Esposizione dei Salmi

Indice

Salmo 87 (86)

Discorso

1 - Desiderio della patria

Il salmo che ora è stato cantato è breve quanto al numero delle parole, ma importante per il contenuto.

Lo abbiamo letto tutto intero, e avete visto in quanto poco tempo siamo giunti alla fine.

Dobbiamo ora spiegarlo alla vostra Carità ( e lo faremo nella misura che il Signore si degnerà concederci ), dato che ci suggerisce di farlo il Padre nostro beatissimo che è qui presente.

L'improvvisa richiesta mi metterebbe in difficoltà, se, nello stesso tempo, non mi aiutasse la preghiera di colui che tale suggerimento avanza.

Faccia, dunque, attenzione la vostra Carità.

In questo salmo si canta e si ricorda una città della quale noi siamo cittadini, in quanto siamo cristiani, sebbene, finché siamo mortali, ne siamo esiliati.

Da tempo eravamo incamminati verso di lei, ma non riuscivamo a trovare la sua via ( perché era sbarrata quasi del tutto da cespugli e roveti ) finché il re di quella stessa città non si fece via per permettere a noi di giungervi.

Ebbene, camminando in Cristo ma ancora da pellegrini, finché non giungiamo lassù, noi sospiriamo per il desiderio della ineffabile quiete che regna in tale città.

A proposito di tale quiete ci sono state promesse cose che occhio non vide né orecchio udì, né entrarono mai nel cuore dell'uomo. ( 1 Cor 2,9 )

Camminiamo, dunque, e cantiamo per animarci nel desiderio.

Chi desidera, infatti, anche se tace con la lingua, canta con il cuore; chi invece non desidera, anche se ferisce con le sue grida le orecchie degli uomini, è muto dinanzi a Dio.

Guardate quanto erano infuocati d'amore per questa città coloro che pronunziarono per primi le parole di questo salmo e che le hanno inculcate anche a noi.

Guardate con quanto trasporto hanno cantato questi versi.

Era l'amore per quella città che suscitava in loro tale trasporto; e questo amore era infuso in loro dallo Spirito di Dio.

Dice l'Apostolo: La carità di Dio è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 )

Ebbene, ardenti di questo Spirito, ascoltiamo ciò che si dice a proposito di quella città.

2 - [vv 1.2.] Le fondamenta e la pietra angolare della Chiesa

Sui monti santi le sue fondamenta.

Il salmo non ha ancora detto niente di quella città, e comincia dicendo: Sui monti santi le sue fondamenta.

Le fondamenta di che cosa? Non c'è dubbio che sono le fondamenta di una qualche città, soprattutto se sono nei monti.

Questo cittadino era ricolmo di Spirito Santo e nel suo intimo doveva avere meditato a fondo sull'amore e il desiderio di questa città; e ora, come se avesse su di essa riflettuto molte volte, prorompe in queste parole: Sui monti santi le sue fondamenta.

Sembrerebbe che già abbia detto di essa altre cose; e difatti, come si fa a pensare che non abbia detto nulla di lei colui che mai ha cessato di parlarne col cuore?

E potrebbe dire le sue, se di lei non avesse detto niente?

Ma, ripeto, egli tra sé e sé in silenzio, rivolgendosi cioè a Dio, aveva concepito grandi affetti riguardo a quella città.

Ora grida anche alle orecchie degli uomini: Sui monti santi le sue fondamenta.

E come se gli uomini in ascolto gli avessero chiesto: " Le fondamenta di che cosa? ", aggiunge: Il Signore ama le porte di Sion.

Ecco di chi sono le fondamenta poste sui monti santi.

Sono di questa città, chiamata Sion, le cui porte sono amate dal Signore, come dice subito dopo, più che tutte le abitazioni di Giacobbe.

Ma che significano le parole: Sui monti santi le sue fondamenta?

Quali sono i monti santi sopra i quali è edificata questa città?

Ce lo dice più apertamente un altro cittadino, l'apostolo Paolo.

Era cittadino di quella città il Profeta e lo era anche l'Apostolo; e ambedue parlavano per esortare gli altri cittadini.

Ma in che modo costoro, cioè i Profeti e gli Apostoli, sono cittadini?

Forse, in modo da essere insieme anche monti, sopra i quali si elevano le fondamenta di questa città, le cui porte sono amate dal Signore.

