'Asia è nella prima, l'Europa e l'Africa nell'altra.

Quindi dei tre imperi che allora primeggiavano quello di Sicione non dipendeva dall'Assiria perché Sicione era in Europa.

C'è quindi da chiedersi perché non era loro tributario l'impero d'Egitto se dagli Assiri era dominata tutta l'Asia, fatta eccezione, come si afferma, soltanto per gli Indiani.

In Assiria dunque aveva prevalso la supremazia della città senza Dio.

Prototipo ne fu la celebre Babilonia, denominazione molto appropriata della città terrena perché significa confusione.

Vi regnava Nino dopo la morte di suo padre Belo che per primo vi aveva regnato durante sessantacinque anni.

Il figlio Nino, successo nell'impero alla morte del padre, regnò cinquantadue anni e regnava da quarantatré quando nacque Abramo circa mille e duecento anni prima della fondazione di Roma, quasi altra Babilonia in Occidente.

18 - Abramo in Egitto

Dunque Abramo lasciò Carran quando aveva settantacinque anni e il padre centoquarantacinque con Lot, figlio del fratello e con la moglie Sara e si diresse verso il paese di Canaan e giunse a Sichem, in cui di nuovo ricevette una comunicazione divina, sulla quale si ha nella Scrittura: Il Signore si manifestò ad Abramo e gli disse: Darò alla tua discendenza questo territorio.( Gen 12,6-7 )

Con queste parole non è stata indicata la discendenza con cui egli è diventato padre di tutti i popoli, ma soltanto di quella per cui è padre del solo popolo d'Israele.

Da questa discendenza infatti fu occupato quel territorio.

19 - Abramo si separa da Lot

In seguito dopo aver costruito in quel luogo un altare e aver invocato Dio, Abramo partì di là e fece sosta nel deserto e poi fu costretto dalla carestia a recarsi in Egitto.

Qui disse che la moglie era sua sorella senza mentire perché lo era come consanguinea.

Anche Lot per il medesimo vincolo di parentela fu presentato come fratello, sebbene fosse figlio del fratello.

Passò sotto silenzio la moglie ma non negò che lo fosse, affidando a Dio la difesa della fedeltà di lei ed evitando come uomo gli agguati dell'uomo perché, se non evitava il pericolo nei limiti del possibile, avrebbe piuttosto tentato Dio che sperato in lui. ( Gen 12,10-20 )

In proposito ho parlato abbastanza contro il cavilloso Fausto il manicheo.7

In seguito avvenne ciò che Abramo si attendeva dal Signore.

Il Faraone re d'Egitto, che s'era preso Sara in moglie, affetto da grave malattia, la rese al marito.

E non dobbiamo credere che fosse violata da contatto adultero perché è assai più credibile che non fu consentito al Faraone di farlo dallo stato di prosternazione.

20 - Nuova promessa ad Abramo

Ritornato quindi Abramo dall'Egitto nel luogo da cui era partito, Lot figlio del fratello, pur salvaguardando l'affetto, si separò da lui per recarsi nel paese di Sodoma.

Erano diventati ricchi e avevano cominciato ad avere molti guardiani del bestiame.

Poiché questi si contrastavano, con quel provvedimento evitarono una violenta discordia delle proprie famiglie.

Ne poteva derivare, come in tutte le cose umane, una lite anche fra loro due.

Abramo, che voleva evitare un simile male, rivolse a Lot queste parole: Non vi sia alterco fra me e te, fra i miei e i tuoi pastori, perché siamo fratelli.

Tutto il nostro possedimento non è davanti a te?

Allontanati da me, se tu vai dalla parte sinistra, io andrò alla destra o se tu alla destra, io andrò alla sinistra. ( Gen 13,8-9 )

Forse da questo fatto è derivata agli uomini l'usanza del compromesso, cioè che quando si deve distribuire una parte dei terreni, il più grande divida, il più giovane scelga.8

21 - Abramo e Melchisedec

Dopo che Abramo e Lot si erano separati e per l'obbligo di sorreggere la famiglia e non per la stortura della discordia vivevano ciascuno per conto suo, Abramo nel paese di Canaan e Lot a Sodoma, in una terza manifestazione il Signore disse ad Abramo: Volgendo attorno i tuoi occhi guarda dal luogo dove sei ora a Nord e a Sud, a Est e verso il mare Mediterraneo perché darò a te e alla tua discendenza per sempre il territorio che tu vedi e renderò la tua discendenza numerosa come la sabbia della terra.

Se si può fissare il numero della sabbia della terra, lo si farà anche della tua discendenza.

Suvvia percorri per lungo e per largo il territorio perché te lo darò. ( Gen 13,14-17 )

Non appare con evidenza che in questa premessa sia inclusa anche quella con la quale divenne padre di tutti i popoli. Può sembrare che la riguardi la frase: renderò la tua discendenza numerosa come la sabbia della terra.

Ma la frase è di quel modo di esprimersi che i Greci chiamano iperbole9 che è linguaggio figurato, non proprio.

Però chi conosce la Scrittura non può metter in dubbio che abitualmente usa questa figura come le altre.

Si ha questa figura, cioè questo modo di esprimersi, quando l'espressione va molto al di là del significato.

Ognuno comprende quanto al di là di ogni paragone sia più grande il numero dei granelli di sabbia che quello di tutti gli uomini da Adamo sino alla fine del mondo.

A più forte ragione è maggiore dei discendenti di Abramo, non solo per quanto attiene al popolo d'Israele ma anche a quelli che faranno parte della discendenza sul fondamento dell'imitazione della fede in tutto il mondo e presso tutti i popoli.

Questa discendenza in confronto con la moltitudine dei miscredenti, si trova in pochi i quali, anche se pochi, costituiscono una propria incalcolabile moltitudine che è stata indicata per iperbole mediante i granelli di sabbia.

Questa moltitudine non è incalcolabile a Dio ma agli uomini, a Dio neanche la sabbia della terra.

Quindi poiché con maggiore proprietà si paragona all'enorme quantità di sabbia non solo il popolo d'Israele ma tutta la discendenza di Abramo nei passi in cui v'è la promessa di molti figli non secondo la carne ma secondo lo spirito, in questo passo è possibile avvertire la promessa dell'una e dell'altra paternità.

Per questo abbiamo detto che la promessa non è espressa con evidenza perché anche la moltitudine del solo popolo, che proviene secondo la carne da Abramo tramite il suo nipote Giacobbe, crebbe al punto che si è diffusa in tutte le parti del mondo.

Quindi è stato possibile paragonarla in base a un'iperbole, all'enorme quantità di sabbia, anche perché soltanto essa è incalcolabile per l'uomo.

Nessuno mette in dubbio che come territorio è stato indicato soltanto quello che si denomina Canaan.

Ma le parole: Lo darò a te e alla tua discendenza per sempre possono sorprendere alcuni se la parola per sempre s'interpreta in eterno.

