Croce

IndiceA

Sommario

I. La croce nella vita di Gesù:
1. Apologià difensiva della morte di Gesù;
2. Sviluppo della teologia della croce;
3. La teologia della Lettera agli Ebrei.
II. L'insegnamento del NT sul posto della croce nella vita del cristiano:
1. Il "logion" evangelico sul portare la croce;
2. L'insegnamento di s. Paolo:
3. Ulteriori sviluppi neotestamentari.
III. La croce nei primi cinque secoli;
1. I primi tre secoli;
2. I sec. IV e V;
IV. La croce nel medioevo:
1. Continuità e sviluppo;
2. Un punto culminante in questo sviluppo.
V. La croce nella chiesa post-tridentina:
1. Contributo della scuola spagnola;
2. Coerenza della dottrina e della prassi negli ultimi secoli.
VI. La croce nel sec. XX:
1. Ragioni teologiche del cambiamento;
2. Ragioni socio-psicologiche;
3. Prognosi per il futuro:
a. Progressi in teologia,
b. Il servizio al corpo di Cristo;
4. Presenza perenne di Cristo crocifisso.

Nella storia del cristianesimo la croce, su cui Cristo è morto e attraverso cui ha raggiunto la risurrezione, è diventata l'archetipo eminente dell'azione salvifica di Dio e il modello della risposta dell'uomo.

Il bambino che fa il segno della croce e il santo che ha interiorizzato personalmente il mistero della passione di Cristo, testimoniano il suo significato perenne nella vita e nella prassi cristiana.

Crux stat dum orbis volvitur.1

I - La croce nella vita di Gesù

La morte di Gesù in croce può essere capita nel modo giusto soltanto alla luce del ministero precedente.

Gesù ha dedicato la propria vita e la propria attività ad adempiere la missione affidatagli dal Padre, cioè ad indurre gli uomini ad accettare la sovranità piena di Dio.

Tuttavia il ministero della sua predicazione suscitò opposizioni e contrasti.

Per nulla intimidito da ciò, egli rimase fedele al suo compito anche in mezzo alle difficoltà crescenti.

Il quarto vangelo, quando parla dell'obbedienza di Gesù verso il Padre, sottolinea la piena consapevolezza ch'egli aveva del fatto che Dio era all'opera in lui per realizzare la salvezza dell'uomo ( Gv 1,17; Gv 5,19ss; Gv 6,37ss; Gv 9,4 ).

Pienamente fiducioso che le prove impostegli dagli uomini non potevano ostacolare la volontà salvifica divina ( Gv 2,19ss; Gv 10,18 ), egli continuò a dedicarsi instancabilmente all'adempimento della propria missione, anche quando previde ch'essa sarebbe finita in un fallimento sotto il profilo umano.

Verso la metà del suo ministero cominciò a parlare profeticamente della propria fine tragica ( Mc 8,31; Mt 16,22s; Lc 9,22 ).

In quelle predizioni indicò chiaramente il tipo di morte che avrebbe subito per mano degli uomini.2

Ma attraverso l'accento posto sulla necessità di questa morte quale adempimento della volontà salvifica divina ( il verbo greco dei - è necessario - esprime un imperativo divino ) e attraverso la promessa fiduciosa della sua successiva risurrezione egli mise in chiaro che la sua morte sarebbe stata un elemento essenziale nella realizzazione del piano redentivo divino.

Gli apostoli non lo capirono, e così, quando venne il momento della crocifissione, questa fu per loro una delusione amara, che troncò tutte le loro speranze.

Solo quando la risurrezione di Gesù fu pienamente illuminata e chiarita dallo Spirito santo a pentecoste gli apostoli arrivarono a capire che la croce non aveva ostacolato l'adempimento della sua missione.

Nel NT possiamo distinguere vari livelli nella crescita della comprensione della chiesa a proposito del significato della morte di Gesù nell'opera salvifica divina.

1. Apologia difensiva della morte di Gesù

Il livello più primitivo del kerygma cristiano mostra che gli apostoli sono stati impegnati a rispondere a obiezioni ostili all'accettazione di Gesù risorto come messia.

Gli avversari basavano i loro attacchi sul fatto ch'egli era morto sulla croce ignominiosa, condannato e respinto dal giudaismo ufficiale.

Per controbattere questa critica gli apostoli idearono un'apologià della morte di Gesù e spiegarono come essa fosse stata provocata dalla malvagità degli uomini, fosse stata preordinata da Dio stesso e fosse stata annunciata nelle profezie veterotestamentarie ( At 2,23; At 3,13ss.18; At 13,27ss ).

