Contro la Lettera di Parmeniano

Indice

Libro II

10.20 - Sebbene peccatori i Donatisti hanno il vero battesimo

Parmeniano: " Ma Geremia ha profetizzato … ".

Che cosa? " Che non hanno il vero battesimo quanti abbandonano Dio.

Ecco che dice infatti: Il cielo si è chinato a guardare e ne è rimasto molto spaventato, dice il Signore; poiché questo popolo ha commesso due iniquità: hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si sono scavate cisterne screpolate incapaci di trattenere l'acqua. ( Ger 2,12-13 )

E ancora: È diventata per me come acqua infida che non ispira fiducia. ( Ger 15,18 )

E l'altro testo: Chi è battezzato da un morto, che utilità riceve da questo bagno? ( Sir 34,25 )

E il versetto del Salmo: L'olio del peccatore non profumerà il mio capo.

E ancora: Le mosche che stanno per morire, infettano l'olio profumato. ( Sal 141,5 )

E altrove: Lo Spirito Santo che ammaestra, fuggirà gli ipocriti e si allontanerà dai pensieri insensati ". ( Sap 1,5 )

Se tutti questi testi dobbiamo intenderli nel senso dei Donatisti, la verità non sta né dalla parte nostra e né dalla loro.

Ma se io dimostrerò, che essi hanno un senso diverso, sono solo i Donatisti ad essere sconvolti dalla loro malvagità; e per non cadere nel turbamento, si rifugiano nel senso cattolico; ma proprio dove trovano uno spiraglio per dare una risposta, vengono irretiti nelle maglie del crimine dello scisma.

In effetti, hanno certamente anche essi i peccatori; io non dico: " Lo sono tutti ", ma dico ciò che essi ammettono o che negano con tanta stupidità.

Hanno anche essi uomini che abbandonano Dio, fonte di acqua viva; ( Ger 2,13 ) uomini cioè, che vivono nell'iniquità.

Dio non si abbandona coi piedi, ma col cuore.

Hanno menzogneri di cui non ci si può fidare: ( Ger 15,18 ) uomini che professano una cosa e ne fanno un'altra.

Sì, hanno dei morti. ( Sir 34,25 )

Se l'Apostolo non ha concesso i piaceri al sesso più delicato e più debole, avendo detto della vedova: Quella invece che si dà ai piaceri, anche se vive, è morta, ( 1 Tm 5,6 ) cerchino, i Donatisti, se tra di loro non c'è nessun uomo e, cosa ancora più grave, nessun prelato o ministro che vive nei piaceri; dopodiché abbiano il coraggio di dire che essi non hanno morti e che sono migliori della Chiesa al cui angelo, figura dei prelati e del popolo, il Signore dice: " Non vivi, ma sei morto ". ( Ap 3,1-6 )

Eppure, questa Chiesa è nel novero delle sette Chiese e, per di più, riceve i precetti della vita; tuttavia non come una Chiesa divisa dall'organismo del corpo di Cristo, ma come una Chiesa perseverante nell'unità.

Non parlo di quanto hanno detto, nel loro concilio, dei Massimianisti: " Come avvenne degli Egiziani, le spiagge rigurgitano di cadaveri ". ( Es 14,31 )

Di questi morti, ora è dentro Feliciano, il quale, benché morto, battezza.

Oppure è tornato in vita? Ma in questo caso con lui ci sono quelli che egli ha battezzato da morto nello scisma.

Sì, essi hanno i peccatori! ( Sal 141,5 )

Proviamo a chiederlo a quelli tra loro, che si credono importanti: non negano di essere anch'essi peccatori.

Essi infatti non rifiutano di battersi il petto e né, facendolo, lo fanno con finzione: se così fosse, almeno in questo, commetterebbero senz'altro dei peccati, in quanto ingannerebbero la propria gente ostentando una falsa umiltà.

E neppure si rifiutano di dire, nella preghiera del Signore: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. ( Mt 6,12 )

Certamente non lo dicono dei peccati rimessi nella rigenerazione del battesimo, ma di quelli che ogni giorno la fragilità della vita umana contrae dai flutti amarissimi del mondo, e per la cui cura ci vengono proposti i rimedi delle elemosine, dei digiuni e delle preghiere.

Così, nella preghiera, si dice ciò che si pratica nelle elemosine.

In realtà, anche perdonare un'offesa ricevuta, per essere perdonati da Dio, è una grande opera di misericordia.

Ma se essi nel dire queste parole nella preghiera, sono finti e insinceri, perché credono di non avere niente da farsi perdonare da Dio, proprio questo è un sacrilegio inespiabile, proprio questa è un'empia e insana superbia.

Il che è certamente un immane peccato.

Riguardo alle mosche che stanno per morire ( Qo 10,1 ) che dire, dal momento che noi mostriamo che tra di loro si incontrano non solo quelli che sono in punto di morte, ma quelli già morti in molti modi?

E questo sia che essi lo confessino e sia che glielo dimostriamo?

E perché non pensano a quanti ipocriti, che lo Spirito Santo che ammaestra fugge, e a quanti insensati, ( Sap 1,5 ) che vivono nell'empietà, essi hanno in mezzo a loro, come si è detto sopra!

In effetti, tutti i malvagi che si nascondono in mezzo a loro - e della loro presenza siamo certi, perché quanti sono riusciti a restare nascosti a lungo dietro la loro astutissima ipocrisia, una volta scoperti e persuasi, vengono spesso condannati non solo per i crimini recenti, ma anche per la loro inveterata abitudine alla criminalità - sono certo più ipocriti, in quanto ingannano gli altri fingendosi buoni.

10.21 - Tra i Donatisti ci sono degli ipocriti nascosti

Ora, se questi testi dobbiamo intenderli come fanno i Donatisti, su quale argomento si fondano, essi, per dire che quanti presso di loro si allontanano da Dio con una cattiva condotta, siano nascosti o conosciuti, non diventano cisterne screpolate, incapaci di trattenere l'acqua, ( Ger 2,13 ) se in questo passo dobbiamo vedere il sacramento del battesimo?

Perché credere che i loro mentitori e i loro infedeli non danno o non hanno l'acqua falsa, ( Ger 15,18 ) ma quella vera?

Perché per quelli che sono battezzati dai loro morti questo lavacro è utile? ( Sir 34,25 )

Perché i loro peccatori profumano di olio il capo degli altri? ( Sal 141,5 )

Quali meriti hanno acquisito, presso di loro, le mosche moribonde o addirittura morte, ( Qo 10,1 ) per non infettare l'olio profumato?

Da quale privilegio sono protetti, presso di loro, tutti gli ipocriti, quelli cioè che nascondono il lupo sotto una pelle di giustizia, per non essere fuggiti dallo Spirito Santo che ammaestra? ( Sap 1,5; Mt 7,15 )

E se poi lo Spirito Santo li fugge, come possono darlo ai battezzati?

Qui, infatti, non si può dire, come sono soliti dire con grande incapacità e spudoratezza, che " anche un malvagio può battezzare quando la malizia del battezzatore è nascosta ".

Un ipocrita, infatti, è tanto più ipocrita quanto più si nasconde.

Ora, visto che lo Spirito Santo si allontana dal battezzato, quale speranza avrà costui, se si ammette che è il merito del battezzatore che bisogna considerare in questa grazia di Dio?

A questo punto non sanno proprio che rispondere, in quanto essi negano di avere malvagi notori.

Ma su questo sono chiaramente confutati. Ma che ci importa?

A noi basta che non possano negare il punto essenziale del problema: la presenza, tra di loro, di finti buoni, cioè, di cattivi nascosti.

Del resto, li accusano molti di quelli che, dopo avere trascorsa una vita depravata e scellerata con loro, ed essere rimasti a lungo nascosti dietro la loro ipocrisia, una volta scoperti, sono stati cacciati.

Ora, se i Donatisti non vogliono che noi crediamo che tra di loro ci sono ancora degli ipocriti, come hanno potuto battezzare quelli che sono stati espulsi, dato che si nascondevano dietro la loro ipocrisia e li fuggiva lo Spirito Santo, di cui sta scritto: Lo Spirito Santo che ammaestra fuggirà gli ipocriti? ( Sap 1,5 )

Perché non individuano almeno i viventi, affinché ricevano il battesimo, che certamente non hanno potuto ricevere dagli ipocriti che lo Spirito Santo abbandonava?

Ma se dicono: " Sì, lo Spirito Santo era assente in quelli che fingevano di darlo agli altri per giustificarli, ma era presente nei credenti che stavano per riceverlo, per purificarli con l'ineffabile efficacia della sua potenza.