Ce lo dica, dunque, chiaramente quest'altro cittadino, perché non sembri trattarsi di una nostra supposizione.

Parlando ai gentili e ricordando loro come siano stati restituiti a Cristo e, per così dire, inseriti nella santa costruzione, dice: Edificati sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti. ( Ef 2,20 )

E, affinché gli Apostoli e i Profeti, sui quali poggia il fondamento della città non si fermassero su se stessi, immediatamente aggiunge: Mentre pietra posta al vertice dell'angolo è lo stesso Gesù Cristo.

Per evitare, poi, che i gentili ritenessero di non appartenere a Sion - dato che c'era una Sion terrena, che nell'allegoria prefigurava questa Sion di cui ora si parla, la Gerusalemme celeste che, secondo l'Apostolo, è la madre di tutti noi ( Gal 4,26 ) - per evitare, ripeto che i gentili credessero di non appartenere a Sion perché non facevano parte del popolo dei Giudei, il medesimo Apostolo diceva loro: Voi non siete più esuli né forestieri; ma siete concittadini dei santi, familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti.

Eccoti, dunque, la mole di questa grande città.

Ma, da che cosa è sostenuto, dove poggia, tutto questo edificio per non cadere mai?

Pietra posta al vertice dell'angolo - dice l'Apostolo - è lo stesso Gesù Cristo. ( Ef 2,19.20 )

3 - Cristo fondamento delle fondamenta

Qualcuno forse dirà: Se Gesù Cristo è la pietra angolare, certamente in lui si uniscono le due pareti, dato che soltanto due pareti che provengono da lati diversi formano, unendosi, un angolo.

E così dovrà essere dei due popoli che vengono alla pace cristiana dalla circoncisione e dal prepuzio, e sono cementati nell'unica fede, speranza e carità.

Ebbene, se Gesù Cristo è l'angolo al vertice, sembrerebbero, quasi, essere più importanti le fondamenta che non la pietra angolare.

E qualche altro potrebbe anche dire che è piuttosto Cristo a poggiare sui Profeti e su gli Apostoli che non questi a poggiare su di lui; dato che essi sono le fondamenta mentre Cristo è l'angolo.

Chi dice questo si ricordi che l'angolo sta anche nelle fondamenta.

Non si trova, infatti, soltanto là dove è visibile e donde si eleva fino alla sommità.

Esso comincia dalle fondamenta.

E proprio perché comprendiate che Cristo è anche il primo e più importante fondamento, dice l'Apostolo: Nessuno può porre altro fondamento all'infuori di quello che è stato posto, e che è Cristo Gesù. ( 1 Cor 3,11 )

Ebbene, in qual modo i Profeti e gli Apostoli sono le fondamenta, e in qual modo lo è Cristo Gesù, del quale, anzi, non c'è fondamento più profondo?

Come ci faremo un'idea di tutto questo, se non pensando a Cristo - in senso figurato - come al fondamento delle fondamenta, così come effettivamente lo si denomina " Santo dei santi "?

Se pensi al mistero, Cristo è il Santo dei santi; se pensi al gregge a lui soggetto, Cristo è il pastore dei pastori; se pensi all'edificio, Cristo è il fondamento delle fondamenta.

In questi edifici terreni la stessa pietra non può stare nelle fondamenta e nella sommità.

Se è in basso, non sarà in alto; se è in alto, non sarà in basso.

Quasi tutti i corpi sono soggetti a queste limitazioni e non possono essere in tutte le parti né possono esservi sempre.

Invece la divinità, che ovviamente è presente in ogni parte, può essere paragonata ad ogni cosa; nella similitudine può essere qualsiasi cosa, perché nella realtà non è nessuna di esse.

È forse Cristo porta così come sono porte quelle che vediamo fabbricate dal falegname?

Certamente no; e tuttavia ha detto: Io sono la porta. ( Gv 10,9.11 )

È, forse, pastore così come lo sono questi pastori che vediamo guidare i greggi?

Eppure ha detto: Io sono il pastore. In uno stesso passo, anzi, ha detto ambedue le cose.

Nel Vangelo diceva che il pastore entra attraverso la porta; e subito dopo soggiungeva: Io sono il buon pastore, ma poi ancora: Io sono la porta.

Il pastore entra per la porta; e chi è questo pastore che entra per la porta? Io sono il buon pastore.