Ma costoro non rimarranno sorpresi se in questo passo intendono il sempre come noi lo intendiamo per fede, che cioè l'inizio del sempre futuro si ha quando termina il sempre presente.

Difatti sebbene gli Israeliti siano stati espulsi da Gerusalemme rimangono tuttavia nelle altre località del paese di Canaan e vi rimarranno sino alla fine e tutto il paese, poiché è abitato da cristiani, è anche esso discendenza di Abramo.

22 - I discendenti numerosi come le stelle

Dopo aver ricevuto questa promessa Abramo emigrò e si stabilì in un'altra località del paese, presso il querceto di Mambre che era a Ebron. ( Gen 13,18 )

Poi essendo stati sconfitti i Sodomiti in una guerra condotta da cinque re contro quattro, anche Lot fu fatto prigioniero dai nemici che avevano invaso Sodoma.

Lo liberò Abramo con i trecentodiciotto servitori che aveva condotto con sé in battaglia e restituì la vittoria ai re di Sodoma e non volle avere nulla del bottino sebbene il re, per cui aveva vinto, glielo offrisse.

In quell'occasione appunto fu benedetto da Melchisedec che era sacerdote di Dio l'Altissimo. ( Gen 14,18-24 )

Di lui sono state scritte molte e importanti considerazioni nella Lettera intestata agli Ebrei che molti attribuiscono a Paolo, alcuni dissentono. ( Eb 7,1-10 )

In quella circostanza inoltre per la prima volta si manifestò il sacrificio che ora dai cristiani in tutto il mondo si offre a Dio e si adempie quel che molto tempo dopo questo avvenimento profeticamente si dice al Cristo che non si era ancora incarnato: Tu sei sacerdote in eterno nella successione a Melchisedec ( Sal 110,4 ) e non nella successione ad Aronne, perché era una successione che doveva essere abolita al luminoso apparire di quei fatti che erano preannunciati da quelle ombre.

23 - La grande promessa ad Abramo

Anche allora fu rivolta in visione la parola del Signore ad Abramo.

Il Signore gli promise la sua protezione e una ricompensa molto grande e Abramo, preoccupato della discendenza, disse che sarebbe stato suo erede un certo Eliezer suo servitore e immediatamente gli furono assicurati un erede, che non era il servitore, ma uno che doveva provenire da Abramo stesso e di nuovo una discendenza innumerevole, non come i granelli di sabbia ma come le stelle del cielo. ( Gen 15,1-5 )

A me sembra che con quelle parole fu assicurata una discendenza eccelsa per la felicità celeste.

Per quanto attiene al numero straordinario non c'è confronto fra le stelle del cielo e i granelli di sabbia, a meno che non si sostenga una certa somiglianza del paragone in quanto è impossibile contare anche le stelle perché si deve riconoscere che non si riesce a vederle tutte.

Infatti quanto più intensamente un individuo fissa, tante più ne scorge.

Quindi giustamente si ritiene che ve ne sono alcune nascoste anche a coloro che hanno la vista penetrante a parte quelle che, come si sostiene, si levano e tramontano all'altra parte dell'orbe così lontana da noi.

Infine l'autorità di questo libro della Scrittura confuta coloro che si vantano di avere afferrato ed esposto l'intero numero delle stelle, come Arato ed Eudosso e altri se ve sono.

Qui cade a proposito il pensiero che l'Apostolo ricorda per inculcare la grazia di Dio: Abramo credette a Dio e gli fu accreditato a giustizia ( Gen 15,6; 1 Mac 2,52; Rm 4,3; Gal 3,6; Gc 2,23 ) affinché la circoncisione non s'imbaldanzisse e pretendesse che i popoli incirconcisi non fossero accolti nella fede del Cristo.

Quando avvenne che la fede fu riconosciuta come giustizia ad Abramo che credeva, egli ancora non era circonciso.

24.1 - Simboli e allegorie nel fatto

Mentre egli parlava nella medesima visione Dio gli disse anche: Io sono il Dio che ti ha fatto emigrare dalla regione dei Caldei per darti questo territorio perché tu ne sia l'erede.

Avendolo interrogato Abramo su quale base avrebbe saputo di esserne l'erede, gli disse Dio: Procurami una giovenca, una capra e un ariete, tutti e tre di tre anni, una tortora e un colombo.

Gli procurò tutti questi animali, li divise nel mezzo e pose le metà l'una di fronte all'altra ma non divise gli uccelli.

E piombarono, come è scritto, uccelli rapaci sui corpi che erano divisi ma Abram resisté loro.

Verso il tramonto del sole uno spavento religioso invase Abram e una oscura grande angoscia lo incolse e il Signore gli disse: Saprai che la tua discendenza sarà in esilio in terra straniera, li ridurranno in schiavitù e li opprimeranno per quattrocento anni, io ti indicherò il popolo di cui saranno schiavi.

Ma dopo questi fatti ne usciranno con una grande ricchezza.

Tu te ne andrai in pace con i tuoi antenati in una serena vecchiaia.

Alla quarta generazione torneranno qua.

Finora non sono al completo i peccati degli Amorrei.

Quando il sole fu tramontato, vi fu una fiammata e un bracere fumante e torce passarono fra le parti degli animali uccisi.

In quel giorno il Signore stabilì un'alleanza con Abram dicendo: Alla tua discendenza darò il territorio dal fiume confinante con l'Egitto fino al grande fiume Eufrate, abitato da Cheniti, Chenizziti, Cadmoniti, Ittiti, Perizziti, Rafaim, Amorrei, Cananei, Evei, Gergesei, Gebusei. ( Gen 15,7-21 )

24.2 - Precisazioni cronologiche

Tutti questi avvenimenti, fatti e parole, si ebbero in visione per azione divina.

È lungo trattarne singolarmente e va al di là dell'intento dell'opera.

Dobbiamo quindi conoscere quanto basta.

Dopo la notizia che Abramo credette in Dio e gli fu riconosciuto come giustizia, si precisa che non mancò di fede, ma disse: Signore mio padrone con quale segno saprò che ne sarò erede? ( Gen 15,8 ) perché gli era stata assicurata l'eredità di quel territorio.

Non disse "come faccio a saperlo?", come se ancora non credesse, ma disse: Con quale segno saprò? affinché fosse adoperato un confronto con l'oggetto della sua fede per conoscerne il significato.

Così non è diffidenza della Vergine Maria l'aver chiesto: Come è possibile perché io sono vergine?

Era certa che sarebbe avvenuto, chiedeva il modo con cui sarebbe avvenuto e le fu detto perché questo aveva chiesto. ( Lc 1,34-35 )

Anche nel caso in esame il confronto fu dato con animali, la vitella, la capra, l'ariete, la tortora e il colombo affinché sapesse che sarebbe avvenuto secondo tali indicazioni ciò che non dubitava sarebbe avvenuto.

