Discorsi sul Nuovo Testamento

Indice

Concordanza degli Evangelisti Matteo e Luca

Riguardo alla genealogia del Signore

1.1 - Si deve trattare la questione proposta il giorno di Natale
1.2 - Frivoli gli spettacoli carnali dei pagani; edificanti ed elevati quelli spirituali dei cristiani
2.3 - Perché Cristo volle nascere dalla Vergine. A causa della donna la rovina, tramite la donna, la salvezza
3.4 - La fede del Vangelo accolta in tutto il mondo
4.5 - Si può credere con sicurezza che non v'è discordanza tra i Vangeli finché non la si comprende
5.6 - Alla S. Scrittura ci si deve accostare con spirito di fede: esperienza personale del giovane Ag. a tale riguardo
5.7 - In qual senso Cristo è figlio di Abramo e di Davide
5.8 - Le generazioni da Abramo fino a Cristo
6.9 - Sincera, non finta, la " giustizia " di Giuseppe
7.10 - Che cosa vuol dire Gesù
7.11 - L'utilità del tradimento di Giuda e quella degli eretici
8.12 - Matteo enumera quarantadue generazioni contando due volte Ieconia
8.13 - Perché Ieconia è contato due volte
9.14 - La trasmigrazione a Babilonia figura del passaggio del Vangelo ai pagani
9.15 - Ieconia era figura di Cristo, pietra angolare tra i giudei e i pagani
10.16 - Perché la genealogia di Cristo è tracciata per il tramite di Giuseppe
10.17 - In che senso Maria chiama Giuseppe padre del Cristo
11.18 - Le donne devono imitare la modestia e l'umiltà di Maria
11.19 - Cristo non disconosce Giuseppe come suo padre
12.19 - I ragazzi devono imitare l'ubbidienza di Gesù fanciullo
12.20 - Cristo è figlio ma anche Signore di Davide
13.21 - Il matrimonio è costituito dalla carità coniugale, non dell'unione carnale
13.22 - Il limite dell'unione carnale è " il fine della procreazione " stabilito dalle tavole matrimoniali
14.23 - I due sostegni con cui si mantiene il genere umano
14.24 - Alle azioni necessarie per la vita alcuni sono condotti dalla passione, altri dalla ragione
15.25 - Ai padri dell'A.T. fu concesso di avere più mogli solo al fine di procreare figli
16.26 - La dignità verginale cominciò dalla Madre del Signore. In qual senso Giuseppe fu padre di Cristo
16.27 - Per accordare Matteo e Luca si ammette giustamente che Giuseppe avesse un padre naturale e uno legale
18.28 - L'adozione nella S. Scrittura. L'unione dei Patriarchi con le serve in qual modo non era adulterio
19.29 - Le generazioni del Signore sono contate dagli Evangelisti senza menzogna
20.30 - Perché le generazioni sono contate secondo la linea di Giuseppe e non di Maria
21.31 - Perché Matteo conta le generazioni per linea discendente, Luca invece per linea ascendente
22.32 - Il numero quaranta nelle generazioni del Signore
23.33 - Perché Luca enumera settantasette generazioni
23.34 - Significato simbolico del numero settantasette
24.35 - Come si devono leggere le S. Scritture

1.1 - Si deve trattare la questione proposta il giorno di Natale

L'aspettativa della vostra Carità possa essere appagata da Colui che ve l'ha suscitata.

Siamo convinti che ciò che dobbiamo dirvi non è cosa nostra, ma di Dio; tuttavia affermiamo con maggiore umiltà ciò che umilmente afferma l'Apostolo: Questo tesoro lo abbiamo in vasi di creta, affinché appaia che questa sublime potenza viene da Dio e non da noi. ( 2 Cor 4,7 )

Non dubitiamo pertanto che vi ricordiate della nostra promessa fatta grazie a Colui, in virtù del quale adesso l'adempiamo.

Poiché non solo quando facevamo quella promessa gli chiedevamo questa grazia, ma anche adesso che la soddisfaciamo la riceviamo da lui.

La Carità vostra ricorda che la mattina del Natale del Signore ci eravamo proposti di risolvere una questione ma la rimandammo ad un altro giorno, poiché molti, anche quelli ai quali suole riuscire gravosa la parola di Dio, celebravano con noi la doverosa solennità di quel giorno.

Adesso, al contrario, credo che non vi sia nella nostra adunanza se non chi desidera ascoltarci.

Per questo motivo noi non parliamo a cuori insensibili, ad animi che si annoiano.

Questa vostra aspettativa poi è una preghiera per me.

Si è aggiunto il fatto che molti non sono venuti in chiesa perché è giorno dello spettacolo di gladiatori.

Vi esortiamo, fratelli, ad adoperarvi per la loro salvezza nella stessa misura in cui mi preoccupo io; per quanti ancora non rivolgono la loro attenzione agli spettacoli della verità, ma si abbandonano solo agli spettacoli carnali, rivolgete ardenti preghiere a Dio.

Credo infatti, anzi sono sicuro, che alcuni di quelli che ora sono nel numero dei fedeli come voi, oggi non si sono curati di venire; ma essi strappano in tal modo l'abito che hanno cucito.

Poiché gli uomini cambiano, diventano migliori o peggiori.

Noi proviamo ogni giorno alternamente gioia e tristezza per questi cambiamenti: gioia quando si correggono, tristezza quando si pervertono.

Ecco perché il Signore non dice: "Si salverà chi comincerà", ma: Si salverà chi avrà perseverato sino alla fine. ( Mt 10,22 )

1.2 - Frivoli gli spettacoli carnali dei pagani; edificanti ed elevati quelli spirituali dei cristiani

Ma che cosa di più meraviglioso poteva concederci nostro Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ch'è anche figlio dell'uomo - poiché s'è degnato d'essere anche uomo - che cosa di più magnifico poteva concederci, che riunire nell'ovile del suo gregge non solo gli spettatori di tali spettacoli, ma anche alcuni che nel circo sogliono essere guardati con ammirazione?

Egli infatti, per condurli a salvezza, ha dato la caccia non solo ai tifosi dei cacciatori, ma anche agli stessi cacciatori; poiché anch'egli si espose allo sguardo della gente.

Ascolta in che modo. Lo aveva detto lui stesso, l'aveva predetto lui stesso prima di esporsi allo sguardo della gente; il fatto che si sarebbe avverato lo preannunciò come se fosse già avvenuto, dicendo nel salmo con linguaggio profetico: Hanno trafitto le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa. ( Sal 22,17 )

Ecco in qual modo si offrì allo sguardo in modo che furono contate le sue ossa.

Egli inoltre esprime più chiaramente il fatto stesso d'essere esposto alla vista di tutti.

Essi invero mi hanno guardato ed osservato. ( Sal 22,18 )

Veniva guardato per essere deriso; veniva guardato da coloro che non solo non avrebbero avuto per lui alcuna simpatia in quello spettacolo, ma si sarebbero anche mostrati suoi nemici feroci; allo stesso modo fece sì che da principio fossero guardati i suoi martiri, secondo quanto afferma l'Apostolo: Siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. ( 1 Cor 4,9 )

Ma due sono le specie degli uomini che guardano siffatti spettacoli: l'una dei carnali, l'altra degli spirituali.

I carnali li guardano stimando infelici i martiri che furono esposti alle belve, furono decapitati, arsi dalle fiamme, detestandoli e provandone orrore.

Gli spirituali al contrario li guardano come fanno anche gli angeli santi, non badando allo strazio fatto ai corpi, ma guardando meravigliati l'integrità della fede.

Un grande spettacolo offre agli occhi del cuore un'anima rimasta integra, anche se il corpo va in rovina.

Sono gli spettacoli che voi contemplate volentieri con gli occhi del cuore quando vengono letti in Chiesa gli Atti dei martiri.

Se infatti questi Atti non avessero per voi nessuna attrattiva, non li ascoltereste per nulla.

Vedete dunque che oggi non avete trascurato i nostri spettacoli, ma li avete preferiti.

Vi assista perciò Dio e vi conceda di riferire in modo piacevole i vostri spettacoli ai vostri amici, per i quali provate dispiacere, perché oggi sono accorsi nell'anfiteatro e non sono voluti venire in chiesa; fatelo affinché comincino anch'essi a considerare prive di valore le cose per il cui amore si sono degradati essi stessi, e amino con voi Dio, del quale nessuno che lo ami può arrossire, poiché si ama Colui che non può essere vinto.

Possano amare insieme con voi il Cristo, il quale ha vinto tutto il mondo proprio col supplizio con cui sembrava essere stato vinto.

Come voi vedete, fratelli, egli ha vinto tutto il mondo; ha sottomesso tutte le potenze, ha soggiogato i re non con soldati tracotanti ma con la croce fatta oggetto di scherno; ha vinto non con la violenza della spada ma rimanendo appeso sull'albero della croce, soffrendo nel corpo ma vincendo nello spirito.

Il suo corpo era innalzato sulla croce, ma sottometteva le anime alla croce.

Infine, quale gemma su di un diadema è più preziosa della croce di Cristo sulla fronte dei regnanti?

Amando il Cristo non arrossirete mai.

Quanti invece tornano vinti dall'anfiteatro quando sono vinti coloro per i quali impazziscono!

Ma costoro sarebbero vinti ancor più se i loro campioni vincessero.

Perché allora si abbandonerebbero a una vana gioia, s'immergerebbero nell'esultanza d'una perversa passione; essi sono vinti per il fatto stesso che accorrono nell'anfiteatro.

Quanti infatti, o fratelli, sono stati oggi forse indecisi se venire in chiesa o andare al teatro?

Ma coloro i quali proprio mentre erano indecisi considerando Cristo sono accorsi in chiesa, hanno vinto non un uomo qualunque ma lo stesso diavolo, il più malvagio cacciatore di tutto il mondo.

Coloro invece che nella loro esaltazione hanno preferito accorrere all'anfiteatro, sono stati vinti proprio da colui che questi altri hanno vinto.

Lo hanno vinto però in virtù di Colui che dice: Godete, poiché ho vinto il mondo. ( Gv 16,33 )

Il nostro supremo generale ha voluto infatti esser messo alla prova con le sofferenze per insegnare ai suoi soldati come combattere.

2.3 - Perché Cristo volle nascere dalla Vergine. A causa della donna la rovina, tramite la donna, la salvezza

Orbene, per compiere questo suo disegno nostro Signore Gesù Cristo divenne figlio dell'uomo nascendo appunto da una donna.

Se però non fosse nato dalla vergine Maria, che cosa gli sarebbe mancato?

"Volle essere uomo - dirà qualcuno - d'accordo, ma avrebbe potuto esserlo senza dover nascere da una donna, poiché neppure per creare il primo uomo ebbe bisogno d'una donna".

Guarda come si risponde a questa obiezione.

Tu dici: "Perché scelse una donna per nascere?".

Ti si risponde: "Al contrario, perché avrebbe dovuto evitare una donna?

Supposto ch'io non possa dimostrarti perché decise di nascere da una donna, tu dimostrami che cosa avrebbe dovuto evitare in una donna".

