Discorsi su argomenti vari

Indice

La risurrezione dei morti

1.1 - Tema del discorso: la risurrezione dei giusti
2.2 - Connessione con il discorso precedente
3.3 - Immagini usate per indicare la venuta del Regno
4.4 - Desiderio della patria vissuto nella fede
5.5 - Oggetto dell'insegnamento è la conoscenza di fede: non si può andare oltre
6.6 - Non può mettere in dubbio la risurrezione chi si dichiara cristiano
7.7 - Quali interrogativi si pongono sulla vita dei risorti
8.8 - Le fondamenta della Gerusalemme celeste sono costituite da Cristo stesso
9.9 - Sfuggiremo alla Geenna se avremo costruito la nostra vita su Cristo
10.10 - Cristo risorto immagine della nostra risurrezione futura
11.11 - Gli angeli hanno la facoltà di mangiare senza averne la necessità
12.12 - La vita dei risorti è libera dalle necessità terrene
13.13 - Una frase di Paolo sulla risurrezione della carne
13.14 - Prima risposta che elimina il problema
14.15 - Si esamina il vero significato della frase di Paolo
14.16 - In che senso il Cristo è uomo celeste venuto dal cielo
15.17 - Si distingue l'uso dei vocaboli carne e corpo
15.18 - La vita dei risorti non va concepita secondo le categorie della carne
16.19 - La trasformazione che attende i buoni nella risurrezione
17.20 - In un atomo di tempo avverrà la risurrezione dei morti
18.21 - Riguarderà la carne, non il corpo la trasformazione dell'immortalità
19.22 - C'è chi crede vera solo la risurrezione dello spirito, non l'altra
20.23 - Quale risurrezione spetta ai malvagi, quale ai buoni
21.24 - Passi dell'Apostolo che attestano vere entrambi le risurrezioni
22.25 - Le due risurrezioni sono attestate dal Signore stesso nel Vangelo secondo Giovanni
23.26 - Come sarà la risurrezione del corpo
25.27 - Quale la vita dei risorti
26.28 - Dal perpetuo sabato saranno assenti tutte le attività, anche le opere di misericordia
28.29 - Il canto dell'Amen e dell'Alleluia, l'unica attività e incessante diletto
29.30 - Nella contemplazione della verità il riposo dei beati
30.31 - Testimonianze della Scrittura sulla vita dei beati

1.1 - Tema del discorso: la risurrezione dei giusti

Vi abbiamo fatto leggere passi del Vangelo e dell'Apostolo adatti al discorso che ci ripromettiamo di svolgere secondo la promessa fatta.

Quelli di voi che erano presenti la volta scorsa, ricordano che avevamo distinto in due parti la nostra trattazione sull'argomento della risurrezione: una - da svolgere in considerazione di coloro che hanno una posizione di dubbio o di negazione -: se ci si può aspettare la risurrezione dei morti, l'altra - da svolgere in stretta aderenza alle Scritture -: quale potrà essere nella risurrezione la vita dei giusti.

Ma sulla prima parte in cui abbiamo sostenuto che i morti risorgono, ci siamo già intrattenuti, come certo ricordate, tanto a lungo che mancò il tempo di svolgere la seconda parte che abbiamo dovuto rimandare a oggi.

Voi siete qui a richiedere quello che vi devo, e io riconosco venuto il tempo di darvelo.

2.1 - Preghiamo dunque insieme, con pio slancio del cuore, il Signore perché io possa assolvere in modo conveniente il mio debito e sia a voi salutare l'ascoltarmi.

La parte che dobbiamo trattare ora è, lo si deve riconoscere, la più difficile, ma l'amore è più forte di tutte le difficoltà, e all'amore tutti dobbiamo servire, perché Dio, che vuole questo da noi, renda facile e gioioso quello che è difficile.

2.2 - Connessione con il discorso precedente

Ricordate che nel discorso precedente avevamo voluto rispondere ad alcuni che dicono: Mangiamo e beviamo perché domani moriremo.

Già li rimproverò l'Apostolo aggiungendo: Le parole cattive corrompono i buoni costumi e concludeva: Siate sobri, o giusti, e non peccate: alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio, ve lo dico con tutta vergogna. ( 1 Cor 15,32-34 )

Queste parole dell'Apostolo le abbiamo udite tutti e le abbiamo impresse nel nostro cuore: e chi ascolta e accoglie nel cuore la parola, la deve testimoniare nell'agire.

L'ascoltatore è come un campo che riceve il seme del seminatore: chi riceve la parola nel cuore fa come chi, rotta la zolla, copre il seme gettato, chi poi agisce in modo conforme alla parola ascoltata e accolta, cresce a formare la messe e con pazienza dà frutto, chi il trenta chi il sessanta chi il cento; ( Mt 13,23; Lc 8,15 ) e a lui si prepara non già il fuoco, che invece attende la paglia, ma il granaio dove viene riposto il frumento.

3.2 - Nella risurrezione dei morti si troverà in quei granai reconditi la felicità perpetua, anch'essa nascosta, dei giusti che la Scrittura assicura saranno là accolti.

3.3 - Immagini usate per indicare la venuta del Regno

Altrove viene usata anche l'immagine dei canestri, che è richiamata da quella della rete usata da Gesù, per indicare il regno dei cieli : Il regno dei cieli è simile a una rete gettata in mare che raccoglie ogni genere di pesci.

Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, seduti, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. ( Mt 13,47-48 )

Il Signore vuole dire che la parola di Dio è diffusa tra i popoli come una rete gettata nel mare: mediante i sacramenti cristiani essa raccoglie buoni e cattivi, ma non tutti coloro che la rete raccoglie sono anche riposti nei canestri, intendo dire nelle sedi dei santi; nelle segrete dimore della vita beata non potranno giungere tutti quelli che si dicono cristiani, ma quelli che lo sono realmente.

Allo stesso modo pesci buoni e cattivi entrano nella rete e i buoni tollerano i cattivi, finché alla fine vengono separati.

In un altro passo si legge anche: Tu li nascondi al riparo del tuo volto, ( Sal 31,21 ) che è riferito ai santi che entrano là dove né gli occhi né il pensiero dei mortali li possono seguire.

Il riparo del tuo volto indica qualcosa di troppo nascosto, segreto per essere penetrato: non lo si deve interpretare materialmente quasi che Dio abbia un volto enorme con qualche nascondiglio dove riporre i santi: sono interpretazioni materiali che il credente deve sapere respingere.

Il riparo del volto di Dio significa qualcosa che solo alla sua vista è noto.

Dunque quello che è a noi nascosto viene espresso con immagini varie, ora granai ora canestri, che non corrispondono alle cose che intendiamo comunemente con tali vocaboli, perché in tal caso non sarebbero interscambiabili, corrispondendo a realtà diverse; ma con l'uno o l'altro vocabolo si vuole suggerire qualcosa che è a noi sconosciuto.

Con immagini di cose note agli uomini si vuole far loro capire, per quanto è possibile, quello che non conoscono.

L'uno e l'altro termine - granai o canestri - dovete interpretarli riferiti a qualcosa di nascosto.

E se vi chiedete che cosa, ascoltatelo dalla voce ispirata: Li nasconderai al riparo del tuo volto.

4.4 - Desiderio della patria vissuto nella fede

Stando così le cose, o fratelli, noi siamo pellegrini in questa nostra vita e ancora aspiriamo nella fede alla nostra patria, non sappiamo quale.

Ci è appunto ignota la patria di cui siamo cittadini, perché andando lontano da essa nel nostro pellegrinaggio terreno, ci siamo dimenticati di essa.

A eliminare tale dimenticanza dai nostri cuori, è venuto tra noi pellegrini Cristo nostro Signore che è il re di quella patria.

La sua divinità, con l'assunzione della nostra carne, diventa per noi la via, perché attraverso il Cristo-uomo noi camminiamo, e nel Cristo-Dio dimoriamo.

Quelle cose nascoste che occhio non vide né orecchio udì né mai entrarono in cuore di uomo, ( 1 Cor 2,9 ) noi non sappiamo con quali parole illustrarle, con quali occhi guardarle.

Talvolta possiamo conoscere qualcosa senza riuscire a esprimerlo, ma non siamo in grado di dire quello che non conosciamo.

Se dunque può avvenire che io non riesca a dire quello che pure conosco, ben più difficile sarà il mio parlare perché anch'io, o fratelli, cammino come voi seguendo la fede, non ancora godendo la visione.

Ma questo vale anche per l'Apostolo stesso, non solo per me: egli consola la nostra ignoranza e rafforza la nostra fede: Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto.

Questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù. ( Fil 3,13-14 )

E con questo dimostra di essere anch'egli in cammino.

Altrove ancora scrive: Finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione. ( 2 Cor 5,6-7 )

E ancora: Nella speranza noi siamo stati salvati.

Ora ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti ciò che già uno vede, come potrebbe ancora sperarlo?

Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza. ( Rm 8,24-25 )

5.5 - Oggetto dell'insegnamento è la conoscenza di fede: non si può andare oltre

Così dunque ascoltate da me la voce che risuona nei salmi, una voce pia umile e mansueta che non si leva con forza violenta o con furia: essa dice in un passo di Salmo: Ho creduto, per questo ho parlato. ( Sal 116,10 )

E citando questa testimonianza l'Apostolo aggiunge da parte sua: Anche noi crediamo e perciò parliamo. ( 2 Cor 4,13 )

Non quello che ho conosciuto, io posso dirvi: se è questo che voi desiderate, non intendo ingannarvi: ascolterete quello che io credo.

