Spiritualità

IndiceA

… Contemporanea

Sommario

I. Risveglio spirituale del nostro tempo:
1. Ricorso all'occultismo;
2. Interesse per la meditazione orientale;
3. Movimenti religiosi comunitari;
4. Sensibilità alla dimensione trascendente dell'esperienza.
II. Esodo culturale della spiritualità:
1. Necessaria accettazione delle mediazioni culturali;
2. Apporti della spiritualità alla cultura;
3. Superamento della situazione di anomia.
III. Linee emergenti della spiritualità contemporanea:
1. Spiritualità come opzione fondamentale e orizzonte significativo dell'esistenza;
2. Spiritualità come esperienza di Dio;
3. Spiritualità come impegno nel mondo;
4. Spiritualità liberatrice;
5. Spiritualità comunitaria.
Iv. Avvenire della spiritualità:
1. Scomparsa delle spiritualità evasive e dualiste;
2. Persistenza delle dimensioni personalista, esperienziale, storica, liberante e comunitaria della spiritualità;
3. Elaborazione di una spiritualità unitaria e creativa.

I - Risveglio spirituale del nostro tempo

Un termometro per misurare la temperatura spirituale del nostro tempo lo troviamo nelle risonanze psicologiche delle parole spiritualità e santità.

Mentre spiritualità suscita l'idea di un giardino inutile o di una pericolosa raffinatezza aristocratica, « quando si parla di santità - osserva P. Evdokimov - si opera una specie di blocco psicologico.

Si pensa ai giganti di un tempo, eremiti o stiliti, gli uni sepolti nelle caverne, gli altri posti sulla loro colonna, tanto che questi "illuminati", "uguali agli angeli" non parevano più di questo mondo.

La santità sembra sorpassata, sembra appartenere ad un mondo divenuto estraneo, inadattabile alle forme discontinue e al ritmo sincopato della vita moderna.

Lo stilila oggi non provoca neppure curiosità, ma piuttosto fa sorgere la domanda: a che cosa serve?

Il santo è visto come una specie di yogi, o, più brutalmente, come un malato, un inadattato, in ogni caso un essere inutile ».1

Queste reazioni di allergia, noia e indifferenza, non pregiudicano in senso negativo la nostra epoca, perché costituiscono presumibilmente un fenomeno di rigetto di una certa spiritualità veicolata nel passato e ritenuta inadatta a esprimere o animare l'attuale situazione storica.

In realtà, nonostante le cupe previsioni della fine della religione2 [ v. Sociologia ( e spiritualità ) III,3 ], il nostro tempo pullula di movimenti spirituali che dimostrano la vitalità del senso religioso nel mondo odierno e in particolare nella chiesa: « La sorpresa che il nostro tempo ha riservato al mondo senza sorpresa dei futurologi, consiste nella persistenza del fattore mistico e non solo nei settori arretrati della cultura ma nella avant-garde ».3

Con riferimento agli ultimi anni, si osserva la nascita di « una nuova sensibilità per le dimensioni mistiche della vita umana…

Costatiamo che quest'interesse era inizialmente diretto a forme di spiritualità asiatica, ma che negli ultimi anni si è spostato verso i mistici della tradizione cristiana.

Così Giovanni della Croce è particolarmente "di moda".

Il problema di un mistero di vita più profondo occupa molti spiriti.

Di nuovo si sente parlare, ma come una scoperta nuova, di Dio ».4

Il rinnovato interesse spirituale del nostro tempo sorge da profonde esigenze di autenticità, dimensione religiosa, interiorità e libertà non soddisfatte dalla società consumistica.

La civiltà industriale non ha mantenuto le sue promesse: invece di offrire un mondo a misura d'uomo, dove si potesse abitare e convivere nella ricerca del bene comune, ci ha dato tra l'altro il criterio della produttività come parametro di valore, la massificazione e manipolazione delle persone, un'angosciosa incomunicabilità, un futuro minaccioso, l'atrofia dei sentimenti e l'inquinamento ecologico.

L'uomo d'oggi rompe la corazza repressiva impostagli dalla società, facendo emergere le aspirazioni più radicalmente inserite nel suo essere: da ragione a Bergson e ne ascolta l'appello circa la necessità di offrire al mondo moderno un "supplemento di anima", onde permettere all'uomo di non essere schiacciato dalle proprie produzioni e di ritrovare se stesso autenticamente.

Tra i tentativi, più o meno riusciti e validi, dell'uomo contemporaneo per riconquistare la sua spiritualità, si evidenziano i seguenti a motivo della loro diffusione e persistenza:

1. Ricorso all'occultismo

La cultura mondiale contemporanea rivela un revival di magia e di astrologia, che si manifesta in vari modi: nello spazio riservato immancabilmente in giornali e riviste all'oroscopo, nel consulto, specie in ambiente urbano, di maghi, chiromanti e astroveggenti, nel boom di libri dedicati a materie occulte, nell'organizzazione dei professionisti di queste discipline che si sono incontrati a Bogotà nel 1975 per il primo congresso internazionale dei maghi.

Mentre il magismo originario dei ceti popolari e delle società tradizionali costituisce una valvola di sicurezza e un mezzo di riscatto psicologico contro forze negative ostili, il neo-magismo « è un supino ripiegarsi su ex-valori perduti da secoli, come surrogati dei valori borghesi a loro volta falliti, nella illusoria speranza di trovare soluzione ai problemi individuali che incombono.

È un ulteriore indice dello stato di crisi socio-culturale e psico-sociale, della "debolezza culturale", dell'incapacità di elaborare nuovi valori alternativi da parte di una società in cui l'individuo si sente isolato, non protetto, frustrato ».5

Il rischio di destorificazione insito negli attuali rigurgiti di magia non sarà mai sufficientemente denunciato; tuttavia un valore religioso va riconosciuto al ricorso all'occultismo, non solo perché è una protesta contro la società troppo razionale, tecnologica e burocratica dell'Occidente, ma anche perché l'attività mantica e divinatoria si innesta da sempre sul bisogno umano di scoprire ciò che è nascosto nel mistero del cosmo.

Il proliferare di nuove magie in pieno contesto di progresso scientifico e di conquista spaziale, denota, al di là della ricerca di soluzione di problemi individuali, che « l'enigma della vita e della morte permane come documento persistente della condizione umana di fronte al mistero ».6

2. Interesse per la meditazione orientale

Un innegabile fascino è esercitato sul mondo occidentale dalla mistica asiatica e dalle forme di meditazione Yoga e Zen [ v. Buddhismo, Yoga/Zen, Corpo II,2 ].

L'incontro con l'Oriente, determinato sia della presenza in Asia dei missionari sia dalla venuta in Occidente dei maestri indù e buddhisti, ha determinato tra l'altro l'adozione di antiche pratiche di concentrazione fisico-mentale e la scoperta di alti insegnamenti spirituali, come la non-violenza e la forza dell'anima, di cui è stato simbolo vivente il Mahatma Gandhi.

A questo fenomeno si nega generalmente la capacità di elaborare nuovi valori alternativi, validi a livello sociale e religioso: « Mentre questa ricerca della saggezza orientale può essere appagante e liberante per quanti la seguono, non costituisce, a mio avviso, un fatto religioso significativo: rimane un culto privato, una parentesi nella cultura attuale, pur simbolica nella sua crisi, ma non un centro di forza spirituale tale da riordinare i valori culturali e modificare la concezione della società ».7

Tuttavia non si possono negare in questo movimento esotizzante la denuncia degli pseudo-valori occidentali, la ricerca di autenticità morale e una parziale ma utile risposta a radicali esigenze.

All'uomo della società industriale, che smarrisce la sua anima nell'alienazione consumistica o vegeta nella mediocrità rimpinzandosi di tranquillanti, lo Yoga e lo Zen ravvivano l'energia spirituale con una disciplina sorgente di vera libertà.

A una cultura ipertroficamente razionalista, la saggezza orientale offre una via intuitiva di contatto con l'Assoluto partendo dalla dimensione corporale.

La nostra civiltà, incapace di impostare un giusto rapporto con l'universo, trova nei metodi dell'Oriente una via di pacificazione cosmica.

3. Movimenti religiosi comunitari

Si assiste oggi a una vasta fioritura di gruppi, comunità, movimenti a carattere religioso, sorti soprattutto in seno alle chiese cristiane.

Alcuni di essi, come il Jesus Movement e la sua filiazione Bambini di Dio, sono informali e rifiutano l'integrazione nelle chiese storiche: pregano in modo estatico-emotivo, interpretano Cristo in chiave hippie come ribelle e antiborghese, evangelizzano usando slogans infantili, si oppongono alle ipocrisie, disumanità e dogmatismi della società ufficiale, non rifiutano l'uso della droga per stimolare le esperienze spirituali ed entrare in contatto diretto con Gesù.

Nell'ambito della chiesa cattolica le forme comunitarie di rinnovamento e impegno cristiano sono estremamente varie e difficili da tipizzare.

L'aspetto comunitario e mistico viene sottolineato dai gruppi di rinnovamento carismatico [ v. Carismatici ] , tra i quali si rinnovano le manifestazioni di glossolalia e guarigioni [ v. Corpo II,1 ] della chiesa primitiva in un contesto di preghiera nello Spirito; dalle comunità neo-catecumenali [ v. Neocatecumenato ], che attraverso un lungo periodo di catechesi intendono ripercorrere le tappe dell'iniziazione battesimale in vista di un cristianesimo consapevole; da movimenti laicali, come quello dei Focolari, che intendono portare nell'ambiente quotidiano una testimonianza cristiana gioiosa e attiva.

Un'evidente accentuazione dell'impegno storico-politico è compiuta dalle comunità di base [ v. Comunità di vita VIII,2 ], fenomeno di riforma fondato sulle esigenze di gruppi a misura umana, di liturgia domestica, di evangelizzazione della religiosità popolare, di lettura biblica attualizzata, di coscientizzazione circa lo stato di violenza istituzionalizzata, e di lotta per la liberazione.

Se questi movimenti rispondono all'esigenza di comunicazione e di sicurezza affettiva dell'uomo d'oggi spaventato dall'anonimato urbano, essi si inseriscono nella dinamica culturale dell'etnema religioso.

Ogni istituzione religiosa registra successivamente un processo di consolidamento e di cristallizzazione, cui risponde una fase di riforma e di rinnovamento dove si fanno più acute le aspirazioni più profonde, come la riscoperta di Dio e dei valori autentici.

4. Sensibilità alla dimensione trascendente dell'esperienza

Sebbene i modelli passati di trascendenza, come l'unione estatica con Dio, abbiano poca udienza nel mondo di oggi, si fa strada attualmente un'apertura al trascendente partendo dall'uomo e da certe sue esperienze.

« Si tratta - afferma G. Baum - di una nuova autocoscienza dell'umanità, emersa sotto pressioni storiche e determinati influssi spirituali nel mondo occidentale, che genera forti sentimenti di solidarietà con gli altri, specialmente con i sottoprivilegiati, e un forte senso di essere destinati ad una vita superiore…

Ritengo che questa esperienza religiosa della vocazione dell'uomo sia largamente diffusa e di grande efficacia nell'età presente.

Anche quando la solidarietà e la vocazione comune non sono interpretate in termini religiosi, la loro espressione nella letteratura, film e canzoni moderne tradisce comunemente tonalità religiose…

Il nuovo senso della vocazione dell'uomo è forza animatrice dei gruppi di azione sociale che operano per trasformazioni nella società, del movimento ecologico [ v. Ecologia ] di salvaguardia della natura, del movimento demografico, dei gruppi terapeutici che promuovono la liberazione e la creatività tra gli uomini, dei gruppi politici che anticipano più radicali cambiamenti dell'ordine sociale ».8

Caratteristica del nostro tempo è la scoperta della dimensione religiosa nella storia quotidiana e nei suoi elementi una volta ritenuti profani: la trascendenza è considerata oggi « un'esperienza più comune, più calma ma non meno reale: un sentimento di unione e totalità, di stare fuori di sé, di una vita purificata e rinnovata, di soddisfazione e gioia.

L'uomo entra allora a contatto col trascendente, col mistero, con la realtà totale che ci circonda da ogni lato.

