Una speranza nuova per il Libano

Indice

Capitolo II

Nella Chiesa fondare la propria speranza su Cristo

Invito alla speranza

18. I Padri del Sinodo, partendo da un attento esame della situazione attuale della Chiesa nel loro Paese, sono incessantemente tornati su due aspetti principali del mistero cristiano, che sembrava loro necessario approfondire.

Si tratta per tutti i fedeli di vivere intensamente il mistero della Chiesa, comunione degli uomini con Dio e tra di loro, e di fondare la loro speranza su Cristo.

In linea con le riflessioni dell'Assemblea speciale, invito i membri della Chiesa a riflettere su tali argomenti per rispondere sempre meglio, nella loro vita ecclesiale, alla volontà del Signore.

Potranno così cogliere più compiutamente la portata del tema che ha guidato tutto l'itinerario sinodale: « Cristo è nostra speranza: rinnovati dal suo Spirito, solidali, testimoniamo il suo Amore ».

1. La Chiesa, mistero di comunione

Dimensioni di tale mistero

19. La Chiesa non si riduce alla sua dimensione visibile, che la potrebbe far apparire unicamente come una comunità confessionale organizzata; nel suo mistero, essa è in comunione con la comunità celeste invisibile: « La Chiesa della terra e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare come due realtà, ma formano una sola complessa realtà risultante di un elemento umano e di un elemento divino »24 strettamente legati tra di loro.

Il Concilio Vaticano II dichiara ancora che la Chiesa è un'istituzione « fornita di mezzi adatti per l'unione visibile e sociale »,25 espressione della comunione degli uomini con Dio e tra di loro.

Essa « è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano ».26

Il destino di tutti si gioca nella Chiesa, poiché essa è « mistero dell'unione personale di ogni uomo con la Trinità divina e con gli altri uomini, iniziata dalla fede, e orientata alla pienezza escatologica nella Chiesa celeste, per quanto già incoativamente realtà nella Chiesa sulla terra ».27

Il concetto di comunione è importante per avere una giusta coscienza della natura della Chiesa.

Esso implica sempre una duplice dimensione: verticale ( comunione con Dio ) e orizzontale ( comunione con tutti gli uomini ), e un duplice aspetto: visibile ( condizione corporale e sociale dell'uomo ) e invisibile ( unione di grazia con Dio e, in Lui, con tutti gli uomini ).28

20. La Chiesa, ad immagine del suo Signore, è una realtà « divina e umana che vive nel tempo e nello spazio, con tutto ciò che questo comporta come condizionamento storico, geografico, sociale e culturale.

Essa si radica in questa realtà tangibile alla quale deve i tratti del volto che le è proprio e del suo carattere particolare ».29

La figura del « corpo » sta a significare sia che la Chiesa è « radunata attorno a [ Cristo ]; è unificata in lui, nel suo Corpo »,30 sia che tale « unità del corpo non elimina la diversità delle membra.

"Nell'edificazione del Corpo di Cristo vige la diversità delle membra e delle funzioni.

Uno è lo Spirito, il quale per l'utilità della Chiesa distribuisce i suoi vari doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei servizi" ( cfr 1 Cor 12,1-11 ) ».31

La Chiesa si presenta nella sua interezza, come a livello di ogni comunità parrocchiale, « con una grande diversità, che proviene sia dalla varietà dei doni di Dio sia dalla molteplicità delle persone che li ricevono.

Nell'unità del popolo di Dio si radunano le diversità dei popoli e delle culture.

Tra i membri della Chiesa esiste una diversità di doni, di funzioni, di condizioni e modi di vita ».32

Il mistero della Chiesa si manifesta nelle Chiese particolari, poiché « nella comunione ecclesiastica, vi sono legittimamente delle Chiese particolari, che godono di proprie tradizioni ».33

La « Chiesa particolare », chiamata anche « diocesi » o « eparchia », designa in modo preciso « una porzione del popolo di Dio, che è affidata alle cure pastorali del Vescovo coadiuvato dal suo presbiterio ».34

E il Vescovo, quale successore degli Apostoli, è principio e fondamento visibile dell'unità della sua Chiesa,35 della quale assicura la crescita e la solidità, insegnando fedelmente la Parola di Dio, presiedendo, personalmente o attraverso un delegato, il culto sacro, in particolare l'Eucaristia, e governando saggiamente e in tutta carità i fedeli del gregge affidatogli.36

21. In Libano, come in tutto l'Oriente, le Chiese particolari, ad eccezione del Vicariato apostolico latino, sono tradizionalmente riunite in Patriarcati.

« Da tempi antichissimi vige nella Chiesa l'istituzione patriarcale, già riconosciuta dai primi concili ecumenici ».37

« Come padre e capo »38 spetta al Patriarca « la giurisdizione su tutti i Vescovi, compresi i Metropoliti, il clero e il popolo del proprio territorio o rito, a norma del diritto e salvo restando il primato del Romano Pontefice ».39

Egli è il simbolo dell'unità della sua Chiesa patriarcale; garantisce la fedeltà alla tradizione liturgica, teologica, spirituale e disciplinare dell'insieme del suo Patriarcato, così come la comunione con il Successore di Pietro.