A questo scopo si appellarono principalmente alla profezia isaiana del servo sofferente di Jahve ( At 3,13.26; At 4,27.30; Is 52,13-53,12 ) e a testi dei salmi, che interpretarono profeticamente ( At 4,11; Sal 118,22; At 4,25s; Sal 2,1s ).

2. Sviluppo della teologia della croce

Le lettere di s. Paolo testimoniano che i cristiani arrivarono ben presto a scoprire grandi ricchezze positive nel mistero della morte di Gesù.

La considerano come avente il carattere di un sacrificio perfetto, come capace di rimettere effettivamente il peccato e di stabilire una nuova relazione di alleanza con Dio ( Rm 3,24; Rm 4,25-5,2; 1 Cor 5,7; 2 Cor 5,19; Ef 5,1 ).

Dato che Gesù era morto in obbedienza alla volontà del Padre ( Rm 5,19; Fil 2,8; Eb 10,4ss ), la sua croce fu salutata come la manifestazione eminente dell'amore di Dio ( Rm 5,6ss; Rm 8,32ss ) e come lo strumento effettivo della sapienza e della potenza divina nell'opera della riconciliazione dell'uomo con Dio ( 1 Cor 1,18ss; Col 1,19s ).

Queste profonde intuizioni di fede sono riflesse nel vocabolario del NT, che adopera parole come "croce", "legno", "morte", "sangue" in un senso archetipico.3

Anche se questi termini si riferiscono a elementi materiali e a esperienze reali della vita di Gesù, essi sono illuminati dalla luce dell'azione salvifica perfetta di Dio, che divenne pienamente manifesta nella gloria messianica della risurrezione.

3. La teologia della lettera agli Ebrei

L'autore ignoto di questa lettera fece avanzare assai la comprensione della chiesa a proposito di tutto quel che la croce implicava per l'umanità di Gesù e di quanto la croce aveva compiuto per la fondazione di una nuova alleanza ( Eb 8,6-9,15 ).

Egli mostra come le sofferenze pienamente umane sopportate da Gesù abbiano fatto di lui un sommo sacerdote pieno di compassione e come la sua morte in croce sia stata un sacrificio perfettamente sacerdotale, che dura per sempre allo scopo di purificare gli uomini dal peccato e di unirli a Dio ( Eb 2,10; Eb 4,14ss; Eb 5,7ss; Eb 10,1-18 ).

II - L'insegnamento del NT sul posto della croce nella vita del cristiano

Come la morte di Gesù in croce deriva il proprio significato e il proprio potere salvifico dall'amore con cui Gesù ha adempiuto fedelmente la missione affidatagli dal Padre, così il NT sottolinea pure la devozione e la fedeltà a Dio che l'efficacia e l'esempio della sua morte dovrebbero produrre nel cristiano.

Gli scritti ispirati, lungi dall'insegnare una dottrina e un interesse masochistico per la sofferenza, dicono chiaramente che ogni forma di ( v. ) "sequela" sacramentale o comportamentale nelle sofferenze di Gesù include necessariamente la "potenza della sua risurrezione" che dona vita, luce e forza in ordine a un'intima unione con Dio e a una cooperazione attiva alla sua opera salvifica nel mondo ( Fil 3,10s; 2 Cor 1,5s ).

1. Il "Logion" evangelico sul portare la croce

( Mc 8,34; Mt 10,38; Mt 16,24; Lc 9,23; Lc 14,27 )

C'è da dubitare che questo detto di Gesù a proposito della croce del discepolo si riferisca figurativamente alla croce di legno della pena capitale romana, dato che questa non era mai stata adoperata come simbolo letterario dell'umana sofferenza.

Alla luce del contesto di Mc 8,34 e tenendo conto del fatto che le predizioni marciane della passione non menzionano la crocifissione, sembra probabile che questa figura retorica si riferisca piuttosto al "giogo" di Cristo esaltato in Mt 11,29 o al complesso dei sacrifici richiesti da tutti coloro che vogliono seguire Gesù.

È anche più verosimile che questa figura retorica sia basata sulla prassi ebraica di segnare o di ungere una persona con una croce ( + o x, la forma antica della lettera ebraica tau ) quale segno di pentimento e quale distintivo spirituale che consacra l'uomo a Dio ( Ez 9,4; Salmi di Salomone 16,6ss ).

Perciò il logion può aver avuto originariamente questo significato: « Chiunque non segna se stesso con questo + [ cioè non si pente e non si dedica completamente a Dio ], non può essere mio discepolo ».