Lo Spirito, infatti, può fare facilmente queste due cose: fuggire gli uni e confortare gli altri, condannare gli uni e purificare gli altri ".

Ma in questo caso, la questione che essi risolvono per loro, la considerino risolta anche per noi!

10.22 - Anche se il ministro è cattivo, è Cristo che battezza e non …

Il senso di questo passo della santa Scrittura, che i Donatisti, senz'altro non comprendendolo e citandolo a favore del loro partito, rivolgono contro di noi, finendo per restare sconfitti essi stessi, noi invitiamo a coglierlo in quasi tutte le questioni analoghe: tutti i sacramenti, mentre sono nocivi a chi li amministra indegnamente, sono utili a chi li riceve degnamente dalle loro mani.

È così anche della parola di Dio. Perciò è stato detto: Fate ciò che dicono, ma non fate ciò che fanno. ( Mt 23,3 )

In realtà, chi mi impedisce di intendere la frase: scavare cisterne screpolate, incapaci di trattenere le acque, ( Ger 2,13 ) come un abbandonarsi ai piaceri terreni e non essere capaci di conservare lo Spirito Santo, che, nel Vangelo, è significato col vocabolo " acqua "? ( Gv 3,5 )

Interpretazione che nessuno, per quanto poco cristiano, ignora?

Parimenti, per " acqua ingannevole di cui non ci si può fidare ", ( Ger 15,18 ) si può intendere non un falso battesimo, ma un popolo bugiardo ed infedele, non calcolando i cristiani veraci e fedeli, ma solo quelli menzogneri e infedeli.

Vogliono infatti sapere se in qualche caso la Scrittura designa i popoli col nome simbolico di acque?

Leggano l'Apocalisse e non accusino se stessi prima che noi. Così, a Giovanni viene detto: Le acque che hai viste, e presso le quali siede la prostituta, simboleggiano i popoli, le moltitudini, le genti e le lingue. ( Ap 17,15 )

Quanto poi alla frase: A chi è battezzato da un morto, che giova questo lavacro, ( Sir 34,25 ) prescindendo, per ora, da una analisi più accurata delle singole parole, sono sicurissimo che in essa si indicano i battesimi dei pagani, in quanto costoro venerano uomini morti sia alla giustizia che alla vita presente, e battezzano nel loro nome.

In realtà, benché i sacerdoti stessi per la loro empietà siano detti morti, tuttavia il motivo di questa interpretazione non sono essi, ma le loro morte divinità, in rapporto alle quali sta scritto: Il nostro Dio è un Dio vivente. ( Ger 10,10 )

Perciò, anche se tra i cristiani si trovano prelati e ministri morti per colpa della loro iniquità ed empietà, è però vivo Colui di cui il Vangelo dice: Questi è Colui che battezza, ( Gv 1,33 ) poiché, come dice l'Apostolo: Cristo risuscitato dai morti non muore più e la morte non ha più potere su di lui. ( Rm 6,9 )

E che intendere per olio del peccatore? Il Salmo lo spiega molto chiaramente: Il giusto mi correggerà con la misericordia e mi biasimerà; ma l'olio del peccatore non profumerà il mio capo. ( Sal 141,5 )

È quindi evidente che, nell'olio del peccatore sono significate le lusinghe dell'adulatore; lusinghe che il Salmista detesta e rifiuta, preferendo le correzioni e i rimproveri del giusto.

Il giusto, in effetti, agisce non con l'ingannevole dolcezza della adulazione, ma con la sincera severità del rimprovero, e quindi con molta più misericordia.

Donde anche un testo dell'Apocalisse: Io, chi amo, lo rimprovero e castigo; ( Ap 3,19 ) e uno di Salomone: Sono preferibili le ferite di un amico che i baci affettuosi di un nemico. ( Pr 27,6 )

Di citazioni simili ce ne sono molte. Quanto all'olio profumato, cioè al buon odore che emana la buona condotta dei cristiani, lo infettano ( Qo 10,1 ) tutti quelli che, pur essendo intenzionati a vivere male e a tornare alle loro letali iniquità, si precipitano in massa a ricevere il perdono dei peccati, mediante il battesimo, per poi ritornare a peccare.

In verità, sono stati paragonati alle mosche proprio per la loro moltitudine.

Essi infettano l'olio profumato ( Qo 10,1 ) a quelli che non guardano la grazia di Dio in sé, ma guardano la vita delle persone.

E poiché, come non appare il grano in mezzo alla paglia, così non si manifestano gli uomini pii che vivono in mezzo a folle dei cattivi, essi, colpiti dall'apparenza sensibile, o rimandano la salvezza eterna o addirittura vi rinunziano.

Che poi questo buon odore consista nella buona fama dei cristiani che conducono una vita retta, l'Apostolo lo insegna quando dice: Siamo il buon odore di Cristo in ogni luogo. ( 2 Cor 2,14-15 )

Viceversa, infettano certamente l'olio profumato, quelli ai quali viene detto: Per colpa vostra il nome di Dio è bestemmiato tra le genti. ( Rm 2,24 )

In conclusione: questi testi hanno altri e più veri significati.

Se i Donatisti li accettano, si liberano essi stessi dalle difficoltà delle loro questioni; quanto invece al loro significato, se noi non lo confermiamo, crea problemi solo a loro, ma se lo accettiamo li crea ad entrambi.

11.23 - … un angelo o lo Spirito Santo mediante le sue mani

Ma perché continuare a discutere?

A meno che ci spinga questo testo del Vangelo che Parmeniano cita, per dimostrare che gli uomini carnali non possono generare figli spirituali: Ciò che è nato dalla carne è carne, e ciò che è nato dallo spirito è spirito. ( Gv 3,6 )

Come se noi dicessimo che l'uomo genera figli spirituali da sé e non dal Vangelo, nella cui predicazione lo Spirito Santo fa nascere figli spirituali nel battesimo, anche quando fugge un ministro ipocrita, come abbiamo appreso sopra.

Quindi, se l'Apostolo, rivolto ai suoi figli spirituali, avesse detto: Io vi ho generati, senza aggiungere: in Cristo per mezzo del Vangelo, ( 1 Cor 4,15 ) nessun fedele sarebbe disposto ad attribuirgli la sua nascita religiosa.

Del resto, anche Giuda, che pure era un ladro, ha predicato il Vangelo, senza danno per i credenti.

Quanto ai loro ipocriti, che sono i cattivi nascosti - ne ammettono anch'essi la presenza - lo Spirito Santo, benché li fugga, genera tuttavia figli spirituali, mediante il loro ministero.

Lo asseriscono anche i Donatisti.

In effetti, chi spingerà la propria follia fino a considerare carnale l'uomo che genera figli dalla moglie, e spirituale l'adultero?

Parmeniano protesta: " Lungi da me questa idea ".

Ma allora come ha potuto generare figli spirituali un adultero ignoto, sempre che fosse vescovo presso di loro, se gli uomini carnali non ne hanno il potere?

Non sarà, per caso, che in quel momento è stato Cristo o lo Spirito Santo o, forse, un angelo a battezzare mediante le sue mani?

Se fosse vero che l'uomo battezza solo quando chi battezza è notoriamente buono, mentre, quando chi battezza è segretamente malvagio, battezza Dio o un angelo; e se fosse vero che ognuno nasce spiritualmente simile a chi lo battezza, quanti desiderano il battesimo, si augurino di essere battezzati da ministri che non siano dei buoni palesi, ma dei cattivi che si nascondono, di modo che possano meritare di rinascere più santi, se è vero che, in questo caso, è Dio o un angelo che battezza.

Intendono evitare questa assurdità? Allora riconoscano che quando si è battezzati col battesimo di Cristo, chiunque ne sia il ministro, è Cristo che battezza; Cristo di cui soltanto è stato detto: Questi è Colui che battezza nello Spirito Santo. ( Gv 1,33 )

11.24 - Paolo lascia che anche i peccatori predichino Cristo, anche senza retta intenzione

Questo testo del Vangelo, infatti: Come il Padre ha mandato me, così io mando voi.

Detto questo alitò su di loro e disse: ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi li riterrete saranno ritenuti, ( Gv 20,21-23 ) sarebbe contro di noi, e noi saremmo costretti a riconoscere che il perdono viene dagli uomini e non mediante gli uomini, se il Signore, dopo aver detto: anch'io mando voi, avesse subito aggiunto: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi li riterrete saranno ritenuti.