« I Patriarchi coi loro sinodi costituiscono la superiore istanza per qualsiasi pratica del Patriarcato ».40

Queste antiche Chiese patriarcali conservano un patrimonio venerabile di cui conviene non soltanto rispettare e custodire, ma ancora più promuovere e incoraggiare « la vitalità, la crescita e il vigore [ … ] nel compimento della missione loro affidata ( cfr Orientalium ecclesiarum, 1 ) ».41

Il Concilio Vaticano II ha chiaramente riconosciuto la loro legittimità: « Per divina Provvidenza è avvenuto che varie Chiese, in vari luoghi fondate dagli Apostoli e dai loro successori, durante i secoli si sono costituite in molti gruppi, organicamente uniti, i quali, salva restando l'unità della fede e l'unica divina costituzione della Chiesa universale, godono di una propria disciplina, di un proprio uso liturgico, di un patrimonio teologico e spirituale proprio.

Alcune fra esse, soprattutto le antiche Chiese patriarcali, quasi matrici della fede, ne hanno generate altre che sono come loro figlie, con le quali restano fino ai nostri tempi legate da un più stretto vincolo di carità nella vita sacramentale e nel mutuo rispetto dei diritti e dei doveri.

Questa varietà di Chiese locali, fra loro concordi, dimostra con maggiore evidenza la cattolicità della Chiesa indivisa ».42

In tale quadro, le Chiese patriarcali cattoliche in Libano possono « avere un volto profetico »43 se ciascuna di esse riuscirà a sviluppare, in armonia con le altre e nell'assoluta fedeltà all'unità della Chiesa universale — ed anzi grazie a questa medesima unità — la propria identità e le ricchezze che la contraddistinguono.

L'unità non deve essere ricercata nell'uniformità, quanto piuttosto nell'amore reciproco, nel dono di sé e delle proprie ricchezze, nella carità che unisce tutte le Chiese.

È quanto le Chiese sui iuris e il Vicariato apostolico latino si sforzano di vivere in Libano, in particolare grazie all'attività dell'Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi cattolici del Libano ( APECL ), creata « affinché la vita della Chiesa in Libano divenga sorgente di armonia e di ricchezza per i suoi figli, come pure testimonianza permanente di intesa e di fruttuosa cooperazione tra tutti i libanesi ».44

Comunione nello Spirito Santo, divino soffio di unità nella diversità

22. Per comprendere la realtà profonda della vita nella Chiesa, è opportuno meditare sulla presenza in lei dello Spirito Santo che la vivifica: « I santi Padri poterono paragonare la sua funzione con quella che esercita il principio vitale, cioè l'anima nel corpo umano ».45

Lo Spirito è il grande dono del Padre ( cfr At 2,1-4 ) e del Figlio suo Gesù Cristo ( cfr Gv 20,22 ) alla Chiesa.

Questo dono gratuito è il frutto della glorificazione del Signore, nella sua morte sulla Croce e nella sua Risurrezione ( cfr Gv 12,16; Gv 13,31-32 ).

Cristo aveva promesso ai suoi discepoli alla vigilia della sua morte: « È bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò » ( Gv 16,7 ).

L'effusione dello Spirito nella Pentecoste suggerisce una nuova creazione.

La sera della Risurrezione, Gesù alitò sui discepoli, dicendo loro: « Ricevete lo Spirito Santo » ( Gv 20,22 ).

Donò loro un cuore solo e infuse in essi uno spirito nuovo ( cfr Ez 11,19 ).

Questo gesto richiamava la prima creazione dell'uomo: « Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente » ( Gen 2,7 ); nella Pentecoste, tale gesto manifesta la creazione nuova.

Il dono dello Spirito trasformò i discepoli in inviati, ad immagine del loro Maestro: « Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi » ( Gv 20,21 ).

Essi si videro affidata una missione di perdono e di riconciliazione ( cfr Gv 20,23 ), missione che ristabilisce l'unità perduta sin dai tempi antichi.

Nella Pentecoste il Signore radunò l'umanità attorno agli Apostoli che cantavano le sue lodi, e « ciascuno li sentiva parlare la propria lingua.

[ … ] Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia [ … ] Cretesi e Arabi » ( At 2,6.9.11 ).

23. La comunione degli uomini tra di loro e con Dio è essenzialmente opera dello Spirito Santo che ci fa essere ad immagine di Dio.

È lui che offre il dono di credere in Cristo Signore ( cfr 1 Cor 12,3 ).