Il logion, unito alla successiva comprensione ecclesiale del mistero della croce di Gesù, divenne un emblema del discepolato cristiano e diede origine al rito di segnare la fronte con la croce nelle cerimonie penitenziali e battesimali.

2. L'insegnamento di S. Paolo

Questo apostolo può essere chiamato il teologo della presenza della croce di Cristo nella vita cristiana.

Egli non si limita a insegnare il potere che la croce ha di liberare gli uomini dal peccato e dall'egoismo, dalla morte e dai vincoli terreni veterotestamentari, ma insegna così perché « il sangue della croce » ha stabilito una nuova alleanza, in cui gli uomini vivono uniti a Dio e in carità gli uni verso gli altri ( Ef 2,13-22 ).

Perciò secondo s. Paolo ogni cristiano deve vivere come uno che nel battesimo è stato « crocifisso con Cristo » ( Gal 2,19ss; Gal 5,24; Rm 6,1-11; Col 2,11ss ).

Ciò significa che il cristiano, partecipando all'amore e all'obbedienza di Cristo in croce, deve mettere costantemente a morte il peccato e l'egoismo che impediscono di amare Dio, di amare gli uomini, nonché la gioia e la pace che irradiano dalla vita risuscitata del Signore ( Col 3,2ss ).

3. Ulteriori sviluppi neotestamentari

La Lettera agli Ebrei e la 1 Pt, scritte in un periodo di difficoltà, di tentazioni e di persecuzioni, introducono il nuovo tema del cristianesimo che ha bisogno di guardare alle sofferenze di Gesù al fine di imitare il suo spirito di fedeltà e di carità e di acquisire la forza per seguire il suo esempio ( Eb 12,2; 1 Pt 2,21ss ).

Questi scritti sono alla base dell'accento posto sull'esemplarità della croce, un tema che sarà dominante nella spiritualità del medioevo e anche in seguito.

L'autore della Lettera agli Ebrei approfondisce in misura notevole la teologia della croce nella vita cristiana.

Egli connette intimamente la "perfezione" e la maturità cristiana ( espressa con il termine greco teleios ) con il fatto che Gesù è diventato "perfetto" ( teleioun ), è stato cioè ordinato sommo sacerdote4 attraverso le sofferenze umane della sua passione e attraverso la gloriosa esaltazione della sua risurrezione ( Eb 2,10; Eb 5,9; Eb 10,14; Eb 12,23 ).

Con questa correlazione verbale egli insegna che la "perfezione" del popolo sacerdotale di Dio dipende dalla misura in cui esso fa proprio lo spirito di amore e di obbedienza, attraverso il quale il Gesù umano è stato "perfezionato" nella sua passione e nella sua croce.

III - La croce nei primi cinque secoli

Il ricco seme presente nell'insegnamento neotestamentario circa la morte di Cristo non portò subito frutto nei secoli immediatamente successivi.

Dati gli errori cristologici, che minacciavano la fede nella divinità di Cristo, fu giocoforza sottolineare la gloria del Cristo risorto e la sua maestà di Figlio di Dio e di pantokrator.

I primi padri, quando parlano della morte di Cristo, sottolineano l'azione salvifica potente di Dio che adopera la croce come strumento per la propria attività.

Solo gli ultimi due secoli di questo periodo testimoniano una fioritura della dottrina neotestamentaria circa il ruolo esemplare dell'umanità di Gesù nell'opera della salvezza e nella condotta della vita cristiana.

1. I primi tre secoli

Gli scritti di questo periodo sviluppano il significato della croce quale strumento dell'opera salvifica divina e lo fanno ricorrendo principalmente a un'interpretazione tipologica allegorica dell'AT, ad imitazione dello stesso NT ( Gv 3,14s; 1 Pt 3,20s; Eb 9,11 ss ).

Così paragonano la croce all'albero della vita del paradiso terrestre, all'arca di Noè, al legno del sacrificio che Isacco portò sul monte Moria, alla scala di Giacobbe, alla bacchetta di Mosè, al serpente di bronzo.

Questi motivi vennero ampiamente sviluppati nella catechesi dell'epoca e entrarono a far parte della liturgia del battesimo e dell'eucaristia.

Tuttavia anche in questo periodo primitivo alcuni pochi scrittori come s. Ignazio di Antiochia ( + 117 ) e s. Policarpo ( + 165 ) ricordano le sofferenze di Cristo per convalidare il loro invito ad essere fedeli a Dio, ad imitazione del maestro che fu a sua volta sottoposto a persecuzione.