E quale è questa porta per la quale tu entri, o buon pastore? Io sono la porta.

Ma, come puoi tu essere tutt'e due le cose insieme? Allo stesso modo come tutte le cose furono fatte per mezzo di me.

Ad esempio: quando Paolo entra per la porta, non è forse Cristo che entra per la porta? Ma in che modo?

Non perché Paolo sia Cristo, ma perché in Paolo c'è Cristo, e Paolo entra per mezzo di Cristo.

Lo diceva lui stesso: Volete forse avere la prova di colui che parla in me, cioè in Cristo? ( 2 Cor 13,3 )

E non è, forse, Cristo che entra per la porta quando entrano per la porta i suoi santi e i suoi fedeli?

E come possiamo provarlo? Quando Saulo - che ancora non era divenuto Paolo - perseguitava i suoi santi, cosa gli gridò dal cielo Gesù?

Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ( At 9,4 )

Cristo, dunque, è il fondamento e la pietra angolare che dal profondo sale in alto: seppure è dal profondo che sale.

L'origine di questo fondamento sta, infatti, nella sommità: poiché, come il fondamento di un edificio materiale è nel profondo, così il fondamento dell'edificio spirituale è nella sommità.

Se fossimo edificati per rimanere terra, certamente avremmo dovuto porre in basso le nostre fondamenta.

Ma, siccome il nostro edificio è celeste, il nostro fondamento ci ha preceduti nei cieli.

Ebbene, questa pietra angolare e i monti ( che sono gli Apostoli e i grandi Profeti ) reggono la costruzione di questa città e costituiscono un edificio vivente.

Grida ora dai vostri cuori questo edificio?

È la magistrale mano di Dio che compie tutto questo per mezzo della nostra lingua, affinché siate squadrati e immessi nella struttura di quell'edificio.

Non fu senza ragione che Noè si servì di legni squadrati per costruire l'arca, ( Gen 6,14 sec. LXX ) che senza alcun dubbio prefigurava la Chiesa.

Che vuol dire essere squadrati? Guardate alla forma d'una pietra squadrata: il cristiano deve essere simile ad essa!

Di fronte a qualsiasi tentazione il cristiano non cade.

Anche se è spinto e, quasi, capovolto, egli non cade.

Una pietra di forma quadrata, infatti, da qualunque parte tu la giri, sta dritta.

I martiri quando venivano uccisi sembravano cadere; ma che cosa dice la voce del salmo?

Non si turberà il giusto quando cadrà perché il Signore sorregge la sua mano. ( Sal 37,24 )

Siate, dunque, squadrati in questo modo, cioè pronti a qualsiasi tentazione.

Qualunque cosa vi colpisca, non abbia a rovesciarvi! Ogni avversità ti trovi ben saldo!

Quanto, poi, al crescere in questo edificio, lo si fa con affetto devoto, con sincera religione, con la fede, la speranza e la carità.

Lo stesso venire crescendo dell'edificio è un camminare.

Nelle città terrene, una cosa è la mole degli edifici, e un'altra cosa sono i cittadini che vi abitano.

La città celeste, invece, viene edificata mediante i suoi stessi cittadini: i cittadini ne sono le pietre.

Essi, infatti, sono pietre viventi.

Dice l'apostolo Pietro: Voi, come pietre viventi, siate edificati in una dimora spirituale. ( 1 Pt 2,5 )

Queste parole sono rivolte a noi. Ma seguitiamo ad ascoltare qualcosa su questa città.

4 - Il mistero del numero dodici

Sui monti santi le sue fondamenta; il Signore ama le porte di Sion.

Ho già parlato di questo verso, affinché non crediate che altre siano le fondamenta e altre le porte.

Ma, perché sono fondamenta gli Apostoli e i Profeti? Perché la loro autorità sorregge la nostra debolezza.

E perché sono porte? Perché attraverso loro noi entriamo nel regno di Dio: sono essi che ce lo annunciano.

E, quando noi entriamo attraverso loro, entriamo attraverso Cristo, dato che egli è la porta. ( Gv 10,9 )

E, se si dice che Gerusalemme ha dodici porte, ( Ap 21,12 ) l'unica porta è Cristo, e le dodici porte sono Cristo, perché Cristo è nelle dodici porte.

Per questo motivo gli Apostoli sono dodici. Grande mistero, questo numero dodici!