Mediante il Battesimo, lo Spirito è conferito ai credenti, nei quali abita come in un tempio ( cfr At 2,38; Rm 8,9; 1 Cor 3,16; 1 Cor 6,19 ) e permette loro di diventare « figli adottivi » di Dio e pertanto « eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo » ( Rm 8,17; cfr Gal 4,1-7 ).

Questa adozione non è semplicemente accesso legale all'eredità, ma dono della vita divina nel quale le Tre Persone sono associate: « E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! » ( Gal 4,6 ) e ci configura a Cristo.

« Possiamo adorare il Padre perché egli ci ha fatti rinascere alla sua vita adottandoci come suoi figli nel suo Figlio unigenito: per mezzo del Battesimo, ci incorpora al Corpo del suo Cristo e, per mezzo dell'Unzione dello Spirito che scende dal Capo nelle membra, fa di noi dei "cristi" ( unti ) ».46

24. Nel giorno dell'Ascensione, Cristo affidò ai discepoli la missione: « Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato » ( Mt 28,19-20 ).

In altre parole, la Chiesa è inviata sulle strade del mondo ad « annunciare e instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di Dio, e di questo regno costituisce in terra il germe e l'inizio ».47

« Così la Chiesa universale si presenta come "un popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" »,48 sotto un solo Capo, che è Cristo, mediante il quale e per il quale Dio ha compiuto la riconciliazione, « rappacificando con il sangue della sua croce » tutte le cose ( Col 1,20; cfr Ef 1,10 ).

In relazione al dono dello Spirito Santo, la Chiesa non cessa di proclamare nel Credo la propria fede nella remissione dei peccati, remissione che è un potere conferito dal Signore ai suoi ministri.49

Mediante « la comunione con Lui, lo Spirito Santo rende spirituali, [ … ] riconduce al Regno dei Cieli e all'adozione filiale, dona la fiducia di chiamare Dio Padre e di partecipare alla grazia di Cristo, di essere chiamati figli della luce e di aver parte alla gloria eterna ».50

L'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi è stata l'occasione per un esame di coscienza destinato anzitutto a preparare la Chiesa in Libano a ricevere una più grande effusione dello Spirito.

Solo lo Spirito può condurre alla metanoia, alla conversione che porterà questa Chiesa a percepire meglio la sua vocazione e a riprendere la propria strada con rinnovata vitalità, in uno spirito di riconciliazione tra cristiani e tra questi e i loro compatrioti.51

25. Su alcuni punti importanti, relativi alla fede nel mistero della Chiesa, con le Chiese ortodosse abbiamo delle posizioni comuni.

Le teologie e le spiritualità delle Chiese d'Oriente si sono sviluppate, nel corso dei secoli, essenzialmente attorno al tema della divinizzazione dell'uomo, che è già cominciata quaggiù.

Questo soffio è il medesimo che ha animato l'Assemblea speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi: « Noi ci impegniamo a rispondere fedelmente all'opera di deificazione che Dio opera in noi, e al diffondersi del Regno di Dio sulla terra ».52

Le Chiese patriarcali cattoliche in Libano sono pertanto ben radicate nella Tradizione.53

26. La meditazione sulla Chiesa, mistero di comunione, è dunque inseparabile da quella sul mistero della Trinità, nel quale essa ha la sua origine ed insieme la meta verso cui è incamminata.

Mediante la comunione dello Spirito Santo ( cfr 2 Cor 13,13 ), la Chiesa partecipa alla vita intima di Dio, la cui essenza è ineffabile comunicazione d'amore tra le Tre Persone.

Essa è inoltre chiamata a comunicare questa vita divina al mondo e a prolungarvi la missione del Figlio e dello Spirito.

In lei si compie l'opera della Trinità.

Nello Spirito Santo, essa è pertanto inseparabilmente comunione, comunicazione e missione: si tratta di caratteri che si sviluppano in costante concatenamento.

È questo che fonda gli aspetti pastorali della missione della Chiesa, e più precisamente della presente Esortazione post-sinodale, poiché è l'unità trinitaria che apre all'azione ecclesiale nel mondo.

In effetti, il Dio di Gesù Cristo non è rinchiuso in una eterna solitudine ma è relazione nell'unità dell'essenza tra le Tre Persone divine e, per grazia, dono di sé al mondo.

Quanto conosciamo del mistero di Gesù Cristo ci insegna che la vita interna di Dio è dono totale e reciproco della natura divina tra il Padre, il Figlio e lo Spirito: il Padre, fonte eterna della divinità che riversa se stesso senza limiti sul Figlio da lui generato, il Figlio che si offre eternamente al Padre in cantico di azione di grazie, nello Spirito Santo, ipostasi sussistente di tale scambio d'amore, perfetto ed eterno.

Alla luce del mistero della vita intima di Dio Trinità, noi comprendiamo meglio il mistero della Chiesa, mistero attuato con l'invio del Figlio all'umanità e reso perfetto col dono dello Spirito, grazie al quale la Chiesa cammina sulla terra in attesa della glorificazione del Padre nel compimento del Regno nei cieli.

