Angoscia

Dizionario

1) Stato di ansia e di intensa preoccupazione

Sinonimo: pena

2) Senso di soffocamento

Sinonimo: oppressione

3) filos. Nel pensiero di Kierkegaard, conseguenza della contraddizione tra il dovere di conformarsi alla legge morale universale e la perdita della propria autonomia;

nella teoria esistenzialistica, coscienza del proprio essere e del nulla in cui si colloca

4) psicoan. Profondo stato di malessere psicofisico determinato dalla percezione non razionalizzata di un pericolo


L'angoscia è uno stato psichico cosciente di un individuo caratterizzato da un sentimento intenso di ansia e apprensione.

Rappresenta una paura senza nome, le cui cause e origini sono apparenti, ovvero non dirette o immediatamente individuabili.

Per tale motivo, l'angoscia non è solo minacciosa, ma spesso anche catastrofica per l'individuo che la vive.

A differenza della paura, provocata da esseri di questo mondo, a differenza della preoccupazione, che denota una cura particolare o un impegno eccessivo a proposito di un lavoro ben preciso o di una missione attuale, l'angoscia traduce una inquietudine che scaturisce dalle profondità dell'io, un'incertezza di fronte alla morte o all'avvenire in genere.

Descrizione

A differenza della paura, in ambito psicoanalitico essa rappresenta ed è vista e percepita dall'Io come una situazione catastrofica, tale da mettere in crisi la capacità dell'Io di controllare e gestire le pressioni del Super-io e dell'Es.

Ogni persona è abbandonata a sé stessa e costretta a operare delle scelte che possono prospettarsi errate, pericolose, o addirittura lesive per la sua stessa esistenza; quindi, dal momento che ciascuno condivide la stessa condizione di fronte all'atto di scegliere, l'angoscia è necessariamente un fondamento dell'essenza umana, primigenio e inalienabile.

Attualmente si tende a definire l'angoscia come un senso di frustrazione e malessere, una sofferenza psicologica che può degenerare anche in diverse patologie ( si pensi all'angoscia di castrazione infantile o all'angoscia esistenziale di derivazione kierkegaardiana ).

Nel possibile tutto è possibile ed essendo l'esistenza umana aperta al futuro, l'angoscia è strettamente connessa all'avvenire che è poi quell'orizzonte temporale in cui l'esistenza si realizza: "Per la libertà, il possibile è l'avvenire, per il tempo l'avvenire è il possibile.

Così all'uno come all'altro, nella vita individuale, corrisponde l'angoscia".

Il passato può angosciare in quanto si ripresenta come futuro, cioè come una possibilità di ripetizione.

Una colpa passata, ad esempio, genera angoscia se non è veramente passata, perché in questo caso genererebbe solo pentimento.

L'angoscia è legata a ciò che è, ma può anche non essere, al nulla connesso ogni possibilità, ma siccome l'esistenza è possibilità, l'angoscia è il tarlo del nulla nel cuore dell'esistenza.

Il termine angoscia è stato utilizzato per la prima volta in termini filosofici da Søren Kierkegaard ( 1813–1855 ), con il quale il pensatore danese identificò la condizione preliminare dell'essenza umana, che emergeva quando l'uomo si poneva davanti ad una scelta: la libertà sconfinata di scelte che l'uomo può operare, lo getta in preda all'angoscia, conscio delle responsabilità derivanti dal fatto che una scelta positiva significhi potenzialmente milioni di scelte negative.

L'angoscia è definita quindi come il sentimento della possibilità.

Nella filosofia contemporanea il tema dell'angoscia è stato ripreso da Martin Heidegger in questi termini: « Con il termine angoscia non intendiamo quell'ansietà assai frequente che in fondo fa parte di quel senso di paura che insorge fin troppo facilmente.

L'angoscia è fondamentalmente diversa dalla paura.

Noi abbiamo paura sempre di questo o di quell'ente determinato, che in questo o in quel determinato riguardo ci minaccia.

La paura di ... è sempre anche paura per qualcosa di determinato.

Nell'angoscia, noi diciamo, uno è spaesato.

Ma dinanzi a che cosa v'è lo spaesamento e cosa vuol dire quell'uno?

Non possiamo dire dinanzi a che cosa uno è spaesato, perché lo è nell'insieme.

Tutte le cose e noi stessi affondiamo in una sorta di indifferenza.

Questo, tuttavia, non nel senso che le cose si dileguino, ma nel senso che nel loro allontanarsi come tale le cose si rivolgono a noi.