Dice il Signore: Sederete sopra dodici troni, per giudicare le dodici tribù d'Israele. ( Mt 19,28 )

Se gli scanni sono dodici, non c'è posto ove segga Paolo, tredicesimo apostolo, ed egli non avrà modo di giudicare; eppure, egli dice che giudicherà non soltanto gli uomini, ma anche gli angeli ( quali angeli se non gli angeli disertori? ).

Dice: Non sapete che giudicheremo gli angeli ? ( 1 Cor 6,3 )

Potrebbe obiettargli la folla: Come fai a dire così boriosamente che giudicherai? Dove sta la tua sede?

Il Signore disse che ci sono dodici troni, per i dodici Apostoli: uno di essi, Giuda, ha tradito, ma al suo posto è stato ordinato Mattia, e così tutti e dodici i troni sono occupati. ( At 1,15-26 )

Prima trovati il posto dove sedere, e poi minaccia che giudicherai!

Vediamo che cosa significhino i dodici troni.

È un simbolo per rappresentare la totalità: poiché la Chiesa doveva diffondersi in tutto il mondo, da cui questo edificio è chiamato ad unirsi a Cristo.

E allora, siccome da ogni parte si viene al giudizio, ci sono dodici troni; così come ci sono dodici porte perché da ogni parte si entra in quella città.

A quei dodici troni non appartengono, dunque, soltanto i dodici Apostoli e l'apostolo Paolo, ma appartengono tutti quanti giudicheranno, perché il dodici significa la totalità.

Così come tutti quanti entreranno appartengono alle dodici porte.

Sono, infatti, quattro le parti del mondo: oriente, occidente, settentrione e mezzogiorno; e spessissimo queste quattro parti sono menzionate nelle Scritture.

Da tutte queste quattro parti, o venti - come li chiama il Signore nel Vangelo - egli riunirà i suoi eletti. ( Mc 13,27 )

Cioè da questi quattro venti è convocata la Chiesa.

E in qual modo è convocata? Da ogni dove, nel nome della Trinità.

Non è chiamata se non mediante il battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Orbene, quattro moltiplicato per tre fa dodici!

5 - I patimenti di Cristo continuano nelle sue membra

Bussate, dunque, con trasporto a queste porte, e Cristo gridi in voi: Apritemi le porte della giustizia! ( Sal 118,19 )

Cristo - capo è andato avanti, lo segue Cristo - corpo.

Ascoltate le parole dell'Apostolo, nel quale soffriva lo stesso Cristo: Ho da compiere nella mia carne ciò che manca alle tribolazioni di Cristo. ( Col 1,24 )

Ho da compiere … che cosa? Ciò che manca. Ciò che manca a chi? Alle tribolazioni di Cristo.

E dove è che manca? Nella mia carne.

Mancava forse qualche tribolazione in quell'uomo assunto dal Verbo di Dio, nato da Maria Vergine?

Egli soffrì tutto quanto doveva soffrire e lo soffrì di sua spontanea volontà, non perché ve lo obbligasse il peccato; e, a quanto è dato capire, lo soffrì veramente tutto.

Infatti, quando inchiodato sulla croce, ebbe assaporato l'aceto, ultima sofferenza, disse: È compiuto!

E chinato il capo, emise lo spirito. ( Gv 19,30 )

Che significa: È compiuto? Che non manca niente per completare la misura delle mie sofferenze; e che tutte le cose che erano state predette di me si sono compiute.

Sembrerebbe quasi che avesse atteso che si compissero per emettere lo spirito.

Chi abbandona questa vita come egli se ne uscì dal corpo? Ma, chi è costui che ha potuto agire così?

Colui che già prima aveva detto: Io ho il potere di dare la mia vita e ho il potere di prenderla di nuovo.

Nessuno me la toglie; ma io la do e di nuovo la prendo. ( Gv 10,17-18 )

La diede quando volle, e quando volle la riprese.

Nessuno gliela tolse, nessuno gliela strappò.

Ebbene, tutte le sofferenze si erano compiute, ma nel capo; restavano ancora da compiersi le sofferenze di Cristo nel corpo.

E corpo e membra di Cristo siete voi. ( 1 Cor 12,27 )

E, siccome una di queste membra era anche l'Apostolo, per questo diceva: Ho da compiere nella mia carne ciò che manca alle tribolazioni di Cristo.