II. Cristo è la speranza dei cristiani

Cristo, Buon Pastore del suo Popolo

27. È in Cristo, Verbo di Dio incarnato, morto e risuscitato, misteriosamente presente in mezzo a loro e con loro sulle strade del mondo, che fondamentalmente si radica la speranza dei fedeli di tutta la Chiesa.

Su queste strade, è il loro Buon Pastore, la loro vera Luce e la potenza di Dio in mezzo ad essi.

La figura del Buon Pastore, che si ritrova nelle più antiche tradizioni, è stata anche uno dei temi tra i più costanti del Cristianesimo.

Il Signore stesso si è così descritto ( cfr Gv 10,11 ).

I cristiani riconoscono in essa una immagine notevolmente espressiva della persona di Gesù Cristo.

Egli è Colui che li ha amati fino all'estremo dell'amore ( cfr Gv 13,1 ).

« Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici » ( Gv 15,13 ).

Egli ha donato la sua vita per amore, liberamente e volontariamente ( cfr Gv 10,18 ).

Gesù è interamente penetrato dal suo amore infinito di Figlio verso il Padre.

Non è per fare la propria volontà che è disceso dal cielo, ma per compiere la volontà di Colui che l'ha inviato ( cfr Gv 6,38 ).

Gesù stesso ha detto: « Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna » ( Gv 3,16 ) e: « Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno » ( Gv 6,40 ).

Meditiamo instancabilmente l'inno antico che ci riporta san Paolo: « Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce » ( Fil 2,6-8 ).

La Lettera agli Ebrei mostra in termini vigorosi il senso del sacrificio del Signore: « Ed è appunto per quella volontà [ del Padre ] che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre » ( Eb 10,10 ).

28. La speranza cristiana si fonda sulla fede in Gesù Cristo e sul dono del suo amore.

Per « la fede ( che ) è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono » ( Eb 11,1 ), noi tendiamo verso il compimento delle promesse del Signore.

Questa speranza « risponde all'aspirazione alla felicità, che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo; essa assume le attese che ispirano le attività degli uomini; le purifica per ordinarle al Regno dei cieli; salvaguarda dallo scoraggiamento; sostiene in tutti i momenti di abbandono; dilata il cuore nell'attesa della beatitudine eterna.

Lo slancio della speranza preserva dall'egoismo e conduce alla gioia della carità ».54

Ed è l'amore che dona tutto il suo dinamismo alla speranza.

Non si tratta tanto di ricercare una felicità individuale, quanto di ricercare la felicità di coloro che si amano, di tutta la comunità umana nella quale si vive.

L'amore, in effetti, è all'origine dell'Incarnazione del Verbo di Dio, della venuta dello Spirito Santo e della fondazione della Chiesa, comunione degli uomini con Dio e tra di loro.

Noi riponiamo la nostra speranza nella persona stessa di Gesù, Emanuele, Dio-con-noi.

Il desiderio di essere uniti al Signore e di essere in comunione con i propri fratelli è l'espressione più alta della speranza e dell'amore cristiani.

Siamo generalmente lontani dal vivere pienamente questo desiderio, la cui sorgente è in Colui che ci ha salvati con il suo sangue e rivivificati con la sua Risurrezione.

Egli è, in effetti, il capo del corpo del quale noi diveniamo le membra mediante il Battesimo e al quale noi ci conformiamo sempre maggiormente attraverso l'Eucaristia; Egli è la vite della quale noi siamo i tralci e la sua vita divina scorre in noi.

È lo Spirito che ha ispirato alla Chiesa di lasciarsi conquistare da questa « speranza [ che ci ] spinge costantemente alla rinascita [ … ] al fine di configurarci a Cristo ».55

Nella speranza del compimento finale del disegno di Dio, lo Spirito e la Chiesa dicono: « « Vieni! ». Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l'acqua della vita.

[ … ] Amen. Vieni, Signore Gesù » ( Ap 22,17.20 ).

Il Verbo Incarnato è Buon Pastore del suo popolo per sempre.

È venuto a ritrovare la pecora smarrita ed a ricondurla presso il Padre ( cfr Lc 15,4-7 ).

Dall'alto del cielo, dove è andato a prepararci un posto ( cfr Gv 14,2 ), intercede per noi presso il Padre ( cfr Rm 8,34; 1 Gv 2,1; Eb 2,17 ).

Ha affidato a Pietro ( cfr Gv 21,15-17 ), agli altri Apostoli e, dopo di essi, ai loro successori di vegliare fedelmente sul suo gregge nell'attesa del suo ritorno alla fine dei tempi.

Egli ha inviato lo Spirito Santo alla sua Chiesa e, sottraendosi ai loro occhi ( cfr At 1,9 ) il giorno dell'Ascensione, ha assicurato la sua presenza: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » ( Mt 28,20 ).