L'esperienza del trascendente può essere originata da qualsiasi cosa, ma alcuni suoi, contesti sono più comuni: natura, amore sessuale, nascita di figli, liturgie religiose, grandi opere d'arte, conoscenze scientifiche, poesie, sforzo creatore, bellezza ».9

L'uomo di oggi si rende conto, talvolta in modo improvviso e lacerante, di essere coinvolto in qualcosa di superiore e diverso, di sperimentare un mistero che lo sorpassa riempiendolo di stupore, di avere la sensazione di essere conquistato o di conquistare qualcosa di più grande.

Questi segni del divino costituiscono il "brusio degli angeli" nel nostro tempo,10 poiché per chi sa guardare con occhio limpido « l'esistenza umana è disseminata di sintomi di trascendenza, e l'apertura alla trascendenza è un elemento costitutivo dell'essere uomini »11 [ v. Assoluto ].

La notevole rivincita della spiritualità, espressa nei fenomeni qui accennati e in altre esperienze religiose ( come gli incontri nelle case di preghiera, nei centri ecumenico-contemplativi, nei luoghi di v. deserto ), è una forte critica della società a una sola dimensione, troppo razionalizzata e dominata dall'idea del progresso, della funzionalità e dello sviluppo economico.

Essa evidenzia il bisogno religioso dell'uomo, che rischia di essere sopraffatto dalla tecnologia, e ricorda che « essere uomo non si riduce a produrre, o a fare il demiurgo che funzionalizza, progetta e trasforma.

Essere uomo significa anche saper ascoltare il mistero delle cose, contemplare la realtà, ritrovare l'unità con la natura e con l'uomo, riflettere sul senso dell'uomo attraverso gesti e riti simbolici ».12

Tuttavia il risveglio della spiritualità nel nostro tempo comporta dei rischi: quello di non misurarsi con il mondo secolarizzato e con i duri compiti della scienza, del lavoro e dell'impegno sociopolitico, o quello di trascurare il riferimento esplicito al fatto storico della rivelazione biblico-cristiana, cioè all'iniziativa del Dio vivente che si rivela e salva l'uomo.

Occorre dunque che la spiritualità odierna, ravvivata dal contatto fontale della rivelazione biblica [ v. Esperienza spirituale nella bibbia ], sia inserita pienamente nella vita attuale, si radichi nell'antropologia e si esprima con gli schemi rappresentativi della nostra epoca, pena la sua emarginazione è la sua inefficacia nel rispondere alle interpellanze contemporanee.

II - Esodo culturale della spiritualità

Intendendo cultura in senso antropologico come « il complesso unitario che include la conoscenza, la credenza, l'arte, la morale, le leggi e ogni altra capacità e abitudine acquisita dall'uomo come membro della società »,13 è chiaro che da essa non si può estrarre la religione, senza condannare questa all'incomprensione, in se stessa e nelle sue variabili storione.

1. Necessaria accettazione delle mediazioni culturali

Non bisogna dimenticare che il cristianesimo è grazia di Dio, evento salvifico e vita proveniente dall'alto ( Gv 3,3 ); esso tuttavia si incarna nella storia e mira a trasformare l'uomo concreto nella sua situazione culturale.

Per aver radicalizzato la trascendenza della fede in base all'infinita differenza qualitativa tra Dio e il mondo, K. Barth ha patrocinato un rifiuto assoluto delle culture come unico modo di evitare il sincretismo religioso.

Questa teoria dell'incompatibilità tra cristianesimo e cultura è tuttavia una forma di soprannaturalismo che dissocia fede e storia, l'essere credente dall'essere uomo, finendo « per trovare l'uomo solo nella domenicalità della fede e non nella ferialità delle opere di tutti i giorni ».14

Una simile impostazione è responsabile non poco del cammino parallelo e senza incontro reciproco compiuto dal mondo e dalla chiesa.

Oggi si costata con tristezza il risultato di questo processo nell'abisso che separa il pensiero moderno e la dottrina cristiana: « La rottura tra vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca ».15

Bisogna osservare che questa rottura non è mai completa, proprio perché ogni « esperienza anche religiosa è sempre definita culturalmente; e per ciò stesso risponde e si adatta a una situazione globale.

Gli stessi segni di una protesta, di una "rottura" o di un "ritorno alle sorgenti", hanno una forma necessariamente relativa a una problematica d'insieme.

Nel suo "disprezzo" o nel suo isolamento il fedele dipende ancora da ciò che combatte; le novità determinano ciò che, nelle forme di ieri, egli stimerà immutabile e il modo con cui egli lo vivrà e lo affermerà; il presente gli fornisce le idee che egli affronta da un altro punto di vista, mentre crede di allontanarsene ».16

Nel dialogo culturale il cristianesimo si deve guardare non solo dal farsi asservire, ma anche da ogni atteggiamento distruttivo degli etnemi culturali.

Egli deve mettersi in rispettoso ascolto dei segni dello Spirito sparsi in ogni cultura per lasciarsi interpellare a scoprire e vivere in modo nuovo i valori evangelici.

La spiritualità cristiana sarà stimolata dall'impatto storico, che potrà essere la secolarizzazione o l'ingiustizia istituzionalizzata, a ripensare la concezione del mondo nel senso della sua legittima autonomia o a ricuperare la dimensione liberatrice del messaggio biblico.

Occorre a questo fine rimeditare la ( v. ) Parola di Dio alla luce della propria precomprensione e partendo dalla vita della comunità cristiana: si demitizzerà il messaggio evangelico da forme culturali superate e da indebite materializzazioni, e lo si attualizzerà secondo le modalità antropologiche del momento storico.

La spiritualità cristiana per il suo carattere storico deve rispondere ai bisogni dell'epoca ed esprimersi con le categorie in uso.

S. Teresa d'Avita, presentando l' ( v. ) itinerario spirituale del cristiano del suo tempo, si stacca dal tracciato cosmologico del medioevo e propone un cammino di interiorizzazione fino al centro dell'anima, dove si trova Dio: risponde così all'urgenza di una ripresa del soggetto in una società intradeterminata.

Ella tuttavia, pur ricorrendo al linguaggio ordinario e alla simbologia ereditata,17 ne è delusa e cerca nuove parole per esprimere un'esperienza spirituale, la cui pienezza fa scoppiare i termini usuali ed è anticipatrice di soluzioni future.

L'acculturazione della spiritualità avviene mediante un travaglio irto di difficoltà sia perché deve rompere l'equilibrio raggiunto dall'epoca precedente, sia perché deve affrontare culture nuove con il loro bagaglio di categorie poco conosciute e verificate.

Si richiede anzi al cristianesimo una kenosi, quasi una sparizione o un annullamento come avviene nel lievito assorbito dalla pasta: « Il messaggio cristiano "muore" in ogni cultura per "risuscitare" oltre la "impermeabilità" culturale verso la Parola…

Il confronto con una cultura nuova presenta questo passo di "smembramento" riguardo all'annuncio dato fin'allora, si attua come un'operazione chirurgica dell'annuncio stabilito per arrivare al suo nucleo vitale: l'incontro decisivo con il Cristo.

Il prof. Rudòlf Bultmann si presenta come il portavoce di questo lavoro poco esaltante di fare il "vuoto" di ogni inquadramento culturale, mitico, religioso, per valorizzare al massimo l'esperienza vissuta dell'incontro ».18

Come Cristo, anche la spiritualità cristiana deve inserirsi nel tessuto umano e assumere il rischio della storia: la sua acculturazione « è un modo di incarnarsi nelle successive generazioni; è una maniera di kenosi fra la carne umana; è una forma di annullarsi tra le fragilità terrestri quotidiane; è un entrare nella storia inquieta e incerta degli uomini ».19

2. Apporti della spiritualità alla cultura

Poiché « Un tipo di fede che si proponga valido per tutti i tempi e un ideale di santità sovratemporale corrono il rischio di non rendersi contemporanei a nessun luogo e a nessun tempo »,20 rimane assodato che la spiritualità deve storicizzarsi ed esprimersi secondo le mediazioni culturali dei vari luoghi e tempi, onde sia parola di Dio per l'uomo storico.

Tuttavia la dipendenza della spiritualità cristiana dalla cultura non deve tramutarsi in pesante condizionamento e schiavitù: ciò avverrebbe qualora la cultura si assolutizzasse, dimenticando la propria limitatezza e presentandosi come l'unica visione del mondo valida, onnicomprensiva ed esauriente.

Il senso del limite e della relatività dovrebbe impedire a qualsiasi cultura di ritenersi la mediazione culturale privilegiata, perché in questo caso « la fede cristiana diverrebbe esclusivamente storica e perderebbe la propria identità di fede rivelata ».21

Per il mistero ineffabile della vita divina di cui è partecipazione, la spiritualità trascende in certo modo le strutture espressive e umilia la presunzione di chi volesse coartare in categorie limitate un'autentica esperienza di fede.

A questa anzi va riconosciuta una capacità rinnovatrice di una data cultura: « La fede cristiana ( assume le modalità che essa recepisce e attinge dalle situazioni diverse in cui viene a trovarsi, riservandosi però la possibilità di rinnovare senza posa tali mediazioni culturali: lungi dal lasciarsi strumentalizzare da quel che attinge, se ne avvale per attivare la comunità cristiana, per divenire evangelizzazione ».22

Sia la teoria dell'incompatibilità, sia quella della naturale continuità tra cristianesimo e cultura decadono dalla loro radicalità di fronte al « criterio cristonomico », che - afferma I. Mancini - « tiene uniti dialetticamente, polemicamente, cristologicamente, nella ricca ermeneutica cui è giunta la coscienza contemporanea, la ricca valenza dei dati »: « Come Cristo fatto uomo la cultura cristiana deve incarnarsi nel mondo, deve prendere corpo, forma, base biologica, nuovo sensorio, dimensione storica, invenzione inedita.

Come Cristo crocifisso, la cultura cristiana deve resistere al mondo, attuare l'arte del sospetto e la scuola della diffidenza, rappresentando un perenne giudizio critico, mettere in attivo processi biologico-politici, come l'abbandono e lo svuotamento, deve progressivamente demondanizzarsi e rappresentare per il mondo stesso una riserva ( luogo da cui attingere ) critica, e per la sua teoria sociale la forma perennemente alternativa, tenendo desta la rappresentazione non utopica ma basata sulla promessa di Dio di una patria sempre intravista e mai posseduta.

Come Cristo risorto, la cultura cristiana deve aiutare il mondo a rigenerarsi, ad attuare prassi di liberazione, al di là delle realizzazioni che sono sempre mortificanti; e per questo carattere non può essere pura teoria, una dottrina tra le altre, ma soteria, introiezione quasi istintuale di fermenti contro ciò che è mortificante, alienante, oppressivo ».23

Compito della spiritualità cristiana non è solo la contestazione degli assoluti terreni; essa deve anche vivificare la cultura dall'interno mediante la testimonianza della presenza dello Spirito [ v. Uomo spirituale ], dinamizzarla e obbligarla a uscire dal suo insediamento in nome della ( v. ) speranza.

Se la presenza scompaginatrice del peccato incide sull'uomo artefice di cultura, il cristianesimo è forza liberatrice e purificatrice: se nei cicli storici dell'umanità si rivela lo Spirito di Dio ispiratore dei valori morali, il cristianesimo porta a perfezione le basi del progresso etico: « Il vangelo di Cristo rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato.

Continuamente purifica ed eleva la moralità dei popoli.

Con la ricchezza soprannaturale feconda dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità spirituali e le doti di ciascun popolo » ( GS 58 ).

La spiritualità si declina in rapporto alle culture in termini di incarnazione e trascendenza, continuità e rottura, accettazione e superamento.

Segnata dalla condizione del "già" e del "non-ancora", vive il presente nella memoria liberante del ( v. ) mistero pasquale e nella speranza del futuro promesso.

In questo senso « l'ideale cristiano non è la principessa inviata in esilio che aspira al ritorno in patria, è Abramo che si mette in cammino verso un paese sconosciuto che Dio gli mostrerà » ( I. Hézing ).

