Sermoni per l’Avvento

Sermone IV

Il duplice avvento e le penne argentate

1. È cosa degna, fratelli, che voi celebriate con tutta devozione l’avvento del Signore, godendo per così grande consolazione, stupefatti per tanta degnazione, infiammati da tanta carità.

E non pensate solo al primo avvento nel quale è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto ( Lc 19,10 ), ma anche al secondo, quando verrà e ci prenderà con sé.

Voglia Iddio che meditiate costantemente su queste due venute, ruminando nei vostri cuori i benefici del primo e le promesse del secondo.

Voglia Iddio che dormiate tra le due venute ( Sal 68,14 )!

Queste sono infatti le due braccia dello Sposo, tra le quali la sposa dormiva e diceva: La sua sinistra è sotto il mio capo, e la sua destra mi abbraccerà ( Ct 2,6 ).

Nella sinistra infatti, come leggiamo altrove, è significata la ricchezza e la gloria, nella destra la vita lunga.

Nella sua sinistra, è detto, ricchezze e gloria ( Pr 3,16 ).

Udite, figli di Adamo, gente avara e ambiziosa: perché affannarvi per procurarvi ricchezze terrene e gloria temporale che non sono né vere, né vostre?

L’oro e l’argento ( At 3,6 ) non sono forse terra gialla e bianca, che solo l’errore degli uomini fa, o piuttosto considera preziosa?

E se queste son cose vostre, portatevele con voi!

Ma l’uomo quando muore con sé non porta nulla, né scende con lui la sua gloria ( Sal 49,17-18 ).

2. Le vere ricchezze, dunque, non sono i beni di questo mondo, ma le virtù, che la coscienza porta con sé per essere ricca in eterno.

Anche della gloria dice l’Apostolo: Questa è la nostra gloria: la testimonianza della nostra coscienza ( 2 Cor 1,12 ).

Questa sì è vera gloria, che viene dallo Spirito di verità.

Infatti lo stesso spirito rende testimonianza al nostro spirito che siamo figli di Dio ( Gv 14,17; Gv 15,26; Rm 8,16 ).

La gloria invece che ricevono gli uni dagli altri coloro che non aspirano a quella che viene solo da Dio ( Gv 5,44 ), è vana, perché vani sono i figli degli uomini ( Sal 62,10 ).

Sei sciocco tu che metti la tua mercede in sacco bucato ( Ag 1,6 ), che poni il tuo tesoro sulla bocca di un altro; non sai che questa è una porta che non si chiude ( Gen 7,16 ), né ha battenti?

Come sono più saggi coloro che si custodiscono essi stessi il loro tesoro ( Mt 13,44 ) e non lo affidano ad altri!

Però, lo potranno conservare sempre? Lo terranno sempre nascosto?

Verrà il tempo in cui saranno manifestati i segreti del cuore ( 1 Cor 4,5; Sal 44,22 ), e quelle cose di cui si è fatta ostentazione non compariranno affatto.

Per questo, all’arrivo del Signore ( Mt 25,6 ), le lampade delle vergini stolte si spengono ( Mt 25,8 ), e il Signore dice di non conoscere ( Mt 25,12 ) coloro che già hanno ricevuto la loro mercede ( Mt 6,16 ).

Perciò vi dico, carissimi, se abbiamo un po’ di bene, è utile per noi nasconderlo più che non ostentarlo, come fanno i poveri quando chiedono l’elemosina; essi non mostrano abiti preziosi, ma membra seminude, ovvero ulcere, se ne hanno, per indurre più facilmente l’animo di chi vede alla pietà.

Questa regola l’ha osservata il pubblicano del Vangelo molto meglio del fariseo, e perciò discese giustificato a differenza di quello ( Lc 18,14 ).

3. È giunto il momento, fratelli, in cui ha inizio il giudizio a partire dalla casa di Dio …

E quale sarà la fine di coloro che rifiutano di obbedire al Vangelo ( 1 Pt 4,17 )?