Non stimate cosa da poco ascoltare quello che io credo perché questo corrisponde alla verità.

Sarebbe invece temeraria presunzione se vi dicessi di ascoltare quello che conosco.

Tutti noi diciamo quello che crediamo: e questo, se dobbiamo prestare fede a quanto hanno scritto i santi, vale anche per coloro che vissero prima di noi, dei quali lo Spirito Santo si servì per rivelare quanto bastava fosse rivelato a chi è in cammino.

Tutti diciamo quello che crediamo: solo il Signore diceva quello che conosceva.

Non deve stupire che solo il Signore conoscesse quello che diceva intorno alla vita eterna del futuro, mentre coloro che seguono il Signore parlano perché hanno creduto.

Troviamo scritto in un passo che lo stesso nostro Signore Gesù Cristo, il quale pur sapeva che cosa dire, rivolgendosi ai suoi discepoli dichiarava di non poterlo dire: Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. ( Gv 16,12 )

Egli rimandava di dire quello che conosceva non per difficoltà sua a dire, ma per le capacità deboli dei suoi.

Da parte nostra ora, riconoscendo l'incapacità che è di noi tutti, esprimiamo per quanto possiamo quello che crediamo come è giusto credere, senza tentare di dire, come sarebbe giusto dire, quello che conosciamo.

Voi da parte vostra attingete tutto quello che potete.

E se qualcuno è in grado di ricevere più di quello che io posso dire, non si fermi al piccolo ruscello, ma corra alla fonte ricca: La sorgente della vita è presso colui alla cui luce vediamo la luce. ( Sal 36,10 )

6.6 - Non può mettere in dubbio la risurrezione chi si dichiara cristiano

Abbiamo sostenuto nel nostro discorso precedente che la risurrezione è una realtà: lo crediamo, lo dobbiamo credere e dichiariamo di crederlo, dal momento che siamo cristiani.

Constatiamo infatti che Dio con la potenza del suo braccio abbatte ovunque la superbia delle genti e diffonde questa fede nel mondo così vastamente come fu promesso molto tempo prima che avvenisse.

Questo noi possiamo verificare e questo ci conforta a credere in quello che ancora non vediamo, perché ci sia possibile raggiungere la visione stessa come ricompensa della nostra fede.

Poiché dunque è chiaro alla nostra fede che vi sarà la risurrezione dei morti, ed è anzi tanto chiaro che non può osare di dirsi cristiano chiunque ne dubiti, si domanda che tipo di corpo avranno i risorti e come sarà la loro vita.

Alcuni infatti ritennero che non sia da dubitare della risurrezione, ma che essa riguardi solo l'anima.

7.7 - Quali interrogativi si pongono sulla vita dei risorti

Il fatto che risorgeranno anche i corpi non è necessario mi soffermi ora a dimostrarlo perché ne trattai già nel discorso precedente, ma devo ora rispondere alla domanda come sarà il corpo dei risorti, se sarà simile a quello che abbiamo ora o diverso.

E se diverso, come sarà? Se invece sarà simile, avrà anche le stesse funzioni di ora?

Che queste saranno mutate, lo insegna il Signore, e lo dice anche l'Apostolo.

Poiché i corpi non serviranno più alla medesima vita, alle azioni proprie della condizione mortale, soggetta a corruzione e transitoria, ai piaceri materiali e alle consolazioni carnali, i corpi stessi saranno diversi.

Ma se saranno diversi, come potrà risorgere la carne?

Eppure la risurrezione della carne fa parte del nostro credo, ne professiamo la fede quando riceviamo il battesimo, e tutto quello che in esso professiamo, professiamo secondo verità e nella verità in cui viviamo, ci muoviamo e esistiamo.

Noi ci prepariamo alla vita eterna con azioni legate al tempo, con opere che sono transitorie, passeggere.

Tutte le vicende per cui abbiamo ascoltato il messaggio di salvezza, per cui sono avvenuti miracoli, per cui Gesù nacque, patì fame e sete, fu preso, umiliato, bastonato, crocifisso e morì, fu sepolto e risorse e salì al cielo, sono vicende del passato.

Quando si celebrano tutti questi eventi, si celebrano fatti della nostra fede legati al tempo e quindi transitori: passano i fatti, ma non passa quello che attraverso i fatti stessi viene costruito.

Lo potete capire bene, santi fratelli, dal paragone con l'architetto: questi si serve di macchine che sono strumenti provvisori, per costruire edifici che durano.

Quando venne costruito questo grande e ampio edificio che noi ora qui vediamo, erano in opera macchinari che ora non ci sono più: essi servirono a costruire quello che ora vediamo costruito.

In modo analogo furono usati strumenti provvisori nella costruzione dell'edificio della fede cristiana: la risurrezione del Signore nostro Gesù Cristo avvenne nel tempo passato e non avviene più, e così pure la sua ascensione al cielo.

Ma il fatto che egli vive di quella vita nella quale più non si muore, sulla quale non può più trionfare la morte, ( Rm 6,9 ) il fatto che in lui vive in eterno la stessa natura umana che egli si degnò di assumere quando nacque, morì e fu sepolto, è qualcosa che è stato costruito e dura per sempre.

Sono passati i mezzi con cui fu costruito: tutto, dalla concezione verginale alla nascita da Maria Vergine, e poi dall'arresto a tutto quello che seguì - processo flagellazione crocifissione sepoltura - tutto fu strumento per costruire quello che rimane in eterno: la vita risorta del Signore Gesù Cristo che è collocata in cielo.

8.8 - Le fondamenta della Gerusalemme celeste sono costituite da Cristo stesso

Osservate, carissimi, tale mirabile edificio.

I nostri edifici terreni premono con il loro peso la terra sulla quale gravitano tutte le spinte delle masse che ne formano la struttura grandiosa, e che se non fossero bilanciate insieme tenderebbero a terra, dove porta il peso stesso.

Quando si costruisce un edificio sul terreno, si pongono prima le fondamenta, perché su di esse il costruttore proceda sicuro.

Per questo si gettano in profondità massi saldi, atti a reggere quello che viene posto sopra, e la misura delle fondamenta è calcolata in rapporto all'edificio che devono reggere.

Questa preparazione, come ho detto, si fa sul terreno per gli edifici che vengono costruiti sulla terra.

Ma poiché la nostra Gerusalemme è costruita lontano da noi nel cielo, Cristo è andato avanti nel cielo come suo fondamento: là è il Cristo nostro fondamento e capo della Chiesa, che è realmente fondamento e capo quale viene detto.

Il fondamento di un edificio ne costituisce infatti anche il capo, capo non come termine, ma come inizio da cui si va verso l'alto.

Negli edifici terreni i tetti vengono messi in alto, ma l'inizio dell'edificio è collocato nel solido della terra: allo stesso modo il capo della Chiesa è andato avanti nel cielo dove siede alla destra del Padre e, come gli uomini per costruire un edificio pongono le basi in profondità per rendere salda, stabile la mole della futura costruzione, così, per fondare l'edificio celeste, se ne è come gettata la base attraverso tutti gli avvenimenti della vita del Cristo il quale nacque, crebbe, fu catturato insultato flagellato crocifisso ucciso, e morì e fu sepolto.

8.9 - Poiché dunque le nostre fondamenta sono state poste nell'alto, su di esse dobbiamo essere edificati.

Si ascolti l'Apostolo: Nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già è posto, che è Gesù Cristo. ( 1 Cor 3,11 )

9.9 - Sfuggiremo alla Geenna se avremo costruito la nostra vita su Cristo

Ma ecco come egli prosegue: Ciascuno stia attento come edifica sopra quel fondamento, se con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia. ( 1 Cor 3,10.12 )

Cristo infatti è nel cielo, ma è anche nel cuore dei credenti.

Se Cristo ha il primo posto, il fondamento è stato messo bene, e chi costruisce può quindi procedere sicuro se, come richiede il valore del fondamento, costruisce con oro, argento, pietre preziose.

Ma se usa come materiale di costruzione legno, fieno, paglia, che non corrispondono al valore del fondamento, almeno mantenga il fondamento, e poiché ha usato per la costruzione materiale secco e disgregabile, si prepari al fuoco.

Se invece Cristo è il fondamento e tiene veramente il primo posto nel cuore, e l'amore per le cose del mondo non è stato preposto a quello del Cristo, anzi al di sopra di esse è collocato il Cristo a costituire il fondamento e occupare il primo posto, allora: l'opera finirà bruciata … tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco. ( 1 Cor 3,15 )

Non è questo il momento di esortarvi a costruire con oro argento pietre preziose piuttosto che con legno fieno paglia, poiché costruite sopra un fondamento tanto grande e solido; però accogliete la mia breve esortazione come se fosse un discorso prolungato e ricco.

Noi, o fratelli, sappiamo che cosa capiterebbe se uno di voi fosse messo in carcere per intimazione di un giudice a causa di cose che gli stiano a cuore: chiunque sarebbe disposto a perdere tutto il suo pur di non restare in quel luogo, anche se dovesse patirvi non già il fuoco, ma solo il fumo.

Quando invece si parla del fuoco che ci attende nel giorno del giudizio, non so perché ma nessuno se ne mostra preoccupato: nessuno teme le fiamme della geenna, mentre chiunque ha paura di quelle di un rogo.

Come possono essere tanto induriti nel male i cuori?