Noi andiamo, dunque, là dove Cristo ci ha preceduti; e Cristo continua ancora ad andare là dove una volta andò come precursore.

Ci ha infatti preceduti come capo; ora segue nel suo corpo.

Frattanto, però, Cristo sta soffrendo quaggiù.

Così come egli soffriva per colpa di Saulo, quando a costui rivolgeva le parole: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ( At 9,4 )

Se tu pesti il piede a uno, ecco la sua lingua subito dire: Mi hai pestato.

Nessuno ha toccato la lingua. Essa grida perché condivide il dolore dell'altro membro, non perché sia stata essa stessa colpita.

Cristo è ancora qui in miseria, è ancora qui esule, è ancora ammalato, è ancora chiuso in carcere.

Così dicendo, gli arrecheremmo ingiuria, se non avesse detto egli stesso: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dissetato; ero esule e mi avete ospitato; nudo, e mi avete vestito; ammalato, e mi avete visitato.

Diranno a lui: Quando ti abbiamo visto soffrire tutte queste cose, e ti abbiamo soccorso?

Egli risponderà: Quando lo avete fatto a uno dei miei piccoli lo avete fatto a me. ( Mt 25,35-40 )

Ebbene, edifichiamoci in Cristo sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti, con lui quale somma pietra angolare; ( Ef 2,20 ) poiché il Signore ama le porte di Sion più che tutte le abitazioni di Giacobbe.

Sembrerebbe, quasi, che Sion non fosse in mezzo alle abitazioni di Giacobbe.

Dove era Sion, se non nel popolo di Giacobbe? Quando si parla di Giacobbe, nipote di Abramo, da cui ha avuto origine il popolo dei Giudei, si intende il popolo d'Israele, poiché Giacobbe stesso fu chiamato Israele. ( Gen 32,28 )

La vostra Santità conosce perfettamente tutte queste cose.

Ebbene, siccome quelle abitazioni erano terrene e avevano valore soltanto figurativo, mentre il salmista parla di una città, che intende spiritualmente, una città di cui quella terrena era l'ombra e l'immagine, per questo può dire: Il Signore ama le porte di Sion più di tutte le abitazioni di Giacobbe.

Cioè: il Signore ama quella città spirituale più di tutte quelle che la raffiguravano, e nelle quali era preannunciata quella città che resta in eterno, la città celeste che è sempre nella pace.

6 - [vv 3.4.] Gerusalemme madre di tutte le genti

Cose gloriose sono state dette di te, città di Dio.

Dice così, come se già in terra contemplasse quella città, Gerusalemme.

Notate bene, infatti, a quale città si riferisca e chi sia colei della quale sono dette cose tanto gloriose.

La Gerusalemme terrena è stata distrutta: la invasero i nemici e fu ridotta a un cumulo di rovine.

Era, ma adesso non è più. Fece la sua parte di simbolo ed, essendo ombra, è passata.

Come si fa, allora, a dire: Cose gloriose sono state dette di te, città di Dio?

Ascolta come: Mi ricorderò di Raab e di Babilonia, che mi conoscono.

In quella città - parla ormai nella persona di Dio - mi ricorderò di Raab e di Babilonia.

Raab non appartiene al popolo dei Giudei, e a questo popolo non appartiene neppure Babilonia.

Continua infatti: Così gli stranieri, e Tiro, e il popolo degli Etiopi: tutti questi furono qui.

Giustamente, cose gloriose sono state dette di te, città di Dio!

Dentro di te non c'è soltanto il popolo dei Giudei, nato dalla discendenza di Abramo; ma ci sono tutte le genti, delle quali nomina alcune per intenderle tutte.

Dice: Mi ricorderò di Raab. Si tratta di quella meretrice, di quella prostituta di Gerico, che accolse gli emissari [ giudei ] e li fece uscire per un'altra via: di colei che ebbe fede nella promessa e timore di Dio, e alla quale gli emissari dissero di mettere alla finestra un panno rosso, cioè di avere in fronte il segno del sangue di Cristo.

Costei, salvandosi, ( Gs 2; Gs 6,25 ) prefigurò la Chiesa delle genti.

Per questo il Signore diceva ai Farisei superbi: In verità vi dico che i pubblicani e le prostitute vi precedono nel regno dei cieli. ( Mt 21,31 )

Li precedono perché fanno violenza al regno di cieli.