Gli Acta Martyrii Poly carpi XVII, 35 indicano il principio che governerà una gran parte della spiritualità futura; parlando dei martiri, essi congiungono i loro tre ruoli di testimoni ( martyres ), di discepoli ( mathetai ) e di imitatori ( mimetai ) di Cristo.

Ignazio inoltre nella sua Lettera ai romani connette intimamente i suoi inizi di discepolo ( V ) con il suo desiderio di essere « un imitatore della passione del mio Dio» ( VI ).6

Nella loro polemica con gli gnostici e con i doceti s. Ireneo ( + 197 ) e Tertulliano ( + 220 ) scrissero più diffusamente sulle sofferenze di Cristo.

Ma la testimonianza più abbondante e feconda sul ruolo dell'umanità di Cristo nei misteri che santificano la vita umana la troviamo negli scritti di Origene ( + 250 ), il quale nei suoi commenti biblici combina l'interpretazione allegorica con un'attenta osservazione dell'influsso che le parole e le azioni di Gesù devono avere sulla vita cristiana.

2. I Sec. IV e V

La conversione dell'imperatore Costantino ( 312 ) e il ritrovamento della croce di Cristo diedero un notevole impulso alle manifestazioni pubbliche di venerazione della croce.

Con l'adozione del cristianesimo quale religione dell'impero la croce emerse come un simbolo ufficiale.

Essa divenne uno stimolo a prodigarsi e a sacrificarsi in questo mondo e una garanzia del trionfo nella vita futura.

La devozione alla croce venne ad occupare un posto importante nella spiritualità cristiana del IV sec., come risulta dallo sviluppo di una liturgia in suo onore e dalla popolarità dei pellegrinaggi al Golgota e al s. sepolcro.

Parti della croce trasferite nei Paesi occidentali divennero un incentivo per manifestazioni popolari di fede nel potere che essa ha di liberare i cristiani da ogni forma di male.

Nel contempo le omelie di s. Ambrogio ( + 397 ), di s. Giovanni Crisostomo ( + 407 ) e di s. Agostino ( + 430 ), che cercavano di fare dell'insegnamento neotestamentario una realtà della vita dei cristiani, suscitarono un vivo interesse per i misteri della vita e della morte di Cristo.

L'accento posto da Giovanni Crisostomo sul sangue di Cristo e sul suo potere di purificare e di fortificare evoca tutto l'insegnamento di s. Paolo sul ruolo della morte di Gesù nel mistero della redenzione.

S. Ambrogio e particolarmente s. Agostino anticipano l'accento che la spiritualità successiva porrà sulla presenza duratura della passione di Cristo nella miseria, nelle sofferenze e nell'oppressione del popolo di Dio.

Sovvenire ai bisogni spirituali e corporali degli uomini significa assistere il Cristo totale nella sua passione, dal momento che capo e membra formano un corpo solo.7

IV - La croce nel medioevo ( 500-1500 )

Questo periodo non solo continuò la venerazione popolare per la croce in un tempo caratterizzato da uno spirito rozzamente materialistico e anche superstizioso, ma fece pure registrare notevoli progressi nella teologia spirituale della presenza della croce nella vita cristiana.

1. Continuità e sviluppo

All'origine delle grandi tradizioni monastiche l'accento posto sulla croce - già anticipato da Pacomio ( + 346 ) - giocò un grande ruolo nell'interpretazione della vita religiosa.

La professione monastica era vista come un secondo battesimo, e perciò le omelie e la liturgia che accompagnavano quel rito sottolineavano la necessità che il monaco fosse crocifisso con Cristo al mondo, al peccato e ai piaceri della carne.

In compenso gli veniva promessa una partecipazione piena alla gioia e alla pace del Signore risorto.

Perfino i particolari dell'abito monastico venivano interpretati come elementi che ricordavano al monaco il suo dovere di portare continuamente la croce di Cristo.

Mentre i religiosi dei primi ordini monastici cercavano di entrare profondamente nel mistero della croce, la devozione popolare si manifestava nell'erezione di riproduzioni della croce e nella diffusa comparsa, di questa in ogni forma di arte e di pittura europea.

Come s. Agostino, arrivando in Inghilterra nel 596, portava davanti a sé una croce d'argento anziché una bandiera, così i re dell'epoca sostituirono nelle loro guerre gli stendardi reali con la croce.

Nella pietà popolare sassone e altrove si eressero croci di pietra un po' in tutti i luoghi, mentre si adoperava sempre una riproduzione della croce per garantire la benedizione di Dio in ogni genere di bisogni umani, per es. per guarire gli ammalati, per ottenere la fertilità della terra e per poter ritrovare il bestiame perduto.