Ma poiché egli ha inserito questo inciso: detto questo alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo, che una volta infuso opera, per mezzo loro, o la remissione o la non remissione dei peccati, si mostra chiaramente che non sono i discepoli a fare questo, ma è sicuramente lo Spirito Santo mediante essi, come il Signore dice altrove: Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito Santo che è in voi. ( Mt 10,20 )

Ora, lo Spirito Santo è così attivamente presente nel prelato o nel ministro della Chiesa che, se questi non è un ipocrita, lo Spirito opera tramite lui sia la sua ricompensa, cioè la salvezza eterna, e sia la rinascita o edificazione di coloro che, tramite lui, vengono consacrati o evangelizzati.

Se invece è un ipocrita, poiché sta scritto con tutta verità: Lo Spirito Santo che ammaestra fuggirà l'ipocrita, ( Sap 1,5 ) allora egli non è presente per la sua salvezza ma si allontana dai suoi pensieri insensati, senza però abbandonare il ministero, mediante il quale realizza la salvezza degli altri.

Perciò l'Apostolo dice: Se lo faccio di mia iniziativa, merito la ricompensa; ma se non lo faccio, è un incarico che mi è stato affidato, ( 1 Cor 9,17 ) cioè: " esso giova a quelli a cui lo amministro, non a me che sono un ipocrita ".

In effetti, colui che agisce malvolentieri e solo per avere dei vantaggi e delle gioie carnali, gioie che, se potesse avere per altre vie, lascerebbe l'impegno, questi è certamente un ipocrita.

Ecco perché Paolo non dice: " Se lo faccio malvolentieri, non giovo affatto a coloro per cui lo faccio ", ma esclude dalla ricompensa della salvezza solo se stesso, e non quelli ai quali anche un cattivo servo può distribuire il cibo del Signore.

Ora, dato che l'Apostolo non era uno che lo faceva malvolentieri, bensì uno che lo faceva volentieri, cioè che erogava una grazia gratuita con la pietà di un cuore retto, allora lo Spirito Santo realizzò, per suo tramite, anche la sua ricompensa, che il Signore, giusto giudice, gli renderà in quel giorno, ( 2 Tm 4,8 ) come egli stesso dice.

Quanto a quelli che annunciavano il Vangelo senza retta intenzione e che annunciavano non altro che la verità, cioè il Cristo, sia pure non nella sincerità del loro cuore, ma per i propri interessi, Paolo lascia che continuino a predicare.

Anzi, si rallegra, non però di loro, ma di quelli che, tramite loro, diventavano salvi perché seguivano il comando del Signore: Ciò che dicono fatelo, ma ciò che fanno non lo fate.

Dicono, infatti, e non fanno. ( Mt 23,3 )

Infatti l'Apostolo dice ai Filippesi: Alcuni, è vero, predicano Cristo per invidia e spirito di contesa, ma altri anche con buoni sentimenti.

Alcuni lo fanno con amore, sapendo che io sono stato posto per la difesa del Vangelo; altri invece predicano Cristo anche per spirito di rivalità, senza retta intenzione, pensando di aggiungere sofferenza alle mie catene.

Ma che importa? Purché in ogni modo, per ipocrisia o per sincerità, Cristo sia annunciato.

Anche in questo io mi rallegro e mi rallegrerò sempre. ( Fil 1,15-18 )

Li avrebbe forse lasciati predicare Cristo, pur sapendo che predicavano la verità del Vangelo senza sincera rettitudine di cuore?

Si sarebbe forse rallegrato della loro predicazione, se non avesse saputo che annunciare la giusta verità senza retta intenzione era dannoso per essi, ma salutare a quelli che, ascoltando messaggi buoni e veri dalle loro labbra, sarebbero progrediti nella salvezza?

Di fatto, quando non si predica Cristo, la verità, ( Gv 14,6 ) ma si predica la falsità e la menzogna, egli lo vieta apertamente.

Come dice ai Galati: Se qualcuno vi dovesse evangelizzare cose diverse da quelle che avete ricevute, sia anatema; ( Gal 1,9 ) e a Timoteo: Come ti ho raccomandato, partendo per la Macedonia, di restare ad Efeso, per intimare ad alcuni di non insegnare dottrine diverse. ( 1 Tm 1,3 )

Viceversa, i predicatori invidiosi, litigiosi, arroganti, insinceri, che cercavano ogni occasione per saziare i loro cattivi desideri, e dei quali lo Spirito Santo fuggiva l'ipocrisia, pur senza separarsi dal ministero, che dava loro il potere di predicare Cristo, Paolo non solo li lascia fare, ma è anche contento che lo facciano.

11.25 - Nessun bisogno di scisma, che è il peccato più grave

Citiamo questi testi della sacra Scrittura perché sia evidente che non è facile trovare un male più grave del sacrilegio dello scisma, non essendoci una giusta necessità per rompere l'unità, visto che i buoni possono sopportare i cattivi senza riceverne mai nessun danno spirituale.

Li citiamo anche perché essi non si separino spiritualmente dai buoni, quando la premura di custodire la pace frena o rinvia la severità della disciplina.

Una disciplina, tuttavia, che è richiesta dalla sicurezza, quando risulta evidente che il tribunale ecclesiastico può punire con una salutare correzione, senza causare la ferita dello scisma.

In realtà, noi diciamo di più: Il nome del Signore appartiene a quanti lo temono, ( Sal 61,6 ) seppure mescolati alla folla di quanti non lo temono; ma citiamo anche quanto dice l'Apostolo: Il Signore conosce i suoi; e si allontani dall'iniquità colui che invoca il nome del Signore. ( 2 Tm 2,19 )

Se infatti un uomo è necessariamente costretto a restare tra gli ingiusti, per il bene della pace, cioè per evitare che nel raccogliere la zizzania prima del tempo, si sradichi anche il grano, si tenga almeno lontano dall'ingiustizia e invochi con serenità il nome del Signore.

Contemporaneamente, infatti, egli, da una parte si allontana dagli iniqui e dall'altra, esce di mezzo a loro, e dall'altra, se ne separa, per ora, col cuore, per meritare di separarsene, alla fine, anche col corpo.

12.26 - La lode di Dio è bella alle orecchie degli ascoltatori e nel cuore dei credenti

Esaminiamo un altro testo: Non è bella la lode sulla bocca del peccatore. ( Sir 15,9 )

Sulla bocca dei fedeli è senz'altro bella.

Ora, ciascuno ha una sua propria bocca, così come ciascuno ha un suo proprio fardello; ma nessuno viene ferito dalla bocca degli altri, senza il consenso del suo cuore.

Ma quando la predicazione di Dio esce dalla bocca del peccatore, bisogna vedere che tipo di peccatore la Scrittura vuole significare in questo passo.

Anche il Pubblicano, che fu giustificato a preferenza del Fariseo, ( Lc 18,14 ) era senza dubbio un peccatore.

Se infatti i suoi non erano dei veri peccati, la sua confessione dei peccati era falsa; se invece la confessione per la quale meritò d'essere giustificato era sincera, senza dubbio erano veri anche i peccati.

Lo stesso potrei dire, con tutta verità, anche della preghiera del santo Daniele, che certamente era sincero nel dire: Quando io pregavo e confessavo i miei peccati e quelli del mio popolo. ( Dn 9,20 )

Dunque, chi è questo peccatore sulla cui bocca la lode non è bella, se non colui che è falso ed ipocrita e dal quale fugge lo Spirito Santo che ammaestra? ( Sap 1,5 )

Tuttavia, quando egli dice la verità, essa non è bella sulla sua bocca, perché non l'attribuisce a Colui al quale egli non appartiene; e come non era bella la profezia sulla bocca di Caifa, pontefice dei sacerdoti, il quale non sapeva ciò che diceva, ma che, essendo pontefice, profetizzò. ( Gv 11,51 )

Ciò nonostante, per se stessa la lode di Dio è bella alle orecchie di quanti l'ascoltano e al cuore di quanti credono. ( Rm 10,10 )

13.27 - Gli scismatici non perdono il battesimo ricevuto nella Chiesa …

Al contrario, appigliandosi a una frase dell'Apostolo, male interpretata, Parmeniano osa quasi offendere coloro ai quali non riconosce il battesimo e, di conseguenza, non possono darlo: Che hai tu che non hai ricevuto? ( 1 Cor 4,7 )

Ora, a prescindere dai motivi e dagli scopi di questa affermazione dell'Apostolo, che vengono chiariti nel contesto della lettera, se egli vuole intendere che il battesimo non può darlo chi non lo ha, e che non lo ha colui che non lo ha ricevuto, e suffragare la sua opinione con questa frase della Scrittura: Che cosa tu hai che non hai ricevuto? io gli chiedo: " Ha il battesimo chi lo ha ricevuto presso di loro? ".