Cristo, luce vera del mondo

29. Le molteplici difficoltà che i fedeli del Libano hanno dovuto affrontare lungo i secoli e che continuano a conoscere sotto diverse forme — dovute alla loro debolezza o alle circostanze esteriori — costituiscono sovente un ostacolo serio alla loro speranza.56

Auguro che tutti possano ascoltare l'appello dei Padri sinodali, a conclusione del loro Messaggio.

Loro punto di partenza era la meditazione di una grande pagina dei Vangeli del Signore risuscitato ( cfr Lc 24,13-35 ): « Noi siamo questi discepoli di Emmaus [ … ].

Anche noi abbiamo dubitato della presenza tra noi di Cristo Risorto.

Egli però si è unito a noi lungo il cammino [ … ].

Anche noi lo abbiamo pregato: "Resta con noi perché si fa sera".

Poi lo abbiamo riconosciuto nello spezzare il pane, poiché Egli è colui che spezza il pane e lo fa condividere.

Ritorneremo quindi tra di voi per dire: Fratelli e sorelle non abbiate paura, Cristo è risorto; l'abbiamo ritrovato; non lo lasceremo più ».57

Sì, è Gesù che apre gli occhi degli uomini, perché essi riconoscano la sua presenza.

Nella sua luce, i discepoli comprendono che Egli domanda loro di vivere una speranza esigente: « Sperare è impegnarsi » alla condivisione e alla comunione, così come lo domanda l'Assemblea speciale.58

30. Cristo è luce vera che, attraverso la sua Persona, la sua opera e il suo insegnamento, ravviva in noi la speranza in tutte le sue dimensioni.

Nella sua Persona noi scopriamo il senso del nostro essere e della nostra missione.

Perché Egli è « un solo e medesimo Figlio, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, consustanziale al Padre per la divinità e consustanziale a noi per l'umanità »,59 apprendiamo che la sete d'assoluto, che caratterizza la nostra natura umana, non è vana.

Con Lui ed in Lui, il Regno dei cieli, nome biblico dell'intimo incontro dell'umanità con il suo Signore e della sua unione a Lui, è già in mezzo a noi ( cfr Mt 12,28 ).

Nella storia, attraverso i piccoli e grandi avvenimenti, comincia già l'incontro con Dio e sono vissuti impegni costruttivi, che hanno un vero valore d'eternità.

Il Concilio Vaticano II ha insegnato che « la speranza escatologica non diminuisce l'importanza degli impegni terreni, ma anzi dà nuovi motivi a sostegno della attuazione di essi ».60

31. Il Regno di Dio, preparato nell'Antico Testamento, inaugurato nel Nuovo, raggiungerà la sua pienezza alla fine dei secoli.

Fin da ora « con la sua risurrezione costituito Signore, egli, il Cristo, al quale è stato dato ogni potere, in cielo e in terra, agisce nel cuore degli uomini in virtù del suo Spirito ».61

Certo, alla fine dei tempi, quando Cristo avrà ricapitolato tutte le cose in se stesso ( cfr Ef 1,10 ), affinché « Dio sia tutto in tutti » ( 1 Cor 15,28 ), la realizzazione definitiva del disegno divino ci sorprenderà.

Tuttavia, come nell'uomo Gesù la divinità non ha dissolto l'umanità, ma l'ha elevata alla sua più alta perfezione, nello stesso modo, la nostra incorporazione a Cristo e la ricapitolazione dei tempi e della storia in Lui non aboliranno il valore di questo mondo, ma lo perfezioneranno: « Infatti, i valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati [ … ].

Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione ».62

Nel « nuovo cielo » e nella « nuova terra », che allora prenderanno il posto degli attuali, riconosceremo con gioia le tracce di ciò che c'era di più bello in questo mondo e di ciò che di migliore vi abbiamo compiuto.

32. L'appello del Sinodo, « Sperare è impegnarsi », significa che i cristiani hanno una responsabilità effettiva per affrettare la realizzazione dei disegni di Dio; possono e devono contare sulla presenza attuale del Risorto in mezzo ad essi e sull'azione silenziosa dello Spirito nel mondo, ma, guidati e sostenuti dalla Parola di Dio e dalla grazia, devono essi stessi agire.

Dio persegue l'economia della salvezza con la collaborazione, liberamente offerta, dei giusti.

È il « sì » di Maria che ci ha procurato l'Incarnazione del Figlio ed è grazie alla risposta volontaria degli Apostoli all'appello del Signore che la sua Parola divina ci è pervenuta.

Chi annuncia il Vangelo è « cooperatore di Dio » ( 1 Cor 3,9 ).

Attraverso la mediazione della Chiesa e aiutati dalla testimonianza dei nostri fratelli, noi continuiamo, secondo la volontà espressa di Gesù ( cfr Mt 28,18-20; Gv 20,21-23 ), a ricevere la vita divina, ad essere uniti al Corpo di Cristo e ad essere riconciliati con Dio.