Ma è stato già affermato che, se fosse rifuggito dal seno d'una donna, avrebbe mostrato che c'era stata la possibilità di essere in un certo senso contaminato da lei.

D'altronde quanto più era per sua natura inattaccabile da qualsiasi macchia, tanto meno avrebbe dovuto aver paura di un seno materno di carne, come se potesse esserne macchiato.

Nascendo invece da una donna doveva mostrarci qualche grande mistero.

In realtà,fratelli, anche noi ammettiamo che, se il Signore avesse voluto diventare uomo senza nascere da una donna, ciò era certamente facile alla sua sovrana maestà.

Ma allo stesso modo che poteva nascere da una donna senza il concorso di un uomo, così sarebbe potuto nascere anche senza il concorso d'una donna.

Ma egli volle mostrarci questo; che cioè la creatura umana non avrebbe dovuto perdere la speranza di salvarsi riguardo a nessuno dei due sessi.

Il sesso umano infatti risulta di maschi e di femmine.

Se dunque diventando uomo - come per l'appunto sarebbe dovuto essere - non fosse nato da una donna, avrebbero perduto la speranza di salvarsi le donne, ricordandosi del loro primo peccato, poiché il primo uomo fu ingannato dalla donna, e avrebbero creduto di non poter avere assolutamente alcuna speranza nel Cristo.

Venne dunque il Cristo nel mondo come uomo per scegliere di preferenza il sesso maschile e, nascendo da una donna, venne a consolare il sesso femminile, come se, rivolgendo loro la sua parola, avesse detto: "Perché sappiate che nessuna creatura di Dio è cattiva, ma è stata pervertita da un piacere colpevole, quando nel principio feci l'uomo, io lo feci maschio e femmina.

Non condanno la creatura che io ho creato.

Ecco, sono nato uomo, sono nato da una donna.

Non condanno dunque la creatura che io ho fatto, ma i peccati che io non ho fatto".

Ambedue i sessi vedano la propria dignità ma confessino il proprio peccato, e ambedue sperino di salvarsi.

Per ingannarlo fu propinato all'uomo il veleno dalla donna; da una donna venga propinata all'uomo la salvezza per rigenerarlo con la grazia.

La donna, diventando madre di Cristo, riparerà il peccato da lei commesso ingannando l'uomo.

Così furono delle donne ad annunciare per prime agli Apostoli la risurrezione di Dio. 

u una donna ad annunciare al proprio marito la morte nel paradiso; furono anche delle donne ad annunciare la salvezza agli uomini nella Chiesa.

Sarebbero stati gli Apostoli ad annunciare la risurrezione del Cristo ai pagani, ma furono le donne ad annunciarla agli Apostoli. Nessuno deve dunque incolpare Cristo d'essere nato da una donna; sesso dal quale il Liberatore non poteva esser macchiato, sesso che il Creatore avrebbe esaltato.

3.4 - La fede del Vangelo accolta in tutto il mondo

"Ma - si obietta - come potremo credere che il Cristo è nato da una donna?".

Potrei rispondere: "Sull'autorità del Vangelo, ch'è stato ed è predicato in tutto il mondo".

Ma individui accecati nello spirito si sforzano di rimettere in questione un avvenimento già oggetto di fede in tutto il mondo cercando di accecare altri individui e non vedendo quel che si dovrebbe vedere, mentre si sforzano d'estirpare la verità che si deve credere.

Ecco infatti che cosa ci rispondono e dicono: "Non opprimerci con l'argomento basato sull'autorità di tutto il mondo; ma esaminiamo la Scrittura in se stessa.

Non appellarti al popolo. La folla ti è favorevole perché è stata sedotta".

Rispondiamo anzitutto: "Mi è favorevole la folla perché è stata sedotta da me?

Questa folla era un piccolo numero di persone.

In qual modo s'è formata questa moltitudine, la cui continua crescita era stata predetta tanto prima?

Non ha potuto essere vista crescere senza essere stata prevista".

Non dico: "Era un piccolo numero". Abramo era una sola persona.

Riflettete, fratelli; al suo tempo in tutto il mondo Abramo era il solo, l'unico fra tutti gli uomini
in tutto il mondo.

A lui fu detto: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni. ( Gen 22,18 )

Orbene, ciò che credette egli solo riguardo al suo unico discendente, si è realizzato agli occhi di un gran numero di persone nella moltitudine dei suoi discendenti.

Allora non si vedeva, eppure lo si credeva; ora invece lo si ha sotto gli occhi, eppure viene contestato.

La predizione, ch'era stata fatta allora ad una sola persona ed era creduta da un solo individuo, viene ora impugnata da pochi, benché sia palese in una gran moltitudine.

Colui che volle fare pescatori di uomini i propri discepoli, ha raccolto nelle sue reti persone autorevoli d'ogni specie.

Se si deve prestar fede al gran numero di persone, che cosa c'è che abbia un più gran numero di persone della Chiesa diffusa in tutto il mondo?

Se deve prestarsi fede ai ricchi, si presi in quelle reti; se invece si deve prestar fede ai poveri, si osservino le migliaia di poveri; se si deve prestar fede ai nobili, vi sono dentro quasi tutti i nobili; se si deve prestar fede ai re, si veda che sono tutti sudditi di Cristo; se deve credersi a persone segnalate per l'eloquenza, per la dottrina, per la sapienza, si osservi quanti oratori, quanti scienziati, quanti filosofi di questo mondo sono stati presi in quelle reti da quei pescatori perché fossero tirati su dal fondo del mare verso la salvezza.

Essi consideravano Colui, il quale per guarire con l'esempio della sua umiltà la grande malattia dell'anima umana, cioè la superbia, si abbassò e scelse ciò ch'è la debolezza di questo mondo per confondere i forti, e ciò ch'è stoltezza di questo mondo per confondere i sapienti - non quelli ch'erano tali davvero, ma quelli che sembrava solo che lo fossero - e scelse ciò ch'è ignobile di questo mondo e ciò ch'è un nulla per annientare le cose che sono. ( 1 Cor 1,27-28 )

4.5 - Si può credere con sicurezza che non v'è discordanza tra i Vangeli finché non la si comprende

"Di' pure quello che vuoi - ribattono essi -, nel passo dove voi leggete la nascita del Cristo, noi troviamo che i Vangeli sono in contrasto tra loro; ora due asserzioni in contrasto tra loro non possono essere vere ambedue.

Quando infatti - si dice - dimostrerò la discordanza, avrò il diritto di rifiutare di credere, oppure tocca a te che accetti questa fede di dimostrarmi la loro concordanza".

Ma quale discordanza - ti domando - potrai dimostrare?

"Una discordanza palese - si risponde - che nessuno potrà negare".

Voi potete ascoltarlo tranquillamente, poiché avete fede.

Fate attenzione, carissimi, e vedete quanto salutarmente l'Apostolo ci ammonisca dicendo: Come dunque avete ricevuto Gesù Cristo nostro Signore, camminate uniti a lui, radicati e sopraelevati su di lui e confermati nella fede. ( Col 2,6-7 )

Proprio mediante la fede semplice e sicura dobbiamo rimanere saldi in lui, affinché sveli egli stesso ai suoi fedeli le verità che sono nascoste in lui, poiché, come afferma il medesimo Apostolo: In lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza. ( Col 2,3 )

Li tiene nascosti non per negarceli, ma per eccitarcene il desiderio tenendoceli nascosti.

Ecco l'utilità del segreto. Onora in lui ciò che non comprendi ancora, e tanto più devi stimarlo quanti più sono i veli che tu vedi.

Infatti quanto più uno è onorato, tanto più numerosi sono i veli appesi nella sua casa.

Le tende servono ad ispirare rispetto per ciò ch'è nascosto; ma per coloro che ne hanno stima i veli vengono sollevati.

Coloro invece che disprezzano questi veli vengono allontanati anche dalla loro vicinanza.

Poiché dunque ci siamo convertiti al Signore, ci viene tolto il velo. ( 2 Cor 3,16 )

5.6 - Alla S. Scrittura ci si deve accostare con spirito di fede: esperienza personale del giovane Ag. a tale riguardo

Certi individui vanno spargendo le loro calunnie col dire: "È forse Matteo un evangelista?".

"Sicuro", rispondiamo noi con la voce della fede, con sentimenti religiosi, senza il minimo dubbio; rispondiamo chiaramente: "Matteo è un evangelista".

"Gli credi?", domandano. Chi non risponderebbe; "Gli credo", come si è sentito risuonare nelle vostre acclamazioni dettate dalla fede?

Così è, o fratelli; se crederete fermamente non avrete alcun motivo di vergognarvi.

Vi parlo io che un tempo m'ingannai, quando la prima volta da giovane volli applicare alle Sacre Scritture l'acume della discussione prima della ricerca in spirito di fede; fui proprio io che, per la mia cattiva condotta, mi chiusi in faccia la porta del mio Signore; mentre avrei dovuto bussare perché mi fosse aperta, aggiungevo un motivo maggiore perché mi fosse chiusa.

Osavo infatti cercare da superbo ciò che può trovare solo chi è umile.

Quanto più felici siete voi adesso, con quanta serenità, con quanta sicurezza imparate, voi tutti che siete ancora piccoli nel nido della fede e ricevete il cibo spirituale!

Io invece, infelice, credendomi capace di volare, lasciai il nido e caddi prima che potessi volare.

Il Signore però, nella sua misericordia, perché non fossi calpestato dai passanti e morissi, mi raccolse e mi ripose nel nido.

Mi avevano turbato infatti le obiezioni che adesso propongo ed espongo con sicurezza nel nome del Signore.

5.7 - In qual senso Cristo è figlio di Abramo e di Davide

Come dunque avevo cominciato a dire, ecco le calunnie che in qual senso quegl'individui diffondono.

"Matteo - dicono - è un evangelista e voi gli credete?".

Noi ammettiamo senz'altro che è evangelista e per conseguenza logica necessariamente gli crediamo.

Fate attenzione alla genealogia del Cristo esposta da Matteo: Libro della genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo. ( Mt 1,1 )

Come mai è figlio di Davide, e come mai è figlio di Abramo?

Ciò si può dimostrare solo tracciando la successione genealogica.

È certo infatti che quando il Signore nacque dalla vergine Maria né Abramo né Davide erano più in questo mondo.

E tuttavia tu affermi ch'egli è figlio di Davide e insieme figlio di Abramo?

È come se dicessimo a Matteo: "Prova dunque ciò che affermi, io aspetto la successione genealogica del Cristo".

Abramo - dice - generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar.

Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadab, Aminadab generò Naasson, Naasson generò Salmon, Salmon generò Booz da Raab.

Booz generò Obed da Rut. Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. ( Mt 1,2-6 )

A partire da questo punto fate attenzione come da Davide si arrivi al Cristo, chiamato figlio di Abramo e di Davide.

Davide poi - dice - generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria.

Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asa, Asa generò Iosafat, Iosafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Achaz, Achaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amon, Amon generò Iosia, Iosia generò Ieconia e i suoi fratelli al tempo della deportazione in Babilonia.

Dopo la deportazione in Babilonia Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabel, Zorobabel generò Abiud, Abiud generò Eliacim, Eliacim generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliud, Eliud generò Eleazaro, Eleazaro generò Matan, Matan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, sposo di Maria, dalla quale nacque Gesù, detto il Cristo. ( Mt 1,6-16 )

In tal modo, dunque, attraverso l'ordinata successione dei genitori e dei loro discendenti, Cristo risulta figlio di Davide e figlio di Abramo.

5.8 - Le generazioni da Abramo fino a Cristo

A questa genealogia esposta fedelmente viene mossa questa prima critica, che cioè il medesimo Matteo prosegue dicendo: Da Abramo fino a Davide sono in tutto quattordici generazioni; da Davide fino alla deportazione in Babilonia sono altre quattordici; dalla deportazione in Babilonia fino al Cristo altre quattordici. ( Mt 1,17 )

Seguita poi narrando in qual modo il Cristo nacque dalla vergine Maria e soggiunge: La nascita del Cristo avvenne in questo modo. ( Mt 1,18 )

Enumerando ordinatamente gli ascendenti del Cristo ci ha mostrato perché egli è chiamato figlio di Davide, figlio di Abramo.

Cristo concepito per opera dello Spirito Santo.

6.8 - Ora ci deve narrare come nacque e apparve tra gli uomini, ed è logica la stessa narrazione per cui crediamo che nostro Signore Gesù Cristo non è solo nato da Dio eterno, coeterno a Colui che lo generò prima di tutti i tempi, prima d'ogni creatura, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, ma crediamo anche infine ch'è nato per opera dello Spirito Santo dalla vergine Maria,1 cosa che ugualmente confessiamo.

Voi infatti ricordate e sapete ( sto infatti parlando ai miei fratelli cattolici ) che questa è la nostra fede che noi professiamo e confessiamo.

Per questa fede si fecero uccidere migliaia di martiri in tutto il mondo.

6.9 - Sincera, non finta, la " giustizia " di Giuseppe

Ora per togliere ogni credibilità ai Libri evangelici essi cercano di volgere al ridicolo ciò che segue, al fine di mostrare che noi crediamo avventatamente ciò che è detto, e cioè: Essendo Maria, sua madre, fidanzata a Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.

Giuseppe, suo sposo, poiché era giusto e non voleva esporla al disprezzo, decise di ripudiarla in segreto. ( Mt 1,18-19 )

Poiché egli sapeva d'essere estraneo a quella gravidanza, per conseguenza la riteneva adultera.

Poiché era giusto - come dice la Scrittura - e non voleva esporla al disprezzo, cioè diffamarla - infatti così portano anche molti codici - decise di ripudiarla in segreto.

Come marito egli, è vero, si turba, ma come giusto non incrudelisce.

Tanto grande è la giustizia di quest'uomo che non volle tenersi un'adultera né osò punirla esponendola al pubblico discredito.

Decise di ripudiarla in segreto - dice la Scrittura - poiché non solo non volle punirla, ma nemmeno denunciarla.

Considerate com'era autentica la sua giustizia!

Non voleva infatti risparmiarla perché desiderava tenerla con sé.

Molti perdonano le mogli adultere spinti dall'amore carnale, volendo tenerle, benché adultere, allo scopo di goderle per soddisfare la propria passione carnale.

Questo marito giusto invece non vuole tenerla; il suo affetto dunque non ha nulla di carnale; eppure non la vuole nemmeno punire; il suo perdono, dunque, è solo ispirato dalla misericordia.

Quanto è ammirevole questo giusto!

Non la tiene come adultera per non dare a vedere di perdonarla perché l'avrebbe amata sensualmente, eppure non la punisce, né la denuncia.

Ben a ragione fu scelto come testimone della verginità della sposa.

Egli dunque si turba a causa della debolezza umana, ma è rassicurato dall'autorità divina.

7.10 - Che cosa vuol dire Gesù

L'Evangelista infatti prosegue dicendo: Mentre egli pensava a queste cose, ecco che un angelo del Signore gli apparve in sogno e gli disse: Giuseppe, non temere di prendere con te la tua sposa Maria, poiché quel che in lei è stato concepito è opera dello Spirito Santo.

Ella partorirà un figlio e tu gli porrai nome Gesù. ( Mt 1,20-21 )

Perché Gesù? Perché - dice la Scrittura - egli salverà il suo popolo dai suoi peccati. ( Mt 1,21 )

Si deve dunque intendere che il nome ebraico di Gesù, tradotto in latino, significa "Salvatore", come ci dice la stessa spiegazione del nome che ci dà l'Evangelista.

Poiché, come se gli fosse stato chiesto: "Perché Gesù?" l'Evangelista, spiegando il motivo del nome, subito aggiunse: Poiché egli - dice - salverà il suo popolo dai suoi peccati.

Ecco la verità che crediamo con rispetto religioso e riteniamo con assoluta fermezza, che cioè il Cristo nacque per opera dello Spirito Santo dalla Vergine Maria.2

7.11 - L'utilità del tradimento di Giuda e quella degli eretici

Che cosa obiettano dunque i nostri avversari?

"Se troverò una menzogna nel racconto, non potrai certo ammetterlo nella sua interezza.

E l'ho trovata". Vediamo. "Io conto le generazioni".

A questo calcolo infatti essi c'invitano e ci trascinano con le loro false accuse.

Ma se noi vivremo piamente, se crederemo nel Cristo, se non desidereremo volar via dal nido prima del tempo, i loro sforzi ci condurranno a conoscere meglio i misteri.

Consideri pertanto la Santità vostra l'utilità degli eretici, ma quella conforme ai disegni di Dio, che si serve per il bene anche dei cattivi.

Quanto invece a loro, essi riceveranno ciò che merita la loro volontà e non il bene che Dio sa trarre da loro.

Allo stesso modo, quanto bene fece scaturire da Giuda!

Grazie alla passione del Signore sono stati salvati i popoli, ma fu Giuda a consegnare il Signore perché patisse.

Dio dunque redime i popoli mediante la passione del proprio Figlio, ma punisce Giuda per il suo peccato.

Nessuno di coloro che si accontentano semplicemente di credere, esaminerebbe accuratamente i misteri che si nascondono nella Scrittura e perciò nessuno li scoprirebbe, perché nessuno li esaminerebbe accuratamente, se non fosse turbato dai denigratori.

Poiché quando gli eretici lanciano calunnie, i semplici sono turbati e quando sono turbati indagano; e cercando rassomigliano ai bambini che battono la testa contro le mammelle della madre perché facciano sgorgare tanto latte quanto loro basta.

Quelli ricercano perché turbati; coloro invece che sanno e hanno appreso perché hanno scrutato e perché Dio ha loro aperto la porta quando bussavano, aprono la porta a quanti sono turbati.

Così avviene che gli eretici, i quali con false accuse cercano di condurre nell'errore, servono per far trovare la verità.

La verità sarebbe ricercata con troppa negligenza se non avesse avversari mendaci.

Poiché è necessario - dice la Scrittura - che ci siano anche le eresie.

E come se gli avessimo chiesto il motivo aggiunge subito: perché appaiano chiaramente quelli che tra voi sono di fede comprovata. ( 1 Cor 11,19 )

8.12 - Matteo enumera quarantadue generazioni contando due volte Ieconia

Che cosa dicono essi? "Ecco, Matteo conta le generazioni e afferma che sono quattordici da Abramo fino a Davide, e da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, e quattordici dalla deportazione in Babilonia fino al Cristo.

Moltiplicando quattordici per tre si ottiene quarantadue".

Invece costoro contano e trovano quarantuno generazioni e muovono una critica e insultano con i loro scherni: "Che cosa vuol dire se nel Vangelo si afferma che le generazioni sono quattordici per tre, eppure si trova che in totale sono quarantuno e non quarantadue?".

Senza dubbio è un gran mistero! Ma noi ci rallegriamo e ringraziamo Dio che anche coloro che ci lanciano false accuse ci danno l'occasione di scoprire qualche verità, la cui scoperta è tanto più gradita quanto più densa era l'oscurità da cui era coperta.

Come infatti dicevamo all'inizio, noi diamo con ciò uno spettacolo tutto spirituale.

Da Abramo fino a Davide ci sono dunque quattordici generazioni.

L'altra serie comincia da Salomone, poiché fu Davide a generare Salomone.

Ora, questa seconda serie comincia da Salomone e giunge fino a Ieconia, durante la cui vita avvenne la deportazione a Babilonia; vi sono inoltre quattordici altre generazioni calcolando Salomone che inizia la seconda serie e calcolando anche Ieconia che la termina, in modo che si hanno in tutto quattordici generazioni.

La terza serie invece comincia dallo stesso Ieconia.

8.13 - Perché Ieconia è contato due volte

La Santità vostra cerchi di comprendere una realtà simbolica e dolce; vi confesso che il mio cuore vi trova una grande gioia.

Credo che quando ve l'avrò fatta capire e l'avrete provata voi stessi, direte lo stesso anche voi.

Fate dunque attenzione. A cominciare da Ieconia, il primo della terza serie, fino al Signore Gesù Cristo, ci sono quattordici generazioni, poiché questo Ieconia, l'ultimo della serie precedente e il primo della seguente, viene contato due volte.

Qualcuno però potrebbe dire: "Ma perché Ieconia è contato due volte?".

Tutto ciò che in precedenza s'era compiuto nel popolo d'Israele non era altro che un simbolo delle realtà future.

Ora Ieconia non senza ragione viene contato due volte.

Se, per esempio, si traccia il confine tra due campi con pietre oppure si mette a divisione un muro a secco, non solo il campo che si trova da una parte si misura fino allo stesso muro, ma anche quello che si trova dall'altra parte comincia a misurarsi ugualmente a partire dallo stesso muretto.

Ma perché questo sistema non è stato osservato nel primo collegamento della serie, quando da Abramo contiamo quattordici generazioni fino a Davide ma ne contiamo altre quattordici a cominciare da Salomone senza ripetere Davide?

Di ciò si deve indicare il motivo che ha in sé un grande mistero.

La Santità vostra faccia attenzione.

La deportazione a Babilonia avvenne quando fu elevato al trono Ieconia al posto del defunto suo padre.

A lui fu tolto il regno e al suo posto fu stabilito un altro re.

Tuttavia la deportazione tra i pagani avvenne durante la vita di Ieconia.

Non è riferita alcuna colpa di Ieconia, per causa della quale fu privato del regno, ma sono piuttosto denunciati i peccati dei suoi successori.

Segue dunque la cattività e c'è la deportazione a Babilonia.

Non ci sono condotti solo i cattivi ma con essi ci vanno anche i servi fedeli di Dio.

Di questi deportati faceva parte il profeta Ezechiele, ne facevano parte anche Daniele e i tre giovani resi famosi dalle fiamme.

Vi andarono conforme alla predizione del profeta Geremia.