La gente non viveva sempre secondo lo spirito di Cristo crocifisso, però mostrava una fede estremamente superstiziosa nel potere della croce.

Tale devozione popolare ebbe un riconoscimento ufficiale e un nuovo impulso, quando nel 701 papa Sergio I istituì la festa dell'esaltazione della croce.

2. Un punto culminante in questo sviluppo

L'ultimo periodo del medioevo ( dal sec. XII al sec. XV ) può essere chiamato il periodo d'oro della fecondità della dottrina della croce.

Quel che era stato anticipato negli scritti di s. Gregorio Magno ( + 604 ) e di s. Beda ( + 736 ) giunse a piena maturazione negli scritti teologici e nell'intensa pietà liturgica e personale di questo periodo.

Le Meditationes e il Cur Deus Homo? di s. Anselmo ( + 1109 ), unitamente alla teologia spirituale di Guglielmo di Saint Thierry ( + 1148 ) e di s. Bernardo ( + 1153 ), esercitarono un notevole influsso sulla trattazione della passione di Cristo da parte degli scolastici.8

Ma più significativo ancora di questo influsso esercitato sugli scolastici è il fatto che l'accento posto da certi scrittori come s. Bernardo sull'elemento umano dei misteri di Cristo incentrò la contemplazione e la devozione popolare sulle sofferenze e sulla crocifissione del Salvatore.

Tale sviluppo non appare solo negli scritti di s. Bernardo, di s. Bonaventura ( + 1274 ) e di s. Gertrude ( + 1302 ), ma influenzò in maniera radicale anche la vita spirituale di grandi comunità religiose quali quelle dei benedettini, dei certosini, dei cistercensi, dei francescani e dei domenicani.

Anche il laicato risentì di questa nuova ondata devozionale.

I frati e i terziari francescani, seguendo l'esempio di s. Francesco d'Assisi ( + 1226 ), nonché gli altri predicatori di questo periodo cercarono di intensificare la pietà popolare predicando in maniera realistica la passione di Cristo, erigendo crocifissi, componendo preghiere e litanie, organizzando funzioni pie e istituendo la via crucis [ v. Esercizi di pietà III,2 ].

Questa tendenza trovò la sua espressione concomitante nella pittura e nella scultura del tempo.

Così l'arte di Fra Angelico ( + 1455 ) adorno il convento di s. Marco a Firenze con immagini immortali del Cristo sofferente.

Tale intensificazione della pietà realistica conobbe eccessi e superstizioni, ma in linea generale rimase fedele alle concezioni autentiche delle guide spirituali che l'avevano introdotta e promossa.

I temi della compassione per il Cristo sofferente, dell'imitazione delle sue virtù, della fiducia nei suoi meriti, dell'intercessione per ottenere il suo aiuto misericordioso erano basati sulla fede salda nell'umanità reale e nella divinità consustanziale del Figlio incarnato di Dio.

La spiritualità della croce, che rese la vita umana sopportabile in un periodo difficile e produsse una moltitudine di autentici santi cristiani come s. Angela da Foligno ( + 1309 ) e s. Caterina da Siena ( + 1380 ), viene lucidamente portata avanti nei loro scritti nonché nelle opere letterarie della scuola renana, per es. in quelle di Giovanni Taulero ( + 1361 ), del b. Enrico Susone ( + 1366 ) e nell'Imitazione di Cristo ( 1424/27 ).

V - La croce nella Chiesa post-tridentina

La spiritualità del tardo medioevo, con la sua accentuata devozione alla passione di Cristo, continuò a esercitare un grande influsso sulla pietà ecclesiale dopo il concilio di Trento.

Gli ordini religiosi, che superarono la bufera della riforma protestante, continuarono le tradizioni che avevano ricevuto dal passato.

Similmente anche le nuove comunità religiose veneravano lo spirito e gli scritti dei santi della chiesa pre-tridentina.

E la spiritualità delle case religiose influì ovviamente sulla pietà dei laici.

1. Contributo della scuola spagnola

I nomi di maggior spicco nel periodo immediatamente successivo alla riforma sono quelli di s. Ignazio di Loyola ( + 1556 ), di s. Teresa ( + 1582 ) e di s. Giovanni della Croce ( + 1591 ).

Mentre s. Ignazio incentrò l'attenzione sulla considerazione meditativa della passione di Cristo e formulò delle regole che aiutassero ad essere fedeli nell'imitazione ascetica del Salvatore [ v. Esercizi spirituali II,4 ], i due dottori del Carmelo attinsero dal mondo delle loro esperienze personali e descrissero tutti gli aspetti della ricca vita mistica che un amore generoso e sincero per Cristo sofferente spesso porta con sé.