Con la vitella poteva essere simboleggiata la popolazione posta sotto il giogo della legge, con la capra la medesima popolazione che avrebbe trasgredito la legge, con l'ariete la medesima popolazione che avrebbe avuto un re.

E si precisa che questi animali siano di tre anni perché vi sono i tre significativi periodi di tempo, da Adamo a Noè, da lui ad Abramo e da lui a Davide, il primo re consolidato nel regno del popolo d'Israele per volontà del Signore dopo che Saul fu destituito.

E proprio nel terzo periodo, che va da Abramo a Davide, questo popolo divenne adulto perché entrava nella terza età.

Questi animali potrebbero simboleggiare più convenientemente qualche altra cosa, però non metterei affatto in dubbio che nell'aggiunta della tortora e del colombo si ha un'allegoria profetica degli spirituali.

Per questo si ha nel passo: Non divise gli uccelli, poiché i carnali si dividono fra di sé ma in nessun modo gli spirituali, sia che si allontanino dagli umani rapporti d'affari, come la tortora, sia che passino il tempo in mezzo ad essi, come il colombo.

Tutti e due gli uccelli però sono schietti e inoffensivi e simboleggiano nello stesso popolo d'Israele, al quale si doveva concedere quel territorio, coloro che sarebbero stati gli indivisibili figli della promessa e gli eredi del regno che dovrà persistere nella felicità eterna.

Gli uccelli che piombano sui corpi divisi non significano qualcosa di bene ma gli spiriti di questa atmosfera che si procurano il mangiare dalla divisione dei carnali.

Il fatto che Abramo li scacciò simboleggia che anche fra le divisioni dei carnali i veri credenti persevereranno fino alla fine.

E il fatto che al tramonto del sole lo spavento religioso e la grande angoscia invasero Abramo simboleggia che verso la fine del mondo avverrà un grande tormentoso sconvolgimento dei credenti, di cui il Signore dice nel Vangelo: Vi sarà allora un grande tormento quale non si ebbe dall'inizio. ( Mt 24,21; Dn 12,1; Ap 7,14 )

24.3 - L'angoscia di Abramo e la fine del mondo

Vi sono poi le parole ad Abramo: Saprai che la tua discendenza sarà in esilio in terra straniera e li ridurranno in schiavitù e li opprimeranno per quattrocento anni. ( Gen 15,13 )

È una manifesta predizione sul popolo d'Israele che doveva essere schiavo in Egitto, non nel senso che il popolo doveva passare quattrocento anni nella schiavitù sotto gli Egiziani che l'opprimevano ma nel senso che il fatto sarebbe avvenuto entro i quattrocento anni.

C'è un confronto con quel che era stato scritto di Tara padre di Abramo: E gli anni di Tara in Carran furono duecentocinque, ( Gen 11,32 ) non nel senso che trascorsero tutti in quel paese ma che vi furono compiuti.

Allo stesso modo anche qui sono state inserite le parole: Li ridurranno in schiavitù e li opprimeranno per quattrocento anni, perché questo periodo ebbe termine con questa afflizione e non perché vi fu trascorso tutto.

Sono indicati quattrocento anni a causa della completezza del numero, sebbene siano un po' di più, tanto se vengono calcolati dal tempo, in cui erano rivolte queste promesse ad Abramo o da quando nacque Isacco in relazione alla discendenza di Abramo perché queste predizioni la riguardano.

Sono calcolati quattrocentotrenta anni, come ho detto poco fa, dall'anno in cui Abramo ne compiva settantacinque, quando gli fu svelata la prima promessa, fino alla uscita di Israele dall'Egitto.

Li ricorda anche l'Apostolo che dice: La legge promulgata quattrocentotrenta anni dopo non annulla, sopprimendo la promessa, l'alleanza ratificata da Dio. ( Gal 3,17 )

Era possibile quindi di questi quattrocentotrenta anni considerarne quattrocento perché non sono molti di più, anche perché alcuni ne erano passati quando quegli eventi furono fatti vedere e descritti ad Abramo in visione o quando venticinque anni dopo la promessa nacque Isacco dal padre che ne aveva cento.

Dei quattrocentotrenta ne rimarrebbero quattrocentocinque e Dio volle prenderne in considerazione soltanto quattrocento.

E nessuno può dubitare che gli altri eventi, che seguono alle parole di Dio che li predice, riguardano il popolo d'Israele.

24.4 - Apologia di Abramo con Agar

Quel che segue: Quando il sole fu tramontato vi fu una fiammata e un braciere fumante e torce accese passarono fra le parti degli animali divisi ( Gen 15,17 ) simboleggia che alla fine del mondo i carnali saranno giudicati mediante il fuoco.

L'oppressione della città di Dio con proporzioni quali prima non si ebbero, la quale si attende che avvenga sotto l'anticristo, è simboleggiata dall'oscura angoscia di Abramo verso il tramonto del sole, cioè quando sarà vicina la fine del mondo.

Allo stesso modo al tramonto del sole, cioè alla fine del mondo, è simboleggiato dal fuoco il giorno del giudizio che distinguerà fra gli uomini carnali quelli che si salveranno col fuoco e quelli che saranno dannati nel fuoco.

Poi l'alleanza stipulata con Abramo indica propriamente la terra di Canaan e menziona in essa undici popoli dal fiume d'Egitto al grande fiume Eufrate.

Quindi non dal grande fiume d'Egitto, cioè dal Nilo, ma dal piccolo che divide Egitto e Palestina, dove si trova la città di Rinocorura.

25 - Alleanza e circoncisione

A questi fatti segue il periodo dei figli di Abramo, uno dalla schiava Agar, l'altro dalla libera Sarra, dei quali abbiamo parlato nel libro precedente.10

Per quanto attiene al fatto in nessun senso si deve rivolgere ad Abramo l'accusa di relazione con questa concubina.

La ebbe per avere un figlio non per soddisfare la lussuria, senza offendere ma piuttosto per obbedire alla moglie. Lei si illudeva che fosse un conforto alla sua sterilità se con un atto di volontà, poiché per natura non poteva, rendeva suo il grembo reso fecondo della schiava. ( Gen 16,1-3 )

In fondo la donna usava del diritto di cui l'Apostolo dice: Egualmente anche l'uomo non ha autorità sul suo corpo ma la donna. ( 1 Cor 7,4 )

Così partoriva per mezzo di un'altra perché da se stessa non lo poteva.

Non v'è nel fatto alcun desiderio di dissolutezza o il disonore dell'inganno.

Dalla moglie per avere un figlio si consegna al marito la schiava, dal marito per avere un figlio la si accoglie, da entrambi si persegue non la dissipazione della colpa ma il dono della natura.

Poi la schiava incinta trattò con orgoglio la padrona sterile e Sarra con femminile diffidenza attribuì il fatto al marito.