9.14 - La trasmigrazione a Babilonia figura del passaggio del Vangelo ai pagani

Ricordatevi che Ieconia fu riprovato senza alcuna colpa e quindi cessò di regnare e passò tra i pagani, quando avvenne la deportazione a Babilonia; e osservate bene in ciò la prefigurazione profetica degli eventi che si sarebbero avverati riguardo a nostro Signore Gesù Cristo.

I giudei infatti non vollero che regnasse su di loro nostro Signore Gesù Cristo, nel quale non trovarono alcuna colpa.

Fu riprovato non solo nella sua persona ma anche nei suoi servi e questi si recarono tra i pagani come a Babilonia.

Ciò aveva predetto anche Geremia, che cioè il Signore aveva stabilito che andassero a Babilonia.

Geremia inoltre accusava come falsi profeti tutti gli altri profeti i quali dicevano al popolo che non sarebbero andati a Babilonia.

Coloro che leggono le Scritture rammentino ciò insieme con noi; quelli che non le leggono prestino fede a noi.

Geremia dunque, sostenendo la parte del Signore, minacciava coloro che non volevano andare a Babilonia; a coloro invece, che vi sarebbero andati, prometteva in quel luogo riposo e una certa felicità nel piantare vigne nuove, nel coltivare orti e nell'abbondanza dei frutti. ( Ger 27 )

In qual modo dunque ormai non simbolicamente ma realmente il popolo d'Israele passa a Babilonia?

Di dove erano gli Apostoli? Non provenivano forse dal popolo d'Israele?

D'onde proveniva lo stesso Paolo? Anch'io infatti - dice - sono israelita della stirpe di Abramo, della tribù di Beniamino. ( Rm 11,1 )

Credettero dunque nel Signore molti dei giudei, tra essi furono scelti gli Apostoli; di loro erano più di cinquecento fratelli che dopo la risurrezione meritarono di vedere il Signore; ( 1 Cor 15,6 ) di essi erano centoventi persone adunate nel cenacolo quando arrivò lo Spirito Santo. ( At 1,15; At 2,1-4 )

Che cosa dice inoltre l'Apostolo negli Atti degli Apostoli quando i giudei rifiutarono la parola della verità?

A voi - dice - eravamo stati inviati ma poiché voi avete respinto la parola di Dio, ecco che noi ci rivolgiamo ai pagani. ( At 13,46 )

La deportazione a Babilonia avvenne dunque conforme al piano della salvezza dell'anima relativo al tempo dell'Incarnazione del Signore, che fu prefigurata allora, al tempo di Geremia.

Ebbene, che cosa dice Geremia agli esuli tra quei babilonesi?

Dalla loro pace - dice dipenderà la pace vostra. ( Ger 29,7 )

Quando dunque Israele fu deportato a Babilonia anche nella persona del Cristo e degli Apostoli, cioè quando il Vangelo fu annunciato ai pagani, che cosa dice l'Apostolo come se parlasse per bocca dello stesso Geremia?

Vi scongiuro anzitutto che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, affinché possiamo trascorrere una vita serena e tranquilla in pieno spirito di fede e integrità di vita. ( 1 Tm 2,1-2 )

I re non erano ancora cristiani, eppure pregava per essi.

Le preghiere d'Israele a Babilonia furono dunque esaudite.

Furono esaudite le preghiere della Chiesa e i re sono diventati cristiani.

Voi quindi vedete l'adempimento di ciò che fu detto dalla Scrittura come una prefigurazione: Dalla loro pace dipenderà la vostra pace. ( Ger 29,7 )

Hanno ricevuto in realtà la pace di Cristo e hanno smesso di perseguitare i cristiani; in tal modo, grazie alla tranquillità della pace, si sono potute edificare le chiese, si sono potuti piantare altri popoli nel campo di Dio e tutte le nazioni hanno prodotto frutti mediante la fede, la speranza e la carità ch'è in Cristo.

9.15 - Ieconia era figura di Cristo, pietra angolare tra i giudei e i pagani

La deportazione a Babilonia ebbe dunque luogo allora sotto Ieconia, al quale non fu permesso di regnare sul popolo dei giudei; era una prefigurazione del Cristo che i giudei non vollero regnasse su di loro. ( Gv 19,15 )

Israele trasmigrò tra i pagani; ciò vuol dire che i predicatori del Vangelo penetrarono tra i popoli pagani.

Perché dunque meravigliarsi che Ieconia è contato due volte?

Se infatti era figura del Cristo che passava dai giudei ai pagani, rifletti che cos'è il Cristo tra i giudei e i pagani.

Non è forse lui la pietra angolare? Osserva nella pietra angolare il termine d'una parete e l'inizio di un'altra.

Fino alla stessa pietra si misura una parete, e a partire da essa un'altra parete.

Due volte dunque viene contata la pietra angolare che congiunge l'una e l'altra parete.

Poiché dunque Ieconia era figura del Signore, lo rappresentava in certo modo simbolicamente come pietra angolare.

Inoltre allo stesso modo che a Ieconia non fu permesso di regnare sui giudei ma fu trasferito a Babilonia, così Cristo, la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d'angolo, ( Sal 118,22 ) affinché il Vangelo giungesse fino ai pagani.

Non esitare dunque a contare due volte la pietra angolare e troverai il numero ch'è nella Scrittura!

In tal modo le generazioni sono quattordici, più quattordici, più altre quattordici, eppure non fanno quarantadue ma quarantuna.

Facciamo un esempio: se una fila di pietre si allinea su una linea retta, vengono contate una per una; se invece la
fila si piega in modo da formare un angolo, bisogna contare due volte la pietra dove la fila si piega, poiché appartiene non solo alla serie che fa capo alla stessa pietra, ma anche alla serie che comincia da essa; allo stesso modo fintantoché la serie delle generazioni rimase in quel popolo, si contano in linea retta quattordici generazioni; ma quando la serie fu piegata all'epoca della trasmigrazione a Babilonia, a partire da Ieconia si formò una specie d'angolo, sicché è necessario contarlo due volte come prefigurazione della sacra pietra angolare.

10.16 - Perché la genealogia di Cristo è tracciata per il tramite di Giuseppe

Ecco un'altra calunnia di quegl'individui.

"Le generazioni di Cristo - essi obiettano - vengono contate per il tramite di Giuseppe e non di Maria".

La Santità vostra presti attenzione. "Non doveva farsi il computo per la linea di Giuseppe", essi dicono.

Ma perché mai non doveva farsi seguendo la linea genealogica di Giuseppe?

Giuseppe non era forse lo sposo di Maria? "No", rispondono.

Chi lo dice? Lo dice senza dubbio la Scrittura; questa con l'autorità dell'angelo afferma che Giuseppe era lo sposo di Maria.

Non temere - disse - di prendere con te Maria, tua sposa, poiché quel ch'è nato da lei è opera dello Spirito Santo. ( Mt 1,20 )

L'angelo gli dà anche l'ordine d'imporre il nome al bambino benché non fosse nato da lui per discendenza carnale.

Partorirà un figlio - disse - e tu gli porrai nome Gesù. ( Mt 1,21 )

La Scrittura dunque vuol dimostrare che Gesù non nacque per discendenza carnale da Giuseppe; siccome era angustiato perché non sapeva come mai la sposa fosse gravida, gli viene detto: È opera dello Spirito Santo; con tutto ciò non gli viene tolta l'autorità di padre, dal momento che gli viene comandato d'imporre il nome al bambino.

Infine la stessa vergine Maria, sebbene fosse perfettamente consapevole d'aver concepito il Cristo senza aver avuto alcun rapporto o amplesso coniugale con lo sposo, lo chiama tuttavia padre di Cristo.

10.17 - In che senso Maria chiama Giuseppe padre del Cristo

State attenti a come ciò avvenne.

Il Signore Gesù Cristo essendo, in quanto uomo, nell'età di dodici anni, egli che, in quanto Dio, esiste prima del tempo ed è fuori del tempo, rimase separato dai genitori nel tempio a disputare con gli anziani, che rimanevano stupiti della sua scienza.

I genitori, invece, ripartiti da Gerusalemme, si misero a cercarlo nella loro comitiva, cioè tra coloro che facevano il viaggio con loro ma, non avendolo trovato, tornarono a Gerusalemme angosciati e lo trovarono che disputava con gli anziani, avendo egli - come ho detto - solo dodici anni. ( Lc 2,42-47 )

Ma che c'è da stupirsi? Il Verbo di Dio non tace mai, sebbene la sua voce non sempre si senta.

Viene dunque trovato nel tempio, e sua madre gli dice: Perché ci hai fatto una simile cosa?

Tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo.

Ed egli: Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre mio? ( Lc 2,48-49 )

Egli rispose così, poiché il Figlio di Dio era nel tempio di Dio.

Quel tempio infatti non era di Giuseppe, ma di Dio.

"Ecco - dice qualcuno - non ammise d'essere figlio di Giuseppe ".

Fate un po' d'attenzione, fratelli, affinché la strettezza del tempo ci basti per il discorso.

Poiché Maria aveva detto: Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo, egli rispose: Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre mio?

In realtà egli non voleva far credere d'essere loro figlio senza essere nello stesso tempo Figlio di Dio.

Difatti, in quanto Figlio di Dio, egli è sempre tale ed è creatore dei suoi stessi genitori; in quanto invece figlio dell'uomo a partire da un dato tempo, nato dalla Vergine senza il concorso d'uomo, aveva un padre e una madre.

In qual modo proviamo quest'asserzione? L'ha già detto Maria: Tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo.

11.18 - Le donne devono imitare la modestia e l'umiltà di Maria

In primo luogo, fratelli, non è da passar sotto silenzio la modestia tanto santa della Vergine Maria, perché sia norma di vita per le donne, nostre sorelle.

Aveva partorito il Cristo, era andato da lei l'angelo e le aveva detto: Ecco, concepirai nel seno e darai alla luce un figlio che chiamerai Gesù.

Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell'Altissimo. ( Lc 1,31-32 )

Aveva meritato di dare alla luce il Figlio dell'Altissimo, eppure era umilissima; nemmeno parlando di se stessa prende il primo posto anteponendosi al marito, col dire: "Io e tuo padre", ma: Tuo padre - dice - e io.

Non tiene conto della propria dignità di madre, ma bada a rispettare il diverso grado proprio dei coniugi.

l Cristo umile non avrebbe certo insegnato alla propria madre a insuperbirsi.

Tuo padre e io, addolorati, andavamo in cerca di te. ( Lc 2,48 )

Essa dice: Tuo padre e io, poiché capo della donna è il marito. ( Ef 5,23 )

Quanto meno devono insuperbire tutte le altre donne!

Poiché, se alla stessa Maria è stato dato il nome di "donna", ciò non è perché avesse perduto la verginità, ma perché quello era un appellativo proprio usato dal suo popolo.