Quale giudizio per coloro che in questo giudizio non risorgono ( Sal 1,5 )?

Tutti quelli infatti che non si preoccupano di giudicarsi in quel giudizio che si compie adesso, nel quale il principe di questo mondo viene cacciato fuori ( Gv 12,31 ), aspettino il giudice, o piuttosto, temano il suo arrivo; da lui saranno con il loro stesso principe anch’essi cacciati fuori.

Noi invece, se a dovere ci giudichiamo adesso, con sicurezza, aspettiamo come Salvatore il nostro Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso ( Fil 3,20-21 ).

Allora risplenderanno i giusti ( Mt 13,43 ), così che potranno vedere i dotti e gli ignoranti ( 1 Cr 25,8 ): splenderanno infatti come il sole nel regno del Padre loro ( Mt 13,43 ).

E sarà come sette volte lo splendore del sole ( Is 30,26 ), cioè come la luce di sette giorni.

4. Venendo infatti il Salvatore, trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso ( Fil 3,20-21 ), a condizione tuttavia che prima sia trasformato il cuore, e conformato al suo umile cuore.

Per questo anche diceva: Imparate da me che sono mite ed umile di cuore ( Mt 11,29 ).

Considera come da queste parole risulti che l’umiltà è duplice: quella di cognizione, e quella della volontà, che qui è detta di cuore.

Con la prima conosciamo che siamo nulla, e questa la impariamo da noi stessi e dalla nostra debolezza; con la seconda noi calpestiamo la gloria del mondo, e questa la impariamo da Cristo, il quale ha annientato se stesso, prendendo la forma di schiavo ( Fil 2,7 ), il quale, anche cercato per essere fatto re, fuggì ( Gv 6,15 ); chiamato invece a subire tante umilianti pene e l’ignominioso supplizio della croce, spontaneamente offrì se stesso ( Gv 18,4; Eb 9,14 ).

Se dunque vogliamo dormire tra i due avventi, siano argentate le nostre ali ( Sal 68,14 ), vale a dire, imitiamo nella nostra condotta quelle virtù che Cristo, presente nella sua carne, ci ha raccomandato con le parole e con l’esempio.

Nell’argento infatti viene con ragione indicata la sua umanità, come nell’oro la divinità.

5. Pertanto, ogni nostra virtù non è virtù vera se si scosta da quel modello ( che ci ha lasciato Cristo ), e ogni nostra ala non serve a nulla ( Mt 5,13 ) se non è argentata.

È grande l’ala della povertà, con la quale si vola in breve tempo al regno dei cieli ( Mt 3,2; Mt 4,17 ).

Nelle altre virtù che seguono, quello che è promesso è indicato al futuro; alla povertà, più che promesso, il premio viene dato.

Perciò viene proclamato al presente che di essi ( i poveri ) è il regno dei cieli ( Mt 5,3 ), mentre per le altre virtù si dice erediteranno, saranno consolati ( Mt 5,4.5 ) e cose simili.

Ma vediamo alcuni poveri che, se avessero la vera povertà, non sarebbero così pusillanimi e tristi, dal momento che sono re, e re del cielo.

Ma questi sono quei tali che vogliono essere poveri, a condizione però che nulla loro manchi, e amano la povertà in maniera da non sperimentare l’indigenza di nulla.

Vi sono degli altri miti, ma fino a che non si dice o si fa qualche cosa che a loro non piaccia; si potrà poi chiaramente vedere quanto siano lontani dalla vera mansuetudine appena nasca un’occasione ( di contrarietà ).

In qual modo possederà l’eredità ( che le è promessa ), quella mansuetudine che viene meno prima che arrivi tale eredità?

Vedo degli altri che piangono; ma se quelle lacrime uscissero veramente dal cuore, non si cambierebbero così facilmente in riso.