Basterebbe che al pensiero di quell'attraverso il fuoco di cui parla l'Apostolo, si provasse la stessa paura che si avrebbe al pensiero di essere bruciati vivi: questo è un male di breve durata perché subito la perdita della sensibilità renderebbe addirittura superflue le fiamme, ma la paura che se ne prova è sufficiente a trattenere uno dal compiere qualcosa che verrebbe giustamente punito: si vuole evitare quella tortura di breve durata.

10.10 - Cristo risorto immagine della nostra risurrezione futura

Ma ho detto che non è ora il momento di svolgere questo discorso.

Dico solo che dobbiamo sperare nella risurrezione dei morti: cosa che si è manifestata nel nostro capo, nel corpo del nostro Signore Gesù Cristo.

Chiunque riponga altrove la sua speranza, non costruisce sul fondamento, non solo non usando oro, argento e pietre preziose, ma neppure con la paglia, poiché pone tutto fuori del fondamento chi non costruisce sul Cristo.

Il nostro Signore è dunque risorto nel corpo stesso con il quale fu sepolto.

La stessa risurrezione è promessa ai cristiani: noi dobbiamo sperare la stessa risurrezione che si compì nel nostro Signore prima che nascesse la nostra fede.

Egli ci ha preceduti proprio per offrire il fondamento alla nostra fede.

Ma perché non si può dire che saremo tali quali siamo ora?

Il corpo di Gesù Cristo è risorto, ma è salito al cielo.

Per convincere che il suo corpo risorto era lo stesso che era stato sepolto, egli mostrò sulla terra di avere conservato funzioni proprie dell'uomo.

Ma si può forse dire che nel cielo si continua a prendere cibo?

Anche di angeli si legge che svolsero sulla terra funzioni proprie dell'uomo: mangiarono gli angeli che si presentarono ad Abramo, e mangiò quell'angelo che accompagnò Tobia.

E non possiamo certo dire che quell'atto del mangiare fosse solo apparenza, perché risulta che Abramo uccise un vitello, preparò dei pani, imbandì una mensa e in essa servì gli angeli, e gli angeli mangiarono. ( Gen 18,1-9 )

Sono cose che risultano avvenute con tutta certezza e sono manifeste con tutta chiarezza.

11.11 - Gli angeli hanno la facoltà di mangiare senza averne la necessità

L'angelo che nel libro di Tobia dice: A voi sembrava di vedermi mangiare, ma vedevate secondo la vostra vista, ( Tb 12,19 ) non voleva dire che egli mangiava solo in apparenza, perché mangiava in realtà.

Per capire le parole: Vedevate secondo la vostra vista, fate attenzione, santi fratelli, a quello che dico, ma rivolgetevi più alla preghiera che a me, perché voi possiate capire quello che ascoltate e io riesca a esprimermi in modo da essere compreso.

Il nostro corpo fin che è corruttibile e mortale, ha necessità di essere sostenuto, e di qui viene l'aver fame e l'aver sete.

Se differiamo di saziare fame e sete al di là delle capacità di resistenza fisica, il corpo diventa magro e macilento indebolendosi perché le sue forze si consumano senza essere rinnovate, e se questo si prolunga, verrà anche la morte.

Infatti dal nostro corpo qualcosa se ne va via come in un flusso continuo, senza che ci accorgiamo di una perdita di forze perché con l'alimentazione prepariamo altre forze.

Consumiamo poco alla volta quello che assumiamo in abbondanza, poiché nel breve tempo del pasto ci rifocilliamo, mentre consumiamo poi, in un tempo più prolungato, le energie di cui con il pasto ci eravamo forniti.

Allo stesso modo un momento basta per rifornire la lampada di olio, e l'olio poi si consuma poco alla volta in un tempo lungo; e quando è consumato, ecco che il languire della fiamma - che si può dire esprima la fame della lucerna - ci ammonisce di intervenire perché l'aggiunta di olio dia nuovo cibo alla lucerna e si formi ancora la fiamma e duri la luce.

Così le forze che noi ci procuriamo mangiando, se ne vanno via diminuendo incessantemente, ma a poco a poco.

É qualcosa che avviene in noi anche in questo momento, e in tutte le nostre azioni; pure in tutto il tempo del riposo non cessiamo di perdere quello che abbiamo accumulato: se poi lasciamo che le nostre forze si consumino del tutto, ecco che moriamo così come si spegne una lucerna.

Non è l'anima che rischia di morire, ma è la nostra vita corporea che richiede una specie di vigilanza continua sul corpo perché non si spenga, non muoia: per questo noi ci affrettiamo a supplire a quello che va perduto con quello che chiamiamo appunto sostentamento.

E se diciamo che ristoriamo le forze, è segno che qualcosa se ne era perduto.

Questo nostro bisogno e questo nostro consumarci ci portano fino alla morte perché il nostro corpo è destinato a morire.

Di questa mortalità sono simbolo le pelli di cui si coprirono Adamo e Eva quando furono espulsi dal paradiso: ( Gen 3,21-24 ) la pelle infatti si suole togliere agli animali morti.

Questa dunque la debolezza che portiamo sempre con noi: un continuo venir meno di forze a cui il cibo non cessa di riparare man mano rinnovandole, ma che non può non condurci con il tempo alla morte; anche se si vive qui una vita lunga, il nostro fisico con il succedersi delle età giungerà un giorno al termine della vecchiaia e procedendo oltre non troverà se non la morte.

É così anche della lucerna nella quale viene sempre rinnovato l'olio, ma che non può ardere sempre perché, anche nel caso che non intervenga qualcos'altro a farla spegnere, viene meno lo stoppino e si consuma dunque anch'essa come per vecchiaia.

Quindi, dicevamo, finché siamo in questo corpo, ci viene meno il cibo e ne sentiamo il bisogno, e per questo sentiamo fame, e per la fame mangiamo.

Invece l'angelo non mangia per una necessità: e ben diverso è fare qualcosa perché se ne ha la facoltà, e farla perché ve n'è necessità.

L'uomo mangia per non morire, l'angelo per conformarsi agli uomini.

L'angelo, non avendo a temere la morte, non ha da ristorare forze che vengano meno e non mangia per un bisogno.

Chi però vedeva l'angelo mangiare, credeva che avesse fame: questo intende dire l'Autore quando scrive: Vedevate secondo la vostra vista; non nega che egli mangiasse quando loro lo vedevano mangiare, ma afferma che lo vedevano secondo la loro vista, secondo il giudizio dei loro occhi.

Egli mangiava per conformarsi a loro, non perché avesse fame o ne avesse comunque bisogno, come avviene normalmente per gli uomini: e per questo appunto essi credevano che gli angeli che vedevano mangiare, mangiassero per necessità, perché giudicavano quello che vedevano in base alle loro abitudini, quindi vedevano secondo la loro vista.

12.12 - La vita dei risorti è libera dalle necessità terrene

Che dire dunque, fratelli? Sappiamo, dice l'Apostolo, che Cristo risuscitato da morte non muore più e la morte non ha più potere su di lui, poiché se egli è morto al peccato, è morto una volta sola; ora invece per il fatto che vive, vive per Dio. ( Rm 6,9-10 )

Poiché dunque egli non muore più e la morte non ha più potere su di lui, noi speriamo di risorgere e di essere sempre in quello stato nel quale ci trasformerà la risurrezione.

Avremo facoltà di mangiare e bere, senza più averne la necessità.

Il Signore manifestò di possedere tale facoltà per conformarsi ai discepoli che erano ancora nel corpo, e a loro volle mostrare anche le sue cicatrici.

Egli che diede la vista al cieco che ne era privo fin dal grembo della madre, poteva ben risorgere senza le cicatrici sul corpo; egli avrebbe avuto addirittura il potere di liberare il suo stesso corpo dalle necessità cui era soggetto in quanto mortale: ne aveva la possibilità in quanto nella carne in cui viveva egli era Dio e Figlio onnipotente al pari del Padre.

Di questo sono prova il fatto che prima della sua morte egli mutò il suo stesso corpo in quello che volle: quando salì sul monte insieme con i suoi discepoli risplendette nel volto come sole. ( Mt 17,2 )

Questo fece con la sua potenza volendo mostrare di essere in grado di liberare anche il suo corpo da ogni bisogno mortale, in modo da non morire se l'avesse voluto.

Ho il potere - dice - di offrire la mia vita e il potere di riprenderla di nuovo.

Nessuno me la toglie. ( Gv 10,18 )

Questa sua grande potenza gli avrebbe anche permesso di non morire, ma più grande fu la sua misericordia, e per questa volle morire.

La sua misericordia lo portò a fare quello che la sua potenza avrebbe potuto fargli evitare, poiché egli volle costituire il fondamento della risurrezione per noi: quel corpo mortale che aveva rivestito per noi, doveva morire poiché noi dobbiamo morire; doveva risorgere per la vita immortale perché noi possiamo sperare la vita immortale.

Per questo, prima della sua morte, come è scritto, non solo egli mangiò e bevve, ma ebbe anche fame e sete, ( Mt 4,22; Gv 19,28 ) mentre dopo la risurrezione mangiò e bevve, ma non ebbe anche fame e sete, perché il suo corpo, non più soggetto alla morte, non aveva quel bisogno che viene dal naturale suo corrompersi il quale rende necessaria l'alimentazione.

Ma aveva la facoltà di mangiare volendo conformarsi agli altri, non per sostenere la debolezza del corpo, ma per convincere della realtà fisica del suo corpo.