Se rispondono: " Lo ha ", gli chiedo se, allontanandosene, lo perde.

Se rispondono: " Sì, lo perde ", allora, se egli ritorna, bisogna ribattezzarlo per potergli restituire ciò che ha perduto.

Ma se questo non si fa, e nessuno dice che bisogna farlo, significa che non lo aveva perso.

Se invece lo ha ricevuto e non lo ha perso, conserva ciò che ha ricevuto e quindi non gli si può dire, nel senso dei Donatisti: Che cosa hai che non hai ricevuto?

Ripensa ora alla genesi dello scisma. Indipendentemente dal loro giudizio su Ceciliano, per noi innocente, non vi è dubbio che egli era stato battezzato nell'unità: in effetti, lo scisma ancora non era sorto.

Ora, ammesso, come essi sostengono, che Ceciliano si sia separato dall'unità, certamente non perse quanto aveva ricevuto.

Se infatti fosse tornato, non sarebbe stato ribattezzato per ricevere ciò che aveva perduto.

Ora, se non aveva perso ciò che aveva ricevuto, lo possedeva.

Dunque, neppure a lui si sarebbe potuto dire nel senso errato dei Donatisti: Che cosa tu hai che non hai ricevuto?

Molto meno lo si può dire a chi lo ha ricevuto dal Signore, per mezzo di Ceciliano.

Perché un uomo, non unito a voi, non poté ricevere ciò che non possedeva, dalle mani di uno che, allontanandosi da voi, non lo aveva perso?

Con quanta più impudenza, quindi, si dice al mondo: Che cosa tu hai che non hai ricevuto?

Al mondo dal quale è giunto in Africa il collegamento di questo sacramento e al quale il crimine di nessun traditore è riuscito a far perdere la promessa fatta da Dio ad Abramo con chiarissima assicurazione: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni? ( Gen 22,18 )

E questo, anche se i Donatisti fossero stati non empi calunniatori dei fratelli, ma giudici veritieri di crimini.

13.28 - … ma neppure il diritto di darlo

In effetti, ciò che alcuni di loro, confutati dalla verità, si sono messi a dire: " Allontanarsi dalla Chiesa non è perdere il battesimo, ma solo il diritto di darlo ", per molti aspetti sembra inutile e sciocco.

Innanzitutto, in quanto non si adduce nessun motivo che spieghi perché colui che non può perdere il battesimo, possa perdere il diritto di darlo.

Sono tutti e due sacramenti, infatti, e tutti e due sono dati all'uomo con una particolare consacrazione: uno quando egli viene battezzato e l'altro quando viene ordinato.

Ecco il motivo per cui, nella Cattolica, non è permesso ripeterli.

Quando infatti sono venuti da noi alcuni vescovi dal partito di Donato e, per il bene della pace, sono stati accolti dopo essersi emendati dall'errore dello scisma, pur ritenendo necessario conservarli negli uffici che esercitavano prima, non furono ordinati di nuovo, perché, come il battesimo, anche l'Ordine era rimasto integro in loro.

Di fatto, l'errore era nello scisma, che fu corretto con la pace dell'unità, e non nei sacramenti che, ovunque si trovino, sono gli stessi.

E anche quando si ritiene utile, per la Chiesa, che i vescovi donatisti che passano alla società cattolica, non esercitino i loro uffici, essi tuttavia, non vengono privati del sacramento dell'ordine, che conservano.

Per questo non si impongono loro le mani nell'assemblea, per non offendere, non l'uomo, ma il sacramento.

E se qualche volta viene fatto per ignoranza, non si giustifica ostinatamente l'accaduto ma, appena lo si avverte, si corregge con carità e si ottiene facilmente il perdono.

Il nostro Dio, infatti, non è Dio della discordia, ma della pace; ( 1 Cor 14,33 ) e non sono i sacramenti della sua Chiesa i nemici di coloro che si sono allontanati dalla Chiesa, ma essi stessi che si sono allontanati.

Ora, come nel battesimo hanno ciò che possono dare, così nell'Ordinazione ricevono il diritto di darlo; entrambi, ovviamente, per la loro rovina, fino a quando non possiedono la carità dell'unità.

Comunque, altro è non avere il sacramento, altro averlo per la rovina e altro per la salvezza.

A chi non lo ha, bisogna darglielo quando è necessario; se invece lo possiede per la sua rovina, eliminato il male con la conversione, si deve agire perché il battesimo gli sia salutare.

13.29 - Il battesimo è valido anche se battezza un laico cristiano

Anche se è stato un laico, spinto dalla necessità, a dare il battesimo ad un moribondo, perché egli ha imparato a darlo quando lo ha ricevuto, non saprei se sia giusto dire che si deve ripetere.

In realtà, farlo senza un'impellente necessità, è usurpare un compito altrui; farlo per una urgente necessità, o non è peccato o è veniale.

Se poi si usurpa il diritto, senza necessità, e si dà il sacramento a chiunque, non si può negare che è stato dato, quando è stato dato, anche se è giusto dire che è stato dato illecitamente.

Ma questa indebita appropriazione viene corretta dal sentimento di chi ricorda e fa penitenza.

Se invece non la corregge, ciò che è stato dato resterà a condanna dell'usurpatore, sia di colui che lo ha dato illecitamente e sia di colui che lo ha ricevuto illecitamente.

Tuttavia non si considererà come non dato.

Un soldato fedele non oltraggerà mai l'insegna imperiale, rubata da privati cittadini.

Se infatti dei falsari, contravvenendo alla legge, hanno battuto e coniato in segreto, e non nelle pubbliche officine, monete d'oro, di argento o di rame, quando vengono scoperti, non è forse vero che essi vengono puniti o assolti, mentre, verificato il marchio imperiale, le monete si versano nel tesoro dell'Impero?

Ora, se un disertore o uno che non ha mai fatto il soldato imprime il marchio militare su un privato cittadino, non è forse vero che il cittadino segnato, se viene scoperto, è punito come un disertore, e tanto più duramente quanto più riesce a dimostrare di non aver mai prestato servizio militare?

E non viene punito, con lui, se ne rivela il nome, il temerario segnatore?

Se poi questo finto soldato, intimoritosi, si spaventa del marchio militare impresso sul suo corpo, si appella alla clemenza dell'Imperatore e, ottenuto il perdono con la sua supplica, incomincia il servizio militare, bisogna forse ripetere il marchio militare a questo uomo liberato e convertito, o piuttosto, gli viene riconosciuto e convalidato?

O forse aderiscono meno i sacramenti cristiani che di questo marchio corporale, visto che neppure gli apostati sono privi del battesimo e che certamente non si restituisce loro quando essi ritornano con la penitenza, perché si crede che non hanno potuto perderlo?

Oppure non si doveva portare una similitudine presa dal servizio militare, malgrado l'apostolo le prenda perfino dalle gare agonistiche ( 2 Tm 2,5 ) e proclami apertamente: Nessuno che presta servizio a Dio s'immerge nelle faccende del mondo, per piacere a Colui per il quale si è arruolato? ( 2 Tm 2,4 )

13.30 - Un non cristiano può battezzare?

C'è anche un'altra questione: se anche quelli che non sono mai stati cristiani possono dare il battesimo.

Neppure su questa questione bisogna fare affermazioni avventate, senza l'autorità di un concilio che sia importante quanto la questione.

Riguardo a quelli che si sono separati dall'unità della Chiesa cattolica, il problema non si pone più: lo hanno e lo possono dare; fuori dal vincolo della pace lo hanno per la rovina e lo danno per la rovina.

Nell'unità del mondo il problema è stato discusso, meditato, approfondito e risolto.

Ma se il nostro modo di agire è sbagliato, ci spieghino perché il sacramento del battesimo si può perdere e il sacramento dell'ordine non si può perdere.

Dicono infatti: " Chi si allontana dalla Chiesa, certamente non perde il battesimo; ma perde il diritto di darlo ".

Ma se entrambi sono sacramenti, e nessuno ne dubita, perché uno non si perde e l'altro sì?

A nessuno dei due sacramenti va fatto torto.

Se le cose sante fuggono i malvagi, entrambi i sacramenti li fuggono; se le cose sante restano inviolate nei malvagi, entrambi i sacramenti restano inviolati.