3. Superamento della situazione di anomia

È segno di miopia e di chiusura ai segni di Dio voler fissare l'esperienza spirituale, pietrificandola in una cultura sorpassata o ponendo freno alla sua dinamica.

Tagliata dal movimento culturale, soprattutto in tempo di grandi mutazioni, la spiritualità arretra e si apparta lasciando un vuoto, i cui effetti deprimenti e distruttivi sono stati efficacemente illustrati da K. Lorenz: « Quando un giovane ha perduto l'eredità spirituale della cultura in cui è cresciuto e non ha trovato da sostituirla con la spiritualità di una cultura diversa, gli diviene impossibile identificarsi con alcuno o con alcuna cosa; egli diventa effettivamente un nulla e un nessuno, come si legge così chiaramente nella vuotezza disperata di tanti giovani visi.

Chi ha perduto l'eredità spirituale della propria cultura è, a tutti gli effetti, un diseredato.

Non c'è da stupirsi se cercherà il suo ultimo disperato rifugio nella corazza psichica di un ostinato autismo, che lo rende nemico della società in genere ».24

I cambiamenti rapidi e profondi della società e della coscienza umana hanno prodotto uno sfasamento nella spiritualità.

Questa vive una situazione di « anomia »,25 in quanto ha preso le distanze dalla pietà tradizionale ritenuta inassimilabile dall'attuale sensibilità religiosa, ma non ha ancora trovato una forma esistenziale adeguata alle nuove esigenze.

Nel tentativo di esprimere tutta la ricchezza della spiritualità cristiana in termini armonici sia con il vangelo che con la nuova cultura, gli interrogativi si moltiplicano: « Come esprimere, nella dinamica dello sviluppo, una povertà evangelicamente creativa?

Come esprimere l'assoluto della consacrazione a Dio in momenti in cui si relativizzano le istituzioni della vita religiosa o ecclesiastica, i voti, il celibato?

Come esprimere il fatto che il cristiano è sommerso dalla "secolarità" proprio a motivo di Gesù e del vangelo? che quando contempla Dio nella notte luminosa dell'orazione costruisce la fraternità umana? ».26

Siamo lontani da un discorso spirituale globale dove queste domande trovino una risposta soddisfacente; tuttavia esso è in gestazione nel cristianesimo contemporaneo, che ha acquisito valori, temi, orientamenti nuovi, suscettibili prima o poi di una sintesi organica.

Nell'insicurezza dominante si stagliano alcune convinzioni.

a. Contro ogni pregiudizio e atteggiamento repressivo che condannano la spiritualità quasi fosse privilegio di gruppi elitari o dimensione accidentale del cristianesimo, è ormai penetrata nella coscienza ecclesiale la certezza che « tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità » ( LG 40 ) [ v. Santo ].

Il cristiano non può limitarsi alla pratica di un cristianesimo in formato ridotto, basato sull'osservanza dei precetti: egli sa di essere chiamato a vivere pienamente la vita nello Spirito seguendo la vocazione alla santità, ossia a diventare spiritualmente maturo [ v. Maturità spirituale ].

Superata la concezione monopolistica della perfezione cristiana, oggi si aprono a tutti i cristiani i sentieri della vita mistica, cioè di un'intensa unione con Dio e di adesione alla sua volontà nello svolgimento degli impegni quotidiani.

Parallelamente, anche il movimento che aveva portato fin dal XV sec. a separare l'ascetica e la mistica dai trattati teologici fondamentali, viene arrestato dalla riscoperta della dimensione spirituale di tutta la teologia.

La spiritualità, come componente essenziale della vita di fede e della sua esplicazione teoretica, diviene un obiettivo verso cui converge l'attività della chiesa.

« Il problema della pietà post-conciliare… - osserva K. Rahner - rimane un problema di estrema importanza.

Sì, inteso rettamente, esso è il vero problema decisivo.

Poiché se il concilio non avesse realizzato o non inaugurasse niente altro che il miglioramento della "image" sociale della chiesa, l'aumento del prestigio sociale della chiesa, una forma più attraente e più popolare della liturgia, una crescita di libertà e di democrazia nell'apparato amministrativo ecclesiastico e di tolleranza verso l'esterno, una figura migliore nel concerto delle forze che provvedono alla felicità del genere umano, non avrebbe raggiunto quello che nella chiesa come tale deve essere raggiunto: cioè che l'uomo ami di più Dio, che divenga più ricco di fede, di speranza, di amore verso di lui e verso l'uomo, che adori meglio Dio "in ispirito e verità", che accetti più di buon grado le tenebre dell'esistenza e la morte, e prenda su di sé più liberamente e sappia valorizzare la propria libertà ».27

b. In secondo luogo « si sente il bisogno di elaborare un nuovo stile di vita, in quanto è impossibile vivere senza uno stile, dunque senza una determinata forma.

Se è vero che si può "perdere la faccia", è però anche vero che non si può vivere "senza una faccia" ».28

Per uscire dall'anemia, la spiritualità deve ritrovare la forza incarnatoria che la inserisca nel destino dell'uomo contemporaneo.

Il cristiano non sopporta di dover vivere la fede secondo strutture cristallizzate e formulari antiquati: egli ritiene, con M. Pomilio, che « a ciascuna generazione spetta scrivere un suo vangelo », un "quinto vangelo" non materializzato in un libro, ma continuamente inverato nella vita.

Di fronte alla domanda di pronunciamento a suo riguardo, rivolta inesauribilmente da Cristo a tutte le generazioni, si ripete anche oggi « non solo la ricerca d'una nuova autenticità di vita, ma l'infrazione degli schemi, delle prospettive codificate; emerge di nuovo la sollecitazione alla verifica, l'invito alla mobilitazione delle coscienze, la negazione di ciò che è fermo, di ciò che s'è sclerotizzato ».29

Si tratta di scendere nel sottosuolo della cultura per trovare i nuclei semantici attorno ai quali essa è organizzata, onde vagliarne le esigenze, coglierne le interpellanze, rigettarne gli errori, individuarne i punti di aggancio con la proposta cristiana.

Non è questione di confronto solo teoretico, perché l'acculturazione coinvolge tutta la vita della chiesa onde questa possa coscientizzarsi circa le modalità del suo impegno.

Come osserva H. U. von Balthasar, « il cristianesimo non si presenta mai come un'unità e una realtà sostanziale a sé stante, la quale dovrebbe affermarsi soltanto accidentalmente inserendosi, di volta in volta, nelle mutate condizioni del mondo e dei tempi; ma nel suo "in sé" esso dipende necessariamente dal mondo, allo scopo di acquisire il suo vero "per sé" al servizio dei fratelli, degli affamati, dei nudi, dei prigionieri, dei torturati, delle strutture sociali le quali tutte favoriscono, più che rimuovere, la sofferenza…

Nessuno è cristiano a priori; tali si diventa soltanto dimostrandosi cristiani nell'ambito del mondo, nei confronti del prossimo.

Io sono cristiano soltanto quando tramite me il cristianesimo si presenta credibile al mondo ».30

La proclamazione del vangelo vivo è impresa affidata a tutta la comunità cristiana, in modo da eliminare in un dialogo costruttivo le faziose pretese di gruppi anarchici, che rivendicano soltanto per se stessi l'autenticità cristiana.

Del resto il collegamento con i dati culturali non è indissolubile, ne comprensivo di ogni altro spazio vitale.

Infatti non si può dimenticare che l'interrogazione sul come essere cristiani si ripropone senza soste, e che d'altra parte « lo Spirito del Signore, che anima l'uomo rinnovato nel Cristo, scompiglia senza posa gli orizzonti dove la sua intelligenza ama trovare le proprie sicurezze e sposta i limiti dove si rinserrerebbe volentieri la sua azione ».31

III - Linee emergenti della spiritualità contemporanea

Esula dal nostro intento descrivere dettagliatamente l'unica e multiforme esistenza cristiana nei suoi valori irrinunciabili e nelle sue manifestazioni tipiche.

Neppure ci soffermeremo sugli orientamenti inter-ecclesiali sanciti dal Vat II: la spiritualità cristiana ha ormai acquisito in sede teorica e a livello di vita le note trinitario, cristocentrica, ecclesiale, biblica, liturgica ed ecumenica.

Presupponendo questi dati, cercheremo di sondare la spiritualità contemporanea da una prospettiva antropologica onde percepirne le linee emergenti dietro le sollecitazioni della cultura attuale.

Ne risulterà una mappa necessariamente limitata, ma dove è possibile trovare le direzioni di marcia rispondenti alle attese dell'uomo del nostro tempo.

Tra le note caratterizzanti la spiritualità contemporanea pensiamo di non poter tralasciare le seguenti:

1. Spiritualità come opzione fondamentale e orizzonte significativo dell'esistenza

Superata una mentalità ristretta, che faceva della spiritualità il monopolio dei cristiani o perfino di una categoria di essi, oggi si ritiene che la spiritualità sia da attribuire ad ogni uomo aperto al mistero e vivente secondo le sue vere dimensioni.

La spiritualità è vista in prospettiva antropologica: essa è appannaggio delle persone autentiche, che di fronte al reale e alla storia hanno fatto una scelta assiologica decisiva, fondamentale e unificante, capace di dare un senso definitivo all'esistenza.

La spiritualità, che dal punto di vista cristiano è la coincidenza dello spirito umano con lo Spirito divino, si configura come qualità specifica dell'uomo sotto l'influsso di vari fattori:

a. La riflessione umanistica del nostro tempo, oltrepassando il positivismo che riduceva l'uomo a un mero fatto, scopre che « l'essere umano non è mai puro essere: implica sempre un significato ».32

L'uomo non si rassegna a una vita priva di senso, perché insorge in lui l'antico problema fondamentale della filosofia: « sapere se la vita merita o non merita di essere vissuta » ( A. Camus ).

Anche se la sua inserzione nella famiglia e i suoi impegni professionali gli permettono di realizzare una dimensione significativa, l'uomo cerca il senso globale della vita e non soltanto quello parziale delle singole azioni.

L'analisi dell'agire umano scopre in esso una cellula ineliminabile di razionalità, cioè il fine per cui un'azione è posta e che ne guida il movimento.

A rigor di termini anche la grande azione della vita dovrebbe avere una finalità nel previo disegno di chi ha posto l'uomo nell'esistenza, cioè nel Creatore.

Pur negando l'ipotesi di Dio, l'esistenzialismo ammette che nella pura fattualità della vita umana rientra la capacità di cercare un fine o senso globale: poiché non è stato dato nessun senso all'esistenza, occorre inscrivervela mediante un progetto fondamentale da attuare nell'impegno della libertà.

Si nota una convergenza in queste due posizioni divergenti: l'ammissione di un significato globale della vita da riconoscere o da riscattare, poiché « dire che l'uomo ha un fine inscrittogli dal progetto creatore, o dire che egli si da un fine con il proprio progetto autocreatore, significa comunque che il fine resta nell'ordine delle possibilità, del futuro; e che la sua attuazione non è un fatto, ma un compito ».33

Per non giocare la propria vita o ridurla a una « filastrocca recitata da un idiota » ( Shakespeare ), l'uomo deve compiere l'opzione fondamentale, o presa di posizione determinante circa i valori cui aderire in ordine alla realizzazione di un certo tipo di umanesimo.

Si tratta dell'ordine dei significati ultimi che imprimono una direzione alla vita e la rendono suscettibile di un consenso eterno: « Non mi basta porre delle domande: desidero saper rispondere all'unica domanda che sembra racchiudere qualunque cosa io affronti: "Per quale scopo sono qui?" ».34

Porsi questo interrogativo è già recuperare quella "dimensione del profondo", scalzata dall' ( v. ) orizzontalismo moderno diretto alla conquista dello spazio, ma caratterizzata da P. Tillich come la dimensione religiosa dell'uomo: « Essere religioso significa essere appassionatamente alla ricerca del senso della vita e tenersi aperto anche a quelle risposte che possono sconvolgerci profondamente ».35

Si può oltrepassare questa risposta troppo vaga indicando alcuni valori capaci di dare consistenza e unità al flusso di eventi che scorrono nella clessidra del tempo: accettazione di sé e fedeltà al proprio essere profondo, creatività artistica o impegno scientifico, amore per l'uomo e lotta contro l'ingiustizia, umanizzazione o promozione umana integrale.