13.13 - Una frase di Paolo sulla risurrezione della carne

Contro tanta evidenza qualcuno, servendosi del testo dell'Apostolo, solleva l'obiezione che, se la carne risorgesse, entrerebbe in possesso del regno dal quale invece la dice esclusa l'Apostolo in un passo nel quale dichiara apertamente: La carne e il sangue non possono entrare in possesso del regno. ( 1 Cor 15,50 )

Ma questa frase che voi avete ascoltato dalla lettura dell'Apostolo che vi è stata fatta prima, sembra negare quello che noi invece affermiamo, che la carne risorge.

Dunque o noi predichiamo in contrasto con l'Apostolo o l'Apostolo predica contro il Vangelo, perché il Vangelo con la sua voce divina attesta: Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. ( Gv 1,14 )

Farsi carne significa farsi vera carne, perché non sarebbe carne una carne non vera.

Vera carne fu quella di Maria, vera carne quella di Cristo che da lei egli assunse, vera carne quella del Cristo che fu preso flagellato torturato crocifisso, vera carne che morì, che fu sepolta, vera carne anche quella che risorse da morte.

Ne danno testimonianza le cicatrici: i discepoli vedono con gli occhi la carne, ma il loro animo è ancora perplesso; palpano con le loro mani ed è vinta l'incertezza dell'animo.

Se il nostro Signore Gesù Cristo volle convincere i discepoli che avrebbero portato l'annuncio del Vangelo in tutto il mondo, con quei fatti di grande evidenza, può essere che l'Apostolo, o fratelli, si contrapponga a tanta evidenza dicendo: La carne e il sangue non possono entrare in possesso del regno di Dio ?

13.14 - Prima risposta che elimina il problema

Ora potremmo risolvere questa questione non tenendo conto di critiche che riteniamo vane, ma invece mostreremo di poter rispondere in breve, poi chiariremo attentamente come si debba propriamente intendere il passo dell'Apostolo.

Ecco la risposta che è facilissimo dare: nel Vangelo si legge che Cristo è risorto nel corpo nel quale fu sepolto, che fu visto e toccato dai discepoli e, poiché lo credevano un fantasma, si rivolse loro dicendo: Toccatemi e guardate: un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho. ( Lc 24,39 )

L'Apostolo invece scrive: Carne e sangue non potranno entrare in possesso del regno di Dio.

Accetto l'una e l'altra frase e affermo che non sono contrastanti tra loro.

É breve spiegare perché io accetto entrambe le affermazioni.

É giusto quello che dice l'Apostolo: Carne e sangue non potranno entrare in possesso del regno di Dio, ( 1 Cor 15,50 ) perché la carne per sé non può possedere, ma solo essere posseduta: il tuo corpo non possiede nulla ma è l'anima che, servendosi del corpo, possiede ogni cosa, e possiede anche il corpo.

Se dunque la carne risorge per essere ripresa, non per riprendere, per essere posseduta, non per possedere, non sorprende che non possa entrare in possesso del regno di Dio, dal momento che, certo, il corpo sarà posseduto.

La carne infatti ha il possesso di coloro che non sono regno di Dio, ma regno del diavolo, e sono quindi appunto soggetti ai piaceri della carne.

Il paralitico era portato dal suo lettuccio, ma il Signore dopo averlo guarito lo invita: Prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua. ( Mc 2,11 )

Una volta guarito dalla paralisi egli possiede il suo corpo, lo conduce dove vuole: non è trascinato dal suo corpo dove non vuole, ma è lui che lo porta, invece di esserne portato.

É chiaro che nella risurrezione la carne non possederà attrattive con cui trascinare l'anima a seguire i suoi stimoli di piacere e le sue lusinghe che la porterebbero dove non vuole, e quindi la vincerebbero, come è scritto: Vedo nelle mie membra un'altra legge che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra.

Questo corrisponde al tempo in cui il paralitico è ancora trasportato dal suo lettuccio, non è lui a portarlo.

Paolo può quindi esclamare: Sono uno sventurato!

Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?; e a questa domanda si risponda: Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,22-25 )

Dunque quando saremo risorti, non saremo sospinti dalla nostra carne, ma saremo noi a farla muovere; e se la muoveremo noi, saremo pure noi a possederla, e se la possederemo, non ne saremo posseduti, perché, liberati dal diavolo, saremo regno di Dio.

Ecco dunque che carne e sangue non potranno possedere il regno di Dio.

Tacciano quindi quei falsi critici che mostrano di essere proprio solo carne e sangue e di pensare solo secondo la carne.

Anche di coloro che ostinandosi a restare nella loro sapienza secondo la carne, sono giustamente detti sangue e carne, possiamo giustamente dire che non entreranno in possesso del regno di Dio.

Riferendosi ad essi l'Apostolo dice anche: La nostra battaglia non è contro creature fatte di carne e sangue. ( Ef 6,12 )

14.14 - Così dunque si deve risolvere il problema posto: questi uomini che sono fatti di carne e sangue, se non si convertiranno alla vita secondo lo spirito, e con lo spirito non mortificheranno le opere della carne, non potranno entrare in possesso del regno di Dio.

14.15 - Si esamina il vero significato della frase di Paolo

Ma qualcuno si chiederà che cosa intenda dire l'Apostolo con la sua frase: essa va interpretata in tutto il contesto del passo che solo ne spiega il senso più vero.

Ascoltiamolo dunque, e dall'intero contesto del passo, vediamo che cosa volesse farci capire: Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo.

Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra, ma quale è il celeste, così anche i celesti.

E come noi abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste.

Questo vi dico, fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità. ( 1 Cor 15,47-50 )

Il passo dunque distingue l'uomo terreno e l'uomo celeste; gli uomini conformi al primo sono terreni, cioè destinati a morire, quelli conformi al secondo sono celesti, cioè tutti destinati a risorgere.

L'uomo celeste al quale si fa qui allusione è già risorto ed è salito in cielo.

Noi attraverso la fede che professiamo formiamo un solo corpo con lui perché sia lui il nostro capo.

Le membra devono seguire il loro capo, ognuna nell'ordine suo proprio: quello che si è manifestato nel capo si manifesterà anche nelle sue membra, ma per ora dobbiamo vivere nella fede per giungere un giorno a quella realtà.

Altrove egli dice: Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. ( Col 3,1-2 )

Se è vero che non siamo ancora risorti nel modo che Cristo è risorto nel corpo, tuttavia per la fede si dice che siamo risorti con Cristo: e lui ci comanda di portare nella fede l'immagine dell'uomo celeste che già è nei cieli.

14.16 - In che senso il Cristo è uomo celeste venuto dal cielo

Uno potrebbe chiedere perché l'Apostolo a proposito del secondo uomo non dice che è in cielo, ma che viene dal cielo, mentre anche lo stesso Signore prese un corpo terreno perché Maria era progenie di Adamo e Eva.

Ma l'uomo terreno è caratterizzato dalla concupiscenza, poiché la passione terrena congiunge maschio e femmina nel generare e la prole porta con sé dagli stessi genitori il peccato originale.

Cristo invece, anche se assunse la carne dalla terra, non nacque da terrena passione nell'utero verginale: così va interpretata la voce dello Spirito Santo: La verità è germogliata dalla terra. ( Sal 85,12 )

Non si dice uomo terreno dunque, ma celeste, e venuto dal cielo.

Certo lo si deve dire uomo celeste e venuto dal cielo lui nel quale non vi fu mai peccato, se per grazia egli diede ai suoi fedeli che si potesse giustamente dire quello che dice l'Apostolo: Siamo cittadini dei cieli. ( Fil 3,20 )

A causa del suo peccato fu detto all'uomo: Tu sei terra e in terra ritornerai. ( Gen 3,19 )

É dunque giusto dichiarare venuto dal cielo l'uomo celeste la cui vita non si allontanò mai dal cielo, anche se il Figlio di Dio si è fatto anche figlio dell'uomo assumendo dalla terra un corpo, cioè facendosi servo.

Non poté salire se non colui che era disceso.

Anche se gli altri a cui egli ne fa dono salgono in cielo, anzi vi sono sollevati per suo dono di grazia, è sempre lui stesso che sale perché essi diventano in lui corpo suo: è sempre lui solo che sale, come risulta da quanto scrive l'Apostolo presentando il grande mistero costituito da Cristo e dalla Chiesa: I due formeranno una carne sola. ( Ef 5,31 )

É scritto anche: Dunque non sono più due, ma una carne sola. ( Mt 19,6 )

Per questo: Nessuno è mai salito al cielo fuorché il figlio dell'uomo che è disceso dal cielo. ( Gv 3,13 )

Si precisa appunto: che è nel cielo perché nessuno creda che la sua vita si sia mai allontanata dal cielo anche quando si mostrò in terra agli uomini in un corpo terreno.

Come dunque abbiamo portato l'immagine dell'uomo terreno così dobbiamo portare anche quella di colui che è nel cielo, ( 1 Cor 15,49 ) in questo frattempo la dobbiamo portare nella fede, per la quale anche siamo risorti con lui, affinché anche il nostro cuore sia lassù dov'è Cristo seduto alla destra del Padre, e perciò cerchiamo e gustiamo le cose di lassù, non quelle della terra.

15.17 - Si distingue l'uso dei vocaboli carne e corpo

L'Apostolo trattava della risurrezione dei morti e aveva posto così il problema: Ma qualcuno dice: Come risorgono i morti? Con quale corpo verranno? ( 1 Cor 15,35 ) poi aveva affermato: Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo.

Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra, ma quale è il celeste, così anche i celesti.