Se dicono: " Solo nella vera Chiesa il battesimo si dà legittimamente ", si replichi: " Solo nella vera Chiesa il battesimo si ha legittimamente ".

Perché, dove non è legittimo darlo non si può dare, e dove non è legittimo averlo si può avere?

Forse perché un conto è non averlo e un conto è non averlo legittimamente?

Così come, altro è non dare e altro non dare legittimamente.

Ora, come non lo possiede legittimamente chi si allontana dall'unità, ma lo possiede, e quindi non si restituisce a chi ritorna, così non lo dà legittimamente chi si allontana dall'unità, ma lo dà, e quindi non si ripete a chi, dopo averlo ricevuto, ritorna all'unità.

Essi invece sostengono che un sacramento non dato legittimamente, non è stato dato.

E che? Se un altro sostiene che non si può avere ciò che non si ha legittimamente, non è forse vero che noi due cominciamo a protestare e a dire che chi si è allontanato dall'unità ha certamente, ma non legittimamente, il battesimo?

Se dunque i Donatisti vogliono che costui ascolti la nostra protesta, e ci ascoltino anche loro quando proclamiamo che colui che si allontana dall'unità dà certamente, ma non legittimamente, il battesimo.

Perciò, come a chi ritorna nella Chiesa, non si restituisce ciò che aveva anche fuori, così a chi viene non bisogna ripetere ciò che aveva ricevuto fuori.

Da questo si capisce che nei perversi va corretta la malvagità degli uomini, ma la santità dei sacramenti non va profanata.

È noto che questa santità resta integra e inviolata nei perversi e negli scellerati, in quelli dentro e in quelli fuori.

E quando si dice che i malvagi contaminano i sacramenti, si vuol dire che lo fanno per quanto dipende da loro, poiché in se stessi i sacramenti restano integri: nei buoni, come premio, nei malvagi, come condanna.

Del resto, anche dello Spirito, che pure non può essere assolutamente estinto, è stato detto: Non spegnete lo Spirito; ( 1 Ts 5,19 ) cioè: " Per quanto dipende da voi, non agite in modo da cercare, per così dire, di spegnere lo Spirito o di considerare come spento lo Spirito ".

Ma neanche il nome di Dio si può assolutamente contaminare, eppure è stato detto: Il padre e il figlio andavano dalla stessa ragazza, profanando, così, il nome del Signore loro Dio. ( Am 2,7 )

13.31 - Nella Chiesa può dare la santità un criminale?

Ma i Donatisti non riescono a districarsi neppure quando si chiede loro: perché un uomo che è già stato condannato da Dio per la sua interna malvagità, può avere e dare la santità del sacramento, e perché cominci a non poterla dare più, nel momento in cui viene condannato dagli uomini, anche se neppure in tal caso può perderla?

Perché Feliciano, condannato da trecentodieci vescovi insieme a Massimiano, e rimasto a lungo fuori, nello scisma sacrilego, come essi stessi hanno dichiarato nel loro concilio, non solo non perse il battesimo, ma neppure il diritto di darlo?

Fu infatti riammesso nella sua dignità, così come era uscito, insieme a tutti quelli che aveva battezzato fuori dalla Chiesa, senza che nessuno di essi fosse ribattezzato.

Se infatti avessero deciso che bisognava ribattezzare anche uno solo di quelli che aveva battezzato fuori, avrebbero giudicato che egli, fuori dalla Chiesa, aveva perso il diritto di battezzare e quindi sarebbe stato logico ordinare di nuovo anche lui, se li avessero ribattezzati.

Ma quando sono richiamati alla pace di Cristo, diventano accusatori; quando si preoccupano della pace di Donato, diventano dissimulatori.

Che altro significa se non ciò che di essi disse il loro Ticonio: " È santo ciò che noi vogliamo "?

14.32 - È il Signore che dà la vita, la guarigione ecc

Ma perché Parmeniano, gonfio di vana superbia, dice: " Mai il giudizio della legge divina tollererà che un morto possa dare la vita, un ferito guarire, un cieco ridare la luce, un nudo rivestire, un immondo purificare "?

Certo, è il Signore che risuscita i morti, guarisce i feriti, illumina i ciechi, veste gli ignudi, purifica gli impuri.

Perché Parmeniano si arroga poteri che non sono dell'uomo?

Possibile che presso di loro quelli che non peccano sono tanto vivi da poter dare anche la vita, pur non potendola incrementare?

Ascoltiamo Paolo: Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che fa crescere.

Ora, non chi pianta è qualche cosa e né chi irriga, ma solo Colui che fa crescere, Dio. ( 1 Cor 3,6-7 )

Come può dare la vita ad un morto, chi non può dare la crescita ad un vivo?

Come infatti il Padre risuscita i morti e dà la vita, così il Figlio fa vivere chi vuole. ( Gv 5,21 )

Possibile che presso di loro vi siano persone così sane, da poter anche guarire i malati?

Che altro propongono, i Donatisti, se non di essere benedetti al posto del Signore?

Ma non riescono affatto a ingannare quanti non sperano negli uomini, ma in Dio, e cantano: Benedici il Signore, anima mia, e non dimenticare tutti i suoi benefici; egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità. ( Sal 103,2-3 )

Ora, se le infermità le guarisce tutte il Signore, non ne resta alcuna di cui Parmeniano possa dire: "La guarisco io ".

Possibile che, tra loro, le luci siano così luminose, da poter anche illuminare?

Questo potere l'evangelista Giovanni non lo concede neanche a colui del quale nessuno, tra i nati di donna, è sorto più grande: Giovanni Battista. ( Mt 11,11 )

Di lui dice: Egli non era la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce.

La luce vera era quella che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. ( Gv 1,8-9 )

Ora, se questa luce illumina ogni uomo, non ne resta uno che Parmeniano può dire di illuminare.

Di fatto, anche se alcuni santi, in un certo senso sono detti luce, un conto è essere luci illuminate e un conto luce che illumina: questo potere lo ha solo colui di cui Giovanni Battista dice: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto. ( Gv 1,16 )

Quanto agli ignudi, chi li veste, se non colui che dice: Portategli la veste candida ( Lc 15,22 ) e vestirà di incorruttibilità questo corpo corruttibile e di immortalità questo corpo mortale? ( 1 Cor 15,53 )

Come si può dire che un uomo veste di un vestito divino un altro uomo, se è già una grande cosa se può rivestire se stesso?

Solo allora osi dire che egli può purificare un immondo, se prima ha il coraggio di dire di non essere lui un immondo.

Noi infatti siamo stati purificati dalla grazia di Dio.

Ma non riusciremo a purificare nessuno, neppure quando la nostra purificazione sarà compiuta; quanto meno possiamo farlo ora che il corpo corruttibile appesantisce l'anima! ( Sap 9,15 )

Chi può vantarsi, infatti, di avere un cuore casto o di essere esente dal peccato? ( Pr 20,9 )

Purificare e guarire, nelle realtà spirituali, sono termini equivalenti.

Come è nella speranza che siamo stati salvati, ( Rm 8,24 ) così siamo stati purificati per la speranza nella perfetta salvezza e nella perfetta purezza.

Come dunque possiamo ora guarire e purificare, noi che non potremo farlo neppure allora, quando saremo pienamente salvati e purificati?

" Ma è Dio - dice Parmeniano - che lo fa mediante un uomo ".

Sì, lo fa, ma lo fece anche per mezzo di Giuda, che mandò a predicare il Vangelo con gli altri discepoli; ( Mt 10,1-8 ) lo fece anche per mezzo dei Farisei, in quelli che praticavano il bene che ascoltavano da loro, anche se essi non facessero quanto dicevano. ( Mt 23,3 )

Infine, perché i loro malvagi e i loro scellerati, sia quando si nascondono che quando sono tollerati per il partito di Donato, vivificano, guariscono, illuminano e purificano?

O non sono morti, feriti, ciechi e immondi?

O presso di loro i ciechi che guidano altri ciechi non cadono insieme nella fossa, ( Mt 15,14 ) perché, ascoltando e obbedendo, non seguono essi, ma il Dio che predicano? È proprio così.

Ma i Donatisti predicano Dio solo quando raccolgono con Cristo; quando invece disperdono ciò che non raccolgono con lui, ( Mt 12,30 ) sia perché predicano Donato e non Dio, e sia perché come ciechi che seguono i ciechi precipitano insieme nella fossa.

Ma della questione del battesimo tratteremo più diffusamente, con l'aiuto del Signore, quando risponderemo a tutti i testi della Scrittura che Parmeniano ha creduto di citare contro di noi.