Questo allontanarsi dell'ente nella sua totalità, che nell'angoscia ci assedia, ci opprime.

Non rimane nessun sostegno.

Nel dileguarsi dell'ente, rimane soltanto e ci soprassale questo nessuno.

L'angoscia rivela il niente.

Che l'angoscia sveli il niente, l'uomo stesso lo attesta non appena l'angoscia se n'è andata.

Nella luminosità dello sguardo sorretto dal ricordo ancora fresco, dobbiamo dire: ciò di cui e per cui ci angosciavamo non era "propriamente" - niente.

In effetti il niente stesso, in quanto tale, era presente »

* * *

L'angoscia è uno stato di sofferenza psichica intenso che può essere caratterizzata stati mentali di ansia, paura e depressione e sintomi fisici.

L'etimologia si lega al verbo latino angere, "stringere" e in effetti il termine delinea uno stato emotivo molto doloroso e oppressivo dalle cui cause la persona che ne soffre, non sembra esserne sempre consapevole.

Viene spesso avvicinato al concetto di ansia, nella quale ritroviamo comunque delle affinità, un senso di allarme e percezione di pericolo che crea disagio.

Tuttavia, il senso di angoscia può differenziarsi per il grado marcatamente più intenso o grave di sofferenza soggettiva e il versante somatico maggiormente coinvolto in questa condizione.

Nella lingua anglossassone ( anxiety ) o tedesca ( angst ), non esiste una chiara distinzione tra i due termini.

La stessa parola viene usata in modo equiparabile per entrambe le condizioni.

Lo sperimentare angoscia può essere legato ad una situazione temporanea interpretata come una minaccia che elude le proprie risorse e può esaurirsi con la risoluzione del pericolo imminente stesso.

Oppure può essere correlata ad una condizione psichica interna non necessariamente legata a qualcosa di specifico, come una sorta di "paura terrificante senza nome" e guidata da una interpretazione catastrofica della realtà o di eventi interni ed un senso di disgrazia imminente.

In psicologia il termine angoscia è stato ampiamente approfondito nella psicoanalisi come implicata nella mobilitazione delle difese dell'io per fronteggiare la situazione o come alla base di disturbi psicopatologici.

Tale stato emotivo si ritrova oggi studiato come una condizione psichica spesso vissuta anche a livello somatico e presente in diversi disturbi mentali ( ad es. disturbo d'ansia generalizzato o altri disturbi d'ansia, disturbi dell'umore, disturbi psicotici e disturbi di personalità ).

L'angoscia sperimentata a livello emotivo finisce per risultare paralizzante.

Può farci sentire ansiosi, impauriti, e minacciati senza ragione.

Può essere caratterizzata da un senso di vuoto esistenziale, o farci sentire un peso che rende difficile respirare.

Può manifestarsi di fronte a stati di incertezza contro qualcosa che percepiamo di non poter controllare o prevedere.

Quando sorge questa incertezza, la preoccupazione si intensifica.

Possono intervenire pensieri intrusivi e catastrofici e preoccupazioni ricorrenti.

Situazioni apparentemente innocue come affrontare un esame, fare delle scelte, aspettare una risposta, o anche confrontarci con qualcosa che riteniamo di non essere in grado di fronteggiare può generare angoscia.

Non è solo una condizione mentale, ma si manifesta nel corpo in vari modi.

I sintomi fisici possono essere caratterizzati da vertigini, problemi digestivi, pressione al petto, tensione psichica e muscolare, tremori ed insonnia.

Inoltre, l'esperienza di angoscia può limitare oltre che gli obiettivi personali, le relazioni intime e sociali.

Ciascuno di noi può aver sperimentato ad un certo punto della propria vita come l'angoscia possa prendere il sopravvento e detenere il potere su di essa, lasciando una sensazione di agitazione che non scompare mai e rende impossibile svolgere determinati compiti.

L'angoscia è un'emozione che può farci sprofondare in una profonda tristezza, può attaccarci duramente e farci sentire "malati", depressi ed immersi in una sensazione di scoraggiamento, rimpianto ed infelicità.

Tale sensazione può alimentare negatività e pessimismo e far filtrare la realtà come senza speranza ed immergerci in un circolo vizioso di paura e rabbia dal quale sembra impossibile fuggire.

Anche il dialogo interno è possibile che diventi più negativo e colmo di parole e frasi maladattive su se stessi e sugli altri, o sulla realtà del tipo "nessuno potrà davvero capirmi", "siamo tutti soli"; "non valgo per nessuno".

