Jahvè

JHWH

Secondo la tradizione ebraica, il tetragramma ( parola di quattro consonanti ) che rappresenta il nome proprio di Dio.

Esso non veniva e non viene pronunciato in base al comandamento "Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio" ( Dt 20,7 ).

Gli ebrei nella lettura liturgica della Bibbia lo leggono Adonaj ( mio Signore ) e al di fuori del culto ha-Shem ( il Nome ).

Nella traduzione della Bibbia in greco dei Settanta JHWH è reso con Kyrios ( Signore ); nelle traduzioni mo-derne viene tradotto Signore nelle versioni cattoliche ed Eterno in quelle protestanti.

L'esatta pronuncia di JHWH non è conosciuta.

La sua lettura vocalizzata con "a" ed "e" ( Jahweh ) è sconsigliata in quanto irrispettosa e, comunque, offensiva per la fede ebraica.

Del tutto infondata è la vocalizzazione con "e", "o", "a", da cui Jehowa o Geova.

Il tetragramma ricorre nella Bibbia 5372 volte ed è l'appellativo più usato per Dio.

Dal punto di vista grammaticale corrispondeva alla terza persona singolare dell'imperfetto del verbo essere: "egli c'è", "egli esiste"; secondo l'interpretazione più accreditata "Dio che è con noi".

È il nome di Dio, rivelato da Lui stesso a Mosè ai piedi del monte Sinai ( Es 3,14 ), un nome che contiene la radice del verbo « essere ».

« Jahweh » significa « Io sono colui che sono », non tanto nel senso metafisico di « avere l'essere in sé », quanto piuttosto nel senso dinamico di « essere presente per », ossia per intervenire, per salvare, liberare e ricondurre.

Mentre gli dei degli altri popoli sono detti « nulla » ( Is 44,9-11; Ger 10,1-10; Sal 115,4-8 ), ossia impotenti, Jahweh « è », cioè « può », agisce, c'è, non si nasconde.

Nel NT il nome di Jahweh è da vedere in relazione con le parole « Io sono », spesso usate per Gesù ( Gv 8,24; Gv 8,28; Gv 8,54; Gv 13,19; Ap 1,8 ): quasi una professione di fede nell'appartenenza di Gesù al mondo divino.

La tradizione jahvista fa risalire il culto di Jahvè alle origini dell'umanità ( Gen 4,26 ) e utilizza questo nome divino in tutta la storia patriarcale.

Secondo la tradizione elohoista, cui tale testo appartiene, il nome di Jahvè non è stato rivelato che a Mosè, come il nome del Dio dei padri.

La tradizione sacerdotale ( Es 6,2-3 ) si accorda con essa, precisando solamente che il nome del Dio dei padri era El Shaddai ( Gen 17,1+ ).

Questo racconto, uno dei vertici dell'A. T. pone due problemi: il primo, filologico, concerne l'etimologia del nome « Jahvè »; il secondo, esegetico e teologico, il senso generale del racconto e la portata della rivelazione che trasmette.

1. Si è cercato di spiegare il nome Jahweh con lingue diverse dall'ebraico o con diverse radici ebraiche.

Bisogna certamente vedervi il verbo « essere » sotto una forma arcaica.

Alcuni riconoscono qui una forma causativa di questo verbo « fa essere », « porta all'esistenza ».

È, molto più probabilmente, una forma verbale semplice; e così la parola significa: « egli è ».

2. Quanto all'interpretazione, la parola è spiegata nel v 14, che è un'aggiunta antica della stessa tradizione.

Si discute sul senso di questa spiegazione: 'ehjeh 'asher 'ehjeh.

Dio, parlando di se stesso, non può usare che la prima persona: « Io sono ».

L'ebraico si può tradurre alla lettera: « Io sono ciò che io sono »; ciò significherebbe che Dio non vuol rivelare il suo nome; , ma, precisamente, Dio dà qui il suo nome che, secondo la concezione semitica, deve definirlo in una certa maniera.