Egli vuole con ciò farci sperare che avvenga del nostro corpo quello che è già avvenuto del corpo di Cristo, e quindi farci avere già nella fede quello che ancora non possediamo nella realtà.

Per questo aveva soggiunto: Come noi abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste.

L'Apostolo vuole farci capire che non risorgeremo alla stessa vita che conducevamo secondo il primo uomo sottoposto a corruzione, soggiungendo subito: Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio. ( 1 Cor 15,47-50 )

Dicendo: Carne e sangue vuole indicare non quelle realtà corporee come tali, ma la loro corruttibilità, la quale sparirà nella vita dei risorti: quello che è carne è corruttibile e mortale, mentre il termine corpo è usato per indicare il corpo esente da corruzione che permane immutato.

Solo per analogia si può usare in questo caso il termine carne, così come si è potuto per analogia parlare di carne degli angeli, quando questi sono apparsi a uomini in aspetto di uomini, mentre erano corpo, non carne, liberi dalla necessità che comporta l'essere soggetti a corruzione.

Per questo appunto, dato che per una certa somiglianza possiamo chiamare carne anche il corpo che non si corrompe, l'Apostolo proseguendo, vuol chiarire in che senso abbia detto carne e sangue: voleva alludere alla carne che si corrompe, non alle realtà corporee come tali, e per spiegare la sua affermazione: La carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, aggiunge subito: Ciò che è corruttibile non può ereditare l'incorruttibilità. ( 1 Cor 15,50 )

15.18 - La vita dei risorti non va concepita secondo le categorie della carne

Uno a questo punto potrebbe chiedersi: Se la corruttibilità non può possedere l'incorruttibilità, come potrà vivere il nostro corpo in quella vita?

L'Apostolo vuole rispondere a questo interrogativo e al dubbio se non sia vana la nostra fede nella risurrezione della carne.

Se la carne e il sangue non potessero ereditare il regno di Dio, sarebbe vana la nostra fede nella risurrezione del Cristo che è risorto dalla morte nel corpo con il quale nacque e fu crocifisso, e in esso è asceso al cielo davanti agli occhi dei discepoli, e dal cielo si rivolse all'Apostolo in persona: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ( At 9,4 )

Questo ha presente il santo e beato apostolo Paolo che si adoperava con pio amore a generare il suoi figli nel Cristo per mezzo del Vangelo, ( 1 Cor 4,15 ) non con un atto solo, ma in continuità, fino a che si fosse in loro formato il Cristo, ( Gal 4,19 ) cioè fino a che nella fede portassero l'immagine di lui che è venuto dal cielo.

Egli non voleva che restassero così in basso da credere che nella vita eterna avrebbero fatto le stesse cose di questa vita, continuando nei piaceri del mangiare e del bere, dello sposarsi e del generare secondo la carne.

Queste sono opere della carne in quanto corruttibile, non del corpo in sé.

E che la nostra vita di risorti non sarà fatta di tali cose lo dichiara, come già ho fatto notare, il Signore stesso nel passo del Vangelo che è stato proclamato poco fa.

I Giudei credevano nella risurrezione della carne ma la concepivano come un prolungarsi della stessa vita che si conduce sulla terra, e per questa concezione ancora carnale non potevano rispondere ai Sadducei che ponevano loro il problema di chi sarebbe stata moglie la donna che aveva avuto come mariti un dopo l'altro sette fratelli, ciascuno dei quali avrebbe voluto far nascere da lei una discendenza per il fratello morto.

I Sadducei costituivano una setta dei Giudei che non credeva nella risurrezione, e i Giudei di fronte al problema che essi ponevano loro, non sapevano rispondere, restando nell'incertezza perché credevano che carne e sangue potessero ereditare il regno, passando dalla corruttibilità all'incorruttibilità.

Venne colui che è la Verità e gli fu posta quella domanda dagli stessi Sadducei con l'intenzione di trarlo in inganno, mentre erano loro in inganno.

Il Signore che sapeva bene che cosa dire e voleva portarci a conoscere quello che ignoravamo, risponde con l'autorità della sua maestà, dicendo quello che dobbiamo credere.

L'Apostolo da parte sua l'ha esposto come gli è stato concesso.

Noi a nostra volta cerchiamo di capire per quanto possiamo.

Questa dunque la risposta che il Signore diede ai Sadducei: Voi vi ingannate non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio.

Nella risurrezione infatti non si prende moglie né marito e nemmeno si potrà più morire perché si sarà uguali agli angeli di Dio.

Grande potenza di Dio. Perché nella risurrezione non si prenda più moglie o marito?

É scomparsa la morte, quel perire della carne per cui uno succede in certo modo a chi è defunto.

Il Signore aveva percorso le età della vita dall'infanzia alla maturità perché la sua carne era ancora mortale.

Quando dopo essere stato sepolto egli risorse, una volta salito in cielo non possiamo pensare che diventi vecchio.

Perciò egli dice: Saranno uguali agli angeli di Dio.

Respinge dunque le insinuazioni false dei Giudei, elimina le calunnie dei Sadducei, i quali credevano nella risurrezione dei morti ma immaginavano la loro vita in forma ancora carnale.

Saranno uguali agli angeli di Dio.

Oltre ad appellarsi alla potenza di Dio, egli si richiama anche alla autorità della Scrittura: Quanto alla risurrezione non avete letto quello che è stato detto da Dio a Mosè dal cespuglio: Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe?

Ora, Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi. ( Mt 22,23-32; Lc 20,27-38 )

16.19 - La trasformazione che attende i buoni nella risurrezione

Questo basta dunque a confermare che risorgeremo: il Signore ci ha fatto sapere che risorgeremo alla vita degli angeli, e lui stesso con la sua risurrezione ci ha mostrato in quale forma risorgeremo.

Sarà una forma non soggetta a corruzione, come dice l'Apostolo: Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità.

Egli intende precisare che dicendo carne e sangue si riferiva alla corruttibilità del corpo mortale e animale.

Poi egli risolve anche un altro problema che gli ascoltatori attenti gli potevano porre, mostrando di prendersi cura lui stesso della comprensione dei suoi figli, più di quanto i figli si prendano cura di quello che dicono loro i genitori.

Soggiunge: Ecco io vi annuncio un mistero.

Sospendi ora il tuo pensiero, uomo, chiunque tu sia.

Le parole dell'Apostolo: La carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, ti portavano a dubitare della risurrezione del corpo come se la negassero; ma ascolta quello che segue e correggi le congetture del tuo pensiero.

Egli dice: Ecco io vi annunzio un mistero: tutti in verità risorgeremo, ma non tutti saremo trasformati. ( 1 Cor 15,50-52 )

Cerchiamo di chiarire. Un mutamento può avvenire in meglio o in peggio; e se non è ancora chiarito in che senso si debba intendere il mutamento cui allude l'Apostolo, attendi la spiegazione successiva: egli non permette che tu ti perda nelle tue congetture e intervenendo con la sua autorità spiega chiaramente quale mutamento intenda.

Dicendo: Tutti risorgeremo, ma non tutti saremo trasformati, fa pensare che risorgeranno tutti, buoni e cattivi, ma dobbiamo capire chi sarà trasformato.

E se questo mutamento sarà in meglio o in peggio verrà chiarito dalla precisazione di chi sarà trasformato: il mutamento sarà in peggio se riguarda i cattivi, in meglio se riguarda i buoni.

In un istante [ un atomo di tempo ], in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba: suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati.

Quando dice noi saremo trasformati, ( 1 Cor 15,52 ) intende riferirsi a un mutamento in meglio.

Ma non è stato ancora chiarito fino a che punto si compia e in che cosa consista.

Un mutamento in meglio può essere detto anche quello del passaggio dall'infanzia alla giovinezza che fece superare le debolezze della prima età, non togliendo però la debolezza della condizione di mortalità.

17.20 - In un atomo di tempo avverrà la risurrezione dei morti

Ripercorriamo dunque bene il passo analizzandolo punto per punto.

Dicendo in un atomo di tempo l'Apostolo intende risolvere tutte le difficoltà che tenevano sospesi i cuori dei fedeli, parendo già loro difficile pensare la risurrezione dei morti.

Egli non solo la afferma, ma la dichiara più rapida del concepimento o della nascita alla vita terrena: questa ha richiesto lunga attesa nell'utero della madre, così come fu poi necessario il tempo per la crescita di età in età.

Niente di simile per la risurrezione che egli dice cosa di un istante; e usa il termine che molti forse non sanno che cosa significa: vocabolo di derivazione greca, atomo significa qualcosa che non si può tagliare, da che significa taglio, divisione.

Viene usato per indicare un corpo, un corpuscolo tanto piccolo da non poter essere tagliato, ovvero per indicare uno spazio di tempo tanto breve da non poter essere suddiviso.

Per spiegarmi anche ai più lenti a comprendere, faccio l'esempio di una pietra che possiamo spaccare in pietruzze e sminuzzare poi come grani di sabbia e ancora ridurre in polvere fino a che arriviamo a un frammento minimo che non possa essere ulteriormente diviso.

Questo è l'atomo materiale; ed ecco un esempio dell'atomo di tempo.

L'anno si divide in mesi, i mesi si dividono in giorni, i giorni in ore, le ore in parti minori abbastanza estese, che a loro volta ammettono suddivisioni fino ad arrivare a quel minimo punto di tempo - quasi una stilla di istante -, che non comporta né il prolungamento di un pur minimo ritardo né quindi alcuna suddivisione: e per questo si dice atomo di tempo.