Oggi ancora, è volontà di Cristo che i cristiani del Libano facciano conoscere ed amare il suo Nome.

In questa prospettiva, i Padri del Sinodo non hanno trascurato alcun aspetto della vita personale e pubblica, religiosa e politica, dei loro fedeli: « Nelle nostre preghiere e nelle nostre riflessioni, nessuna questione essenziale è stata esclusa, nessuna categoria di persone è stata dimenticata, nessuna difficoltà è stata attenuata ».63

Essi sintetizzano così gli sforzi dispiegati con tutti i loro fedeli, clero e laici, durante il cammino sinodale per discernere i « segni dei tempi » inscritti nella vita delle persone e delle Chiese locali, alla luce della vita e dell'insegnamento del loro Maestro e Signore, nostro riferimento ultimo: « Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio » ( Gv 6,68-69 ).

Nella chiarezza del Vangelo, proclamavano che la speranza doveva stimolare i fedeli nei loro impegni, senza esitazione, in spirito e verità, in comunione con Dio e con i membri della Chiesa, per rendere ogni giorno la vita sociale e nazionale più fraterna e più giusta.

33. La speranza dei cristiani del Libano è dunque essenzialmente di rispondere alle esigenze di Cristo, là dove sono posti, così come scrive la Lettera a Diogneto: « Essi sono nella carne, ma non vivono secondo la carne.

Trascorrono la loro vita sulla terra, ma sono cittadini del cielo »64 e si sentono impegnati a rendere percepibile l'amore del Signore.

Ricorderò qui le sagge parole del Consiglio dei Patriarchi cattolici d'Oriente, indirizzate ai fedeli del Libano: « Le situazioni difficili con le quali ci dobbiamo confrontare non ci devono portare a fuggire, a porci lontano dal nostro universo, o a disgregarci in esso.

Devono ricondurci piuttosto alle radici della nostra fede per trovare in esse la forza, la costanza, la fiducia e la speranza ».65

In questa perturbata regione del mondo, i cristiani devono prendere coscienza della gravità della loro missione: « La nostra presenza cristiana — hanno detto ancora i Patriarchi — non vuole essere una presenza per noi stessi.

Perché Cristo non ha fondato la sua Chiesa perché sia al servizio di se stessa, ma perché sia una Chiesa confessante e portatrice di una missione, la missione stessa del suo Fondatore e Maestro.

L'insuccesso della testimonianza e della missione nella nostra vita cristiana e nel nostro cammino ecclesiale si tradurrebbe nella smentita di noi stessi e della missione per la quale il nostro Salvatore ci ha chiamati ».66

I cristiani sono chiamati senza sosta a superare le loro inquietudini per la propria sorte, per provare il vero timore dei saggi di Dio ( cfr Pr 1,7; Sal 111,10; At 10,34-35 ), quello di non esserGli fedeli e di venir meno alla sua giustizia: « Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima » ( Mt 10,28 ).

Avere fiducia in Dio significa innanzi tutto essenzialmente consacrarsi senza indugio al servizio del Regno di Cristo: « Per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete [ … ].

Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta » ( Mt 6,25.33 ).

34. Ogni persona umana, lungo la sua strada, incontra la sofferenza.

Il discepolo non è più grande del Maestro; come Lui, deve accettare la Croce.

Il cristiano non ricerca la sofferenza, deve lottare contro di essa, per se stesso e per gli altri,67 perché sa che è un male, una conseguenza del peccato degli uomini fin dalle origini ( cfr Gen 3,16-19 ).

Ma quando essa è ineluttabile, la sopporta nella fede, in risposta alla richiesta del Signore: « Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua » ( Mt 16,24 ).

Questa croce comprende inevitabili dolori nella vita degli uomini, ma comprende anche per il credente la sofferenza d'essere lui stesso un ostacolo all'amore di Cristo, un riflesso sfigurato del suo volto.

Per la grazia di Colui che ha vinto la morte ed il peccato, un'altra logica deve ormai guidare il cristiano: « Se uno è in Cristo, è una creatura nuova » ( 2 Cor 5,17 ), che obbedisce alla « Legge di Cristo » ( Gal 6,2 ), quella delle Beatitudini e della carità che non conosce limiti.

Questa « Legge di Cristo » è frutto dello Spirito Santo, è « carità, gioia, pace, longanimità, benevolenza, bontà, fiducia negli altri, dolcezza, dominio di sé » ( Gal 5,22-23 ).

Essa è l'opposto della legge del mondo, sottomesso alla forza del peccato che produce « fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere » ( Gal 5,19-21 ).

Come ricorda san Paolo, ogni persona fa l'esperienza nella sua carne e nel suo spirito di questa tensione caratteristica della condizione delle creature peccatrici: « Acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra » ( Rm 7,22-23 ).