Anche l'Apostolo infatti, parlando del Signore Gesù Cristo, dice: nato da una donna, ( Gal 4,4 ) ma senza con ciò pregiudicare la regola e il tenore della nostra fede con cui professiamo ch'egli è nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria.3

Questa infatti lo concepì essendo vergine, lo partorì continuando ad esser vergine e rimase sempre vergine.

Gli ebrei però chiamavano "donne", secondo l'uso proprio della lingua ebraica, tutte le persone di sesso femminile.

Ascolta un esempio quanto mai evidente.

La prima donna che Dio creò prendendola dal fianco dell'uomo, prima ancora che s'unisse al marito - cosa che la Scrittura dice avvenuta dopo la loro espulsione dal paradiso - era tuttavia già chiamata "donna", poiché la Scrittura dice: Dio ne formò la donna. ( Gen 2,22 )

11.19 - Cristo non disconosce Giuseppe come suo padre

Quanto dunque alla risposta data dal Signore Gesù Cristo: Occorreva che mi occupassi delle cose del Padre mio, ( Lc 2,49 ) essa sta ad indicare che Dio è suo Padre in modo da non riconoscere come padre Giuseppe.

In qual modo lo dimostriamo? Attenendoci alla Scrittura, che dice così: E rispose loro: Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?

Ma essi non compresero che cosa aveva detto loro.

Essendo poi sceso con loro, si recò a Nazaret ed era loro sottomesso. ( Lc 2,49-51 )

La Scrittura non dice: "Era sottomesso alla madre", oppure: "Era sottomesso a lei", ma: Era sottomesso loro.

Chi sono questi, ai quali era sottomesso? Non erano forse i suoi genitori?

Erano entrambi i suoi genitori coloro ai quali Cristo era sottomesso per la degnazione per cui era figlio dell'uomo.

12.19 - I ragazzi devono imitare l'ubbidienza di Gesù fanciullo

Finora hanno sentito le norme loro proprie le donne; sentano adesso le loro i ragazzi, perché ubbidiscano ai genitori e siano loro sottomessi.

Il mondo è sottomesso a Cristo, Cristo è sottomesso ai genitori.

12.20 - Cristo è figlio ma anche Signore di Davide

Vedete dunque, fratelli, che Cristo, dicendo: "Occorre che mi occupi delle cose del Padre mio", non voleva che noi intendessimo le sue parole presso a poco in questo senso: "Voi non siete miei genitori", ma nel senso ch'essi erano genitori nel tempo, il Padre invece da tutta l'eternità.

Quelli erano genitori del Figlio dell'uomo, il Padre invece lo era del proprio Verbo e Sapienza, era Padre della sua Potenza, grazie alla quale ha creato tutte le cose.

Se tutte le cose sono create dalla Potenza che si estende da un'estremità all'altra del mondo con forza e regge l'universo con bontà, ( Sap 8,1 ) per mezzo del Figlio di Dio furono creati anche coloro, ai quali egli medesimo si sarebbe sottomesso come figlio dell'uomo.

L'Apostolo inoltre lo chiama figlio di Davide: Il quale - dice - gli è nato dalla stirpe di Davide secondo la carne. ( Rm 1,3 )

Tuttavia lo stesso Signore propone ai giudei la questione che l'Apostolo risolve con queste stesse parole.

Infatti, avendo detto: Nato dalla stirpe di Davide, aggiunge: secondo la carne, appunto per far intendere che, per quanto riguarda la divinità, non è figlio di Davide ma Figlio di Dio e Signore di Davide.

Difatti, in un altro passo l'Apostolo, mettendo in risalto la stirpe dei giudei, dice: Ad essi appartengono i patriarchi, dai quali discende il Cristo secondo la carne, egli ch'è al di sopra d'ogni cosa, Dio benedetto per i secoli. ( Rm 9,5 )

In quanto nato secondo la carne, era "figlio di Davide"; in quanto esistente al di sopra d'ogni cosa, Dio benedetto per i secoli, era il "Signore di Davide".

Il Signore dunque chiese ai giudei: Di chi voi dite sia figlio il Cristo? Gli risposero: Di Davide. ( Mt 22,42 )

Questo in realtà essi lo sapevano, perché facilmente lo capivano da quanto avevano preannunciato i Profeti.

Effettivamente egli era figlio di Davide, ma solo secondo la carne, ( Rm 1,3 ) tramite la Vergine Maria, promessa sposa di Giuseppe.

Poiché dunque i giudei avevano risposto che il Cristo era discendente di Davide, Gesù chiese loro: Come mai allora Davide, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, lo chiama Signore, dicendo: "Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra finché io non porrò i tuoi nemici sotto i tuoi piedi"?

Se dunque Davide per ispirazione divina lo chiama Signore, come mai può essere suo figlio? ( Mt 22,43-46; Sal 110,1 )

Ma i giudei non furono in grado di rispondergli.

Così troviamo nel Vangelo. Egli non negò d'essere figlio di Davide, ma non volle che ignorassero ch'era il Signore di Davide.

I giudei infatti riguardo al Cristo pensavano ch'era un uomo nato in un dato tempo, ma non capivano ch'egli esiste dall'eternità.

Ecco perché, volendoli istruire sulla propria natura divina, pose loro il quesito sulla propria natura umana, come se dicesse loro: "Voi sapete che il Cristo è discendente di Davide; rispondetemi come mai è anche il Signore di Davide".

Ma perché non rispondessero: "Non è il Signore di Davide", addusse come testimone lo stesso Davide.

E che cosa dice Davide? Dice appunto la verità.

Nei salmi infatti si trova che Dio fa a Davide anche la promessa: Porrò sul tuo trono uno dei tuoi figli. ( Sal 132,11 )

Ecco il figlio di Davide. In qual modo è anche "Signore di Davide" colui ch'è figlio di Davide?

Il Signore - è detto - dice al mio Signore: "Siedi alla mia destra". ( Sal 110,1 )

Vi stupite che Davide abbia come proprio discendente il Signore, quando vedete che Maria diede alla luce il proprio Signore?

È Signore di Davide perché Dio, lo è perché è il Signore di tutti; è invece figlio di Davide, perché figlio dell'uomo

Egli è allo stesso tempo Signore e figlio: è Signore di Davide egli che, pur essendo Dio per natura, non reputò un tesoro geloso essere uguale a Dio; ( Fil 2,6 ) è invece figlio di Davide, perché spogliò se stesso prendendo la natura di servo. ( Fil 2,7 )

13.21 - Il matrimonio è costituito dalla carità coniugale, non dell'unione carnale

Non è quindi vero che Giuseppe non fosse padre per il fatto che non si unì nell'amplesso carnale con la Madre del Signore, come se a costituire moglie una donna fosse la passione carnale e non la carità coniugale.

La Santità vostra ascolti attentamente.

Di lì a pochi anni l'Apostolo di Cristo nella Chiesa avrebbe detto: Bisogna ormai che perfino coloro che hanno moglie vivano come se non l'avessero. ( 1 Cor 7,29 )

Sappiamo inoltre che molti nostri fratelli, i quali producono frutti in virtù della grazia, per seguire Cristo si astengono di mutuo consenso dai rapporti carnali senza venir meno alla vicendevole carità coniugale.

Quanto più viene repressa la concupiscenza, tanto più si rafforza la carità.

I coniugi che vivono in questo modo, non cercando a vicenda il frutto della carne, non esigendo l'uno dall'altro il debito della concupiscenza corporale, cessano forse d'essere coniugi?

Pur tuttavia la moglie è sottomessa al marito, poiché così è giusto, ed è tanto più sottomessa quanto più è casta; il marito a sua volta ama veramente la  moglie con onore e santità, ( 1 Ts 4,4 ) come sta scritto, considerandola coerede della grazia, come il Cristo - è detto ha amato la Chiesa. ( Ef 5,25 )

Se dunque v'è l'unione matrimoniale, se c'è il matrimonio, se non è vero che non c'è il matrimonio per il fatto che non si compie ciò che si può fare, sebbene in modo illecito, con una persona che non è il proprio coniuge, volesse il cielo che tutti fossero in grado di vivere così; molti non ci riescono.

Non separino quindi coloro che ci riescono, così da negare che o l'uno sia marito o l'altra sia moglie perché non si uniscono nella carne, mentre invece sono congiunti nel cuore.

13.22 - Il limite dell'unione carnale è " il fine della procreazione " stabilito dalle tavole matrimoniali; quando è veniale la sua trasgressione

Dovete dunque, fratelli miei, comprendere da quanto detto quale giudizio la Scrittura formuli di quei nostri padri, i quali erano uniti in matrimonio solo allo scopo d'aver prole dalle loro mogli.

Difatti essi che, in ragione dei tempi e dell'usanza del loro popolo, avevano anche più mogli, le tenevano in modo talmente casto, che non consentivano alla concupiscenza carnale se non per procreare, tenendole davvero in onore.

Chi d'altronde brama la carne della propria moglie più di quanto prescriva il limite ( ossia il fine di mettere al mondo dei figli ), agisce in contrasto con le tavole in base alle quali ha preso in moglie la donna.

Le tavole vengono lette, e lette al cospetto di tutti quelli presenti al rito; iniziano: Allo scopo di procreare figli e si chiamano Tavole matrimoniali.

Supponiamo che le donne fossero date e ricevute in mogli per uno scopo diverso; chi darebbe, senza vergogna, la propria figlia in preda alla sensualità d'un individuo?

Vengono dunque lette le tavole matrimoniali perché i genitori non debbano arrossire quando danno una figlia in matrimonio, perché siano suoceri e non mezzani.

Che si legge dunque nelle tavole? Allo scopo di procreare figli.

A sentire le parole delle tavole la faccia del padre si rischiara e si rasserena.

Osserviamo la faccia del marito che prende la donna in moglie.

Anche il marito dovrebbe arrossire di prenderla con altro scopo, se arrossisce il padre di darla per uno scopo diverso.

Se però non riescono a contenersi, esigano il debito ( l'abbiamo già detto una volta ); ma non si spingano più in là del proprio debitore.

Sia la moglie che il marito aiutino a vicenda la propria debolezza.

Egli non vada con un'altra né lei con un altro ( cosa questa da cui deriva il termine "adulterio", come per dire: "con un altro" ).

Anche se si oltrepassano i limiti del contratto matrimoniale, non si oltrepassino i limiti del letto coniugale.

Non è forse peccato esigere dal coniuge il debito in misura superiore all'esigenza di procreare figli?

 È certo un peccato, ma un peccato veniale.

L'Apostolo afferma: Questo però ve lo dico per condiscendenza. ( 1 Cor 7,6 )

Parlando poi di questo problema, dice: Non rifiutatevi l'un l'altro se non di mutuo accordo e per un certo tempo al fine di dedicarvi alla preghiera, e poi tornate a stare insieme, affinché Satana non vi tenti a causa della vostra incontinenza. ( 1 Cor 7,5 )

Che vuol dire ciò? "Non imponetevi nessun vincolo che superi le vostre forze, per evitare che, astenendovi tra voi, precipitiate nei lacci dell'adulterio.

Perché Satana non vi tenti a causa della vostra incontinenza".