Egli conforma a sé i suoi amici nel disordine e nell'iniquità; ed ha propinato loro un errore così grande che non si limita a parlare, lui, contro la pace e a favore della divisione e dello scisma, ma vuole dimostrare che ne parlano anche i divini Libri.

15.33 - Il battesimo viene dal cielo, ma tramite gli uomini

Ma tra tutto, ciò che mi stupisce è che quest'uomo, per dimostrare che non si può avere il battesimo se non lo si è ricevuto, e che non si può ricevere se non c'è chi lo dà, sia ricorso a questo testo del Vangelo: L'uomo non può ricevere niente, che non gli venga dato dal cielo. ( Gv 3,27 )

Chi non conosce queste parole, sentendo dire: L'uomo non può ricevere niente, che non gli venga dato dal cielo, potrebbe pensare, prima che egli pronunci le parole dal cielo, che stia per dire: " da Donato " o: " da Parmeniano " o: " da un seguace del partito di Donato " o addirittura: " dal partito stesso di Donato ".

Io il Vangelo lo conosco bene e so quanto vi è scritto: L'uomo non può ricevere niente, che non gli venga dato dal cielo.

Ma che Donato è il cielo? Che Parmeniano è il cielo? Che lo è il partito di Donato? Questo poi non sarebbe il cielo neppure se fosse in cielo.

Chi infatti ha detto: L'uomo non può ricevere niente, che non gli venga dato dal cielo, non avrebbe mai detto: " che non gli venga dato dal sole o dalla luna o dalle stelle ", che pure sono nel cielo.

Quanto meno direbbe: " Che non gli venga dato dal partito di Donato ", che non solo non è il cielo e non è in cielo, ma che neppure vuole essere nel regno dei cieli!

E né, senza dubbio, avrebbe detto questo: " L'uomo non può ricevere niente, che non gli venga dato dalla Chiesa ".

La Chiesa stessa riceve dal cielo. Se invece avesse detto: " L'uomo non può ricevere niente, che non gli venga dato da un giusto ", sicuramente i Donatisti dalle molte facce si precipiterebbero a proclamarsi giusti, perché chi vuole ricevere qualcosa, possa prenderla da loro; in questo caso noi non discuteremmo se essi sono o no giusti, ma ci sarebbe facile dimostrare che tra di loro vivono, almeno nascosti, degli ingiusti in base a quelli che si sono rivelati e sono stati messi fuori, e che tuttavia non li condannano né dicono non dato e non ricevuto ciò che sarebbe stato dato e ricevuto da questi tali.

Ma allora sarebbe anche falso dire: " L'uomo non può ricevere niente, a meno che non gli venga dato da un uomo giusto ".

Da chi questo giusto lo ha ricevuto? Anche lui da un uomo giusto? E così via, con la stessa domanda.

Finché non sarò giunto, a partire dal capostipite stesso del genere umano, ad uno che non ha ricevuto niente da un uomo.

Così potrei provare quanto sia falsa la frase: " L'uomo non può ricevere niente, che non gli venga dato da un altro uomo ".

15.34 - Nel ricevere cose sante, non si badi alla santità delle persone

Ma che altro fanno questi ignoranti, citando il Vangelo, se non invitare la gente ad aprire finalmente gli occhi e a vedere che non sono certamente gli uomini che vanno considerati, quando si desiderano ricevere cose sante, ma solo Colui che le dona dal cielo, poiché: L'uomo non può ricevere niente se non gli viene dato dal cielo? ( Gv 3,27 )

Se diranno: " È vero che le riceve dal cielo e non dall'uomo, ma mediante un uomo ", io chiedo: " Quale uomo "? Solo mediante uno giusto?

Dunque non hanno il battesimo quelli che, presso di loro, lo hanno ricevuto mediante criminali occulti.

Mediante uno peccatore? Dunque che ragione c'è di ribattezzare? Mediante un peccatore, ma nascosto?

Dunque, non lo hanno quelli battezzati da chi fu un palese satellite di Gildone, Ottato.

Mediante un peccatore notorio, ma non ancora condannato ed espulso dalla comunione ecclesiale?

Allora non lo hanno quelli che Feliciano di Musti, pur essendo fuori della comunione, ha battezzato nello scisma di Massimiano, e che ora, dopo che sono ritornati con lui, nessuno ribattezza.

Da ultimo: se un uomo non può ricevere niente, neppure dal cielo, se non mediante un altro uomo, io domando: Giovanni Battista, che lo dice, mediante quale uomo aveva ricevuto dal cielo ciò che aveva sicuramente ricevuto? Non si trova.

Ma così la cattiva causa di Parmeniano è sconfitta proprio dai testi che cita.

In effetti, se il Figlio dice che egli ha ricevuto dal Padre e che lo Spirito Santo riceve del suo - non quasi per gradi, ma, come Lui stesso ha spiegato dicendo: Tutto ciò che il Padre ha è mio; perciò ho detto: riceverà del mio ( Gv 16,15 ) - proprio l'esempio di Giovanni testimonia che si può ricevere qualcosa dal cielo anche senza intermediari umani.

Con lui lo attestano tanti santi vissuti prima che il Figlio di Dio diventasse uomo; e lo attestano, dopo la risurrezione e ascensione al cielo, centoventi persone riunite insieme e che lo Spirito Santo disceso dal cielo ha riempito senza che in terra vi sia stata l'imposizione delle mani da parte di un uomo.

E quando già la prassi della Chiesa si era consolidata, il centurione Cornelio, lui e suoi familiari, è stato ripieno dello stesso Spirito Santo prima del battesimo e dell'imposizione delle mani.

Pietro stesso ne restò stupito. Dunque, nessuno riceve se non c'è chi dà.

Ma per quanto riguarda la santità del battesimo, è Dio che la dà e l'uomo la riceve.

E Dio la dà o direttamente o mediante un angelo o mediante un uomo santo o mediante un uomo malvagio, come l'ha data mediante tutti quei malvagi palesi e nascosti, che il padre di famiglia vietò ai servi di raccogliere dalla messe prima del tempo, e che il frumento del Signore non abbandona temerariamente con il corpo, come paglia, pur restandone ora separato con il cuore fino al tempo della vagliatura, ma lo sopporta spiritualmente per amore.

16.35 - Anche chi ha una fede difettosa può ricevere il battesimo

" Chi ha una fede erronea - dice Parmeniano - non può ottenere il sacramento del battesimo, poiché sta scritto: Ciò che è fatto male, non si può abbellire ". ( Qo 1,15 )

E che? Supponiamo che presso di loro è stato battezzato uno che credeva, per esempio, che l'esistenza di Cristo ha avuto inizio quando è nato dalla Vergine Maria secondo la carne; ma che in seguito, colpito dalla parola di verità, è venuto a sapere che Cristo è lo stesso di cui Giovanni dice: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio, e subito dopo: Il Verbo si è fatto carne e ha abitato in mezzo a noi, ( Gv 1, 1.14 ) confessa il suo primo errore e rivela, preoccupato, di essersi trovato in questo errore quando è stato battezzato.

Ebbene, gli imporrebbero di ribattezzarsi? Sicuramente no, ma si congratulerebbero per la sua innata rettitudine, prima distorta da una opinione carnale, e poi corretta dalla conoscenza della verità.

Ma supponiamo che egli credesse di dover giustificare con tenacia la sua deviazione e che, per la sua lunga riluttanza a correggersi, fosse espulso anche dalla Chiesa, ma che poi, conosciuta la verità vi ritornasse, certamente i Donatisti penserebbero che va curato con la penitenza e non ferito con la ripetizione del battesimo, anche se aveva confessato di avere avuto questo errore nel cuore nel momento in cui è stato battezzato presso di loro.

" Una cosa fatta male, quindi, non può essere abbellita ".

Infatti, se egli avesse perseverato nella sua falsa credenza, il sacramento non gli sarebbe valso come ornamento, ma come condanna.

Tuttavia, dato che il sacramento restava integro anche nel perverso, non abbellendolo, ma condannandolo, ecco che non bisognava assolutamente violare la santità del sacramento, anche se bisognava raddrizzare la deviazione di quell'uomo.

17.36 - Per ricevere il battesimo non bisogna cercare i santi

Parmeniano osa anche proporci degli esempi divini, per dimostrare che si deve cercare un santo, dal quale ricevere il sacramento.