Anche in questo caso Abramo dimostrò che non era stato un amante schiavo ma un genitore libero, che in Agar aveva conservato la fedeltà alla moglie, che non aveva soddisfatto il proprio piacere ma la volontà di lei, che aveva ricevuto senza chiedere, che si era unito senza vincolarsi, che aveva generato senza amare.

Egli le disse: La tua schiava è a tua disposizione, trattala come ti pare. ( Gen 16,6 )

O uomo che trattò le donne con dignità virile, la moglie con rispetto, la schiava con deferenza, nessuna delle due senza ritegno.

26.1 - Fatti e loro simbologia nel tempo

Dopo questi fatti da Agar nacque Ismaele e Abramo dovette pensare che con lui fosse adempiuta la promessa perché, quando voleva adottare un suo servitore, Dio gli aveva detto: Non sarà tuo erede costui ma uno che proverrà da te sarà tuo erede. ( Gen 15,4 )

Ma affinché non pensasse che la promessa si adempisse col figlio della schiava, quando aveva novantanove anni gli apparve il Signore e gli disse: Io sono Dio, ubbidisci al mio cenno e sii senza difetto e stabilirò un'alleanza fra me e te e ti renderò un grande popolo.

Abramo si prostrò con la faccia a terra e Dio gli rivolse queste parole: Eccomi ed ecco la mia alleanza con te e sarai capostipite di molti popoli.

Il tuo nome non sarà più Abram ma Abramo, perché ti ho costituito capostipite di molti popoli, ti renderò assai grande e ti rinnoverò in vari popoli e nella tua discendenza ci saranno re.

Stabilirò la mia alleanza fra me e te e con la tua discendenza di generazione in generazione con un'alleanza eterna per essere il Dio tuo e della tua discendenza.

E darò a te e alla tua discendenza il territorio, in cui ora abiti come straniero, tutto il paese di Canaan in possesso perenne e sarò il loro Dio.

E disse Dio ad Abramo: Tu rispetterai la mia alleanza, tu e la tua discendenza nelle varie generazioni.

E questa è l'alleanza fra me e voi e la tua discendenza nelle varie generazioni che dovrai rispettare: Sarà circonciso ogni vostro maschio e circonciderete il vostro membro e sarà come simbolo dell'alleanza fra me e voi.

Ogni vostro maschio di otto giorni sarà circonciso nelle varie generazioni.

Anche lo schiavo nato nella tua casa o comprato dallo straniero, che non sono della tua discendenza, saranno circoncisi, tanto se nato in casa che acquistato.

Così la mia alleanza sarà nel vostro corpo come un'alleanza perenne.

E il maschio non circonciso, che non riceverà cioè il segno della circoncisione nel corpo all'ottavo giorno, non apparterrà più alla sua razza perché ha rotto la mia alleanza.

Sara tua moglie non sarà più chiamata Sara ma Sarra.

La benedirò e da lei ti farò avere un figlio e lo benedirò e darà origine a nazioni e re di popoli proverranno da lui.

Abramo si prostrò con la faccia a terra, rise e pensò fra sé: È possibile che nasca un figlio a me che ho cento anni e che Sarra a novanta partorisca?

E Abramo disse a Dio: Viva qui Ismaele alla tua presenza.

Rispose Dio ad Abramo: È così, Sarra tua moglie ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco.

Stabilirò l'alleanza con lui in alleanza perenne di essere il suo Dio e della sua discendenza.

Anche riguardo ad Ismaele ti ho dato ascolto, l'ho benedetto, avrà molti figli e discendenti.

Darà origine a dodici tribù e lo renderò una grande nazione.

Stabilirò la mia alleanza con Isacco che Sarra ti partorirà l'anno prossimo in questa stagione. ( Gen 17,1-21 )

26.2 - Significato redentivo della circoncisione

Nel brano sono più evidenti le promesse sulla vocazione dei pagani in Isacco, cioè nel figlio della promessa col quale è simboleggiata la grazia non la natura, perché si promette la nascita di un figlio da un uomo vecchio e da una vecchia donna sterile.

Sebbene infatti sia Dio a garantire il naturale procedimento della procreazione, in un caso tuttavia, in cui è evidente l'intervento di Dio a causa di un difetto o inefficienza della natura, con maggiore evidenza si intravede la grazia.

E poiché doveva venire non attraverso la generazione ma la rigenerazione, la circoncisione è stata prescritta quando è stata promessa la nascita di un figlio da Sarra.

E la prescrizione che siano circoncisi tutti, non solo i figli ma anche gli schiavi nati nella casa o comprati, dimostra che la grazia appartiene a tutti.

Difatti la circoncisione simboleggia la natura che si rinnova spogliandosi del vecchio.

E il giorno ottavo simboleggia Cristo che è risorto al termine della settimana, cioè al sabato.

Sono cambiati perfino i nomi dei genitori, ogni cosa riecheggia il rinnovamento e nell'Antica Alleanza si cela la Nuova.

Difatti il vero significato di Antica Alleanza è tener segreta la Nuova e il significato di Nuova Alleanza è manifestare l'Antica.

Il riso di Abramo è la gioia di chi si rallegra con se stesso, non lo scherno di chi diffida.

Le parole che rivolge a se stesso: Se a me che ho cento anni nascerà un figlio e se Sarra a novanta anni partorirà non sono riflessioni di chi dubita ma di chi rimane sorpreso.

Il passo: E darò a te e alla tua discendenza il territorio in cui sei straniero, tutta la terra di Canaan in possesso perenne, ( Gen 17,17 ) potrebbe rendere perplesso qualcuno se la promessa si deve intendere come adempiuta o se si deve attendere il suo adempimento, perché qualsiasi possedimento terreno non può esser eterno per nessun popolo.

Sappia costui che dai nostri letterati si traduce eterno un qualcosa che i Greci chiamano αίώνιον, termine derivato da secolo, perché in greco il secolo è chiamato αίών.

Ma i Latini non hanno osato parlare di secolare per non lasciare andare il significato a un oggetto completamente diverso.

Molte cose si dicono secolari perché si avverano nel tempo che trascorre e passano sia pure in breve tempo.

Invece ciò che s'intende come αίώνιον o non ha fine o si prolunga sino alla fine del trascorrere del tempo.

27 - Promessa e cambiamento di nomi

Similmente può generare perplessità l'interpretazione del passo: Il maschio che non riceverà la circoncisione del membro all'ottavo giorno, quella persona non apparterrà più alla sua razza perché ha violato la mia alleanza. ( Gen 17,14 )

Non v'è colpa del bimbo, la cui vita dovrebbe andare in rovina, e non è stato lui a violare l'alleanza di Dio ma i genitori che non si sono preoccupati di circonciderlo.