Paolo inoltre, perché non avesse l'aria di comandare ciò che diceva solo per condiscendenza ( una cosa è infatti comandare alla virtù e un'altra condiscendere alla debolezza ), soggiunge subito: Questo però lo dico per condiscendenza, non per comando.

Poiché vorrei che tutti fossero come sono io. ( 1 Cor 7,6-7 )

Come se dicesse: "Non vi comando di farlo, ma sarò indulgente verso di voi se lo farete".

14.23 - I due sostegni con cui si mantiene il genere umano

Riflettete, dunque, fratelli miei.

Alcuni grandi personaggi hanno la moglie all'unico scopo di procreare figli, quali si legge fossero i Patriarchi e come troviamo in molte testimonianze, e proclamano espressamente e con assoluta certezza i libri della Sacra Scrittura; se dunque ci sono tali personaggi, che hanno moglie al solo scopo di procreare figli, se si potesse offrire loro il mezzo d'aver figli senza l'amplesso coniugale, non accoglierebbero forse un sì gran beneficio con ineffabile gioia?

Non lo adotterebbero con immensa allegrezza?

Due infatti sono le azioni fisiche, in virtù delle quali sussiste il genere umano; azioni alle quali le persone sagge e sante si abbassano spinte dal dovere, mentre gli stolti vi si gettano spinti dalla concupiscenza.

Una cosa è infatti abbassarsi a un'azione per dovere, un'altra cosa è cadervi per passione.

Quali sono queste due azioni, grazie alle quali sussiste il genere umano?

Riguardo a noi stessi la prima azione è quella relativa al prendere il cibo ( che non può prendersi senza un certo piacere carnale ), cioè il mangiare e il bere; se quest'azione non la si facesse si morirebbe.

Con questo solo sostegno del mangiare e del bere si conserva il genere umano secondo le leggi della propria natura; ma con esso gli uomini si sostentano solo per quanto riguarda la loro persona; alla loro discendenza invece non provvedono col mangiare e col bere, ma col prendere moglie.

Perché infatti sussista il genere umano è necessario anzitutto che gli uomini vivano, ma poiché non possono certamente vivere sempre nonostante tutte le cure che si vogliano avere per il corpo, è logico avere la precauzione che, a coloro che muoiono, succedano altri che nascono.

Di fatto, al dire della Scrittura, il genere umano è simile alle foglie che rivestono un albero, ma un albero sempreverde come l'ulivo o l'alloro o un altro di tal genere; siffatti alberi non sono mai privi della loro chioma, eppure non hanno sempre le medesime foglie.

In effetti, come dice ancora la Scrittura, il sempreverde ne fa spuntare alcune ma ne fa cadere altre, ( Sir 14,18 ) poiché quelle che nascono man mano succedono a quelle che cadono; l'albero infatti fa sempre cadere le foglie, ma ne rimane tuttavia sempre rivestito.

Allo stesso modo anche il genere umano ogni giorno, per il sopraggiungere di coloro che nascono, non avverte la diminuzione derivante da coloro che muoiono e in tal modo, nella misura che gli è consentita, il genere umano sussiste in tutte le sue specie; e come sugli alberi si vedono sempre le foglie, così la terra si vede sempre piena d'uomini.

Se invece gli uomini morissero soltanto, e non ne succedessero altri, come alcuni alberi perdono tutte le loro foglie, così la terra rimarrebbe spopolata del tutto.

14.24 - Alle azioni necessarie per la vita alcuni sono condotti dalla passione, altri dalla ragione

Poiché dunque questi due sostegni, di cui abbiamo parlato a sufficienza, sono necessari alla conservazione del genere umano, l'uomo sapiente, prudente e fedele si abbassa ad entrambi spinto dal dovere, non vi cade spinto dalla sensualità.

Quanti si precipitano con voracità a mangiare e a bere, riponendo in ciò tutta la loro vita, come fosse la ragione stessa per cui si vive!

Essi infatti, pur mangiando per vivere, credono di vivere per mangiare.

Costoro sono biasimati da ogni persona sapiente e soprattutto dalla divina Scrittura come mangioni, ubriaconi, ghiottoni, poiché il loro Dio è il ventre. ( Fil 3,19 )

Ciò che li spinge a mettersi a tavola è solo l'appetito carnale e non il bisogno di rifocillarsi.

Costoro perciò si precipitano sui cibi e sulle bevande.

Coloro invece che vi si abbassano solo per il dovere di vivere, non vivono per mangiare ma mangiano per vivere.

Se pertanto a tali persone prudenti e temperanti fosse data la possibilità di vivere senza mangiare e bere, con quanta gioia accoglierebbero questo beneficio, per non essere costretti neppure ad abbassarsi a cose a cui non hanno mai avuto l'abitudine di precipitarsi!

In tal modo sarebbero sempre elevati verso il Signore e le loro elevazioni non sarebbero abbassate dalla necessità di ristorare il deperimento del corpo.

In qual modo pensate che il santo Elia ricevesse un piccolo orcio d'acqua e una focaccia di pane, che doveva bastargli come alimento per quaranta giorni? ( 1 Re 19,6-8 )

Lo prese certo con gran gioia, perché mangiava e beveva solo per il dovere di conservarsi in vita e non perché schiavo dell'ingordigia.

Prova, se ti è possibile, a offrire un tal beneficio a un individuo che, simile ad un animale nella stalla, pone tutta la sua delizia e la sua felicità nella buona tavola!

Egli avrà in orrore il tuo beneficio, lo respingerà lontano da sé, lo reputerà un castigo.

Così pure avverrà per quanto riguarda l'amplesso coniugale; i sensuali cercano le proprie mogli solo per questo e perciò a mala pena si accontentano delle proprie.

Volesse poi il cielo che, se non sono capaci o non vogliono sopprimere la sensualità, non la lasciassero progredire oltre i limiti prescritti dal debito coniugale e oltre i limiti concessi alla debolezza umana!

Se a un tale individuo tu chiedessi davvero: "Perché prendi moglie?", forse, spinto dalla vergogna, ti risponderebbe: "Per aver figli".

Se però uno, al quale egli fosse disposto a prestar fede senza alcuna esitazione, gli dicesse: "Dio è in grado di darti dei figli e te li darà anche se non ti unirai nella carne a tua moglie", allora verrebbe messo per davvero alle strette e ammetterebbe che non è per aver figli che cerca la moglie.

Confessi dunque la propria debolezza; prenda pure ciò che, come pretesto, diceva di prendere per dovere.

15.25 - Ai padri dell'A.T. fu concesso di avere più mogli solo al fine di procreare figli

Così i santi Patriarchi, uomini di Dio, cercavano d'aver figli e desideravano di ottenerli.

A quest'unico scopo si univano in matrimonio con le donne e si accoppiavano con esse, per l'unico fine di procreare figli.

Fu questo il motivo per cui fu permesso loro d'aver più mogli.

Se a Dio piacesse una libidine senza freni, a quel tempo avrebbe anche permesso che una sola donna avesse più mariti, come a un sol uomo era permesso d'aver più mogli.

Perché dunque tutte le donne caste non avevano più di un marito, mentre un sol uomo poteva avere più mogli?

Solo perché un solo uomo abbia più mogli per avere un gran numero di figli, mentre una sola donna non potrà dare alla luce un numero tanto maggiore di figli quanto maggiore sarà il numero dei suoi mariti.

Ecco perché, fratelli, se i nostri Patriarchi si univano in matrimonio e si accoppiavano con le donne al solo scopo di procreare dei figli, avrebbero provato una gran gioia se avessero potuto averli senza l'atto carnale poiché per averli non vi si gettavano spinti dalla sensualità, ma vi si abbassavano spinti dal dovere.

Giuseppe dunque non era forse padre perché aveva avuto il figlio senza la concupiscenza carnale? Tutt'altro!

La castità cristiana non pensi affatto ciò che non pensava neppure quella giudaica!

Amate le vostre mogli, ma amatele castamente.

Desiderate l'atto carnale solo nei limiti necessari per procreare figli.

E poiché non potete averne in altra maniera, abbassatevi a quell'atto con dolore.

La concupiscenza è un castigo meritato da Adamo, dal quale noi abbiamo origine.

Non dobbiamo vantarci d'un nostro castigo.

È un castigo inflitto a colui che meritò di generare per la morte, poiché a causa del peccato divenne mortale.

Dio non eliminò tale castigo perché l'uomo si ricordasse da dove è richiamato e dove è chiamato e cercasse l'amplesso ove non è alcuna corruzione.

15.26. Quella nazione doveva dunque moltiplicarsi in modo straordinario fino alla venuta del Cristo, affinché, mediante il gran numero di persone, fossero prefigurati tutti i modelli della Chiesa che si dovevano prefigurare; ecco il motivo per cui i Patriarchi avevano il dovere di prendere mogli, mediante le quali aumentasse il popolo, in cui fosse prefigurata la Chiesa.

16.26 - La dignità verginale cominciò dalla Madre del Signore. In qual senso Giuseppe fu padre di Cristo

Ma la dignità verginale ebbe origine dalla Madre del Signore, quando cioè nacque il re di tutti i popoli; fu lei a meritare non solo d'avere il figlio ma anche di non soggiacere alla corruzione.

Come dunque quello era vero matrimonio e matrimonio senza corruzione, così quel che la moglie partorì castamente, perché il marito non avrebbe dovuto accoglierlo castamente?

Come infatti era casta la moglie, così era casto il marito; e come era casta la madre, così era casto il padre.

Colui dunque che dice: "Giuseppe non doveva essere chiamato padre, perché non aveva generato il figlio", nel procreare i figli cerca la libidine, non l'affetto ispirato dalla carità.

Giuseppe con l'animo compiva meglio ciò che altri desidera compiere con la carne.

Così, per esempio, anche coloro che adottano dei figli, non li generano forse col cuore più castamente, non potendoli generare carnalmente?

Vedete, fratelli, i diritti dell'adozione, per cui un uomo diventa figlio di uno dal quale non è nato, in modo che ha maggior diritto nei suoi riguardi la volontà dell'adottante che non la natura del generante.

In tal modo dunque Giuseppe non solo doveva essere padre, ma doveva esserlo in sommo grado.

D'altronde gli uomini generano figli anche da donne che non sono le loro mogli, e questi sono chiamati "figli naturali", ma a questi sono preferiti i figli legittimi.

Per quanto riguarda l'atto della carne sono nati allo stesso modo; perché allora sono preferiti questi ultimi, se non perché più casta è la carità della moglie, dalla quale i figli sono procreati?

In tal caso non si considera l'unione carnale, ch'è uguale nell'una e nell'altra donna.

Per qual ragione la moglie è superiore, se non per l'affetto della fedeltà, per l'affetto verso il marito, per l'affetto d'una carità più sincera e più casta?

Se dunque uno potesse aver figli dalla moglie senza l'amplesso coniugale non dovrebbe essere tanto più contento, quanto più è casta colei che egli ama più ardentemente?