Fanno ressa credendo; e, dinanzi alla fede, non rimane che arrendersi: nessuno può loro resistere.

Conquistano il regno dei cieli perché gli fanno violenza.

Leggiamo, infatti, nel Vangelo: Il regno dei cieli subisce violenza, e coloro che fanno violenza lo conquistano. ( Mt 11,12 )

Questo fece quel ladrone, più forte sulla croce ( Lc 23,40-43 ) che nella crudeltà.

Mi ricorderò di Raab e di Babilonia. Babilonia è una città terrena.

Come c'è una sola città santa, Gerusalemme, così c'è un'unica città perversa: Babilonia; e tutti i malvagi appartengono a Babilonia, così come tutti i santi appartengono a Gerusalemme.

Ma da Babilonia si passa a Gerusalemme.

In qual modo se non ad opera di colui che giustifica l'empio? ( Rm 4,5 )

Gerusalemme è la città dei pii; Babilonia è la città degli empi.

Ma viene colui che giustifica l'empio; come sta scritto: Mi ricorderò non solo di Raab, ma anche di Babilonia.

Ma di quale Raab e di quale Babilonia si ricorderà? Di coloro che mi conoscono.

Dice altrove la Scrittura: Scatena la tua ira contro le genti che non ti hanno conosciuto. ( Sal 79,6 )

In questo passo dice: Scatena la tua ira contro le genti che non ti hanno conosciuto; ma in un altro invoca: Mostra la tua misericordia a coloro che ti conoscono. ( Sal 36,11 )

Come voi sapete, in Raab e in Babilonia egli vede simboleggiate le nazioni pagane; e, come se gli avessero chiesto: " Che significano le parole mi ricorderò di Raab e di Babilonia che mi conoscono? Perché hai detto questo? ", egli aggiunge: Perché sono stranieri, ( appartengono, cioè, a Raab e a Babilonia ) anche gli abitanti di Tiro.

Ma fin dove si estenderanno queste genti? Fino ai confini della terra.

Egli ha scelto anche un popolo che si trova ai confini della terra: Il popolo degli Etiopi: tutti questi furono qui.

Se, dunque, sono qui Raab e i cittadini di Babilonia, che sono stranieri, e sono qui anche Tiro e il popolo degli Etiopi, giustamente cose molto gloriose sono dette di te, città di Dio.

7 - [v 5.] Cristo, la sua città e la sua madre

State attenti a un grande mistero! Raab entra qui per opera di colui per mezzo del quale vi entra Babilonia, che ormai non è più Babilonia, in quanto ha cessato di essere Babilonia e ha cominciato ad essere Gerusalemme.

La figlia si è divisa da sua madre, per essere nelle membra di quella regina di cui è detto: Dimentica il tuo popolo e la casa del padre tuo; il re ha desiderato la tua bellezza. ( Sal 45,11.12 )

Altrimenti come avrebbe osato Babilonia aspirare d'appartenere a Gerusalemme?

E come avrebbe potuto Raab giungere a quelle fondamenta?

E come possono giungervi gli stranieri? e Tiro, e il popolo degli Etiopi?

Ascolta come. Madre Sion!, dirà l'uomo.

C'è dunque un uomo che chiama Sion madre, e per mezzo di quest'uomo verranno tutti costoro.

Ma chi è quest'uomo? Dice, se siamo capaci di ascoltare, se siamo capaci di intendere: Madre Sion! dirà l'uomo.

E continua come se tu gli avessi chiesto per mezzo di chi verranno Raab, Babilonia, gli stranieri, Tiro, gli Etiopi.

Ecco per mezzo di chi verranno: Madre Sion!, dirà l'uomo; e si è fatto uomo in lei, ed egli stesso, l'Altissimo, l'ha fondata.

Che cosa c'è di più chiaro di questo, fratelli? Veramente cose molto gloriose sono state dette di te, città di Dio!

Ecco, madre Sion!, dice l'uomo. Quale uomo? Colui che si è fatto uomo in lei.

In lei si è fatto uomo, ed egli stesso l'ha fondata.

Come ha potuto farsi uomo in lei e averla fondata? Essa era stata fondata perché egli si facesse uomo in lei.

Così devi intendere, se puoi. Infatti madre Sion!, dirà; ma è l'uomo che dirà: Madre Sion!