Però tutti i bimbi non in base a una caratteristica della propria esistenza, ma sulla base della comune origine dell'uman genere, hanno violato nel primo uomo l'alleanza di Dio, perché in lui tutti hanno peccato. ( Rm 5,12 )

Molte alleanze sono considerate di Dio, a parte le due grandi Alleanze, l'Antica e la Nuova che è consentito a tutti di conoscere leggendo la sacra Scrittura.

La prima alleanza stipulata col primo uomo è certamente questa: Il giorno in cui ne mangerete, morirete. ( Gen 2,17 )

È scritto anche nel Libro detto dell'Ecclesiastico: Ogni uomo invecchia come un vestito.

È un'alleanza dall'inizio dei tempi: Tu morirai. ( Sir 14,18 )

Ma la legge più esplicita è stata promulgata in seguito e l'Apostolo dice: Dove non si ha la legge neanche la trasgressione si ha. ( Rm 4,15 )

Quindi la sentenza del Salmo: Ho considerato trasgressori tutti i peccatori del mondo ( Sal 119,119 ) è vera perché tutti coloro che sono vincolati a qualche peccato sono colpevoli della trasgressione di qualche legge.

Perciò se anche i bimbi, come professa la vera fede, nascono peccatori non per colpa personale ma originale e per questo professiamo che è loro necessaria la grazia del perdono dei peccati, si riconosce evidentemente che come sono peccatori sono anche trasgressori di quella legge che fu promulgata nel paradiso terrestre.

Così sono vere tutte e due le sentenze della Scrittura: Ho considerato trasgressori tutti i peccatori del mondo e l'altra: Dove non si ha la legge neanche la trasgressione si ha.

Poiché dunque la circoncisione fu simbolo della rigenerazione e non a torto a causa del peccato originale, con cui fu violata la prima alleanza con Dio, la generazione porrà allo sbaraglio il bimbo se la rigenerazione non lo riscatta.

Le parole di Dio dunque si devono intendere in questo senso: La vita di chi non sarà rigenerato non apparterrà più alla sua razza, perché ha violato l'alleanza di Dio quando anche egli ha peccato con tutti in Adamo. La frase: Perché ha violato questa mia alleanza costringerebbe a intendere che si tratta soltanto della circoncisione. In verità poiché non ha esplicitato qual genere di alleanza il bimbo ha violato, è attendibile che s'intenda un'alleanza che può essere violata anche da un bimbo.

Qualcuno può insistere che si parli soltanto della circoncisione perché soltanto in riferimento ad essa il bimbo ha violato l'alleanza di Dio per il fatto che non è stato circonciso.

Cerchi costui un altro modo d'esprimersi col quale si possa sensatamente significare che il bimbo ha violato l'alleanza perché, sebbene non da lui tuttavia in lui, è stata violata.

Però anche in questo senso si deve riconoscere che l'anima del bimbo incirconciso non si perde ingiustamente per una personale trasgressione, che non esiste, ma soltanto per la soggezione al peccato originale.

28 - L'esperienza del divino in Abramo e Lot

Dunque fu rivolta ad Abramo una promessa tanto grande e tanto luminosa, perché gli fu comunicato molto esplicitamente: Ti ho costituito capostipite di molti popoli, ti renderò grande e ti rinnoverò in vari popoli e nella tua discendenza vi saranno re.

Ti farò avere un figlio da Sara, lo benedirò, darà origine a nazioni e re di popoli proverranno da lui. ( Gen 17,5-6.16 )

Notiamo ora che questa promessa si è avverata in Cristo.

Da quel momento quei coniugi non sono chiamati come prima, Abram e Sara, ma come li abbiamo chiamati noi fin dall'inizio poiché così sono chiamati da tutti e cioè Abramo e Sarra.

Si giustifica perché è stato cambiato il nome di Abramo: perché dice il Signore, ti ho costituito capostipite di molti popoli.

Si deve quindi intendere che Abramo ha questo significato.

Abram, come era chiamato prima, si traduce "Padre nobile".

Non è stata data giustificazione del cambiamento del nome di Sara, ma come affermano quelli che hanno trattato la traduzione dei nomi ebraici contenuti in questa parte della Scrittura, Sara si traduce "Mia principessa" e Sarra "Vigore".

Perciò nella Lettera agli Ebrei si ha: Anche Sarra per fede ricevette vigore per il concepimento. ( Eb 11,11 )

Erano tutti e due assai vecchi, come afferma la Scrittura, ma lei anche sterile e ormai priva del flusso mestruale, perciò non avrebbe potuto partorire anche se non fosse stata sterile.

D'altronde, se la donna sia d'età avanzata ma che abbia normali flussi muliebri, da un giovane può concepire ma non da un anziano, sebbene l'anziano può generare da una giovinetta, come dopo la morte di Sarra fu possibile ad Abramo con Cettura perché incontrò la sua età piena di vigore. ( Gen 25,1 )

Questo dunque è il fatto che l'Apostolo fa notare come sorprendente e per questo afferma che il corpo di Abramo era come inaridito perché a quell'età non poteva generare da ogni donna, alla quale fosse rimasto l'ultimo periodo di tempo per partorire. ( Rm 4,19 )

Dobbiamo intendere che il corpo era inaridito a qualche atto, non a tutti.

Se fosse stato a tutti, non si ha l'anzianità di un uomo vivo ma il cadavere di un morto.

Ma dato che in seguito Abramo generò da Cettura, questo problema di solito si risolve con la costatazione che la facoltà di generare, avuta dal Signore, rimase anche dopo la morte di Sarra.

Ma a me sembra che del problema è preferibile la soluzione che abbiamo seguito, appunto perché un anziano di cento anni, ma del nostro tempo, non può generare da alcuna donna, non allora, quando vivevano ancora tanto a lungo che cento anni non rendevano l'uomo d'età decrepita.

29 - Fine di Sodoma

Dio si manifestò anche in tre individui ad Abramo presso il querceto di Mambre. ( Gen 18,1-2 )

Non si può dubitare che erano angeli, sebbene alcuni ritengono che uno di loro era Cristo Signore perché affermano che fu visibile anche prima dell'assunzione della carne.

È proprio del potere divino e dell'invisibile incorporea e non diveniente natura manifestarsi, senza porsi nel divenire, agli sguardi mortali non nella sua essenza ma mediante un esser che gli è sottomesso perché tutto a lui è sottomesso.

Questi interpreti insistono che uno dei tre era il Cristo appunto perché, pur avendone visti tre, egli si rivolge individualmente al Signore.

È scritto infatti: Tre uomini erano in piedi davanti e appena li vide corse loro incontro dall'ingresso della tenda, si gettò a terra e disse: Signore, se ho ottenuto il tuo favore ( Gen 18,2-3 ) e il resto.

Ma perché costoro non tengono presente anche che due di loro erano venuti perché i Sodomiti fossero sterminati mentre ancora Abramo parlava soltanto con uno, chiamandolo Signore, e supplicando che non facesse morire a Sodoma il giusto con l'empio?