È importante quindi riconoscere tale spirale negativa e richiedere aiuto quando questa sensazione ed emozione ci colpisce e ci spinge nell'angolo dell'impotenza o assume a livello clinico una valenza più complessa.

La sensazione di angoscia può essere talmente intensa talvolta da agire da fattore scatenante per un attacco di panico o dare origine a quadri più complessi.

Quando ad esempio ci troviamo a fronteggiare situazioni di crisi personale e abbiamo la sensazione di non riuscire a gestirli correttamente, tale stato emotivo può prolungarsi e diventare cronico o associarsi a stati depressivi.

Alcune situazioni possano fare da "trigger" per la manifestazione di questo stato di sofferenza.

Ad esempio, sentirsi incapaci di gestire certe situazioni, come dinamiche lavorative, o la disoccupazione, momenti di rottura o di crisi nella normale routine quotidiana, cambiamenti imminenti come malattie o lutti possano scatenare questo tipo di sensazione.

Allo stesso modo, problemi nelle relazioni come separazioni, tradimenti o disaccordi familiari, ecc. possono costituire un fattore di innesco.

Ci sono studi inoltre che dimostrano che ci sono soggetti che sono più suscettibili a predisposti a sperimentare esperienze di angoscia.

In tal senso, anche il fattore genetico potrebbe in taluni casi avere una sua responsabilità.

Questo perché le risposte neurochimiche sono prodotte da ormoni e neurotrasmettitori e pertanto un aumento di adrenalina o una riduzione dell'acido gamma-amminobutirrico ( GABA ) in chi è più predisposto a questi cambiamenti neurochimici potrebbe rendere più inclini a sperimentare tale stato.

L'angoscia esistenziale

In letteratura ritroviamo poi il concetto di angoscia esistenziale, ovvero una condizione psichica dolorosa prolungata nel tempo direttamente connessa alle riflessioni più profonde e conflittuali dell'esistenza.

La filosofia esistenzialista ha messo sovente al centro della sua indagine l'angoscia esistenziale grazie a filosofi come Kierkegaard, Heidegger e Sartre.

Essi si sono occupati dell'angoscia sperimentata dall'uomo che si confronta con la sua esistenza come mera possibilità e con il suo smarrimento di fronte l'indeterminatezza ed incertezza dell'esistenza stessa,

con la disperazione di fronte alla consapevolezza della finitezza dell'uomo o infinità raggiungibile tramite la fede;

con temi legati all'annientamento e alla morte, infine alla libertà e alla scelta e alla solitudine di fronte ad essa.

Il concetto di angoscia esistenziale ( EA ) è stato approfondito tuttavia anche da numerosi psicologi e psichiatri.

Inoltre gli psicologi cognitivi hanno mostrato interesse per l'angoscia esistenziale, attraverso ad esempio la Terror Management Theory ( TMT, Koole, Greenberg, & Pyszczynski, 2006 ) con la quale hanno dato il via ad una tradizione sperimentale negli ultimi decenni condotti sull'angoscia esistenziale e in particolare sull'angoscia di morte.

La letteratura disponibile indica che in circostanze normali, la maggior parte delle persone è in grado di gestire questi problemi.

Tuttavia ci sono momenti ( ad esempio stress, avversità, traumi e esperienze di perdita ) in cui le persone cadono in uno stato di profondo turbamento esistenziale con la sensazione di essere impossibilitati ad uscirne ( Fuchs, 2013 ).

Il concetto di angoscia esistenziale assume importanza per molti aspetti ed in particolare per approfondire da un punto di vista sociale come la società cerca di fronteggiare le ansie fondamentali dell'esistenza.

L'angoscia esistenziale aiuta a comprendere le dinamiche insite nella psicopatologia.

Le persone con una sofferenza psichica o disturbi psicopatologici possano essere più suscettibili rispetto alle preoccupazioni fondamentali della vita, talvolta per l'essersi confrontati direttamente con esse a causa di esperienze traumatiche vissute ( Fuchs, 2013 ).

Ad esempio la ricerca sull'angoscia di morte ha dimostrato come essa sia correlata al nevroticismo, all'ansia di stato e di tratto e a diverse categorie diagnostiche come la depressione o l'ansia generalizzata, nonostante siano necessarie ulteriori ricerche ( Neimeyer, Wittkowski e Moser, 2004 ).

Per altri autori l'angoscia esistenziale potrebbe essere un importante fattore trans-diagnostico utile nella comprensione dei disturbi mentali e che prestare attenzione a tale aspetto contribuisce ad una prospettiva centrata sulla persona, sulla sua salute e sui metodi di trattamento ( Bruggen, Vos, Bohlmeijer, & Glas, 2013 ).