Egli si è fatto uomo in lei; mentre egli stesso l'ha fondata; non come uomo ma come Altissimo.

Ha, insomma, fondato la città nella quale doveva nascere, così come ha creato la madre dalla quale doveva nascere.

Che significa tutto questo, fratelli miei? Quali promesse, quante speranze abbiamo!

Ecco, l'Altissimo, che ha fondato la città, dice per noi a tale città: Madre!, e si è fatto uomo in lei, ed egli stesso, l'Altissimo, l'ha fondata.

8 - [v 6.] I dignitari della città celeste

Ci si potrebbe chiedere: Come fate a sapere queste cose?

Tutti le abbiamo cantate, e in tutti noi canta l'uomo Cristo: uomo per amor nostro, Dio prima di noi.

Ma, che c'è di grande nell'essere lui prima di noi? Anzi, egli è prima della terra e del cielo, prima dei secoli.

Per noi si è fatto uomo in tale città, ed egli stesso è l'Altissimo che l'aveva fondata.

Ci chiedono: Come facciamo a sapere queste cose?

Rispondiamo: Il Signore narrerà nella scrittura dei popoli.

Così, infatti, continua il salmo: Madre Sion, dirà l'uomo; e si è fatto uomo in lei, ed egli stesso, l'Altissimo, l'ha fondata. ( Sal 87,5 )

Il Signore narrerà nella scrittura dei popoli e dei principi.

Di quali principi? Di quelli che furono fatti in lei.

I principi che furono fatti in lei, che in lei sono divenuti principi: difatti, prima che in lei divenissero principi, erano di quelle cose spregevoli del mondo che Dio ha scelte per confondere le cose forti.

È, forse, un principe il pescatore? È un principe il pubblicano?

Certo che sono principi; ma perché tali sono divenuti in lei.

E che sorta di principi sono mai costoro? Ecco dei principi venire da Babilonia, principi secolari credenti, venire alla città di Roma, come alla capitale di Babilonia.

Essi non si sono recati al tempio dell'imperatore ma al sepolcro del Pescatore.

In che senso, dunque, erano principi quei tali? Dio ha scelto ciò che è debole nel mondo per confondere ciò che è forte; ha scelto le cose ignobili e quelle che non sono, come se fossero, per annientare quelle che sono. ( 1 Cor 1,27-28 )

Ha fatto questo colui che solleva il misero dalla terra e rialza il povero dal letame.

E perché lo solleva? Per metterlo a fianco dei principi, insieme con i principi del suo popolo. ( Sal 113,7-8 )

Grande cosa, questa! grande gioia! grande letizia!

Vennero più tardi in questa città anche dei retori; ma non sarebbero venuti se non fossero stati preceduti da pescatori.

Tutto questo è sublime; ma dove è accaduto, se non in quella città di Dio, della quale sono state dette cose gloriosissime?

9 - [v 7.] Prepariamoci alla lode eterna

Perciò, raccogliendo ed unificando tutte le gioie, come conclude?

La dimora in te è come di gente che tutta quanta si allieta.

La vita di tutti coloro che gioiscono in questa città è una vita di persone colme di gioia.

In questo esilio siamo schiacciati; in quella nostra dimora vi sarà soltanto gioia.

Scompariranno la tribolazione e il gemito; cesseranno le suppliche, le lodi prenderanno il loro posto.

Sarà, dunque, una dimora di gente che si allieta; non ci sarà il gemito di quelli che desiderano ma la letizia di quelli che posseggono.

Sarà, infatti, presente colui al quale ora aneliamo; e noi saremo simili a lui, perché lo vedremo come è. ( 1 Gv 3,2 )

Lassù tutte le nostre occupazioni saranno il lodare Dio e il fruire di Dio.

E che cos'altro cercheremo, quando a saziarci avremo colui per cui mezzo tutte le cose sono state fatte?

Abiteremo e saremo abitati: a lui tutte le cose saranno sottomesse, in modo che Dio sia tutto in tutti. ( 1 Cor 15,28 )

Beati, insomma, coloro che abitano nella tua casa! Perché beati?

Perché posseggono oro, argento, una famiglia numerosa o molti figli? Perché beati?

Beati coloro che abitano nella tua casa! Nei secoli dei secoli ti loderanno. ( Sal 84,5 )

Saranno beati per questa sola riposante occupazione.