In un certo senso questi tre scrittori disegnarono il corso che la spiritualità della croce avrebbe seguito nei secoli successivi.

Tutti e tre hanno considerato la meditazione della passione di Cristo come un elemento necessario nella lotta per il raggiungimento della santità cristiana.

Anche se essi appartenevano alla scuola della spiritualità spagnola, espressero nella loro vita e nei loro scritti una devozione alla croce che era universalmente praticata.

La Croix de Jésus di Louis Chardon, OP, ( + 1651 ), gli Acta dei martiri della riforma inglese, l'arte e la letteratura spirituale dell'Italia e della Germania mostrano chiaramente che l'amore per la passione di Cristo, così preminente nella chiesa pre-tridentina, occuperà sempre un posto di primo piano nella corrente maestra della spiritualità cristiana.

2. Coerenza della dottrina e della prassi degli ultimi secoli

La devozione alla croce nelle sue molte forme, lungi dal diminuire, è andata intensificandosi durante i secoli successivi.

Una serie continua di eminenti predicatori come s. Luigi da Montfort ( + 1716 ), s. Leonardo da Portomaurizio ( + 1751 ) e s. Paolo della Croce ( + 1775 ) fecero della passione di Cristo un tema dominante dei propri sermoni, così come fecero tutti i grandi missionari dei gesuiti, dei frati minori, dei cappuccini e dei lazzaristi.

Il fervore e il senso pratico, con cui tali predicatori promossero la devozione alla passione, sono ben rappresentati negli scritti di s. Alfonso de Liguori ( + 1787 ).

Questo amore per Cristo crocifisso divenne perciò una parte integrale dello spirito delle nuove comunità religiose che videro la luce nel sec. XIX.

La devozione alla croce nel periodo post-tridentino incluse ogni aspetto del mistero redentivo, cosi come aveva fatto nel tardo medioevo: il ( v. ) s. Cuore di Cristo; le sue ferite, il suo sangue prezioso, il suo santo volto e l'eucaristia.

Infatti possiamo dire che, in seguito agli scritti di s. Francesco di Sales ( + 1622 ) e di s. Giovanni Eudes ( + 1680 ) e alle rivelazioni fatte a s. Margherita Maria ( + 1690 ), il s, cuore del Cristo sofferente venne universalente venerato in una misura che non ha eguali nella storia precedente.

L'esempio dato da s. Vincenzo de' Paoli ( + 1660 ) si rivelò fecondissimo nel sec. XIX, che accentuò il bisogno di esprimere la compassione per il Cristo sofferente con l'interesse reale e effettivo per le membra sofferenti del suo corpo mistico.

Fondatori di nuove congregazioni religiose e di gruppi di laici come Federico Ozanam, che diede vita alle conferenze di s. Vincenzo de' Paoli, sottolinearono il bisogno di rendere la devozione alla passione concreta e vitale con il dedicarsi al servizio dei poveri, dei sofferenti, degli ignoranti e di tutti coloro che dovevano sopportare gli effetti negativi della rivoluzione industriale.

VI - La croce nel sec. XX

Fin verso la metà del nostro secolo religiosi e laici hanno seguito i modelli di devozione alla croce ereditati dal passato.

La via crucis, i misteri dolorosi del rosario [ v. Esercizi di pietà III,I ], le funzioni in onore del s. cuore di Cristo, la predicazione popolare hanno tenuto vivo un amore fervente per la passione del Salvatore.

Elemento tipico di questo spirito è stato il vivo interesse manifestato per i ben noti stigmatizzati del secolo, s. Gemma Galgani, Teresa Neumann e padre Pio.

Tuttavia verso la metà del secolo si notò un cambiamento, specialmente in larghi settori dell'Europa e dell'America settentrionale.

È difficile stabilire le ragioni precise di questo improvviso raffreddamento di interesse per le precedenti forme di spiritualità della croce.

Sembra che le cause siano più profonde del semplice fatto che il Vat II ha avuto l'effetto di spostare l'attenzione dalle pratiche devozionali alle ricchezze dell'eucaristia e della liturgia [ v. Celebrazione liturgica ].

Alcune di tali ragioni profonde meritano di essere prese in considerazione, non solo perché sono state i fattori principali del cambiamento ma anche perché contengono la promessa di nuovi sviluppi.

1. Ragioni teologiche del cambiamento

Verso la metà del secolo si cominciò di nuovo a sottolineare la risurrezione di Cristo e il suo significato nella vita cristiana e ciò sia da parte degli studi biblici che di quelli teologici.