Allo stesso modo Lot trattò quei due al punto che nel suo colloquio con loro si rivolge individualmente al Signore.

Prima infatti dice a più d'uno: Signori, sostate nella casa del vostro servitore ( Gen 19,2 ) e le altre parole che seguono.

Ma poi si legge così: Gli angeli afferrarono le sue mani, quelle della moglie e delle due figlie perché il Signore voleva risparmiarlo.

E appena lo condussero fuori gli dissero: Salva la tua vita, non guardare indietro, non fermarti nella pianura, rifugiati sulla montagna per non essere travolto.

Lot disse loro: Ti prego, Signore, poiché il tuo servo ha trovato commiserazione in te ( Gen 19,16-19 ) e il seguito.

Dopo queste parole anche il Signore gli risponde individualmente, poiché era nei due angeli, con le parole: Ho guardato il tuo viso ( Gen 19,21 ) e il resto.

È molto più credibile quindi che sia Abramo nei tre individui che Lot nei due ravvisassero il Signore perché si rivolgevano a lui al singolare, sebbene li ritenessero uomini.

Non per altro motivo li accolsero in modo da trattarli come esseri terrestri e bisognosi di nutrimento.

Ma in loro v'era certamente un qualcosa per cui si distinguevano, sebbene a livello di uomini, che coloro che offrivano loro ospitalità non potevano dubitare, come abitualmente avviene nei Profeti, che in essi vi fosse il Signore e perciò talora si rivolgevano loro al plurale e talora al singolare li chiamavano Signore.

La Scrittura conferma che fossero angeli non solo nel Libro della Genesi, in cui si narrano questi avvenimenti, ma anche nella Lettera agli Ebrei la quale, nel lodare l'ospitalità, afferma: Con essa alcuni, pur non sapendolo, accolsero come ospiti gli angeli . ( Eb 13,2 )

Per il ministero di questi tre individui, quando di nuovo fu promesso ad Abramo che da Sarra sarebbe nato il figlio Isacco, si ebbe anche un attestato divino con le parole: Abramo diverrà un grande e numeroso popolo e in lui saranno benedetti tutti i popoli della terra . ( Gen 18,18 )

Anche qui con grande brevità e completezza si preannunciano le due discendenze: il popolo d'Israele secondo la razza, tutti i popoli secondo la fede.

30 - Isacco e il sorriso di Sara

Dopo questa promessa e dopo che Lot era stato fatto uscire da Sodoma tutto il territorio della città depravata fu incendiato da una pioggia di fuoco che veniva dal cielo, perché in essa gli atti carnali fra maschi aveva introdotto un costume più accreditato della liceità di quegli atti che le norme morali consentono.

Il castigo fu un saggio del futuro giudizio divino.

Difatti la proibizione, a coloro che venivano salvati dagli angeli, di guardare indietro suggerisce esclusivamente che non si deve tornare con la coscienza al vecchio tenore di vita, di cui il rigenerato dalla grazia si spoglia, se intendiamo sfuggire all'ultimo giudizio.

La moglie di Lot appunto rimase dove si volse indietro e, tramutata in sale, ha offerto ai credenti un certo condimento per avere il sapore della saggezza con cui evitare quell'esempio . ( Gen 19,26; Sap 10,7; Lc 17,32 )

In seguito ancora una volta Abramo in Gerar si comportò con Abimelech, re di quella città, come si era comportato in Egitto nei confronti della moglie e ancora una volta gli fu restituita intatta.

Abramo al re, che lo rimproverava perché aveva celato che era la moglie dicendo che era la sorella, dopo aver svelato che cosa aveva temuto soggiunse: È veramente mia sorella di padre non di madre. ( Gen 20,12 )

Difatti era per Abramo sorella da parte del padre e da lui sua consanguinea.

Era di tanta bellezza che poteva essere amata anche a quell'età.

31 - Fede di Abramo nel sacrificio di Isacco

Dopo questi avvenimenti nacque secondo la promessa ad Abramo un figlio da Sarra, lo chiamò Isacco che si traduce "Sorriso".

Infatti aveva sorriso il padre quando gli fu promesso perché rimase sorpreso dalla gioia; aveva sorriso la madre quando dai tre uomini gli era stato di nuovo promesso perché dubitava per la gioia.

L'angelo la rimproverò che quel sorriso, pur suggerito dalla gioia, non era indice di fede piena, fu quindi dal medesimo angelo confermata nella fede.

Da questo fatto il figlio ebbe il nome.

Sarra precisò che quel sorriso non era volto a deridere un disonore ma ad esaltare una gioia.

Infatti, nato Isacco e chiamato con quel nome, disse: Il Signore mi ha donato la gioia di ridere, chiunque verrà a saperlo, sorriderà con me. ( Gen 21,6 )

Ma dopo un po' di tempo la schiava venne allontanata da casa assieme al figlio e nel fatto secondo l'Apostolo sono simboleggiate le due Alleanze, l'Antica e la Nuova, e Sarra è allegoria della città dell'alto, cioè della città di Dio. ( Gal 4,22-26 )

32.1 - Fede premiata con giuramento divino

Nel mezzo di questi fatti, sarebbe troppo lungo ricordarli tutti, Abramo venne tentato ad offrire in sacrificio l'amatissimo figlio Isacco affinché fosse messa alla prova la sua devota obbedienza da segnalare alla conoscenza dei tempi, non di Dio. ( Gen 22,1-14 )

Non ogni tentazione è reprensibile anzi è da rallegrarsene perché con essa avviene una verifica.

Il più delle volte la coscienza dell'uomo non può rappresentarsi a se stessa a meno che non con la parola ma con un esame approfondito risponda mentre una tentazione propone in certo senso un quesito.

Se vi riconosce un dono di Dio, allora è credente, allora si rinforza nella stabilità della grazia, non si gonfia nella vuotezza della vanagloria.

Abramo certamente non credeva che Dio si dilettasse di vittime umane, sebbene si deve osservare e non discutere la manifestazione del comando divino.

Tuttavia si deve lodare Abramo perché credette che il figlio, qualora fosse immolato, sarebbe immediatamente risorto.

Dio gli aveva detto quando non voleva soddisfare il desiderio della moglie di mandar fuori la schiava e il figlio: In Isacco prenderà nome da te la discendenza.

E nel testo viene detto di seguito: Renderò un grande popolo anche il figlio di questa schiava perché è un tuo discendente. ( Gen 21,12-13 )

C'è il problema in qual senso sia stato detto: In Isacco prenderà nome da te la discendenza, sebbene Dio considerasse anche Ismaele sua discendenza.

L'Apostolo, spiegando la frase: In Isacco prenderà nome da te la discendenza, afferma: Non sono considerati figli di Dio quelli generati secondo la razza ma i figli della promessa sono assegnati alla discendenza. ( Rm 9,8 )

Perciò i figli della promessa, per essere discendenza di Abramo, sono considerati tali in Isacco, cioè sono adunati in Cristo perché la grazia li invita.