E le conseguenze dell'influenza del peccato possono compromettere gravemente la pace sociale ed alimentare scontri che distruggono.

In ogni croce che egli accetta di portare per amore di Cristo, il credente sa di partecipare con Lui alla salvezza del mondo: « Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa » ( Col 1,24 ).

Sa inoltre che l'ultima parola di questo confronto con il male, quando esso è condotto in Cristo, è il trionfo della risurrezione: « Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione » ( Rm 6,5; cfr Fil 3,10-11 ).

Alla luce della Persona, della vita e dell'insegnamento del Salvatore, la Chiesa cattolica in Libano è chiamata a rinnovarsi, con il dinamismo della speranza e la generosità dell'amore, se necessario anche a prezzo di reali sacrifici,68 in assoluta fedeltà al Signore, alla missione che Egli le ha affidata e allo Spirito nel quale vuole che essa si compia.

Cristo, Potenza di Dio

35. Il dramma vissuto durante questi ultimi anni dalla Chiesa cattolica in Libano è stato per essa una dolorosa occasione per sperimentare la necessità della conversione al fine di vivere il Vangelo, per rimanere nell'unità, per dialogare sinceramente con le altre Chiese e Comunità cristiane tendendo verso la piena unità, per così costruire, con gli altri cittadini, una società capace di aperto dialogo, di convivialità e di attenzione verso gli altri, soprattutto verso i fratelli più bisognosi.

È evidente che tale rinnovamento supera assolutamente le forze umane.

Questo, i cristiani lo sanno e ci tengono a proclamarlo, affinché Dio ne sia glorificato.

Essi tuttavia sanno porre la loro fiducia in Dio « ricco di grazia e di fedeltà » ( Es 34,6 ), e del quale « i doni e la chiamata sono irrevocabili » ( Rm 11,29 ), lui che conosce la profondità della nostra debolezza.

Ripongono la loro fiducia in Gesù Cristo, giacché « tutte le promesse di Dio hanno il loro sì in lui » ( 2 Cor 1,20 ), e « se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso » ( 2 Tm 2,13 ).

Pongono la loro fiducia nello Spirito Santo che ricorda loro tutto quello che Gesù ha insegnato ( cfr Gv 14,26 ), che dà loro di rigenerarsi ( cfr Rm 7,6 ), di formare un solo corpo ( cfr 1 Cor 12,13 ) e di crescere nella comunione e nell'unica speranza ( cfr Ef 4,3-4 ).

La Chiesa in Libano deve poggiarsi su Cristo, cuore della sua speranza, Lui, il Verbo incarnato che ha vinto il peccato e la morte.

È vero che il male e la morte non sono eliminati e che tutti risentono le conseguenze del peccato, sia a livello individuale che nelle relazioni interpersonali ed intercomunitarie.

Ma per mezzo di Cristo gli uomini possono essere in comunione di vita con Dio, e gli uni con gli altri.

Per vincere la paura, per convertirsi all'umiltà, per essere capaci di disinteresse, per superare l'egoismo, per comprendere che « vi è più gioia nel dare che nel ricevere » ( At 20,35 ), e che è più fecondo occuparsi degli altri che chiudersi in se stessi, nessuno può contare sulle sole sue forze.

Cristo d'altronde ci ha avvertiti: « Senza di me non potete fare nulla » ( Gv 15,5 ).

Egli ha anche confortato san Paolo: « Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza » ( 2 Cor 12,9 ); ed ha dichiarato ai discepoli: « Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo! » ( Gv 16,33 ).

36. È per questo, cari figli e figlie della Chiesa cattolica libanese, che l'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi vi esorta a lasciarvi afferrare da Cristo, per progredire nella comunione che Lui solo può rendere perfetta.

Potrete allora proseguire con coraggio un dialogo sincero e costruttivo con i vostri concittadini.

Tale dialogo suppone tutta un'ascesi dell'ascolto e della parola: volere e sapere comprendere il senso profondo del discorso e del comportamento dell'interlocutore, afferrare la sorgente della sua esperienza e le prospettive umane nelle quali si trova, esprimersi in modo che la parola possa essere compresa realmente dall'altro e comportarsi secondo il Vangelo così che la testimonianza della vita renda credibile la parola.

Così sarete fedeli alla missione evangelizzatrice affidata dal Signore alla sua Chiesa: « Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni [ … ] insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato » ( Mt 28,19-20 ).

Dal punto di vista della fede e della carità, andare verso l'altro non può limitarsi a comunicargli ciò che noi abbiamo compreso del Signore, ma consiste anche nel ricevere da lui il bene e il vero che gli è stato dato di scoprire.

Progrediamo così in una conoscenza sempre più grande dell'unico vero Dio e di Colui che Egli ha inviato, il Figlio Gesù Cristo ( cfr Gv 17,3 ).

Perché se « la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo » ( Gv 1,17 ), lo Spirito di Dio che soffia nella Chiesa, soffia anche in tutta la comunità umana.