Non solo non è dunque vero quello che qualcuno voleva sostenere, che i morti non risorgono, ma essi risorgono con tanta celerità che in un atomo di tempo si compirà la risurrezione di tutti i morti.

18.20 - E per dare la misura dell'atomo di tempo, sapendo di essersi espresso in modo non a tutti comprensibile, aggiunge subito: In un batter d'occhio, intendendo riferirsi non al movimento con cui apriamo e chiudiamo le palpebre, ma all'emissione di raggi nell'atto del guardare, perché appena leviamo in alto lo sguardo, parte un raggio il quale raggiunge il cielo dove vediamo il sole, la luna le stelle, le costellazioni, che pure sono a un'immensa distanza dalla terra.

Dice poi ultima tromba l'ultimo segnale per cui i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati.

Si riferisce a noi fedeli, che primi risorgeremo alla vita eterna.

Quindi il mutamento che avverrà sarà in meglio, non in peggio, perché sarà proprio di chi è pio e santo.

18.21 - Riguarderà la carne, non il corpo la trasformazione dell'immortalità

Però come va intesa questa trasformazione? Che significano le parole: Saremo trasformati?

Viene perduto l'aspetto corporeo che abbiamo ora o soltanto quella corruttibilità di cui si era detto che: La carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità?

Preoccupato che la sua dichiarazione potesse indurre a disperare della risurrezione del corpo i suoi ascoltatori, egli aveva subito aggiunto: Ecco vi annuncio un mistero: tutti risorgeranno, ma non tutti saremo trasformati, precisando che saremo trasformati, perché non pensiamo a un mutamento in peggio.

Resta da spiegare quale trasformazione avverrà: É necessario che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.

Questo vuol dire che non esisterà più una carne corruttibile, e quindi non si parlerà più di corruzione perché la carne non sarà corruttibile, e verranno meno i nomi stessi di carne e sangue, propri della natura mortale.

Quindi la carne risorgerà e, poiché sarà trasformata e diventerà incorruttibile, è vero che la carne e il sangue non entreranno in possesso del regno.

Se si vuole interpretare il mutamento come riferito a coloro che quel giorno troverà ancora in vita in modo che i morti risorgeranno e quelli ancora vivi saranno trasformati - ammesso che a loro si riferisca l'Apostolo dicendo: e noi saremo trasformati -, si deve anche intendere che l'incorruttibilità sarà di tutti quando questo corpo corruttibile sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità.

Allora si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria.

Dov'è, o morte, la tua vittoria? dov'è, o morte, il tuo pungiglione?

Il corpo libero dalla mortalità non può più propriamente dirsi carne e sangue, che sono propri dei corpi terreni, ma si dice corpo e si potrebbe specificare corpo celeste, secondo la distinzione dei tipi di corpi che fece lo stesso Apostolo: Non ogni carne è la medesima carne: altra è la carne di uomini, altra quella di animali, altra quella di uccelli e altra quella di pesci o di serpenti; vi sono corpi celesti e corpi terrestri. ( 1 Cor 15,39.55 )

Non si può qualificare celeste la carne benché si possa anche chiamare corpo, ma corpo terreno.

Ogni carne è corpo, ma non è carne ogni corpo, non solo perché non si dice carne il corpo celeste, ma perché ci sono anche altri corpi terrestri, i vegetali, i minerali e così via.

Così appunto carne e sangue non potranno ereditare il regno di Dio perché la carne risorgendo sarà trasformata in quel corpo libero dalla corruzione mortale che non potrà più essere detto carne e sangue.

19.22 - C'è chi crede vera solo la risurrezione dello spirito, non l'altra

Ora vi preghiamo, fratelli, di stare attenti perché dobbiamo trattare una cosa importante che riguarda la nostra fede, e dobbiamo guardarci non tanto dai pagani, quanto da alcuni perversi che vogliono dirsi e apparire cristiani.

Non ne mancavano di simili anche al tempo degli Apostoli quando vi fu chi cercava sovvertire la fede di alcuni dichiarando già avvenuta la risurrezione.

Di essi l'Apostolo dice: Hanno errato circa la verità sostenendo che la risurrezione è già avvenuta e così sconvolgono la fede di alcuni. ( 2 Tm 2,18 )

Non vanamente l'Apostolo dice che errarono circa la verità, non dice che deviarono dalla verità.

In realtà non mantennero la verità.

Dunque la morte è eliminata, non esisterà più in un certo modo.

Scrive l'Apostolo che ciò che è mortale verrà assorbito dalla vita. ( 2 Cor 5,4 )

É stato anche scritto che il Signore ingoiò la morte. ( 1 Pt 3,22 )

Non si può dire che la morte se ne sia andata via, come se avesse una sostanza sua propria, ma cessa di essere insita in quel corpo che pure si vede immutato nell'aspetto: conserva ancora lo stesso aspetto, ma non è più soggetto a corruzione e morte; la corruttibilità non è andata altrove, ma è stata soppressa, inghiottita proprio là dove era insita.

Questo spiega la frase dell'Apostolo che abbiamo citata, e il fatto che non abbia detto che la morte era scomparsa per la vittoria, ma che era stata inghiottita.

L'errore di alcuni dunque concerne la verità in quanto riconoscevano vera una risurrezione, ma negavano l'altra.

20.23 - Quale risurrezione spetta ai malvagi, quale ai buoni

V'è infatti una risurrezione che viene dalla fede per la quale chi crede risorge nello spirito; e questa risurrezione nello spirito è la premessa della futura risurrezione nel corpo perché, se uno non è risorto prima nello spirito con la fede, non risorgerà nel corpo secondo quella trasformazione che libererà e purificherà da ogni corruzione; risorgerà invece per vivere la pena nell'integrità del corpo.

Integro sarà anche il corpo degli empi che non apparirà menomato in nulla: ma l'integrità fisica sarà in vista della pena, e così anche una certa solidità del corpo, pur non esente da corruzione, proprio in quanto soggetto a dolore; tuttavia la debolezza non deve esser tale da cedere per le sofferenze, appunto perché il dolore non deve cessare.

Non senza motivo la corruttibilità è espressa, nel testo profetico, con l'immagine del verme e il dolore con quella del fuoco: Il loro verme non morirà, il loro fuoco non si spegnerà: ( Is 66,24; Mc 9,43.45 ) la saldezza di quei corpi sarà tale che essi non cederanno alla sofferenza fino a morirne, né saranno trasformati divenendo incorruttibili, non più soggetti al dolore.

Questa trasformazione che libera dalla corruzione, toccherà invece ai santi, a quelli che ora sono risorti nello spirito per la fede: alla loro risurrezione si riferisce l'Apostolo: Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù dove si trova Cristo Gesù assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra.

Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio.

Come moriamo nello spirito così anche nello spirito risorgiamo; allo stesso modo poi moriremo nel corpo e risorgeremo nel corpo.

La morte secondo lo spirito sta nel non credere alle cose vane che si credevano, nel non fare le cose cattive che si facevano.

Invece è risurrezione secondo lo spirito credere salutari cose che non si credevano tali, e fare quel bene che prima non si faceva.

Colui che prima riteneva dèi gli idoli terreni e le invenzioni degli uomini, poi, avendo conosciuto l'unico Dio, ha creduto in lui, costui è morto all'idolatria e risorto nella fede cristiana.

Colui che, dedito prima al vino, si è fatto sobrio, morendo all'ubriachezza è risorto nella sobrietà.

Ogni volta che si abbandonano le cattive abitudini, qualcosa muore dentro e l'anima risorge nelle opere di bene.

Così appunto insegna l'Apostolo: Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria. ( Col 3,1-5 )

Fatte morire queste parti cattive di noi, risorgiamo in quelle buone a esse opposte: nella santità, nella pace, nella carità, nell'elemosina.

C'è una morte nello spirito che precede la risurrezione nello spirito, così c'è una morte nella carne che precede la risurrezione nella carne.

21.24 - Passi dell'Apostolo che attestano vere entrambi le risurrezioni

Conosceremo dunque due risurrezioni.

Alla risurrezione spirituale si riferiscono alcuni passi della Scrittura: Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti ( Ef 5,14 ) e: Su coloro che abitavano nell'ombra di morte una luce rifulse; ( Is 9,2 ) e anche il passo che ho citato poco fa: Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù. ( Col 3,1 )

L'Apostolo fa riferimento alla risurrezione dei corpi rispondendo alla domanda che si era posto: Ma qualcuno dirà: Come risuscitano i morti? e con quale corpo verranno? ( 1 Cor 15,35 )

Egli trattava della risurrezione del corpo nella quale il Signore precedette la sua Chiesa, e di essa dice: É necessario che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità, ( 1 Cor 15,53 ) appunto perché aveva scritto che carne e sangue non potranno ereditare il regno di Dio. ( 1 Cor 15,50 )

Anche un altro passo dell'apostolo Paolo dà una testimonianza chiarissima delle due risurrezioni, quella nello spirito e quella nella carne.

Carne è detto il corpo mortale che è animato o fu animato di vita; così egli scrive: Se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione.

Si deve quindi intendere che dalla giustificazione viene la risurrezione dello spirito: vedi se possiamo sperare anche la risurrezione del corpo.

Del corpo egli scrive che è morto intendendo dire che è mortale, come risulta dal seguito del passo: Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. ( Rm 8,10-11 )

Perciò poté dire: Errarono circa la verità, avendo essi negato una risurrezione, e non disse che deviarono dalla verità, come avrebbe detto se avessero negato completamente la risurrezione.