17.27 - Per accordare Matteo e Luca si ammette giustamente che Giuseppe avesse un padre naturale e uno legale

A questo proposito considerate anche quest'altra eventualità: può cioè accadere che un solo uomo non soltanto abbia due figli, ma anche due padri.

Se ci riflettete, ciò potrebbe accadere nel caso della summenzionata adozione.

Poiché si dice: "Uno può avere due figli, ma non due padri".

Non è vero; si trova anzi che uno può avere anche due padri, se uno lo ha generato con il suo seme, l'altro l'ha adottato per amore.

Se dunque un uomo può aver due padri, poté averne due anche Giuseppe: da uno poté essere generato, dall'altro essere adottato.

Se ciò fu possibile, che cosa hanno da criticare coloro i quali dicono che Matteo ha seguito generazioni diverse da quelle seguite da Luca?

In realtà troviamo che il primo ha seguito generazioni diverse da quelle del secondo.

Matteo infatti chiama Giacobbe il padre di Giuseppe, Luca invece lo chiama Eli.

Potrebbe in verità sembrare che un unico uomo, del quale era figlio Giuseppe, avesse due nomi.

Ma per il fatto che i due enumerano differenti avoli e bisavoli e altri progenitori antecedenti e nello stesso numero l'uno ne conta di più, l'altro di meno si dimostra chiaramente che Giuseppe ebbe due padri.

Messo dunque da parte il sofisma della questione, poiché una ragione evidente ha dimostrato ch'è possibile che uno sia il padre che lo generò, un altro quello che lo adottò; stabilita l'esistenza di due padri, non è da meravigliarsi se gli avi e i bisavoli e tutti gli altri progenitori vengano enumerati a partire da antenati diversi in linea ascendente.

18.28 - L'adozione nella S. Scrittura. L'unione dei Patriarchi con le serve in qual modo non era adulterio

Non dovete pensare che il diritto dell'adozione sia ignoto alle nostre Scritture e che, osservato, per così dire, solo nella consuetudine delle leggi umane, non possa conciliarsi con l'autorità della Sacra Scrittura.

In realtà è un fatto antico e ricordato spesso nelle medesime Scritture della Chiesa che un figlio è generato non solo dal seme umano ma anche dalla volontà del bene.

Infatti anche le donne, se non avevano avuto la capacità di generare, adottavano figli nati dall'unione dei loro mariti con le schiave e ordinavano perfino ai mariti di generargliene, come Sara ( Gen 16,1 ) come Rachele ( Gen 30,1 ) e Lia. ( Gen 30,9 )

Nell'adempiere questo doveroso servizio i mariti non commettevano adulterio, poiché ubbidivano alle mogli rispetto a un'azione concernente il debito coniugale, conforme a quanto dice l'Apostolo: La moglie non è padrona del proprio corpo, ma lo è il marito.

E così neppure il marito è padrone del proprio corpo, ma lo è la moglie. ( 1 Cor 7,4 )

Anche Mosè, nato da madre ebrea ed esposto, fu adottato dalla figlia del faraone. ( Es 2,1-10 )

Veramente non esistevano le stesse formule di legge che esistono ora, ma la libera decisione della volontà era reputata come norma di legge; come in un altro passo dice l'Apostolo: I pagani non hanno la legge, ma per natura agiscono secondo la legge. ( Rm 2,14 )

Se poi alle donne era lecito considerare come figli quelli ch'esse non avevano partorito, perché non sarebbe stato lecito anche ai loro mariti d'avere per figli quelli generati da essi non in virtù dell'atto coniugale, ma dell'amore di adottarli?

Leggiamo infatti che il patriarca Giacobbe, pur essendo padre di tanti figli, tuttavia adottò come figli i propri nipoti, i figli di Giuseppe, dicendo così: Questi due saranno miei figli e riceveranno in eredità la terra con i loro fratelli; gli altri figli, che tu genererai, saranno figli tuoi. ( Gen 48,5-6 )

Uno potrebbe obiettare che nelle sante Scritture non si trova la parola "adozione".

Ma non ha alcuna importanza il termine col quale si deve chiamare il fatto - essendo esso un fatto reale - che una donna abbia un figlio non generato dal suo sangue.

( Questo tale si rifiuti pure - né io mi oppongo - di chiamare "adottato" Giuseppe, purché ammetta ch'egli poté esser figlio anche di uno, di cui non era figlio per generazione carnale.

D'altra parte l'apostolo Paolo ricorda continuamente anche il nome di "adozione", perfino a proposito del gran sacramento.

Egli infatti, poiché la Scrittura attesta che nostro Signore Gesù Cristo è l'unico figlio di Dio, afferma che coloro, ch'egli si è degnato d'avere come fratelli e coeredi, lo diventano in virtù d'una certa adozione della grazia di Dio.

Quando venne - dice - la pienezza del tempo, Dio inviò il proprio Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. ( Gal 4,4-5 )

Ancora in un altro passo dice: Gemiamo in noi stessi in attesa dell'adozione, della redenzione del nostro corpo. ( Rm 8,23 )

Un'altra volta, parlando dei giudei, dice: Vorrei essere maledetto io stesso da Dio, separato da Cristo, se ciò potesse giovare ai miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.

Essi sono israeliti e posseggono - dice - l'adozione a figli la gloria, l'alleanza, la legislazione; sono discendenti dei Patriarchi, da essi proviene Cristo secondo la carne, egli ch'è sopra tutte le cose, Dio benedetto nei secoli. ( Rm 9,3-5 )

In questo passo dimostra che presso i giudei era antico non solo il nome di"adozione ", ma anche la stessa realtà, come l'alleanza e la legislazione, ricordate insieme.

19.29 - Le generazioni del Signore sono contate dagli Evangelisti senza menzogna, tenuto conto dell'adozione o della filiazione naturale

A ciò si aggiunge che c'era un modo proprio dei giudei, per cui un bambino diventava figlio d'un uomo, dal quale non era nato carnalmente.

I parenti di coloro ch'erano morti senza figli, prendevano la moglie del defunto, per procurargli la discendenza. ( Dt 25,5-6; Mt 22,24 )

In tal modo colui che nasceva, non solo era figlio di colui dal quale nasceva, ma anche di colui del quale, nascendo, diveniva successore.

Ciò è stato ricordato perché nessuno, pensando che non possa essere esatto che siano ricordati due padri d'un solo individuo, creda si possa denigrare, accusandolo sacrilegamente di menzogna, uno qualsiasi degli Evangelisti, che narrano le generazioni del Signore, soprattutto quando vediamo che siamo messi sull'avviso dalle loro stesse parole.

Matteo, che chiaramente ricorda il padre da cui fu generato Giuseppe, così enumera le generazioni: "Il tale generò il tal altro", per poter arrivare a ciò che dice alla fine: Giacobbe generò Giuseppe. ( Mt 1,16 )

Luca al contrario, poiché non propriamente generato si chiama colui che è figlio o per adozione o per successione di morte, in quanto è nato da colei che era stata moglie del morto, non dice: "Eli generò Giuseppe", oppure: "Giuseppe generato da Eli", ma che era - dice - Figlio di Eli, ( Lc 3,23 ) sia perché adottato, sia perché generato da un parente per succedere nascendo al morto.

20.30 - Perché le generazioni sono contate secondo la linea di Giuseppe e non di Maria

Abbiamo dunque esposto a sufficienza il motivo per cui non deve turbarci il fatto che le generazioni sono enumerate seguendo la linea genealogica di Giuseppe e non quella di Maria; come infatti essa è madre senza la concupiscenza carnale, così egli è padre senza l'unione carnale.

Quindi le generazioni discendono e ascendono tramite lui.

Non dobbiamo quindi metterlo da parte perché mancò la concupiscenza carnale.

La maggiore sua purezza confermi la paternità, perché non ci rivolga un rimprovero la stessa Santa Maria.

Essa infatti non volle porre il proprio nome innanzi a quello del marito, ma disse: Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo. ( Lc 2,48 )

Non facciano dunque i maligni detrattori ciò che non fece la casta sposa.

Enumeriamo perciò le generazioni lungo la linea di Giuseppe, poiché allo stesso modo che è casto marito, così è pure casto padre.

Dobbiamo invece mettere l'uomo al di sopra della donna secondo l'ordine della natura e della legge di Dio.

Se infatti metteremo da parte lui e al suo posto metteremo lei, egli ci dirà giustamente: "Perché mi avete messo da parte?

Perché le generazioni non ascendono o discendono per la mia linea genealogica?".

Gli si risponderà forse: "Perché tu non hai generato mediante la tua carne"?

Ma egli ci risponderà: "Partorì forse anche Maria mediante la sua carne?".

Ciò che lo Spirito Santo effettuò, lo effettuò per ambedue.

È detto: Essendo un uomo giusto. (. Mt 1,19 )

Giusto dunque l'uomo, giusta la donna.

Lo Spirito Santo, che riposava nella giustizia di ambedue, diede un figlio ad entrambi.

Ma, affinché fosse figlio anche per il marito, lo fece per mezzo del sesso che doveva partorirlo.

Ecco perché l'angelo dice ad ambedue di mettere il nome al bambino; cosa questa con cui viene proclamata l'autorità dei genitori.

Così, per esempio, essendo Zaccaria ancora muto, la madre di Giovanni voleva mettere il nome al figlio che l'era nato.

Ma i presenti fecero cenno al padre chiedendogli come voleva chiamarlo, ed egli, presa una tavoletta, vi scrisse il nome che lei aveva già detto. ( Lc 1,62-63 )

Anche a Maria è detto: Ecco, concepirai un figlio e lo chiamerai Gesù. ( Lc 1,31 )

Ma anche a Giuseppe è detto: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere Maria per tua sposa; il bambino ch'è nato in lei è opera detto Spirito Santo.

Essa partorirà un figlio e tu gli metterai nome Gesù; egli salverà il suo popolo dai suoi peccati. ( Mt 1,20-21 )

L'Evangelista dice anche: E gli partorì un figlio, ( Lc 2,7 ) parole con cui senza dubbio si afferma che Giuseppe è padre non per virtù della carne, ma della carità.

Così dunque egli è padre e lo è realmente.

Con molta precauzione e con molta prudenza gli Evangelisti contano le generazioni attraverso la linea di Giuseppe; sia Matteo discendendo da Abramo fino a Cristo, sia Luca ascendendo da Cristo attraverso Abramo fino a Dio.

L'uno enumera per la linea discendente, l'altro per la linea ascendente, ma entrambi attraverso Giuseppe.

E perché? Perché egli è il padre. E perché è padre? Perché tanto più sicuramente padre, quanto più castamente padre.

In realtà si credeva ch'egli fosse padre di nostro Signore Gesù Cristo in modo diverso; lo fosse cioè come tutti gli altri padri che generano carnalmente, non come quelli che accolgono i figli con il solo affetto spirituale.

Difatti anche Luca dice: Era opinione comune che Giuseppe fosse il padre di Gesù. ( Lc 3,23 )

Perché era opinione comune? Perché l'opinione e il giudizio della gente era portato verso ciò che di solito fanno gli uomini.

