Sermoni per l’Avvento

Sermone III

Le sette colonne

1. Nell’Avvento del Signore che celebriamo, se considero la persona di colui che viene, non riesco a farmi un’idea dell’eccellenza della sua maestà.

Se guardo quelli ai quali è venuto, rimango spaventato dalla grandezza della degnazione.

Certamente gli Angeli sono pieni di stupore per la novità, in quanto vedono al di sotto di sé colui che sempre adorano sopra di sé, e manifestamente ormai salgono e scendono al Figlio dell’uomo ( Gv 1,51 ).

Se considero a fare che cosa egli sia venuto, abbraccio, per quanto posso, l’ampiezza inestimabile della sua carità.

Se penso al modo, constato l’esaltazione della condizione umana.

Viene infatti il Creatore e Signore di tutto il creato, viene agli uomini, viene per gli uomini, viene uomo.

Ma dirà qualcuno: « Come mai si dice che sia venuto, lui che è sempre stato dappertutto?

Era nel mondo, e il mondo per lui è stato fatto, e il mondo non lo conobbe» ( Gv 1,10 ).

Non è dunque venuto, lui che era presente, ma è apparso, lui che era nascosto.

Perciò ha preso la natura umana nella quale poter essere conosciuto, lui che abita la luce inaccessibile ( 1 Tm 6,16 ).

E veramente non era cosa ingloriosa apparire nella sua somiglianza che aveva fatto all’inizio ( Mt 19,4 ), né indegno di Dio mostrarsi nella sua somiglianza ( Gen 1,26 ) a coloro che non avrebbero potuto conoscerlo nella sua sostanza, affinché, lui che aveva fatto l’uomo ad immagine e somiglianza sua, egli stesso apparisse agli uomini come uomo.

2. La Chiesa intera dunque celebra una volta all’anno la solennità di questo avvento di tanta maestà, di tanta umiltà, di tanta carità, di tanta nostra glorificazione.

Ma volesse Dio che questa celebrazione si facesse sì una sola volta, ma che ( nei suoi effetti ) durasse sempre.

Questo sarebbe molto giusto.

Quanta incongruenza infatti c’è nel fatto che, dopo l’avvento di un così grande Re, gli uomini vogliano od osino occuparsi in altri svariati affari, mentre piuttosto, lasciato tutto il resto, dovrebbero occuparsi unicamente nel culto di lui, e, in sua presenza, non ricordarsi di tutte le altre cose.

Ma non a tutti si possono applicare le parole del Profeta: Erutteranno il ricordo della tua bontà immensa ( Sal 145,7 ), in quanto non tutti fanno di questo ricordo il loro cibo.

In verità, nessuno può eruttare quello che non ha gustato, e neppure se l’ha solamente gustato.

Il rutto non può procedere se non dalla pienezza e dalla sazietà.

Perciò coloro che hanno una mente e una vita secolare, anche se celebrano questa memoria, non la eruttano, osservando questo periodo di avvento senza devozione e affezione, per una certa arida consuetudine.

Infine, e questo è ancor più da condannare, la memoria di questa degnazione diventa per certuni occasione per la vita carnale ( Gal 5,13 ), e potresti vedere questi tali tanto solleciti in questi giorni per preparare vesti sontuose e cibi prelibati, come se queste cose cercasse Cristo venendo a nascere tra noi, e venga ricevuto in modo tanto più degno, quanto con maggior cura vengono preparate queste cose.

Ma ascolta quello che dice lui: Chi ha occhi altezzosi e cuore superbo, con un tale non prendevo cibo ( Sal 101,5 ).

Perché con tanta ambizione prepari abiti per il mio Natale?

Io detesto la superbia, non l’accolgo.

Perché con tanta sollecitudine prepari vivande abbondanti per quell’occasione?

Io condanno le delizie della carne, non le gradisco.

Davvero il tuo cuore è insaziabile, mentre prepari tante cose, facendole venire anche da lontano, mentre per il corpo basterebbero poche cose, e quali si possono con più comodo trovare.

Celebrando dunque il mio avvento, tu mi onori con le labbra, ma il tuo cuore è lontano da me ( Mt 15,8 ).

Tu non rendi culto a me, ma il ventre è il tuo dio ( Fil 3,19 ), e tu ti vanti di quello di cui dovresti vergognarti.

Proprio infelice colui che cerca il piacere del corpo e la vanità della gloria secolare; beato invece il popolo il cui Dio è il Signore ( Sal 144,15 ).

3. Fratelli, non adiratevi contro gli empi, né invidiate i malfattori ( Sal 37,1 ).

Considerate piuttosto qual è la loro fine ( Sal 73,17 ), e compatiteli di cuore, e pregate per loro che sono trovati nel peccato ( Gal 6,1 ).

Essi fanno così perché ignorano Dio ( 1 Cor 15,34 ), perché se lo conoscessero, non avrebbero mai provocato stoltamente contro di sé il Signore della gloria ( 1 Cor 2,8 ).

Ma noi, dilettissimi, non abbiamo la scusa dell’ignoranza ( Gv 15,22 ).