Essi riconobbero solo una risurrezione, quella dello spirito, e negarono l'altra che attendiamo nella carne, dicendo già avvenuta la risurrezione: poiché dunque sostenendo questo cercavano di credere e sperare nella risurrezione futura del corpo, l'Apostolo dice di loro: Sovvertono la fede di alcuni. ( 2 Tm 2,18 )

22.25 - Le due risurrezioni sono attestate dal Signore stesso nel Vangelo secondo Giovanni

Ma ascoltate ormai la testimonianza apertissima data dal Signore stesso nel Vangelo secondo Giovanni.

Egli proclama in un medesimo passo entrambe le risurrezioni, sia quella dello spirito che avviene ora, sia quella della carne che verrà poi, e le proclama in modo che non possa più avere dubbi chi si dichiari comunque cristiano e riconosca l'autorità del Vangelo, e in modo che sia chiusa ogni strada a quei falsatori di verità che vogliono sovvertire i credenti servendosi di elementi dalla fede cristiana mescolati con i loro veleni per condurre a morte le anime dei deboli.

Ma ascoltate dunque dal libro stesso la lettura del passo: io ho l'ufficio non solo di interprete ma anche di lettore, in modo che il nostro discorso sia ben sostenuto dall'autorità della Scrittura sacra e non costruito sulla sabbia, ricorrendo a congetture umane quando qualcosa sfugge alla memoria.

Ascoltate dunque il passo del Vangelo di Giovanni.

Parola del Signore: In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.

In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata vivranno.

Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso; e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo.

Non vi meravigliate di questo perché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. ( Gv 5,24-29 )

Credo che molti comprendano che qui il Signore stesso ha affermato in modo chiaro e esplicito entrambe le risurrezioni, quella dello spirito nella fede, e quella della carne che sarà annunciata in modo chiaro ed esplicito dalla famosa tromba.

Ma esaminiamo attentamente queste parole perché tutti quelli che mi ascoltano ne abbiano chiaro il senso.

In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.

Qui Gesù allude alla risurrezione dello spirito, che avviene ora nella fede, ma perché essa non sembri ancora di là da venire, non usa il verbo al futuro ma usa il perfetto: è passato.

Tuttavia poiché il perfetto può essere usato in senso figurato per enunciare un fatto che avverrà nel futuro - come nella frase: Trapassarono le mie mani e i miei piedi ( Sal 22,17 ) -, egli prosegue esprimendosi in forma ancor più chiara.

Sopra aveva detto: É passato dalla morte alla vita, ora dice esplicitamente: Vivranno.

E per evitare che l'espressione è venuta l'ora si intenda riferita alla fine dei tempi, quando avverrà anche la risurrezione dei corpi, aggiunge: ed è questa l'ora.

Non dice solo: viene l'ora, ma precisa: è giunta.

Chi dunque ascolta la sua parola vivrà: s'intende vivrà di quella vita per cui, come ha dichiarato sopra, è passato dalla morte alla vita.

Sono qui indicati coloro che non saranno toccati dalle pene del giudizio perché con la loro fede prevengono il giudizio e passano dalla morte alla vita.

23.26 - Come sarà la risurrezione del corpo

Fin qui il Signore ha ricordato che la risurrezione attuale dello spirito riguarda solo i buoni; ora gli resta da mostrare che il giudizio separa buoni e cattivi, e così prosegue: Gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo.

Fa sapere perché ha ricevuto il potere di giudicare: perché, dice, è Figlio dell'uomo, mentre l'essere Figlio di Dio gli dà quel potere eterno che ha in comune con il Padre.

Quindi chiarisce come avverrà il giudizio: Non vi meravigliate di questo perché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.

Mentre sopra, all'annuncio: è venuto il momento, aveva aggiunto la precisazione: ed è questo, perché non si pensasse alla risurrezione futura dei corpi alla fine dei tempi, ora invece vuole indicare proprio quel tempo futuro, e perciò annuncia che viene l'ora, senza aggiungere: ed è questa.

In modo analogo, prima si era riferito ai morti che ascoltano la voce del Figlio di Dio, senza far menzione dei sepolcri, volendo distinguere coloro che, morti a causa della deviazione nell'errore, risorgono ora per la fede, dai morti giacenti cadaveri nelle tombe, i quali risorgeranno alla fine dei tempi.

Ora invece volendo farci sperare proprio quella finale risurrezione dei corpi, dice: Tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: E anche sopra dice: Udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno, ( Gv 5,27-29 ) dove la precisazione: quelli che l'avranno ascoltata è necessaria perché, riferendosi a coloro che sono morti per la caduta nell'errore, deve fare distinzione tra coloro che ascoltano e quelli che non ascoltano, cioè non ubbidiscono e non credono.

Avranno la vita solo coloro che presteranno ascolto nel modo che egli richiede quando dice: Chi ha orecchi per intendere intenda. ( Lc 8,8 )

Molti udranno, ma avranno la vita solo quelli che presteranno ascolto, cioè crederanno, mentre chi udrà la voce senza credere, non avrà la vita.

Da questo risulta chiaro a quale morte e a quale vita egli si riferisca in quel passo: la morte è quella che spetta ai cattivi per il fatto stesso che sono cattivi, e la vita quella che spetta ai soli buoni in quanto diventano buoni.

24.26 - In quest'altro passo invece, riferendosi alla risurrezione dei corpi, egli non fa distinzioni perché tutti udranno l'ultima tromba e usciranno, perché tutti risorgeranno.

Ma poiché non tutti saremo trasformati, aggiunge: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. ( Gv 5,29 )

Nella risurrezione spirituale per la fede tutti risorgono con la stessa sorte perché non vi saranno distinzioni di beatitudine e miseria, ma a tutti spetterà la parte buona.

Perciò dice: Quelli che avranno ascoltato, vivranno, ( Gv 5,25 ) senza distinguere: per la vita eterna quelli che fecero il bene, per la condanna quelli che fecero il male, ma dice solo: vivranno, che va inteso solo in senso positivo, come è già stato detto sopra: è passato dalla morte alla vita, ( Gv 5,24 ) senza che sia precisato a quale vita perché non può che essere vita buona quella a cui fa rinascere la fede.

Del resto in tutto il passo che ho letto, l'espressione vivranno è detta in senso buono, mentre si usa l'espressione usciranno ( Gv 5,28.29 ) per indicare la ripresa di movimento dei corpi che escono dai loro sepolcri: e a questo proposito poiché l'uscita dai sepolcri non sarà per tutti un bene, egli deve distinguere tra quelli che fecero il bene e quelli che fecero il male, tra risurrezione per la vita e risurrezione per il giudizio che è la condanna.

25.27 - Quale la vita dei risorti

A questo punto sarebbe sottigliezza falsa, o fratelli, chiedere quale aspetto avranno i corpi risorti, quale sarà la loro statura, come si muoveranno e cammineranno: deve bastare sapere che il nostro corpo risorgerà e avrà quell'aspetto di uomo nel quale si manifestò il Signore.

Ma questo aspetto non deve far temere che esso sia soggetto a corruzione, così come non si può dubitare dell'affermazione che carne e sangue non avranno l'eredità del regno, ( 1 Cor 15,50 ) a meno di voler cadere nella trappola dei Sadducei credendo che si risorga per prendere moglie, generare figli, svolgere le attività della vita mortale.

Nessuno certo è in grado di illustrarvi come sarà quella vita.

Sarà vita di angeli. Perciò la si potrebbe capire conoscendo la vita degli angeli, perché i risorti saranno simili agli angeli.

Ma poiché noi non la conosciamo, evitiamo di indagare oltre con impazienza, come volendo affrettare i tempi, col rischio di inventare qualcosa che non è quello che cerchiamo.

Dovete percorrere il vostro cammino; se non vi scostate dalla via, giungerete alla patria.

Aderite al Cristo, mantenete la fede, fratelli, proseguite sulla via, e il cammino stesso vi condurrà a vedere quello che ora non potete vedere.

La speranza attende che si manifesti nelle membra quello che già si è manifestato in colui che è il capo: in lui che è il fondamento è già compiuto quello che da noi deve essere costruito man mano nella fede in attesa che si compia nella visione.

Dovete evitare di credere di vedere scambiando per vera qualche falsa immagine, per non deviare sulla via dell'errore e non raggiungere la patria a cui porta il vostro cammino, cioè quella visione alla quale conduce la fede.

26.28 - Dal perpetuo sabato saranno assenti tutte le attività, anche le opere di misericordia

Se vuoi capire come vivono gli angeli, ti basti sapere che non sono soggetti a corruzione; ma di quella vita è più facile dirti quale non sarà che quale sarà.

Potrei anch'io, fratelli miei, elencare rapidamente aspetti di vita che non saranno propri dell'altra, e lo posso fare perché l'esperienza di questa vita mi ha fatto capire che cosa non sarà proprio dell'altra; ma ancora non conosciamo gli aspetti che saranno propri di quella futura.

Camminiamo nella fede, e non ancora in visione, e: finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore. ( 2 Cor 5,6-7 )

Dunque non apparterrà a quella vita il prendere moglie per propagare la prole, perché non vi sarà più la morte; né sarà proprio di quella vita il crescere perché le sarà estraneo l'invecchiare, né il ristorare le forze perché neppure verranno meno; non si svolgeranno affari perché non vi saranno neppure i bisogni; spariranno anche quelle nobili attività dell'uomo che sono rese necessarie dalla povertà e dai bisogni di questa vita.

Non vi saranno latrocini o usura, ma neppure le opere svolte dai buoni a sollievo dei bisognosi.