Il Signore dunque non è discendente di Giuseppe per via carnale, sebbene fosse ritenuto tale.

Tuttavia alla pietà e alla carità di Giuseppe nacque dalla vergine Maria un figlio, e proprio il Figlio di Dio.

21.31 - Perché Matteo conta le generazioni per linea discendente, Luca invece per linea ascendente

Ma perché l'uno enumera le generazioni in linea discendente, l'altro invece per linea ascendente?

Cercate di ascoltarlo, vi prego, attentamente, per quanto Dio vi aiuterà, ormai con animo sgombro di dubbi e libero da ogni molestia di sofismi intricati.

Matteo enumera le generazioni in linea discendente per simboleggiare la discesa di nostro Signore Gesù Cristo, venuto per addossarsi i nostri peccati, affinché nel seme di Abramo venissero benedetti tutti i popoli.

Ecco perché Matteo non comincia da Adamo: poiché tutto il genere umano deriva da lui; e non comincia neppure da Noè, poiché anche dalla stessa sua famiglia ebbe origine tutto il genere umano dopo il diluvio.

Per il compimento della profezia bisognava mostrare che l'uomo Gesù Cristo discendeva non da Adamo, da cui provengono tutti gli uomini, o da Noè, da cui tutti gli uomini ebbero di nuovo origine, ma da Abramo che, quando tutta la terra era popolata, fu scelto da Dio affinché tutte le nazioni fossero benedette mediante il suo Discendente. ( Gen 22,18 )

Luca, al contrario, enumera le generazioni nella linea ascendente, non cominciando dalla stessa nascita del Signore ma dal punto ove narra che fu battezzato da Giovanni.

Ora, allo stesso modo che nell'incarnazione il Signore si addossa i peccati del genere umano, così li prende su di sé per assolverli con la consacrazione del battesimo.

Il primo perciò enumera le generazioni in linea discendente, per indicare simbolicamente il Cristo che discende per addossarsi i peccati, il secondo invece enumera le generazioni nella linea ascendente per indicare simbolicamente l'espiazione dei peccati, naturalmente non suoi ma nostri.

Ma il primo discende attraverso Salomone, con la madre del quale aveva peccato Davide, il secondo ascende attraverso Natan, altro figlio del medesimo Davide, dal quale gli fu assolto il peccato.

Leggiamo infatti che Natan fu inviato a lui per rimproverarlo e perché grazie al pentimento fosse sanato. ( 2 Sam 12 )

Ambedue si sono incontrati quando sono arrivati a Davide, il primo lungo la linea discendente, l'altro lungo quella ascendente, e da Davide fino ad Abramo, o da Abramo fino a Davide non differiscono riguardo a nessuna generazione.

In tal modo Cristo, figlio di Davide e figlio di Abramo, arriva fino a Dio.

È necessario infatti che noi, rinnovati dal battesimo, dall'abolizione dei peccati siamo ricondotti a Dio.

22.32 - Il numero quaranta nelle generazioni del Signore

Tuttavia nelle generazioni contate da Matteo ha un particolare risalto il numero quaranta.

Le divine Scritture infatti hanno l'abitudine di non computare le cifre che oltrepassano l'intero di determinati numeri.

Così parlano di quattrocento anni dopo l'uscita del popolo israelitico dall'Egitto, ( Gen 15,13; At 7,6 ) pur essendo essi quattrocentotrenta.

Così anche qui una sola generazione che supera il numero quaranta non toglie a questo numero il suo carattere del tutto particolare.

Orbene, questo numero simboleggia la vita, durante la quale si soffre su questa terra finché siamo come pellegrini lontani dal Signore, ( 2 Cor 5,6 ) e nella quale è necessario assumere l'impegno temporale di annunciare la verità.

Ora il numero dieci, per cui è simboleggiata la perfezione della felicità, moltiplicato per quattro in rapporto alle quattro età del mondo e alle quattro parti del mondo, fa quaranta.

Ecco perché per quaranta giorni digiunarono non solo Mosè, ( Dt 9,9 ) ma anche Elia ( 1 Re 19,8 ) e lo stesso Mediatore, nostro Signore Gesù Cristo. ( Mt 4,2 )

Poiché nel tempo presente è necessario astenersi dalle attrattive dei sensi.

Anche per quarant'anni il popolo fu pellegrino nel deserto, ( Nm 32,13 ) il diluvio durò quaranta giorni. ( Gen 7,4 )

Per quaranta giorni dopo la risurrezione il Signore si trattenne con i discepoli convincendoli della realtà del corpo risorto. ( At 1,3 )

Con ciò volle indicare che in questa vita, in cui siamo pellegrini lontani da Dio, ( 2 Cor 5,6 ) il numero quaranta - com'è stato già detto - ci mostra allegoricamente che ci è necessario il memoriale del corpo del Signore, che celebriamo nella Chiesa finché egli non tornerà. ( 1 Cor 11,26 )

Poiché dunque nostro Signore discese in questa vita e il Verbo si fece carne ( Gv 1,14 ) per essere immolato a causa dei nostri peccati e risuscitare per la nostra giustificazione, ( Rm 4,25 ) Matteo si attenne al numero quaranta; in tal modo quella sola generazione che supera il numero quaranta non lo pregiudica, allo stesso modo che i trent'anni non pregiudicano la completezza dei quattrocento, oppure essa simboleggia che lo stesso Signore, con l'aggiunta del quale si hanno quarantuno generazioni, discese nella nostra vita per addossarsi i nostri peccati in modo tuttavia che risulti distinto da questa vita, grazie alla sua personale e singolare superiorità per cui è uomo ed è nello stesso tempo anche Dio.

Di lui solo è detto ciò che non si è mai potuto né si potrà dire mai di alcun altro uomo santo, per quanto si voglia perfetto in sapienza e in giustizia: il Verbo si è fatto carne. ( Gv 1,14 )

23.33 - Perché Luca enumera settantasette generazioni

Luca invece, il quale ci dà l'albero genealogico per la linea ascendente a partire dal battesimo del Signore, conta in tutto settantasette generazioni cominciando dallo stesso nostro Signore Gesù Cristo per risalire attraverso Giuseppe e arrivare a Dio attraverso Adamo; vale a dire che con questo numero si vuol simboleggiare la remissione di tutti i peccati, che avviene nel battesimo, non perché il Signore stesso avesse colpe da essergli perdonate col battesimo, ma perché con la sua umiltà volle insegnarci che cos'era utile a noi.

Sebbene inoltre quello fosse il battesimo di Giovanni, in esso tuttavia apparve sensibilmente la Trinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per virtù della quale fu consacrato il battesimo dello stesso Cristo, col quale dovevano essere battezzati i futuri cristiani; il Padre apparve nella voce venuta dal cielo, il Figlio nello stesso uomo-mediatore, lo Spirito Santo nella colomba. ( Mt 3,16-17; Lc 3,21-22 )

23.34 - Significato simbolico del numero settantasette

Ma perché il numero settantasette contiene tutti i peccati che vengono rimessi nel battesimo?

Il motivo probabile sembra essere che il numero dieci contiene la perfezione della giustizia e della felicità, quando la creatura settenaria rimane unita alla Trinità del Creatore, perciò anche il Decalogo della legge fu dichiarato sacro con i dieci Comandamenti.

Per questo motivo anche la trasgressione del numero dieci è simboleggiata dal numero undici; è chiaro che il peccato è una trasgressione quando l'uomo, bramando qualcosa di più, oltrepassa la norma della giustizia.

Ecco perché l'Apostolo afferma che l'avarizia è la radice di tutti i mali. ( 1 Tm 6,10 )

Ancora: all'anima che si allontana da Dio, in nome dello stesso Signore viene detto: "Speravi d'avere qualcosa di più, se ti fossi allontanata da me".

Colui dunque che pecca riferisce a se stesso la trasgressione, cioè il peccato, poiché vuole rallegrarsi di un suo bene, per così dire, privato.

Ecco perché vengono rimproverati anche coloro che cercano i propri interessi e non quelli di Gesù Cristo, ( Fil 2,21 ) e viene lodata la carità che non cerca i propri interessi. ( 1 Cor 13,5 )

Per questo fatto lo stesso numero undici, ch'è simbolo della trasgressione, non viene moltiplicato per dieci, ma per sette e fa settantasette.

La trasgressione infatti non è della Trinità del Creatore, ma è propria della stessa creatura, cioè dell'uomo stesso, creatura quale è dimostrata dal numero sette; essa infatti contiene il tre a causa dell'anima, in cui è una certa immagine della Trinità del Creatore, poiché per essa l'uomo è stato fatto a immagine di Dio; contiene poi il quattro a causa del corpo.

Notissimi sono infatti i quattro elementi di cui risulta il corpo.

Chi però non li conosce, può facilmente considerare che lo stesso corpo del mondo, in cui si muove il nostro corpo attraverso lo spazio, ha, per così dire, quattro parti principali, ricordate continuamente anche dalla Sacra Scrittura: l'Oriente, l'Occidente, il Mezzogiorno e il Settentrione.

24.34 - E poiché i peccati si commettono o con l'anima, mediante la sola volontà, o anche con le azioni del corpo e perciò in modo visibile, il profeta Amos ripetutamente ricorda le minacce di Dio che dice: Per tre o quattro peccati non mi volgerò indietro, ( Am 1,3; Am 6,9 ) cioè: "non dissimulerò".

I tre peccati sono quelli dovuti alla natura dell'anima; i quattro invece sono causati dalla natura del corpo, le due sostanze di cui risulta l'uomo.

24.35 - Come si devono leggere le S. Scritture

Pertanto undici per sette o, come già detto, la trasgressione della giustizia riferita all'uomo peccatore, forma il numero settantasette, nel quale è simboleggiato l'insieme di tutti i peccati che vengono rimessi col battesimo.

Ecco perché Luca ascende fino a Dio attraverso le settantasette generazioni per dimostrare che l'uomo si riconcilia con Dio mediante la cancellazione di tutti i peccati.

Ecco perché a Pietro, che gli chiedeva quante volte doveva perdonare a un fratello, lo stesso Signore
disse: Ti dico: non sette volte, ma settantasette volte. ( Mt 18,22 )

Se poi in questi arcani tesori dei misteri di Dio vi è qualche altra cosa, potrà essere tratta fuori da altri più diligenti e più degni.

Noi tuttavia abbiamo detto ciò che siamo stati in grado di dire secondo la nostra capacità in misura dell'aiuto datoci dal Signore e tenuto conto anche dello spazio limitato del tempo.

Se qualcuno di voi è in grado di capire di più, bussi alla porta di colui dal quale riceviamo anche noi quanto possiamo capire e dire.

Anzitutto però dovete ritenere come norma di non lasciarvi turbare quando non comprendete ancora le Sacre Scritture e, se le comprendete, di non insuperbirvi; quello che non comprendete rimandate con rispetto ad altro tempo, e quello che comprendete ritenetelo con sentimenti di carità.

Indice

1 Symb. fidei
2 Symb. fidei
3 Symb. fidei