Ebbene, fratelli, quando saremo giunti a tal fine, desidereremo soltanto questo; intanto, però, prepariamoci a godere di Dio e a lodare Dio.

Non avranno posto, lassù, le opere buone che ora lassù ci conducono.

Ve l'abbiamo detto ieri, come abbiamo potuto.

Non vi saranno le opere della misericordia, poiché lassù non ci sarà alcuna miseria.

Non vi troverai alcun bisognoso, nessuno che sia nudo, nessuno che ti venga incontro assetato, nessun esule, nessun malato da visitare, nessun morto da seppellire; non vi saranno litiganti tra cui mettere pace.

Che farai, dunque? Forse, per la necessità del nostro corpo, avremo da piantare nuove viti, o da arare, o da combinare affari, o da andare pellegrini? Grande quiete lassù!

Spariranno, infatti, tutte le opere richieste dalla necessità.

Scomparsa la necessità, scompariranno anche le sue opere.

Che cosa ci sarà allora? La lingua umana lo ha detto come le è stato possibile: La dimora in te sarà come di gente che tutta quanta si allieta.

Che vuol dire: Come? E perché ha detto: Come? Perché lassù vi sarà tale gioia quale noi non conosciamo.

Molte gioie mi passano sotto gli occhi quaggiù, e molti sono coloro che gioiscono in questo mondo: gli uni in un modo, gli altri in un altro; ma non c'è niente che possa essere paragonato a quella gioia.

La quale solo remotamente può confrontarsi alle gioie comuni.

Se parlo, infatti, di gioia o di piacere, all'uomo viene in mente quel piacere che suole trovare nel bere, nei banchetti, nell'avarizia, negli onori mondani.

Gli uomini, infatti, si esaltano e in un certo senso divengono folli di gioia: ma, dice il Signore, non c'è gioia per gli empi. ( Is 48,22 sec. LXX )

Opposta a questa, c'è una gioia che né occhio ha visto, né orecchio udito, né è salita nel cuore dell'uomo. ( 1 Cor 2,9 )

La dimora in te è come quella di gente che tutta quanta si allieta.

Prepariamoci a un'altra gioia, perché qui incontriamo qualcosa di simile alla gioia, ma non è la gioia.

Non prepariamoci a godere, lassù, di cose come quelle di cui godiamo qui in terra.

Se così facessimo, la nostra continenza sarebbe ingordigia.

Vi sono infatti uomini che, invitati ad una ricca cena ove sono imbandite molte e squisite vivande, non pranzano.

Se chiedi loro perché non pranzino, rispondono che digiunano.

È un'opera sublime, è una pratica cristiana, il digiunare.

Ma non lodarlo troppo presto! Cerca il motivo: si tratta di una faccenda di ventre, non di religione.

Perché digiunano? Per non riempire il ventre con cibi ordinari, e poterlo, poi, riempire con quelli squisiti.

Questo digiuno, dunque, è una faccenda di gola.

Il digiuno è certamente una bella opera: combatte contro l'avidità e contro la gola; però, qualche volta combatte a loro favore.

Perciò, fratelli miei, se pensate che in quella patria alla quale ci chiama la tromba celeste avremo beni simili a quelli terreni, e per questo vi astenete dai piaceri presenti per godere in maggior copia di quelli futuri, sarete come coloro che digiunano per sedersi con maggior appetito a più lauti banchetti, e, se si moderano, lo fanno per accontentare meglio la loro golosità.

Non siate voi così! Preparatevi a qualcosa di ineffabile: purificate il vostro cuore da ogni affetto terreno e mondano.

Vedremo qualcosa la cui visione ci renderà beati, e soltanto questo ci basterà.

E allora? Non mangeremo forse? Certamente mangeremo!

Dio stesso sarà il nostro cibo. Un cibo che ci ristorerà e non si esaurirà mai.

La dimora in te è come quella di gente che tutta quanta si allieta.

Abbiamo già detto perché ci allieteremo. Beati coloro che abitano nella tua casa!

Ti loderanno nei secoli dei secoli. Lodiamo anche ora il Signore, per quanto possiamo, mescolando la lode con i gemiti.

Lodandolo lo desideriamo, ora che non lo possediamo.

Quando lo possederemo, sparirà ogni gemito e ci sarà soltanto la lode pura ed eterna.

Rivolti al Signore.

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