Ma si può tradurre l'ebraico anche alla lettera: « Io sono colui che sono », e secondo le regole della sintassi ebraica, ciò corrisponde a « Io sono colui che è », « Io sono l'esistente »; così lo hnno compreso i traduttiri della versione alessandrina: Egô eimi o ôn.

Dio è il solo veramente esistente.

Ciò significa che è trascendente e resta un mistero per l'uomo, e anche che agisce nella storia del suo popolo e nella storia umana che dirige verso un fine.

Questo passo contiene in potenza gli sviluppi che gli darà il seguito della rivelazione: Ap 1,8: « Egli era, egli è ed egli viene, il padrone di tutto ».

Es 3,14
È il racconto sacerdotale, parallelo a Es 3-4, della vocazione di Mosè.

La rivelazione del nome divino è posta in Egitto e il nome di Jahvè sostituisce quello di El Shaddai, utilizzato dai patriarchi ( Es 3,13+ ).

Il popolo rifiuta di ascoltare Mosè ( v 9; Es 4,31 ); Aronne è l'interprete presso il faraone ( Es 7,1 ) e non più presso il popolo ( Es 4,10-16 ).

Es 6,2s
Il Signore: alla lettera « Jahvè »: è il nome rivelato a Mosè ( Es 3,14+ ), quello di colui che solo esiste.

Non c'è altro Dio che lui ( Is 40,25; Is 43,10-12; Is 44,6-8; Is 45,3.5-6.14-15.18.20-23; Is 46,5-7.9; Is 48,11; Is 41,21-29 ).

È il creatore universale ( Is 40,12s.21s.28; Is 42,5; Is 43,1; Is 44,24; Is 45,9.12.18; Is 48,13; Is 51,13; Is 54,5 ), eterno ( Is 41,4; Is 44,6; Is 48,12 ).

Egli « non cederà la sua gloria a un altro » ( Is 48,11 ).

Questo monoteismo trionfante del « libro della Consolazione » riprende cos', ampliandolo con l'affermazione esplicita della trascendenza divina, il tema precedente della « gelosia » di Jahvè ( Dt 4,24+; Es 20,3 ).

Is 42,8
Io sono: è il nome divino rivelato a Mosè ( Es 3,14+ ) e significa che il Dio di Israele è il solo vero Dio ( Dt 32,39 ).

Attribuendosi questo nome, Gesù si dà come il solo e unico salvatore, verso il quale tendevano tutta la fede e la speranza di Israele ( Gv 8,28.58; Gv 13,9; Gv 6,35; Gv 18,5.8 ).

Gv 8,24
Colui che è, che era e che viene: espressione stereotipata ( Ap 1,8; Ap 4,8; Ap 11,17; Ap 16,5 ), analoga ad altre della letteratura giudaica che sviluppano il nome rivelato a Mosè, interpretato come « Colui che è » ( Es 3,14+ ). Ap 1,4
... Sabaot

Signore degli eserciti: l'interpretazione « Signore degli eserciti » ( si tratti degli eserciti d'Israele o degli eserciti celesti, astri, angeli o di tutte le forze cosmiche ) non è affatto certa.

Il titolo appare la prima volta qui ed è legato al culto di Silo; l'espressione « Dio degli eserciti che siede sui cherubini » si incontrerà per la prima volta in 1 Sam 4,4, a proposito dell'arca condotta da Silo.

Tale titolo è rimasto legato al rituale dell'arca e con essa è entrato in Gerusalemme ( 2 Sam 6,2.18; 2 Sam 7,8.27 ).

È stato ripreso dai grandi profeti ( eccetto Ezechiele ), dai profeti proseliti ( soprattutto Zaccaria ) e nei salmi.

1 Sam 1,3

Catechismo della Chiesa Cattolica

Yhwh ( Yahvé )
Il Dio vivente 206
« Dio di misericordia e di pietà » 210
Signore 446
La preghiera a Gesù 2666
Comp. 38

Summa Teologica

  I, q. 13, a. 9