27.28 - Sarà un perpetuo sabato: dobbiamo immaginare divenuto eterno il sabato che i Giudei celebrano nel tempo.

Sarà una quiete ineffabile di cui non si può precisare in positivo che cosa sarà, ma dire in negativo che cosa non sarà.

A quella pace tendiamo, in vista di quella rinasciamo spiritualmente: come infatti nasciamo ai travagli della carne, così rinasciamo alla pace dello spirito, seguendo la voce di colui che grida: Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. ( Mt 11,28 )

Qui ora egli ci alimenta, là poi ci dà la pienezza; qui promette, là mantiene la promessa; qui si manifesta con segni, là si manifesta al vivo.

Nessuna delle nostre attività terrene permarrà quando vivremo in quella beatitudine, pienamente salvi, in pienezza di spirito e corpo.

E non perdureranno neppure le opere buone che si apprezzano nei cristiani: qui si loda un cristiano che dia il pane a chi ha fame, dia da bere a chi ha sete, vesta chi è nudo, accolga lo straniero, porti pace tra i litiganti, visiti il malato, dia sepoltura al defunto, consoli chi piange.

Sono le grandi opere che manifestano la misericordia, piene di lode e di grazia, ma anch'esse spariranno perché nate dalle necessità della nostra miseria; non vi sarà più nessuno da sfamare dove nessuno patisce la fame, nessuno da dissetare dove nessuno soffre la sete, nessuno da vestire dove tutti sono rivestiti della veste immortale.

Avete udito dall'Apostolo quale sarà la veste dei santi: Questo corpo corruttibile sarà rivestito d'incorruttibilità; ( 1 Cor 15,53 ) essere rivestito implica un indumento, ed è questo l'indumento che fu perduto da Adamo il quale dovette ricoprirsi di pelli.

Parimenti non si potrà ospitare uno straniero dove tutti vivranno nella loro patria, né visitare i malati là dove tutti allo stesso modo godranno la stabile salute della incorruttibilità, né seppellire un morto là dove a nessuno viene meno la vita, né mettere d'accordo i litiganti là dove tutti vivono nella pace, né consolare gli afflitti là dove tutti avranno il gaudio eterno.

Poiché dunque verranno meno tutte le miserie, non avranno neppure luogo le opere di misericordia.

28.29 - Il canto dell'Amen e dell'Alleluia, l'unica attività e incessante diletto

Che cosa dunque si farà in quella vita è più facile, come ho già detto, spiegarlo per via di negazione che per via di affermazioni.

Certo non avremo bisogno di dormire interrompendo l'attività, perché anche il sonno è dato come necessaria sospensione in quanto il fragile corpo non reggerebbe all'esercizio ininterrotto dei sensi, se questi non si sopissero in modo che la fragilità stessa serva al recupero necessario per resistere all'attività: dal sonno viene la capacità di stare svegli e attivi così come dalla morte viene il rinnovamento della vita.

Quindi il sonno non sarà proprio della vita futura perché dove non c'è morte non c'è neppure l'immagine della morte.

Tuttavia nessuno abbia paura della noia sentendo dire che si sarà sempre svegli senza fare nulla.

Che cosa faremo là io sono in grado di dirlo in parte, anche se non posso ancora dire nulla di preciso perché sinora non posso vedere: dico umilmente qualcosa perché l'attingo dalla Scrittura.

Tutta la nostra attività consisterà nell'Amen e nell'Alleluia.

Che dite, fratelli? Vedo che vi rallegra l'udire questo, ma vi prego anche di non rattristarvi ancora ragionando secondo la mentalità carnale che porta a pensare che, se uno stesse fermo a ripetere tutto il giorno Amen e Alleluia, proverebbe una gran noia e dormicchierebbe sulle sue stesse acclamazioni, con il solo desiderio di tacere.

Ci si potrebbe addirittura immaginare una vita sgradevole, tutt'altro che desiderabile, e chiedersi chi mai saprebbe resistere a dire sempre Amen e Alleluia.

Cercherò di spiegarmi come potrò.

Noi non diremo Amen e Alleluia con i loro suoni fuggevoli, ma con il moto interiore dell'amore.

Amen infatti significa: É vero, e Alleluia significa: Lodate Dio.

Dio è verità incommensurabile nella quale sono impensabili carenza o progresso, diminuzione o aumento, o cedimento a falsità, perché resta perpetuamente stabile e sempre incorruttibile.

Tutte le cose che, come creature, facciamo in questa vita sono figura delle realtà, espresse con la mediazione del corpo, e in esse ci muoviamo retti dalla fede.

Quando vedremo faccia a faccia quello che ora vediamo in uno specchio in maniera confusa, ( 1 Cor 13,12 ) allora proclameremo: É vero, in un modo così diverso che non si può neppure dire, ed esclameremo Amen saziandocene in modo insaziabile.

Si potrà parlare di sazietà perché non si avvertirà alcuna mancanza, ma poiché tale pienezza non cesserà mai di dare diletto, si può in certo modo dire insaziabile la sazietà stessa.

E come vi sazierete insaziabilmente della verità, così con insaziabile verità proclamerete il vostro Amen.

Nessuno può dire come saranno quelle cose che occhio non vide né orecchio udì né entrarono in cuore d'uomo. ( 1 Cor 2,9 )

Ma poiché senza alcuna noia, anzi con diletto perpetuo vedremo il vero e lo contempleremo nella più certa evidenza, noi stessi accesi dell'amore della verità e a lei uniti in dolce e casto abbraccio, fuori dalla mediazione del corpo, con tale acclamazione loderemo Dio e diremo: Alleluia.

Esultando in tale lode con l'ardente carità che li unisce tra loro e a Dio, tutti i cittadini di quella città diranno: Alleluia, perché diranno: Amen.

29.30 - Nella contemplazione della verità il riposo dei beati

Questa vita dei santi riempirà anche i loro corpi, trasformati nello stato celeste e angelico, ed essi godranno di tale vigore immortale che da nessuna necessità dello stato mortale potranno essere attirati né essere allontanati dalla contemplazione e dalla lode della verità che li fa beati.

La stessa verità sarà per loro cibo e insieme riposo, come il riposo del sonno.

É stato scritto che siederanno a mensa come dice il Signore: molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno del Padre mio. ( Mt 8,11 )

Questo significa che nel gran riposo si nutriranno del cibo della verità: è un cibo che viene assunto come alimento senza mai venire a mancare, viene assunto a sazietà senza venire intaccato, viene a completarti senza consumarsi, diversamente dal nostro cibo che restaura le forze, ma si esaurisce, e viene finito perché non finisca la vita di chi se ne alimenta.

Quel riposo sarà dunque la pace eterna, quel cibo sarà la verità immutabile, quel banchetto sarà la vita eterna, cioè lo stesso conoscere.

Infatti è scritto: Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato Gesù Cristo. ( Gv 17,3 )

30.31 - Testimonianze della Scrittura sulla vita dei beati

Non possiamo citare ora tutti i passi in cui la Scrittura attesta che quella vita sarà una contemplazione della verità non solo ineffabile ma anche piena di diletto.

Un passo dice: Chi mi ama osserva i miei comandamenti e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui. ( Gv 14,21 )

Come se l'osservanza dei comandamenti dovesse comportare ricompensa da parte sua, dice: Mi manifesterò a lui, mostrando che la piena beatitudine consiste nel conoscerlo così come egli è.

E un altro passo: Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato.

Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui perché lo vedremo così come egli è. ( 1 Gv 3,2 )

Per questo anche l'apostolo Paolo dice: Allora vedremo a faccia a faccia, ( 1 Cor 13,12 ) e ancora, in un altro passo: Veniamo trasformati in quella medesima immagine di gloria in gloria secondo l'azione dello Spirito Santo. ( 2 Cor 3,18 )

E nel Salmo è detto: Fermatevi e riconoscete che io sono Dio. ( Sal 46,11 )

Avremo la pienezza della visione quando sarà pieno il riposo.

E questo non potrà avvenire che quando saremo liberi dai tempi travagliati, dai tempi legati alle necessità tra cui siamo stretti ora, finché la terra produce spine e rovi per l'uomo peccatore perché mangi il suo pane con il sudore della sua fronte.

Solo quando saranno totalmente finiti i tempi propri dell'uomo terreno e sarà pieno il giorno eterno dell'uomo celeste, avremo la visione piena, perché sarà pieno il nostro riposo.

Quando la risurrezione dei fedeli abbia posto fine alla corruttibilità e ai bisogni che essa comporta, non vi sarà motivo per travagliarsi.

Come se l'invito fosse a sedersi a mensa e mangiare, è scritto: Fermatevi e vedete.

Ci fermeremo e vedremo Dio così come egli è, e vedendolo loderemo Dio.

Questa lode incessante sarà la vita dei santi, questa l'attività di chi è nel riposo.

Non loderemo un giorno solo: come quel giorno non ha limite di tempo così non avrà mai termine la nostra lode.

Quindi loderemo in eterno. Ascolta ancora la Scrittura che dice a Dio quello che noi desideriamo: Beati quelli che abitano la tua casa; nei secoli dei secoli cantano le tue lodi. ( Sal 84,5 )

Rivolti a Dio, preghiamolo per noi e per tutto il suo popolo che con noi è presente negli atri della sua casa: gli chiediamo che si degni di custodirlo e proteggerlo per Gesù Cristo suo Figlio e nostro Signore che con lui vive e regna nei secoli dei secoli.

Amen.

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