Tutto ciò costituisce « una certa qualità, una certa densità e intensità di questa vita »,36 e in qualche modo una realtà che si prolunga nella storia degli uomini in quanto « ognuno dei miei atti liberatori e creatori implica il postulato della risurrezione »;37 tuttavia i fallimenti storici e la prospettiva di una fine nel nulla di ogni vita personale sono spine dolorose inflitte nel fianco dei valori umani.

La vita, perciò, trova consistenza definitiva « nella direzione di quella misteriosa realtà che sta all'origine dell'esistenza come dono: il Dio creatore che attraverso la sua esistenza stessa rivolge all'uomo l'appello di cercare la comunione, la libertà, la vita personale eterna ».38

b. Un più attento sguardo alla storia della salvezza ha aperto la teologia al riconoscimento dell'azione della grazia in tutti gli uomini, in particolare nei credenti delle varie religioni.

Poiché Dio è padre universale, « il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità » ( 1 Tm 2,4 ), non fa mancare il necessario aiuto ai suoi figli perché attuino le loro dimensioni spirituali nella ricerca della verità e nell'amore.

Se Cristo è morto per tutti e se costituisce il principio e il fine dell'universo ( Col 1,15-20 ), egli è presente in tutti gli uomini, specie nei bisognosi ( Mt 25,31-46 ), operando la salvezza e attuando un "cristianesimo anonimo".

Infine, se ogni essere è creato nello Spirito, che non agisce solo nella chiesa ma nel mondo intero, che cosa può impedire di parlare di "spiritualità creaturale"?

In questa prospettiva, « noi cristiani guardiamo i non-cristiani non come uomini che hanno preso l'errore per verità perché più ottusi, più malintenzionati e più infelici di noi, bensì come creature le quali… sono già di per se stesse benedette nel profondo del loro intimo o almeno suscettibili di essere benedette dall'irrefrenabile grazia di Dio, in forza della sua volontà salvifica universale ».39

Al di là dell'adesione a una struttura confessionale, esiste una spiritualità che accomuna tutti gli uomini pervenuti a un'opzione fondamentale di rinuncia all'egoismo e di apertura all'amore: « Di fronte all'opzione di fondo non ci sono più cristiani e non cristiani, credenti e non credenti: ci sono solo persone egoiste o persone che sanno prendere un atteggiamento oblativo ».40

Le figure bibliche di Melchisedech ( Gen 14,18-20 ), Balaam ( Nm 22-24 ), Ciro ( Is 45,1 ), Cornelio ( At 10,1-33 ) dimostrano a sufficienza come si possano trovare presso i pagani un'esperienza religiosa, un sacerdozio e un profetismo autentici, veri doni dello Spirito.

S. Bulgakov ha potuto parlare a questo proposito di « pentecoste naturale »,41 in quanto lo Spirito, che spira dove vuole ( Gv 3,8 ), non è coartato entro date strutture, ma si comunica dovunque trova spazio umano atto a riceverlo: « Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto » ( At 10,34-35 ).

La spiritualità a livello umano si rivela possibile e costituisce un valore religioso positivo: negarlo è settario e ingiurioso all'universale paternità di Dio.

c. Infine le vicende della storia recente hanno posto con urgenza una ricerca di significato come via di salvezza per la persona e la convivenza sociale.

Ha scritto A. Heschel: « Dopo Auschwitz e Hiroshima la filosofia non può più essere la stessa.

Certe ipotesi sull'umanità si sono dimostrate speciose, anzi si sono dissolte…

Il problema dell'uomo deve essere affrontato non solo nelle aule di insegnamento ma anche in mezzo ai detenuti nei campi di sterminio e di fronte al fungo di un'esplosione nucleare ».42

Il crollo dei valori umani e la mostruosa estensione del male creano un vuoto interiore, che V. Franki definisce come « nevrosi noogena »43 o frustrazione esistenziale derivante dalla perdita del senso della vita.

Questa esperienza induce l'uomo a fuggire da se stesso o gettandosi nella disperazione o rifugiandosi nell'esistenza banale del "si dice", nel « mondo della coscienza sonnolenta, degli istinti senza volto, dell'opinione vaga, del rispetto umano, delle relazioni mondane, delle chiacchiere quotidiane, del conformismo sociale e politico, ella mediocrità morale, della folla, della massa anonima, dell'organismo irresponsabile.

Mondo arido e senza vita, in cui ogni persona ha provvisoriamente rinunciato a sé in quanto persona per divenire un "qualsiasi", senza nome, intercambiabile ».44

Oppure l'uomo supera il vuoto e le illusioni ideologiche decidendo di aprirsi a significati e valori più profondi, di assumere la propria esistenza e di definirla in un continuo progettarsi nel futuro: ciò che lo trascende diventa compito e appello.

« Chi sa di avere uno scopo nella vita, un compito - avverte Franki - ha in mano un valore ineguagliabile, sia dal punto di vista psicoterapico che dell'igiene mentale.

Additare un compito a un uomo è quanto di più adatto ci possa essere per fargli vincere ogni difficoltà interiore e ogni disgusto.

Tanto meglio se questo compito è stato scelto dalla persona stessa che è in causa, tanto meglio se si tratta di una missione ».45

Se dunque il rapportare ogni esperienza al tutto unitario della vita riscatta lo scorrere del tempo da un'angosciante inutilità, a maggior ragione chi vede l'esistenza come dono di un Dio trascendente e creatore può compiere un atto di fiducia radicale nel significato della vita.

Il credente scopre la vita come dono di Dio e insieme missione da compiere adeguandosi al fine preesistente per cui è stato creato e senza dubbio iscritto nel suo essere.46

La consapevolezza di avere qualcuno che ha pensato a noi incondizionatamente e non ci abbandona per nessuna ragione è un'esperienza sconvolgente e benefica, e nello stesso tempo provoca una risposta responsabile e coerente, che diviene opzione di fede di fronte alla rivelazione di Dio nella storia e soprattutto in Cristo Salvatore [ v. Gesù Cristo ].

2. Spiritualità come esperienza di Dio

« Nonostante la grande ibernazione seguita alla condanna del modernismo si sente oggi un po' ovunque e con notevole insistenza la richiesta di una realtà esperienziale nella quale situare la religione e il cristianesimo ».47

Il fascino dell'esperienza, cui hanno ceduto troppo quanti nel corso dei secoli hanno sopravvalutato il sentire a scapito della pura fede, si mostra oggi nel suo aspetto positivo di incarnazione della fede piuttosto che in opposizione ad essa.

Ingannato da troppe parole, l'uomo di oggi sente l'esigenza di credere soltanto a ciò che si presenta come collaudato nella vita.

Abituato dalle scienze naturali a dimorare costantemente nel regno dell'esperienza, egli diffida istintivamente delle costruzioni ideologiche cui manchi una base fattuale.

Consapevole della dimensione storico-salvifica della rivelazione biblica, il cristiano si adegua ad un'ortoprassi come alla misura della propria adesione alla parola di Dio.

Poiché, infine, l'ambiente attuale non è più quello della cristianità in cui la fede era un fatto collettivo, K. Rahner può affermare: « La persona pia di domani o sarà un "mistico", cioè uno che ha "esperimentato" qualche cosa, o cesserà di esser pio ».48

Per il credente è dunque un imperativo rendere conto della sua esperienza religiosa, intesa come presenza vissuta e incontro di comunione con Dio; deve cioè dimostrare che la sua fede non è un'arida astrazione, ma costituisce un tessuto connettivo di vita; deve in qualche modo ripetere con A. Frossard: « Dio esiste io l'ho incontrato »,49 pena la privazione di ogni forza convincente nella sua testimonianza.

Questa scoperta personale di Dio, che matura in una consegna d'amore e nell'accettazione di una missione nel disegno della salvezza, oggi sembra a prima vista difficile e persino impossibile.

Molti teologi e scrittori di spiritualità additano il fenomeno dell' « eclissi di Dio » ( M. Buber ), della « mancanza di Dio » ( M. Heidegger ), della « morte di Dio » ( T. J. I. Altizer ), dell'« occultamento di Dio » ( J. Sudbrack ) o della sua « lontananza » ( K. Rahner ): « Per molti, oggi - osserva W. Kasper -, il termine Dio è divenuto un vocabolo che non dice più nulla, che non riguarda più la realtà in cui essi vivono, e che non trova più posto nel loro contesto di esperienza.

Oggi, tutti sperimentiamo quest'assenza di Dio ».50

Se ci domandiamo la causa di questo fenomeno, possiamo rispondere con lo stesso autore che essa si trova « nel fatto che noi, oggi, ci troviamo dinanzi a un mondo che sperimentiamo in maniera qualitativamente diversa che in passato.

Questo mondo non è più quel cosmo bene ordinato, dove tutto, anche Dio, ha il suo posto fisso, dove tutto, a seconda dei diversi ordini dell'essere gerarchicamente disposti, è diafano per Dio.

Non è più neppure un ordine divino, sanzionato, esistente dai primissimi tempi, che è necessario soltanto conservare.

È piuttosto un mondo dato e consegnato a noi; è area di fabbricazione e materiale per la nostra opera storica, per mezzo della quale noi dobbiamo creare prima di tutto un ordine umano.

Di conseguenza, in questo mondo che cambia storicamente, non incontriamo tanto le tracce di Dio, quanto piuttosto le nostre proprie tracce ».51

L'affermata scomparsa di Dio dal nostro mondo tecnico-scientifico - « Ho girato per il cielo, ma Dio non l'ho incontrato » ( Y. Gagarin ) - ci premunisce dal prendere l'esperienza religiosa per la percezione immediata dell'Assoluto come realtà osservabile: « Dio non si fa presente nel nostro mondo, come un fenomeno.

Se fosse così, egli pure sarebbe oggetto di analisi e di scienza.

Ma non sarebbe il Dio del mistero divino, sarebbe solo un idolo, parte di questo mondo oggettivabile ».52

Per tentare un'esperienza di Dio che rispetti la sua trascendenza, si battono a tutt'oggi tre strade:

a. Esperienza cosmologica di Dio

Nel rapporto con l'universo l'uomo scopre, percorrendo le celebri cinque "vie" di s. Tommaso, che Dio è necessario per dar ragione dell'esistenza del mondo: « Dio è l'assente che viene chiamato in causa per spiegare il presente ».53

Questo discorso filosofico intende presentare non delle "prove" dell'esistenza di Dio quasi potessero condurre a un risultato verificabile, ma solo delle tracce o segni dell'esperienza cosmologica che orientano verso di lui.

Le vie indicate dalla metafisica « non hanno l'intenzione di porre fine in modo definitivo a tutti gli interrogativi che l'uomo pone circa Dio, ne vogliono togliere per sempre ogni dubbio dal cuore umano.

Esse vogliono invece convincere l'uomo che l'esistenza umana è visibile e comprensibile soltanto quando riceve compimento e perfezione dal ritorno verso l'Origine trascendente in forza della quale esiste ».54

L'approccio filosofico a Dio, pur essendo adottato da qualche scienziato e cultore della natura, sembra oggi destare scarsa udienza, forse perché segue una linea solo intellettuale raramente capace di introdurre in un'esperienza vissuta di Dio.

b. Esperienza antropologica di Dio

Più sentito attualmente è l'itinerario che muove dall'uomo, dal suo vissuto e dalle sue esperienze, per giungere a Dio.

Si è convinti che « Dio si può esperimentare sempre e in qualsiasi situazione, ogni volta che scendiamo nelle profondità della vita, là dove essa rivela la sua spaccatura, orientata ad accogliere il trascendente ».55

Ma se si può arrivare a Dio da qualsiasi strada,56 esistono esperienze privilegiate in cui l'uomo coglie la sua apertura a una dimensione superiore, a una realtà che da consistenza a tali dati esperienziali e ne orienta il dinamismo.