Quando invece le parole oziose e scurrili escono più abbondanti di quanto prima non scorressero le lacrime, dubito che quelle lacrime non siano di quelle alle quali è promessa la divina consolazione, mentre dopo di esse si cerca con tanta facilità una consolazione vile.

Altri sono pieni di zelo così ardente contro i peccati altrui, che sembrerebbe abbiano fame e sete di giustizia ( Mt 5,6 ), se essi stessi condannassero con la stessa severità i loro propri peccati; ma invece c’è in essi peso e peso, che è un abominio presso il Signore ( Pr 20,23 ).

Ardono infatti contro gli altri con impudente severità, mentre accarezzano se stessi con insipiente e inutile indulgenza.

6. Vi sono altri generosi nell’elargire ( Mt 5,7 ) ai poveri le cose che non sono loro, che si scandalizzano perché non si dà a tutti con abbondanza, in modo però che essi non ne risentano affatto; se fossero misericordiosi, dovrebbero largheggiare delle cose loro; e non potendolo fare con beni terreni, concedere con buona volontà il perdono a chi li avesse offesi; dovrebbero dare un segno benevolo, una buona parola, che val meglio di un dono eccellente ( Sir 18,17 come nella Reg. S. Benedetto c. 31,14 ), onde spingere le loro menti al ravvedimento ( Lam 2,14 ).

Infine, se fossero misericordiosi, darebbero la loro compassione e la loro orazione per essi e per tutti quelli che sanno essere in peccato.

Diversamente la loro misericordia è nulla, e non merita nessuna misericordia.

Così vi sono di quelli che confessano i loro peccati in modo tale da far pensare che abbiano veramente desiderio di purificare il loro cuore ( Mt 5,8 ) - con la confessione infatti viene tutto lavato -, sennonché quello che essi spontaneamente dicono agli altri, non sopportano che venga loro detto da altri; se desiderassero veramente di purificarsi, come danno a vedere, non si irriterebbero, ma sarebbero riconoscenti a coloro che fanno vedere ad essi le loro macchie.

Vi sono anche altri che, se vedono uno anche solo leggermente turbato, si mostrano molto solleciti per riportarlo in pace; e sembrerebbero pacifici ( Mt 5,9 ) se non si vedesse che essi sono i più difficili ad essere calmati quando si è detta una parola o si è compiuta un’azione contro di loro; se amassero invece davvero la pace, non v’è dubbio che la cercherebbero per se stessi.

7. Argentiamo dunque le nostre ali ( Sal 68,14 ) applicandoci a imitare Cristo, a guisa dei santi martiri i quali lavarono le loro vesti nella sua passione ( Ap 7,14 ).

Imitiamo, per quanto ci è possibile, Lui che ha talmente amato la povertà che non ha avuto dove reclinare il capo ( Lc 9,58 ), sebbene nella sua mano fossero i confini della terra ( Sal 95,4 ), a tal punto che i discepoli che lo seguivano, spinti dalla fame, sgranavano, come si legge nel Vangelo, le spighe nella mano, passando per i campi biondeggianti ( Lc 6,1 ), e che come pecora fu condotto al macello, e come agnello senza voce innanzi a chi lo tosa non apri la sua bocca ( At 8,32 ); che leggiamo aver pianto su Lazzaro ( Gv 11,35 ), sulla città ( santa ) e che passasse le notti a pregare ( Lc 19,41; Lc 6,12 ), mai che abbia riso o scherzato, il quale ebbe tale fame della giustizia ( Mt 5,6 ) che, non avendo l’uomo di che pagare con il suo, impose a se stesso una così grande soddisfazione per i nostri peccati ( 1 Cor 15,3; Gal 1,4 ecc.).

Così sulla croce non aveva altra sete che della giustizia ( Mt 5,6 ), lui che non esitò a morire per i nemici e pregò per i suoi crocifissori ( Lc 23,34 ), che non fece peccato ( 1 Pt 2,22 ), e si sentì accusare con pazienza dagli altri, e che per riconciliare i peccatori si sottopose a tante sofferenze.

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