Dunque questo patriarca della fede tenendo presente mediante la fede la promessa, giacché essa doveva verificarsi in quel figlio che Dio gli ordinava di uccidere, non dubitò che poteva essergli restituito anche se immolato perché gli era stato dato al di là di ogni speranza.

Così il fatto è stato inteso e interpretato anche nella Lettera agli Ebrei. Dice: Con fede si comportò Abramo messo alla prova e offrì l'unico figlio egli che aveva ricevuto le promesse e al quale era stato detto: In Isacco prenderà nome da te la discendenza, perché pensava che Dio può anche risuscitare dai morti.

Perciò aggiunge: Con questo lo ha proposto anche come simbolo, ( Eb 11,17-19 ) certamente di Colui del quale l'Apostolo dice: Non ha risparmiato il proprio Figlio ma lo ha dato per tutti noi. ( Rm 8,32 )

Quindi come il Signore la sua croce, Isacco portò di persona al luogo del sacrificio le legna, sulle quali doveva esser collocato.

Infine giacché non si doveva uccidere Isacco dopo che s'impedì al padre di colpirlo, c'è da chiedersi chi fosse l'ariete con la cui immolazione si compì il sacrificio in un sangue che era simbolico poiché, quando lo vide Abramo, era impigliato con le corna in un cespuglio. ( Gen 22,1-14 )

Certamente era indicato per allegoria Gesù coronato di spine dai Giudei prima di essere immolato.

32.2 - Morte di Sara

Ma ascoltiamo piuttosto dall'angelo le parole di Dio. Dice la Scrittura: Abramo stese la mano a prendere la spada per uccidere il figlio.

L'angelo del Signore lo chiamò dal cielo: Abramo! Egli rispose: Eccomi. Gli disse l'angelo: Non colpire il ragazzo e non fargli del male, ora ho saputo che temi il tuo Dio e non hai risparmiato per me il tuo figlio diletto. ( Gen 22,10-12 )

Ora ho saputo significa "Ora ho fatto sapere", perché il Signore già lo sapeva. Dopo l'offerta dell'ariete in luogo del figlio Isacco, Abramo, come si legge nella Scrittura, denominò quel luogo: Il Signore ha visto, talché si dice anche oggi: Il Signore si manifestò sul monte.

Come è stato detto: Ora ho saputo in luogo di "Ora ho fatto sapere", così qui: Il Signore ha visto si ha nel senso che il Signore s'è manifestato, cioè si è fatto vedere.

E l'angelo del Signore chiamò una seconda volta Abramo dal cielo e disse: Ho giurato su me stesso, dice il Signore, perché hai ascoltato la mia parola e non hai risparmiato per me il tuo amato figlio, io ti benedirò in modo straordinario e renderò numerosa la tua discendenza come le stelle del cielo e come i granelli di sabbia lungo la spiaggia del mare.

E la tua discendenza entrerà in possesso delle città dei nemici e saranno benedetti nella tua discendenza tutti i popoli della terra perché hai ubbidito alla mia parola. ( Gen 22,14-18 )

In questi termini fu confermata, perfino col giuramento di Dio, la promessa sulla vocazione dei popoli nella discendenza di Abramo dopo l'olocausto con cui fu simboleggiato Cristo.

Aveva promesso tante volte, mai giurato.

E il giuramento di Dio vero e veritiero è certamente una conferma della promessa e un rimprovero per coloro che non credono.

32.3. Sarra morì dopo questi fatti all'età di centoventisette anni, quando il marito ne aveva centotrentasette. ( Gen 23,1 )

L'avanzava in età di dieci anni.

L'aveva detto egli stesso quando gli fu promesso un figlio da lei: È possibile che a me che ho cento anni nascerà un figlio e che Sarra partorirà a novanta anni? ( Gen 17,17 )

Abramo comprò un campo per seppellirvi la moglie. ( Gen 23,19-20 )

Allora, secondo la versione di Stefano, si stabilì in quel paese poiché cominciò a divenirvi proprietario, cioè dopo la morte di suo padre che si desume fosse morto due anni prima.11

33 - Allegorie profetiche nel matrimonio d'Isacco

Poi Isacco prese per moglie Rebecca, nipote di Nacor, suo zio paterno, quando aveva quaranta anni, cioè a centoquaranta anni d'età del padre, tre anni dopo la morte della madre.

Quando, per averla in moglie, fu dal padre mandato in Mesopotamia un servitore, si ebbe un'allegoria profetica nel momento in cui Abramo disse al servitore: Metti la mano sul mio fianco e scongiurerò te per il Signore Dio del cielo e Signore della terra che non condurrai per moglie a mio figlio Isacco una delle figlie dei Cananei. ( Gen 24,2-3 )

Si preannunciò certamente che il Signore Dio del cielo e Signore della terra sarebbe divenuto uomo nella razza che proveniva da quel fianco.

E certamente questi non sono piccoli indizi della verità che conosciamo adempiersi in Cristo.

34 - Simbologia di Cetura e figli

Che significato ha il fatto che Abramo dopo la morte di Sarra prese in moglie Cettura? ( Gen 25,1 )

Non pensiamo a sensualità soprattutto in vista dell'età e della integrità della fede.

Oppure si dovevano avere altri figli, sebbene data la promessa di Dio era attesa con fede incrollabile una numerosa discendenza da Isacco pari alle stelle del cielo e ai granelli di sabbia?

Ma se Agar e Ismaele hanno simboleggiato, nell'insegnamento dell'Apostolo, gli uomini carnali dell'Antica Alleanza, ( Gal 4,24 ) certamente anche Cettura e i suoi figli simboleggiano gli uomini carnali che si illudono di appartenere alla Nuova Alleanza.

Tutte e due sono state definite mogli e concubine di Abramo.

Sarra invece non è mai stata indicata come concubina.

Anche quando Agar fu assegnata ad Abramo, si dice nella Scrittura: Sara moglie di Abramo designò l'egiziana Agar sua schiava dieci anni dopo che Abramo si era stabilito nel territorio di Canaan e la diede in moglie a suo marito Abram. ( Gen 16,3 )

Di Cettura che prese in moglie dopo la morte di Sarra si legge: Di nuovo Abramo prese moglie che si chiamava Cettura. ( Gen 25,1 )

In questi passi tutte e due sono dette mogli ma si può costatare che furono ambedue concubine perché in seguito dice la Scrittura: Abramo diede tutta la sua proprietà al figlio e contributi ai figli delle sue concubine e mentre era ancora vivo li allontanò dal figlio Isacco a Oriente, verso il paese orientale. ( Gen 25,5 )

Dunque i figli delle concubine hanno sovvenzioni ma non giungono al regno promesso, né gli eretici né i Giudei carnali, perché fuor di Isacco nessuno è erede e i figli della carne non sono figli di Dio ma i figli della promessa sono considerati della discendenza, ( Rm 9,8 ) perché di essa è stato scritto: In Isacco prenderà nome da te la discendenza. ( Gen 21,12 )

Non scorgo perché anche Cettura, sposata dopo la morte della moglie, sia considerata concubina se non sulla base di questo significato allegorico.