Quantunque gli autori non coincidano nell'individuare queste esperienze privilegiate,57 ci sembrano significative quelle indicate da K. Rahner: « In una forma non ancora tematica l'uomo fa esperienza di Dio e accetta Dio come condizione di possibilità di alcuni atteggiamenti umani fondamentali, ad es.

là dove l'uomo spera incondizionatamente nonostante il fatto che dal punto di vista empirico la situazione sia disperata;

là dove una singola esperienza di gioia è vissuta come promessa di una gioia illimitata;

là dove l'uomo ama con una fedeltà e un abbandono incondizionati, nonostante il fatto che la fragilità dei partners non garantisce in alcun modo un amore radicalmente incondizionato;

là dove l'obbligo etico è vissuto come radicale responsabilità, nonostante il fatto che apparentemente porta alla rovina;

là dove l'uomo sperimenta e coglie incondizionatamente il carattere inesorabile della verità;

là dove l'uomo nella pluralità dei destini umani riesce a sopportare l'invincibile discrepanza tra individualità e socialità, sperando fermamente…

in un senso finale o in una beatitudine che riconcilierà tutto ».58

In genere si sperimenta Dio partendo sia dalla pienezza e dai valori, sia dal vuoto e dai limiti della vita: l'uno e l'altro sospetto spesso si includono mutualmente.

L'esperienza del dolore, del fallimento, dell'incompiutezza e della morte può essere motivo di dubbio religioso e perfino di ateismo, ma più sovente è uno scoglio sul quale s'infrangono miti o idoli culturali e si evidenzia l'assurdità di una vita non riscattata in ordine trascendente.

Oggi tuttavia si è maggiormente portati a seguire la massima « Amo ergo est »59 nel senso che ogni esperienza intensa in positivo è una strada verso Dio: « Non facciamo forse l'esperienza dell'amore di qualche cosa che accade in noi, ma che è più grande di noi?

Ci sentiamo amati dall'altro in una assoluta gratuità, gratuità che accoglie la nostra fragilità e accetta la nostra profonda limitazione che, per se stessa, potrebbe uccidere l'amore o annullare le ragioni per cui l'altro continui ad amare.

E ciononostante esiste l'amore… Perché mai il linguaggio degli innamorati si avvicina al linguaggio del divino, nei giuramenti di amore eterno, di assoluta fedeltà e dono incondizionato?

Non è forse perché nell'amore è in gioco il mistero dell'amore, il fascino della trascendenza vivente, cioè Dio stesso?…

Chi è Dio, nella sua profondità, possiamo capirlo solo a partire dall'esperienza di amore ».60

c. Esperienza storico-salvifica di Dio

Scoprendosi nel suo essenziale rapporto con il tempo, l'uomo di oggi, come già quello della bibbia e delle grandi tradizioni religiose, cerca l'azione di Dio nelle vicende della storia.

Se non si rassegna all'esperienza dell'assurdità, evidenziata dalla malvagità e ingiustizia presenti in ogni epoca, ciò che renderebbe inutile ogni impegno storico e affosserebbe la speranza attiva di un possibile cambiamento, l'uomo comprende che, « condizione ultima di una riuscita della storia, ci si rivela il fatto che il totalmente Nuovo, Inderivabile ed Altro, che chiamiamo Dio, si fa evento nella storia.

Dio si manifesta come la pace che rende possibile la nostra pace, la libertà della nostra libertà, il coraggio ad agire ed essere nella storia ».61

La presenza di Dio nella storia è colta dal popolo d'Israele soprattutto nella sua liberazione dalla schiavitù, e dai cristiani nel ( v. ) mistero pasquale di Cristo, la cui risurrezione è l'evento in cui Dio esprime definitivamente la sua offerta di salvezza e di vita nuova ed eterna.

In continuità con la tradizione, il cristiano fa esperienza di Dio vivendo secondo le esigenze della fede, meditando la parola rivelata, partecipando ai sacramenti e alla vita cultuale, impegnandosi per la giustizia, ade-rendo alla volontà di Dio significata; attraverso una prassi ispirata al vangelo e ai ( v. ) segni dei tempi si perviene ad un'esperienza cristiana in cui l'origine e il polo di attrazione è Dio.

È urgente ricuperare la pedagogia religiosa dei padri della chiesa, cioè la "mistagogia" che è tutta la vita cristiana in quanto porta al possesso e alla comunicazione divina.62

Se finora l'educazione ci ha iniziati all'aspetto istituzionale della religione e alle pratiche devote, la « mistagogia ci deve insegnare in modo concreto a essere capaci di restare vicini a questo Dio, a dargli del "tu", ad avere il coraggio di addentrarci nel suo buio silenzioso e a non temere che lo si possa perdere chiamandolo per nome… ».63

3. Spiritualità come impegno nel mondo

Se nei secoli passati si è potuto intendere la vita cristiana perfetta come fuga dal mondo onde darsi alla ( v. ) contemplazione divina, oggi « l'evoluzione strutturale della spiritualità cristiana consiste prima di tutto nel rifiuto di identificare la vita spirituale con la vita religiosa ».64

Il problema della sutura tra culto di Dio e impegno nel mondo è vivamente percepito da Teilhard de Chardin: « Penso di non esagerare quando affermo che, per i nove decimi dei cristiani praticanti, il lavoro umano si presenta come un "impaccio spirituale".

Nonostante la pratica dell'intenzione retta e della giornata quotidianamente offerta a Dio, la maggior parte dei fedeli conserva oscuramente l'idea che il tempo trascorso in ufficio, in uno studio, nei campi o in fabbrica, è un qualche cosa che viene sottratto all'adorazione.

È impossibile non lavorare, lo sappiamo.

Ma è altrettanto impossibile svolgere una vita religiosa veramente profonda, come quella riservata esclusivamente a coloro che hanno la possibilità di pregare o di predicare per tutta la giornata.

Nella vita, alcuni minuti soltanto possono essere raggranellati per Dio.

Ma le ore migliori sono assorbite, o per lo meno sminuite dalle cure materiali.

Molti cattolici, dominati da tale sentimento, conducono praticamente una doppia vita, o una vita impacciata: hanno bisogno di spogliarsi della loro veste umana per ritenersi cristiani, e soltanto cristiani di qualità inferiore ».65

Per superare questa situazione incresciosa di divisione interiore tra la dedizione a Dio e l'impegno nel mondo, Teilhard de Chardin ritiene insufficiente la soluzione, data dai direttori spirituali, di santificare l'azione mediante l'intenzione di compierla a gloria di Dio.

Egli ammette « la funzione iniziale e fondamentale dell'intenzione che è veramente… la chiave d'oro che apre il nostro mondo interiore alla Presenza di Dio »; ma indica la soluzione definitiva, che consiste nello « scoprire come, senza fare la minima concessione alla "natura", ma per una sete di maggior perfezione, vi sia la possibilità di conciliare, e poi di alimentare, l'uno con l'altro, l'amore di Dio e il sano amore del Mondo, lo sforzo del distacco e lo sforzo dello sviluppo ».66

I cristiani, cioè, devono appassionarsi alla propria attività quotidiana nella convinzione di collaborare così al compimento del mondo in Cristo: « Dio non distoglie prematuramente il nostro sguardo dal lavoro che egli stesso ci ha imposto, poiché egli si presenta a noi raggiungibile attraverso questo stesso lavoro ».67

L'azione diviene essa stessa un mezzo di comunione, un "ambiente divino" dove è possibile incontrare Dio.

Questa prospettiva diviene plausibile qualora sia collegata ad alcuni dati teologici emersi nella coscienza contemporanea: il valore religioso del emendo in forza della creazione e dell'incarnazione, Dio visto non in competizione con l'uomo, cui non si chiede più di limitare la sua azione perché Dio agisca [ v. Apostolato VII ], l'impossibilità di ridurre il cristianesimo a un complesso di riti staccati dalla vita e la necessità di trasformare la propria esistenza in un culto spirituale a Dio gradito ( Rm 12,1 ).

Se per santificarsi non basta operare con retta intenzione offrendo a Dio il proprio lavoro, tanto meno è sufficiente limitarsi ad inserirvi delle giaculatorie o dei tempi forti di ritiro.

Questo tentativo di « trovare Dio nelle lacune », denunciato da J. A. T. Robinson,68 rischia di privare di significato spirituale la quasi totalità dell'esistenza e di indurre nell'errore di credere che Dio si può trovare soltanto in alcuni privilegiati momenti oranti.

Per quanto i tempi di ritiro [ v. Esercizi spirituali ] o di ( v. ) deserto, le preghiere e le giaculatorie siano opportuni e necessari, è l'insieme della vita che deve piacere a Dio ed essere sorgente di vitalità spirituale.

La "spiritualità degli intervalli" si rivela inadeguata di fronte all'esigenza di non interrompere un lavoro impegnativo e nello stesso tempo di conferirgli un valore spirituale.

La soluzione va cercata nella struttura della stessa azione, cioè nel riconoscimento e nell'attuazione del suo ordine interno, come pure nella sua inserzione organica nel contesto della vita globale e nella sua apertura agli appelli insiti nel piano della salvezza.

Tutto ciò implica competenza e impegno professionale, umanizzazione e consacrazione cristiana del lavoro e delle realtà terrene.

Occorre pertanto intensificare la propria fede quale vettore dell'esistenza e rettificare le varie azioni perché procedano secondo l'ordine intrinseco loro proprio.

È un impegno a largo raggio e di severe esigenze in quanto si tratta di progredire senza limiti nel campo della propria attività, ma anche di rispettare gli imperativi etici di giustizia, di umanità e di fraternità cristiana.

Pur senza giungere al rifiuto di ogni incontro cultuale con Dio, oggi si cerca un Dio meno ieratico e più feriale che esprima il significato della vita quotidiana.

A spostare l'accento da una religiosità sacrale e appartata a una più immersa nella realtà di ogni giorno invita suggestivamente la poesia indiana: « Per chi preghi in questo cantuccio scuro del tempio dalle porte chiuse?

Apri gli occhi e guarda: il tuo Dio non ti è dinanzi.

Egli è dove il contadino sta arando la nuda terra, lungo la strada dove è lo spaccapietre.

Sotto il sole o sotto la pioggia egli è con loro e le sue vesti sono coperte di polvere.

Levati quel manto sacro e scendi come lui sul terreno polveroso » ( R. Tagore ).

In altre parole è finito il tempo in cui ci si poteva permettere di « vivere la pietà della Filotea lontano dal mondo del lavoro e della ominizzazione del mondo »:69 tutti, e in particolare quanti fanno una determinata esperienza di fede, devono sentirsi impegnati nel cantiere del mondo per la costruzione di un avvenire migliore.

Se non si vuole ridurre la religione a un'alienazione e a un lusso inutile e provocante, bisogna che essa animi le realtà che appaiono meno sacre e più banali.

Infatti, come ha intuito un leader spirituale del nostro tempo, « se quando si immerge la mano nel catino dell'acqua, se quando si attizza il fuoco con il soffietto, se quando si allineano interminabili colonne di numeri al proprio tavolo di contabile, se quando scottati dal sole si è immersi nella melma delle risaie, se quando si è in piedi davanti alla fornace del fonditore, non si realizza proprio la stessa
vita religiosa come se si fosse in preghiera in un monastero, il mondo non sarà mai salvo » ( Gandhi ).

4. Spiritualità liberatrice

Il recupero del carattere liberatore della spiritualità cristiana è operato nel contesto di ingiustizia istituzionalizzata vissuta specialmente dal continente latino-americano.

La situazione storica di dipendenza neo-coloniale, di sperequazioni, sottosviluppo e sfruttamento è stata qualificata dall'episcopato dell'America Latina come « situazione di peccato », poiché « là dove si trovano ingiuste disuguaglianze sociali, politiche, economiche e culturali, c'è rifiuto del dono della pace del Signore; meglio, un rifiuto dello stesso Signore ».70

Per entrare in zona di salvezza e di comunione con Dio non basta elaborare categorie teologiche, ma « è necessario un atteggiamento vitale: globale e sintetico, che abbracci la totalità e il particolare della nostra vita.

Una "spiritualità", insomma ».71

La spiritualità della liberazione è costituita da alcuni atteggiamenti fondamentali:

a. Conversione al prossimo oppresso

Il cristiano che ha compreso la centralità dell'amore verso il prossimo secondo il messaggio biblico [ v. Carità ], non può illudersi di piacere a Dio limitandosi ad un rapporto intimista e cultuale con lui.