In un articolo recente ( Bruggen et al., 2014 ) l'angoscia esistenziale viene descritta come caratterizzata dall'essere impegnati in preoccupazioni massime sulla vita stessa e su temi correlati come la morte e la mancanza di significato, l'ineluttabilità del fatto che come essere umani si sia fondamentalmente soli, l'incertezza, la colpa e la definizione dell'identità.

Nella Bibbia

Nella Bibbia, per lo meno nella sua traduzione greca, questo sentimento compare nel corso dei racconti che comportano l'uno o l'altro dei seguenti termini.

Gli assediati sono nell'agonìa sull'esito del combattimento ( 2 Mac 3,14ss; cfr. 2 Mac 15,19; Lc 22,44 ).

Il cuore viene a mancare in un vicolo cieco, di fronte alla mancanza di una via d'uscita ( Os 13,8; 2 Mac 8,20; Sap 11,5; Lc 21,25 ).

Il termine synècbomai comporta l'idea di blocco, di sequestro ( 1 Sam 23,8: 2 Sam 20,3 ):

si è afferrati, stretti, soffocati, dominati dal timore ( Lc 8,37 ) o dalla malattia ( Mt 4,24; Lc 4,38 );

si è inoltre oppressi, immersi nell'angoscia ( Dt 28,53; 2 Cor 4,8; 2 Cor 6,4.12 … ).

1. L'alleanza di Jahve con il suo popolo assicura la presenza del Signore delle promesse; ma questa dipende dalla fedeltà dell'uomo nell'osservare la legge, sicché una tale sicurezza è incessantemente minacciata dal pericolo di sbriciolarsi di fronte alla realtà.

Giacobbe, giunto al guado di Jabboq si trova in un vicolo chiuso ( Gen 32,8 ).

Ha tuttavia dietro di sé le reiterate alleanze di Jahve con suo padre ( Gen 22,16ss ) e con lui stesso ( Gen 28,14 ).

Ora, di fronte al fratello Esaù, sta per affrontare una situazione che lo angoscia.

Lotta con l'angelo del Signore e, atterrato, ne ottiene la certezza che Dio è con lui ( Gen 32,23-33 ).

Elía, sdraiato sotto un ricino, è disperato: preferisce morire ( 1 Re 19,3s ).

Constatando ( a torto ) l'apostasia generale del popolo, non ha forse ragione di giudicare la propria vita un fallimento?

Ma, come più tardi Gesù al Getsemani, è confortato dall'angelo del Signore e può continuare la sua strada, fino all'incontro con Jahve che lo riporterà sulla retta via ( 1 Re 19,5-18 ).

L'intero popolo è immerso nelle tenebre: non è forse nell'angoscia ( Is 8,22s; Is 5,30; Is 24,19 )?

Geremia, dal canto suo è accasciato, gli vien meno il cuore di fronte alla carestia che affligge il popolo ( Ger 8,18-21 ): si tratta in questo caso di colui che deve mantenere l'alleanza.

Ma quando si tratta solo di lui, la reazione è diversa: se, davanti alla persecuzione, arriva a maledire il giorno in cui è nato ( Ger 15,10; Ger 20,14 ), trova uno sfogo nel ricorso a colui che può vendicarlo e proteggerlo ( Ger 11,20; Ger 20,12 ).

Con Giobbe passa attraverso l'ossessione della salvezza individuale.

« Colto da timore », piange ( Gb 3,24 ); « se ho paura di una cosa, questa mi capita, e ciò che io temo sopravviene » ( Gb 3,25 ); parla, trascinato dall'amarezza del suo animo ( Gb 10,1; cfr. Gb 7,11 ).

« Il timore del Signore ha preso » ( Gb 31,23 ).

Infine, senza gli stessi termini, il giusto grida la sua angoscia a Dio che può salvarlo da una situazione impossibile ( Sal 22; Sal 31; Sal 35; Sal 38; Sal 57; Sal 69; Sal 88; Sal 102 … ).

In tutti questi casi, l'individuo occupa un posto centrale, perché è braccato dalla morte; un'ambiguità plana sulla sua angoscia, perché la causa di Dio è mescolata alla sua.

Anche Mosè fa appello in un primo tempo alla morte ( Nm 11,11-15 ); ma, in seguito, se è angosciato, lo è esclusivamente a causa del popolo che cede all'apostasia.

Domandando a Dio di radiarlo dal libro della vita insieme al popolo, è solidale con i fratelli peccatori pur mantenendosi certo dell'amore vittorioso di Dio ( Es 32,31s ).