Egli dice: " Il Figlio stesso di Dio, il Signore nostro Gesù Cristo, dal quale il battesimo nello Spirito ha avuto origine, dovendo essere battezzato, secondo la volontà del Padre, è andato dai Farisei perfidi e profani o dal santissimo Giovanni? ".

Ma se da questo esempio c'è un invito a ricevere il battesimo, allora dobbiamo cercare qualcuno inferiore a noi da cui farci battezzare, visto che il Signore è stato battezzato da uno che prima gli aveva detto: " Sono io a dover essere battezzato da Te ", e che dichiarava di non essere degno di sciogliergli il legaccio dei sandali. ( Mt 3,11-14 )

Tutt'altro. Tralasciamo pure di fare una ricerca più accurata del perché il nostro Salvatore ha voluto farsi battezzare; certamente lo ha voluto per un motivo ben preciso; forse perché il Signore, pur potendo battezzare se stesso Egli che poteva battezzare il suo battezzatore, ha scelto di farsi battezzare dal servo, Egli per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte ( Gv 1,3 ) da colui che è stato fatto tra tutte le cose.

Così poteva insegnare l'umiltà e dimostrare che non conta da chi si è battezzati, purché lo si faccia col battesimo con il quale bisogna essere battezzati.

Del resto, egli non avrebbe disdegnato farsi battezzare neppure dai Farisei, se avessero avuto lo stesso battesimo con cui egli ha voluto farsi battezzare in vista di un ben determinato sacramento.

Così, quando dovette circoncidersi, ha forse cercato Giovanni, visto che lo facevano i Giudei?

E quando c'era da offrire per Lui il sacrificio previsto dalla Legge, che forse si evitò quel tempio, da Lui chiamato spelonca di ladroni? ( Mt 21,13 )

Era il tempio nel quale entravano buoni e cattivi, ma i cattivi non nuocevano ai buoni, poiché il Signore, che dice: Siate santi perché anch'io sono santo, ( Lv 11,45 ) fa vivere i suoi santi tra i malvagi, incontaminati, se conservano la santità ricevuta.

Così come il Signore Gesù non si macchiò di nessun contagio di malizia, pur stando in mezzo al popolo giudaico, né quando, nato sotto la Legge, ricevette i primi sacramenti secondo la perfetta via dell'umiltà, e né, in seguito, quando, scelti i discepoli, visse con il suo traditore fino al bacio finale.

Ad esempio del Signore, che non soltanto non fa il male, ma che non approva alcuna malizia, il frumento sta sicuro in mezzo alla paglia, perché non fa il male e non approva chi lo fa.

Comunque i buoni devono sopportare i malvagi nella stessa aia, fino alla vagliatura, e nelle stesse reti, fino alla separazione che si farà sulla spiaggia. ( Mt 3,12; Mt 13,37-50 )

Ma i Donatisti sono veramente ciechi e guide di ciechi. ( Mt 15,14 )

Vedono in mezzo a loro numerosi malvagi, ma non vedono la via della pace; ( Rm 3,17 ) e persuadono la gente a seguirli non nel sopportarsi a vicenda nel vincolo dell'unità, ( Ef 4,2-3 ) ma nel dividersi a vicenda con il sacrilegio dello scisma.

18.37 - Battezzare un peccatore non è giustificare il suo peccato

" Ma è stato detto al re Giosafat per mezzo del profeta: O re Giosafat, tu aiuti il peccatore, e ami colui che il Signore odia?

Per questo è venuta su di te l'ira del Signore ". ( 2 Cr 19,2 )

Ma chi di noi dice che bisogna aiutare il peccatore a commettere i peccati che vuole, come Acab, che Giosafat aiutò andando con lui in battaglia, pur avendo egli disprezzato le veraci parole del profeta Michea?

Eppure, neanche in questo caso, la malvagia condotta del re Acab recò danno all'innocenza del re Giosafat, poiché il Signore liberò dai pericoli della guerra Giosafat che gridava verso di Lui, mentre lasciò che il sacrilego dispregiatore cadesse nelle mani dei nemici. ( 1 Re 22 )

E se Giosafat corse qualche pericolo, che gli veniva da parte dell'ira del Signore, come il Profeta gli spiega, non lo aveva meritato per un peccato di altri, ma per uno suo, in quanto, come gli fu detto, aiutava un peccatore.

Ma presso Dio contarono di più tutte le sue altre buone azioni.

Infatti gli viene detto: Tu hai aiutato quel peccatore e sei diventato amico di quelli che odiano il Signore?

Ecco perché la collera del Signore è su di te. Ma le parole di Dio ti sono in tutto benevole, poiché hai tolto i boschi sacri dalla regione e hai disposto il tuo cuore a cercare il Signore. ( 2 Cr 19,2-3 )

Chi invece vive nella Chiesa di Dio, dove ci sono anche quelli che cercano gli interessi propri e non di Gesù Cristo ( Fil 2,21 ) e che annunciano Gesù Cristo per invidia e spirito di contesa, e non con retta intenzione, ( Fil 1, 15.17 ) e dice: O per ipocrisia o per verità, purché Cristo venga annunciato, io me ne rallegro e me ne rallegrerò, ( Fil 1,18 ) costui rimane tra loro immacolato e integro.

Egli non si associa a loro nel cercare i propri interessi, visto che li accusa e li biasima, e né li aiuta a peccare, ma a predicare Cristo più diffusamente, di modo che, quanti ascoltano e praticano ciò che quelli predicano e non praticano, si creda in Cristo, si speri in Cristo, si ami Cristo.

È a questi tali, infatti, che l'Apostolo ha ordinato: Non vi accompagnate con gli infedeli; quale accordo infatti c'è tra la giustizia e l'iniquità?

Quale comunione tra la luce e le tenebre? Quale intesa tra Cristo e Beliar?

O quale interesse tra il fedele e l'infedele? Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli?

Voi infatti siete il tempio del Dio vivente. Dice infatti il Signore: " io abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò; sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.

Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi - dice il Signore - e non toccate niente di impuro.

E io vi accoglierò e sarò per voi come un padre e voi sarete per me come figli e figlie.

Dice il Signore onnipotente ". ( 2 Cor 6,14-18 )

Per aver dato a queste parole un senso carnale, i Donatisti si sono divisi minuziosamente in tante piccole fazioni nella sola Africa.

Essi infatti non capiscono che nessuno si unisce agli infedeli, tranne colui che commette i peccati dei pagani o è d'accordo con chi li commette; e che nessuno diventa complice dell'iniquità, tranne chi commette o approva l'iniquità.

Ora, chi comunica con le tenebre se non chi, dando il proprio consenso alla tenebre, abbandona Cristo e segue Beliar?

E chi collabora con gli infedeli, se non chi partecipa alla loro infedeltà?

È così che egli cessa di essere tempio di Dio, e non è diversamente che si unisce agli idoli.

Quelli, invece, che sono templi del Dio vivo e, in mezzo ad una nazione depravata e perversa, risplendono come lumi nel mondo perché hanno la parola della vita, ( Fil 2,15-16 ) non li corrompe niente di ciò che essi sopportano per l'unità, e né sono nelle angustie, perché in loro infatti dimora e passeggia Dio; escono di mezzo ai cattivi e se ne separano, per ora, con il cuore, altrimenti, volendolo fare con la ribellione dello scisma, rischiano di separarsi piuttosto dai buoni con lo spirito, che dai cattivi con il corpo.

19.38 - I Donatisti non glorificano Dio

Il passo della Scrittura dove Dio dice: Quelli che mi glorificano io li glorificherò, e chi mi disprezza sarà disprezzato, ( 1 Sam 2,30 ) sono essi, soprattutto, a non volerlo vedere.

Come glorificano Dio quelli che dicono che non si sono potute avverare nel mondo le promesse che Egli ha fatto ai nostri padri Abramo, Isacco e Giacobbe?

Promesse fatte tanto tempo prima per mezzo dei profeti e poi rivelate per mezzo del Suo Unigenito, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne? ( Rm 1,2-3 )

Che cioè in Lui e nella discendenza di Abramo, saranno benedette tutte le nazioni?

Non sono essi a dire che il suo stesso Figlio ha parlato invano, quando ha detto: Lasciate che l'uno e l'altra crescano fino alla mietitura? ( Mt 13,30 )

Come se fosse stato falso o avesse ingannato, visto che nel mondo è cresciuta solo la zizzania, mentre il grano è scomparso in tutto il mondo, tranne che nel partito di Donato?