Come insegna il Concilio Vaticano II, « dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale ».69

Nel cuore di tutti gli uomini di buona volontà lavora invisibilmente la grazia.70

Tutto questo la Chiesa lo ha appreso da Cristo, Buon Pastore; da Lui essa riceve la forza di viverlo, affinché gli uomini credano in Lui ed entrino nella nuova vita.

Come Giovanni Battista, essa vive per « rendere testimonianza alla luce » ( Gv 1,7 ), perché lo Spirito le ha rivelato che il Verbo è « la luce vera, quella che illumina ogni uomo » ( Gv 1,9 ), e che Egli è l'unica « Potenza di Dio e Sapienza di Dio » ( 1 Cor 1,24 ).

In lui e per lui l'uomo conosce se stesso, scopre il senso della vita e acquisisce la capacità di impegnarsi nella vera vita e di trascinarvi anche gli altri.

Indice

24 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 8
25 Lumen gentium, 9
26 Lumen gentium, 1
27 Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione Communionis notio ( 28 maggio 1992 ), 3: AAS 85 (1993), 839
28 Cfr ibid., nn. 3-4, l.c., 839-840
29 Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Lineamenta, 16
30 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 789
31 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 791 che cita Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 7
32 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 814
33 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm.sulla Chiesa Lumen gentium, 13
34 Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, 11;
cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 177 § 1
35 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 23
36 Lumen gentium, 25-27
37 Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Orientalium ecclesiarum, 7;
cfr Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 23
38 Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Orientalium ecclesiarum, 9
39 Orientalium ecclesiarum, 7
40 Orientalium ecclesiarum, 9
41 Giovanni Paolo II, Discorso ai Padri sinodali sul nuovo Codice dei Canoni delle Chiese Orientali ( 25 ottobre 1990 ), 4: AAS 83 ( 1991 ), 488
42 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 23
43 Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Relatio ante disceptationem ( 27 novembre 1995 ), 22: L'Osservatore Romano, 27-28 novembre 1995, p. 11
44 Propositio 22
45 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 7
46 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2782 che cita s. Cirillo di Gerusalemme, Catecheses mystagogicae, 3, 1: PG 33, 1088A: « In realtà, Dio che ci ha predestinati all'adozione di figli, ci ha resi conformi al Corpo glorioso di Cristo.
Ormai divenuti partecipi di Cristo, siete naturalmente chiamati "cristi" ».
Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Messaggio ( 12 dicembre 1995 ), 7: L'Osservatore Romano, 15 dicembre 1995, p. 8.
« Su questa risurrezione si fondano la nostra fede e la nostra speranza: esso ci spinge costantemente verso la rinascita, tema principale del nostro Sinodo, al fine di configurarci a Cristo »
47 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 5
48 Lumen gentium, 4 che cita s. Cipriano, De oratione Dominica, 29: PL 4, 553
49 Cfr S. Giovanni Crisostomo, De sacerdotio, 3, 5: PG 48, 643;
Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 976- 987
50 S. Basilio di Cesarea, Liber de Spiritu Sancto, 15, 36; PG 32, 132
51 Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Instrumentum laboris, 32-34
52 Propositio 2;
cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Orientale lumen, 6 ( 2 maggio 1995 )
53 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Orientale lumen, 6 ( 2 maggio 1995 )
54 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1818
55 Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Messaggio ( 12 dicembre 1995 ), 7: L'Osservatore Romano, 15 dicembre 1995, p. 8
56 Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Instrumentum laboris, 19-21
57 Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Messaggio ( 12 dicembre 1995 ), 63: L'Osservatore Romano, 15 dicembre 1995, p. 9
58 Ibid., 3, l.c., p. 8
59 Conc. Ecum. Calcedonese, DS 301. Cfr ibid., 302: « Uno e medesimo Cristo Signore Unigenito; da riconoscersi in due nature ( divina ed umana ), senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguardata la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e postasi »
60 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 21
61 Gaudium et spes, 38
62 Gaudium et spes, 39
63 Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Messaggio ( 12 dicembre 1995 ), 2: L'Osservatore Romano, 15 dicembre 1995, p. 8
64 3 V, 8-9: F.X. Funk, Patres Apostolici, 1901, p. 398
65 Consiglio dei Patriarchi Cattolici d'Oriente, Messaggio Un temps décisif pour les Èglises du Moyen-Orient ( 24 août 1991 ): La Documentation catholique 88 ( 1991 ), p. 938
66 Consiglio dei Patriarchi Cattolici D'Oriente, Lettera pastorale La présence chrétienne en Orient. Témoignage et mission ( Pasqua 1992 ), 18: La Documentation catholique 89 ( 1992 ), p. 599
67 Cfr per es. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'apostolato dei laici Apostolicam actuositatem, 8
68 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 90-93 ( 6 agosto 1993 )
69 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 22
70 Gaudium et spes, 22