Ma se qualcuno non vuole accettare questi fatti come simboli, non accusi Abramo.

Potrebbe anche essere una difesa contro i futuri eretici contrari alle seconde nozze in modo da dimostrare perfino mediante il patriarca di molti popoli che non è peccato sposarsi di nuovo dopo la morte del coniuge.

Abramo morì quando aveva centosettantacinque anni. ( Gen 25,7 )

Lasciò dunque il figlio Isacco che aveva settantacinque anni perché l'aveva generato all'età di cento anni.

35 - Simbolismo dei gemelli di Isacco

Ed ora esaminiamo come si svolgano i tempi della città di Dio attraverso i discendenti di Abramo.

Dal primo anno di vita di Isacco al sessantesimo, in cui gli nacquero i figli, c'è un fatto degno di memoria.

Il Signore aveva esaudito la richiesta di lui che lo pregava affinché la moglie, la quale era sterile, partorisse e mentre lei era ancora nel periodo della gestazione, i gemelli, ancora chiusi nel suo grembo, si urtavano.

Essendo angosciata dal fastidio, interrogò il Signore ed ebbe la spiegazione: Due nazioni sono nel tuo grembo e da esso usciranno due popoli rivali e un popolo dominerà l'altro e il maggiore sarà sottoposto al minore. ( Gen 25,23 )

L'apostolo Paolo propone che si scorga nell'episodio una grande testimonianza sulla grazia perché, sebbene essi non fossero ancora nati e non avessero fatto nulla di bene o di male, senza alcun buon merito si preferisce il minore e si respinge il maggiore. ( Rm 10-13 )

Eppure senza dubbio, per quanto attiene al peccato originale, erano alla pari e riguardo al peccato personale non v'era in nessuno dei due.

Però la struttura dell'opera iniziata non ci consente di trattenerci più a lungo sull'argomento perché ne abbiamo abbastanza trattato nelle altre parti.12

Quasi nessuno dei nostri esegeti ha interpretato la frase: Il maggiore sarà sottoposto al minore in altro senso da questo che, cioè, il più anziano popolo dei Giudei sarebbe sottoposto al più giovane popolo cristiano.

Può sembrare che si sia adempiuto nella nazione degli Idumei che è sorta dal più grande, il quale aveva due nomi, poiché si chiamava Esaù ed Edom, da cui gli Idumei.

Questa nazione doveva essere dominata dal popolo che discendeva dal più giovane, e cioè dal popolo d'Israele e gli sarebbe stata sottomessa.

Tuttavia si crede in senso più appropriato che la profezia fosse rivolta a qualche significato più alto perché è espressa con le parole: Un popolo dominerà l'altro e il maggiore sarà sottomesso al minore.

E questo è proprio quel che evidentemente si verifica nei Giudei e nei cristiani.

36 - Abramo e la promessa divina a Isacco

Isacco ebbe una visione simile a quella che il padre aveva avuto alcune volte.

Ne è stato scritto in questi termini: Vi fu una carestia nel paese oltre quella che avvenne in precedenza al tempo di Abramo.

Isacco se ne andò da Abimelech, re dei Filistei, in Gerar.

Gli apparve il Signore e gli disse: Non andare in Egitto, emigra nel paese che io ti indicherò e abita in esso da straniero, io sarò con te e ti benedirò.

Darò questo paese a te e alla tua discendenza e manterrò il giuramento che ho fatto a tuo padre, renderò numerosa la tua discendenza come le stelle del cielo e darò alla tua discendenza tutto questo territorio e saranno benedetti nella tua discendenza tutti i popoli della terra perché Abramo, tuo padre, ha accolto la mia parola e ha adempiuto i miei comandi, i miei ordini, le mie prescrizioni, le mie leggi. ( Gen 26,1-5 )

Questo patriarca non ebbe altra moglie o concubina ma si contentò della figliolanza dei due gemelli nati a un medesimo parto.

Anche egli, abitando fra estranei, temette il rischio della bellezza della moglie e si comportò come il padre in modo da indicarla come sorella e dissimulare che fosse la moglie.

Gli era cugina da parte del padre e della madre.

Anche essa, quando si seppe che era la moglie, non fu violata dagli estranei. ( Gen 26,7-11 )

Tuttavia dal fatto che non ebbe donna fuor della moglie non dobbiamo considerarlo migliore di suo padre.

Erano senza dubbio più segnalati i meriti della fede e dell'ossequio nel padre al punto che Dio afferma di fare a lui per riguardo al padre il bene che gli fa.

Dice infatti: Saranno benedetti nella tua discendenza tutti i popoli della terra perché Abramo, tuo padre, ha accolto la mia parola e ha adempiuto i miei comandi, i miei ordini, le mie prescrizioni, le mie leggi. In un'altra visione il Signore disse: Io sono il Dio di Abramo tuo padre, non temere, sono con te, ti ho benedetto e renderò numerosa la tua discendenza a causa di tuo padre. ( Gen 26,24 )

Dobbiamo capire quindi che, nel rispetto della castità, Abramo ha compiuto ciò che a individui spudorati, i quali cercano dalla sacra Scrittura pretesti alla propria disonestà, sembra aver fatto per libidine. Dobbiamo anche comprendere di non ridurci a confrontare fra di loro gli individui sulla base di pregi particolari ma considerare ciascuno globalmente.

È possibile che un individuo abbia nell'esperienza e nel costume una nota con cui supera un altro individuo e che sia tanto più eccellente di quella con cui è superato dall'altro.

Perciò stando a un criterio schietto e sincero, sebbene la continenza sia preferibile al matrimonio, è migliore il credente sposato che il celibe miscredente.

Ma il miscredente non solo è meno encomiabile ma è da rimproverare a tutti i livelli.

Ma prendiamo in considerazione due persone per bene; anche in questo caso è migliore l'individuo sposato molto credente e pieno dell'ossequio dovuto a Dio che il celibe meno segnalato nella fede e nell'ossequio.

Se il resto è al medesimo livello, è ineccepibile preferire il celibe allo sposato.

Indice

6 Eusebio, Chronic.: PL 27, 263
7 C. Faustum 22, 36
8 Seneca, Controv. 6, 3
9 Aristotele, Top. 126 b28;
Rhet. 1413 a22
10 Vedi sopra 15,3
11 At 7,2-4;
De civ. Dei 15, 2
12 De gratia Christi et de peccato originali;
De gratia et libero arbitrio;
De correptione et gratia: NBA, XX