Poiché conoscere Dio è operare la giustizia, la ( v. ) conversione a lui passa dalla conversione agli uomini che patiscono ogni tipo di oppressione.

Occorre, cioè, uscire dall'indifferenza o dalla neutralità e schierarsi apertamente a favore dei poveri e degli sfruttati.

Questa precisa scelta implica un duplice compito: la denuncia profetica delle ingiustizie sociali anche a costo di irritare i fautori del disordine stabilito [ v. Contestazione profetica ].

Infatti « nella sua missione liberatrice la chiesa non può tranquillizzare gli oppressi, addormentarli nella schiavitù o alienarli nella loro rassegnazione »,72 ma sulla scia dei ( v. ) profeti deve difendere e coscientizzare i poveri, protestando contro la povertà frutto di ingiustizia; la solidarietà con i poveri per promuovere dall'interno la liberazione integrale sull'esempio di Cristo ( 2 Cor 8,9 ).

Poiché il peccato intacca anche le istituzioni sociali [ v. Peccatore/Peccato ], la liberazione deve non solo sradicare il male dal cuore dell'uomo ma anche eliminare e trasformare le strutture ingiuste.

La carità diventa impegno politico onde rivestirsi di efficacia superando lo stadio dell'aiuto esclusivamente privato e individuale.

b. Celebrazione storica del mistero pasquale

La spiritualità della liberazione non vive il ( v. ) mistero pasquale come un fatto puramente mistico o ascetico, ma in dimensione storico-attuale e secolare.

Il cristiano impegnato riferisce « alle attuali circostanze dell'America Latina la permanente esigenza di morte e risurrezione in Cristo per una vita nuova.

Deve vedere nelle distruzioni e negli sbandamenti che i cambiamenti portano con sé, la pasqua latino-americana, la possibilità, per la potenza di Cristo, di realizzare una società nuova, migliore anche se provvisoria ».73

L'obiettivo della liberazione è la costituzione dell'uomo nuovo in un mondo nuovo, la creazione della fraternità evangelica, l'instaurazione di un sistema più giusto e libero di rapporti umani.

Nella celebrazione dell'eucaristia, che proclama Cristo unico liberatore e Signore della storia, la comunità si impegna a rifiutare ogni tipo di oppressione che impedisca all'uomo la realizzazione del proprio destino e a vivere secondo le esigenze della fraternità.

« Così, ogni celebrazione cristiana, che per definizione non ha una ragione politico-sociale, può avere profonde ripercussioni in tale campo nella misura in cui i cristiani, che vi partecipano attivamente, diventano coscienti di quanto realmente stanno proclamando.

Il vaccino contro il conformismo, inoculato dalla liturgia cristiana, non si limiterà solo ai tipi d'oppressione socio-economica, ma tenderà a rimuovere i nuovi idoli che catturano l'uomo… ».74

c. Gratitudine, gioia e speranza

La convinzione che la comunione con il Signore e con tutti gli uomini è un dono gratuito di Dio, non esonera dalla cooperazione responsabile, ma riempie lo spirito di gratitudine e di fiducia.

Se Dio agisce nella storia a favore dei poveri, il cristiano non può che rallegrarsi con Maria per questa esperienza di Dio salvatore ( Lc 1,46-55 ).

Soprattutto fidandosi sulle promesse di Cristo e sulla forza dello Spirito, il cristiano è aperto alla ( v. ) speranza: tutto ciò che sembra impossibile - la liberazione e la fraternità universale - diventeranno possibili non solo nell'escatologia ma già in questo mondo, sia pure in forme parziali e provvisorie.

Queste intuizioni non sono un'esclusiva dei cristiani latino-americani, ma tendono ad essere assimilate da tutti i credenti che sentono l'urgenza di proclamare la liberazione degli oppressi ( Lc 4,18 ) e di non ricadere nel giogo della schiavitù da cui Cristo li ha liberati ( Gal 5,1 ).

La storia recente ha obbligato la liberazione a diventare più umile e a disilludersi circa una sua immediata realizzazione: lo stabilirsi di regimi oppressivi esige una teologia della liberazione che tenga conto della schiavitù ed una spiritualità che viva il vangelo in terra straniera.75

È importante in queste contingenze dedicarsi a consolare le vittime e a unificare il popolo mediante simboli integrativi, continuando tuttavia ad essere la voce dei senza voce, a mantenere viva la speranza e a preparare l'esodo liberatore.

5. Spiritualità comunitaria

Fare comunità, essere in comunione, vivere insieme, sono parole chiave della vita contemporanea.

L'individualismo cartesiano, che vedeva l'uomo come coscienza autosufficiente e ne sottaceva la dimensione sociale, è stato messo in scacco dalle guerre mondiali e dagli squilibri della civiltà contemporanea.

Si opera pertanto un cambiamento radicale di impostazione: si prende coscienza della struttura dialogale e interpersonale dell'uomo, il cui vero essere si attua nell'incontro con gli altri.

Si comprende che « l'uomo per sua intima natura è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere ne esplicare le sue doti » ( GS 12 ).

L'accentuazione dei valori comunitari non è dovuta al bisogno di sfuggire alla solitudine e all'anonimato che attanagliano gli abitanti delle città, ma piuttosto all'affermarsi del fenomeno della socializzazione, cioè dell'interdipendenza sempre più stretta, ed estesa al mondo intero, circa il raggiungimento del bene comune ( GS 25-26 ).

I ( v. ) mass media trasformano il mondo in un vicinato, suscitano il senso dell'unità della famiglia umana e richiedono il superamento dell'etica individualistica: l'appartenenza a un gruppo ampio quanto l'umanità impegna al riconoscimento dei diritti fondamentali dell'uomo, alla lotta contro discriminazioni o ingiustizie e alla ricerca di una pacifica convivenza.

Tralasciate inoltre le valutazioni negative tradizionali, oggi si è scoperta la ( v. ) sessualità come il fattore più potente di comunicazione e di socialità.

Essa è destinata non solo ad assicurare la sopravvivenza del genere umano, ma anche e soprattutto alla creazione di un noi coniugale, di un super-noi familiare e di circoli sempre più vasti di ( v. ) amicizia.

La scoperta della sessualità come fattore di gruppo e di apertura agli altri costituisce uno degli elementi più importanti dell'odierno cambio culturale.

Anche il cristianesimo del nostro tempo è sensibile alle dimensioni comunitarie e trova che esse hanno un puntuale riscontro nella rivelazione biblica.

Se la riflessione dei concili dei primi secoli si concentrò su Cristo, se il concilio di Trento spostò il suo interesse sulla giustificazione dell'uomo peccatore, il Vat II preferì orientare la sua attenzione sulla realtà della chiesa, considerata come corpo mistico di Cristo e popolo di Dio radunato nel vincolo di amore della Trinità ( LG 7-10 ).

Seguendo l'indirizzo del Vat II si è approfondito la realtà della chiesa evidenziando che essa è comunione, cioè solidarietà fra le persone che la compongono, fondata sulla partecipazione a un unico principio profondo, che è lo Spirito del Signore risorto dal quale,siamo inseriti nel Corpo di Cristo.

La prospettiva conciliare modifica l'impostazione della spiritualità e della pastorale in senso ecclesiale.

La salvezza e perfezione della propria anima, su cui hanno tanto insistito predicatori e autori spirituali, è liberata dalla preoccupazione individualista per essere inserita nel contesto più ampio del piano divino: « Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse » ( LG 9 ).

Si sente l'esigenza di sviluppare una spiritualità centrata sulla riconciliazione ecumenica [ v. Ecumenismo spirituale ] e di vivere intensamente i legami di ( v. ) fraternità evangelica fino a formare comunità sul tipo di quella primitiva descritta come ideale dagli Atti degli Apostoli.

Si abbozza una mistica della comunità dove convergono alcune componenti di notevole incidenza vitale: intensa partecipazione liturgica e preghiera comunitaria perché la comunità sia costruita dal Signore e non cammini invano, esperienza della paternità di Dio che si traduce in un forte senso di fraternità, identificazione con Cristo archetipo di vita filiale e unico mediatore della salvezza religiosa, ascolto e docilità allo Spirito ed esercizio dei suoi carismi a servizio della chiesa.

In ordine al suo dover essere mistico e teologale, la chiesa si ritrova « in Maria, madre e sposa immacolata, in quanto essa come singola persona elevata a tale missione, "fusa" ed "universalizzata" dalla potenza dello Spirito, diventa principio di ogni ecclesialità.

La spiritualità mariana [ v. Maria ], presa nel suo senso esatto, è identica quindi alla, spiritualità ecclesiale, precedente ad ogni differenziazione dei singoli carismi ».76

La mistica comunitaria è lontana dal vagheggiare una convivenza costituita senza il segno della croce: se la vita comune non è più la « massima penitenza » ( s. Giovanni Berchmans ), non è neppure un paradiso in terra, poiché in essa sussiste una conflittualità multiforme, dovuta a diversità di vedute, a preoccupazioni circa la missione da svolgere nel mondo o alla frustrazione derivante dalla mancanza di risposta alle legittime esigenze dei singoli.

Ai richiami di fede, che fissano l'orientamento unificante del vivere insieme, si deve accompagnare una permanente autoformazione volta alla creazione di un ambiente dove le aspirazioni personali e comunitarie possano essere soddisfatte.

Ciò implica l'arte del dialogo, l'accettazione incondizionata dell'altro, la gestione dei conflitti, lo scambio delle esperienze e delle informazioni, il ricorso al compromesso provvisorio pur di non rompere il cammino comune [ v. Comunità di vita III-VII ].

Una comunità che si sforzi di vivere questa spiritualità diventa, dinanzi a un mondo determinato dalla logica del potere, dalla manipolazione dell'altro e dalla ricerca dell'avere, un segno dell'universo redento e l'emblema della speranza in un futuro migliore.

IV - Avvenire della spiritualità

Se gettiamo uno sguardo sul futuro immediato della spiritualità contemporanea scorgiamo delinearsi un orizzonte senza dubbio alternativo e differente dal nostro, ma dove sono ancora presenti le migliori intuizioni attuali.

Si prevede cioè una morte e una sopravvivenza, che P. Ricoeur esprime in questi termini: « Possono sopravvivere soltanto delle spiritualità che rendono conto della responsabilità dell'uomo, che danno un valore all'esistenza materiale, al mondo tecnico e, in modo generale, alla storia.

Dovranno morire le spiritualità di evasione, le spiritualità dualiste…

In senso generale, io penso che le forme di spiritualità che non possono rendere conto della dimensione storica dell'uomo dovranno soccombere sotto la pressione della civiltà tecnica ».77

Si può concordare con queste previsioni aggiungendo e specificando i compiti più urgenti della spiritualità futura:

1. Scomparsa delle spiritualità evasive e dualiste

La Critica della religione come "oppio del popolo", la scoperta biblica della rivelazione quale evento nella storia, l'urgenza dell'impegno sociale derivante dall'amore fraterno e dal carattere liberatore del cristianesimo, impediscono di fare della spiritualità cristiana un atteggiamento passivo, inoperante e sconnesso dal destino storico dell'uomo.

Una spiritualità disancorata dalla storia appare un'ideologia che serve da copertura a qualsiasi sistema vigente e al proprio egoistico disimpegno.

Non esiste la neutralità né l'innocenza politica, perché chi abbandona il mondo al suo destino rischia di collaborare al mantenimento dello status quo e di fare il gioco di quanti si oppongono alla forza dinamica e trasformante dello Spirito.

La spiritualità dovrà abbandonare il procedimento dualistico che non sa unificare a livello profondo i vari aspetti della salvezza e perfezione cristiana:

a. Essa deve liberarsi dall''individualismo che vede la vita spirituale come un insieme di pie pratiche e di atti cultuali, staccati dal movimento storico e diretti al perfezionamento del singolo.

L' ( v. ) itinerario spirituale del cristiano non può ridursi a un cammino di interiorità, perché deve misurarsi con i compiti concreti e intrecciarsi con il cammino della società e della chiesa in costante sforzo di lettura dei ( v. ) segni dei tempi.