Voi lo conoscete bene, e se diceste che non lo conoscete, sareste, come i secolari, bugiardi ( 1 Gv 4,20 ).

Del resto, se non lo conoscete, chi vi ha condotti qui, o come vi siete venuti? ( Mt 22,12 ).

E come avresti potuto deciderti a rinunziare spontaneamente all’affetto delle persone care, ai piaceri del corpo, alle vanità del mondo, e gettare nel Signore ogni tuo pensiero ( Sal 55,23 ) e ogni preoccupazione ( 1 Pt 5,7 ), dal quale non meritavi nulla di bene, anzi, tanto male, come te lo dice la coscienza?

Chi, ripeto, ti avrebbe persuaso a fare queste cose, se non avessi saputo che il Signore è buono per quelli che sperano in lui, per l’anima che lo cerca ( Lam 3,25 ), se non avessi conosciuto anche tu che dolce è il Signore e mite, molto misericordioso e verace? ( Sal 86,5.15 ).

E queste cose di dove le hai sapute, se non perché, non solo è venuto a te, ma in te?

4. Conosciamo infatti un triplice avvento del Signore: agli uomini, negli uomini, contro gli uomini.

È venuto agli uomini, a tutti senza differenza; non così negli uomini e contro gli uomini.

Ma siccome il primo e il terzo avvento sono conosciuti, in quanto manifesti, parliamo del secondo, che è spirituale e occulto.

Di esso dice lo stesso Signore: Se qualcuno mi ama, metterà in pratica le mie parole, e il Padre mio lo amerà, e verremo a lui, e porremo la nostra dimora presso di lui ( Gv 14,23 ).

Beato colui presso il quale porrai la tua dimora, o Signore Gesù.

Beato colui nel quale la Sapienza si edifica una casa, tagliando sette colonne.

Beata l’anima che è sede della sapienza.

Chi è costei? Certo l’anima del giusto, e con ragione, perché giustizia e diritto sono la base del tuo trono ( Sal 89,15 ).

Chi di voi, fratelli, desidera preparare a Cristo una sede nell’anima sua ( Sal 132,17 )?

Ecco quali drappi di seta, quali tappeti, quale cuscino bisogna preparare: La giustizia, dice, e il diritto sono la base del tuo trono ( Sal 89,15 ).

La giustizia è quella virtù per cui si dà ad ognuno il suo.

Dà dunque il loro a tre categorie di persone: rendi quel che devi al Superiore, all’inferiore, e a chi ti è pari, e tu celebrerai degnamente l’avvento di Cristo, preparando a lui una sede nella giustizia.

Da’, dico, la riverenza al prelato e l’obbedienza, quella materiale dell’esecuzione e quella del cuore.

Non basta infatti obbedire esternamente ai nostri Superiori; dobbiamo anche dall’intimo affetto del cuore avere alto concetto di loro.

E se la vita di qualche prelato fosse apertamente indegna talmente da non ammettere affatto dissimulazioni o scuse, in vista di Colui dal quale deriva ogni potestà, dobbiamo ugualmente aver riguardo al suo grado, anche se al momento lo vediamo così, non considerando i meriti presenti nella persona, ma in ossequio alla disposizione divina e dell’autorità inerente a quell’ufficio.

5. Così siamo debitori di consiglio e di aiuto anche ai nostri fratelli per lo stesso diritto di fratellanza e di umana società.

Noi esigiamo infatti che ci vengano usati da loro gli stessi servizi: il consiglio, onde istruire la nostra ignoranza, l’aiuto per soccorrere la nostra infermità.

Ma ci sarà forse tra voi qualcuno che obbietta in cuor suo: « Quale consiglio potrò dare al fratello, al quale non posso, senza permesso, rivolgere neanche una parola?

Quale aiuto dare, quando non è lecito fare la minima cosa senza l’obbedienza? ».

Io rispondo: Non mancherà certamente l’occasione di fare, purché solo non manchi la carità fraterna.

Penso che non ci sia un consiglio migliore che insegnare con l’esempio al tuo fratello ciò che bisogna e ciò che non bisogna fare, incitandolo a far meglio, e consigliandolo non con parole e con la lingua, ma con i fatti e in verità ( 1 Gv 3,18 ).

E vi è forse un aiuto più utile e più efficace che il pregare devotamente per lui, che non tralasciare di fargli notare le sue mancanze, di modo che non solo non gli dia motivo di inciampo, ma per quanto puoi cerchi di togliere gli scandali dal Regno di Dio ( Mt 13,41 ), come un angelo di pace ( Is 33,7 ), e di rimuovere del tutto le occasioni di scandalo?

Se ti dimostri un tale consigliere e collaboratore, tu gli rendi quanto gli devi ( Mt 18,28 ), ed egli non ha più ragione di lamentarsi.

6. Se poi sei superiore con dei sudditi, verso di essi sei debitore di una più grande sollecitudine.

Anche il suddito esige da te custodia e disciplina: la custodia, perché possa evitare il peccato; la disciplina poi, affinché, se viene a mancare, la sua colpa non resti impunita.