Come F. X. Durrwell ha posto bene in luce in La Résurrection de fésus, mystère de salut,9 questa nuova visuale teologica era semplicemente una riscoperta di quanto viene insegnato dal NT, dai padri e da s. Tommaso d'Aquino.

Sfortunatamente però questa nuova accentuazione ebbe come risultato quello di oscurare l'uguale importanza della passione di Cristo quale fonte della redenzione e quale modello di vita cristiana.

Di conseguenza molti passarono sopra il fatto che, quantunque la vita sarà un giorno illuminata in cielo dalla sapienza della risurrezione, essa va vissuta qui in terra con la sapienza della croce.

2. Ragioni socio-psicologiche

L'intenso sviluppo di una nuova coscienza sociale verso la metà del secolo ha reso consapevoli gli uomini delle inquietudini, delle condizioni inumane e della discriminazione che caratterizzano la vita di tante persone, mentre altre godono di prestigio e di ogni forma di benessere.

Le conseguenze delle due guerre mondiali, l'emergenza del terzo mondo, la pubblicizzazione delle sofferenze degli oppressi e delle minoranze razziali, nonché il chiaro insegnamento dei romani pontefici e del Vat II hanno aperto gli occhi ai cristiani e li hanno resi capaci di vedere la grande povertà e le sofferenze di ogni genere, che esistono in mezzo a loro.

L'impegno per venire incontro a questi bisogni divenne per molti un compito sociale, che li ha assorbiti completamente e che li ha distolti dalle precedenti forme di spiritualità, considerate ora come troppo concentrate in se stesse e indifferenti verso i bisogni del mondo.

Una specie di miopia indusse a guardare alla passione di Cristo e alla spiritualità della croce come a fattori irrilevanti di fronte ai pressanti bisogni umani che attendono di essere redenti.

3. Prognosi per il futuro

È troppo presto per predire il corso esatto della spiritualità cristiana negli anni di questo secolo che stanno davanti a noi, però esistono dei segni i quali dicono che le esperienze degli ultimi vent'anni potranno servire per arricchire e approfondire l'influsso della passione di Cristo sulla vita degli uomini.

La nube che ha temporaneamente oscurato la croce di Cristo comincia già fin d'ora a lasciar passare e brillare qualche raggio di luce.

a. Progressi in teologia

Un gruppo notevole di teologi tedeschi, profondamente preoccupato dell'oscuramento della passione di Cristo nella spiritualità cristiana contemporanea, sta lavorando a ristabilire il valore della concezione plurisecolare circa il ruolo della passione di Cristo quale « potenza" e sapienza di Dio » nell'atto della redenzione e nella vita cristiana.10

In linea con questa corrente di pensiero alcuni articoli recenti di Karl Rahner11 hanno mostrato come la croce sia la manifestazione eminente della vita immanente di Dio e riveli il modo in cui la risurrezione diventa operativa nella vita terrena del cristiano.

Questi scritti permettono di vedere come i misteri della morte e della risurrezione siano intimamente uniti tra di loro sia nella vita di Gesù che nell'esperienza del cristiano, cosicché l'accento posto sulla risurrezione getta nuova luce sul significato e sulla necessità della croce [ v. Mistero pasquale ].

Unitamente a questo sviluppo teologico, l'esperienza pratica sta portando molti a rendersi conto di nuovo del bisogno che abbiamo di guardare alla passione di Cristo.

Anche coloro che hanno beneficiato del benessere e del progresso tecnologico si sono resi conto che il mondo presente, guastato dal peccato globale e personale, non sarà mai la città di Utopia.

Fintanto che su questa terra ci saranno degli uomini, il Cristo risorto dovrà renderli capaci di affrontare le lotte e le battaglie della vita con la sapienza della croce, che ha governato anche la sua vita terrena.

b. Il servizio al corpo di Cristo

L'impegno sociale cristiano mette ancora una volta in luce l'accento che s. Agostino aveva posto sulle sofferenze di Cristo nel suo corpo mistico.

Come indicano l'enciclica Mystici Corporis ( 1943 ) di Pio XII e le grandi encicliche sociali di Giovanni XXIII e di Paolo VI, il modo autentico per essere veramente devoti a Cristo in croce è quello di dedicarsi a servire con compassione e con efficacia i membri del suo corpo che ora condividono le sue sofferenze.

Basterà che questa luce della fede illumini il vivo interesse sociale del popola cristiano, e Cristo in croce e coloro che sono afflitti e oppressi verranno visti all'interno di una medesima visuale.