In altre parole: occorre saldare culto e vita, interiorità e impegno sociale, unione con Dio e comunione ecclesiale,

b. La spiritualità deve prendere le distanze da un'antropologia dualistica, che tende a privilegiare l'anima a danno del corpo.

L'uomo non è un angelo decaduto, ma unitamente è la sua anima e il suo corpo, senza il quale perde la dimensione storica e la forma umana di comunicarsi agli altri.

Occorre riscoprire la funzione del ( v. ) corpo nella vita spirituale e inserirlo nel processo salvifico culminante nella risurrezione,

c. La spiritualità è chiamata a distaccarsi da una proiezione ultraterrenista che rimandi esclusivamente all'al di là la salvezza e il regno di Dio.

Presente e futuro devono essere considerati nel loro nesso intrinseco, in quanto il futuro è lo stadio definitivo della realizzazione spirituale-salvifica operata nel presente.

Le ultime realtà non devono annullare ma sostenere l'impegno storico di salvezza integrale [ v. Escatologia ].

d. La spiritualità infine eviterà il soprannaturalismo e la tendenza monofisita che nullifica l'elemento umano sotto il pretesto di far trionfare la grazia divina.

Si deve cessare di pensare Dio e l'uomo in termini di totale rivalità e di perenne opposizione, poiché « la gloria di Dio è l'uomo vivente ».

È segno di autentica spiritualità cristiana promuovere l'uomo e farlo riuscire nella vita, pure senza dimenticare il necessario lavoro ascetico [ v. Ascesi ] di purificazione da ogni malvagità.

2. Persistenza delle dimensioni personalistica, esperienziale, liberante e comunitaria della spiritualità

Quanto abbiamo esposto circa le linee emergenti della spiritualità contemporanea [ sopra III ] si basa su dati integranti dell'attuale cultura, che a breve distanza potranno essere modificati e inseriti in orizzonte diverso, ma non distrutti.

Pur non essendo le uniche componenti del mondo odierno, l'umanesimo personalista, la secolarizzazione, la conversione alla storia, l'impegno di liberazione e l'esigenza comunitaria caratterizzano profondamente la nostra epoca e non possono essere disattese dalla spiritualità cristiana futura.

Altri fenomeni, come il risveglio dei carismi e le esigenze cultuali evidenziate dalla pietà popolare, hanno la funzione di contemperare e correggere il possibile sviluppo unidirezionale della vita spirituale, ma non potranno mai oscurare gli imperativi sociali del messaggio evangelico, specie circa l'importanza capitale dell'amore ai più disprezzati, bisognosi e sofferenti con cui Cristo stesso ha scelto di identificarsi ( Mt 25,31-46 ).

Resta vera l'affermazione di Bonhoeffer che unisce la dimensione contemplativa e quella operativa, il culto e l'impegno di vita: « Il nostro essere cristiani si riduce oggi a due cose: pregare e operare tra gli uomini secondo giustizia ».78

3. Elaborazione di una spiritualità unitaria e creativa

Alla ( v. ) teologia spirituale del futuro incombe il compito di elaborare i dati problematici dell'attuale esperienza cristiana in vista di una sintesi unitaria e di colmarne le lacune tenendo conto delle dimensioni essenziali dell'uomo.

a. Bisogna innanzitutto operare una sintesi organica e un'unità dialettica tra le tensioni spirituali della vita cristiana: preghiera e fedeltà alla terra, contemplazione e impegno politico, pietà di trascendenza e pietà di solidarietà.

Il cristiano di domani non deve sentirsi diviso e dilacerato dai richiami impellenti del mondo e degli uomini, e dalla propria esigenza di salvezza e di Assoluto.

Deve scoprire l'intimo legame che unifica le ( v. ) antinomie spirituali, senza limitarsi a prospettare i campi più o meno vasti dove è alternativamente rimandato ad operare.

Se deve passare dalla religione al regno di Dio, dalla chiesa al mondo, dall'io all'umanità, questo tragitto deve avvenire senza la perdita dei valori essenziali della preghiera, dell'identità ecclesiale e personale.

La nuova spiritualità cristiana sarà « caratterizzata dall'unità di amore di Dio e di amore del prossimo e dall'idea della fratellanza cristiana.

Chi invece subito protesta e diffida, affermando che il cristianesimo deve essere ridotto a "semplice" rapporto col prossimo, dovrebbe domandarsi anzitutto se la sua protesta si dirige con altrettanta forza contro l'inumanità, che esiste nel mondo, in parte anche per colpa e per tolleranza della chiesa e dei cristiani…

Ciò a cui si allude qui, in senso positivo, può essere caratterizzato sinteticamente richiamandoci all'espressione di Bonhoeffer secondo la quale hanno diritto di cantare le melodie gregoriane solo coloro che sotto il terzo Reich si sono adoperati attivamente e con rischio a favore degli Ebrei ».79

L'unificazione tra storia e meta storia, umano e divino, rapporto con Dio e impegno per i fratelli sarà necessariamente compiuta in direzione cristologica [ v. Cristocentrismo ] , poiché « in ( v. ) Gesù Cristo il carattere storico e quello soprastorico del cristianesimo vengono mediati in un'unità unica.

In lui la storia umana è definitivamente giunta alla meta che la sorpassa radicalmente, a Dio, dal momento che Dio l'ha accettata in tutto e per tutto e si è partecipato ad essa.

Perciò, la fede cristiana attesta di Gesù Cristo: egli è vero uomo e vero Dio in una persona…

Ne consegue che Gesù Cristo è in persona il criterio sul quale deve commisurarsi tutto ciò che vuol essere cristiano ».80

Solo una pietà incentrata sulla comunione con Cristo può essere lo spazio e il punto di convergenza degli aspetti dialettici del cristianesimo: rivolgendo a Cristo un continuo sguardo come al polo orientatore della vita si comprende che « trascendenza non è la trascendenza del risorto se non conduce alla solidarietà con coloro che egli venne per liberare e per la cui salvezza incontrò la morte.

Solidarietà non è la solidarietà del crocifisso se non conduce alla trascendenza di quel futuro nel quale egli è stato risuscitato.

Colui che prega nel nome di Cristo e invoca la redenzione non può accettare l'oppressione.

Colui che combatte contro l'ingiustizia sente il bisogno di pregare perché la redenzione avvenga ».81

b. Altro compito dei cristiani di domani è il recupero dei valori della spiritualità popolare.

L'interesse suscitato in campo antropologico dalla cultura popolare con la sua visione organica del mondo, ricca di dati e originale nelle sue manifestazioni, si è ripercosso soprattutto nel contesto cattolico in una particolare attenzione alla ( v. ) religiosità popolare.

Come lo sviluppo unidimensionale della civiltà industriale, trascurando i valori della cultura popolare, ha provocato squilibri sociali ed ecologici su scala mondiale, così la forma ufficiale del cattolicesimo ha percorso un suo cammino senza adeguato riferimento alla pietà del popolo che ha battuto una strada propria.

A partire dal Sinodo dei vescovi del 1974, la religione popolare è considerata come la necessaria base di un'autentica e realistica opera di evangelizzazione.

Resta tuttavia da compiere l'elaborazione di una spiritualità popolare, cioè della modalità criticamente riflessa che assume il cristianesimo nella cultura popolare.

Ciò esclude l'atteggiamento di superiorità di chi andasse verso il popolo per imporre una spiritualità d'elite oppure per applicare un'indiscriminata terapia distruttiva in nome di un cristianesimo diversamente acculturato.

Se la liturgia e la spiritualità elaborata da teologi specialisti ha da offrire un'esperienza profondamente biblica, cristocentrica, ecclesiale e storico-salvifica, la pietà popolare può presentare la ricchezza dei suoi valori esistenziali così individuati da Paolo VI: « Essa manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere; rende capaci di generosità e di sacrificio fino all'eroismo, quando si tratta di manifestare la fede; comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la provvidenza, la presenza amorosa e costante; genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione ».82

L'incontro tra religiosità popolare e liturgia ecclesiale apporterà un reciproco arricchimento e insieme un mutuo correttivo: la prima dovrà essere liberata da superstizioni e riempita di Parola, la seconda acquisterà un linguaggio più concreto e assimilerà il senso della festa.

Ma per questo è necessario scoprire ed approfondire la spiritualità popolare, sulla scia di quanto hanno tentato lungo i secoli i grandi missionari e predicatori.83

c. Un'ulteriore incombenza della spiritualità futura consiste nello scrutare la sacra scrittura e l'esperienza cristiana storica per cogliere il loro messaggio spirituale tenendo presenti le scienze umane, la situazione socio-culturale, le acquisizioni teologiche e la vita della chiesa.

Considerando la ( v. ) storia della spiritualità si costaterà che la continuità dei valori cristiani fondamentali si unisce alla loro incarnazione in forme diverse secondo le varie zone ed epoche culturali.

Il ripensamento operato nel nostro tempo circa l'interpretazione della vita spirituale in tutte le sue dimensioni deve essere continuato in avvenire; la spiritualità del futuro non sarà legata all'antropologia e agli schemi rappresentativi della tradizione, ma compirà una verifica dei più importanti aspetti della spiritualità cristiana perché essi possano essere assunti dagli uomini del futuro.

Pare che le varie culture, con i loro limiti e condizionamenti, più che negli altri settori si concretizzino nella spiritualità cristallizzandola in forme contingenti che rendono arduo il lavoro di ritraduzione.

Particolarmente urgente è proseguire il ripensamento e l'attualizzazione di temi come ( v. ) ascesi, ( v. ) croce, peccato [ v. Peccatore/peccato ] , ( v. ) carità, ( v. ) itinerario spirituale, ( v. ) preghiera, lavoro [ v. Lavoratore ] ( v. ) tempo libero, ecc. onde renderli assimilabili dai cristiani di domani.

d. Tocca infine alle generazioni future recuperare alla spiritualità cristiana le ampie zone umane dove creativamente si comunica lo Spirito.

Per es., l'arte nelle sue varie espressioni.

Se nella tradizione occidentale l'estetica è considerata quasi un di più, domani si dovrà valorizzarla come « apprendistato dell'atto creativo.

Dovremo allora intenderla come la scienza e l'arte di rivivere e vivere, attraverso le opere d'arte, quell'atto specificamente umano grazie al quale, con un lavoro creatore, con una iniziativa storica, l'uomo si spinge al di là della propria definizione, del suo passato, delle sue costrizioni, delle sue alienazioni.

L'estetica risuscita o suscita i momenti in cui l'uomo, nella ribellione o nella preghiera, nell'amore, nell'eroismo o nella creazione, supera una nuova soglia dell'umanità.

Essa insegna ad avvertire e a provocare l'emergere del nuovo ».84

All' ( v. ) artista compete, attraverso icone [ v. Immagine IV-V ], spettacoli, musica, arti letterarie e figurative, non solo attuare il senso estetico di fronte alla bellezza, ma anche risvegliare le coscienze, criticare le aberrazioni del super-io e di ogni istituzione, leggere intuitivamente il reale e la storia anticipandone proletticamente gli sviluppi: egli svolge il ruolo di mediatore di rivelazione, in quanto fa ritrovare l'io autentico liberato dalle stratificazioni impaccianti.

Ma forse il carattere dell'artista che lo avvicina alla spiritualità è l'ispirazione, la sua capacità creativa talvolta sperimentata come qualcosa di superiore che lo invade e dirige: essa rompe l'assuefazione e la sclerosi ponendo un'opera inedita presaga di futuro e di speranza.

L'apertura della spiritualità all'arte e alle altre categorie o attività analoghe dell'uomo, è quanto mai necessaria al futuro.

Se la fine del mondo dovesse avvenire, secondo Dostoevskij, a causa non di guerre ma di una noia generale e insopportabile quando da uno sbadiglio a dimensioni mondiali uscirà fuori il diavolo, possiamo prevedere ancora con lui che « la bellezza salverà il mondo ».