E se ti sembra di non avere sotto di te nessun fratello, hai sempre tuttavia sotto di te qualcuno verso il quale esercitare questa custodia e questa disciplina.

Voglio dire il tuo corpo, che certamente è stato dato in custodia al tuo spirito.

Devi a lui questa custodia, perché non regni in esso il peccato, né le tue membra diventino arma di iniquità ( Rm 6,12-13 ).

Gli devi anche la disciplina, perché faccia degni frutti di penitenza ( Lc 3,8 ), perché sia mortificato e docilmente serva ( 1 Cor 9,27 ).

Sono vincolati da un debito molto più stretto e gravoso coloro che devono rendere conto di molte anime ( Eb 13,17 ).

Che ne sarà di me, infelice?

Dove mi rivolgerò se mi accadrà di essere stato negligente nel custodire un tale tesoro, questo così prezioso deposito ( 2 Tm 1,14 ) che Cristo ha stimato più prezioso del suo sangue?

Se avessi raccolto il sangue del Signore che gocciolava dalla croce, e fosse conservato presso di me in un vaso di vetro che spesso dovesse essere spostato, quale stato d’animo sarebbe stato il mio in questo maneggio così pericoloso?

Ora è certo che io ho ricevuto un deposito che un mercante non sprovveduto, cioè la stessa Sapienza, ha pagato sborsando quel sangue.

Ma inoltre io tengo questo tesoro in vasi di creta ( 2 Cor 4,7 ), che corrono molto più facilmente il pericolo di rompersi che non vasi di vetro.

E in verità, al cumulo delle sollecitudini, si aggiunge anche il peso del timore, dovendo conservare la mia coscienza e quella del prossimo che sono l’una e l’altra per me oscure.

Entrambe sono un abisso imperscrutabile, l’una e l’altra sono per me una notte, e tuttavia si esige da me di custodirle entrambe, e mi si dice: Sentinella, che è stato questa notte, che è stato questa notte ( Is 21,11 )?

Né io posso dire con Caino: Sono forse io il custode del mio fratello? ( Gen 4,9 ).

Ma devo invece confessare umilmente con il Profeta: Se il Signore non avrà custodito la città, invano veglia il suo custode ( Sal 127,1 ).

Sono scusabile solo quando, come ho detto, pratico insieme la custodia e la disciplina.

Se dunque non mancheranno le prime quattro cose, la riverenza cioè e l’obbedienza verso i prelati, il consiglio e l’aiuto ai fratelli, cose che riguardano la giustizia, la Sapienza troverà una sede ben preparata ( Sal 93,2; Sal 103,19 ).

7. E forse queste sono le sei colonne che ( la Sapienza ) scolpisce nella casa che si è edificata ( Pr 9,1 ); e dobbiamo cercare la settima, se essa si degna di farcela conoscere.

E che cosa ci impedisce, come abbiamo inteso significate le sei della giustizia ( Sal 72,2 ), di vedere la settima nel diritto?

Infatti, non la giustizia solamente, dice il salmo, ma la giustizia e il diritto sono la base del tuo trono ( Sal 89,15 ).

Invero, se diamo ai prelati, agli uguali e agli inferiori quanto loro spetta, a Dio non daremo nulla?

Ma nessuno è in grado di rendere a lui quanto gli deve, avendoci egli elargito con estrema abbondanza la sua misericordia ( Sal 33,22; Sal 86,13 ), mentre noi lo abbiamo offeso con innumerevoli peccati, e siamo così fragili, anzi, siamo un nulla ( Sal 16,2 ), ed egli invece è così perfetto e sufficiente a se stesso da non aver bisogno di tutti i nostri beni.

Tuttavia ho sentito dire a uno, al quale Dio ha rivelato i segreti della sua sapienza ( Sal 51,8), che il re glorioso ama il giudizio ( Sal 99,4 ).

Per quanto lo riguarda, egli non esige da noi nulla di più; purché confessiamo le nostre iniquità, ed egli ci giustificherà gratuitamente; perché trionfi la grazia ( Rm 3,24 ).

Ama infatti l’anima che alla sua presenza e senza interruzione esamina e giudica se stessa ( Sir 17,16 ).

E questo giudizio egli esige da noi, ma solo per il nostro bene, perché se ci saremo giudicati da noi stessi, non verremo affatto giudicati ( 1 Cor 11,31 ).

Per questo chi è sapiente non si fida di tutte le sue opere, le scruta, le esamina, giudica ogni cosa ( 1 Cor 2,10; 1 Cor 2,15 ).

Rende infatti onore alla verità colui che riconosce lealmente e umilmente se stesso e le cose nello stato in cui sono di fronte alla verità.

Senti infine più espressamente come da te, dopo la giustizia, si esiga il giudizio: Quando avrete fatto, dice, tutto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili ( Lc 17,10 ).

Questa è veramente una degna preparazione di una sede al Signore ( Sal 89,15 ), per quello che riguarda l’uomo, che cioè cerchi di osservare i suoi doveri di giustizia, e sempre si reputi indegno e servo inutile.

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