Come glorificano Dio con queste idee, se sta scritto: Un popolo numeroso è la gloria del re, mentre la scarsità di gente è la rovina del principe? ( Pr 14,28 )

O come non disprezzano il Signore quelli che, con incredibile temerità ed empietà, respingono il suo battesimo in quelli di cui non hanno ascoltato la causa e sui quali non hanno potuto pronunciare nessun giudizio?

Quelli che osano appropriarsi di ciò che spetta a Dio, cioè: riammettere con tutte le loro dignità, per la pace di Donato, coloro che hanno condannato, e detestare, contro la pace del Signore, coloro che non hanno ascoltato?

Quelli che sostengono che il battesimo è scomparso nelle regioni della terra dove è stato trasmesso dagli Apostoli, e non ammettono che è scomparso il battesimo dato da Feliciano presso i Massimianisti?

Al contrario, come non glorificano il Signore i Cattolici, i quali credono che nessun crimine degli uomini ha potuto ostacolare il compimento delle sue promesse?

Che amministrano i suoi sacramenti con grande e dovuto rispetto, per dimostrare che anche quando li amministrano uomini indegni, questi sono condannati per la loro perversità, mentre i sacramenti restano nella loro intatta santità?

20.39 - Rimproverare nel rispetto della pace

" Sta anche scritto: - essi dicono - Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente, perché di tutto ciò che viene fatto da essi in segreto, è vergognoso perfino parlare ". ( Ef 5,11-12 )

Abbiamo già detto come vanno interpretate queste parole; non partecipare equivale a non approvare.

Ma per la disciplina della Chiesa è poco se i peccatori non si rimproverano, perché possano ravvedersi.

Ma bisogna farlo nel rispetto della pace e se lo permette il dovere di conservare l'unità, altrimenti si sradica anche il grano.

21.40 - Non prendere parte ai peccati di altri è conservarsi casto

" L'Apostolo dice ancora a Timoteo: Non farti complice dei peccati altrui. Conservati puro ". ( 1 Tm 5,22 )

Nella esortazione conclusiva, spiega il senso della precedente.

Chi conserva se stesso puro non è complice dei peccati altrui.

Se ne è complice, li condivide; ma se li condivide, si corrompe, e se si corrompe non conserva se stesso puro.

Forse almeno per una volta Parmeniano si è svegliato e ha prestato attenzione alle parole di Ticonio. Invano.

Attaccato com'è alla sua idea ha subito richiuso gli occhi di fronte alla verità.

Dice infatti: " Che forse, fratello carissimo, i peccati degli uni non macchiano gli altri?

Ecco che significa non comunicare con i criminali: anche se ti trovi con loro, non fare le loro azioni ".

Ma questo non è tutto. È troppo poco non fare le loro azioni, bisogna dispiacersene; è troppo poco dispiacersene, bisogna condannarle.

Una cosa è non compierle, un'altra non esserne complici, cioè, non essere d'accordo con i loro autori; un'altra, infine, condannarle.

Perché, dunque, Parmeniano appena ha incominciato a vedere, ha subito distolto lo sguardo e non è voluto arrivare fino alla fine della frase, ma si è limitato ad appena un terzo?

Che forse, come i Donatisti hanno fatto a pezzi il popolo, così egli ha pensato di dovere fare altrettanto della verità?

Ecco: noi diciamo che chi non fa il male, né lo approva e fugge chi lo fa, dimora sicuro ed integro tra i peccatori, come il grano tra la paglia; egli invece si limita a dire: " Non imitare le loro azioni ".

Eppure, anche questa terza parte del testo egli la contesta. Vediamo come.

21.41 - Bisogna fuggire il male almeno con il cuore

Egli dice: " Ciò che è contrario alla legge divina nessuno, che rispetti la legge, lo ignora ".

Anche queste parole possono esserci comuni. Un altro infatti potrebbe dire: " Ciò che è conforme alla legge divina, nessuno, che rispetti la legge, lo ignora ".

Ma occorrono prove, non parole. Sentiamo quindi le sue prove.

" Che ti giova avere conservato l'innocenza se poi ti mescoli ai malvagi e ti fai loro complice? ".

Certo, se è così, non giova avere conservato l'innocenza; anzi, l'innocenza non è affatto conservata.

Ma nessuno può ragionevolmente dire di essere mescolato ai peccatori e di essere loro complice, senza che la sua coscienza dia un consenso peccaminoso.

Ma chi pratica questa parola: Al giusto non piace nessuna iniquità, ( Pr 12,21 ) in qualunque parte la necessità lo costringe a vivere, non può essere mescolato alle iniquità.

Insiste: " Ma come potrai restare incorrotto, tu che ti accompagni coi corrotti? ".

Questo è vero se il giusto si accompagna coi corrotti, se cioè commette qualche male con loro o aiuta quanti lo commettono; se invece egli non fa nessuna delle due cose, non si accompagna assolutamente.

Ma c'è una terza ipotesi: che il giusto non sia pigro nel punire i peccatori ma, o che li rimproveri e condanni con misericordia ( Sal 141,5 ) o anche, se ne ha l'autorità, e il dovere di mantenere la pace glielo consente, che li condanni davanti a tutti per incutere timore negli altri; che arrivi anche a rimuoverli dalla loro dignità e a privarli della comunione dei sacramenti, operando con la carità di chi vuol correggere e non con l'odio di chi vuole perseguitare.

In questo caso egli ha adempiuto pienamente al dovere non solo di essere veramente innocente, ma anche diligentemente severo.

Dove poi questa terza via gli fosse impedita, a custodirlo incorrotto e puro, basta la fedele osservanza delle altre due: non fare il male e non approvare quello fatto.

22.42 - I Donatisti non sono poco lievito

Comunque, vediamo come prova questa tesi: " Sta scritto: Un po' di lievito corrompe tutta la massa ". ( 1 Cor 5,6 )

Parmeniano ha detto e se ne è andato; e ora non gli si può mostrare che nel partito di Donato non soltanto c'è un po' di lievito, ma c'è molto veleno sprizzato dalle uova rotte degli aspidi e dei serpenti già potenti, ( Is 59,5 ) condannati per far piacere a Primiano e poi richiamati presso Primiano.

" Ma si sono convertiti ", ha detto. Ringraziamo Dio.

Se è vero, non provo invidia; e voglia il Cielo che si tratti di conversione completa.

Se infatti per ritornare dai Massimianisti al partito di Donato il percorso della conversione è breve, quale conversione più sincera e profonda richiederà, ritornare dal partito di Donato all'unità cattolica!

Veramente anche Ticonio ha rivelato molte cose accadute a quei tempi; e stando dentro sapeva bene che non era poco, ma molto il loro lievito che aveva corrotto la loro massa e che non volevano riconoscerlo gli stessi che accusavano il mondo di essere stato corrotto dai peccati degli africani!

Ma io mi meraviglio che questi preferiscano ancora interpretare in tal senso le parole dell'Apostolo, e cerchino di difendere Ottato Gildoniano, al punto da sostenere che egli non è stato neppure un po' di lievito.

Ma se ammettono almeno questo, quanto pensano che sia grande la loro massa, che non si possa corrompere tutta?

Ma se si è corrotta solo nei sostenitori di Ottato, allora, costatandolo, imparino a capire ciò che leggono: che tutta la massa è formata da quelli ai quali si può applicare il termine " tutto ", sia in bene che in male. ( 2 Cor 5,10 )

Questo termine si applica a quanti sono d'accordo; mentre, a quanti non lo sono non si applica affatto.

Quindi, la disciplina della Chiesa deve correggere il male, perché esso non raggiunga la gente con la sua forza persuasiva.

E quando la custodia della pace permette l'uso della disciplina, e questa non si applica, allora la negligenza trascina con sé una colpa e si corre il rischio di approvarlo per la pigrizia nel correggerlo.

23.43 - Devono crescere insieme il grano e la zizzania

Con questo criterio bisogna intendere l'altro testo che in seguito Parmeniano ci oppone.

Egli dice: " Sta scritto: Sia per voi una legge perenne, per tutte le generazioni distinguere tra santi e profani e tra mondi e immondi ". ( Lv 10,9-10 )

Questo è tanto più facile farlo, quanto più si progredisce nella Chiesa.

Quando infatti l'erba crebbe e portò frutto, allora apparve anche la zizzania. ( Mt 13,26 )

E sebbene i servi del padre di famiglia avessero già pensato ad una divisione e una separazione, ricevono l'ordine di lasciarle crescere fino alla mietitura. ( Mt 13,30 )

Basta così. Il resto dobbiamo studiarlo e trattarlo, nei particolari, in un altro capitolo.

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