Ciò farà fiorire nella chiesa una vita completamente nuova di giustizia e di carità, unitamente a una devozione realistica per la passione di Cristo, che adempirà perfettamente le sue parole: « Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me » ( Mt 25,40 ).

4. Presenza perenne di Cristo Crocifisso

La spiritualità della croce ha conosciuto i suoi periodi di grandezza e di debolezza, ma la sua presenza continua nel mondo è garantita.

Cristo stesso ha promesso con la sua parola infallibile: « Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» ( Gv 12,32 ).

Egli ha mantenuto questa promessa lungo i secoli, perché ha attratto a sé uomini di ogni generazione e li ha trasformati a sua immagine attraverso la potenza e l'esemplarità della croce.

Questa esperienza rimarrà per sempre un elemento essenziale nel campo della santità.

Qualunque forma la spiritualità della croce possa assumere, ogni cristiano deve continuare a guardare a Cristo crocifisso, per arrivare a condividere la fedeltà e la carità del Figlio incarnato di Dio, il quale ci « ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore » ( Ef 5,2 ).

Mistero
Morte
In Gesù Croce I
Mistero II
Morte III
Nella spiritualità cristocentrica Apostolato III
Cristocentrismo II,2d
… e neocatecumenato Neocatecumenato VI,1b
Come kenosi Amicizia VI
Ascesi III,2
Ascesi IV,3
Disciplina d'apostolato Ascesi III,3
Tradotta in amore Eucaristia I,3
… nell'arte Immagine IV

S. G. B. de La Salle

Non bisogna contraddire le verità, i precetti e i consigli del Vangelo MD 5,3
Le cinque piaghe di Gesù Cristo MD 28,3
La risurrezione del Signore MD 29,2
Cosa si deve chiedere a Dio nella preghiera MD 39,2
Sant'Andrea apostolo MF 78,2
San Tommaso apostolo MF 84,2
Ritrovamento della s. Croce MF 121
San Bernardino MF 128,2
San Pietro in Vincoli MF 149,3
Trasfigurazione di Nostro Signore MF 152,3
San Cassiano vescovo e martire MF 155,2
Esaltazione della Santa Croce MF 165
San Francesco di Assisi MF 173,3
San Luca evangelista MF 178,2
È Dio che, nella sua Provvidenza, ha fondato le Scuole Cristiane MR 193,3
Istruire i giovani è uno dei compiti più necessari alla Chiesa MR 199,3

1 Questa sentenza classica di origine ignota è figurata per lungo tempo nell'emblema simbolico dell'ordine dei certosini
2 La menzione della crocifissione dì Gesù nelle predizioni della passione ricorre soltanto in Mt 20,19; Mt 26,3; è perciò probabile ch'essa non facesse parte dei logia originari e che sia stata aggiunta più tardi dai predicatori apostolici
3 Adoperiamo qui il termine "archetipico" nel senso dategli da C. G. Jung; cf J. Jacobi, Thè Psychotogy of C. G. Jung, New Haven, Yale U. Press 1966, 39-41
4 Il termine "perfetto", applicato a Gesù dalla Lettera agli Ebrei, combina il duplice significato che teleioun ha nei LXX, i quali adoperano questo verbo per indicare sia la maturità etica sia, nella traduzione del TM: mille yadim del Lv, la consacrazione sacerdotale; A. Vanhoye, Epistolae ad Hebraeos Textus de Sacerdotio Christi, Roma, Pont. Istituto Biblico 1969, 120-122
5 Patrologia Latinadel Migne 5, 1042
6 Patrologia Latinadel Migne 5, 691.693
7 Ambrogio, Expositio evangeli! sec. Lucam VI, 35 (PL 15,1763); Agostino, Enarratio in Ps 58,2; 61,4 ( Patrologia Latinadel Migne 36, 693 e 750s
8 s. Tommaso, S. Th. III, qq. 46-49
9 1954; ver. it. Roma, Edizioni Paoline 1969
10 H. Conzelmann, Zur Bedeutung des Todes Jesu: Exegetische Beitrage, Giitersioh, Gerd Mohn 1967; J. Moltmann, J. Dio Crocifisso, Broscia, Queriniana 1973; iur theolbgischen Sinndeutung des Todes Jesu in Herderkorrespondenz 26 (1972) 149-154; Gegenwdrtige Probleme einer Kreuzestheologie in Evangelische Theologie 33 (1973) 337-345
11 Das Verhditnis von "ókonomischer" und "immanenter" Trinitàt in Zeitschrift fiir Theologie und Kirche 72 (1975) 353-364; Morte di Gesù e definitività della rivelazione cristiana in La Sapienza della Croce Oggi, I, Torino, LDC 1976, 50-58