Saranno i capolavori dell'arte umana, non priva di una scintilla divina, e le opere di Dio nell'argilla umana, i santi, ad elevare gli uomini al di là dell'utile e del funzionale e a far scoprire loro il significato della vita, dono gratuito del Dio vivente, che attraverso vie imprevedibili guida le vicende storiche verso traguardi eterni.

Poiché « tutto è grazia », il futuro è avvolto nel mistero della provvidenza divina e, nonostante i segni dell'avvenire che possiamo leggere nel presente, resta imprevedibile: « Il cristiano è sicuro che l'avvenire dello Spirito divino ad ogni istante s'inarca come cupola al di sopra di tutti i futuri progetti del mondo, poiché Dio è più libero e inventivamente ingegnoso di tutto ciò che ha ricevuto da lui libertà ed energia inventiva ».85

Storia
… della chiesa antica Chiesa I
Concetto di … Ecologia II,2
Giovani I
Spiritualità I
Spiritualità III
Storia I
Come esperienza di Dio Spiritualità III
Come senso di vita Spiritualità III
Apocalittica Esperienza sp. Bib. II,4
Laicale Famiglia IV
Spiritualità III,4
Spiritualità III,4
Coniugale e familiare Esercizi sp. II
Integrale Sociologia III,4
Nel simbolismo Simboli III
… del giornalista Giornalista III
Secondo l'oriente cristiano Oriente II

… contemporanea

Cambiamenti Apostolato VII
Ecologia Ecologia II,2
… e il "fenomeno Gesù" Gesù I
… cristocentrica Gesù III
… evangelica Uomo ev. II
… ecclesiale Chiesa II
Mondo VIII
Uomo ev. II
… ecumenica Ecumenismo II
… liturgica Celebrazione I,2
… mistica Amicizia VI
Mistica III
… sacerdotale Ministero IV
… laicale Famiglia IV
… familiare Famiglia III
… giovanile Giovani II
Revisione I
… pluralistica Giovani II,2
… del lavoro Lavoratore III
… verso il mondo Mondo V
Revisione I
… d'obbedienza Obbedienza VIII
Crisi e riscoperta della spiritualità mariana Maria I,3
Personalistico-comunitaria negli esercizi spirituali Esercizi sp. II,3
… della riforma Ecumensimo II,2

S. G. B. de La Salle

Metodo di orazione

Dio è … 11 - 12
Cose … e interiori 13
Cose puramente … 111 - 112
Vita … 113
Culto … 11Eb
Tre stadi della vita … 211
Esercizi … 317e
Lettura … 317f
Armi spirituali 317h

1 P. Evdokimov, Le età della vita spirituale, Bologna, Il Mulino 1968, 6
2 Circa le teorie di Comte, Marx e Weber, profetizzanti la fine della religione, cf G. Baum, La sopravvivenza del sacro in Con 9 (1973) 1, 21-24
3 M. Marty, Persistenza del misticismo, ivi, 51
4 E. Schillebeeckx-B. Van lersel, Un Dio personale? in Con 13 (1977) 3,359-360
5 v. Lanternari, Folklore e dinamica culturale, Napoli, Liguori 1976, 98
6 B. Bernardi, Uomo cultura società, Milano, F. Angeli 1977, 363
7 G. Baum, La sopravvivenza del sacro, a. c., 29
8 Ivi, 30 e 32
9 J. Shea, La seconda "ingenuità": come affrontare un problema pastorale in Con 9 (1973) 1, 143
10 P. Berger, II brusio degli angeli, Bologna, II Mulino 1970
11 A. J. Heschel, Chi è l'uomo? Milano, Rusconi 1976, 101
12 J. Gevaert. Esperienza umana e annuncio cristiano, Torino, LDC 1975, 29
13 E. B. Tylor, Primitive Culture, Londra 1871, 5
14 I. Mancini, Cultura cristiana: specificità e senso in Aa. Vv., Cristianesimo e cultura, Milano, Vita e pensiero 1975, 38
15 Paolo VI, Evangelii Nuntiandi 20
16 M. de Certeau, Culture e spiritualità in Con 2 (1966) 6, 63
17 S. Teresa d'Avita, Castello interiore in Opere, Roma, Postulazione generale O.C.D. 19634, 761-762
18 A. Joos, Incontro tra il messaggio evangelico e la cultura alla luce di alcuni orientamenti teologici del XX sec. in Aa. Vv., L'annuncio del vangelo oggi. Commento all'esortazione apostolica di Paolo VI "Evangelii nuntiandi", Roma, Pontificia Università Urbaniana 1977, 262 e 271
19 T. Goffi, Etica cristiana acculturata in Aa. Vv., Problemi e prospettive di teologia morale, Brescia, Queriniana 1976, 87
20 D. Wiederkehr, La chiesa come luogo di una multiforme esistenza in Mysterium salutis. VIII, Brescia, Queriniana, 1975, 472
21 A. Pieretti, Tensioni presenti nell'umanesimo contemporaneo in Aa. Vv., Croce cristiana e cultura oggi, Napoli, Dehoniane 1977, 41
22 Ivi
23 I. Mancini, Cultura cristiana: specificità e senso, a. c., 41
24 K. Lorenz, L'altra faccia dello specchio. Milano, Adelphi 1974, 339
25 S. Galilea, Ai poveri si annuncia il vangelo?, Assisi, Cittadella 1974, 55-57
26 Ivi, 56
27 K. Rahner, Pietà in passato e oggi in Nuovi saggi, II, Roma, Edizioni Paoline 1968, 12-13
28 J. Moltmann, La chiesa nella forza dello Spirito, Brescia, Queriniana 1976, 359
29 M. Pomilio, L'interrogazione del cristiano in Aa. Vv., Cristiano oggi, Bari, Edizioni Paoline 1977, 313. Cf dello stesso autore, Il quinto evangelio, Milano, Rusconi 1974
30 H. U. von Balthasar, Punii fermi, Milano, Rusconi 1972, 317
31 Paolo VI, Octogesima adveniens 37
32 A. J. Heschel, Chi è l'uomo?, o. c. (nota 11), 77
33 A. Rizzi, Senso dell'esistenza umana nella prospettiva della decisione morale in Aa. Vv., Problemi e prospettive di teologia morale, o. c. (nota 19), 97
34 A. J. Heschel, Chi è l'uomo?, o. c., 80
35 P. Tillich, La dimension oubliée, Bruges, Desclée de Brouwer 1969, 49
36 R. Garaudy, Parola di uomo, Assisi, Cittadella 1975, 164
37 Ivi, 165
38 J. Gevaert, Esperienza umana e annuncio cristiano, o. c. (nota 12), 87
39 K. Rahner, Attualità e possibilità della fede ai nostri giorni in Saggi di spiritualità, Roma, Edizioni Paoline 1966, 425
40 L. Rossi, Opzione fondamentale in Dizionario teologico inter disciplinare, II, Torino, Marietti 1977, 626
41 S. Bulgakov, il Paraclito, Bologna, Dehoniane 1971, 357
42 A. J. Heschel, Chi è l'uomo?, o. c., 24-25
43 Sul pensiero di Franki, cf per es. E. Fizzotti, Coscienza dell'uomo contemporaneo e comprensione della croce cristiana nella logoterapia in Aa. Vv., Croce cristiana e cultura oggi, o. c., (nota 21), 43-75
44 E. Mounier, Il personalismo, Roma, AVE 1974-, 57
45 V. E. Franki, Logoterapia e analisi esistenziale, Brescia, Morcelliana 19753, 92
46 Sull'interrogativo: Per qual fine Dio ci ha creato?, cf Con 13 (1977) 8, 1-152
47 J. Gevaert, Esperienza umana e annuncio cristiano, o. c. (nota 12), 43
48 K. Rahner, Pietà in passato e oggi, a. c. (nota 27), 24
49 È il titolo del famoso libro in cui A. Frossard narra la sua conversione (Torino, SEI 197W)
50 W. Kasper, Possibilità dell'esperienza di Dio, oggi in Fede e storia, Brescia, Queriniana 1975, 118
51 Ivi, 119
52 L. Boff, L'esperienza di Dio oggi in Aa. Vv., L'esperienza di Dio oggi, Assisi, Cittadella 1975, 151
53 A. Rizzi, Dio in Dizionario teologico (Bauer-Molari), Assisi, Cittadella 1974, 191
54 N. Versiuis, Metafysische en religieuze ervaring, Utrecht 1963, 64, cit. da J, Gevaert, Esperienza umana e annuncio cristiano, o. c., 57
55 L. Boff, L'esperienza di Dio oggi, a. c. (nota 52), 170
56 P. Bakker, Si può arrivare a Dio da qualunque strada in Catechesi 36 (1967) n. 357, 4-13; n. 362, 7-16
57 Le differenti analisi e indicazioni di P. Berger, Il brusio degli angeli, o. c. (nota 10); A. Dondeyne, God in het leven van de moderne mens in Grondvragen van de gelovige mens, Antwerpen 19704; S. S. Acquaviva, L'eclissi del sacro nella civiltà industriale, Milano, Comunità 1971
58 K. Rahner, Kircliche und ausserkirchiiche Religiositàt in Stimmen der Zeit 98 (1973) 1, 9 (adesso in K. Rahner, Teologia dall'esperienza dello Spirito, Roma, Edizioni Paoline 1978,711-729)
59 L'espressione si trova in V. E. Franki, Homo patiens. Interpretazione umanistica delta sofferenza, Varese, OARI 1972, 149
60 L. Boff, Esperienza di Dio oggi, a. c. (nota 52), 174-175
61 W. Kasper, Possibilità dell'esperienza di Dio, oggi, o. c. (nota 50), 136
62 M. A. Schreiber, Mistagogia. Comunicazione e vita spirituale in EphCarm 28 (1977) 1, 3-58
63 K. Rahner, Pietà in passato e oggi, a. c., 25
64 T. Sartory, Evoluzione della spiritualità cristiana, Brescia, Queriniana 1969, 18
65 P. Teilhard de Chardin, L'ambiente divino. Saggio di vita inferiore, Milano, Il Saggiatore 1968, 52-53
66 Ivi, 37 e 34
67 Ivi, 51
68 J. A. T. Robinson, Dio non è così, Firenze, Vallecchi 1965, 118; cf pure la disamina critica di Ph. Roqueplo, Expérience du monde: expérience de Dieu, Parigi, Cerf 1968, 62-66

69 K. Rabner, Pietà in passato e oggi, a. c. (nota 27), 28
70 Episcopato latino-americano, Documento "Pai" in Medellin. La Iglesia nuova, Montevideo 1968, 78
71 G. Gutiérrez, Teologia della liberazione. Prospettive, Brescia, Queriniana 1972, 202
72 E. Pironio, La Iglesia que nace entro nosotros, Bogotà 1970, 66
73 S. Galilea, Spiritualità della liberazione, Brescia, Queriniana 1974, 39
74 Ivi, 102
75 L. Boff, Teologia desde et cautiverio, Bogotà, Indo-american press service 1975; S. Galilea, Vivir el evangélio en lierra estrana, idem 1976
76 H. U. von Balthasar, Il vangelo come norma e critica di ogni spiritualità nella chiesa in Spiritus creator, Brescia, Morcelliana 1972, 249
77 P. Ricoeur, Tàches del'éducateur politique in Esprit, luglio-agosto 1965, 92
78 D. Bonhoef fer, Resistenza e resa, Milano, Bompiani 1969, 237-238
79 W. Kasper, Che cosa vuoi dire cristiano? in Fede e storia, o. e. (nota 50), 188
80 Ivi, 186
81 J. Moltmann, La chiesa nella forza dello Spirito, o. C. (nota 28), 373
82 Paolo VI, Evangelii Nuntiandi 48
83 Circa la sperimentazione di una spiritualità popolare nel contesto della pastorale missionaria, cf L. Pérouas, Louis-Marie Grignion de Montfort (s.) in DSp IX, 1079-1080
84 R. Garaudy, L'alternativa. Cambiare il mondo e la vita, Assisi, Cittadella 1973, 121. Cf pure M. Cocagnac, Esperienza di una nuova coscienza nell'espressione artistica moderna in Con 8 (1972) 5, 124-131
85 H. U. von Balthasar, Spiritus creator, o. c. (nota 76), 147