2. Se un'angoscia del genere può essere avvertita dal cuore di ogni uomo, il suo motivo varia con la venuta di Gesù.

Questi ha preso su di sé non soltanto i tremori di fronte alla morte, ma la terribile coscienza dell'ambiguità, dell'incertezza.

Nell'orto degli Olivi, è stato colto da pena, da angoscia e spavento ( Mc 14,33ss ), ricapitolando nella sua persona l'angoscia dei giusti di tutti i tempi ( Sal 42,6.12; Sal 43,5 … ), prorompendo in gemiti e versando lacrime, pregando colui che poteva salvarlo dalla morte ( Eb 5,7 ) e facendo infine lentamente coincidere la propria volontà con quella del Padre ( Mc 14,36 ).

L'angelo è venuto, anche questa volta, a fortificare colui che lotta fino a sudare sangue e che « si erge » in seguito, vittorioso, pronto ad affrontare il proprio destino ( Lc 22,41-45 ).

Scendendo nel profondo dell'angoscia umana, Gesù diventa, « per tutti quelli che gli obbediscono, principio di salvezza eterna » ( Eb 5,9 ); crea un tempo nuovo, irreversibile.

L'atto al quale il credente fa riferimento per accertare la qualità del presente che sta vivendo ha certamente avuto luogo nel passato ( Eb 7,27 ), ma egli emerge al di sopra del tempo e domina le fluttuazioni della storia ( Ap 1,5 ).

In Gesù, l'angoscia non viene soppressa, ma inquadrata, perché la speranza ormai è certezza, e la morte feconda.

3. Nel cuore del credente, l'angoscia può venir sperimentata a due gradi di profondità e di ampiezza.

Ecco Paolo di fronte alla propria morte: « Disperando di conservare la vita, ( egli ) impara così a non ripone la fiducia in ( se stesso ), ma in Dio che risuscita i morti» ( 2 Cor 1,9; 2 Cor 5,4 ).

Sa infatti che « nulla può separar( lo ) dall'amore di Cristo, neppure la tribolazione né l'angoscia » ( Rm 8,35-39 ).

Questa è assorbita dalla radicale certezza che, in Cristo, la morte è vinta ( 1 Cor 15,54s ).

Anche la morte assume un significato, un valore redentore, quando è unità all'agonia di Gesù: « La morte compie la sua opera in noi, la vita in voi » ( 2 Cor 4,12 ).

Ma l'angoscia può rinascere a un livello più profondo.

Allora non riguarda semplicemente la morte di un uomo, né la sua salvezza personale, che egli sa acquisita dalla speranza ( Rm 5,1-5; Rm 8,24 ).

Sorge di fronte alla libertà degli altri, di fronte alla salvezza degli altri.

Questo è il grido di Paolo, quando desidera, come Mosè, che su di lui ricada l'anatema per i suoi fratelli secondo la carne ( Rm 9,3 ); vuol soffrire, compatire con Cristo ( Rm 8,17 ): il mondo infatti sta gemendo fino alla fine ( Rm 8,18-23 ); allora la speranza manifesta un'altra delle sue dimensioni: non è soltanto certezza, ma anche attesa, costanza, grazie allo Spirito ( Rm 8,24ss ).

Ecco dunque l'apostolo, che l'amore di Cristo incalza, proprio come Gesù era stato dominato dalla prospettiva del proprio sacrificio ( Lc 12,50 ); eccolo in balia delle strettezze e delle angosce ( 2 Cor 6,4 ), senza tuttavia esserne schiacciato né privo di scampo ( 2 Cor 4,8 ).

L'agonia di Cristo dura fino alla fine del mondo.

Se dunque il cristiano può superare nella fede l'angoscia che lo attanaglia a proposito della morte e della salvezza, può nello stesso tempo vivere un'angoscia indescrivibile comunicando con la totalità dei membri del corpo di Cristo.

Certezza e incertezza nel cuore del credente non si collocano sullo stesso piano e non riguardano lo stesso oggetto.


E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia. Mt 26,37

Concilio Ecumenico Vaticano II

Degli uomini d'oggi per le contrastanti condizioni del mondo GS 4
nella condizione dell'uomo GS 12
per i pericoli di guerra GS 72
condivise dai cristiani GS 1
La liberazione dall'… nell'Induismo NA 2

Magistero

Enciclica Francesco - Laudato sì 24-5-2015
L'umanità postmoderna non ha trovato una nuova comprensione di sé stessa che possa orientarla, e questa mancanza di identità si vive con angoscia.